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Minime. 440
- Subject: Minime. 440
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 29 Apr 2008 00:41:08 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 440 del 29 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Un libro 2. Il 3 maggio a Viterbo 3. Umberto Eco: Contro l'intolleranza l'educazione 4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 5. Anna Curcio presenta "Le molti voci del Mediterraneo" di Iain Chambers 6. Catrin Dingler presenta "Theodor W. Adorno. Il maestro ritrovato" di autori vari 7. Maddalena Gasparini presenta "Modi di morire" di Iona Heath 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. UN LIBRO [Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008] Di quelli che abbiamo letto, questo ci sembra sia il libro piu' bello e piu' vero pubblicato quest'anno: Anna Bravo, A colpi di cuore. Storie del sessantotto, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. IV + 322, euro 15. E vivamente ne raccomandiamo la lettura alle persone amiche. 2. INCONTRI. IL 3 MAGGIO A VITERBO [Riportiamo il segunte comunicato del 28 aprile 2008 del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti, dal titolo completo "Un mega-aeroporto e' nocivo per la salute e devasta l'ambiente. Il 3 maggio a Viterbo un incontro con i cittadini di Ciampino"] La trasmissione televisiva "Report" andata in onda su Rai Tre domenica 27 aprile 2008 (alla quale hanno preso parte anche il professor Osvaldo Ercoli e la dottoressa Antonella Litta del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo) ha confermato una volta di piu' che la presenza di un mega-aeroporto e' altamente nociva per la salute della popolazione che vive nei dintorni, devasta gravemente l'ambiente e danneggia la qualita' della vita della comunita' locale. Le testimonianze della popolazione di Ciampino sono definitive. Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo ospitera' a Viterbo sabato 3 maggio 2008 cittadini e rappresentanti dei movimenti della societa' civile di Ciampino affinche' facciano conoscere ai cittadini viterbesi quale disastro un mega-aeroporto implichi per la popolazione residente nell'area circostante. * Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it 3. RIFLESSIONE. UMBERTO ECO: CONTRO L'INTOLLERANZA L'EDUCAZIONE [Riportiamo la prefazione di Umberto Eco al libro di Michelangelo Jacobucci, I nemici del dialogo. Ragioni e perversioni dell'intolleranza, Armando, Roma 2005. Umberto Eco e' nato ad Alessandria nel 1932, docente universitario, saggista, romanziere, e' probabilmente il piu' noto intellettuale italiano a livello internazionale. Tra le opere di Umberto Eco segnaliamo particolarmente Opera aperta, Diario Minimo (Mondadori), Apocalittici e integrati, La struttura assente, Trattato di semiotica generale, Il superuomo di massa (Cooperativa scrittori, poi Bompiani), Lector in fabula, Semiotica e filosofia del linguaggio (Einaudi), I limiti dell'interpretazione, Il secondo diario minimo, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea (Laterza), Sei passeggiate nei boschi narrativi, Cinque scritti morali, Kant e l'ornitorinco, La bustina di Minerva, Sulla letteratura, Dire quasi la stessa cosa, A passo di gambero, tutti editi presso Bompiani (ad eccezione di quelli diversamente segnalati). Opere su Umberto Eco: Teresa De Lauretis, Umberto Eco, La Nuova Italia, Firenze 1981; Renato Giovannoli (a cura di), Saggi su "Il nome della rosa", Bompiani, Milano 1985, 1999; AA. VV., Semiotica: storia, teoria, interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Bompiani, Milano 1992 (con una utile bibliografia di e su Eco); Roberto Cotroneo, Eco: due o tre cose che so di lui, Bompiani, Milano 2001. Michelangelo Jacobucci, gia' ambasciatore d'Italia in vari Paesi del mondo, e' membro del Consiglio esecutivo dell'Unesco e presidente del Consiglio esecutivo dell'Unione Latina. Opere di Michelangelo Jacobucci: I nemici del dialogo. Ragioni e perversioni dell'intolleranza, Armando, Roma 2005] Ogni tanto si assiste sulla stampa a dibattiti sul concetto di tolleranza. A qualcuno pare che il termine tolleranza sia ambiguo e, tutto sommato, intollerante: infatti esso presupporrebbe, secondo queste obiezioni, che si ritiene qualcuno fondamentalmente inaccettabile, inferiore a noi (e tutto sommato si preferirebbe evitarlo), ma lo si "tollera", per educazione o pro bono pacis. Certamente esiste un uso corrente di "tolleranza" che connota anche questi atteggiamenti, ma non si deve dimenticare che per il mondo occidentale moderno e per quello spirito che si definisce "liberale" (ormai al di la' di ogni differenza politica), Tolleranza e' una parola-bandiera, da scrivere con la T maiuscola, almeno dai tempi in cui sulla tolleranza Locke aveva scritto una Epistola e Voltaire un Trattato. Per questo, e riprendero' il discorso, battersi per un'etica e una politica della tolleranza e' ancora un fine che dobbiamo proporci, senza farci ricattare dalle parole. Che se poi, invece di tolleranza, vogliamo usare "accettazione delle differenze", va bene lo stesso. Ma se il termine di tolleranza puo' sollevare delle critiche, pare che tutti si sia d'accordo sul significato (ovviamente negativo) dell'intolleranza. Se si puo' sospettare che alcune forme o professioni di tolleranza siano venate di ipocrisia e celino alcune riserve mentali, l'intolleranza e' brutalmente sincera. Ottime ragioni per prevedere consenso a un libro sull'intolleranza, se non fosse che sovente riteniamo intolleranti alcuni comportamenti molto evidenti, come forme di razzismo plateale, ma dell'intolleranza non misuriamo veramente tutte le manifestazioni, a livello religioso, culturale, politico, ideologico. Cosi' che a leggere queste pagine di Jacobucci un lettore puo' essere preso da angoscia, avendo l'impressione che nessuno sia mai fuggito al germe dell'intolleranza, e scoprendo che intolleranti sono stati anche quelli della sua parte - quelli che avrebbero dovuto essere i "buoni". Non solo. Da un lato ci sono e ci sono sempre state le "dottrine dell'intolleranza", che hanno preso nel corso della storia le forme diversissime tra loro della persecuzione agli eretici, della caccia alle streghe, delle dittature totalitarie, del fondamentalismo (cristiano, musulmano o ebraico), dell'integrismo religioso, dell'antisemitismo e in genere del razzismo cosiddetto "scientifico". Si tratta di una rete di atteggiamenti tra cui e' difficile porre talora delle distinzioni, per cui si sono visti fondamentalismi non integristi, intolleranze non razzistiche, integrismi non fondamentalisti, razzismi non integristi, e persino la curiosa vicenda del "politically correct", nato come antirazzista, andi-discriminatorio, liberale, tollerante, e che tuttavia sta dando vita a un nuovo fondamentalismo. Dall'altro c'e' l'intolleranza diffusa, popolare, di origini biologiche, quella per cui ciascuno di noi e' disposto a compiere le piu' azzardate generalizzazioni (e, derubato della valigia all'aeroporto di Milano, dira' che tutti i milanesi sono ladri). In tal senso la tolleranza non e' un atteggiamento naturale, e' un prodotto della cultura, dell'educazione, come l'apprendere che non si deve rubare e uccidere. Ma proprio per questo l'intolleranza diffusa e' la piu' difficile da individuare e da combattere. Contro il razzismo "scientifico" si puo' argomentare alla luce della ragione, e gli argomenti risultano convincenti; ma contro il razzismo primitivo e animale e' piu' difficile. E queste sono cose che comprendiamo bene anche in Italia in questi anni: nulla di piu' pericoloso dell'intolleranza senza dottrina, senza cultura, dell'intolleranza "bestiale". Le due intolleranze si sostengono e alimentano a vicenda e questo libro ci aiuta ad addentrarci nei loro meandri e nella loro logica interna. * Il panorama che ci offre Jacobucci e', lo dice il sottotitolo, un elenco di "perversioni", anche se spesso antichissime, nobilissime, venerabili, e sostenute da alcune ragioni. Ma triste sarebbe se, dopo aver lanciato il suo grido di allarme e il suo invito all'allerta, questo libro si chiudesse senza una parola di speranza. In effetti la parola di speranza c'e', subito nel titolo (perche' al "no" dell'intolleranza si oppone il "si'" del dialogo); e c'e' nel prologo. Li' l'autore benevolmente mi coinvolge, ricordando una mia proposta di spot televisivi antiviolenza per bambini di eta' prescolare e dei primi gradi delle elementari. Jacobucci lamenta che di quella proposta, poi, l'Unesco non abbia fatto nulla, ma in un certo senso quel progetto ha preso forma, anche se in altro modo. Credo sia stato un anno o due dopo il Foro che Jacobucci cita, e l'Academie Universelle des Cultures ha iniziato a dare vita a un sito internet dedicato agli educatori di tutto il mondo, per l'educazione dei bambini all'accettazione della diversita'. Il principio ispiratore era (ed e', perche' il sito e' in progress) che l'intolleranza, come la violenza, non e' una malattia, ma una disposizione quasi naturale dell'animo umano. Il bambino, cosi' come, se potesse, vorrebbe impadronirsi di tutto quello che gli piace (e solo attraverso un'educazione continua acquisisce il rispetto della proprieta' altrui), di solito reagisce con fastidio all'inusuale e al diverso (e proprio per questo le fiabe blandiscono queste sue propensioni mostrandogli il Male sotto forma di diversita', lupo, orco, strega). Pero' quello stesso bambino puo' elaborare a poco a poco addirittura atteggiamenti di simpatia verso la diversita', prova ne sia la sua attrazione (coltivata dai media) per tanti mostri simpatici - diversi ma bonari e amabili. Ed ecco che il sito dell'Academie elabora materiali su temi diversi (colore della pelle, religione, cibo, usi e costumi e cosi' via) per gli educatori di qualsiasi paese che vogliano insegnare ai loro ragazzi come si accettano coloro che sono diversi da loro. Anzitutto non dicendo bugie ai bambini, e affermando che tutti siamo uguali. I bambini si accorgono benissimo che alcuni vicini di casa o compagni di scuola non sono uguali a loro, hanno una pelle di colore diverso, gli occhi tagliati a mandorla, i capelli piu' ricci o piu' lisci, mangiano cose strane, non fanno la prima comunione. Dunque bisogna dire ai bambini che gli esseri umani sono molto diversi tra loro, e spiegare bene in che cosa sono diversi, e perche', per poi mostrare che queste diversita' possono essere una fonte di ricchezza. Il maestro di una citta' italiana dovrebbe aiutare i suoi bambini italiani a capire perche' altri ragazzi pregano una divinita' diversa, o suonano una musica che non sembra il rock. Naturalmente lo stesso deve fare un educatore cinese con bambini cinesi che vivono accanto a una comunita' cristiana. Un libro come questo di Jacobucci, con il suo panorama in negativo, puo' essere utilissimo a ispirare delle attivita' educative in positivo, perche' mette in luce i punti deboli, gli interstizi in cui nel corso dei secoli il bacillo dell'intolleranza si e' annidato e si e' fatto strada. Per questo mi pare severo, crudele quanto si deve, ma non disperato. 4. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di' chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 5. LIBRI. ANNA CURCIO PRESENTA "LE MOLTE VOCI DEL MEDITERRANEO" DI IAIN CHAMBERS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 aprile 2008, col titolo "Il presente sulle onde di un pensiero critico" e il sommario "Passaggi. Il saggio dello studioso Iain Chambers, Le molti voci del Mediterraneo". Anna Curcio, ricercatrice e saggista, e' studiosa dei movimenti sociali, di antropologia e critica postcoloniale. Iain Chambers e' stato tra gli animatori del Centro per gli studi culturali di Birmingham, in Inghilterra. Trasferitosi in Italia, insegna Letteratura inglese e Studi culturali e postcoloniali all'Universita' di Napoli "L'Orientale", dove dirige il Centro di studi postcoloniali di recente costituzione. In Italia ha pubblicato, tra l'altro: Ritmi urbani, Costa & Nolan, Genova 1986, 1996; Dialoghi di frontiera. Viaggi nella postmodernita', Liguori, Napoli 1995; (con Paul Gilroy), Hendrix, hip hop e l'interruzione del pensiero, Costa & Nolan, Genova 1995; Paesaggi migratori. Cultura e identita' nell'epoca postcoloniale, Costa & Nolan, Genova 1996, Meltemi 2003; La questione postcoloniale, Liguori, Napoli, 1997; Sulla soglia del mondo. L'altrove dell'Occidente, Meltemi, 2003; Ritmi urbani. Pop music e cultura di massa, Arcana, 2003; (a cura di), Esercizi di potere, 2006; Le molte voci del Mediterraneo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2007] E' il mare il protagonista dell'ultimo lavoro di Iain Chambers, Le molte voci del Mediterraneo (Raffaello Cortina Editore, euro 19.50). Il mare della profondita' ambigua e turbolenta, le cui onde avvicinano cio' che e' distante. Terra e Mare, e' noto, sono ordinamenti spaziali antitetici: compatta ed omogenea l'una, diversificato e policentrico l'altro. Dimora di appartenenze nazionali la prima, testimone della "pretenziosita' delle logiche territoriali e dei pregiudizi culturali" il secondo. Il mare, sede labile della conoscenza storica, puo' farsi angolo visuale per una lettura critica del presente e della storia. Leggere l'Europa osservandola dal mare e' dunque il progetto del testo. Non piu' "lago d'Europa" come nel progetto coloniale tra '800 e '900, il Mediterraneo di Chambers travalica i confini e lascia emergere, attraverso i secoli, una fitta rete di comunicazioni storiche e culturali tra l'Atlantico e l'Asia centrale, e verso sud in India, in Africa e alle porte del Pacifico. L'Europa moderna del primato della whiteness lascia il posto a un Mediterraneo eclettico e molteplice, rovesciando i "requisiti angusti del nazionalismo e dell'identita' moderni". Barriera e cerniera tra l'Europa e il suo Altro, sede di incontri e di correnti, il Mediterraneo pone interrogativi irrisolti. Stratificato nelle pieghe della storia, disegna geografie fluide e instabili che interrompono la lettura lineare del tempo. Il Mediterraneo, cosi' provincializzato da Chambers, si fa sede della critica postcoloniale. Una lettura del presente instabile e volubile che ci consegna gli itinerari non autorizzati e passaggi illeciti, punti di resistenza e di rifiuto "che continuamente ci gettano altrove", che mettono a critica i giudizi ereditati. Tuttavia, il Mediterraneo non e' l'Atlantico nero descritto da Paul Gilroy, e le sue rotte oggi come ieri non sono il Middle Passage, per quanto Chambers ne accenni il paragone. Eppure, attraverso i passaggi e gli attraversamenti, nei varchi illeciti dei muri simbolici e materiali che lo stato-nazione al culmine della sua debolezza erige sui suoi confini, nelle citta', dentro il mercato del lavoro e nello spazio della cittadinanza, nel Mediterraneo postcoloniale identita', appartenenza e nuovi confini della cittadinanza vengono non solo fissati, ma anche ecceduti. "Altre" mappe prendono cosi' forma, rovesciando l'immagine chiusa e disciplinata di un Mediterraneo visto dal nord. Nel testo, le altre mappe si dipanano attraverso la musica, l'arte, i romanzi, il cinema, i resoconti storici e la cronaca contemporanea. Sono storie sovrapposte le une alle altre, in una narrazione minuziosa, attenta a dettagli apparentemente marginali. In una lettura talora non priva di entusiasmo romantico, Chambers si sofferma inoltre su Napoli e descrive uno spazio eterogeneo, irregolare, non pianificato. Illustra i passaggi incompiuti e le molte e dissonanti voci che l'attraversano e l'hanno attraversata. Si sofferma sulle discontinuita' per rovesciare l'ortodossia localista e la tradizione folcloristica di "pizza, sole e mandolino". E' una Napoli ambivalente, che intrattiene un rapporto complesso con la modernita', e si dibatte tra tradizione e cambiamento, tra "oriente" e "occidente", tra splendore e decadenza - come l'architettura barocca testimonia. Da una parte "i manierismi ossessivi di un orgoglio locale acritico", che Chambers mette efficacemente a critica; una produzione trionfalistica di appartenenza identitaria vista come rovesciamento di un senso di inferiorita'. Dall'altra lo spazio per creare un nuovo mondo di regole, una riflessivita' sociale, politica e culturale irriducibile all'assimilazione e all'omologazione delle pratiche identitarie. I "ferventi monoteismi" della terra da una parte, la fluidita' trasformatrice del mare dall'altra. L'ombra mortifera del vulcano, emblema della terra, proietta su Napoli un senso di finitezza, richiama le appartenenze ancorandosi alla tradizione. Ma il mare tutto intorno e' testimone del transito. Le tradizioni si fanno "zattere di traduzione", le appartenenze provvisorie. Si tratta solo di capire, tra terra e mare, dove posizionare lo sguardo. 6. LIBRI. CATRIN DINGLER PRESENTA "THEODOR W. ADORNO. IL MAESTRO RITROVATO" DI AUTORI VARI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 aprile 2008, col titolo "Alle radici di un raffinato esercizio della conoscenza" e il sommario "Il maestro ritrovato, una raccolta di saggi dedicati a Theodor Adorno (Manifestolibri). La Scuola di Francoforte alle prese con la democrazia americana e l'Europa dopo la Shoah". Catrin Dingler scrive su "Per amore del mondo", la rivista della comunita' filosofica femminile Diotima (sito: www.diotimafilosofe.it). Theodor W. Adorno, nato nel 1903 a Francoforte sul Meno, costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, acutissimo osservatore della societa' contemporanea, filosofo e musicologo, e' deceduto nel 1969. Una delle figure di massimo spicco della "scuola di Francoforte". Opere di Theodor W. Adorno: nella sua vastissima produzione segnaliamo almeno, per un primo approccio, Dialettica dell'illuminismo (con Max Horkheimer), Minima moralia, Dialettica negativa, tutti presso Einaudi, Torino. Opere su Theodor W. Adorno: si veda almeno, per un primo orientamento, Tito Perlini, Che cosa ha veramente detto Adorno, Ubaldini, Roma 1971; Marzio Vacatello, Th. W. Adorno. Il rinvio della prassi, La Nuova Italia, Firenze 1972; Sergio Moravia, Adorno e la teoria critica della societa', Sansoni, Firenze 1974; Enzo Rutigliano, Teoria o critica. Saggio sul marxismo di Adorno, Dedalo, Bari 1977; Carlo Pettazzi, Th. W. Adorno: linee di origine e di sviluppo del pensiero (1903-1949), La Nuova Italia, Firenze 1979; Martin Jay, Theodor W. Adorno, Il Mulino, Bologna 1987; Massimo Nardi, Pensare nella verita'. L'itinerario della ragione dialettica in Th. W. Adorno, Studium, Roma 1993; Fredric Jameson, Tardo marxismo, Manifestolibri, Roma 1994; Elena Tavani, L'apparenza da salvare. Saggio su Th. W. Adorno, Guerini e associati, Milano 1994; Angelo Cicatello, Dialettica negativa e logica della parvenza. Saggio su Th. W. Adorno, Il melangolo, Genova 2001; Stefan Mueller-Doohm, Theodor W. Adorno. Biografia di un intellettuale, Carocci, Roma 2003; Lucio Cortella, Una dialettica nella finitezza. Adorno e il programma di una dialettica negativa, Meltemi, Roma 2006; Stefano Petrucciani, Introduzione a Adorno, Laterza, Roma-Bari 2007; Pastore Luigi, Gebur Thomas (a cura di), Thedor W. Adorno. Il maestro ritrovato, Manifestolibri, Roma 2008. Sulla scuola di Francoforte si vedano almeno le monografie introduttive di Assoun (Lucarini), Bedeschi (Laterza), Jay (Einaudi), Rusconi (Il Mulino), Therborn (Laterza), Wiggershaus (Bollati Boringhieri), Zima (Rizzoli)] Per Theodor W. Adorno gli apprezzamenti solenni in occasione di anniversari erano insopportabili. Tuttavia molte conferenze sono state organizzate per il centenario della sua nascita nel 2003. Tra le pubblicazioni che documentano le diverse iniziative spicca la raccolta di studi curata da Luigi Pastore e Thomas Gebur (Theodor W. Adorno. Il maestro ritrovato, Manifestolibri, pp. 415, euro 34). Il maestro ritrovato nelle pagine del volume non e' il vecchio Adorno, ricordato nella ricorrenza di un anniversario per assegnargli un posto nella storia e relegarlo nel passato. Al contrario, e' un maestro inedito, ancora da scoprire. Il libro e' il risultato di una ricerca compiuta da studiosi provenienti da aree geografiche e formazioni differenti. Al posto di coloro che si sono autodesignati come i successori della Scuola di Francoforte troviamo studiosi piu' giovani, che non hanno da difendere nessuna eredita' istituzionale. L'obiettivo della raccolta e' il recupero dei motivi centrali del pensiero adorniano. "Si tratta - scrivono i due curatori - del ruolo giocato dall'esperienza nella formazione della teoria critica di Adorno e della dimensione teorico-speculativa, propriamente filosofica, che la abita in maniera essenziale". * Il mondo dopo Auschwitz L'esperienza fondamentale e' la persecuzione e lo sterminio degli ebrei europei. Se e come si puo' vivere "dopo Auschwitz" diventa la riflessione costitutiva per la teoria critica. Il compito di comprendere cio' che si sottrae alla comprensione e il bisogno di esprimere l'angoscia e il dolore vissuti richiedono una filosofia in grado di aprirsi all'esperienza, "rispettando - proseguono Pastore e Gebur - quello scarto ineliminabile e tuttavia strutturale, quella differenza specifica (...), per cui l'esperienza (...) risulta comprensibile mediante concetti ma non riassorbibile in essi". Se l'imperativo adorniano di "agire e pensare in modo che Auschwitz non si ripeta, che non succeda niente di simile" e' stato ridotto a una semplice citazione retorica, allora i saggi del volume cercano di restituirgli la sua valenza filosofica. Le note biografiche di Stefan Mueller-Doohm che aprono la raccolta risultano tuttavia un po' stonate. Sebbene possano aiutare a inquadrare la vita di Adorno nel percorso del Novecento rischiano pero' di riproporre dei cliche' sul filosofo "elitario" affetto da "nostalgia per l'Europa perduta". Questi stereotipi antiamericani e anti-intellettuali sono caratteristici di una vecchia lettura (non solo tedesca) degli scritti della Scuola di Francoforte, ma non colgono la portata e il significato dell'esperienza americana. Da questo punto di vista, i saggi di Detlev Claussen e Michael Werz mostrano come l'Atlantico abbia invece aperto uno spazio di riflessione costitutiva per la teoria critica. Dopo il disincanto verso la rivoluzione russa e lo sprofondamento dell'Europa nella barbarie, solo sul "campo di forze atlantico" Adorno ha potuto fare "l'esperienza della sostanza delle forme democratiche" e riconoscere negli Usa "il punto di osservazione piu' avanzato", per riflettere sulle possibilita' di trasformazione nelle societa' tardo-capitalistiche. Oggi che l'ordine democratico sembra diventato senza alternativa, i suoi scritti critico-culturali potrebbero ottenere una nuova attenzione. * Tra appartenenza e estraneita' Dirk Auer offre invece un confronto interessante tra la figura dell'esiliato di Adorno e la figura del paria descritta da Hannah Arendt. Senza soffermarsi sulla tanto chiacchierata inimicizia tra i due teorici, l'autore mostra come per entrambi l'esilio costitui' il luogo caratteristico della tensione tra identita' e differenza, tra appartenenza e estraneita'. Dall'esilio inteso come posizione epistemologica Adorno sviluppo' la sua critica socio-culturale che non e' ne' conservatrice ne' di stampo etno-religioso e che proprio per questo non ha perso niente della sua attualita'. Sembra, pero', che il potenziale etico-sociale della critica adorniana sia stato colto finora soprattutto oltreoceano. Jay M. Bernstein mostra come le teorie sulla giustizia e sulla lotta per il riconoscimento di matrice europea abbiano trascurato la base materiale e corporea dell'esperienza, mentre Adorno avrebbe collocato proprio il corpo al centro dell'esperienza morale. Lo studioso sostiene infatti che il diffondersi di una comprensione tragica della modernita' portera' a un rinnovato interesse per la teoria critica e al tentativo di collegare una teoria dell'intersoggettivita' all'esperienza corporea. In apertura della parte dedicata agli aspetti teorico-metodologici, Angelica Nuzzo indica come la trasformazione della dialettica hegeliana nella dialettica negativa sia stata motivata proprio dalla trasformazione della realta' storica. La filosofia "dopo Auschwitz" non poteva piu' sperare nell'identita' di una totalita' finale conciliata e positiva. Sospettando dell'identico, Adorno ha infatti proposto una "logica della disgregazione". Per Francesco Saverio Trincia il progetto della dialettica negativa di recuperare il non-identico riduce la teoria a "un consapevole e raffinato esercizio di stile filosofico". Luigi Pastore ricorda invece giustamente il rapporto tra l'utopia del non-identico e la radice mimetica della conoscenza. "La tensione interna - scrive - tra concetto e senso, tra formalizzazione linguistico-scientifica e proprieta' mimetiche dell'esperienza, rivela l'insufficienza fondamentale della teoria dei concetti fondata sul primato dell'astrazione". * Reciproca compenetrazione L'attacco alla logica identitaria non colpisce soltanto il lavoro concettuale, ma piuttosto lo stesso soggetto pensante. La critica tocca tanto la pretesa del concetto di assimilare l'esperienza quanto il primato che il soggetto afferma nei confronti dell'oggetto. "Nel suo gesto critico e disgregativo - nota la Nuzzo - la logica adorniana accenna (...) a una diversa possibilita' di pensare il rapporto soggetto-oggetto: ne' separazione ne' unita' ma relazione reciproca o reciproca compenetrazione". E' questo il punto in cui la critica teorica rimanda alla critica della prassi ovvero a un'etica della vulnerabilita' com'e' stata proposta recentemente da Judith Butler a partire da una rilettura delle lezioni adorniane sulla filosofia morale. In conclusione del volume, Stefano Petrucciani riferisce proprio del progetto di pubblicazione delle lezioni da parte del Theodor W. Adorno Archiv di Francoforte. Le trascrizioni e gli appunti sono particolarmente interessanti, sia perche' "quel che nei testi resta talvolta oscuro, o ambiguo (...) nelle lezioni deve sciogliersi e farsi piu' direttamente comunicabile", sia perche' le lezioni presentano Adorno in relazione ai suoi studenti, il maestro in dialogo con i suoi lettori. 7. LIBRI. MADDALENA GASPARINI PRESENTA "MODI DI MORIRE" DI IONA HEATH [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione dal titolo "Il diniego della morte". Maddalena Gasparini, laureata in medicina e chirurgia e specializzata in neurologia, ha svolto attivita' clinica e curato l'organizzazione di congressi e corsi di aggiornamento e formazione in collaborazione e per conto di strutture ospedaliere del Consiglio nazionale delle ricerche, della Regione Lombardia e della Provincia di Milano; grazie all'incontro con la Libera universita' delle donne, da anni segue gli sviluppi delle tecnologie riproduttive approdando agli interrogativi etici che l'evoluzione delle biotecnologie pone alla collettivita'; dal 2003 e' vicecoordinatrice del gruppo di studio di "Bioetica e cure palliative in neurologia" della Societa' Italiana di Neurologia. Iona Heath, medico, lavora dal 1975 presso il Caversham Group Practice di Kentish Town, nella zona di Camden, a Londra. Da oltre vent'anni membro del Council of the Royal College of General Practitioners, dal 1997 al 2003 ha presieduto l'Health Inequalities Standing Group e dal 1998 al 2004 il Committee on Medical Ethics. Dal 1997 al 1999 ha fatto parte della Royal Commission on Long Term Care for the Elderly e dal 2004 al 2007 della Human Genetics Commission. Oggi e' presidente del College's International Committee e dell'Ethics Committee del "British Medical Journal". E' autrice di vari saggi, tra cui The Mystery of General Practice (1996) e - in collaborazione con Patricia E. Hutt e Roger Neighbour - Confronting an Ill Society: David Widgery, General Practice, Idealism and the Chase for Change (2004). Modi di morire, Bollati Boringhieri, Torino 2008 (Matters of Life and Death, Radcliffe Publishing, London 2007) e' la sua prima opera tradotta in italiano] Il mio primo morto da medico mi colse di sorpresa. Era un uomo vecchio, consumato dalla malattia. Presa dal panico - era una delle mie prime guardia - cercai di rianimarlo. Mi fermo' il figlio, non avevo ancora imparato ad allontanare i parenti al mio arrivo. Ancora oggi chi studia medicina non e' preparato all'evidenza che di malattia si puo' morire: "sentendosi addossare la responsabilita' di ogni decesso, i medici sono indotti dal senso di colpa e dalla preoccupazione, a lottare per prolungare la vita, spesso a scapito della sua qualita'". Cosi' Iona Heath introduce il suo prezioso libretto: Modi di morire. Medico di base in un quartiere povero di Londra, Iona Heath ringrazia quei pazienti che in 30 anni di attivita' le hanno insegnato che "si puo' vivere e morire in modi diversi" e ci consegna, insieme al racconto di esperienze significative, frammenti di letture, di prosa, teatro, saggistica e poesia, che aiutano a restituire la morte alla vita. Se nell'insegnamento della medicina fossero (state) incluse quelle che oggi chiamiamo humanities, forse avrei fatto meno fatica a recuperare quel ruolo di "persone che hanno familiarita' con la morte" che ancora fino a pochi decenni fa era attribuito ai medici. Dimentichi che "malgrado le dispendiose pretese della medicina, la morte resta l'inevitabile conclusione della vita" il contributo moderno della medicina al processo del morire e' troppo spesso un suo prolungamento, come anche i casi giunti alla cronaca documentano. Il "diniego della morte impone un pesante tributo di esperienza ai vivi quanto ai morenti" tanto che se gli antichi temevano la morte improvvisa, molti oggi ci sperano. Un tempo si credeva che l'avvicinarsi del medico accelerasse la morte, oggi si teme che la medicina e la sua tecnologia prolunghi il morire e la sofferenza che l'accompagna. Eppure una malattia terminale, una prognosi non troppo azzardata, ci offre l'opportunita' di "lasciare in ordine le proprie cose, contribuire a pianificare il proprio funerale, condividere e rivivere i ricordi, dire addio, perdonare ed essere perdonati e dire le cose che andrebbero dette". Il medico allora deve muoversi leggero intorno al morente, dar misura alla sedazione del dolore (ma in Italia lo si fa ancora troppo poco) cosi' da non impedire che la mente possa "riassumere la vita in una cornice coerente". In Gran Bretagna, dove la tradizione delle cure palliative ha ormai lunga vita, diverse ricerche hanno documentato che si puo' parlare di "buona morte" con chi vi si sta avvicinando e coi suoi cari e che sono piuttosto i medici a temerne; che la maggior parte delle persone attribuisce a un buon controllo dei sintomi un ruolo fondamentale nel contribuire a una morte dignitosa: curare una sofferenza nella maggior parte dei casi eliminabile e' una delle finalita' della medicina al termine della vita. Il timore, che Iona Heath mutua da Illich e da Gadamer, che "attraverso l'uso di analgesici e sedativi noi soffochiamo qualsiasi possibilita' di liberta' nella morte" e' una verita' che va mitigata dalla consapevolezza che il morente e' spesso una persona ancora in grado di contribuire alle scelte che lo riguardano: puo' darsi che "il dolore sia quasi benvenuto perche' siete liberi di provarlo o no a vostra discrezione" ma puo' essere che prevalga il desiderio di "dormire", di una sedazione che anticipa la morte della coscienza liberando da una sofferenza insopportabile e dai sintomi che la medicina palliativa definisce refrattari. "Lasciando intendere che sia possibile morire senza soffrire, la medicina fa una falsa promessa"... "L'ambizione che l'assistenza medica riesca a permettere ai pazienti di morire senza sintomi e' un'utopia irrealizzabile e pericolosamente disonesta" scrive Iona Heath. Vero. In una realta' che vede piu' della meta' delle morti assistite dalla medicina, l'equilibrio fra l'eccesso di trattamenti e il ritiro va cercato caso per caso, respingendo l'accusa di abbandono spesso rivolta a chi rinuncia a quei mezzi di sostegno vitale (il respiratore, la nutrizione artificiale) che agli occhi di alcuni appaiono piu' sacri della vita. Solo un'assistenza centrata sulla comprensione dei bisogni e sulla valorizzazione dell'autonomia puo' far emergere e accogliere una volonta' che affonda le sue radici assai piu' nella vita vissuta che nella malattia che la sta portando a conclusione o nelle cure prescritte. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 440 del 29 aprile 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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