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Minime. 333
- Subject: Minime. 333
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 13 Jan 2008 00:51:27 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 333 del 13 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Associazione medici per l'ambiente: Sullo smaltimento dei rifiuti 2. Maria G. Di Rienzo: L'orsetto e i fondamentalisti 3. A Milano il 16 gennaio 4. Giampaolo Calchi Novati: Dal potere alla terra. Le radici occulte dello scontro etnico 5. Ettore Masina: Morti bianche a Babele 6. L'Agenda dell'antimafia 2008 7. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. DOCUMENTI. ASSOCIAZIONE MEDICI PER L'AMBIENTE: SULLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI [Attraverso Antonella Litta (per contatti: antonella.litta at libero.it) riceviamo e diffondiamo il seguente documento dell'Associazione medici per l'ambiente - Isde Italia (www.isde.it) affiliato a International Society of Doctors for the Environment. Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla realizzazione dell'aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia). Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' nazionale ed internazionale. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente] L'Associazione dei medici per l'ambiente (Isde Italia) e' fortemente preoccupata in merito all'incremento dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Rsu) tramite incenerimento, che si sta proponendo nel nostro paese, sia con la costruzione di nuovi impianti, sia con l'ampliamento di quelli esistenti. Lo smaltimento dei rifiuti esige, innanzi tutto, una seria politica delle "R" come Razionalizzazione, Riduzione della produzione, Raccolta differenziata, Riciclaggio, Riuso, Riparazione, Recupero. Solo dopo aver attuato tutti i punti precedenti, si potra' eventualmente valutare correttamente la migliore tecnica impiantistica per lo smaltimento della frazione residua scelta tra i sistemi che garantiscono meglio salute umana ed ambiente (pensare al trattamento con recupero energetico dell'esigua frazione residua). Solo con questa politica, oltre a ridurre i costi economici, si possono ottenere impatti ambientali e sanitari inferiori a quelli prodotti dagli inceneritori e dalle discariche. L'incenerimento degli Rsu e', fra tutte le tecnologie, la meno rispettosa dell'ambiente e della salute. E' inevitabile la produzione di ceneri (che rappresentano circa 1/3 in peso dei rifiuti in ingresso e devono essere smaltite in discariche speciali) e l'immissione sistematica e continua nell'atmosfera (di milioni di m3) di fumi, polveri grossolane (PM10) e fini (PM2.5, ovvero con diametri inferiori a 2.5 micron) costituite da nanoparticelle di sostanze chimiche (metalli pesanti, idrocarburi policiclici, policlorobifenili, benzene, diossine e furani, ecc.) estremamente pericolose, perche' persistenti ed accumulabili negli organismi viventi. La combustione trasforma infatti anche i rifiuti relativamente innocui quali imballaggi e scarti di cibo in composti tossici e pericolosi sotto forma di emissioni gassose, polveri fini, ceneri volatili e ceneri residue che richiedono costosi sistemi per la neutralizzazione e lo stoccaggio. Per noi, medici per l'ambiente, e' prioritario pensare agli effetti sugli esseri umani piu' fragili, perche' gia' malati, o piu' suscettibili come bambini, donne in gravidanza, anziani. Il rischio non e' solo riferibile ad una maggiore incidenza di tumori (gia' segnalata), ma anche ad altre problematiche quali: incremento dei ricoveri e della mortalita' per cause respiratorie e cardiocircolatorie, alterazioni endocrine, immunitarie e neurologiche. Si ribadisce che in problematiche cosi' importanti e complesse devono sempre essere privilegiate le scelte che si ispirano al principio di precauzione, alla tutela e salvaguardia dell'ambiente, consci che la nostra salute e quella delle future generazioni e' ad esso indissolubilmente legata (come le drammatiche esperienze su amianto, benzene, piombo e polveri fini dovrebbero averci insegnato). L'Associazione medici per l'ambiente chiede che: 1. Venga istituita immediatamente una moratoria sui progetti di termodistruzione (o termovalorizzazione) in corso; 2. Venga incentivata economicamente la politica delle ìRî; 3. A cura delle autorita' competenti, vi sia una efficiente ed efficace azione di verifica e controllo, in continuo, dei possibili inquinanti (al camino, aria, terra e falde acquifere) per gli impianti gia' in funzione, e che questi controlli siano simultaneamente affiancati da rigorosi monitoraggi sanitari delle popolazioni gia' potenzialmente esposte; 4. Siano istituzionalizzati i Garanti delle popolazioni che dovranno conoscere in tempo reale i risultati delle campagne ambientali, sanitarie e l'andamento delle misurazioni di tutte le possibili emissioni causate dal sistema di smaltimento operante, al fine di proporre tempestive soluzioni. 2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: L'ORSETTO E I FONDAMENTALISTI [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] Il pupazzo di peluche chiamato Mohamed dai bambini di una classe elementare (non so se qualcuno lo ha notato, ma Mohamed e' il nome piu' comune nei paesi musulmani) e il conseguente arresto della loro maestra hanno fatto versare fiumi di inchiostro sulla necessita' del rispetto delle "loro" tradizioni, hanno dato la stura alle solite prediche sull'intolleranza islamica, e qualcuno si e' anche chiesto cosa sarebbe successo se in un paese cattolico i bimbi avessero dato nome Gesu' all'orsetto. Dipende dal paese cattolico: in molti stati latinoamericani ci sono molte persone che si chiamano Gesu' e nessuno si scandalizza, mentre in Italia nessuno mette questo nome al suo bambino. Vorrei sottolineare che e' proprio il considerare omogeneo il mondo islamico ad impedirci di avere relazioni piu' sensate e proficue con esso. Nessun organo della stampa italiana, rispetto alla vicenda dell'orsacchiotto, ha riportato le marcate prese di distanza dalla decisione del tribunale sudanese da parte di comunita' musulmane e leader religiosi musulmani. Ve ne cito io, in parte, una per tutte, quella del Supremo consiglio musulmano irlandese: "Deploriamo il verdetto di colpevolezza emesso da un tribunale del Sudan contro l'insegnante inglese Gillian Gibbons per aver 'insultato la religione'. Crediamo che questo vada oltre il senso comune. L'unico risultato di questa faccenda e' che il nome dell'Islam viene di nuovo trascinato nel fango dai bigotti. Per i musulmani, in tutto il mondo, l'istruzione e' di enorme importanza, perche' il Profeta stesso comando' ai musulmani di cercare la conoscenza ovunque potessero. La signora Gibbons si inserisce in questa nobile tradizione di trasmettere conoscenza ad altri, e siamo scioccati dal trattamento da lei subito, e vogliamo ribadire che il tribunale sudanese non parla per l'Islam. Ci rattrista che il mondo musulmano sia silente su questioni quali la punizione della vittima di stupro in Arabia Saudita, ma sia fin troppo svelto ad emanare decreti e sentenze per giustificare o compiacere i suoi leader politici. Chiediamo anche al governo del Sudan di impegnarsi a risolvere la crisi del Darfur, invece di perdere tempo con gli orsetti di peluche". * Siamo abbastanza rispettosi per considerare che questi imam hanno preso una posizione diversa, oppure vogliamo arrogarci anche il giudizio su cosa sia "veramente" musulmano, e privilegiare per "vero" quel che si accorda alla nostra parte politica? Mi pare che in Italia, a destra e a sinistra, si stia facendo esattamente questo. In Egitto, ove si stimano 20.000 casi di stupro l'anno, il Parlamento ha introdotto il primo gennaio 2008 una legge che permette l'interruzione di gravidanza (gia' ottenibile qualora la vita o la salute della donna siano in pericolo, o in presenza di gravi anomalie del feto) alle vittime di violenza sessuale. L'influente clero sunnita ha annunciato il proprio sostegno alla legge. Ci saranno senz'altro altri musulmani, sunniti o no, che non l'avranno approvata. * Una bozza di "codice di condotta" mirato a contrastare il terrorismo fondamentalista e redatto congiuntamente da diversi gruppi e leader musulmani, religiosi e laici, sta circolando in Gran Bretagna dallo scorso novembre. Le linee guida promuovono una cultura di "responsabilita' civile" e, udite udite, l'avanzamento dei diritti delle donne nelle moschee, nei centri islamici e nelle scuole islamiche. Il codice, in dieci punti, perverra' alla sua stesura definitiva, dopo ulteriori consultazioni, nel marzo prossimo. Il senso di una responsabilita' piu' ampia rispetto alla societa' in cui si vive, unito ad una gestione maggiormente democratica delle organizzazioni musulmane, dice il documento, oltre a contrastare gli estremismi potra' dare inizio ad una "riconciliazione nella relazione frantumata tra musulmani e non-musulmani". La bozza riconosce "alcuni dei fallimenti che hanno permesso agli estremisti di guadagnare consenso" nella comunita' musulmana, quali: imam scarsamente istruiti, mancanza di trasparenza finanziaria, impedimenti alla partecipazione delle donne. Spronato anche da tale iniziativa, il governo britannico ha individuato proprio nelle donne il punto focale delle tecniche culturali anti-terrorismo: "Le donne musulmane", ha confermato il portavoce del Dipartimento per le comunita' ed i governi locali, "ci hanno detto in piu' occasioni di voler giocare un ruolo maggiore, nella vita pubblica e nelle loro comunita', nel contrastare la minoranza di violenti che sta cercando di dividerci. E' percio' del tutto logico e giusto che noi si sostenga le donne musulmane nel mentre esse sviluppano e affinano le abilita' necessarie a questo scopo". I finanziamenti relativi aiuteranno le giovani musulmane a diventare magistrate, consulenti e direttrici scolastiche. Credete che il Consiglio musulmano britannico, quello sempre acclamato ai Social Forum, sia contento? Certo che no. "Vogliono trasformare in spie le donne musulmane", e' stato il commento di Inayat Bunglawala, vicesegretario generale del Consiglio. Shaista Gohir, direttrice esecutiva della Rete delle donne musulmane in Gran Bretagna, ha risposto: "Nessuno ci ha chiesto di diventare investigatrici, quello che vogliamo e' un ruolo piu' ampio nella sfera pubblica". I vescovi della Chiesa d'Inghilterra sono anch'essi favorevoli all'iniziativa poiche', dicono, "Fino ad ora la filosofia del multiculturalismo ha richiesto agli individui di vivere in comunita' separate, ed ha fatto in modo che non vi fosse bisogno per loro di costruire relazioni sane con altre comunita' ed altre persone. Cosi' l'integrazione non era necessita' ne' desiderio per alcuno, e questo ha contribuito al risorgere degli estremismi religiosi". * C'e' un programma televisivo canadese, un'ironica commedia a puntate, dal titolo "La piccola moschea nella prateria" (e' un richiamo palese al serial che in italiano si chiamava, se non ricordo male, "Quella piccola casa nella prateria"). Fa un milione e duecentomila spettatori a puntata, e la tv francese Canal Plus l'ha gia' acquistata per la distribuzione in Svizzera e nell'Africa francofona. Fortunatamente, nessuno ha ancora proposto di boicottare il Canada per insulti alla religione, o di bruciare ambasciate canadesi all'estero. Anche perche' ai musulmani canadesi il programma piace. Sara' utile sapere che l'ideatore della serie e' una donna, che questa donna e' direttrice della Cbc Television, oltre che la creatrice della casa di produzione cinematografica FUNdamentalist Films (e cioe' "filmati fondamentalisti": e' un gioco di parole su "fun", le prime tre lettere di fondamentalisti in inglese ma anche, nella stessa lingua, "divertimento"). Costei si chiama Zarqa Nawaz, non e' senzadio ma musulmana, e dice di queste cose nelle interviste: "I media occidentali raramente rappresentano i musulmani nella loro vita di tutti i giorni e le cose che si vedono sono spesso solamente collegate ad eventi negativi. Il mio programma mostra persone musulmane che si sposano, hanno figli, vanno al lavoro, pagano le bollette. Ho privilegiato la qualita', per questo lavoro. Lavorare in un ambiente misto, donne ed uomini, credenti e non, comporta enormi benefici: per quanto riguarda il serial, lo mantiene per cosi' dire 'universale', lo rende riconoscibile e godibile anche a chi non e' musulmano, e la maggior parte dell'audience non lo e'. La commedia e' un linguaggio che parla a tutti, e puo' aiutare a smantellare gli stereotipi ed i fraintendimenti tra le persone". Lo show non mira solo all'informazione ed all'intrattenimento, ma tocca argomenti difficili come il razzismo, il sessismo e l'estremismo politico e religioso. Zarqa Nawaz nota ad esempio che: "In Medio Oriente le moschee sono il dominio privato degli uomini, mentre altrove la partecipazione femminile e l'orientamento comunitario, come in Canada, sono maggiormente privilegiati". * Vogliamo dire che i musulmani canadesi o egiziani non sono "autentici"? Ove le donne sono tenute separate o distanti, o le si riduce al silenzio, si e' piu' o meno "veri" come comunita' umana? La relazione con la propria fede, e con Dio, e' qualcosa di molto personale e intimo, in cui nessun altro e' a mio parere autorizzato ad intervenire. La relazione fra individui umani, invece, funziona su basi di equita', giustizia, bilanciamento. Oppure non funziona. * Fonti: France Presse, New York Times, Sunday Telegraph, Common Grounds, Gulf News, The Times. 3. INCONTRI. A MILANO IL 16 GENNAIO [Da Giuseppe Barone (per contatti: esterpaone at hotmail.com) riceviamo e diffondiamo. Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.cesie.org, www.nonviolenti.org Giuseppe Barone, collaboratore e amico di Danilo Dolci, acuto studioso e promotore della nonviolenza, autore di vari articoli e saggi, particolarmente benemerito degli studi dolciani, vicepresidente del Centro per lo sviluppo creativo "Danilo Dolci". Tra le opere di Giuseppe Barone: La forza della nonviolenza, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004; (a cura di), Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta, Terredimezzo, Milano 2007] Mercoledi' 16 gennaio 2008, alle ore 20.30, presso la redazione di "Altreconomia", in via Calatafimi 10, a Milano, si terra' la presentazione del libro: Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta. Intervengono alla presentazione: Gherardo Colombo, magistrato; Giuseppe Barone, autore del libro; Amico Dolci, figlio di Danilo Dolci; Renato Sarti, autore, insieme a Franco Pero', dello spettacolo teatrale su Danilo Dolci intitolato "E' vietato digiunare in spiaggia" (www.teatrodellacooperativa.it). Durante la serata e' prevista la proiezione del video "Danilo Dolci. Memoria e utopia" realizzato dal documentarista Alberto Castiglione. Per maggiori informazioni contattare: Laura Anicio, c/o "Altreconomia", tel. 0283242426, e-mail: laura at altreconomia.it * Il 30 dicembre 1997 moriva Danilo Dolci. Triestino di nascita, negli anni '50 scelse la Sicilia per la sua lotta nonviolenta per il pane, il lavoro, la democrazia e contro ogni mafia. A dieci anni dalla sua morte le sue idee sono ancora un punto di riferimento per molti: la volonta' di realizzare una democrazia autentica e non solo formale, la valorizzazione degli individui alternativa alla massificazione, la proposta di un nuovo modo di educare basato sulla valorizzazione della creativita' individuale e di gruppo, la pratica dell'azione nonviolenta come superamento di una storia fondata prevalentemente sull'aggressione e la distruzione, fanno di lui uno dei massimi esponenti, riconosciuti a livello mondiale, del pacifismo. Il libro Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta, presenta una selezione degli scritti di Danilo Dolci e una biografia appassionata a firma di Giuseppe Barone, collaboratore di Danilo Dolci e vicepresidente dell'omonimo Centro. * Il libro Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta, a cura di Giuseppe Barone, pp. 160, euro 10, e' pubblicato da Terre di mezzo Editore, nella collana di "Altreconomia". "Altreconomia" e' il mensile dell'economia solidale e dei consumi critici. La redazione e' in via Calatafimi 10, a Milano, tel. 0283242426, fax 0283390251. sito: www.altreconomia.it 4. KENYA. GIAMPAOLO CALCHI NOVATI: DAL POTERE ALLA TERRA. LE RADICI OCCULTE DELLO SCONTRO ETNICO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 gennaio 2008, col titolo "Dal potere alla terra, le radici occulte dello scontro etnico" e il sommario "Poste in gioco. In un sistema ispirato a prassi neo-patrominali di accaparramento, vincere o perdere le elezioni puo' significare moltissimo in termini non solo di governo ma di arricchimento personale". Giampaolo Calchi Novati, nato nel 1935, docente universitario, e' tra i massimi esperti italiani delle questioni del sud del mondo. Tra le opere di Giampaolo Calchi Novati: Neutralismo e guerra fredda (1963); L'Africa nera non e' indipendente (1964); Le rivoluzioni nell'Africa nera (1967); La rivoluzione algerina (1969); Decolonizzazione e terzo mondo (1979); La decolonizzazione (1983); Dopo l'apartheid (a cura di, 1986); L'Africa (1987); Nord/Sud (1987); Maghreb (a cura di, 1993); Il Corno d'Africa nella storia e nella politica (1994); Dalla parte dei leoni (1995); Storia dell'Algeria indipendente (1998); Il canale della discordia (1998)] Un tempo in Kenya non c'erano ne' urne ne' schede elettorali. Nei giorni comandati gli elettori si recavano ai seggi senza matita perche' il voto non si esprimeva votando ma mettendosi in fila dietro alle insegne del proprio candidato. Il massimo di trasparenza con il minimo di liberta' di scelta. Il sistema della "coda" (queuing nel linguaggio giornalistico in uso allora nel paese) fu impiegato per selezionare i candidati fra quelli proposti dal solo partito legale ancora vent'anni fa, nel 1988, e non mancarono le polemiche. Tutte le elezioni successive, peraltro, anche quelle che si sono svolte dopo l'introduzione del multipartitismo, hanno originato controversie e faide, comprese quelle del dicembre 1997, l'ultima volta di Daniel Arap Moi. Mwai Kibaki si era presentato come principale antagonista di Moi, gia' in disgrazia presso i suoi tradizionali sostenitori (gli organismi internazionali e i donatori occidentali stavano pensando a una successione che togliesse almeno le ragnatele), conquistando il 30% dei voti. Le proteste di piazza provocarono una decina di morti. Niente a confronto della tragedia nazionale seguita alle elezioni del 27 dicembre scorso, che rischia di fare a pezzi anche un paese relativamente stabile, e dotato di una solida ragion di stato, come il Kenya. In compenso, la prima vittoria di Kibaki, osannato nel 2002 e oggi vituperato e sotto accusa, fu un verdetto accettato senza discutere perche' Kibaki si era smarcato dal regime in carica dopo essere stato al governo per due decenni e aveva acquisito rispetto, consensi e popolarita' capeggiando l'opposizione nella fase conclusiva del piu' che ventennale "regno" autoritario di Moi. * I due alleati divenuti rivali E' stata la logica dello scontro elettorale che ha via via aumentato il divario fra i due principali pretendenti alla corona nella fatale consultazione del 2007. Nel 2002, pur appartenendo a formazioni politiche diverse, Mwai Kikabi e Raila Odinga erano quasi alleati. Raila Odinga e' figlio di Oginga Odinga, militante di grande spicco nella lotta per l'indipendenza e vicepresidente con Jomo Kenyatta alla presidenza nei primi anni dopo l'indipendenza, che si dissocio' dal "padre della patria" quando il suo governo imbocco' la deriva dell'iperconservazione e della corruzione istituzionalizzata. Un tema di contrasto era la considerazione da dare ai Mau Mau nella memoria e nella prassi dello stato. Oginga Odinga si impossesso' dei miti che Kenyatta riteneva di dover lasciar cadere per quieto vivere (sia verso i potentati interni che verso quelli esterni) e si trovo' automaticamente collocato a sinistra. Cosi' facendo assecondava, oltre alle sue ambizioni, le aspettative frustrate dei luo, il suo gruppo etnico, nei riguardi dell'egemonismo rapace dei kikuyu, l'etnia di Kenyatta ma anche dei capi e della base negli anni Cinquanta del movimento Mau Mau (ufficialmente "esercito per la liberta' e la terra"). L'evoluzione compiuta da Raila Odinga e' molto simile a quella del padre. Anche il non piu' giovanissimo Raila, dovendosi distinguere dal moderatismo imperante, si e' trovato a indossare i panni del paladino dei poveri. E' facile pero' predicare contro i mali del liberismo estremo e la corruzione quando si parla dall'opposizione. * Tutti contro i kikuyu In un sistema ispirato alle pratiche di accaparramento proprie del neo-patrimonialismo, vincere o perdere le elezioni puo' significare moltissimo in termini non solo di governo ma di arricchimento personale e al limite di sopravvivenza di un'intera sezione della societa'. In caso di risultato equilibrato del voto, le irregolarita' nello svolgimento delle elezioni o nello scrutinio - che sono fisiologiche in una situazione di arretratezza ma che possono essere patologiche quando il potere non e' disposto ad accettare le regole della successione (come stando alle molte testimonianze e' probabilmente avvenuto nel duello fra Mwai Kibaki e Raila Odinga) - sono sfruttate come ultima chance. La "rivolta" e' un altro modo d'essere di una democrazia malata e violenta e difficilmente rende giustizia ai deboli. Ci sono precedenti comunque di esiti elettorali sconfessati e persino rovesciati ex post in alcuni paesi africani e anche in Europa. Spesso la contestazione o la sanatoria dipende dai protettori rispettivi a livello internazionale. Le stesse procedure degli "osservatori", un misto di paternalismo e impotenza, finiscono, magari involontariamente, per esasperare gli animi. Prima o poi i conflitti in Africa assumono un connotato etnico. Anche in Kenya la miccia etnica, sincera o pretestuosa poco importa, ha scatenato il caos, riproponendo il solito schema dei kikuyu contro i luo o di tutti contro i kikuyu. Nessuno naturalmente vuole restaurare l'ordine tribale, ma l'appartenenza a una comunita' etnica e' il movente piu' immediato di mobilitazione politica. A ben vedere, le poste sono le stesse di ogni confronto politico: l'esercizio del potere, l'accesso alle risorse e, tema importantissimo in questo caso, la terra. * Tutelare il turismo internazionale La terra sta divenendo in Kenya, come quasi ovunque in Africa, un bene scarso. Per di piu', le vicende storiche legate prima all'insediamento degli inglesi e poi alle peripezie della decolonizzazione hanno alterato gli insediamenti tradizionali suscitando risentimenti contro gli intrusi. L'enfasi sull'etnicismo e' un'ammissione di parzialita' anche di chi pretenderebbe di difendere la giustizia offesa. Dopo tutto, in Africa - per le condizionalita' del mercato o dell'aiuto (e in Kenya c'e' anche la necessita' di tutelare il turismo internazionale, massima risorsa del paese) - le decisioni sfuggono in gran parte alla politica locale. 5. MAESTRI E COMPAGNI. ETTORE MASINA: MORTI BIANCHE A BABELE [Dal sito di Ettore Masina (www.ettoremasina.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul mensile "Jesus" nel novembre 2007. Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud. Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994; O. G. E., 2006), Il volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina, scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de "La nonviolenza e' in cammino"] Entrammo in un tunnel di un diametro che certamente non superava i due metri, poi camminammo per un tempo che a me parve un'eternita', e intanto andava crescendo un rumore intollerabile. Alla fine giungemmo in un'enorme caverna in cui potenti riflettori penetravano a stento una cortina di polvere che accecava e soffocava. Gli ingegneri mi avevano detto che mi avrebbero mostrato il "silos di frantumazione", e difatti mi fecero montare su un paranco che comincio' a ondeggiare e a girare su se stesso mentre mi sollevava di una trentina di metri, sino alla sommita' della grotta. Da un cratere praticato nella roccia massi di pietra venivano inghiottiti da una mostruosa macchina che li riduceva nella polvere necessaria alla produzione del cemento. Io ero allora (anno 1963) giovane, sano e coraggioso, ma fui colto da una crisi di panico, della quale nessuno si accorse. Ero andato a visitare il cantiere di Limmernboden, nel cantone svizzero di Glarus, in cui la costruzione di un'enorme diga era stata affidata a imprese italiane. Agli operai erano state distribuite maschere di protezione e auricolari per attutire i rumori ma tutti dicevano: "Provi lei a tenerle per lunghe ore". Ho ritrovato il ricordo di quella mia esperienza incontrando per caso in rete un sito elvetico. Ho scoperto che oggi i turisti vanno a visitare la sala macchine della diga e il lago artificiale; e mi domando quanti di essi pensino non solo alla fatica ma anche alle sofferenze di chi ha creato una costruzione cosi' imponente.Temo che non sia arbitrario ritenere che ben pochi dei miei coetanei che incontrai allora siano ancora vivi e godano di una discreta qualita' della vita. E', del resto, un pensiero che mi accompagna quando leggo la triste sfilata di incidenti sul lavoro, e penso ai rischi ma piu' all'ingiustizia cui devono piegarsi i cittadini piu' poveri: quelli che, in contrasto col sogno dei profeti, costruiscono case ma non le abitano, piantano vigne ma non ne mangiano il frutto. C'e' un bellissimo midrash (riflessione sotto forma di parabola) con il quale la sapienza ebraica cerca di spiegare la vicenda della confusione delle lingue, a Babele. Un giorno, nel cantiere della Torre, si infrange al suolo, cadendo da una grande altezza, un monolite. Subito ogni attivita' si arresta, per calcolare il danno e vedere se e' possibile rimediarvi almeno in parte; ma il giorno seguente, quando da un'impalcatura precipita un muratore i sorveglianti spingono i lavoranti a non fermarsi. "Allora il Signore decise: chi non conosceva piu' il valore di una creatura umana non era degno di parlare una lingua comune ma soltanto di avere, come gli animali, una pluralita' di suoni". Credo che dovremmo avere tutti - cittadini ed elettori - ben maggiore attenzione alla dignita' dell'essere umano: un paese in cui gli "omicidi bianchi" infestano cosi' frequentemente le cronache e' un paese in cui vige ancora l'antica violenza dei padroni. 6. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008 Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia 2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007, euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse. L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 7. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008 Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di "antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo. Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 333 del 13 gennaio 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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