Minime. 458



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 458 del 17 maggio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 25 maggio a Viterbo
2. Al Consiglio comunale di Viterbo il disastro ambientale e sanitario
dell'aeroporto di Ciampino
3. Arrigo Quattrocchi ricorda Leyla Gencer
4. Giampiero Cane ricorda Jimmy Giuffre
5. Luigi Onori ricorda Mario Schiano
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. "Leggendaria" n. 68
8. Daniele Barbieri intervista Gabriella Ghermandi
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. IL 25 MAGGIO A VITERBO
[Riportiamo il seguente comunicato del 16 maggio 2008 del comitato che si
oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo, comunicato dal titolo completo "Domenica 25 maggio 2008 a Viterbo una
passeggiata per conoscere e difendere l'area termale del Bulicame,
l'ambiente, la salute"]

Domenica 25 maggio 2008 il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo promuove una passeggiata nei
luoghi d'interesse naturalistico e storico-culturale che l'eventuale
realizzazione di un mega-aeroporto devasterebbe irreversibilmente.
Il programma della passeggiata e' il seguente:
Alle ore 16,30 ritrovo davanti all'Orto botanico, con interventi di Giuseppe
Nascetti e Silvano Onofri.
Inizio della passeggiata, accompagnati da Paolo Giannini che illustrera' nel
corso della passeggiata le emergenze naturalistiche e storico-culturali.
Alle ore 17,30 circa: al Bulicame.
Alle ore 18 circa: alle Pozze della Tuscanese.
Alle ore 19 circa: alle Sorgenti delle Zitelle, con intervento di Antonello
Ricci.
Alle ore 20: fine della passeggiata e prosecuzione della serata al centro
sociale "Valle Faul" con cena e musica.
A tutti i partecipanti sara' messo a disposizione l'opuscolo "Low cost
quanto ci costi!".
*
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito:
www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it

2. INIZIATIVE. AL CONSIGLIO COMUNALE DI VITERBO IL DISASTRO AMBIENTALE E
SANITARIO DELL'AEROPORTO DI CIAMPINO
[Riportiamo il seguente comunicato del 16 maggio 2008 del comitato che si
oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo, comunicato dal titolo completo "In occasione della seduta d'apertura
del nuovo consiglio comunale di Viterbo il professor Osvaldo Ercoli diffonde
ai consiglieri e ai cittadini l'opuscolo 'Low cost quanto ci costi!' che
rivela le catastrofiche conseguenze per l'ambiente e la salute dei cittadini
di un aeroporto per voli low cost come quello di Ciampino"]

A tutti i partecipanti alla seduta d'insediamento del nuovo consiglio
comunale di Viterbo, venerdi' 16 maggio 2008, il professor Osvaldo Ercoli,
del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo, ha diffuso l'opuscolo "Low cost quanto ci
costi!" sulla tremenda situazione ambientale e sanitaria dell'aeroporto di
Ciampino, realizzato dall'Assemblea permanente "No fly" di Ciampino e
pubblicato dalla casa editrice Stampa Alternativa (disponibile integralmente
anche nel sito www.no-fly.info).
La pubblicazione ha suscitato un estremo interesse; l'iniziativa di
sensibilizzazione ha confermato la necessita' di opporsi al dissennato
incremento del trasporto aereo, di opporsi alla folle realizzazione a
Viterbo di un nuovo mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e
fuggi" per Roma, di impegnarsi per l'immediata e drastica riduzione dei voli
su Ciampino, di battersi in difesa della salute, dell'ambiente, della
democrazia, dei diritti di tutti.
Osvaldo Ercoli, gia' professore amatissimo da generazioni di allievi, gia'
consigliere comunale e provinciale, impegnato nel volontariato, nella difesa
dell'ambiente, per la pace e i diritti di tutti, e' per unanime consenso nel
viterbese una delle piu' prestigiose autorita' morali. Il suo rigore etico e
la sua limpida generosita' a Viterbo sono proverbiali. E' tra gli animatori
del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per una
riduzione del trasporto aereo.

3. LUTTI. ARRIGO QUATTROCCHI RICORDA LEYLA GENCER
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 maggio 2008 col titolo "Opera. Addio
a Leyla Gencer, grande soprano turca" e il sommario "Voci d'oro. Era
considerata l'erede della Callas. Aveva portato in scena Verdi e Donizetti".
Arrigo Quattrocchi e' un noto e apprezzato musicologo; nato a Roma, dove
vive e lavora, scrive come critico musicale sul quotidiano "Il manifesto" e
collabora con Rai-Radiotre prevalentemente per trasmissioni sui materiali
d'archivio; come musicologo ha pubblicato un volume sulla storia
dell'Accademia Filarmonica Romana (di cui e' membro), un volume su La musica
in cento parole. Un piccolo lessico (Carocci, Roma 2003), saggi e articoli
su Beethoven, Rossini, Verdi, Dallapiccola, ed ha inoltre curato la
revisione sull'autografo della "Jerusalem" di Verdi; e' altresi' impegnato
nel campo della vita indipendente delle persone con disabilita'.
Su Leyla Gencer dal sito del Teatro alla Scala (www.teatroallascala.org)
riprendiamo la seguente notizia "Leyla Gencer si e' spenta nella notte di
venerdi' 9 maggio, nella sua casa di Milano. La Scala era il suo teatro, ma
negli anni era divenuta una seconda casa, da quando Leyla Gencer aveva
assunto, con il piglio e il rigore che le erano naturali, il ruolo di
direttrice dell'Accademia di Canto. Leyla Gencer era nata in Turchia, a
Istanbul, il 10 ottobre del 1928. La giovinezza nella grande casa sul
Bosforo era giunta a una svolta con il primo incontro musicale della vita:
Giannina Arangi Lombardi, grande cantante in fine di carriera, nel 1947 era
entrata al Conservatorio di Ankara; ascoltata la giovane Gencer, si era
offerta di darle lezioni di canto. Lezioni decisive per la formazione di una
delle voci di soprano piu' emozionanti di ogni tempo. Le vie dell'Italia
erano obbligate, e i primi impegni in diversi teatri erano giunti alla
definitiva svolta con l'audizione alla Scala, nel 1956. Victor De Sabata
l'aveva ascoltata in Cieli azzurri e ne era rimasto folgorato. La malattia
del maestro non aveva potuto concretizzare l'Aida per la quale De Sabata
l'aveva immaginata, ma avevano invece preso corpo i Dialogues des Carmelites
di Poulenc, che si davano in prima esecuzione mondiale sotto la direzione di
Nino Sanzogno. Seguira' l'onore del Requiem di Verdi in Duomo, per la morte
di Toscanini, sotto la bacchetta di De Sabata, uscito solo per
quell'occasione dal suo ritiro a Santa Margherita. Di li', 19 ruoli alla
Scala, tutti nel segno della scoperta e del rischio, e una galleria di date
cruciali, di prime, di incontri con grandi colleghi e leggendari maestri.
Con Leyla Gencer, ultima regina, la storia dell'Opera ha davvero chiuso
un'epoca. Definitivamente"]

Negli ultimi anni si era dedicata all'insegnamento, soprattutto come
direttrice dell'Accademia di canto della Scala, trasmettendo ai giovani
talenti l'esperienza derivata dalla sua straordinaria carriera. Leyla Gencer
si e' spenta venerdi' notte nella sua casa milanese, e con lei se ne va una
delle grandi dive del mondo dell'opera, acclamata e idolatrata per oltre
trent'anni dal pubblico dei maggiori teatri internazionali.
Era nata a Istanbul, quasi ottant'anni fa, e si era formata in Turchia, ma,
dopo il debutto italiano al San Carlo di Napoli nel 1953 in Cavalleria
rusticana, l'Italia era diventata la sua seconda patria. Alla Scala si fece
conoscere con due novita' assolute, I dialoghi delle carmelitane di Poulenc
(1957) e Assassinio nella cattedrale di Pizzetti (1958), mentre altrove
affrontava le opere del grande repertorio: Tosca, Traviata, Madame
Butterfly, Trovatore, Lucia di Lammermoor; titoli che mostrano il grande
eclettismo giovanile della cantante turca, possibile grazie a una tecnica
perfetta innestata su una voce di soprano lirico estesa e di timbro scuro;
qualita' che anche in seguito le avrebbero consentito di spaziare da Mozart
ai grandi ruoli verdiani (Aida, La forza del destino, Macbeth).
Fu pero' negli anni Sessanta che Leyla Gencer lego' il suo nome a un'altra
precisa strada interpretativa, quella delle riscoperte di opere dimenticate
del belcanto italiano. Nel maggio 1964 fece risorgere sul palcoscenico del
San Carlo - il teatro a cui certamente fu piu' legata - il Roberto Devereux
di Donizetti, e l'entusiasmo con cui questa partitura venne accolta diede un
impulso straordinario alla cosiddetta Donizetti renaissance. Non a caso la
Gencer si dedico' poi ad altri titoli allora negletti del bergamasco, come
Maria Stuarda, Lucrezia Borgia, Les Martyrs, Caterina Cornaro, Belisario. Ma
la sua abnegazione verso le riscoperte si diresse verso molte altre opere
mai piu' eseguite dall'Ottocento, partiture di Verdi (Gerusalemme), Bellini
(La straniera), Pacini (Saffo), Rossini (Elisabetta regina d'Inghilterra) e
via dicendo.
La Gencer seppe condurre, insomma, un vero recupero culturale del repertorio
belcantistico, seguendo in questo le orme di Maria Callas. Della Callas fu
pero' erede anche per altri versi, nella capacita' di dominare il
palcoscenico col gesto e con l'accento oltre che con il canto. Da vera
leonessa della scena, possedeva una personalita' carismatica che sapeva
donare significato e comunicazione alle seduzioni della linea di canto.
Forse proprio per questo venne totalmente ignorata dalle case discografiche,
che non la invitarono mai in studio di incisione per registrare neanche un
ruolo del suo repertorio. Sono dunque le riprese dal vivo, derivate da
trasmissioni radiofoniche o anche da abusivi microfoni in sala, a conservare
per i posteri l'arte interpretativa dell'indimenticabile soprano turco.

4. LUTTI. GIAMPIERO CANE RICORDA JIMMY GIUFFRE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 aprile 2008, col titolo "Jimmy Giuffre
e il suo fiato 'libero'" e il sommario "Lutto nel mondo del jazz. E' morto
il compositore e polistrumentista cool".
Giampiero Cane insegna Civilta' musicale afroamericana e teoria
dell'improvvisazione al Dams di Bologna, collabora come critico musicale con
numerose testate giornalistiche ("Il manifesto", "Saggiatore musicale",
"Amadeus") e dirige per l'editore Clueb la collana "Heuresis. Musica del
Novecento". E' stato uno dei pionieri della critica jazzistica in Italia e
il primo ad occupare una cattedra universitaria dedicata al jazz,
nell'allora neonato Dams, dove ha poi ricoperto anche gli insegnamenti di
Drammaturgia musicale, Etnomusicologia e Storia della musica moderna e
contemporanea. La sua attivita' di studioso si e' concentrata soprattutto
sul Novecento e si distingue per la capacita' di indagare la musica nei suoi
nessi con la letteratura, il teatro, la sociologia e le arti visive (ha
praticato egli stesso l'arte sotto forma di collages e opere materiche). Tra
le opere di Giampiero Cane: Facciamo che eravamo negri. Il jazz e il suo
blackground, Clueb, 1988; Canto nero. Il free jazz degli anni Sessanta,
Clueb, 1993; (con P. Morgante), Introduzione al jazz, alla storia, alle
opere, Clueb 1994; Monkcage. Il Novecento musicale americano, Clueb, 1995;
Sade Rossini Leopardi, Manifestolibri, 1996; Duke Ellington. Dalla White
House a Dio, Clueb, 1998; Con-fusa-mente. Il Novecento, Clueb, 2006.
Jimmy Giuffre (Dallas, Texas, 1021 - Pittsfield, Massachusetts, 2008) e'
stato un grande musicista jazz, clarinettista, sassofonista, arrangiatore e
compositore]

James Peter Giuffre, morto ieri a 87 anni, e' stato un celebrato
strumentista "West Coast", stile jazz che ha segnato la prima meta' degli
anni '50. Texano di Dallas, clarinettista da bambino, era poi cresciuto
acquisendo la tecnica del flauto e quella dei sassofoni, dei quali utilizzo'
il soprano, il tenore e il baritono. La sua musica piu' fortunata e' stata
Four Brothers, che Woody Herman registro' nel '47 portandola a un rilevante
successo. All'epoca Giuffre suonava ancora in big band di stile swing. Solo
nel '49 entrera' nell'orchestra di Herman, per il cui "secondo gregge"
scrive molti arrangiamenti. Il successo di Four Brothers gli fu pero' anche
di peso poiche' agi' come il terreno al quale volevano tenerlo avvinto le
richieste di pubblico e critica. Il musicista non era pero' cosi' fortemente
legato al mondo della musica cool, versione west, come confermo' negli anni
successivi.
Spirito vagabondo, nella sua musica troviamo di frequente motivi centripeti
nei confronti dei modelli dei generi che ebbe ad affrontare. Non fu un
musicista che puntasse sempre a uno stile "alto", anzi - ma persino
giochicchiando col folklore dei nativi d'America - trovava soluzioni
originali che davano una diversa dignita' al suo fare. Per esempio, con la
musica che suono' a Newport, nel '58, riusci' a ottenere l'applauso del
pubblico del genere western, ma anche a sedurre il regista di Jazz in a
Summer Day, Bern Stern, che proprio da essa trasse la colonna sonora del
documentario (a parte i set degli altri jazzisti). Negli anni '50 i suoi
collaboratori preferiti furono certamente i musicisti West Coast (Jim Hall,
Bob Brookmayer, Howard Rumsey, Ralph Pena e Shorty Rogers) coi quali
condivideva un certo gusto per la musica blues, folk e, come dicono negli
Usa, down home, cioe' quella specie di stereotipia nera che caratterizza i
quartetti vocali e che fa della musica sudista una sorta di lingua madre.
Ma Giuffre non si e' fermato a cio', giacche' ancora negli anni '50, sempre
con Shorty Rogers e Shelly Manne, s'avvio' sul sentiero prima del
superamento in forme di maggiore complessita' del modello della pop song
(aaba, cioe' un motivo ripetuto pi? volte inframmezzato da un ponte) e poi
nei territori della forma libera. Lo si vedra' presto avvicinarsi al gotha
free (e' con Paul Bley e Steve Swallow in Fusion, '61). Indipendentemente da
Lennie Tristano, anche Jimmy Giuffre pose interessanti pietre miliari negli
spazi di quell'esperienza "new thing" anni '60, con Coltrane, Coleman, Cecil
Taylor, Sun Ra, Ayler... Nemmeno a lui, come a Tristano, tocco' la fortuna
di essere preso in considerazione direttamente dai maestri neri del free.
Cosi', ambedue se ne stanno in una nicchia dorata e visitata solo da pochi.
Nulla di quel che ha fatto in seguito gli e' valso un successo comparabile
con quello ottenuto come musicista sperimentale West Coast, sicche'
l'immagine che rimane per il vasto pubblico non lo fa uscire da quei limiti,
rifiutando i frutti della sua inesauribile curiosita' e i semi raccolti per
ogni dove.

5. LUTTI. LUIGI ONORI RICORDA MARIO SCHIANO
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 maggio 2008 col titolo "Mario
Schiano, il jazz nel cielo" e il sommario "Il freeman partenopeo si e'
arreso al male che lo logorava da anni. Animatore culturale, trovo' una via
tutta italiana al free jazz e si confronto' con avanguardie come il Living
Theatre e Fluxus".
Luigi Onori e' critico musicale e pubblicista, collabora dal 1981 al
quotidiano "il manifesto", dal 1985 scrive per la rivista mensile "Musica
jazz" (vi ha pubblicato, tra l'altro, inserti monografici dedicati a Duke
Ellington, John Coltrane, Abdullah Ibrahim, al jazz sudafricano e al jazz in
Russia); e' autore di vari libri, tra cui un volume di studi  dedicato
all'analisi dei rapporti tra musica, culture afroamericane e continente
nero: Jazz e Africa. Griot, musicisti e fabulatori, De Rubeis, 1996.
Mario Schiano (1933-2008) e' stato tra i maggiori musicisti jazz italiani.
Cosi' l'Ansa ha dato notizia della sua scomparsa il 10 maggio 2008: "E'
morto a Roma Mario Schiano, sassofonista e uomo di cultura che e' stato uno
dei padri e dei protagonisti del free jazz italiano. Era nato a Napoli nel
1933. Fin dalla fine degli anni '50, Schiano e' stato in prima fila nella
rivoluzione del jazz 'libero' attraversandone tutte le stagioni, da quella
rivoluzionaria di natura nera degli anni '60 alla musica improvvisata
europea. Ha suonato accanto ad alcuni dei massimi protagonisti italiani,
americani ed europei"]

Lo spirito libero di Mario Schiano naviga ora in un cielo di stelle: ieri
(10 maggio) il suo corpo si e' arreso al male che lo logorava dal 2003 e il
jazzista ha chiuso gli occhi nella sua casa romana di via dei Panieri.
Subito la notizia si e' propagata nella vasta comunita' di quanti gli
vogliono bene e lo stimano, una famiglia di musicisti, critici, operatori,
amici, intellettuali, artisti. Da anni Schiano viveva in un forzato e
dolente isolamento ma era disponibile agli incontri: non era piu' in grado
di parlare pero' riusciva a comunicare, grazie all'aiuto dell'ex-moglie,
Rita Cosma, che gli e' stata sempre vicino. I funerali si svolgeranno domani
(ore 10) nella chiesa degli artisti, in piazza del Popolo. Che la situazione
fosse ormai grave si sapeva ma Mario Schiano (Mariolino, come lo chiamavano
gli amici di vecchia data) era ancora la', sofferente eppure lucido. Ora la
sua morte rende definitivamente orfane piu' generazioni di musicisti e di
appassionati, i molti che da lui hanno tanto imparato. Schiano era una
persona generosa e solare, dallo straordinario senso dello humour e
dell'ironia, un affabulatore affascinante, una mente intuitiva e acuta; ha
sofferto molto, in modo stoico: grande comunicatore, privato della parola
dalla malattia ha dovuto, e in parte voluto, scegliere l'isolamento in cui
affrontare una difficilissima lotta per la vita.
La sua esistenza artistica e' stata appassionata e intensa, trascinante e
lucida, vissuta in stretto legame con i mutamenti sociali e culturali che si
sono determinati a partire dagli anni '60. Vale parecchio l'opinione
espressa a suo tempo da Giovanna Marini sul freeman partenopeo (nato nel
1933): "riesce perfettamente in quella sintesi di categorie che oggi fa
tanto parlare gli operatori culturali e musicali in genere: in Schiano la
musica e la poesia sono perfettamente unite, l'una provoca immediatamente
l'altra (...) E' per questo che dobbiamo rendere atto a Schiano di averci
anticipato tutti di parecchie leghe, il tutto senza parere, da musicista,
poeta, da raffinato e intelligente uomo meridionale quale e'" (dal bel
libro-intervista di Pierpaolo Faggiano, Un cielo di stelle, Manifestolibri
2003).
Il jazzista (sax alto e soprano ma amava anche suonare l'organo e cantare),
l'agitatore e operatore culturale ha, in effetti, giocato sempre d'anticipo,
individuando con intuito e raziocinio tendenze e persone, rispondendo a
un'esigenza profonda di creare musica che avesse senso politico, nel
significato piu' ampio del termine. Quando l'Italia jazzistica era ancora
impantanata nell'imitazione del jazz californiano o nel dixieland revival,
Mario Schiano tiro' fuori il Gruppo Romano Free Jazz: era il 1966, insieme a
lui c'erano Giancarlo Schiaffini, Marcello Melis e Franco Pecori (Ecstatic,
1967). Quella formazione fu, con ogni probabilita', il primo organico free
europeo e, insieme a Giorgio Gaslini, Schiano sprovincializzo' il jazz
nostrano, dimostrando come si potesse produrre musica di ispirazione
afroamericana senza dover imitare i solisti americani. In un certo senso il
sassofonista anticipo' il '68 e, in ogni caso, fu tra coloro che piu'
convintamente si confrontarono con movimenti giovanili e nuove produzioni
artistiche, dal Living Theatre al cinema del gruppo Fluxus; nel 1969 firmo'
la colonna sonora del film-documentario di Ugo Gregoretti Apollon.
Negli anni '70 in cui si mettevano in discussione linguaggi e certezze,
dando spazio a una frenetica ansia di conoscere, il jazzista si interesso'
di musica popolare (Sud, 1973; Perdas de Fogu con Melis, 1975), entro' in
contatto con quella contemporanea (Domenico Guaccero ed Alessandro Sbordoni,
DeDe', 1977), scopri' e valorizzo' jazzisti che poi avrebbero costituito le
colonne portanti del nuovo jazz italiano. Dalle cantine del Folkstudio di
Giancarlo Cesaroni al palcoscenico di Controindicazioni, Schiano ha
lanciato, fra i tanti, Bruno Tommaso, Tommaso Vittorini, Eugenio Colombo,
Maurizio Giammarco, Massimo Urbani, Danilo Terenzi, Sebi Tramontana,
Pasquale Innarella. Nel decennio del conservatorismo sonoro, del
neo-hard-bop fu il jazzista partenopeo a ridar vigore alle sedute di
improvvisatori di Controindicazioni, riprendendo il nome da un
controfestival inventato nel 1975 a Penne e riproposto a Roma dal 1988.
Luogo fisico, sonoro e intellettuale, la manifestazione ha rilanciato il
jazz d'avanguardia e fatto conoscere artisti di mezz'Europa, con cui Schiano
ha inciso. Amava molto gli incontri sonori e di essi restano tracce
discografiche dal trio Ganelin a Paul Rutherford, da Peter Kowald ad Han
Bennink. Si deve un po' anche a Controindicazioni la nascita dell'Italian
Instabile Orchestra (1990), formazione che ha portato nel mondo tre
generazioni di freeman con successi testimoniati dai cd per Leo records, Ecm
ed Enja. Il posto di Mario Schiano e' ora definitivamente vuoto nell'Italian
Instabile Orchestra che suonera' il 29 maggio a Reggio Calabria e aveva gia'
in programma un arrangiamento di Sud, memorabile sua pagina del 1973 intrisa
di poesia, critica, amore, ironia. Nella musica e nella memoria, individuale
e collettiva, Mario Schiano non morira'.

6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. RIVISTE. "LEGGENDARIA" N. 68
[Dalla redazione di "Leggendaria" (per contatti: leggendaria at supereva.it)
riceviamo e diffondiamo]

In liberia dal 22 maggio 2008 "Sulle italiane", "Leggendaria" n. 68, 80
pagine, 10 euro.
"Sulle italiane", vale a dire a che punto e' la critica sulle scrittrici del
nostro Paese? Come e quanto la produzione delle studiose e l'attivita' dei
Women's Studies hanno influito sui canoni letterari, sulle tendenze, sui
programmi di studio universitari e scolastici nel campo dell'italianistica,
sul gusto di lettori e lettrici? Il tema di questo numero di "Leggendaria"
ragiona a partire dai resoconti di tre docenti di italianistica: Adriana
Chemello (Padova, Italia), Adalgisa Giorgio (Bath, Inghilterra) e Tatiana
Crivelli (Zurigo, Svizzera). Clotilde Barbarulli e Alessandra De
Martino-Cappuccio ripercorrono due filoni che fanno da sfondo allo sviluppo
del fenomeno delle scrittrici del Novecento: rispettivamente la
proliferazione di "eroine" tra romanzo popolare e melodramma nell'Ottocento,
e la formazione nel vivo dell'Italia post-unitaria di un pubblico di
lettrici. Presentiamo poi sei "casi" di scrittrici poco note, o invece
famose ma di cui studi recenti hanno arricchito lo sguardo critico:
Arcangela Tarabotti, Luisa Bergalli, Annie Vivanti, Grazia Deledda, Matilde
Serao e Elsa Morante. Infine, nella Bibliomappa, tre rassegne bibliografico
su: il romanzo storico, líautobiografia e le petrarchiste.
Prosegue intanto il dibattito su donne e politica, dopo le molte
presentazioni del numero 67 (marzo 2008): dedichiamo una apertura alla
riflessione dopo il voto del 13 e 14 aprile, con un articolo di Anna Maria
Crispino e Silvia Neonato, "Che paese siamo diventati" e altri interventi,
compresa la rubrica "La politica", questa volta firmata da Annarosa
Buttarelli.
Inauguriamo una nuova rubrica dedicata a fumetti, manga e graphic novel: si
chiama Graphic e sara' curata da Loredana Lipperini: in questo numero
parliamo di Marjane Satrapi.
E come di consueto, c'e' molto da leggere in Primopiano (su Maria Rosa
Cutrufelli, Hilda Doolittle, Elena Carandini, Maristella Lippolis), in
Letture, a/margine, ultimi arrivi e Under15.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: "Leggendaria", redazione e
amministrazione, via Giulio Galli, 71/B-2, 00123 Roma, tel. 0630999392,
e-mail; leggendaria at supereva.it, sito: www.leggendaria.it

8. RIFLESSIONE. DANIELE BARBIERI INTERVISTA GABRIELLA GHERMANDI
[Dal quotidiano "Liberazione" del 9 maggio 2008.
Daniele Barbieri, nato a Roma il 3 ottobre 1948, vive a Imola; pubblicista
dal 1970 e giornalista professionista dal 1991, da sempre impegnato nei
movimenti per la pace, di solidarieta' e per i diritti civili, ha lavorato
all'interno dei quotidiani "Il manifesto" (per il quale e' stato a lungo
corrispondente dall'Emilia Romagna), "L'unione sarda" e "Mattina"
(supplemento bolognese de "L'unita'"); ha collaborato a numerose riviste,
fra cui "Mondo nuovo", "Musica jazz", "Azione sociale", "Muzak", "Il
discobolo", "Politica ed economia" (di cui e' stato redattore), "Meta",
"Cyborg", "Alfazeta", "Mosaico di pace", "Hp - Acca parlante", "Zero in
condotta", "Amici dei lebbrosi", "Redattore sociale", attualmente e'
redattore del settimanale "Carta"; da tempo collabora con il mensile "Piazza
grande" (con cui ha organizzato anche vari corsi di giornalismo sociale) e
con alcune ong (in particolare il Cospe) nella formazione o in ricerche; ha
lavorato all'agenzia on line "Migranews" (sostenuta dalla linea Equal
dell'Unione europea): nel giugno 2005 la Emi di Bologna ha pubblicato il
volume Migrante-mente, il popolo invisibile prende la parola, che raccoglie
una selezione di venticinque autori e autrici fra quelli che hanno scritto
per "Migranews". Come reporter (e come persona impegnata contro le guerre)
e' stato nei Balcani, in America latina e in Africa; nell'aprile del 2002 si
e' recato in Palestina con una delegazione del "Coordinamento degli enti
locali per la pace". E' genitore di Jan. Inoltre e' autore o co-autore di
alcuni testi per la scuola (due sulla fantascienza e uno sullo sport), di un
book-game sul '68 e inoltre di Agenda nera: 30 anni di neofascismo in
Italia, de I signori del gioco: storia, massificazione, interpretazioni
dello sport (con lo pseudonimo di Gianni Boccardelli) e di testi inseriti in
alcuni libri a piu' mani. Con Riccardo Mancini, da poco scomparso, ha
pubblicato alcuni libri e moltissimi articoli di fantascienza (erano loro
quell'"Erremme Dibbi'" che scriveva tanti anni sul quotidiano "Il manifesto"
articoli non dimenticati).
Su Gabriella Ghermandi dal sito www.gabriella-ghermandi.it riprendiamo la
seguente scheda: "Gabriella Ghermandi, italo-etiope-eritrea, e' nata ad
Addis Abeba nel 1965, e si e' trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi
anni vive a Bologna, citta' originaria del padre. Nel 1999 ha vinto il primo
premio del concorso per scrittori migranti dell'associazione Eks&Tra,
promosso da Fara Editore, e nel 2001 il terzo premio. Ha pubblicato racconti
in varie collane e riviste, tra cui Nuovo planetario Italiano. Mappa della
nuova geografia di scrittori migranti in Italia e in Europa a cura di
Armando Gnisci, ed. Citta' Aperta, L'Italiano degli altri: 16 storie di
normale immigrazione per Einaudi scuola, Quaderni del Novecento: La
letteratura postcoloniale italiana, Istituti editoriali e poligrafici
internazionali, Il lettore di provincia n. 123-124 - volume monografico
intitolato "Spaesamenti padani" a cura di Clarissa Clo', Longo Editore.
Seguendo l'arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope,
scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro sia in Italia
che in Svizzera. Conduce laboratori di scrittura creativa nelle scuole, in
Italia e Svizzera, sulla ricerca della identita' "unica" di ciascun
individuo - da contrapporre alle "identita' collettive" - come percorso di
pace. E' stata per due anni direttrice artistica del Festival Evocamondi,
festival di narrazione e musiche dal mondo, organizzato dalla rivista "El
Ghibli", a Bentivoglio, in provincia di Bologna. Ha creato per il festival
"Le strade dell'esodo - II edizione" la performance di lettura, musica e
narrazione Terre rosse dei sentieri d'Africa, e per "Le strade dell'esodo -
III edizione" la performance di lettura Mille sono le vie del ritorno. Si e'
occupata della raccolta di interviste a migranti nella Comunita' Montana Val
Samoggia in provincia di Bologna, per il progetto Migranti, storia e storie
di un millennio di mobilita' nelle valli del Samoggia e del Lavino. Ha
partecipato come consulente tecnica in vari progetti tra i quali "Ti conosco
perche' ti ho letto", percorso di lettura di autori migranti in quaranta
classi nelle scuole della valle dell'Idice (provincia di Bologna) e
"all'incrocio dei sentieri" incontri con scrittori migranti nelle
biblioteche della provincia di Bologna. E' fondatrice, assieme ad altri
scrittori, della rivista online "El Ghibli" e fa parte del comitato
editoriale. Ha partecipato come relatrice a vari convegni tra cui quello
dell'Aais (American association for italian studies), nella sezione
"spaesamenti padani" condotta dalla professoressa Clarissa Clo' nel 2006, e
nel 2007 assieme a Edvige Giunta sul tema della multidentita' e scrittura.
Quest'anno, dal 16 aprile al 6 maggio, e' stata in tour negli Stati Uniti a
portare i suoi spettacoli di narrazione nelle facolta' del Wisconsin, San
Diego, Los Angles e Colorado Springs. Nell'aprile 2007 e' uscito il suo
primo romanzo Regina di fiori e di perle per Donzelli editore"]

"Motore della mia narrazione e' l'emozione". Gabriella Ghermandi lo ripete
spesso ma quel che e' piu' importante lo fa capire attraverso le pagine
scritte, il raccontare, il canto. Come il 6 maggio, vicino Bologna
nell'affollatissimo teatro di San Giovanni in Persiceto dove ha messo in
scena "Regina di fiori e di perle, racconti e musiche dall'Etiopia". Con lei
c'erano Stefano Benni che leggeva pagine del libro omonimo e il musicista
Gabin Dabire', nato in Burkina Faso ma da trent'anni in Italia dove, fra
l'altro, ha aperto il primo centro di cultura africana.
Per una curiosa coincidenza - che Ghermandi ha ricordato, ma fuori dalla
scena - poche ore prima ad Addis Abeba si e' commemorato, con una grande
sfilata, il ritorno dell'imperatore Haile' Selassie', dopo cinque anni di
occupazione italiana. Se Mussolini annuncio' il 5 maggio 1936 la presa
dell'Etiopia, con annessa retorica sull'impero millenario, esattamente
cinque anni dopo Selassie' rientro' nel suo Paese su un mulo bianco in
sfregio al famoso cavallo immacolato dell'uomo che volle farsi imperatore e
duro' neanche 60 mesi.
Lo spettacolo viene presentato con queste parole: "Non si parla piu' del
colonialismo italiano, e' un pezzo di storia scolorita sino a diventare
invisibile. Di quel periodo restano due concetti. Il primo sostiene 'noi
italiani colonialisti? Ma va la'...'  e il secondo 'siamo stati bestie,
abbiamo usato i gas nervini'. Ma questi concetti non sono la 'storia' del
colonialismo italiano perche' quella storia e' costituita dalle tante,
infinite storie personali che l'hanno plasmata". Una e' la sua.
"Imprevedibile come la vita" affonda le radici in un piccolo villaggio
dell'Eritrea che gli italiani occupano da 35 anni, strategicamente
importante perche' vicino all'Etiopia. Cosi' arrivano i militari e nasce un
amore. Le leggi razziali ancora non sono varate ma comunque non e' buona
cosa per un italico ufficiale "elevare" un'africana al rango di sposa. E
cosi' il nonno di Gabriella viene cacciato. E sparisce. La figlia di
quell'amore fatichera' a trovare un'identita': crescera' fra gli italiani
senza essere mai pienamente accettata.
Lo spettacolo racconta anche della piccola Gabriella che, tanti anni dopo,
sbarchera' nella Bologna del padre: "una citta' dove gli alberi non devono
avere radici troppo grandi, se no rovinano l'asfalto" annota con ironia, e
dove le case sono cosi' vicine che tutti sanno quel che accade di fronte ma
poi, in strada, fanno finta di non conoscerti. "Qui ho capito che non ero
italiana". E' a questo punto dello spettacolo che la Ghermandi si cambia
d'abito, indossa le sue radici africane.
Ricorda che la madre, quando venne in Italia, si stupi' che i fiumi non
fossero di latte (come le avevano raccontato le suore della scuola in cui
era cresciuta), proprio la stessa illusione dei poveri migranti siciliani
sulla ricca "Ammmerica" raccontata da Emanuele Crialese nel film Il mondo
nuovo. Anche la madre in Italia rischia di perdersi ed e' solo tornando in
Africa, dopo tanti anni, che si sente di nuovo nascere e finalmente scioglie
il dolore di un incerto collocarsi fra due mondi. "Ora finalmente posso
narrare la sua storia, che e' la mia e anche la vostra" dice Gabriella
Ghermandi. Ma prima di chiudere lo spettacolo offre al pubblico l'immagine
di un grande albero, con salde e profonde radici: eppure in chi lo guarda -
dice con un misto di dolore e dolcezza - a volte si affaccia il terrore per
"gli uccelli migratori" che si posano su rami cosi' fragili che potrebbero
spezzarsi.
*
- Daniele Barbieri: Nella sua famiglia ancora sanguinavano vecchie ferite,
per questo il suo libro non poteva essere una biografia. Quando il dolore si
e' trasformato in desiderio di comunicare e lei ha potuto scrivere con
serenita'?
- Gabriella Ghermandi: Solo quando mia madre e' tornata in Eritrea e ha
trovato pace con se stessa, io ho potuto pensare di scrivere della mia
famiglia e dunque del colonialismo. Per molti eritrei come per tanti
italiani, ancora oggi la sofferenza e' cosi' grande da paralizzare. Poco
tempo fa ero negli Stati Uniti per una conferenza e un vecchio italiano,
credo fosse il rappresentante locale dell'Udc, mi ha contestato dicendo "noi
non siamo stati colonizzatori ma amici". Ovviamente io sono un'artista, non
una studiosa di storia, e dunque non saprei raccontare quel periodo che
attraverso il racconto, lo spettacolo; ma in ogni caso il blocco e' cosi'
potente che credo lavorare sulle emozioni personali sia davvero l'unica
strada per uscirne.
*
- Daniele Barbieri: Il nonno italiano di cui lei racconta aveva "un pezzo di
cielo negli occhi", era "troppo diverso" per molti eritrei. Oggi l'esotico
e' anche erotico, dice un gioco di parole. In una societa' sempre piu'
meticcia a far prevalere desiderio o paura e' la scelta personale o invece
il clima che creano i media?
- Gabriella Ghermandi: Io sono ottimista, credo che i desideri prevalgano
sulle paure; forse e' l'istinto di sopravvivenza che ci porta a mescolarci
senza timore. Vedo che accade ovunque. Sono stata da poco in Etiopia e ho
trovato cinesi e indiani dappertutto. Il mondo si muove, sarebbe ora che
tanti italiani capissero che e' un fenomeno mondiale, non un problema del
loro quartiere. Per sopravvivere dobbiamo contaminarci. Di solito sulla
scelta personale prevale l'ambiente o la comunita' di appartenenza. In
Italia piu' che altrove: conosco una cosiddetta "coppia mista" italiana e so
che pensano di andare negli Usa per stare piu' tranquilli perche', come dice
un mio amico etiope, "nel Wisconsin nessuno si gira a guardarmi come fossi
una bestia rara". Per tanti versi l'Italia e' piu' indietro, peccato perche'
di razzismo ce n'era poco; e' il coro dei media e la speculazione politica
che ci portano indietro. Tanti eritrei hanno amato Bologna perche', quando
eravamo in esilio, qui si faceva la nostra festa ed eravamo accolti come
fossimo una brigata internazionale, tutti compagni. Oggi a Bologna si fa
quasi la guerra ai lavavetri, che tristezza.
*
- Daniele Barbieri: Nel suo spettacolo lei racconta delle stragi seguite
all'attentato a Graziani, poi intona una canzone. Cos'e'?
- Gabriella Ghermandi: Un canto tradizionale etiope, secondo la scala
pentatonica si chiama Bati. E' una metafora in cui si chiede alla coscienza
di svegliare gli animi dormienti. Non e' usata solo in situazioni tragiche
ma e' un modulo su cui spesso si improvvisa; in questo caso io ho aggiunto
pochissimo. Per esempio dice:  "Chi sei tu che vieni a svegliare il cuore
della gente che dorme? A te piace stare sopra le colline con i nostri
figli". Spesso la voce del popolo arriva attraverso i piu' giovani che ci
svegliano dal torpore o ci raccontano, attraverso il loro modo di fare, cio'
che stiamo trasmettendo loro.
*
- Daniele Barbieri: Lei spiega di non aver scritto un romanzo, il giardino
e' fiorito da solo e la protagonista viene come "sommersa". Ora stanno
fiorendo altre perle? C'e' chi racconta a lei storie perche' poi possa
scriverle o cantarle?
- Gabriella Ghermandi: Vorrei scrivere un altro romanzo, l'ho in mente ma ho
un po' paura. Forse ho bisogno ancora di tempo. Pero' nell'ultimo viaggio in
Etiopia sono stata riempita, infarcita addirittura, di storie: le nostre
donne sono toste. Scrivero' ancora perche' lo devo a loro e saranno ancora
storie dentro storie perche' questo e' il nostro modo di raccontare, in ogni
vicenda ne spuntano sempre altre.
*
- Daniele Barbieri: Ha scritto: "solitudine e individualismo sono le
malattie dell'Occidente". Ne aggiungiamo altre? Rassegnazione e paura?
Oppure ignoranza e autismo? Oppure schizofrenia e l'essere "posseduti" dal
denaro, dalle merci?
- Gabriella Ghermandi: Quest'ultimo e' sicuramente un morbo terribile,
sempre piu' diffuso. Tutte quelle citate ci fanno vivere male ma fra le
peggiori malattie c'e' la mancanza di memoria, nessuno ricorda piu' chi era,
a livello di singoli e di popoli. Cosi' si diventa presuntuosi proprio
mentre servirebbe avere i piedi per terra. Per esempio in Italia ricordando
che, non molti anni fa, tante persone sono morte in piazza per ottenere i
diritti minimi. Non penso solo alla Resistenza ma agli operai che lottavano
per rendere migliore tutta la societa'.
*
- Daniele Barbieri: In scena lei si cambia: quello che indossa e' solo un
tipico vestito del suo Paese o c'e' qualcosa in piu'?
- Gabriella Ghermandi: E' un tipico abito eritreo, delle donne musulmane. Ho
scelto proprio quello per due motivi: il vestito e' bellissimo e oggi si
ripete che le musulmane sono costrette a coprirsi per nascondersi mentre
quei colori cosi' sgargianti dicono il contrario. Il mondo e' ben piu'
complicato di come i manichei vorrebbero.
*
- Daniele Barbieri: Lo spettacolo si chiude con la frase: "Amicizia e amore
possono farci diventare parenti e cosi' dividere lo stesso cibo" e infatti
lei offre il pane al pubblico. Prossimi appuntamenti per chi vuole
assaggiare questo pane-amico?
- Gabriella Ghermandi: Saro' a Catania il 26 maggio, sempre con Gabin
Dabire'. Poi a Bentivoglio il 24 giugno con Rana, una musicista iraniana. In
certe occasioni leggero' i testi con amici, come Ascanio Celestini a Roma,
altre volte saro' in scena da sola. Anche se lo spettacolo puo' cambiare un
poco, per me l'importante e' quel che comunica, la voglia dell'incontro.
*
Una postilla biobibliografica
"Per i bianchi non ero bianca e per i neri non ero nera. La nostra era una
vita mista, fatta di quattro lingue: amarico e italiano tutti i giorni,
bolognese e tigrino nei giorni di festa". Gabriella Ghermandi e' nata ad
Addis Abeba nel '65, e' in Italia dal '79 e vive a Bologna, la citta'
d'origine del padre. Da anni scrive e interpreta spettacoli, anima
laboratori e festival alla ricerca della "identita'  unica di ciascun
individuo". Un anno fa il suo primo romanzo Regina di fiori e di perle
(Donzelli) che ha venduto oltre tremila copie ed e' diventato uno
spettacolo. La si puo' incontrare su www.gabriella-ghermandi.it o sul sito
della rivista "El Ghibli". Da piccola le avevano predetto che sarebbe stata
"una cantora".

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 458 del 17 maggio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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