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Minime. 318
- Subject: Minime. 318
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 29 Dec 2007 00:45:58 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 318 del 29 dicembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Breve un ragionamento 2. Livia Manera intervista A.M. Homes 3. Antonio Monda intervista A.M. Homes 4. Stefano Petrucciani presenta "Redistribuzione o riconoscimento?" di Nancy Fraser e Axel Honneth 5. Riletture: Baye Ndiaye, Marco Padula, Le immagini dell'Africa in Europa 6. Riletture: Giuseppe Papagno, Ernesto Perillo (a cura di), Memoria ragione immaginazione 7. Riletture: Angelo Stefanini, Salute e mercato 8. Riletture: Ucodep, Centro di documentazione Citta' di Arezzo, Intercultura 9. L'Agenda dell'antimafia 2008 10. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2008 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. BREVE UN RAGIONAMENTO Chi non si oppone alla guerra, non si oppone alle uccisioni di esseri umani. Chi non si oppone alle uccisioni di esseri umani ha gia' condannato, per quanto in suo potere, l'intera umanita' al crimine e alla morte. La guerra, il terrorismo, l'assassinio: sono in radice una stessa cosa. Ogni politica che ancora si affidi agli eserciti e alle armi, dopo Auschwitz e dopo Hiroshima, e' una politica omicida e onnicida. Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. LIBRI. LIVIA MANERA INTERVISTA A. M. HOMES [Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo la seguente intervista apparsa su "Grazia" del 13 ottobre 2007 col titolo "La verita' di una figlia adottata. Colloquio con A.M. Homes", a proposito del suo recente libro La figlia dell'altra, di cui riportiamo la seguente scheda di presentazione editoriale: "Adottata alla nascita dalla famiglia Homes, A.M. ha trentun anni quando viene contattata dalla madre naturale: si ritrova improvvisamente scaraventata in un'identita' parallela, dove i suoi genitori non sono i suoi genitori, ma due strani individui pieni di problemi irrisolti e inquietanti somiglianze fisiche. E' lo choc di riconoscere il suo sedere in quello del padre, Norman Hecht, uomo di facili promesse che sedusse e abbandono' la madre quando lei aveva diciassette anni, ed e' lo spavento puro di sentire per la prima volta la voce roca, animalesca, di Ellen Ballman, la madre biologica. Cercando di rimettere insieme i pezzi della sua famiglia, A.M. si sottopone a un test del Dna, ai ricatti affettivi della madre biologica e al dolore di riporne la vita in pochi scatoloni dopo la sua morte, all'umiliazione di altre promesse non mantenute del padre, a un viaggio nel tempo per ricostruire il suo albero genealogico, sforzandosi di non perdere l'equilibrio e di non farsi sopraffare dall'assurda fatica di far rientrare nella propria identita' un'altra famiglia, un'altra storia. Madre, padre, famiglia, identita', Dna, appartenenza, figli, continuita', senso. Sono temi talmente delicati che si possono affrontare solo in modo brutale. A.M. Homes, con la sua scrittura asciutta, cruda, coraggiosa, mette il dito direttamente nella ferita, senza paura di scoprirsi, ed e' proprio questa spietata onesta' a rendere il suo memoir un'opera commovente, toccante, di profonda sensibilita'". Livia Manera e' giornalista culturale e critica letteraria di narrativa inglese e americana per il "Corriere della Sera". A.M. Homes e' nata a Washington nel 1961 e vive a New York dove insegna alla Columbia University; autrice di romanzi, racconti e saggi, e' considerata una delle voci piu' originali della sua generazione ed e' stata inclusa dal "New Yorker" nella lista dei "venti autori per il nuovo secolo"; ha ricevuto numerosi premi letterari negli Stati Uniti e collabora regolarmente con molte prestigiose riviste, in particolare "Vanity Fair", "New Yorker", "Granta", "McSweeney's", "Art Forum" e "New York Times". Tra le sue opere in Italia sono state pubblicate da Minimum fax: La sicurezza degli oggetti (2001), Cose che bisognerebbe sapere (2003), Jack (2004), La fine di Alice (2005); e da Feltrinelli: Questo libro ti salvera' la vita (2006), Los Angeles (2006), La figlia dell'altra (2007)] "Essere rifiutati prima ancora di avere una personalita' e' una cosa terribile...". A.M. Homes sta parlando della propria adozione con rabbia e rassegnazione, rinunciando all'ironia che di solito colora la sua prosa e che ha trovato un esito felice nei suo romanzo piu' recente, Questo libro ti salvera' la vita. Siamo in un piccolo caffe' del Greenwich Village, a due passi dalla casa di New York dove questa scrittrice omosessuale abita con la figlia che ha avuto grazie alla fecondazione artificiale. E l'argomento della conversazione sarebbe alquanto spinoso, se a esso non avesse dedicato un libro liberatorio appena uscito da Feltrinelli, dopo aver fatto discutere non poco negli Stati Uniti. La figlia dell'altra e' un memoir che inizia intorno al Natale del '92, quando i genitori adottivi di A.M. (che sta per Amy Michael, ma guai a chiamarla cosi') insistono perche' lei si sieda a parlare con loro in salotto, nella casa di Washington dove la scrittrice li ha raggiunti per le feste. Non sono persone da conversazioni formali, e lei istintivamente si allarma. Pensa sia morto qualcuno. Poi la notizia: "Abbiamo ricevuto una telefonata. Una persona ti sta cercando". La sua madre naturale si era rifatta viva. A.M. racconta che la prima sensazione fu di pericolo. "Dopo una vita passata in una specie di programma di protezione virtuale, ero stata scoperta. Mi alzo sapendo una cosa in piu' su me stessa: sono la figlia dell'amante. La madre che mi ha messo al mondo era giovane e nubile, mio padre piu' vecchio e sposato, con una famiglia sua. Quando nacqui, nel dicembre del '61, un avvocato chiamo' i miei genitori adottivi e disse 'Il vostro pacchetto e' arrivato ed e' legato con nastri rosa'". Poi non esita a mostrare ai lettori quanto disincantata sia la sua visione della faccenda: "Un pediatra di fiducia fu mandato all'ospedale a valutare la merce. Sono stata adottata, comprata, ordinata e ritirata, come una torta dal pasticcere". Due signore di mezza eta', sedute a un tavolo vicino, l'hanno riconosciuta e vorrebbero partecipare alla conversazione (una delle due e' stata adottata a sua volta), mentre ragioniamo intorno a questa "storia" che in origine e' stata pubblicata sul "New Yorker", la rivista che qualche anno fa ha messo A.M. Homes tra i venti scrittori per il nuovo millennio. "Ma allora per un figlio e' meglio sapere o non sapere da dove viene?" chiedo. La scrittrice solleva l'occhio azzurro e inarca le sopracciglia: "Penso che ognuno abbia esigenze diverse. Non si puo' parlare per qualcun altro. Nel mio caso, quando quella notizia mi ha raggiunto, ho capito che non potevo ignorarla. Sarebbe stato come rifiutarla attivamente. Altri hanno cosi' paura di quello che potrebbero scoprire da rimanere paralizzati". In una situazione come questa ci sono tutte le premesse per temere il peggio, e cioe' che sia incolmabile la distanza tra la favola che il bambino adottato ha imparato a raccontarsi, e la realta' sul perche' e' stato abbandonato. "Nei miei sogni, mia madre e' la regina delle regine...", scrive la Homes. "Bella come una star, incredibilmente competente, capace di prendersi cura di chiunque e di qualunque cosa". Nella realta' gia' molto ottimista di una vicina di casa era una bella donna, sottile nel tailleur di tweed malgrado la recente gravidanza. Ma al telefono, quando la scrittrice decide di comporre il numero che le ha dato l'avvocato, la voce nasale e roca che risponde ha qualcosa di sinistro quando grida "Oh, mio Dio. Questo e' il giorno piu' bello della mia vita". Ci saranno ancora molte telefonate prima che la figlia accetti un incontro, e in queste conversazioni la madre, dice, le ricorda "la Bianche DuBois di Tennessee Williams, che passa da una persona all'altra cercando un po' di sollievo a un dolore incurabile". Ma lo sguardo della scrittrice rimane freddo: "La sua mancanza di sofisticazione mi lascia nel dubbio se abbia un'intelligenza limitata o sia solo ingenua in modo stupefacente". Tale e' la distanza tra la trentunenne scrittrice gay, cresciuta nell'ambiente liberal di genitori artisti, marxisti e per meta' ebrei, e una madre naturale che faceva la commessa in un negozio di Washington quando fu messa incinta dal suo capo. Sembra addirittura che le due fatichino a trovare un vocabolario comune. Ma ecco la storia che viene fuori. Ellen Ballman ha quindici anni quando va a lavorare per Norman Hecht al Princess Shop, e ne ha diciassette quando lui le promette di lasciare la moglie e di sposarla. Intanto e' rimasta incinta. Lui continua a fare promesse. ma non lascia la famiglia. Poi si fa vivo un avvocato che le offre una transazione. Ellen rifiuta il denaro, decide di dare la bambina in adozione, e comincia una vita segnata dalle difficolta' economiche e dalla solitudine, fino a quando riesce a rintracciare quella figlia abbandonata tanti anni prima e fa una cosa sorprendente. Le chiede di prendersi cura di lei. "C'era qualcosa di orribilmente ironico nel fatto che fosse lei a chiedere aiuto a me. Tutto cio' che le interessava era se stessa, le sue necessita'" dice la scrittrice. E mentre la figlia rintraccia anche il padre naturale nella bella casa dove vive con la moglie e i quattro figli, e quello tiene un comportamento ambiguo che si fa via via odioso, la madre si ammala e muore a poco piu' di sessant'anni, dopo avere rifiutato di proseguire la dialisi. "Mi chiedi come mai a un certo punto, nel mio libro, quel padre che sembrava volesse addirittura presentarmi in famiglia scompaia dalla scena. Ma la verita' e' che non lo so. Forse Ellen gli aveva chiesto aiuto per convincermi a fare qualcosa di straordinario per lei, e lui si e' opposto. Forse voleva che le donassi un rene, in effetti ne avrebbe avuto bisogno. Non so cosa avrei fatto se avessi dovuto prendere quella decisione". A questo punto le signore del tavolo accanto se ne vanno lasciandoci sole a tirare le fila di questa storia amara. Che continua con il rifiuto di Hecht di avere rapporti con la figlia. E con la dichiarazione che l'uomo fa alla stampa, quando esce il libro: "Il nome dell'autrice mi pare di conoscerlo, il resto e' pura invenzione". "Eppure mi sento molto meglio oggi di quando da ragazza pensavo che in qualunque momento avrei potuto essere catapultata fuori dal pianeta" dice Homes, mentre fuori comincia a far buio. Ha scritto: "E' una delle patologiche complicazioni dell'adozione, che gli adottati non abbiano veri diritti, che vivano per sopportare i segreti, le necessita' e i desideri degli altri". E alla luce di quanto ci ha raccontato, e' una frase che fa riflettere. 3. LIBRI. ANTONIO MONDA INTERVISTA A. M. HOMES [Dal sito www.feltrinellieditore.it riprendiamo la seguente intervista apparsa su "La Repubblica" del 24 novembre 2007" col titolo "Nella vita privata e nei miei libri non parlo mai di me stessa. Intervista ad A.M. Homes". Antonio Monda insegna sceneggiatura e regia presso il Film Department della New York University, collabora alle pagine culturali del quotidiano "La Repubblica", e' critico cinematografico per "La Rivista dei Libri/The New York Review of Books"; ha curato retrospettive ed esposizioni per il Museum of Modern Art, il Solomon Guggenheim Museum, il Lincoln Center di New York e la National Gallery di Washington; ha diretto numerosi documentari ed un lungometraggio intitolato Dicembre, presentato al Festival di Venezia. Tra le opere di Antonio Monda: La magnifica illusione. Un viaggio nel cinema americano, Fazi, Roma2003; The Hidden God, MoMA, New York 2004; Tu credi? Conversazioni su Dio e la religione, Fazi, Roma 2006] Pochi giorni dopo aver compiuto trentun anni, A.M. Homes venne contattata improvvisamente dalla propria madre naturale. La scrittrice era consapevole da molto tempo di essere stata adottata dai coniugi Homes, ma non aveva mai saputo nulla dei veri genitori. Quando aveva diciassette anni la madre, di nome Ellen, venne sedotta da Norman, un uomo d'affari di successo, e dopo qualche anno rimase incinta. Dopo molte promesse di abbandonare moglie e figli, Norman decise invece di lasciare la giovane amante, e quando nacque la piccola Amy, la fece adottare dagli Homes attraverso gli uffici di un avvocato. In un primo momento la scrittrice e' turbata dalla voce arrochita dalle sigarette della madre e dall'atteggiamento scostante del padre, ma l'incontro rivela sorprese ben piu' amare: Ellen ha avuto dei guai con la giustizia, mentre Norman, dopo averla incontrata, la costringe a fare l'esame del Dna e una volta appurato che e' realmente sua figlia, tronca i rapporti e fa scomparire l'esame che prova la sua paternita'. La vicenda, che si trasforma in un viaggio alla scoperta della sua identita' piu' intima e remota, e' raccontata con ammirevole sincerita' ne La figlia dell'altra. Il libro e' stato preceduto da un saggio pubblicato nel 2004 con grande scalpore sul "New Yorker", nel quale la Homes racconto' per la prima volta l'intera vicenda dopo la morte della madre naturale e la decisione da parte del padre di parlarle solo attraverso il suo avvocato. "Il pezzo uscito sul 'New Yorker' era una versione condensata della prima parte del libro", racconta nella sua casa del West Village, "ma molti pensano che La figlia dell'altra sia nato da quel saggio quando e' vero il contrario: stavo gia' scrivendo il libro e ho dato alla rivista le prime quaranta pagine. Sul 'New Yorker' i nomi utilizzati sono differenti. Non avevo alcuna intenzione di esporre o ferire nessuno. Ma poi, quando ho scritto la seconda parte del libro, e ho fatto delle ricerche sul mio albero genealogico, ho pensato che sarebbe stato assurdo mantenere ancora dei nomi falsi. * - Antonio Monda: Qual e' stata la maggiore difficolta' incontrata? - A.M. Homes: Sia nella vita privata che nei miei libri non parlo di me stessa, e in questo caso ho raccontato delle esperienze primitive. E' stato difficile, anche sul piano letterario, trovare le parole giuste per raccontare qualcosa che mi ha sconvolto nel profondo e rivivere qualcosa di doloroso che ancora sanguina. * - Antonio Monda: La sua appare un'esperienza catartica. - A.M. Homes: Sentivo la necessita' di scrivere, ma rifiuto questa definizione: lo e' stata nella misura in cui puo' essere catartico vomitare. * - Antonio Monda: Come ha reagito suo padre Norman alla pubblicazione del libro? - A.M. Homes: Non ha reagito. Un giornalista del "Washington Post" ha tentato di intervistarlo ma l'avvocato gli ha riferito che soffre di Alzheimer e non e' in grado di rispondere. Io non sono neanche in grado di dire se sia vero: so solo che ormai ha piu' di ottant'anni. * - Antonio Monda: Quando sua madre Ellen la contatto', lei ebbe una reazione di paura e si rese conto che anche sua madre adottiva era spaventata. - A.M. Homes: Sin da quando ero bambina sentiva che sarebbe successo: per lei era come un incubo che si stava realizzando. * - Antonio Monda: Il libro e' preceduto da una citazione di Albert Einstein: "Ci sono due modi per vivere la propria vita: uno e' come se niente fosse un miracolo, l'altro e' come se fosse tutto un miracolo". - A.M. Homes: Ritengo che la mia stessa esistenza sia un miracolo e credo che quanto ho scoperto e vissuto recentemente poteva distruggermi. La mia ambizione e' che questo libro possa essere di ispirazione per chi ha vissuto qualcosa di simile e porti a riflettere su quello che siamo, cosa diventiamo e sulla forma che prendono le nostre vite. * - Antonio Monda: Ellen decise di partorire, ma poi la diede in adozione agli Homes. Tutto cio' l'ha mai portata ad avere una posizione particolare sull'aborto? - A.M. Homes: E' un aspetto che ho discusso con Ellen: le ho chiesto se avesse mai considerato di abortire, ma lei, che era cattolica, mi disse assolutamente no. Cio' tuttavia non mi ha fatto cambiare posizione a riguardo: credo che la donna abbia il diritto di scegliere e non possa esistere una legge che lo impedisca. La mia vicenda mi ha portato a pensare anche a un altro aspetto: oggi le adozioni in America sono diminuite perche' si praticano molti aborti: e' questo uno dei motivi per cui si adottano bambini che provengono da altri paesi. * - Antonio Monda: Lei scrive: "Sono cresciuta immersa nel dolore. Sin dal primo giorno, a livello di cellule, sono stata perennemente in lutto". - A.M. Homes: Il dolore puo' segnare un'intera esistenza, ma c'e' da riflettere attentamente su quello che porta il dolore: non solo qualcosa di negativo ma anche degli elementi importanti a livello di conoscenza. Mi chiedo se la musica di Beethoven sarebbe stata la stessa senza il dolore. Ovvio che non e' indispensabile, ma dobbiamo essere in grado di sentirlo. * - Antonio Monda: Uno dei passaggi piu' toccanti e' il racconto del modo in cui lei viene affidata agli Homes: un avvocato l'ha consegnata ai nuovi genitori in una macchina. Sembra quasi uno scambio tra contrabbandieri. - A.M. Homes: E' andata proprio cosi', e posso dirle che ci sono voluti anni prima che un giudice dichiarasse legale l'adozione. Sono stata comprata, ordinata e poi ritirata come una torta in pasticceria. * - Antonio Monda: Lei ritorna ripetutamente sul tono "basso, nasale, animalesco" della voce di sua madre. - A.M. Homes: Era la prima cosa che notavo, una voce consumata da troppe sigarette. E quel tono basso, quell'accento che mi sembrava volgare... Era come se mi chiamasse Marlon Brando nel Padrino: non sentivo nulla di simile nella famiglia in cui ero cresciuta. * - Antonio Monda: Lei ha resistito alla volonta' di sua madre di riallacciare i rapporti. Se ne e' mai pentita? - A.M. Homes: Si', molto. All'epoca mi sentivo minacciata, avevo l'impressione che volesse consumarmi senza conoscermi. Sentivo che era una esigenza nata dalla disperazione piu' che dall'affetto. Si era fatta un'immagine mia molto diversa dalla realta', e lei a sua volta era molto diversa da quello che mi immaginavo, o speravo. Ora so di non avere avuto la forza di accettarla e di amarla. * - Antonio Monda: Lei suggerisce che si sia lasciata morire. - A.M. Homes: E' quello che mi hanno detto i dottori e temo che sia andata proprio cosi'. Non aveva piu' nulla e nessuno, me compresa. 4. LIBRI. STEFANO PETRUCCIANI PRESENTA "REDISTRIBUZIONE O RICONOSCIMENTO?" DI NANCY FRASER E AXEL HONNETH [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 dicembre 2007, col titolo "Axel Honneth. Un mondo in equilibrio tra il servo e il padrone" e il sommario "Redistribuzione o riconoscimento, il serrato dialogo tra le teorica femminista Nancy Fraser e lo studioso tedesco Axel Honneth edito da Meltemi. Temi attorno ai quali ruota la discussione sul funzionamento delle attuali societa' capitaliste". Stefano Petrucciani (Roma, 1953) acuto studioso di filosofia, docente universitario e saggista di forte impegno civile. Opere di Stefano Petrucciani: Ragione e dominio. L'autocritica della razionalita' occidentale in Adorno e Horkheimer, Salerno, Roma 1984; Etica dell'argomentazione. Ragione, scienza e prassi nel pensiero di Karl-Otto Apel, Marietti, Genova 1988; (con F. S. Trincia), Marx in America, Editori Riuniti, Roma 1992; Marx al tramonto del secolo, Manifestolibri, Roma 1995; Introduzione a Habermas, Laterza, Roma-Bari 2000; Introduzione a Adorno, Laterza, Roma-Bari 2007. Nancy Fraser, prestigiosa teorica femminista, e' docente di Scienze politiche e sociali presso la New School for Social Research di New York. Tra i suoi libri recenti: Feminist Contentions (con Seyla Benhabib, Judith Butler e Drucilla Cornell, 1994); Justice Interruptus (1997); The Radical Imagination (2003). Axel Honneth (Essen, 1949), docente presso l'Universita' di Francoforte sul Meno, dove dal 2001 dirige anche l'Istituto per la ricerca sociale, e' uno dei piu' autorevoli esponenti della filosofia sociale contemporanea. Dalla stessa fonte di questa recensione riportiamo anche la seguente scheda: "Dal 2001, Axel Honneth dirige l'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, il prestigioso centro studi fondato negli anni Trenta e diretto prima da Max Horkheimer e, nel dopoguerra, da Theodor W. Adorno. Nato nel 1949, Honneth ha lavorato con Habermas al Max Planck Institut e dal 1996 e' professore di Filosofia sociale nell'universita' di Francoforte. Nel suo primo libro, Critica del potere (Dedalo, 2002), Honneth comincia a elaborare in maniera sistematica il suo punto di vista confrontadosi con alcuni grandi del pensiero critico da Foucault ad Adorno allo stesso Habermas, articolando infine la propria riflessione in un saggio dedicato alla Lotta per il riconoscimento (Il Saggiatore, 2002). In italiano sono disponibili anche Riconoscimento e disprezzo (Rubbettino, 1993) e Il dolore dell'indeterminato. Una attualizzazione della filosofia politica di Hegel (Manifestolibri, 2003). L'editore Meltemi ha inoltre da poco pubblicato Redistribuzione o riconoscimento? (pp. 336, euro 24), dove lo studioso francofortese discute con Nancy Fraser, e Reificazione. Uno studio in chiave di teoria del riconoscimento (pp. 96, euro 12)"] Il paradigma del riconoscimento, che Axel Honneth ha sviluppato a partire dal suo testo fondamentale (Lotta per il riconoscimento, del 1992, tradotto in Italia dal Saggiatore), e' uno strumento utile per pensare la dinamica dei conflitti nelle societa' capitalistiche? E' a partire da questo interrogativo di fondo che si puo' leggere il bel testo appena uscito per Meltemi (Redistribuzione o riconoscimento? Una controversia politico-filosofica, pp. 333, euro 24), confronto vivace e polemico tra lo stesso Honneth e la teorica femminista Nancy Fraser, dovcente alla New School for Social Research di New York e una delle voci piu' interessanti della teoria critica radicale contemporanea. * La lotta tra il servo e il padrone Questo libro va letto insieme a un testo piu' breve (e piu' recente) che sempre Meltemi ha pubblicato da qualche settimana, Reificazione, dove Honneth tenta di riattualizzare, mutandola notevolmente di segno, questa tradizionale categoria del marxismo critico, che era stata al centro del fondamentale testo di Lukacs del 1923, Storia e coscienza di classe. Per accostarsi al tema "riconoscimento e conflitto" dobbiamo pero' tornare al modo in cui il tema del riconoscimento e' stato introdotto da Honneth nella discussione contemporanea, alle scelte e alle ragioni di fondo che hanno motivato questa sua proposta teorica. In buona sostanza, quando Honneth rilancia il tema del riconoscimento (che stava al centro di uno dei passaggi centrali e piu' commentati di Hegel, la lotta tra il signore e il servo nella Fenomenologia dello spirito) compie un'operazione polemica su due fronti, prendendo cioe' nettamente le distanze tanto da Juergen Habermas quanto da John Rawls. Rispetto a Habermas, e all'impostazione piu' o meno kantiana della sua moralita' discorsiva, Honneth recupera il punto di vista hegeliano di una eticita' concretamente radicata nel sociale e differenziata nelle sfere che articolano i mondi vitali moderni (famiglia, societa' civile e Stato, che Honneth riattraversa e reinterpreta nel libro Il dolore dell'indeterminato, Manifestolibri, 2003). * La lotta per la buona vita Rispetto a Rawls, l'opposizione di paradigma e' altrettanto netta: all'idea rawlsiana secondo cui la teoria politica normativa deve occuparsi di cio' che e' giusto (lasciando in secondo piano le questioni del bene o della "vita buona"), e all'individualismo atomistico che resta sempre uno dei tratti distintivi del liberalismo, Honneth contrappone un nuovo paradigma, basato sul primato della relazione sociale, della intersoggettivita', e non timoroso di delineare un concetto, seppur generale e formale, di "vita buona". Le coordinate del nuovo paradigma sono, nelle loro linee essenziali, molto chiare. Proprio in quanto e' intrinsecamente relazionale, l'identita' individuale presuppone il riconoscimento intersoggettivo: come insegna tutta la psicologia piu' avvertita, l'acquisizione e il mantenimento di una identita' non vulnerata, cioe' di un rapporto positivo con se', dipende dal fatto che l'individuo sia stato positivamente riconosciuto dagli altri che sono significativi per lui (a cominciare ovviamente dalla madre), rapportandosi ai quali si e' formato e continua sempre a svilupparsi. Nelle societa moderne (e qui Honneth riscrive, appunto, la tripartizione hegeliana delle sfere sociali) una riuscita formazione dell'individualita' passa per tre sfere o dimensioni fondamentali: quella delle relazioni affettive legate ai rapporti d'amore, d'affetto o di amicizia, quella dell'eguaglianza tra persone giuridiche che si riconoscono reciprocamente la loro dignita' e i loro diritti, e quella della cooperazione sociale e lavorativa, dove gli individui si riconoscono come soggetti che partecipano a un'impresa comune, e il cui contributo e' degno di riconoscimento e di stima. * Le giuste relazioni Prende cosi' forma quella idea di giustizia come riconoscimento che Honneth sviluppa e precisa nel suo dibattito con Nancy Fraser. La giustizia nella societa' non ha principalmente a che fare - diversamente da quanto credono Rawls e i suoi seguaci - con la distribuzione di beni, e neppure, come pensa Habermas, con le procedure di una democrazia deliberativa, ma concerne piuttosto l'assetto delle relazioni: il primo diritto di ogni individuo (poiche' il riconoscimento e' condizione di base per la formazione e lo sviluppo della personalita') e' quello di essere incluso in rapporti di interazione non deformati, simmetrici, dove egli non sia oggetto di misconoscimento e disprezzo. Ora, poiche' il riconoscimento e' un rapporto di reciprocita', nella teoria di Honneth si conservano non solo diversi temi hegeliani ma anche un tipico tema marxiano: se l'individualita' si costituisce nelle relazioni di reciprocita', allora vale di nuovo la tesi marxiana per cui il libero sviluppo degli altri individui e' condizione del mio libero sviluppo. Per dirla nel modo un po' complicato di Honneth, bisogna che i soggetti siano consapevoli che "la loro autonomia dipende dall'autonomia dei loro partner di interazione". E cosi' arriviamo finalmente al conflitto, tema al quale Honneth mirava gia' dal suo primo libro, Critica del potere (tradotto in italiano da Dedalo). All'origine del conflitto sociale c'e' l'esperienza dell'ingiustizia che e' vissuta da chi subisce le dinamiche di un riconoscimento mancato, limitativo o inferiorizzante: il riconoscimento puo' essere del tutto negato (come accadeva ai neri nell'America schiavista), oppure puo' essere profondamente umiliante e inferiorizzante (come per millenni e' toccato alle donne), o ancora puo' essere limitante e costrittivo, cioe' tale da costringerti a negare una parte della tua personalita' (come accade agli omosessuali nelle societa' omofobe). Per Honneth, i conflitti che racchiudono un potenziale di "progresso morale" sono appunto quelli che nascono dalle esperienze del riconoscimento negato; e che vanno da un lato nella direzione di una maggiore inclusione (come nel caso della conquista dei diritti da parte dei neri o delle donne), dall'altro di una piu' ricca individualizzazione (quando si tratta di conflitti che rivendicano, appunto, il riconoscimento di aspetti stigmatizzati o socialmente rifiutati del proprio modo di essere). * Il dualismo indicibile del conflitto Ma proprio attorno alla questione del conflitto si sviluppa la discussione tra Honneth e Fraser. Anche la teorica americana riconosce il nesso tra conflitti e riconoscimento, ma lo iscrive in un quadro limpidamente e convintamente dualistico. Uno sguardo panoramico sui conflitti sociali di ieri e di oggi, sostiene, lascia emergere due tipi di tensioni ben differenti: da un lato il conflitto distributivo (paradigmatico quello tra capitalisti e lavoratori), dall'altro i conflitti per il riconoscimento, cioe' le tensioni che fanno riferimento a identita' specifiche e differenziate che reclamano di essere riconosciute; questo e' il tipo di conflitti che sembra piu' diffuso al presente, e paradigmatica puo' essere la battaglia per il riconoscimento delle unioni civili tra persone omosessuali (che peraltro secondo Fraser sarebbe solo un compromesso, perche' resterebbe sempre una discriminazione rispetto al matrimonio). Questa lettura dualistica dei conflitti corrisponde peraltro, secondo Fraser, alla duplice struttura delle gerarchie e del dominio nelle societa' capitalistiche moderne. Infatti, come e' stato sottolineato anche nei lavori di Immanuel Wallerstein, nelle societa' capitalistiche le gerarchie di classe coesistono con quelle di status: queste non sono affatto un residuo premoderno ma, al contrario, costituiscono una dimensione essenziale anche nella articolazione delle forme di potere moderne. Inoltre, precisa Fraser, ingiustizia economica (distributiva) e mancato riconoscimento non sono due situazioni che si escludano reciprocamente. Sono piuttosto due concetti idealtipici che, nelle forme di ineguaglianza concretamente esistenti, tendono sempre a intrecciarsi. Basti pensare, spiega Fraser, alla ineguaglianza di genere: "Il genere non e' ne' semplicemente una classe ne' semplicemente un gruppo di status; e' una categoria ibrida radicata contemporaneamente nella struttura economica e nella gerarchia di status della societa'. Per comprendere e correggere l'ingiustizia di genere bisogna, dunque, occuparsi sia di distribuzione sia di riconoscimento". Nelle sue repliche a Fraser, invece (il libro contiene due interventi per ciascuno degli autori), Honneth cerca di sostenere - adducendo una serie di argomenti interessanti e comunque mai banali - che il paradigma del riconoscimento (articolato nelle sue diverse dimensioni) e' idoneo a render conto anche di quelle situazioni, come per esempio le lotte salariali, che sembrano inquadrarsi senza problemi dentro lo schema del conflitto distributivo. * Una stima di classe Si potrebbe dire che, paradossalmente, Honneth e' d'accordo con Marx nel sottostimare la questione distributiva. Solo che, mentre il filosofo di Treviri riteneva che l'unica dimensione rilevante fosse quella della produzione (di cui la distribuzione non era che un'appendice), per Honneth il punto centrale e' piuttosto leggere la societa' capitalistica come uno specifico "sistema di riconoscimento istituzionalizzato": per dirla in modo semplice e chiaro, i rapporti distributivi sono una conseguenza del modo in cui i diversi gruppi e il loro contributo sono socialmente valutati e stimati; prima delle questioni di distribuzione, vengono quelle di categorizzazione. Per esempio, uno dei problemi chiave dell'ineguaglianza di genere e' che il lavoro di cura delle donne non e' riconosciuto come lavoro: la penalizzazione delle donne affonda le sue radici in una categorizzazione socialmente imposta e consolidata. Ma anche le lotte di classe piu' tradizionali, sostiene Honneth, non si lasciano leggere secondo un paradigma distributivo. Rileggendo le ricerche dello storico marxista E. P. Thompson sulla formazione della classe operaia inglese, Honneth nota che da esse risulta chiaramente che la resistenza e il conflitto operaio affondano le loro radici motivazionali piu' nella protesta per la sottrazione di antichi diritti, per l'onore e la dignita' negati, che non nella semplice ingiustizia distributiva. Insomma, a suscitare il sentimento dell'ingiustizia, e dunque il conflitto, e' la gerachizzazione sociale del rispetto e della stima, piu' che la secca privazione materiale. * La banalita' dell'ideologia Fraser naturalmente ha buon gioco nel contro-obiettare che Honneth sovrastima decisamente i fattori "ideologici", quando considera ogni tipo di subordinazione come derivante da "gerarchie di status radicate nella cultura". Ma non so se la migliore soluzione delle questioni da lui poste sia tornare, come fa Fraser, al tradizionale dualismo di cultura ed economia. Decifrare le grammatiche del conflitto e' un obiettivo complicato e ambizioso; e anche se Honneth e Fraser ci riescono solo in parte, quello che il loro libro ci presenta e' un buon modo di discutere la questione, capace di sfuggire alla banalita' e di consegnarci, in ogni caso, dei veri stimoli intellettuali. 5. RILETTURE. BAYE NDIAYE, MARCO PADULA: LE IMMAGINI DELL'AFRICA IN EUROPA Baye Ndiaye, Marco Padula, Le immagini dell'Africa in Europa. L'avvicinamento culturale ed economico euro-africano. Un percorso che parte dall'Italia, Emi, Bologna 2002, pp. 144, euro 9. Il volume raccoglie gli interventi al convegno svoltosi a Milano il 19-20 aprile 2002; prefazione di Momar Gueye, introduzione di Baye Ndiaye, interventi di Rose Senghor, Rodger M. A. Chongwe, George Abungu, Carlo Maria Martini, Baye Ndiaye, Alain Rouillard, Tidiane Dioh, Franco Crevatin, Modou Mamoune Faye, Lee V. Cassanelli, Filomeno Lopes, Angelo Turco, Mario Agostinelli, Marco Padula e Amanda Reggiori, Athanase Karayenga, Fabrizio Guglielmini, Cheik Tidiane Gadio, Adama Dieng. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it 6. RILETTURE. GIUSEPPE PAPAGNO, ERNESTO PERILLO (A CURA DI): MEMORIA RAGIONE IMMAGINAZIONE Giuseppe Papagno, Ernesto Perillo (a cura di), Memoria ragione immaginazione. L'incontro tra culture e la pace. Percorsi didattici interdisciplinari di educazione alla pace e al dialogo interculturale, Emi, Bologna 1995, pp. 176, lire 25.000. Frutto di un progetto di lavoro sostenuto dalla Regione Veneto e dall'Irrsae del Veneto questo volume reca materiali, proposte, risultati di esperienze di educazione alla pace e al dialogo interculturale nella e per la scuola media superiore. Con una introduzione di Emilio Butturini. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it 7. RILETTURE. ANGELO STEFANINI: SALUTE E MERCATO Angelo Stefanini, Salute e mercato. Una prospettiva dal Sud al Nord del pianeta, Emi, Bologna 1997, pp. 208, lire 20.000. Un medico specialista in sanita' pubblica con grande esperienza internazionale sia nel volontariato e nella cooperazione, sia come docente universitario, analizza l'impatto devastante che il dominio ideologico e pratico dell'"economia di mercato" (ovvero dei poteri transnazionali e dei rapporti di forza politici ed economici che dietro tale astratta etichetta si celano e agiscono) e le istituzioni finanziarie internazionali (Banca Mondiale innanzitutto) hanno sull'organizzazione delle strutture sanitarie (ovvero sulla loro effettuale destrutturazione) e sul diritto alla salute (ovvero sulla effettuale denegazione sua) nel sud del mondo. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it 8. RILETTURE. UCODEP, CENTRO DI DOCUMENTAZIONE CITTA' DI AREZZO: INTERCULTURA Ucodep, Centro di documentazione Citta' di Arezzo, Intercultura. Riflessioni ed esperienze di educazione interculturale in ambito scolastico, Emi, Bologna 2004, pp. 96, euro 6,50. Il volumetto reca alcuni materiali di attivita' di educazione interculturale promosse dalla ong Ucodep e dal Centro di documentazione Citta' di Arezzo, con due ampi contributi di Graziella Favaro e di Simone Caccamo. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it, stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it 9. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2008 Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo: l'Agenda dell'antimafia 2008, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2007, euro 10. A cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, edita dal Centro Impastato con Addiopizzo, Cesvop, Comune di Gela, Consorzio Ulisse. L'agenda puo' essere richiesta al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 10. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2008 Dal 1994 ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di "antologia della nonviolenza" che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. Uno strumento di lavoro che vivamente raccomandiamo. Per richieste: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it Il costo di una copia di "Giorni nonviolenti" 2008 e' di 10 euro, sconti progressivi per l'acquisto di un numero di copie maggiore. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 318 del 29 dicembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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