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Minime. 373
- Subject: Minime. 373
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 22 Feb 2008 01:41:22 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 373 del 22 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Il 2 marzo a Bologna 2. Perche' il naso stia fra gli occhi 3. Zita Dazzi: Una rete contro le violenze alle donne 4. Coordinamento dei gruppi donne delle comunita' cristiane di base: E' necessario che le donne prendano la parola 5. Matteo Boscarol ricorda Kon Ichikawa 6. Enrico Peyretti: Una presentazione di "Sinistra destra. L'identita' smarrita" di Marco Revelli 7. Mario Pezzella presenta "Hannah Arendt. Contre la philosophie politique" di Miguel Abensour 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. INCONTRI. IL 2 MARZO A BOLOGNA L'assemblea promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana, "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" per verificare la possibilita' di liste femministe, ecologiste e della nonviolenza alle elezioni di aprile, si svolgera' domenica 2 marzo a Bologna, dalle ore 10 alle 17 circa, nella sala sindacale dei ferrovieri (appena usciti dalla porta principale della Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette, dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub). Tutti gli interventi avranno un limite di tempo che stabiliremo assieme all'inizio (proposta: non oltre i 10 minuti); da un certo momento in poi (se lo stabiliremo assieme) spazio privilegiato alle proposte, su cui prendere eventuali decisioni. Se ci sono gia' proposte abbastanza precise, attinenti al tema (programmi, metodi di lavoro, eccetera) sarebbe meglio portarle scritte, in una cinquantina di copie, per distribuirle dall'inizio. * Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato: micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org Chi volesse inviare contributi scritti anche a questo notiziario, indirizzi a: nbawac at tin.it 2. EDITORIALE. PERCHE' IL NASO STIA FRA GLI OCCHI Vorremmo che alle prossime elezioni politiche si presentassero ovunque possibile liste di candidate e candidati che abbiano fatto della scelta della nonviolenza (della scelta razionale ed esistenziale, dialogica e dialettica, contestuale e progressiva, relativa ed aperta, cosciente del limite e della contraddizione, sperimentale e conflittuale e creativa della nonviolenza) un criterio fondante dell'agire politico, un criterio componibile con diverse visioni del mondo, con diverse tradizioni di pensiero e di azione politica. Un criterio necessario per fronteggiare le complesse e tragiche sfide della realta' odierna, una realta' sociale e politica, economica ed ecologica, culturale e relazionale sempre piu' interconnessa, ma purtroppo fin qui interconnessa nel segno dell'oppressione e della devastazione, della violenza e della violazione della dignita' umana. * "Liste della sinistra della nonviolenza", cosi' le abbiamo chiamate per semplificare, a marcare una differenza e un'opposizione rispetto a quella ex-sinistra che in questi ultimi anni ha governato accettando e sostenendo la guerra e il razzismo, la devastazione ambientale e l'oppressione di genere, lo sfruttamento delle persone e della natura in forme sempre piu' parossistiche e la violazione sempre piu' pervasiva di fondamentali diritti umani. * Vorremmo che queste liste si caratterizzassero come femministe, essendo il femminismo la corrente calda e l'inveramento storico maggiore del criterio che proponiamo; ambientaliste, essendo la cura per il mondo vivente, per la casa di tutti, per la relazione con ogni alterita' l'estrinsecazione maggiore di quel "principio responsabilita'" che e' altra denominazione del criterio che proponiamo; e sinteticamente quindi come nonviolente in senso forte, nel senso della scelta concreta e coerente, rigorosa e cogente, inclusiva e aggettante, della proposta che Gandhi esprimeva coi termini ahimsa e satyagraha, l'opposizione alla violenza e la forza della verita'. * Vorremmo che queste liste avessero un programma semplice su cui vi fosse un pieno consenso delle persone che ad esse dessero vita. Un programma fondato sull'opposizione alla guerra, ai suo strumenti ed ai suoi apparati; sull'opposizione al patriarcato e al maschilismo, alle sue strutture e alle sue logiche; sull'opposizione all'ecocidio; sull'opposizione al razzismo; sull'opposizione allo sfruttamento alienante e onnicida che viola la dignita' umana, imbarbarisce la convivenza e devasta la biosfera. * Questo programma puo' altresi' declinarsi, modo positivo, in forma di programma costruttivo che assuma ad esempio le scelte seguenti: disarmo, smilitarizzazione, corpi civili di pace; "50 e 50" di donne e di uomini in tutte le sedi istituzionali, per una democrazia paritaria e duale; proposta di un modello di sviluppo conviviale, sobrio e sostenibile e buone pratiche che lo inverino; riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. * Vorremmo che di questa proposta si discutesse ovunque possibile, e gia' questa discussione e' un fatto politico nuovo e grande. E' l'uscita delle persone amiche della nonviolenza dalla subalternita' in cui lungamente si e' preteso di ridurle, e' il recupero autocosciente di quella dimensione politica e di lotta senza di cui nonviolenza non si da', e' la ripresa della lezione autentica di Rosa Luxemburg e di Mohandas Gandhi, di Albert Luthuli e di Martin Luther King, di Virginia Woolf e di Simone Weil, di Hannah Arendt e di Marianella Garcia, di Chico Mendes e di Danilo Dolci, di Rigoberta Menchu' e di Vandana Shiva. * Perche' il naso stia fra gli occhi lo spiega il fool a Lear sul finire dell'atto primo. E tu che leggi m'intendi. 3. OGGI. ZITA DAZZI: UNA RETE CONTRO LE VIOLENZE ALLE DONNE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" il 13 febbraio 2008, col titolo "Una rete contro le violenze alle donne" e il sommario "In Lombardia il record delle aggressioni, circa 115.000 all'anno. Zita Dazzi e' giornaista del quotidiano "La Repubblica"] Una rete per salvare le donne dalla violenza sessuale e dai maltrattamenti in famiglia. Una rete di associazioni, di comunita', di centri specialistici, perche' Milano e la Lombardia sono tristemente in vetta a tutte le classifiche dei delitti "passionali", degli stupri, delle aggressioni, delle minacce e di quella moderna e sottile forma di persecuzione psicologica esercitata dagli uomini sulle loro ex compagne che si chiama "stalking". La "Rete dei centri antiviolenza e delle case delle donne" e' stata registrata presso uno studio notarile nei giorni scorsi ed e' stata presentata ieri dalle responsabili dei 13 centri antiviolenze che da anni lavorano nei capoluoghi lombardi. A raccontare lo scopo e la necessita' di questa rete e' stata Marisa Guarneri, storica portavoce della Casa delle donne maltrattate di Milano, 30 anni di lavoro sul campo e 19.119 signore ascoltate nelle loro tragiche storie d'amore e di convivenza. Ha snocciolato le cifre che raccontano il poco invidiabile record raggiunto dalla nostra regione nel campo delle violenze sulle donne. Secondo l'Istat in un anno in Italia ci sono state un milione e 150.000 aggressioni e di queste il 10% e' avvenuto in Lombardia. In regione anche il 14 per cento dei 187 omicidi di donne registrati su base nazionale. E a ulteriore conferma, non bisogna dimenticare che sono oltre duemila oggi le madri, le mogli, le fidanzate che si sono rifugiate in una comunita' protetta, nella maggior parte dei casi con i figli piccoli al seguito, per sfuggire alle botte e alle minacce del partner. Il 96% dei maltrattamenti fisici, psicologici, sessuali ed economici avvengono, infatti, in famiglia. Dati che impressionano, ma che la Guarneri invita a non considerare come "emergenza": "C''e' un aumento numerico - spiega -, le denunce aumentano perche' c'e' maggior consapevolezza da parte delle donne, ma ricordiamoci che molto spesso le violenze restano nascoste, perche' c'e' paura, perche' per una donna la scelta di chiedere aiuto, di abbandonare la casa e il compagno e' la piu' difficile delle decisioni, l'extrema ratio a cui si ricorre quando e' la vita stessa ad essere in pericolo". Ogni centro di quelli confluiti nella rete ha la sua messe di dati che raccontano quanto lunga sia la scia della paura per le donne lombarde. A Milano i numeri sono esponenziali: 4.304 donne accolte dalla cooperativa Cerchi d'acqua, che ha fatto 21.696 interventi e registra un aumento del 12% delle richieste, anche da parte delle straniere (18%). Il profilo della vittima e' preciso: italiana (83%), con figli minori (70%), eta' compresa fra 28 e 47 anni (61%), lavoro stabile (63%) e anche di buon livello (42%). Cosi' quello dell'aggressore: italiano (87%), 38-57 anni (55%), con lavoro stabile (76%) e anche di livello (53%). Che cosa chiedono le associazioni? "Vogliamo diventare interlocutore stabile per le istituzioni, pubbliche e private. In particolare alla Regione chiediamo una legge che riconosca e sostenga il lavoro dei centri antiviolenza", spiega Patrizia Villa del Cadom di Monza. A tenere a battesimo la neonata rete delle donne c'erano ieri le consigliere regionali Sara Valmaggi e Ardemia Oriani, la consigliera comunale Patrizia Quartieri e per la Provincia Arianna Censi. 4. RIFLESSIONE. COORDINAMENTO DEI GRUPPI DONNE DELLE COMUNITA' CRISTIANE DI BASE: E' NECESSARIO CHE LE DONNE PRENDANO LA PAROLA [Dal coordinamento dei gruppi donne delle comunita' cristiane di base (per contatti: crisbase at tin.it) riceviamo e diffondiamo] Il coordinamento dei gruppi donne delle comunita' cristiane di base, tenutosi a Bologna nei giorni 16-17 febbraio 2008, dopo aver approfondito e discusso dal punto di vista delle donne credenti le varie tematiche oggetto di pubblica discussione in questi ultimi tempi, ritiene doveroso far conoscere l'indignazione, lo sbigottimento e le perplessita' delle donne nel sentire importanti uomini politici e rappresentanti di istituzioni religiose che pretendono di avere l'autorita' di imporre a tutti, spacciandole come principi assoluti e verita' universali, quelle che invece sono posizioni di parte, che riteniamo essere frutto di una visione unilaterale che non ha mai tenuto conto delle sofferenze delle donne, dei percorsi di autonomia e consapevolezza, delle lotte, delle conquiste raggiunte. Il coordinamento ritiene che questo modello di societa' patriarcale, che da millenni reprime ogni diversita', porti alla violenza nei rapporti personali, familiari, sociali e internazionali. Al contrario, una societa' che valorizzi l'autorevolezza delle donne sara' in grado di dare risposte concrete a problemi reali, senza imporre assoluti morali o ideologie partitiche che passano accanto alla realta' e che mostrano la loro totale irrilevanza per la situazione concreta in cui vivono le persone. Come donne credenti riteniamo sia giunto il momento di praticare una politica che privilegi l'ascolto e si lasci coinvolgere dalle diversita' e dalla molteplicita' dei bisogni concreti. Perche' tutto questo si realizzi e' necessario che le donne prendano la parola e facciano sentire la loro voce e il loro impegno. 5. LUTTI. MATTEO BOSCAROL RICORDA KON ICHIKAWA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 febbraio 2008, col titolo "Cinema in lutto. Addio al giapponese Kon Ichikawa, regista fluido di L'arpa birmana". Matteo Boscarol, giornalista, saggista, traduttore, e' profondo conoscitore della cultura giapponese. Kon Ichikawa (1015-2008), regista cinematografico giapponese, resta per noi e per sempre l'autore de L'arpa birmana, un film indimenticabile, luminoso e immenso un dono all'umanita'] "Non avrei mai cominciato a fare film se non ci fosse stato Walt Disney". Sembra una dichiarazione di Hayao Miyazaki, invece chi parla e' Kon Ichikawa, regista giapponese che ci ha lasciato alla veneranda eta' di 92 anni. Il suo indebitamento con l'animazione complica ancora di piu' la sua posizione nel panorama cinematografico nipponico. Forse e' stato ed e' uno dei cineasti giapponesi di piu' difficile collocazione, considerato da alcuni come degno compagno dei grandi nomi del cinema nipponico come Akira Kurosawa o Yasujiro Ozu, ma da altri visto come troppo volubile negli stili, nei propositi e nei risultati: ha, infatti, diretto film di ogni tipo. Ma neanche assimilabile alla new wave di Nagisa Oshima e Shohei Imamura, forse troppo dolce e tenero nei toni, insomma un vero punto interrogativo ricordato in Occidente quasi solamente per i film pacifisti del dopoguerra, Biruma no tategoto (L'arpa birmana) su tutti. Aveva un approccio al cinema non molto autoriale, forse dati gli inizi nel mondo dei manga e dell'animazione con lo Studio J.O. "Sono cresciuto artisticamente come pittore e penso ancora come se lo fossi", ricordava in un'intervista. Qui in Giappone lo hanno ricordato quasi tutti i giornali dedicandogli uno spazio abbastanza importante, cosa che non era successa con Shohei Imamura, forse autore troppo scomodo. Ichikawa ha realizzato quasi un centinaio di film in una carriera che ha coperto piu' di settant'anni di storia giapponese. Dagli inizi nell'animazione durante gli anni Trenta, passando al vero debutto come regista con Musume Dojoji, rappresentazione del teatro tradizionale bunraku, per finire nei primi anni del duemila con l'ultimo film. Va forse ricordato che benche' i suoi lavori siano stilisticamente molto lontani da quelli di Pasolini, Ichikawa era un grande estimatore del nostro regista che considerava il piu' valido cineasta contemporaneo. Importante fu il suo sodalizio personale ed artistico con la traduttrice Natto Wada che sposo' nel 1948: da quel momento in poi collaborera' ai progetti del marito piuttosto assiduamente. La sua influenza sul marito sara' cosi' forte che quando Wada decidera' di ritirarsi dall'ambiente, il cinema di Ichikawa cambiera' radicalmente. Ecco allora che i lavori piu' conosciuti e rispettati all'estero sono proprio quelli relativi al periodo della loro collaborazione. Fra questi Enjo, ispirato al romanzo Il padiglione d'oro di Mishima, Nobi e naturalmente Biruma no tategoto (L'arpa birmana) che nel 1957 passo' a Venezia. Film di un pacifismo e di una disperazione dirompente, racconta di Mizushima, un soldato che in Birmania, dopo la resa del Giappone, cerca di convincere un gruppo di compagni giapponesi ad arrendersi. Questi, rifiutando, vengono trucidati dai soldati inglesi; Mizushima, spinto dal disincanto per la propria nazione e da una solitudine metafisica, diventa un monaco buddista e rimane in Birmania. Qui, gira per la landa desolata fra gli effetti della guerra che ha sparso morte ovunque. Anche il film si adegua formalmente al tono contemplativo del protagonista, grandi spazi, il mare e i bellissimi paesaggi sembrano voler allargare il senso di compassione anche dello spettatore. Film scomodo nel suo rifiuto dell'onore e del patriottismo e piu' che mai attuale: abbiamo gia' dimenticato i monaci buddisti che hanno guidato la protesta contro il regime birmano lo scorso settembre? Come si diceva il connubio artistico di Ichikawa con sua moglie sarebbe finito ed ecco allora una delle tante svolte della sua carriera. Avvenne nel 1964 quando, in occasione dei giochi olimpici di Tokyo, realizzo' il documentario Tokyo Orinpikku (Le Olimpiadi di Tokyo). Commissionato per riprendere gli atleti, in particolar modo quelli di casa, Ichikawa non mostra quasi mai il gesto atletico in se', ma focalizza il suo sguardo sulle persone. In qualche modo la sua e' una critica implicita al falso spirito delle Olimpiadi, falso nelle premesse e non nell'attuazione. Ed era il 1964. Ora nel 2008 con le Olimpiadi di Pechino alle porte il film andrebbe proiettato prima di ogni competizione. Sempre affascinato dalla letteratura ed in questo molto vicino a Bresson, come ricorda il critico James Quandt, moltissimi dei suoi film sono adattamenti di romanzi: Mishima ma anche Soseki con Wagahai wa neko de aru (Io sono un gatto) o il Genji Monogatari. Addirittura, sempre secondo Quandt, Ichikawa collaboro' con Robbe-Grillet ad una sceneggiatura che non ando' in porto. Davvero Ichikawa e' uno dei cineasti giapponesi che piu' sfuggono alle griglie critiche. Resta, nell'arco della sua opera, almeno quella principale, una costante ricerca del significato dell'essere uomini. 6. LIBRI. ENRICO PEYRETTI: UNA PRESENTAZIONE DI "SINISTRA DESTRA. L'IDENTITA' SMARRITA" DI MARCO REVELLI [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo resoconto dal titolo "Sinistra smarrita cercasi". Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68. Paul Ginsborg, nato a Londra nel 1945, gia' professore all'Universita' di Cambridge, dal 1992 insegna Storia dell'Europa contemporanea nella Facolta' di Lettere di Firenze. Tra le opere di Paul Ginsborg: Daniele Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-'49, Feltrinelli, Milano 1978, Einaudi, Torino 2007; Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi. Societa' e politica 1943-1988, Einaudi, Torino 1989; Stato dell'Italia, Il Saggiatore, Milano 1994; Storia d'Italia 1943-1996. Famiglia, societa', Stato, Einaudi, Torino 1998; L'Italia del tempo presente. Famiglia, societa' civile, Stato. 1980-1996, Einaudi, Torino 1998; Berlusconi, Einaudi, Torino 2003; Il tempo di cambiare, Einaudi, Torino 2004, 2005; La democrazia che non c'e', Einaudi, Torino 2006. Marco Revelli, storico e saggista, figlio di Nuto Revelli, e' docente di scienza della politica all'Universita' del Piemonte Orientale. Opere di Marco Revelli: Lavorare in Fiat, Garzanti, Milano 1989; (con Giovanni De Luna), Fascismo/antifascismo, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1995; Le due destre, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La sinistra sociale, Bollati Boringhieri, Torino 1997; Fuori luogo, Bollati Boringhieri, Torino 1999; Oltre il Novecento, Einaudi, Torino 2001; La politica perduta, Einaudi, Torino 2003; (con Fausto Bertinotti e Lidia Menapace), Nonviolenza. Le ragioni del pacifismo, Fazi, Roma 2004; Carta d'identita', Intra Moenia - Carta, Napoli-Roma 2005; Sinistra destra. L'identita' smarrita, Laterza, Roma-Bari 2007. Ha anche curato l'edizione italiana del libro di T. Ohno, Lo spirito Toyota, Einaudi, Torino 1993; un suo importante saggio e' in Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995] Marco Revelli, Sinistra destra. L'identita' smarrita, Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 272, euro 15. * Nella vivace "Scuola per l'alternativa" di Torino (www.scuolaperalternativa.it), Paul Ginsborg ha presentato, il 18 febbraio, questo libro di Revelli, interpellando insieme al pubblico l'autore. Oggi sembra smarrita la distinzione tra queste due posizioni, che descrivono le grandi scelte politiche nel mondo moderno, dal 1789: uguaglianza o gerarchia, autonomia o eteronomia, razionalita' o irrazionalita', orizzontale o verticale. Oggi la sinistra cosiddetta radicale non coglie piu' queste alternative, e la sinistra istituzionale sembra non volere coglierle. Si perdono le tipiche categorie di sinistra dello spazio e del tempo. Lo spazio del Parlamento, conquista dell'Ottocento, appare svuotato: Paolo Cacciari definisce "umiliante" la sua recente esperienza parlamentare, un meccanismo prestabilito dove il singolo ha solo da premere il pulsante del voto. Lo spazio dei partiti si e' fatto perverso: si ritirano dalla societa', e questa si ritira dai partiti. Anche nella Sinistra Arcobaleno i quattro segretari da soli decidono le candidature. Il tempo lineare e progressivo nella concezione della sinistra si e' conformato al tempo acceleratissimo, compresso, riempito e cosi' divenuto indisponibile per la politica: non c'e' tempo! Cosi', mancano i soggetti politici e le soluzioni. Nella Introduzione al libro, Revelli indica alcuni "meta-valori", o principi costitutivi del politico, per ricostruire la sinistra, ed anzi la politica stessa che e' venuta a mancare. Ma, nella sinistra - conclude Ginsborg - c'e' un grave problema di comportamenti: litigi personali, individualismi e ambizioni, narcisismo a iosa, assenza di cultura dell'unita'. Tanti tentativi falliscono a causa di questi mali. Gandhi ha molto da insegnare alla sinistra. Le chiese dovrebbero fare di piu' su questo piano morale. Revelli avverte che il suo libro e' impegnativo: e' un compendio di 25 anni di lavoro, in buona parte entro il seminario "Etica e politica" che Bobbio guidava nel Centro Gobetti. Registra un fallimento, lo smarrimento dell'identita' di sinistra. Questa polarita' destra-sinistra da' ordine alla politica, come il denaro, strumento di scambio, lo da' all'economia. Siamo caduti in un contesto non piu' politico. Quelle due identita' sono relative, spaziali, non sostantive: dipende da chi si colloca a destra o a sinistra dell'altro. Il libretto di Bobbio, Destra e sinistra (piu' edizioni dal 1994, 300.000 copie, tradotto in 19 lingue), contro la delegittimazione di questa distinzione, poneva come criterio il principio di uguaglianza: chi sottolinea cio' che accomuna e' di sinistra, chi evidenzia cio' che differenzia e' di destra. Dopo la meta' degli anni '90 cambia il dibattito: anche da sinistra si nega quella distinzione. Soprattutto cade in dubbio il tempo direzionale, che era costitutivo della sinistra, cioe' la storia come movimento. Alla fine del '900 il tempo ritorna ciclico, ripetitivo. Anche la crisi dello spazio liquefa la differenza destra-sinistra. Lo spazio di questa differenza era lo stato-nazione, nei suoi confini territoriali certi; era lo spazio pubblico, prodotto con mezzi pubblici, dove i poteri pubblici prevalevano sui poteri privati; uno spazio dove tutti i punti sono sotto la stessa legge. Questo spazio era "rappresentato" nello spazio parlamentare, nel quale appunto si definivano destra e sinistra, stabilita' e movimento. Il nuovo spazio della globalizzazione e' prodotto con mezzi privati, che sono i media di massa, i gestori dei flussi (finanza, droga, informazioni, merci...). Questo spazio non ha piu' confini, tutto in esso si sovrappone; le comunicazioni alla velocita' della luce portano in ogni punto dello spazio le diverse fonti di potere. Questa e' la crisi della politica, non solo della distinzione destra-sinistra. E' stata la sinistra, nella Rivoluzione Francese, che ha creato lo spazio politico: prima era tutto destra, gerarchia. Oggi la sinistra imita questa destra; l'aspetto piu' del progetto, lo scenario piu' del contenuto. E' la fine della politica, cade l'idea moderna di politica. Revelli pero' indica quattro meta-valori, per ricostruire la sinistra e la politica: 1) l'alternativa tra violenza e nonviolenza; stabilire il tabu' della violenza, la quale oggi comporta la fine dell'umanita'; 2) il principio di inclusione contro il principio di esclusione (Carl Scmitt che fonda la politica nella categoria amico-nemico), cioe' la reciprocita', il punto di vista dell'Altro (l'uomo planetario di Ernesto Balducci); 3) il principio di prudenza, o di responsabilita' (Hans Jonas: "Agisci in modo che gli effetti della tua azione siano compatibili con la permanenza di una vita autenticamente umana sulla terra"), contro il principio di efficienza immediata, decisionista, produttivista; 4) il senso del limite contro la volonta' di potenza. Questi sono valori di sinistra, ma dovrebbero essere comuni, per potere contrapporsi nella dialettica politica, senza danno generale. * I due relatori hanno poi risposto a diversi interventi. Ginsborg - Quello dei comportamenti personali nella sinistra e' terreno importante e difficile. La sinistra si autodistrugge quando porta interessi partitici, se non addirittura economici. Stuart Mill chiedeva ai cittadini: umilta', scetticismo, immaginazione. Occorre, si', generosita', ma non si tratta solo di questione morale: occorre una teorizzazione del comportamento politico di sinistra. Nella sinistra la violenza non e' stata solo contraddizione tra fine giusto e mezzi ingiusti, ma anche gratuita, e molta, e giustificata, nella sinistra storica: pensiamo alla collettivizzazione forzata della terra, alle purghe staliniane. Questa era la sinistra storica nel '900. Revelli - In risposta ad un intervento che, citando Bobbio (1), ipotizza una differenza tra destra e sinistra non soltanto relativa alla posizione nello spazio politico, ma antropologica, dice: credo di si'; la distinzione e' profonda nella storia della nostra specie in termini simbolici e di valore; abbiamo reazioni istintive diverse di fronte allo scandalo delle disuguaglianze, di fronte ai naufragi di immigrati nel canale di Otranto; ma il problema non e' questo, e' se chi soffre lo scandalo si aggrega per cambiare le cose, se si fa soggetto politico oppure no. Oggi il problema non e' tanto che un pezzo maggioritario di sinistra si concilia con la destra, ma e' il vuoto a sinistra, la mancanza di soggetti a sinistra, nel mondo. A chi propone l'aggiunta di altre alternative (competizione-collaborazione; velocismo-lentezza) a quei meta-valori, Revelli risponde riconducendo la lentezza al senso del limite e alla prudenza, e la collaborazione alla reciprocita'. L'arte politica e' far coesistere i diversi, non e' mettere insieme i simili e fuori i dissimili, percio' lo stato-nazione deve cedere il posto all'uomo planetario. Alla mia osservazione che la violenza e' contraddizione a sinistra, quando persegue fini giusti con mezzi ingiusti, e coerenza a destra, quando conserva le disuguaglianze (violenza strutturale) con mezzi violenti, Revelli risponde che purtroppo la violenza a sinistra e' stata sentita e teorizzata come fattore di mutamento, di accelerazione del tempo; e' la razionalita', come caratteristica della sinistra, che dovrebbe portarla a superare la violenza. Di fronte all'attuale grave crisi del politico, Revelli propone una resistenza culturale: ragionare insieme, in luoghi collettivi, coltivare le "passioni dolci" piu' degli interessi. * Note 1. La differenza [fra sinistra e destra] e' fra chi prova un senso di sofferenza di fronte alle disuguaglianze e chi invece non lo prova e ritiene, in sostanza, che al contrario esse producano benessere e quindi debbano essere sostenute. In questa contrapposizione vedo il nucleo fondamentale di cio' che e' sinistra e di cio' che e' destra" (Norberto Bobbio, in N. Bobbio, G. Bosetti, G. Vattimo, La sinistra nell'era del karaoke, I libri di Reset, Donzelli 1994, p. 51). Nello stesso libretto, a p. 47, Bobbio conclude un suo intervento cosi': "Sarei tentato di dire che la distinzione va al di la' delle semplici idee politiche, e' un elemento quasi antropologico". 7. LIBRI. MARIO PEZZELLA PRESENTA "HANNAH ARENDT. CONTRE LA PHILOSOPHIE POLITIQUE" DI MIGUEL ABENSOUR [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 febbraio 2008, col titolo "L'imprevisto che irrompe nel tempo lineare del dominio" e il sommario "La politica come espressione di un pensiero allargato al nostro essere in comune. Un saggio del filosofo francese Miguel Abensour dedicato a Hannah Arendt". Mario Pezzella, docente universitario di estetica, studi filosofici a Pisa e a Parigi, ha curato l'edizione italiana di testi di Bachofen e su Jung, organizzato seminari e convegni di studio, ha collaborato con Remo Bodei nella progettazione della collana "Il lessico dell'estetica" presso l'editore "ll Mulino" ed e' redattore della rivista "Iride" e direttore responsabile della rivista "Controtempo". Miguel Abensour, filosofo e saggista, docente all'Universita' di Paris VII, autore di molte pubblicazioni. Opere di Miguel Abensour disponibili in italiano: La democrazia contro lo Stato, Cronopio, 2008. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano 2006; i recentissimi Diari, Neri Pozza, 2007. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Per il filosofo Miguel Abensour "filosofia politica" e' un termine paradossale, un tentativo di unire due concetti contraddittori. Ripercorrendo il pensiero di Hannah Arendt (nel suo libro Hannah Arendt. Contre la philosophie politique, Sens & Tonka, Paris 2006), egli si chiede piuttosto se "filosofia" e "politica" non appartengano a tradizioni differenziali e alternative. Arendt, come e' noto, amava definirsi piu' uno "scrittore politico", nella linea di Machiavelli, Montesquieu e Tocqueville, che un filosofo, in grado di costruire un sistema teorico della politica. Cio' e' ben visibile - secondo Abensour - nell'analisi da lei dedicata al mito della caverna di Platone, che e' insieme una ripresa e una critica della lettura heideggeriana dello stesso passo della Repubblica. Gli uomini incatenati nella caverna danno un'immagine totalmente negativa della vita pubblica e della polis; ad essi il filosofo, illuminato dalla visione delle idee, dovrebbe portare ordinamento e armonia. Ma non finisce troppo bene, secondo Arendt: perche' in realta' i disgraziati e recalcitranti cittadini proprio non ne vogliono sapere di essere illuminati dall'alto di un'autorita' estranea e non condivisa: come gia' aveva scritto Heidegger e' perfino prevedibile una lotta mortale tra il "liberatore" e i prigionieri che non vogliono saperne di essere liberati. * L'ostilita' alla polis In realta' l'immagine della caverna e dei prigionieri suppone gia' un'immagine negativa dell'agire politico. Una visione dell'essere-in-comune totalmente negativa, un'ostilita' alla polis, concepita come luogo di disordine e iniquita', inducono il filosofo ad imporre dall'esterno un argine al dilagare della corruzione e della morte; come se la citta' e l'agire dei cittadini fossero irrimediabilmente condannati all'ignoranza e all'impotenza. Questa visione negativa della politica spinge Platone a modificare addirittura la teoria delle idee nella Repubblica: piu' che oggetto di visione contemplativa, esse divengono istanze normative, in base a cui dev'essere ordinata la vita della citta'. Come gia' per Heidegger, anche per Arendt si passa da una concezione delle idee "come essenze vere", a quella delle idee "come misure da applicare", e cio' essenzialmente nel contesto politico della Repubblica. Se nella lettura di Platone Arendt mostra piu' di un punto di contatto con Heidegger, se ne allontana pero' decisamente respingendo la sua concezione dell'"essere-per-la-morte"; la filosofia occidentale e' in larga misura, secondo Arendt, condizionata e guidata dall'idea della morte, e questa e' tra l'altro una delle cause che determinano la sua ostilita' alla politica e alla vita indeterminata e caotica della polis. Questa e' infatti dominata dal principio imprevedibile ed opposto dell'essere-per-la-nascita, dall'irruzione di eventi incondizionati, di inizi indominabili: l'essere inaugurale produce, secondo Abensour, "l'apertura di un'infinita' di possibili, capaci di far sorgere il nuovo nel mondo". Se in Heidegger e' proprio l'"essere-per-la-morte" a determinare l'apertura della dimensione del possibile, per Arendt essa resta viziata da una tale origine e si arrende infine alla potenza del fato e del destino; al contrario, Arendt cerca di circoscrivere e definire l'esperienza specifica dell'inizio, dello scaturire di un evento rivoluzionario nello spazio pubblico; questa idea dell'inizio e' stata soffocata e soppressa dai totalitarismi del Novecento, e va ripensata e riscoperta. L'azione politica ha la potenza di inserire nell'essere la discontinuita' salvatrice, il balenio di un possibile che prima non era, e che essa estrae alla luce del significato. L'essere-per-la-nascita affiora soprattutto nel tempo sospesso di una cesura storica, nell'intervallo che segna la discontinuita' tra un'epoca e l'altra, quando, come ha sostenuto Walter Benjamin, la dialettica degli eventi resta "in sospeso". Nella breccia che si apre tra un ordine in declino e un ignoto, che ancora non si e' solidificato e alienato in un nuovo regime, si apre il tempo dell'azione politica vera, inaugurale e iniziale. L'azione politica introduce il nuovo e il possibile nella ripetizione sempre uguale del tempo e rompe la catena del destino e della necessita'. Tra l'"essere-per-la-nascita" e l'"essere-per-la-morte" vi e' dunque la stessa differenza che passa tra le modalita' del possibile e del necessario. La nascita e' per Arendt potenza originante, da cui scaturisce l'azione politica come affermazione di un inizio. Ma come e' possibile che l'azione inaugurale, la vitalita' della cesura, il potere istituente dei cittadini, si diano durata e sopravvivano ai tentativi di creare un ordine altrettanto stabile e alienato del precedente? Arendt trova soccorso in un pensatore, che non ha mai scritto una vera e propria "filosofia politica", eppure ha elaborato una notevole teoria del "senso comune": si tratta di Kant e della sua opera apparentemente piu' impolitica, La critica del giudizio. Il senso comune, in quest'opera, e' "una condizione di possibilita'" della comunicabilita' universale, l'espressione del voler essere-in-comune degli uomini; essi esprimono in tal modo il desiderio di persuadersi reciprocamente e giungere a giudizi universali e condivisi. Questa universalita' e' tuttavia il frutto di un'attivita' intersoggettiva continua, e non il risultato di principi primi inalterabili e prefissati. Kant riserva questo tipo di senso comune al giudizio estetico: ma non e' possibile - si chiede Arendt - estenderne il significato all'agire della comunita' politica, all'essere "cittadini" di una repubblica comune? * La contingenza radicale Interpretando in tal modo Arendt, Abensour si ricollega alle origini del giacobinismo rivoluzionario francese. Il problema e' tuttavia quello di evitare il passaggio dal gioco reciproco del senso comune, gestazione della volonta' generale dei cittadini, a un nuovo regime fondato sulla violenza e il terrore. Il senso comune e' il principio a priori della decisione politica democratica, che si oppone al principio autoritario fondato sulla sottomissione e sulla asimmetria servo-padrone. Per praticarlo occorre tuttavia la desueta virtu' del coraggio civico: se la vita sotto il dominio si limita "alla ripetizione della vita e al suo ciclo ripetitivo", l'azione politica espone nello spazio pubblico dell'apparire, in cui "ogni cosa ed ogni uomo si espone alla vista dell'altro". Alla filosofia politica fondata su principi primi e sul dominio dell'Uno, Arendt oppone il pensiero allargato di Kant, piu' un processo e un metodo che una determinazione di contenuti: esso esprime il continuo tentativo di accordare i nostri giudizi a quelli degli altri, senza poter sapere se esso avra' successo e quale risultato finale emergera' dal confronto. L'azione politica resta esposta a una contingenza radicale, anche se guidata da una forza trascendentale e utopica. Se non e' possibile dedurre il contenuto della decisione da un principio, e' pero' opportuno lasciarsi guidare da una unita' di misura (la relazione simmetrica tra uguali) e dal "pensiero allargato", che esalta il confronto delle opinioni e critica ogni forma di asservimento. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 373 del 22 febbraio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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