[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 349
- Subject: Minime. 349
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 29 Jan 2008 00:43:53 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 349 del 29 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Mao Valpiana: La straordinaria attualita' di Gandhi. Religione e laicita', contro ogni guerra 2. Renato Solmi: Solmi, Montale e le "stalle di Augia" 3. L'Agenda dell'antimafia 2008 4. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: LA STRAORDINARIA ATTUALITA' DI GANDHI. RELIGIONE E LAICITA', CONTRO OGNI GUERRA [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007. Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006] Non ha partecipato ai festeggiamenti per l'indipendenza indiana, dopo averla conquistata con il satyagraha (la forza della verita' o nonviolenza), perche' la separazione tra India e Pakistan e' stata per lui una grande sconfitta. E' morto assassinato da un giornalista indu', alla testa di un complotto, che non gli aveva perdonato la sua azione per la riconciliazione religiosa e la sua apertura ai musulmani. Gandhi, che era di religione indu', fu considerato dai fondamentalisti di entrambe le parti come un traditore. Sono passati 60 anni, da quel 30 gennaio del 1948, e il fondamentalismo religioso e' ancora un pesante ostacolo per tanti processi di pacifica convivenza. Dunque, non si puo' parlare di Gandhi senza riferirsi alla sua esperienza e alla sua definizione di religione: "E' l'elemento permanente della natura umana; non ritiene nessun sacrificio troppo grave per trovare piene espressione e lascia l'anima totalmente inquieta fino a che non ha trovato se stessa, conosciuto il suo Creatore e sperimentato la vera corrispondenza fra il creatore e se stessa". E poi prosegue: "Per me Dio e' verita' e amore; Dio e' etica e morale; Dio e' coraggio. Dio e' la fonte della luce e della vita e tuttavia e' di sopra e di la' di tutto questo. Dio e' coscienza. E' perfino l'ateismo dell'ateo. Trascende la parola e la ragione. E' un Dio personale per coloro che hanno bisogno della sua presenza personale. E' incarnato per coloro che hanno bisogno del suo contatto. E' la piu' pura essenza. E', semplicemente, per coloro che hanno fede. E' tutte le cose per tutti gli uomini. E' in noi e tuttavia al di sopra e al di la' di noi...". Siamo in presenza di una religione aperta, libera, accogliente, amorevole, umana. La religione di Gandhi coincide con la ricerca della Verita', perche' Dio stesso e' Verita', e la Verita' e' Dio. In questo senso per Gandhi ogni problema che si pone, ogni questione che si deve affrontare, politica, sociale, economica, etica, collettiva o personale, e' una sfida religiosa: "per me ciascuna attivita', anche la piu' modesta, e' guidata da quella che io considero la mia religione... la mia attivita' politica, come tutte le altre mie attivita', procede dalla religione... percio' anche nella politica dobbiamo stabilire il regno dei cieli". Tuttavia in Gandhi c'e' posto anche per una piena laicita'. Ha saputo essere, insieme, un grande religioso e una grande statista: "se fossi un dittatore, religione e Stato sarebbero separati. Credo ciecamente nella mia religione. Voglio morire per essa. Ma e' una mia faccenda personale. Lo Stato non c'entra. Lo Stato dovrebbe preoccuparsi del benessere temporale, dell'igiene, delle comunicazioni, delle relazioni con l'estero, della circolazione monetaria e cosi' via, ma non della vostra o mia religione. Questa e' affare personale di ciascuno". Forse non e' un caso che Gandhi avesse una grande ammirazione proprio per due italiani, San Francesco d'Assisi e Giuseppe Mazzini, un grande riformatore religioso e un grande riformatore laico; fede e patriottismo. Oggi nel mondo intero Gandhi e' considerato il profeta della nonviolenza, ma il rischio e' quello di farne un santo, un eroe, un simbolo, un mito. Gandhi, invece, nel corso di tutta la sua azione sociale e politica si e' sempre sforzato di far capire che cio' che lui ha fatto poteva farlo chiunque altro, che "la verita' e la nonviolenza sono antiche come le montagne". La novita' emersa con Gandhi consiste nell'aver saputo trasformare le nonviolenza da fatto personale a fatto collettivo, da scelta di coscienza a strumento politico: con Gandhi la nonviolenza non e' piu' solo un mezzo per salvarsi l'anima, ma diventa un modo per salvare la societa'. La nonviolenza e' sempre esistita, presente in tutte le culture e in tutte le religioni, in oriente e in occidente, nei sacri testi della Bibbia e del Corano, della Bhagavad Gita e del Buddhismo. Ma e' con Gandhi che la nonviolenza diventa un'arma di straordinaria potenza per liberare le masse oppresse. Il Mahatma ci ha fatto scoprire che la nonviolenza e' insieme un fine ed un mezzo, che per abbracciare e farsi abbracciare dal satyagraha ci vuole fede, pazienza, sacrificio, dedizione, addestramento: "Il satyagrahi si allena giorno per giorno, in ogni istante della propria vita, per diventare capace di soffrire con gioia e apprendere la difficile arte del dono della vita. Egli agisce senza recriminazioni, con distacco, senza aspettarsi il risultato immediato delle proprie azioni e senza rivendicarne il merito. Non si stupisce della violenza che puo' essergli inflitta, non agisce con rabbia e utilizza ogni occasione che gli si presenta per trasformare il male con il bene". Gandhi e' stato un grande innovatore, e' stato l'uomo che ha riscattato il XX secolo che altrimenti sarebbe stato consegnato alla storia come un secolo buio, per gli orrori delle guerre mondiali e per l'Olocausto nei campi di sterminio. Gandhi e' la preziosa eredita' per il nuovo secolo. La lezione di Gandhi ha suscitato molti proselitismi, in ogni parte del mondo. Dal Sudafrica al Chiapas, dalla Birmania al Tibet, cosi' come in Europa e in America Latina, ovunque vi sono gruppi o popoli che lottano per i loro diritti ispirandosi alla forza attiva del satyagraha. "Se posso dirlo senza arroganza e con la dovuta umilta', il mio messaggio e i miei metodi sono validi, nella loro essenza, per il mondo intero; ed e' motivo di viva soddisfazione per me sapere che hanno gia' suscitato mirabile rispondenza nel cuore di un grande e sempre crescente numero di uomini e donne dellíOccidente". Oggi infatti, in Europa e negli Stati Uniti, non si puo' parlare di pacifismo senza fare i conti con la nonviolenza gandhiana. La mobilitazione contro la guerra (intendo contro tutte le guerre, fatte da chiunque per qualsiasi motivo e con qualunque arma) e' coerente e vincente solo se fatta con i mezzi della nonviolenza. "La guerra e' il pi? grande crimine contro l'umanita'". Gandhi condanna il ricorso alla guerra, senza appello, e ci indica anche il metodo giusto alternativo: "Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto". Dunque la nonviolenza di Gandhi e' soprattutto prassi, azione, sperimentazione. Tutta la sua vita e' spesa in questa ricerca, tanto da intitolare la sua autobiografia Storia dei miei esperimenti con la verita'. Il mondo e' solo all'inizio dell'esplorazione delle potenzialita' della nonviolenza, la sola via che puo' salvare l'umanita' dal vicolo cieco suicida che ha intrapreso. 2. MEMORIA. RENATO SOLMI: SOLMI, MONTALE E LE "STALLE DI AUGIA" [Dalla bella rivista "Una citta'", n. 152, dicembre 2007 - gennaio 2008 riprendiamo il seguente testo, disponibile anche nel sito della rivista (www.unacitta.it), dal titolo "Solmi, Montale e le 'stalle di Augia'". Il testo e' preceduto dalla seguente lettera di accompagnamento di Renato Solmi: "Alla redazione della rivista "Una citta'". Sarei lieto di mettere a disposizione della vostra bella rivista il testo dell'intervento da me tenuto il 21 maggio 2001 presso l'Archivio di Stato di Torino in occasione della giornata dedicata alla figura di mio padre, Sergio Solmi, nel quadro di un ciclo di relazioni e di dibattiti svolto in diversi tempi e in diverse localita', a cura del Centro Studi Piero Gobetti di Torino, sul tema "Intellettuali gobettiani tra cultura e impegno civile". Questo testo si riconnette strettamente alla "Nota biografica e testimonianza personale" pubblicata come poscritto al quinto volume delle opere di mio padre, uscito presso la casa editrice Adelphi, sotto il titolo Letteratura e societa', nell'anno 2000, e ristampata ora sotto il titolo "Sergio Solmi. Una testimonianza personale", nella mia Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, uscita presso la casa editrice Quodlibet di Macerata e nel quadro della collana Verbarium diretta da Michele Ranchetti. Esso avrebbe dovuto far parte, nelle mie intenzioni, di un volumetto dedicato interamente alla vita e all'opera di mio padre, che, peraltro, non e' stato ancora portato a compimento e non so se potra' mai vedere la luce. Ho pensato, tuttavia, che questo "aperçu" potrebbe interessare almeno una parte dei lettori di "Una citta'", e dare, nello stesso tempo, un'idea della varieta' (ma anche dell'unita') dei problemi che sono oggetto della raccolta complessiva dei miei scritti". Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007. Sergio Solmi (Rieti 1899 - Milano 1981), persona di straordinario rigore intellettuale e morale, uomo della Resistenza, saggista finissimo, uno dei piu' grandi poeti italiani del Novecento. Un'edizione delle Opere di Sergio Solmi e' in corso di pubblicazione presso Adelphi. Eugenio Montale (Genova 1896 - Milano 1981) e' una delle massime voci poetiche - e morali - del Novecento. Tutte le opere di Eugenio Montale sono ora nei Meridiani Mondadori] Vorrei fare qualche osservazione sulle pagine dedicate al fascismo e all'influenza che esso aveva o non aveva esercitato sulla cultura italiana (o, piu' esattamente, sul modo in cui quest'ultima aveva o non aveva reagito ad esso), che si trovano, per lo piu', nella quinta sezione del volume Letteratura e societa', e precisamente in quella che reca il titolo, assegnato, peraltro, dai curatori, La responsabilita' della cultura. Gli scritti compresi in questa sezione risalgono tutti, o quasi, ai primissimi anni del secondo dopoguerra, e cioe' ad un'epoca relativamente felice di trapasso e di transizione, in cui ci si era liberati, bensi', del fascismo, e si poteva respirare per la prima volta, dopo tanto tempo, a pieni polmoni, ma non era ancora calata, d'altra parte, sulla societa' e sulla cultura italiana, come su quelle di tutti gli altri stati europei, l'atmosfera paralizzante della guerra fredda (in cui, come si puo' constatare facilmente dalla distribuzione degli scritti di questo volume, mio padre avrebbe cessato quasi completamente di scrivere di queste cose, dal momento che ne' gli esponenti di una parte ne' quelli dell'altra sarebbero stati minimamente disposti a porgergli ascolto). Mio padre descrive questa situazione in uno scritto del marzo 1946 (Dibattito sulla cultura) dedicato a una discussione promossa dall'"Avanti!", a cui lui stesso aveva preso parte, dicendo che il referendum di quel giornale, in cui ciascuno parla ancora per conto proprio, "desta un po' l'impressione dell'accordarsi degli strumenti prima che s'inizi il concerto. Sono le prime battute d'un dialogo, quando ciascuno degli interlocutori, a meta' chiuso nel suo pensiero ancora informulato, sembra parlare ancora a se stesso, e tentare appena l'aria in attesa di un'eco. Non e' ancora giunto il momento delle posizioni chiare, tutte le idee e i propositi si librano ancora fluttuanti e indeterminati a mezz'aria, come ansiosi di distendersi e di riconoscersi". Purtroppo il dialogo che avrebbe dovuto svilupparsi in quell'occasione e' rimasto interrotto prima ancora di essere cominciato. Ma la brevita' di questo periodo di trapasso rende ancora piu' preziose, in un certo senso, le rare testimonianze di una volonta' reciproca di confronto e di commisurazione, o, come nel caso degli interventi di mio padre, di mediazione e di interposizione pacifica, ma non per certo meno agguerrita, e cioe' precisa e calzante nei suoi distinguo, fra le due parti o i due schieramenti in contrasto. E' stato forse un anno, o poco piu', in cui e' durato questo incantesimo cosi' fragile: con l'avvento del primo governo De Gasperi, all'inizio del 1946, l'unita' politica fra tutte le forze che avevano preso parte alla Resistenza era gia' venuta sostanzialmente meno, e i contrasti latenti fra di esse tendevano progressivamente ad allargarsi e ad aggravarsi ogni giorno di piu'. Alla breve stagione caratterizzata dalla possibilita', anche se non ancora dalla realta' effettiva del dialogo, avrebbe fatto seguito, ben presto, quella della sua impossibilita', in cui la voce pacata e giudiziosa di mio padre sarebbe apparsa, come ho gia' detto, del tutto vana e superflua. Un altro aspetto interessante degli scritti di questo periodo e' rappresentato dal confronto fra il prima e il poi, fra l'epoca buia da cui si era usciti e quella luminosa e festosa che avrebbe dovuto cominciare adesso. Ma fino a che punto la cultura, gli intellettuali, i produttori di arte o di letteratura, avevano beneficiato del cambiamento che si era verificato con la fine della guerra, e con la caduta definitiva dei regimi fascisti? Ebbene, la risposta a questa domanda che troviamo qua e la' in queste pagine puo' sembrare a tutta prima sorprendente. "Puo' sembrare un paradosso", scrive mio padre in Invito alle storie (uno dei "cinque saggi programmatici" contenuti in questa sezione), "affermare che la letteratura ha dimostrato di resistere meglio al fascismo che alla liberta'". E' questo motivo su cui puo' essere interessante stabilire un confronto fra il modo in cui hanno saputo reggere o reagire a questa sfida difficile del tempo Eugenio Montale, che ha affrontato a piu' riprese questo problema nelle poesie del dopoguerra, e mio padre, che, a dir la verita', non ne ha mai parlato nelle sue liriche, ma che ne ha avvertito, e come, la gravita', e quindi anche l'esigenza di porvi in qualche modo rimedio. Mi sembra che Montale si sia reso conto fin dall'inizio del fatto che la caduta del fascismo e la restaurazione della normalita' democratico-borghese, eliminando tutte le barriere di carattere artificioso e contingente, ma non per questo meno oppressive e soffocanti, che si frapponevano fra il poeta e l'ambiente sociale circostante, ma lasciando sussistere pressoche' intatte le sue assise economiche e le sue forme di vita e di relazione abituali, e rompendo l'isolamento coatto in cui una piccola cerchia di intellettuali intransigenti aveva potuto conservare una sorta di verginita' o di coerenza, per il semplice fatto di seguire i propri gusti e le proprie tendenze naturali, che l'avevano tenuta lontana, in generale, da qualunque compromesso sostanziale con lo spirito del regime, e facendola confluire, se si puo' dir cosi', nell'alveo comune di una societa' profondamente guasta e corrotta, dal cui contatto, o dal cui contagio, le sarebbe stato molto piu' difficile difendersi (fino ad annullare, in ultima istanza, ogni differenza qualitativa fra i pochi eletti e gli innumerevoli altri), avrebbe creato, paradossalmente, condizioni assai meno propizie, o addirittura ostacoli pressoche' insuperabili, al libero dispiegarsi e articolarsi dell'ispirazione poetica (che richiede concentrazione e segregazione, distacco e silenzio, la possibilita', se si puo' dir cosi', di vivere in incognito, e di osservare il mondo e la vita dei propri simili attraverso una specie di diaframma che rimane invisibile agli altri). Anche mio padre, che si era reso ben conto di questo intreccio di eventi, e delle conseguenze a cui avrebbe potuto dar luogo, parla, nello stesso saggio a cui ho gia' fatto riferimento prima, della minaccia rappresentata dalla crescente mondanizzazione della vita letteraria. Ma torniamo a Montale. * Gia' nella Voce giunta con le folaghe, che fa ancora parte della Bufera, e che potrebbe essere stata scritta, o quantomeno concepita, poco dopo la fine della guerra, anche se e' stata pubblicata solo nel 1947, la voce dell'"ombra fidata" che assiste all'incontro con quella del padre defunto fa presente al poeta, in tono di monito, che la situazione e' radicalmente mutata rispetto al passato ("Ora ritorni al cielo libero / che ti tramuta..."), e che le fonti segrete della sua ispirazione, di cui si era alimentata la sua poesia nell'epoca del fascismo (e cioe', in particolar modo, nelle Occasioni), potrebbero risultare del tutto inadeguate, e forse addirittura inaridite, nella nuova epoca che si affaccia all'orizzonte ("Memoria / non e' peccato finche' giova. Dopo / e' letargo di talpe, abiezione / che funghisce su se'..."). A un invito ancora piu' esplicito, da parte della compagna della sua vita, che gli verra' a mancare di li' a poco, a uscire dal suo atteggiamento di distacco e a tuffarsi nella realta', invece che nelle profondita' della memoria (Botta e risposta I, composta nel 1961), Montale rispondera', nel 1962, con una lunga similitudine, sviluppata arditamente in tutte le sue implicazioni, tratta da un episodio ben noto della mitologia antica (la pulizia delle stalle del re Augia effettuata da Eracle mediante la deviazione del corso del fiume Alfeo). Si tratta di una delle liriche piu' belle e piu' complesse che Montale abbia composto dopo il 1953, e cioe' dopo la pubblicazione della versione definitiva della Bufera, e che, a mio avviso, deve la sua perfetta riuscita proprio al fatto di avere assunto ad oggetto della propria meditazione, e di avere, per cosi' dire, tematizzato direttamente, il problema di cui ho parlato prima, e cioe' quello del nesso che si e' venuto a stabilire, nella sua vita, fra il periodo fascista e quello successivo, in cui la liberta' apparente e' venuta a trasformarsi, per le ragioni a cui ho gia' accennato, in una nuova specie di impotenza reale. Per il suo carattere riassuntivo ed emblematico, e anche per il livello artistico a cui si colloca, essa potrebbe benissimo essere affiancata alle due grandi liriche (Piccolo testamento e Il sogno del prigioniero) che costituiscono le "conclusioni provvisorie" della Bufera. L'epoca del fascismo e, piu' in generale, il periodo fra le due guerre, e poi, naturalmente, gli anni terribili della seconda guerra mondiale, sono stati, nel loro insieme, un incubo tremendo, che il poeta rappresenta, con una fantasia potente e corrusca, come una specie di "citta' di Dite", il cui sovrano non si fa mai vedere, o di campo di concentramento nazista, in cui anche i minimi tentativi di evasione sentimentale e poetica sono sistematicamente rintuzzati e stroncati, come nei gironi dell'inferno dantesco, dai "bargelli del brago", e cioe' dagli scherani diabolici del regime. Ma la liberazione da parte delle acque dell'Alfeo, che finiscono per inondare uniformemente ogni cosa, ha prodotto, per certi aspetti, un risultato ancora peggiore: A liberarci, a chiuder gli intricati cunicoli in un lago, basto' un attimo allo stravolto Alfeo. Chi l'attendeva ormai? Che senso aveva quella nuova palta? e il respirare altre ed eguali zaffate? e il vorticare sopra zattere di sterco? ed era sole quella sudicia esca di scolaticcio sui fumaioli, erano uomini forse, veri uomini vivi i formiconi degli approdi? Si e' venuta a determinare, cioe', quella totale indistinzione delle parti, quella compromissione universale e sistematica, in cui risulta sempre piu' difficile preservare la propria dignita' personale, e, in ultima istanza, anche la propria liberta' di spirito. Il problema sara' affrontato ancora una volta, una decina di anni piu' tardi, in una poesia ugualmente decisiva per definire la posizione occupata da Montale negli anni del dopoguerra, e anzi, in questo caso, in quelli della contestazione giovanile e studentesca, che avrebbe anche potuto indurre, come non e' il caso di mostrare qui, anche uomini molto vicini a lui, e della sua stessa generazione, ad assumere altri atteggiamenti o a coltivare altre speranze: la Lettera a Malvolio, compresa nel Diario del '71, un personaggio dietro il cui soprannome mi sembra di intravvedere la figura di Pasolini, che doveva avere scritto, in quel periodo, sul conto di Montale, qualcosa che doveva essere andato di traverso al grande poeta genovese. Dopo avere ribattuto l'accusa di essere fuggito di fronte alla realta', e di essersi sottratto a quelli che avrebbero dovuto essere i suoi compiti ("Non s'e' trattato mai d'una mia fuga, Malvolio, / e neanche di un mio flair che annusi il peggio / a mille miglia... / ... No, / non si tratto' mai d'una fuga / ma solo di un rispettabile / prendere le distanze"), Montale passa a contrapporre, con grande chiarezza ed efficacia, i due periodi storici di cui ho gia' parlato: Non fu molto difficile dapprima, quando le separazioni erano nette, l'orrore da una parte e la decenza, oh solo una decenza infinitesima dall'altra parte. No, non fu difficile, bastava scantonare scolorire, rendersi invisibili, forse esserlo. Ma dopo... "Rendersi invisibili": questa espressione conferma nel modo piu' calzante e piu' incontestabile quello che abbiamo detto prima. Verso la conclusione della poesia, Montale torna a parlare, non senza fierezza (il suo animus fondamentale non era mai veramente mutato), di una "fuga immobile" (e cioe' di un atteggiamento che possa infondere coraggio, che "possa dire / forza a qualcuno e a me stesso che la partita e' aperta", mentre essa e' chiusa, per definizione e in partenza, per quelli che si rifiutano di prendere le distanze, e, anzi, sembrano provare un particolare piacere a voltolarsi nel fango di questa societa' immonda). Montale continua: Ma dopo che le stalle si vuotarono l'onore e l'indecenza stretti in un solo patto fondarono l'ossimoro permanente e non fu piu' questione di fughe e di ripari. Era l'ora della focomelia concettuale e il distorto era il dritto, su ogni altro derisione e silenzio. Il richiamo alle "stalle" attesta, se ce ne fosse stato bisogno, la continuita' fra questa poesia e quella che abbiamo esaminato in precedenza. Se mi sono soffermato cosi' a lungo su questi testi di un autore a cui mio padre era legato da un rapporto di profonda e devota amicizia, che risaliva all'epoca della prima giovinezza, e che era ricambiato interamente dall'altra parte, e' perche' mi e' sembrato che essi potessero gettare una luce piu' viva sulla problematica che era comune, in larga misura, ad entrambi, e che costituisce, almeno in parte, l'oggetto di alcuni dei saggi che sono compresi nella raccolta di cui ho parlato (e in particolare di quelli che fanno parte della sezione intitolata La responsabilita' della cultura). * Bisogna dire, peraltro, che il passaggio da un'epoca all'altra esercito' su mio padre un effetto meno traumatico di quello che, come abbiamo visto, esso produsse sull'animo e, prima ancora e piu' in generale, sulle consuetudini di vita e sulla collocazione sociale e politica di Montale. Il passaggio da Firenze a Milano, dall'ambiente appartato e riservato del Gabinetto Vieusseux, in cui era ancora presente lo spirito di Leopardi, e dalla confraternita letteraria delle "Giubbe Rosse", alla redazione del "Corriere della Sera", alla cronaca delle prime della Scala, e alla frequentazione dell'alta societa' milanese (a cui, peraltro, Montale avra' cercato di sottrarsi nella misura del possibile), e insieme a tutto questo la celebrita', peraltro meritatissima, che si era acquistato con le grandi opere del trentennio precedente, e che faceva di lui un personaggio di primo piano della vita culturale milanese e italiana, non potevano fare a meno di influire, e, purtroppo, non sempre nel senso piu' positivo, su una personalita' per certi aspetti cosi' fragile e nervosa, anche se fermissima nelle sue convinzioni fondamentali e refrattaria a qualsiasi seduzione di carattere piu' profondo e sostanziale, come quella del grande poeta. La vita, gli affetti, le abitudini di mio padre non furono, invece, modificate quasi per nulla dalle conseguenze del passaggio dalla dittatura fascista e dall'emergenza bellica alle nuove forme di relazione e di attivita' che potevano essere dischiuse, a una persona dotata dei suoi interessi, dalla restaurazione delle condizioni fondamentali della democrazia politica, e dall'allargamento degli orizzonti culturali, e degli spazi aperti ad iniziative di ogni genere, che non potevano fare a meno di derivarne. E' bensi' vero che mio padre aveva gia' sottoscritto, se si puo' dir cosi', il suo "patto col diavolo", e cioe' limitato sostanzialmente le sue possibilita' di lavoro e di scelta, fin dal momento in cui era entrato a far parte della Banca Commerciale, cio' di cui egli era perfettamente consapevole, e che, da parte mia, ho avuto il torto di considerare, fin dall'inizio, come un dato scontato e immodificabile, salvo deplorare poi, nel mio intimo, le conseguenze negative che quel vincolo o quell'impegno fondamentale, che, insieme agli altri suoi progetti e interessi di ordine culturale e letterario, a cui si dedicava nel tempo libero, era destinato ad assorbire quasi completamente le ore della sua giornata, non avrebbe potuto fare a meno di causare sotto altri rispetti. Ma non si puo' avere, come si dice, la botte piena e la moglie ubriaca, ne' pretendere di modificare uno o piu' tratti di una situazione senza avere la possibilita', e magari nemmeno l'intenzione, di modificare anche gli altri che sono ad essi strettamente connessi. Sta di fatto, comunque, che l'operosita' di mio padre nel campo letterario, e anche in quello piu' strettamente poetico, lungi dal diminuire d'intensita' e dal produrre effetti meno rilevanti, fu ulteriormente potenziata ed esaltata dalle nuove condizioni che si erano venute a creare dopo la Liberazione, come si puo' facilmente constatare anche solo esaminando i volumi usciti finora nell'edizione complessiva delle sue opere o anche la successione degli scritti che sono compresi nel volume gia' piu' volte citato. E' bensi' vero che egli non fu piu' in grado di svolgere, dopo la guerra (o, per dir meglio, non fu piu' in grado di svolgerla con la stessa continuita' e intensita'), quella funzione stimolante e orientativa di critico militante che aveva assolto fino allora (o, diciamo, fino al 1940), sia nei confronti della letteratura italiana contemporanea (poesia, narrativa e saggistica) che in quelli della letteratura francese, di cui aveva fatto tanto, fino a quel momento, per incrementare e diffondere la conoscenza fra noi. E qualcosa di simile si puo' dire anche per la critica d'arte, a cui avrebbe continuato a dedicarsi anche in seguito, ma in forma piu' sporadica e occasionale di quanto non avesse fatto in precedenza. Ma cio' era dovuto, almeno in parte, oltre che al peso crescente degli impegni di lavoro all'interno della Banca, anche a un mutamento sostanziale di interessi, che erano rivolti, ormai, quasi solo alla letteratura, e che tendevano a focalizzarsi su autori ed opere determinate e di maggiore rilievo e importanza. E, per tornare alla sua attivita' propriamente creativa, e cioe', in ultima istanza, alla poesia, credo di non sbagliarmi dicendo che la sua vena o la sua vocazione poetica, che si erano manifestate gia' chiaramente negli anni '20 e '30, e' rimasta attiva e sensibile e ha dato, anzi, i suoi risultati piu' alti e piu' significativi proprio negli anni del dopoguerra, e cioe' nel periodo che va dal 1945 al 1960 e anche piu' in la'. 3. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008 Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia 2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007, euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse. L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 4. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008 Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di "antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo. Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 349 del 29 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Voci e volti della nonviolenza. 141
- Next by Date: Voci e volti della nonviolenza. 142
- Previous by thread: Voci e volti della nonviolenza. 141
- Next by thread: Voci e volti della nonviolenza. 142
- Indice: