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Minime. 518
- Subject: Minime. 518
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 16 Jul 2008 00:52:35 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 518 del 16 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Michele Boato: Nucleare? Un costosissimo vicolo cieco 2. Adriano Prosperi: Il silenzio davanti alle schedature etniche 3. Giancarla Codrignani: La laicita' delle donne 4. Parlamento europeo: Donne e religione in Europa 5. Steven Spielberg: La memoria della Shoah 6. Edizioni Qualevita: Disponibile il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace" 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MICHELE BOATO: NUCLEARE? UN COSTOSISSIMO VICOLO CIECO [Ringraziamo Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) per questo intervento. Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Gia' apprezzato assessore regionale del Veneto. Con Mao Valpiana e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' una delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignita' e sensibilita'. Per le elezioni politiche dell'aprile 2008 e' capolista della lista "Per il bene comune" in Veneto e prestigioso candidato di sostegno in altre regioni. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri). Un'ampia intervista a Michele Boato curata da Diana Napoli e' apparsa nei nn. 157-158 di "Voci e volti della nonviolenza"] Nucleare? Un costosissimo vicolo cieco. Chiunque lo proponga, da destra o da sinistra, finge di ignorare che: 1. Il nucleare non e' sicuro, e' a rischio di incidenti catastrofici Nel 1979 ad Harrisburg (Usa) si e' sfiorata la "fusione del nocciolo", che c'e' stata a Cernobyl (Ucraina) il 26 aprile 1986, con decine di migliaia di tumori e leucemie nei 20 anni successivi e piu' di mille morti per tumore tra i soldati intervenuti; ha contaminato l'acqua di 30 milioni di ucraini; irradiato 9 milioni di persone. Oggi, nelle regioni confinanti, 2/3 degli adulti e meta' dei bambini sono ammalati alla tiroide, c'e' il raddoppio delle malformazioni. Nel 2002 nell'Ohio (Usa) si e' sfiorato lo stesso disastro; nel 2004 a Sellafield (GB) c'e' stata una fuga di 160 kg di velenosissimo plutonio rivelata solo dopo 8 mesi. Dal 1995 al 2005 c'e' stata una serie di incidenti gravi (con 7 morti e centinaia di contaminati gravi) nelle centrali del Giappone: tra cui uno gravissimo a Tokaimura nel 1999 (2 lavoratori morti, 3 gravemente contaminati e 119 esposti a forti dosi di radiazioni) e il piu' grande impianto nucleare al mondo chiuso il 16 luglio 2007 per i danni da terremoto. Avere il nucleare vicino casa non e' assolutamente la stesso che a centinaia di chilometri. * 2. dopo 50 anni, non si sa ancora dove mettere le scorie radioattive Ci sono milioni di tonnellate di scorie (di cui ben 250.000 altamente radioattive) senza smaltimento definitivo. Gli Usa hanno speso 8 miliardi di dollari in 20 anni senza trovare una soluzione. In Italia il governo ha dato 674 milioni di euro alla Sogin che, dopo il ridicolo tentativo di Scanzano Jonico (sismico, come gran parte d'Italia), non sa dove mettere le "ecoballe" radioattive: il plutonio resta altamente radioattivo per 200.000 anni. L'uranio 238 per milioni di anni.. * 3. Non esiste il nucleare "sicuro e pulito" di quarta generazione Le centrali "di terza generazione", che Berlusconi vuole costruire, dovrebbero durare piu' di quelle in funzione (seconda generazione), senza aver risolto il problema delle scorie ne' della "sicurezza intrinseca" (spegnimento automatico se c'e' un incidente grave). Le chiama "ponte" verso una "quarta generazione" che promette sara' "assolutamente sicura, non proliferante, con poche scorie e meno pericolose", ecc. Ma i reattori di quarta generazione non esistono. Sono previsti "dopo il 2030", come se fosse domani; e quanto "dopo"? Intanto il governo propone un colossale rilancio del nucleare, con reattori che, almeno fino al 2040, aggraverebbero tutti i problemi creati dal nucleare. Infatti l'Enel ha investito quasi 2 miliardi di euro per completare, in Slovacchia, due reattori di vecchia tecnologia sovietica, addirittura privi di involucro esterno, giustificandosi: "la probabilita' di un impatto aereo e' trascurabile". In che mani siamo. * 4. E' una favola che "solo col nucleare si puo' fermare il riscaldamento globale" Per avere una riduzione di gas serra bisognerebbe costruire una centrale nucleare ogni 10 giorni (35 all'anno) per i prossimi 60 anni. Cosi', con 2.000 nuove centrali nucleari, si fornirebbe il 20% dell'energia totale. C'e' qualcuno, sano di mente, che pensa si potrebbe procedere a questo ritmo? Nessuno dei top manager dell'energia crede che le centrali esaurite nei prossimi anni saranno rimpiazzate per piu' della meta': il trend mondiale del nucleare e' verso il basso: solo per mantenere il numero e la potenza delle 435 centrali attuali (ne sono gia' state chiuse 117) ce ne vorrebbero 70 di nuove entro il 2015 (una ogni mese e mezzo!) e altre 192 entro il 2025: una ogni 18 giorni! Tutto per continuare a produrre non il 20%, ma solo il 6,5% dell'energia totale... Duemila scienziati dell'Ipcc (Onu) lo hanno certificato nel 2007: "Il nucleare non potra' fermare la febbre del pianeta". Inoltre il ciclo completo (estrazione ed "arricchimento" dell'uranio, smaltimento delle scorie, costruzione e smantellamento della centrale) emette gas serra quanto il ciclo a combustibile fossile. * 5. L'uranio, come il petrolio, scarseggia e dobbiamo importarlo L'Italia non ha uranio, dovrebbe importarlo da Russia, Niger, Namibia, Kazakistan, Australia, Canada. Secondo l'Agenzia per l'energia atomica, l'uranio dovrebbe scarseggiare dal 2030, invece gia' dal 1991 ha raggiunto il "picco" (se ne consuma piu' di quanto si estrae): sono le scorte militari che forniscono meta' del combustibile. Senza nuovi reattori, la produzione di uranio e' gia' insufficiente, percio' il suo prezzo si e' moltiplicato per dieci (da 7 a 75 dollari la libbra) dal 2001 al 2007. * 6. Altro che "bassi costi": il nucleare e' fuori mercato Le stime Usa per i nuovi impianti danno il nucleare a 6,3 cent/kWh contro 5,5 del gas e 5,6 del carbone. Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush (1,8 cent/kWh, oltre il doppio del differenziale di 0,8 cent), nessuno ci investe piu' dal 1976. L'unico reattore in costruzione in Europa e' in Finlandia: l'azienda privata ci sta perche' lo Stato paga (fa pagare ai contribuenti...) smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale (che costa quasi come la costruzione), e garantisce l'acquisto di tutta l'energia prodotta per 60 anni: un affare senza rischi per il privato! Ma l'entrata in funzione della centrale (ordinata nel 1996) e' slittata dal 2009 al 2011: 15 anni. Cosi' il suo costo finale, da 2,5 miliardi di euro e' aumentato a 4 miliardi: piu' di 4 volte il costo di una centrale a metano della stessa potenza (1600 MW). I ritardi nella costruzione sono una costante dell'industria nucleare: negli Usa i costi di 75 reattori, previsti in 45 miliardi di dollari, sono aumentati a 145, tre volte il previsto. In Italia i tempi sarebbero piu' lunghi e i costi piu' alti (un km di Tav costa 4 volte che in Francia): chi paga? L'Enel per le 2 centrali slovacche, spende 2.700 euro/kW, mentre una centrale a gas costa meno di 500 euro/kW. Chi paga? * 7. Il nucleare e' in crisi: nel mondo solo 9 stati ci investono L'Austria, col referendum del 1978, ha deciso di non mettere in funzione la centrale gia' costruita sul Danubio. L'Italia e' uscita dalla follia nucleare col referendum del 1987. La Germania, nel 2000, ha deciso di non investire piu' sul nucleare e sostituirlo col risparmio e l'aumento del 2,5% annuo di energie rinnovabili. La Svezia col referendum del 1980 ha fatto la stessa scelta. La Spagna, con un referendum nel 1983, ha deciso di uscire dal nucleare e raggiungere l'autonomia energetica entro il 2050, investendo moltissimo nel solare. Negli Usa non si costruiscono piu' centrali nucleari dal 1976. In Europa nel 1976 c'erano 177 centrali, oggi sono 146, 31 in meno; nei prossimi venti anni un centinaio di esse chiudono; non saranno sostituite in Belgio, Germania, Olanda, Spagna e Svezia, che hanno deciso di non costruirne piu'. In Europa non hanno centrali nucleari, oltre all'Italia: Austria, Danimarca, Grecia, Irlanda (il movimento di opposizione ha bloccato il programma nucleare), Norvegia e Polonia, che ha interrotto la costruzione dell'unica centrale. Nel mondo: Australia, Nuova Zelanda, l'America Latina (esclusi il Messico e l'Argentina), l'Africa (escluso il Sud Africa) e l'Asia (esclusi Giappone, India, Pakistan, Cina e - in futuro? - Iran). Solo 9 stati in tutto il mondo investono nel nucleare: India, Cina, Russia, Ucraina, Giappone (fino al prossimo terremoto?), Iran, Argentina, Romania e Finlandia. * 8. Centrali e bombe nucleari sono sorelle gemelle Le centrali nucleari americane nascono per sfruttare il calore di scarto della produzione delle bombe costruite nel 1940-'45 e "sperimentate" in agosto 1945 (a guerra gia' vinta!) a Hiroshima e Nagasaki con centinaia di migliaia di civili assassinati. Poi arrivano le centrali sovietiche. Ci sono anche centinaia di reattori militari per le 130.000 bombe atomiche e i sommergibili nucleari. Poi le centrali francesi, per la "Force de frappe", terza potenza nucleare, con esplosioni in nord Africa e Pacifico (le ultime a Mururoa nel 1996). Producono le centrali e le bombe nucleari le stesse industrie (prime General Electric e Westinghouse): senza gli enormi finanziamenti militari, l'industria nucleare non reggerebbe. All'Onu, nel 1980, il presidente Usa Carter afferma: "Qualsiasi ciclo di combustibile nucleare e' intrinsecamente proliferante", crea materia prima per bombe atomiche. Cosi' si dividono gli Stati "buoni", che possono avere il nucleare, da quelli "canaglie" (Iraq, Iran, Corea del Nord) che non possono. Chi sono i "buoni"? Lo decidono i buoni stessi (Usa in testa). Dal 1950 al '90 sono esplose a fini "sperimentali" 2.000 bombe nucleari, con enormi dosi di radioattivita' senza protezione per la popolazione. Oggi gli effetti: negli Usa un'epidemia di malattie da radiazioni: mortalita' infantile, cancri, leucemie, autismo, Parkinson, asma, ipotiroidismo in neonati, danni al sistema immunitario. L'esposizione a radiazioni ha causato, tra il 1945 e il 1996 negli Usa, un milione di morti infantili. Fino al 1963 sono state 530 le esplosioni nucleari in atmosfera, molte nel deserto del Nevada. Un esempio degli effetti: delle 220 persone che nel 1954 hanno partecipato alle riprese del film "Il conquistatore" 47 sono morte di cancro e altre 44 ammalate di tumore: totale 91 su 220. Fra i morti, gli attori John Wayne, Susan Hayward. Il film fu girato nello Utah. Undici mesi prima, dopo alcune esplosioni atomiche "sperimentali" nel Nevada (a 300 Km di distanza), gli allevatori trovarono molte pecore morte, con ustioni da radiazioni beta, causate dalle esplosioni. Negli anni '70 e '80, nello Utah c'e' stato un numero eccezionalmente alto di cancri e leucemie. * 9. Industriali & politici amici temono la democrazia, anche energetica Il nucleare, come il termoelettrico a carbone, gas e olio combustibile, e' centralizzato, controllato dai vertici economici e politici, con enormi investimenti economici e politico-militari. Invece le energie rinnovabili (solare termico e fotovoltaico, mini-idroelettrico ed eolico, biomasse locali) sono distribuite, controllate da ogni comunita' che produce l'energia di cui ha bisogno. Basterebbe coprire di pannelli solari fotovoltaici solo lo 0,4% delle superfici costruite o cementificate in Italia (che sono il 10% del territorio) per soddisfare l'intero fabbisogno nazionale di energia elettrica. I politici di vecchio stampo (anche se si dicono "federalisti") preferiscono un mondo in cui l'energia (come l'economia e l'informazione) e' controllata dal potere centrale. 2. RIFLESSIONE. ADRIANO PROSPERI: IL SILENZIO DAVANTI ALLE SCHEDATURE ETNICHE [Dal quotidiano "La Repubblica" del 15 luglio 2008 col titolo "Il silenzio davanti alle schedature etniche". Adriano Prosperi, nato a Cerretto Guidi (Firenze) nel 1939, docente di storia moderna all'Universita' di Pisa, ha insegnato nelle Universita' di Bologna e della Calabria; collabora a riviste storiche tra le quali "Quaderni storici", "Critica storica", "Annali dell'Istituto italo-germanico in Trento" e "Studi storici"; si e' occupato nei suoi studi di Storia della Chiesa e della vita religiosa nell'eta' della Riforma e della Controriforma; negli ultimi anni ha rivolto un'attenzione particolare alle strategie di disciplinamento delle coscienze e di regolazione dei comportamenti collettivi, messe in atto dalle istituzioni ecclesiastiche nell'Italia post-tridentina. Tra le opere di Adriano Prosperi: Tra evangelismo e Controriforma: Gian Matteo Giberti (1495-1543), Roma 1969; (con Carlo Ginzburg), Giochi di pazienza, Torino 1975; Tribunali della coscienza: inquisitori, confessori, missionari, Torino 1996; L'eresia del Libro Grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta, Milano 2000; Dalla Peste Nera alla guerra dei Trent'anni, Torino 2000; Il Concilio di Trento: una introduzione storica, Torino 2001; L'Inquisizione romana. Letture e ricerche, Roma 2003; Dare l'anima, Torino 2005] L'Italia che ricorda in quest'anno 2008 il settantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali e' sotto accusa di razzismo per alcune misure varate dal governo attuale. E' inevitabile che questa situazione dia un tono particolare alla rievocazione e alla discussione di quel che accadde nel 1938. Un gruppo di scienziati italiani, ad esempio, ha sentito la necessita' di ribattere punto su punto le tesi di un celebre manifesto di alcuni scienziati di allora e di affermare esplicitamente che le razze umane non esistono. Questo "manifesto degli scienziati antirazzisti" e' stato presentato nei giorni scorsi nel parco toscano di San Rossore in un meeting antirazzista dedicato dal presidente della Regione Claudio Martini a una riconsacrazione laica del luogo dove settant'anni fa Vittorio Emanuele III firmo' le leggi razziali. Di commemorazioni e di riparazioni simboliche dello stesso genere se ne prevedono altre. Intanto, su di un binario parallelo a quello dei riti e dei simboli si srotolano i fatti concreti di una societa' italiana che, pur lontana anni luce da quella di allora, viene accusata di ricadere negli stessi errori . Fra tante altre misure che dividono e discriminano la popolazione tra chi e' al di sopra e chi e' al di sotto di ogni sospetto ce n'e' una che ha colpito in modo speciale l'opinione pubblica: il censimento delle impronte dei piccoli zingari. La storia non si ripete, certo, anche se e' difficile non ricordare che alle leggi razziali si arrivo' nel 1938 dopo un censimento dei cognomi ebraici. Una cosa e' certa: queste misure prese in nome della sicurezza diffondono insicurezza. Si e' creato un circuito perverso tra paure socialmente diffuse e ricerca politica del consenso. Chi parla di maniera forte e tolleranza zero copre l'inefficienza delle istituzioni e stimola la paura nei confronti dei gruppi marginali. Mendicanti, vagabondi, gente senza casa e senza lavoro si trasformano cosi' nella percezione sociale in gruppi pericolosi. E' un fenomeno antico. Come abbia segnato la storia dell'Europa e dell'Italia ce lo ha raccontato in saggi bellissimi il grande storico e uomo politico polacco Bronislaw Geremek morto improvvisamente in questi giorni, che a quella umanita' diversa, perdente e ribelle ha dedicato una vita di studi. Oggi, in una situazione di crisi delle societa' affluenti assistiamo al riprodursi di meccanismi antichi: aumentano i gruppi di sradicati, emarginati, migranti e cresce la paura nei loro confronti. Su quella paura crescono fortune politiche mentre le relazioni sociali si spogliano rapidamente di ogni traccia di umanita'. Che la stragrande maggioranza degli italiani, inclusi i membri del governo, non sia disposta a dichiararsi razzista niente toglie alla cupezza di cio' che avviene. Qui non sono in gioco fedi razziste. E tuttavia la discriminazione su base etnica che colpisce gli zingari in Italia solleva una grande questione morale e giuridica. Minimizzarla o coprirla con una untuosa retorica paternalista, parlarne come di una misura protettiva verso gli stessi zingari significa non rendersi conto che attraverso questa misura passa una offesa alla dignita' dell'individuo, alla parita' dei diritti fra tutti gli esseri umani, all'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. La democrazia ne e' colpita in un frammento della popolazione tanto piu' indifeso quanto piu' esposto a essere ferito. E se l'offesa fatta ai bambini ci offende in modo speciale e' anche perche' all'origine della sensibilita' morale della nostra cultura nei confronti dei bambini c'e' una indimenticabile pagina dei Vangeli cristiani. Il limpido manifesto antirazzista degli scienziati non si muove a questo livello e non puo' far reagire una societa' italiana che non si sente razzista. E' antica tra noi la coscienza della nostra realta' di paese di passo, aperto a tutte le presenze del mondo. "L'origine degli Italiani attuali risale agli stessi immigrati africani e mediorientali che costituiscono tuttora il tessuto perennemente vivo dell'Europa": lo diceva perfino il manifesto razzista del 1938 con parole che, in tempi di criminalizzazione legale dell'immigrazione clandestina e di sfruttamento bestiale dei lavoratori africani e orientali condannati alla clandestinita', sembrano venire da un altro mondo. Resta il fatto che alla discriminazione poliziesca di quel piccolo contingente di bambini (di volta in volta definiti "pericolosi" o "in pericolo" , a seconda della franchezza o dell'ipocrisia di chi parla) si dovra' opporre un rifiuto fermo. Chi ha autorita' per farlo la usi. Chi si vergogna del paese che fa questo lo dica. Nel 1938 ci fu un italiano che alla lettura delle leggi razziali esplose gridando che si vergognava di essere italiano. Si chiamava Achille Ratti ed era papa col nome di Pio XI (l'episodio e' emerso grazie a uno studio di p. Giovanni Sale sulla "Civilta' cattolica"). Se il papa non giunse a dichiarazioni pubbliche conseguenti e adeguate, cio' si dovette solo alla morte che lo colse di li' a poco. Le parole di un papa contano. Contano anche i silenzi. Qualcuno immaginera' che si voglia qui riaprire la questione del cosiddetto "silenzio" del successore di Pio XI, un altro italiano di diversa personalita': papa Pacelli. Non e' questo il punto. Si vuole solo ricordare una realta' a tutti evidente: il papa aveva allora in Italia e sulle cose italiane uno speciale campo di azione e di governo. Lo ha ancor oggi: e non certo meno di allora. L'esercizio del diritto papale a fare politica e' un dato di fatto. Che di recente l'attuale maggioranza di governo se ne sia fatta garante e' piuttosto una mossa del gioco politico che una sanzione al di sopra delle parti. Potrebbe il papa di oggi avvertire lo stesso sentimento di vergogna del suo predecessore Pio XI? Difficile immaginarlo. Ci si vergogna per il paese a cui si appartiene, cosi' come i bambini si vergognano per i genitori. Ma qui si pone un problema non di sentimenti bensi' di atti politicamente e socialmente rilevanti. Sia l'eventuale parola del papa sia un suo perdurante silenzio avranno il loro peso in una lacerazione della societa' e in un disagio che emergono oggi soprattutto dalle voci del mondo cattolico piu' impegnato nel volontariato e nel governo pastorale; un disagio tanto piu' forte quanto piu' vasta e' l'apertura di credito fatta al nuovo governo italiano da parte delle autorita' della Chiesa. Nell'Italia del 1938 al papato guardarono con speranza gli ebrei italiani, in nome di una antichissima tradizione storica che aveva costituito il vescovo di Roma come il protettore supremo della comunita' ebraica. Ebbene, anche gli zingari hanno costruito nei secoli un vincolo di tipo protettivo col pontefice. Come ha raccontato Bronislaw Geremek, gli zingari ricorsero molto spesso alla protezione papale. Si appellarono al papa perfino per dimostrare che, se rubavano, lo facevano con un suo permesso scritto (apocrifo, naturalmente). Anche questa e' una storia tutta italiana. Ne fu protagonista quella stessa minoranza di antica presenza nella penisola che e' stata vittima di recenti gravissime violenze e che oggi e' nel mirino di misure legali di discriminazione. Discriminazione etnica: non diremo razziale perche' le razze non esistono. 3. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: LA LAICITA' DELLE DONNE [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo il seguente articolo dal titolo "Crisi del religioso, rischi del sacro" e il sommario "Anche se predicano l'uguaglianza, le religioni attribuiscono ruoli diversi ai generi e conferiscono superiorita' agli uomini. Sono dunque responsabili dei pregiudizi, degli stereotipi, delle discriminazioni. E delle violenze". Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005] L'Italia, piu' di altri paesi, rischia molto a causa di radicati pregiudizi che confondono la fenomenologia religiosa con la sostanza di qualunque fede, anche laica. Il salto nel terzo millennio comporta i rischi di ogni passaggio in avanti e la tentazione di confondere la retromarcia con l'acceleratore e' dietro l'angolo. La memoria del passato, infatti, e' fondamentale, ma non per ritorni nostalgici. L'antropologia ha insegnato che anche i valori viaggiano con la storia: le aspirazioni umane restano alte nel cuore umano, ma si evolvono e ci aspettano su mete ancora lontane. Il senso del sacro, tuttavia, persiste e spesso inquina le religioni, i cui messaggi fondativi sono di ben altro significato. Gli antichi Greci e Romani, per aver simboleggiato il divino nelle forme umane, si sono sottratti a molti rischi del monoteismo, mentre l'ebraismo, che riconosce un Dio unico creatore che non vuole essere conosciuto ne' nominato "invano" e che richiama gli umani a preoccuparsi non di lui, ma della rettitudine del proprio agire, ha avuto la presunzione di conoscerne la Legge, di avere una casta sacerdotale che la interpretava per tutti e rendeva temibile la divinita'. Politeisti e monoteisti hanno trasmesso una sacralita' patriarcale, connotata da tabu' sessisti che mortificano il femminile. E hanno dato alle religioni il connotato del potere. Il cristianesimo ricondusse il divino ebraico ad una storia da vivere in termini universali e ridusse la legge ai due comandamenti dell'amore: per Dio e per il prossimo. Nacque, dunque, come religione depurata sia dal sacro antropologico, sia dalla logica del potere. L'inevitabile necessita' di darsi un'organizzazione ha limitato la liberta' della fede. L'islam, che completa la triade dei monoteismi, pur libero da centralismi vaticani, ha ripreso il valore autoritario della legge divina, inchiodando all'obbedienza la responsabilita' individuale e ribadendo l'inferiorita' della donna. Nel terzo millennio dell'avanzamento cognitivo che ha portato le scienze ad avanzare in ogni direzione, dal macrocosmo dell'universo al microcosmo della cellula, le religioni sono ragionevolmente a rischio. Ma la complessita' delle stesse innovazioni tecnologiche mette in crisi le ipotesi etiche e suscita paure, anche inconsapevoli, che comportano il recupero del bisogno di certezze a sostegno della difficolta' di dare senso alla vita. Torna, cioe', il bisogno del sacro: folle vanno a Medjugorie o a vedere la mummia di padre Pio, come se la preghiera o il miracolo fossero condizionati non dalla fede, ma dalla suggestione dei luoghi. E torna per le chiese la tentazione del potere, come se la verita', anche quando ritenuta coincidente con il divino, non fosse ricerca comune. E torna il conflitto fra le religioni, come se il divino non stesse al di la' dei nomi con cui donne e uomini lo chiamano nelle diverse fedi. La laicita' persiste ad essere, dunque, una pratica difficile. Per antica tradizione le donne sono ritenute piu' spiritualmente vicine al sentire religioso e, anche nel giudizio politico moderno, piu' influenzabili dal monito ecclesiastico. Il che e' vero e non vero insieme. Come genere piu' compenetrato dalla responsabilita' di produrre la vita, una vita destinata prima o poi al dolore e alla morte, le donne sono piu' sensibili ai valori simbolici che si possono confondere con ritualita' talora autentiche, talora conformiste se non superstiziose. Tuttavia la percezione che le chiese temano cosi' tanto il potere riproduttivo da porre le donne sotto la tutela di norme scritte e non scritte ha insegnato loro una laicita' di genere. Qualche anno fa, al Parlamento europeo, e' stata approvata una risoluzione (n. 1464 del 2005) su "Donne e religione in Europa", in cui si riconosce che "la maggior parte delle donne in un modo o in un altro, e' presa di mira dalle posizioni delle differenti religioni direttamente o tramite la loro tradizionale influenza sullo Stato...", per questo "i diritti delle donne sono spesso limitati e disprezzati in nome della religione". Anche se predicano l'uguaglianza, le religioni attribuiscono ruoli diversi ai generi e conferiscono superiorita' agli uomini. Sono dunque responsabili dei pregiudizi, degli stereotipi, delle discriminazioni; e anche delle violenze che vanno dai femminicidi, alle mutilazioni genitali, ai matrimoni forzati - soprattutto in paesi del Sud - ma anche a quella cultura di sottomissione che considera esclusivo il ruolo di moglie e di madre. Bisogna, dunque, "garantire la separazione necessaria tra la Chiesa e lo Stato, affinche' le donne non siano sottomesse a politiche o leggi ispirate dalla religione (per esempio nel campo della famiglia, del divorzio e delle leggi contro l'aborto)". Il voto femminile per i referendum sul divorzio e l'aborto ha confermato nella storia il "genere della laicita'" delle donne. Una risorsa, come si dice sempre del nostro genere. Anche in questo campo finora sprecata. 4. DOCUMENTI. PARLAMENTO EUROPEO: DONNE E RELIGIONE IN EUROPA [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riportiamo il testo della risoluzione 1464 del 2005 del Parlamento europeo su "Donne e religione in Europa", testo adottato dall'Assemblea il 4 ottobre 2005] 1. La religione continua a giocare un ruolo importante nella vita di molte donne europee. D'altra parte, siano esse credenti o no, la maggior parte delle donne in un modo o nell'altro e' presa di mira dalla posizione delle differenti religioni riguardo alle donne, o direttamente o tramite la loro tradizionale influenza sullo Stato. 2. Questa influenza raramente e' inoffensiva: i diritti delle donne sono spesso limitati o disprezzati in nome della religione. Per quanto la maggior parte delle religioni predichi l'uguaglianza tra uomini e donne davanti a Dio, esse attribuiscono loro ruoli diversi sulla terra. Degli stereotipi di genere motivati da credenze religiose hanno conferito agli uomini un sentimento di superiorita' che e' sfociato in un trattamento discriminante sulle donne da parte degli uomini, spinto sino al ricorso alla violenza. 3. A un'estremita' della scala figurano le violazioni piu' gravi dei diritti fondamentali delle donne, come i pretesi "delitti d'onore", i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili, che - benche' ancora rare in Europa - sono in aumento dentro certe comunita'. 4. All'altro estremo della scala, si osservano forme piu' sottili e meno clamorose di intolleranza e discriminazione che sono molto piu' diffuse in Europa - e che possono essere altrettanto efficaci ai fini della sottomissione della donna, come il rifiuto di mettere in discussione una cultura patriarcale che considera il ruolo di sposa, di madre e di angelo del focolare come modello ideale e rifiuta di adottare misure positive a favore delle donne (per esempio nel quadro delle elezioni politiche). 5. Tutte le donne che vivono negli Stati membri del Consiglio d'Europa hanno diritto all'uguaglianza e alla dignita' in ogni ambito della vita. La liberta' di religione non puo' essere accettata come pretesto per giustificare le violazioni dei diritti delle donne, siano esse palesi o subdole, legali o illegali, praticate con o senza il consenso teorico delle vittime: le donne. 6. E' compito degli Stati membri del Consiglio d'Europa proteggere le donne contro le violazioni dei loro diritti in nome della religione, e promuovere e mettere pienamente in atto la parita' dei sessi. Gli Stati non devono accettare alcun relativismo culturale o religioso in materia di diritti fondamentali delle donne. Essi non devono accettare ne' giustificare la discriminazione e la disuguaglianza che colpiscono le donne per ragioni quali la differenziazione fisica o biologica fondata su, o attribuita alla, religione. Essi devono lottare contro gli stereotipi sul ruolo delle donne e degli uomini motivati da credenze religiose, e cio' fin dalla piu' giovane eta', comprendendo anche la scuola. 7. L'Assemblea parlamentare esorta dunque gli Stati membri del Consiglio d'Europa a: 7.1. proteggere pienamente tutte le donne che vivono sul loro territorio contro ogni violazione dei loro diritti fondata sulla o attribuita alla religione: 7.1.1. mettendo in vigore e applicando politiche specifiche miranti a lottare efficacemente contro ogni violazione del diritto delle donne alla vita, all'integrita' fisica, alla libera circolazione e alla libera scelta del partner, a cominciare dai pretesi delitti d'onore, i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali femminili, dovunque queste violazioni siano commesse e chiunque le abbia compiute, e qualunque sia la loro giustificazione, indipendentemente dal consenso teorico della vittima; il che significa che la liberta' di religione trova i suoi limiti nei diritti della persona umana; 7.1.2. rifiutando di riconoscere i codici di famiglia stranieri e le leggi relative allo statuto personale che violino i diritti delle donne, cessando di applicarli sul proprio suolo, rinegoziando, se necessario, dei trattati bilaterali; 7.2. prendere posizione, specialmente in seno a istanze internazionali come le Nazioni Unite, l'Uip e altre, contro la violazione dei diritti fondamentali delle donne giustificate dal relativismo religioso o culturale dovunque nel mondo; 7.3. garantire la separazione necessaria tra la Chiesa e lo Stato affinche' le donne non siano sottomesse a politiche o leggi ispirate dalla religione (per esempio nel campo della famiglia, del divorzio e delle leggi contro l'aborto); 7.4. vigilare affinche' la liberta' di religione ed il rispetto della cultura non siano accolte come pretesti per giustificare violazioni dei diritti delle donne, come quando ragazze minorenni sono contrarie a sottomettersi a codici religiosi (compresi codici relativi agli abiti), la loro liberta' di circolazione e' ostacolata o l'accesso alla contraccezione e' loro proibito dalla famiglia o dalla comunita'; 7.5. quando l'educazione religiosa e' consentita a scuola, vigilare a che il suo insegnamento sia conforme ai principi di eguaglianza dei generi; 7.6. prendere posizione contro ogni dottrina religiosa antidemocratica o non rispettosa dei diritti fondamentali della persona umana, e piu' particolarmente dei diritti delle donne, e rifiutare di permettere che tali dottrine esercitino un'influenza sulle decisioni politiche; 7.7. incoraggiare in modo attivo il rispetto dei diritti delle donne, la loro uguaglianza e la loro dignita' in tutti i campi della vita mediante il dialogo con rappresentanti delle diverse religioni, e operare al fine di realizzare una compiuta parita' dei sessi nella societa'. 5. RIFLESSIONE. STEVEN SPIELBERG: LA MEMORIA DELLA SHOAH [Dal quotidiano "L'Unita'" del 30 gennaio 2008 col titolo "Spielberg e la Shoah: tante storie che vanno raccontate" e il sommario "Il regista a Firenze interviene al convegno 'Sterminio e stermini' e ribadisce l'importanza di continuare a narrare e ascoltare le vicende di ogni sopravvissuto: 'Possiamo cosi' condividere le loro vite e il loro messaggio di pace'. Pubblichiamo in questa pagina il saluto del regista Steven Spielberg ai 7.500 studenti toscani riuniti ieri al Mandela forum di Firenze per la Giornata della Memoria". Steven Spielberg, rregista cinematografico americano, con i proventi del film Schindler's list ha promosso la Shoah Foundation che ha raccolto una mole immensa di videointerviste a sopravvissuti della Shoah e costituisce un contributo fondamentale al salvataggio della memoria delle vittime. Opere di Steven Spielberg: Duel, 1972; Sugarland Express, 1974; Lo squalo, 1975; Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1977; 1941: allarme a Hollywood, 1979; I predatori dell'arca perduta, 1980; E. T., 1982; Ai confini della realta', 1983; Indiana Jones e il tempio maledetto, 1984; Il colore viola, 1986; L'impero del sole, 1987; Always - per sempre, 1988; Indiana Jones e l'ultima crociata, 1989; Hook - capitan Uncino, 1992; Jurassic Park, 1993; Schindler's list, 1994; Amistad, 1997; Salvate il soldato Ryan, 1998; A. I. intelligenza artificiale, 2001; Prova a prendermi, 2001; Minority report, 2002; The terminal, 2004; La guerra dei mondi, 2005; Munich, 2005. Opere su Steven Spielberg: Franco La Polla, Steven Spielberg, Il Castoro cinema, Milano] La storia ci ha insegnato molte dure lezioni e spesso quelle piu' dolorose sono le piu' facili da dimenticare, ma anche le piu' importanti da ricordare. E' per questo motivo che non dobbiamo mai dimenticarci dell'Olocausto e delle sue vittime. Ognuno di noi vuol essere riconosciuto individualmente, a volte, pero', siamo pronti a generalizzare nei confronti degli altri in base alla loro apparenza, alla loro religione o al loro background culturale. Generalizzare in questa maniera e' di per se' innocuo, ma scegliendo di ignorare le caratteristiche uniche ed individuali di una persona facciamo un passo verso la negazione della sua umanita'. Questo e' cio' che e' successo a milioni di persone durante l'Olocausto. Quello che era iniziato come uno stereotipo divenne genocidio. E se ogni stereotipo non si trasforma in genocidio, alla base di tutti i genocidi ci sono gli stereotipi. Non possiamo disfare i fallimenti del passato ma possiamo evitare di ripeterli imparando a capire che le vittime dell'Olocausto erano persone come noi che vivevano la vita con le sue gioie e i suoi dolori. Un piccolo ma prezioso numero di loro e' sopravvissuto al tentativo di sterminio e ha vissuto abbastanza a lungo da poter raccontare la loro storie alle macchine da presa ed ai microfoni della Shoah Foundation. Nel 1994 ho creato appunto la Shoah Foundation con lo scopo di dare ai sopravvissuti dell'Olocausto e ad altri testimoni la possibilita' di condividere con il mondo intero le storie delle loro vite. Abbiamo visitato 56 Paesi ed intervistato decine di migliaia di persone di cui piu' di 400 qui in Italia. Ogni testimonianza e' preziosa perche' racconta una storia unica. Al tempo stesso, pero', le testimonianze nel loro insieme trasmettono un messaggio di grande forza: per quanto orribile e tragico sia stato l'Olocausto il messaggio dei sopravvissuti e' anche un messaggio di pace. Un messaggio che afferma la dignita' dell'individuo, il valore del coraggio tra la compiacenza ed il potere della vita sulla morte. Conservare le memorie dei sopravvissuti dell'Olocausto e degli altri testimoni e' stato un mio sogno. Condividere il loro messaggio e' stata la mia passione degli ultimi dieci anni, ed e' motivo di grande gioia per me sapere che le testimonianze di 50 sopravvissuti italiani sono state affidate alla Toscana Film Commission, unendosi cosi' ad altre collezioni di testimonianze custodite presso l'Archivio Centrale dello Stato ed in altre parti d'Italia. Chiunque ne abbia il desiderio puo' guardare queste testimonianze. E sono grato alla Toscana Film Commission di aver onorato le vite dei sopravvissuti mettendo le loro storie a disposizione del pubblico. Questa Giornata internazionale della Memoria rappresenta una nuova opportunita' per tutti noi, per la nostra civilta'. Indica che forse vogliamo finalmente confrontarci con il passato e dimostra che siamo determinati a superare l'intolleranza. 6. STRUMENTI. EDIZIONI QUALEVITA: DISPONIBILE IL DIARIO SCOLASTICO 2008-2009 "A SCUOLA DI PACE" [Dalle Edizioni Qualevita (per contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it oppure qualevita3 at tele2.it, sito: www.qualevita.it) riceviamo e diffondiamo] E' pronto il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace". Se ogni mattina, quando i nostri ragazzi entrano in classe con i loro insegnanti e compagni, potessero avere la percezione che, oltre che andare a scuola di matematica, di italiano, di musica, di lingua straniera, vanno "a scuola di pace", certamente la loro giornata diventerebbe piu' colorata, piu' ricca, piu' appassionante, piu' felice. Queste pagine di diario sono state pensate per fornire una pista leggera ma precisa sulle vie della pace. Abbiamo sparso dei semi. Spetta a chi usa queste pagine curarli, annaffiarli, aiutarli a nascere, crescere e poi fruttificare. Tutti i giorni. Non bisogna stancarsi ne' spaventarsi di fronte all'impegno di costruire una societa' piu' umana, in cui anche noi vivremo sicuramente meglio. Lo impariamo - giorno dopo giorno - a scuola di pace. Preghiamo chi fosse intenzionato a mettere nelle mani dei propri figli, nipoti, amici, questo strumento di pace che li accompagnera' lungo tutto l'anno scolastico, di farne richiesta al piu' presto. Provvederemo entro brevissimo tempo a spedire al vostro indirizzo le copie del diario. Grazie. I prezzi sono uguali a quelli dell'agenda "Giorni nonviolenti" perche', a fronte di un numero inferiore di pagine, trattandosi di ragazzi, la stampa dovra' essere piu' rispondente alla loro sensibilita' (verranno usati i colori) e pertanto piu' costosa. Per ordini del diario scolastico 2008-2009: - 1 copia: euro 10 (comprese spese di spedizione) - 3 copie: euro 9,30 cad. (comprese spese di spedizione) - 5 copie: euro 8,60 cad. (comprese spese di spedizione) - 10 copie: euro 8,10 cad. (comprese spese di spedizione) - Per ordini oltre le 10 copie il prezzo e' di euro 8: costo dovuto al fatto che quest'anno ci limitiamo ad effettuarne una tiratura limitata. Per informazioni e ordinazioni: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 518 del 16 luglio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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