Minime. 509



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 509 del 7 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: La valanga
2. Giulio Vittorangeli: Come sapeva gia' Omero
3. Dijana Pavlovic: Un panorama agghiacciante
4. Stefano Gorla, Matteo Merletto, Valerio Bocci, Fabio Motta, Massimiliano
Sabbadini: Non criminalizzate i bambini rom
5. Furio Colombo: Le impronte di Berlusconi
6. Alcuni siti utili per l'informazione e la solidarieta' con Rom e Sinti
7. Elena Loewenthal presenta "Il mercante di Venezia" di Riccardo Calimani
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA VALANGA

Si tende, temiamo, a sottovalutare l'effetto cumulativo degli innumerevoli
annunci razzisti ed illegalitari del governo nazista.
Anche se molte delle idiozie piu' truci e criminali poi non venissero
realizzate - e certo talune almeno non verranno realizzate stante la loro
palese follia, la loro pratica inattuabilita' - ebbene, gia' la loro mera
verbale propalazione, la loro forsennata, urlata propaganda, ha comunque
avuto l'effetto di aver immesso nel discorso corrente, e quindi nel sentire
comune, cose che prima erano - e ben a ragione - tabu'. Ha comunque
raggiunto lo scopo di legittimare e favoreggiare crimini e brutalita' che
ancora ieri a tutti facevano orrore.
Sui giornali e in televisione si discetta ormai di provvedimenti nazisti
come se niente fosse. Politici e giornalisti parlano col sorriso sulle
labbra di schedature etniche, di campi di concentramento, di consegnare
vittime agli aguzzini, di incarcerare innocenti, di impedire il ricorso ai
tribunali, di lasciare impuniti i torturatori, di perseguitare finanche i
bambini.
Ministri e parlamentari, e la legione dei cortigiani loro, rivendicano
l'impunita' per reati i piu' ignobili e i piu' scellerati.
Si vuole varare una norma che cancella il principio dell'eguaglianza dinanzi
alla legge. Si vuole varare una norma che abolisce di fatto i tribunali. Si
vuole varare una norma per incarcerare tout court un milione di innocenti.
Si vuole varare una norma per infierire impunemente sui bambini.
A fare le leggi gli orchi. A fare le leggi la mafia. A fare le leggi i
terroristi.
Ed ogni giorno un annuncio sempre piu' necrofilo, sempre piu' protervo,
sempre piu' allucinato. Ed ogni giorno tante persone si lasciano
narcotizzare e corrompere, accettano cio' che ripugna a ogni mente che pensa
e a ogni cuore che sente, permettono ai facitori di male di deumanizzarli,
di renderli insensibili alla sofferenza inflitta ad altri esseri umani.
La propaganda e' gia' una politica, e la sua efficacia ideologica e pratica
e' immensa.
Inoltre il continuo rilancio ha l'effetto di impedire la discussione sulle
proposte precedenti, la presa di coscienza sul loro significato. Questa
apocalittica galoppata in cui a delirio delirio si somma in un'orgia di
proposte sempre piu' feroci, sempre piu' anomiche, sempre piu' totalitarie,
a tutti toglie il respiro. Cosicche' in questa sfrenata irruzione, in questo
assalto del crimine organizzato nelle ed alle istituzioni qualcosa comunque
passa, e resta - e contagia e corrode come una tabe l'animo stesso delle
persone. Cosicche' gli argini e i contrafforti della civilta', del diritto,
della morale e politica convivenza, ne restano travolti. C'e' del metodo in
questa follia.
Sotto la valanga degli annunci nazisti si corre il rischio di cedere, un
passo dopo l'altro: di accettare come ovvio cio' che ovvio non e'; di
accettare come "male minore" cio' che e' gia' male intollerabile, male
assoluto, male radicale, banale e radicale a un tempo.
Cedere non si puo'. Perche' cedere alla barbarie e' abdicare alla nostra
umanita', alla nostra dignita' di persone.
Cedere non si puo', perche' una democrazia dimidiata non e' piu' una
democrazia, perche' una democrazia che ammette l'apartheid non e' piu' una
democrazia, perche' una democrazia che tollera lo schiavismo non e' piu' una
democrazia.
Cedere non si puo', perche' la prossima vittima sei tu.
Dovra' quindi essere nostra capacita' contrastare senza cedimenti, resistere
su tutto il fronte, non accettare alcuna ignominia, batterci contro ogni
orrore. Difendere la legalita' costituzionale, difendere la separazione dei
poteri, difendere lo stato di diritto, difendere la democrazia che convoca a
giustizia e liberta'. Difendere i vivi e coloro che verranno, difendere i
nostri stessi morti e della loro vita il senso, dall'assalto dei nazisti al
governo. Persistere in quelle che Giacomo Leopardi, ed infiniti altri,
chiamavano le antiche virtu' repubblicane: la giustizia e la misericordia,
l'uguaglianza e la responsabilita', la dignita' che tutte e tutti convoca e
tutte e tutti raggiunge. E sconfiggere la barbarie.

2. EDITORIALE. GIULIO VITTORANGELI: COME SAPEVA GIA' OMERO
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Un trafiletto qualsiasi, di un giorno qualsiasi in Afghanistan: "Almeno 22
civili, tra cui donne e bambini, sono rimasti uccisi a causa di un raid
aereo statunitense nella provincia orientale afgana di Nuristan. Ad essere
colpiti ha riferito il capo del distretto, Zia-Ul Rahman, sono state persone
che, a bordo di due veicoli, stavano evacuando l'area come gli era stato
ordinato dalle truppe Usa che volevano lanciare un'operazione contro i
talebani.
L'est dell'Afghanistan, cosi' come il sud, e' teatro da mesi di scontri tra
le truppe dell'Isaf (Nato) e quelle Usa che combattono contro la guerriglia
che mira a cacciare le truppe straniere dal paese asiatico".
Un trafiletto che dovrebbe ricordarci che l'Italia e' in guerra e che questo
continua ad avvenire nel totale spregio della nostra Costituzione
repubblicana.
Sorprende che si sollevi il problema della costituzionalita', anche da parte
di importanti personalita', solo rispetto alle scandalosissime ed
evidentemente incostituzionali leggi sulla giustizia che vuole emanare il
governo Berlusconi (si veda il recente documento dei costituzionalisti
contro il lodo Alfano e la norma blocca-processi), e non si dica nulla sul
famoso articolo 11, quello che parla di ripudio della guerra.
E' bene ricordare che "ripudio" e' qualcosa di ben piu' profondo ed incisivo
del semplice "rifiuto" della guerra.
Su questo pero' non c'e' nessuno scontro tra governo ed opposizione, molto
probabilmente perche' entrambi hanno una posizione comune che considera
legittima l'uso della guerra in politica estera.
Se il tabu' della guerra, flagello dell'umanita', cosi' come si era andato
definendo nel comune sentire di interi popoli dopo le atrocita' della
seconda guerra mondiale (Auschwitz ed Hiroshima su tutte) e' andato
totalmente in frantumi subendo una profonda trasformazione, l'orrore pero'
resta inesorabilmente immutato.
"Nuove figure di combattenti (il mercenario, il kamikaze), nuove strategie
militari (l'opzione zero morti), nuove configurazioni dei rapporti tra stati
(asimmetria e guerre civili di terza generazione) hanno disintegrato il
concetto stesso di guerra cosi' come e' stato adoperato nel '900.
"Tutto questo ha prodotto un discorso mediatico fondato sulla finzione della
negazione della guerra, su artifici lessicali che rendono possibile ogni
guerra chiamandola con nomi diversi, con vere e proprie bizzarrie
terminologiche, ossimori come 'guerra umanitaria'.
"Invece di conoscere la guerra ci si propone di eluderla, di cancellarne
l'essenza ultima che resta di uccidere e farsi uccidere.
"Riproporre il confronto con la realta' vuole dire essere consapevoli che la
guerra oggi non scaturisce piu' solo dalla concentrazione monopolistica
della violenza nello stato nazionale ma anche da una sorta di deficit di
autorita' e di legittimita' che ha investito il suo ruolo, proponendo da un
lato la deriva privatistica che ha assunto la sua condotta (i mercenari, ma
non solo), dall'altro la dimensione sempre piu' sopranazionale dei poteri di
comando sulle forze armate che operano nei vari teatri delle guerre
postnovecentesche" (Giovanni De Luna, "Il manifesto", 4 luglio 2008).
Eppure, come dicevamo precedentemente, l'orrore verso questa negazione
assoluta dell'umano che e' la guerra, e' sempre lo stesso; almeno dai tempi
dell'antichita', quando il teatro della battaglia era una scena di
macelleria. Non che la carneficina fosse riservata ai soli guerrieri e
maschi in divisa. Donne stuprate e uccise, civili passati a fil di spada,
innocenti feriti a morte facevano e fanno parte della violenza omicida di
tutte le guerre, da Omero ai giorni nostri, costituendo il classico risvolto
"orrorista" (secondo la definizione di Adriana Cavavero, nel libro
Orrorismo, ovvero della violenza sull'inerme", Feltrinelli, Milano 2007).
Cosi' nel corso della sua tormentata storia l'umanita' ha cercato di fare
esperienza di questa assurda politica dell'orrore.
Quando le truppe napoleoniche si macchiarono in Spagna delle ben note
atrocita', Goya usciva di notte per andare a disegnare dal vero i cadaveri
ammassati nei campi devastati dalla guerra.
Al giardiniere Isidoro, che lo accompagnava nelle sue spedizioni notturne, e
che un giorno gli chiese perche' si ostinasse a fissare sulla carta quegli
atti di barbarie, Goya rispose: "Per avere la soddisfazione di ammonire in
eterno gli uomini a non essere barbari".

3. RIFLESSIONE. DIJANA PAVLOVIC: UN PANORAMA AGGHIACCIANTE
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 6 luglo 2008 col titolo "Un Panorama
agghiacciante".
Dijana Pavlovic (per contatti: dijana.pavlovic at fastwebnet.it) e' nata nel
1976 in Serbia, vi ha vissuto e studiato fino al '99, laureandosi a
Belgrado; dal 1999 vive e lavora a Milano; e' attrice drammatica, docente,
mediatrice culturale]

"Ho rubato un orologio / e l'ho messo sotto le costole / per far si' che il
mio petto non sia vuoto / per far si' che dentro non ci passi il vento. / Lo
puoi sentire proprio bene come batte sotto la camicia / se pensi che sia il
cuore ti sbagli. / Io il cuore ce l'ho in gola da quando sono nata".
E' una poesia di un poeta serbo, Miroslav Antic. Avere il cuore in gola e'
lo stato d'animo di tutti i bambini Rom che vivono in Italia e che non
rubano. Ma ci sono altri bambini che stanno male in questo Paese. Due
esempi.
Palermo: mi racconta un'amica che lavora in una fondazione antimafia che per
una recita in una scuola di Palermo hanno proposto un tema sulla mafia, ma
e' stato rifiutato; allora hanno fatto un sondaggio tra i ragazzi su che
cosa volevano rappresentare. Risultato: tutti i ragazzi, nessun escluso,
volevano mettere in scena una rapina in banca e uccidere i poliziotti.
Napoli: le maestre delle scuole di Ponticelli hanno proposto ai bambini un
tema su quello che e' accaduto nei campi Rom. Risultato: nei temi e nei
disegni si inneggia al rogo dei campi a cui molti di loro addirittura hanno
partecipato.
Di chi sono figli questi bambini? Non solo dei loro genitori naturali, ma
anche di Maroni e della "cultura" delle sue camice verdi che percorrono
questo Paese in ronde minacciose. E sono anche figli di chi, sull'ultimo
numero di "Panorama", criminalizza un intero popolo con la foto di un
bambino rom e il titolo: "Nati per rubare". Ricorda il passato e riviste
come "La difesa della razza".
La politica di Maroni, condannata dalla comunita' internazionale, dalla
chiesa e dall'associazionismo, ha bisogno dell'appoggio della comunicazione.
E allora ecco che scoppia il caso dei bambini "nati per rubare", proprio nel
momento giusto.
Tante volte negli ultimi anni mi sono sentita impotente quando ho incontrato
situazioni di abuso nei confronti dei minori rom e le ho denunciate alla
polizia e agli assistenti sociali. Ho combattuto per un anno perche' un
bambino venisse tolto ai genitori e messo in un ambiente protetto perche'
subiva violenze in famiglia. Mi e' stato sempre risposto che i bambini rom
non vengono presi nelle comunita' perche' tanto scappano sempre, per loro
non c'e' niente da fare.
E poi ci sono esempi eclatanti che sono sfuggiti a "Panorama": per esempio a
Rho dei bambini rom hanno telefonato al Telefono Azzurro perche' i loro
genitori li volevano costringere a elemosinare. Qualcuno si e' occupato di
questo caso e ha cercato di capire le ragioni di questo gesto? Nessuno,
perche' pubblicizzare un esempio di consapevolezza frutto di una situazione
positiva di un campo regolare, nel quale i bambini vanno a scuola, contrasta
con il pregiudizio razzista e con la necessita' di sostenere una politica
che crea un'emergenza inesistente per nascondere i problemi ben piu' seri e
profondi di un paese in crisi.
Io vengo da un Paese devastato da guerre civili, bombardamenti, dittature e
liberta' negate - di infamie ne ho viste tante! Ma speculare in questo modo
sui bambini e' qualcosa di piu' di un'infamia, e' un crimine morale.
Nessun bambino e' nato per essere ladro, mafioso o assassino. Bisognerebbe
proteggerli tutti, dai loro genitori e da questa politica barbara che non si
fa scrupoli di usarli per interessi di bottega e fare in modo che nessuno di
loro abbia il cuore in gola: ne' quelli di Palermo, ne' quelli di Napoli,
ne' quelli Rom, ne' nessun altro.

4. APPELLI: STEFANO GORLA, MATTEO MERLETTO, VALERIO BOCCI, FABIO MOTTA,
MASSIMILIANO SABBADINI: NON CRIMINALIZZATE I BAMBINI ROM
[Dal sito di "Nigrizia" (www.nigrizia.it) riprendiamo il seguente appello
del 4 luglio 2008 dal titolo "Non criminalizzate i bambini rom", appello
lanciato da quattro riviste cattoliche per ragazzi e dal presidente del Foi,
in risposta alla decisione di prendere le impronte digitali ai bambini rom.
Padre Stefano Gorla e' direttore de "Il Giornalino".
Padre Matteo Merletto e' direttore de "Il Piccolo Missionario".
Don Valerio Bocci e' direttore di "Mondo Erre".
Padre Fabio Motta e' direttore di "Italia Missionaria".
Don Massimiliano Sabbadini e' presidente del Forum degli oratori italiani]

Siamo un gruppo di direttori di riviste per ragazzi e il presidente del Foi
(Forum degli oratori italiani). Sulle pagine delle nostre riviste, dei
nostri siti, sui campi degli oratori incontriamo migliaia di ragazzi.
Bambini e ragazzi che si aprono con fiducia al mondo, con la voglia di
essere protagonisti, di conoscere cio' che li circonda. Ne ascoltiamo gioie
e preoccupazioni, e la notizia della schedatura dei bambini rom preoccupa
noi e loro.
Censimento o schedatura, non importa. In questo caso le parole non fanno
differenza, contano i fatti. E i fatti sono i diritti negati di bambini e
ragazzi. Il diritto alla salute, all'istruzione, al gioco, a preservare la
propria identita', il proprio nome e le proprie relazioni familiari. Il
diritto a non essere discriminato in base all'origine nazionale, etnica o
sociale.
Ci preoccupa la schedatura dei bimbi rom. Schedare un bambino solo in base
all'appartenenza etnica e ridurlo a numero con il sistema utilizzato per chi
e' indagato di un reato, viola la sua dignita' umana. Schedare i bambini rom
e solo i bambini rom, vanifica il principio di uguaglianza tra tutti i
bambini.
Nessuna polemica strumentale da parte nostra. Riconosciamo la necessita' di
intervenire sulla condizione dei bambini rom in modo calibrato e delicato,
per favorire una loro effettiva integrazione; ma con i dati della schedatura
cosa si potra' fare oltre alle statistiche o a qualche indagine sociologica?
E poi la schedatura rispetta il principio di far prevalere il superiore
interesse del bambino su qualunque altra considerazione? I bambini rom, i
bambini in genere, hanno bisogno d'accoglienza, di non vivere nella paura,
di poter andare a scuola, di vedersi difesi di fronte alla violenza degli
adulti. Dove sono i passi concreti in questa direzione?
Ci pensi, ministro Maroni.
Pensateci, politici.
Su questo, noi e i bambini, attendiamo fatti.
*
padre Stefano Gorla, direttore de "Il Giornalino"
padre Matteo Merletto, direttore de "Il Piccolo Missionario"
don Valerio Bocci, direttore di "Mondo Erre"
padre Fabio Motta, direttore di "Italia Missionaria"
don Massimiliano Sabbadini, presidente del Foi (Forum degli oratori
italiani)

5. DOCUMENTAZIONE. FURIO COLOMBO: LE IMPRONTE DI BERLUSCONI
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 6 luglio 2008 col titolo "Le impronte di
Berlusconi".
Furio Colombo (Chatillon, 1931), giornalista (alla Rai, "La Stampa", "La
Repubblica", "L'Unita'" e per il "New York Times" e la "New York Review of
books"), scrittore, docente universitario (al Dams di Bologna e alla
Columbia University), parlamentare; e' stato il proponente e primo
firmatario della legge istitutiva del Giorno della memoria, approvata
all'unanimita' dal Parlamento italiano. Tra le opere recenti di Furio
Colombo: Il destino del libro e altri destini, Bollati Boringhieri, 1990; La
citta' profonda. Saggi immaginari su New York, Feltrinelli, 1994; Ultime
notizie sul giornalismo. Manuale di giornalismo internazionale, Laterza,
1995; (con Vittorio Foa), Il sogno di una destra normale, Donzelli, 1995; Il
treno della Cina. Dispacci di un viaggio, Laterza, 1995; Gli altri che
farne, Rizzoli, 1997; Il candidato. La politica senza il potere, Rizzoli,
1997; Confucio nel computer. Memoria occidentale del futuro, Rizzoli, 1998;
Manuale di giornalismo internazionale. Ultime notizie sul giornalismo,
Laterza, 1999; Fine del villaggio globale. Notizie di guerra, PL, 1999; La
scoperta di nuovi mondi, Istituto Poligrafico dello Stato, 2001; Privacy,
Rizzoli, 2001; (con Antonio Padellaro), Il libro nero della democrazia.
Vivere sotto il governo Berlusconi, Baldini Castoldi Dalai, 2002; La citta'
e' altrove, Mancosu Editore, 2003; L'America di Kennedy, Baldini Castoldi
Dalai, 2004; America e liberta'. Da Alexis de Tocqueville a George W. Bush,
Baldini Castoldi Dalai, 2005; (con Gian Carlo Ferretti), L'ultima intervista
di Pasolini, Avagliano, 2005; (con Romano Prodi), Ci sara' un'Italia.
Dialogo sulle elezioni piu' importanti per la democrazia italiana,
Feltrinelli, 2006; Post giornalismo. Notizie sulla fine delle notizie,
Editori Riuniti, 2007; La fine di Israele, Il Saggiatore, 2007. Un sito in
cui compare una selezione dei suoi articoli recenti e':
www.furiocolombo.it/]

C'e' una frase che viene ripetuta all'infinito fin dal tempo (che ormai
abbiamo dimenticato) in cui Silvio Berlusconi ha incominciato a invelenire
l'Italia, creando sempre nuovi nemici e invitando sempre piu' cittadini a
combattersi o a cedere, ciascuno nel suo campo e secondo il suo mestiere. I
giornalisti o lo servono o gli gettano fango. I magistrati o si piegano o
sono eversivi. I politici o accettano di chiamare "dialogo" il suo monologo,
o vengono denunciati come sinistra "distruttiva" e "radicale" (con buona
pace del partito di Marco Pannella il cui nome viene continuamente usato e
abusato).
Ma ecco la frase che viene ripetuta all'infinito: "Non basta essere contro
Berlusconi. Bisogna dire per cosa si e' e quale progetto di societa' si
indica". Consciamente o no, buona fede o no, la frase finisce per suonare
come un invito a posticipare: prima il grande e compiuto disegno della
societa' che vogliamo e poi l'impegno contro Berlusconi. Questa volta colgo
la frase da una pubblicazione (la rivista "Left") da un articolo
(l'attivita' tuttora in corso dei "mille di Chianciano", riuniti intorno
all'invito di Pannella di discutere di una nuova politica) e da una
protagonista, Elettra Deiana, gia' deputata della Sinistra Arcobaleno, che
non si prestano all'introduzione negativa che io ne ho fatto. Vedo per forza
vera ansia, vera fatica, vera ricerca sul come venirne fuori. Sia nel come
partecipare non inutilmente alla vita pubblica di ogni giorno; sia come
disegno di quel grande e famoso progetto a cui - ci dicono - e' doveroso
lavorare. Ma ci sono situazioni e momenti in cui non puoi dedicarti per
prima cosa al grande progetto. Per prima cosa i cittadini ti chiedono: e
adesso? E oggi? E stamattina?
Mi rendo conto che questa domanda segna una linea di demarcazione fra chi,
facendo politica negli anni e nei decenni, ha maturato la persuasione che i
tempi lunghi ci sono comunque e che le grandi costruzioni (e le grandi
speranze) richiedono tempi lunghi; e chi, entrato passionalmente in politica
in un momento di emergenza (o che viene vista e vissuta come emergenza)
crede alla risposta impetuosa e immediata.
Pesano su questa demarcazione anche la persuasione, a volte spazientita, del
vecchio militante (sapessi quante emergenze abbiamo vissuto!) e
l'irritazione dei giovani strateghi che hanno un altro senso del tempo e
vogliono essere lasciati lavorare nelle diverse e "articolate" strategie. E
percepiscono la tendenza a drammatizzare come il gesto di urtare il gomito
di uno che, sapendolo fare, sta disegnando. Qualche lettore potrebbe
chiedermi: se vedi con chiarezza le obiezioni che ti riguardano perche'
continui a urtare il gomito del disegnatore paziente? Non sara' un fatto
umorale, che in politica conta poco?
*
Umorale la mia reazione al pesante e devastante ritorno di Berlusconi un po'
lo e'. E' addirittura una questione di eta'. Avevo la stessa eta' dei
bambini Rom che questo governo italiano vuole obbligare a premere il dito
sul tampone d'inchiostro per prelevare le loro impronte digitali, mentre gli
altri bambini non Rom stanno a guardare.
Avevo la stessa eta' dei piccoli e umiliati Rom di oggi quando gli
"ispettori della razza", scuola per scuola, classe per classe, hanno
cominciato a fare l'appello dei piccoli ebrei per espellerli.
Ho raccontato molte volte il senso di scandalo che ho provato (i bambini
possono e sanno indignarsi) di fronte al silenzio degli insegnanti. Nella
mia scuola la buona maestra che ci raccontava ogni giorno una puntata di
Pinocchio se stavamo bravi, il buon maestro, mutilato di guerra, che narrava
episodi di eroismo da lasciarci tesi e ammirati, lo scattante giovanotto
della ginnastica e il direttore didattico da cui ti mandavano a discutere
(lui discuteva benevolmente con i bambini) di presunte o vere mancanze,
tutti sono rimasti impassibili e in silenzio mentre continuava il tremendo
appello. E persino se non sapevamo che quello era gia' l'appello di
Auschwitz, il silenzio e' stato la prima agghiacciante esperienza di molte
piccole vite.
Ora vi pare che prima di impegnarmi con tutta la forza, l'offesa,
l'indignazione, l'opposizione di cui sono capace contro le impronte a cui
vengono obbligati i bambini Rom (meta' dei quali sono italiani), vi pare che
possa ammonire me stesso ripetendo la frase: "non basta essere contro
Berlusconi, bisogna prima dire per cosa si e' e quale progetto di societa'
si indica"?
La mia, intanto, e' una societa' che non perseguita nessuno e tanto meno i
bambini e tanto meno i bambini Rom che sono parte di uno dei due popoli per
i quali nazisti e fascisti e "difensori della razza" avevano previsto lo
sterminio.
Puo' darsi che non abbia ancora chiare tutte le regole socio-economiche
della societa' umana ed equilibrata che dovra' venire. Come mi insegnano
Zapatero e Sarkozy, Angela Merkel e Barack Obama, forse i punti di
riferimento di una piu' vasta azione politica potranno essere un poco piu' a
destra o alquanto piu' a sinistra. Piu' fondati sull'impegno individuale
oppure sul solidarismo che protegge i piu' deboli. Ma, per prima cosa,
dobbiamo restare dentro il percorso della civilta'. Il decreto Maroni che
impone le impronte ai bambini e obbliga ciascun Rom a dichiarare la propria
religione (moduli del genere, sull'intimo e delicato territorio della
religione, non sono mai apparsi nella pur spaventata America dopo l'11
settembre, cosi' come neppure una sola moschea, in quel Paese, e' divenuta
territorio di incursioni delle varie polizie anti-terrorismo) il decreto
Maroni colpisce la civilta' nei suoi punti vitali e tende a far uscire il
Paese Italia da decenti regole civili. Io che ho visto cominciare questo
percorso fondato sulla selezione di un nemico da isolare e separare
cominciando dai bambini, non ho nessuna intenzione di ritornare sul problema
solo dopo avere disegnato un progetto di societa'. L'offesa avviene adesso e
adesso va fermata.
*
Accadono in questa Italia che ho appena finito di descrivere con ansia e
costernazione, alcuni fatti che voglio elencare qui di seguito perche' hanno
importanza per tutti.
1. Per la prima volta nella storia italiana un alto funzionario dello Stato
incaricato di eseguire, dice no alle impronte digitali dei bambini. E' il
Prefetto di Roma, Carlo Mosca. Non e' la cosa piu' facile del mondo per un
prefetto dire no al ministro dell'Interno. Maroni e' ostinato e sordo alle
ragioni che gli vengono da tante parti del suo Paese (non parlo di parti
politiche, parlo di Chiese e di cultura, della comunita' di Sant'Egidio, di
"Famiglia Cristiana", praticamente di ogni prete o associazione che abbiamo
lavorato con e accanto ai Rom, della Comunita' Ebraica italiana, delle
Comunita' Valdesi) perche' rappresenta la Padania (cioe' uno stato mentale
fondato sulla persecuzione degli "altri") in Italia. E' ministro della
Repubblica italiana con i voti (tanti voti, certo) di alcune tribu' del Nord
che continuano a minacciare la scissione dall'Italia quando non vengono
zittiti in tempo dal Capo Bossi, unico governo da loro riconosciuto.
Uno cosi' che fa il ministro e che deve offrire vittime alle superstizioni
delle sue tribu', sara' fatalmente vendicativo.
Ma il Prefetto Mosca non ha cambiato idea. Chiedo che gli italiani ricordino
il caso unico del no limpido e chiaro, in nome della civilta' comune,
dell'unico alto funzionario del Paese Italia (piu' noto nel mondo, per il
diffuso opportunismo, il "tengo famiglia", una certa vilta', il silenzio dei
miei maestri elementari di bambino e dei miei colleghi giornalisti di
adesso) che abbia osato pubblicamente dire no al ministro di cui e'
rappresentante.
2. I "gage'" di tutta Italia hanno scritto, firmato e fatto circolare un
appello che dichiara il decreto Maroni una violazione della Carta dei
diritti dell'uomo (Nazioni Unite), della Unione Europea e di tutte le
Costituzioni nazionali a cominciare da quella italiana.
Chi sono i gage'? Nella lingua rom "gage'" sono le persone non Rom (come i
"goyim", nella lingua yiddish, sono i cristiani o comunque i non ebrei).
Ecco un brano del loro appello, che ho avuto da Dijana Pavlovic, la giovane
attrice e attivista Rom che scrive per questo giornale.
"Noi gage' credevamo che, dopo la fine della seconda guerra mondiale e le
scelte della comunita' internazionale, non fosse piu' possibile rivedere nei
nostri Paesi i fantasmi di un passato che volevamo bandito per sempre. La
carta dei diritti dell'uomo, le costituzioni nazionali, i trattati della
comunita' europea impediscono ogni forma di razzismo e ogni atto che
discrimini e segreghi una minoranza etnica o religiosa (...)
"Non e' lecito in un Paese civile schedare i bambini. Tanto meno e'
ammissibile, per l'intera comunita' internazionale, che questa schedatura
avvenga su base etnica. Ma non e' cosi' per il nostro governo. Il suo
ministro dell'Interno, uno dei capi supremi delle camicie verdi che
inneggiano alla secessione padana, alla cacciata dei Rom ed extracomunitari,
che percorrono in ronde minacciose le citta', ha dato disposizione che i
bambini Rom siano schedati con il rilievo delle impronte digitali (...)
"Questo e' il volto avvelenato del nostro Paese. Ma i veri colpevoli siamo
noi, i gage', che credono nella propria superiorita' etnica, esportano con
la forza le proprie idee, aggrediscono un popolo che non riconosce confini,
non ha terre da difendere con guerre, non ha bandiere in nome delle quali
massacrare i diversi da se'".
Propongo che tanti aggiungano le loro firme a questo manifesto (tra i primi
a sottoscrivere, Moni Ovadia) che si conclude con la dichiarazione "ci
rifiutiamo di essere diversi. Pretendiamo che siano prelevate le nostre
impronte digitali".
3. Ecco le ragioni per cui alcuni di noi hanno deciso di promuovere e
partecipare all'evento dell'8 luglio. Non e' un partito preso o un frivolo
accanimento in luogo di una normale, serena opposizione. Non c'e' niente di
normale e niente di sereno in un Parlamento ingorgato di provvedimenti
personali salva-Berlusconi, in cui i lavori sono diretti da presidenti che
in realta' sono capi-partito e come tali vanno insieme al Quirinale a dire
non cio' che provano o sentono tutti i deputati e tutti i senatori, come
richiede il loro ufficio. No, vanno al Quirinale - coperti da quelle
cariche - per dire cio' che vogliono i loro partiti. Ovviamente cio'
richiede piu' che mai di dare tutto il nostro sostegno, da cittadini, prima
ancora che da politici, al Capo dello Stato.
Ecco le ragioni che spingono alcuni di noi, e certo molti cittadini, e certo
il popolo Rom, a incontrarsi adesso, subito, mentre il cosiddetto "pacchetto
sicurezza" viene imposto al nostro Paese, triste timbro di discriminazione e
razzismo. Come le leggi razziali del fascismo, questa irresponsabile serie
di decisioni ci umilia in Italia, ci isola in Europa, ci separa dalla nostra
Costituzione, interrompe il rapporto con la grande eredita' della Resistenza
a cui si deve la nostra liberta'.
La nostra liberta' e' unica. O e' intatta o non lo e'. O ci riguarda tutti o
costruisce una odiosa apartheid.
E' bene alzarsi e dirlo adesso, con tanti cittadini e tanti Rom che ci hanno
detto "veniamo", e con il loro coordinatore, Alexian Santino Spinelli
(professore all'Universita' di Trieste) che parlera' insieme a noi. E poi ci
saremo tutti in autunno, nella manifestazione politica gia' annunciata da
Walter Veltroni con il Pd. E ci siamo ogni giorno in Parlamento per dire ben
chiaro il nostro no, per tentare di cancellare sul futuro dell'Italia le
impronte di Berlusconi.

6. MATERIALI. ALCUNI SITI UTILI PER L'INFORMAZIONE E LA SOLIDARIETA' CON ROM
E SINTI

- Associazione Italiana Zingari Oggi: www.aizo.it
- Opera Nomadi di Mantova: http://operanomadimantova.blog.tiscali.it/
- Opera Nomadi di Milano: www.operanomadimilano.org
- Opera Nomadi di Padova: http://operanomadipadova.blog.tiscali.it/
- Opera Nomadi di Reggio Calabria: www.operanomadirc.it
- Opera Nomadi di Torino: http://digilander.libero.it/ontorino
- Romano Lil: http://romanolil.blog.tiscali.it/
- Sucar Drom: http://sucardrom.blog.tiscali.it/
- Them Romano': http://web.tiscali.it/associazionethrom/

7. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "IL MERCANTE DI VENEZIA" DI RICCARDO
CALIMANI
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 14 giugno 2008
col titolo "Quando Venezia invento' il ghetto" e il sommario "Risale al
Cinquecento la scelta di separare gli ebrei in un quartiere ai margini:
luogo simbolo e modello d'ogni reclusione, rivive ora in un romanzo di
Calimani".
Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a
Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce
letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio
speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa"
e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il
rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti
e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del
premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena
Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini
& Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani,
Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le
altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; Scrivere di
se'. Identita' ebraiche allo specchio, Einaudi, Torino 2007; con Giulio Busi
ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal
III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando
l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis
Ginzberg.
Riccardo Calimani (Venezia, 1946) e' un illustre storico dell'ebraismo
italiano ed europeo; saggista e narratore; laureato in ingegneria
all'universita' di Padova e in filosofia all'universita' di Venezia;
presidente del primo Museo ebraico in Italia con sede a Ferrara. Nel 1986 ha
ottenuto il Premio cultura della Presidenza del consiglio dei ministri, nel
1997 il Premio europeo per la cultura. Tra le opere principali di Riccardo
Calimani: Storia dei marrani a Venezia, Rusconi, 1991; Storia del ghetto di
Venezia, Mondadori, 1995, 2000; Destini e avventure dell'intellettuale
ebreo, Mondadori, 1996; Alle origini della modernita'. Capitali europee
dell'ebraismo tra '800 e '900, Mondadori, 1997; Gesu' ebreo, Mondadori,
1998; Paolo, Mondadori, 1999; Ebrei e pregiudizio, Mondadori, 2000; Storia
dell'ebreo errante, Mondadori, 2002; L'Inquisizione a Venezia, Mondadori,
2002; L'Europa degli ebrei, Mondadori, 2002; Non e' facile essere ebreo,
Mondadori, 2004; Passione e tragedia, Mondadori, 2006; Ebrei eterni
inquieti, Mondadori, 2007; Storia del pregiudizio contro gli ebrei,
Mondadori, 2007; Il mercante di Venezia, Mondadori, 2008]

A Venezia e' stato inventato il ghetto. Nel 1516 la Serenissima decide di
rinchiudere i propri ebrei - nel vero senso della parola, con muri e
cancelli - in un quartiere che appena lambisce la citta' e dove forse un
tempo c'era una fonderia, un "geto". Da allora, il ghetto di Venezia ha
quello strano privilegio che tocca ai luoghi tanto reali quanto simbolici.
Cinquecento anni di storia, anno piu' anno meno, sono ormai passati fra
quelle calli e lo spazio inaspettatamente ampio del campo del ghetto nuovo
(la piazza piu' grande di tutta la citta' lagunare, naturalmente dopo San
Marco), e non si puo' dire che le case e le voci e la vita non siano
cambiate, in quello spazio di citta'. Pero' il ghetto resta sempre quello,
come l'acqua che passa lenta per i canali. E da allora, questo luogo e'
diventato il simbolo, il modello d'ogni reclusione - piu' o meno incivile.
All'epoca in cui gli ebrei di Venezia dovettero concentrarsi da quelle
parti, erano una comunita' vivace e multiforme che veniva piu' o meno dai
quattro angoli del mondo: dalla Spagna cosi' come dalla Germania, dalla
Turchia ma anche dalle terre ben piu' limitrofe dell'Italia vaticana. Erano
una comunita' demograficamente e culturalmente molto vivace, non sempre
ligia ai precetti religiosi ma in compenso aperta, con intuito e fantasia,
alle novita' e alle sollecitazioni che giungevano dal mondo esterno.
E se l'evento traumatico che l'invenzione del ghetto rappresenta ha, da
allora in poi, allertato studiosi e narratori, il periodo precedente, quello
che segna la vigilia della reclusione, e' decisamente meno esplorato. Piu'
oscuro per molti versi, ma non certo meno complesso, meno carico di feconde
contraddizioni.
Ci pensa ora Riccardo Calimani che, dopo anni di esplorazione "critica",
cioe' storiografica in senso lato, della vicenda ebraica entro i confini
della Serenissima, ha ora deciso di lanciarsi nel mondo della fiction,
dedicandole un corposo romanzo. Il mercante di Venezia (Mondadori, pp. 370,
euro 18,50) non e' infatti l'ennesima biografia del mai abbastanza compreso
Shylock. E' invece la storia di Moses Conegliano che arriva a Venezia in un
giorno di nebbia insidiosa del 1508. Ha una famiglia "allargata", una moglie
che e' ormai soltanto un ricordo e un'altra che lo accompagnera' nella nuova
vita veneziana. Attraverso questa figura, Calimani conduce il lettore dritto
dentro la Venezia di quegli anni, a un tempo illuminati e oscuri. Densi di
una cultura nuova e di vecchie paure. E' una citta' nervosa ma anche
dolcissima, quella in cui Moses Conegliano si racconta. Un poco specchio di
questo personaggio, saggio e paziente eppure inquieto a modo suo.
Calimani descrive con puntualita' gli scontri religiosi, i disordini, ma
anche i contatti fra mondo ebraico e ambiente circostante, che vanno ben al
di la' di un'astratta e occasionale affinita' culturale. Il mercante di
Venezia e' un romanzo fitto di eventi e colpi di scena. Ma e' soprattutto un
affresco della citta', delle sue contraddizioni e delle sue ansie, alla
vigilia di quella lunga stagione del ghetto che ancora sta davanti ai nostri
occhi.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 509 del 7 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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