[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Voci e volti della nonviolenza. 125
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 125
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 22 Dec 2007 13:48:16 +0100
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 125 del 22 dicembre 2008 In questo numero: 1. Giuseppe Casarrubea ricorda Danilo Dolci 2. Et coetera 1. GIUSEPPE CASARRUBEA RICORDA DANILO DOLCI [Ringraziamo Giuseppe Casarrubea (per contatti: icasar at tin.it) per questo intervento] E' stato definito in vari modi: albero a foglie caduche, con rami diversi; sognatore, seguace di Gandhi, rivoluzionario, sociologo, intellettuale disorganico, poeta, mistico. Tutti con una parte di verita', ma inadeguati per un uomo che ha legato il suo nome a una terra lontana che amava. Un amore non sempre ricambiato. Quando a sinistra le scuole di partito insegnavano ad essere gramscianamente organici ai lavoratori, era disorganico e guastafeste. Trasgressivo alla maniera di Aldo Capitini, suo grande amico. Odiava la parola "massa". Gli ricordava l'impasto, la confusione, e nelle riunioni attorno a quel tavolo di palazzo Scalia a Partinico, dove non pochi venivamo chiamati a sederci negli anni '60, una delle tante officine del suo pensiero, insegnava che "persona" significa l'opposto di massa. Per questo fu anomalo. Tuttavia diceva che Lenin e Gesu' Cristo erano i suoi maestri. Era fissato con l'etimologia e riteneva che "persona", oltre al significato greco di "maschera", ha anche quello latino di attraversare qualcuno in modo armonico, "per-sonare", "suonare attraverso". Sciascia disse che aveva scambiato la Sicilia con l'India. Il cardinale Ruffini, mantovano di cultura e di nascita (era nato nel 1888 a San Benedetto Po), raffinato intellettuale pure lui, oltre che prelato d'altri tempi, volle additarlo come uno dei mali della terra del Gattopardo, assieme alla mafia. Si spinse a tappezzare l'isola di strani manifesti recanti i simboli del suo potere ecclesiastico e un testo pieno di vituperi e personali attacchi. La violenza degli insulti fu tale che ricordo che tutti rimanemmo esterrefatti. Almeno quelli che cominciavamo ad usare il cervello, anche se ragazzini e un po' chierichetti. Ma Dolci non fu niente di tutto quello che, nel bene e piu' spesso nel male, dissero e scrissero di lui i siciliani e gli italiani del suo tempo. Non teorizzo' nulla e rifiuto' sempre di essere maestro di qualcuno. I conservatori lo videro come il fumo negli occhi e i progressisti lo ritennero un anarchico individualista. Fu aperto a tutte le religioni. Ebbe amici valdesi ed evangelici, buddisti e confuciani, islamici e semplicemente innamorati di un Dio inafferrabile. Fu discepolo di don Zeno e compagno di lotta di preti che apparivano non meno trasgressivi di lui. Utilizzo' le idee di don Milani per il suo progetto di Mirto, una specie di Barbiana di lusso impiantata nel cuore della Sicilia mafiosa, nel paese di Frank Coppola, capocordata del traffico di stupefacenti e partinicese diventato poi "re di Pomezia". Una scuola che concepi' alla maniera di Pestalozzi e dei principi illuministici di Rousseau. Fu antiautoritario, espressione della cultura mitteleuropea. Caposcuola dell'antimafia quando nessuno osava neanche pensare di pronunciare in pubblico la parola mafia. Soleva ripetere spesso un proverbio cinese: "Chi guarda avanti dieci anni pianta alberi, chi guarda avanti cento anni pianta uomini". Rifiuto' di fare l'architetto per essere - come diceva- "architetto di uomini". Quando giunse in Sicilia con le tasche vuote e la testa piena di progetti, forse non pensava che vi si sarebbe fermato per quasi cinquant'anni. Certamente non si sentiva un turista alla ricerca di emozioni. Si lascio' alle spalle le citta' industriali del Nord per operare su un terreno aspro e pieno di rischi. Passo' dai paesaggi limpidi e verdi della Slovenia dov'era nato, a Sesana (allora italiana, 1924) per una terra dove le fogne scorrevano a cielo aperto e la mafia faceva perdere l'acqua dei fiumi a mare, per lucrare sui pozzi privati. Ma il suo animo conservo' sempre il carattere limpido e sereno dei paesaggi verdi della sua prima infanzia. Diceva che se ami qualcuno o qualcosa prima te li devi sognare. Odiava quelli che, quando c'e' da fare una fatica, fingono di portare i pesi scaricandoli in modo subdolo sugli altri. Sesana non era Trappeto e il paesaggio di quel borgo del confine italo-jugoslavo non era quello della miseria dei pescatori abbandonati da Dio e dallo Stato. Qui, come in tutta la Sicilia, c'era da rimboccarsi le maniche e lavorare di "pala e picco", senza contropartita. Le sue piu' grandi doti furono il coraggio, la coerenza e la difesa della dignita' dell'uomo. A ogni costo. Fu un uomo con la spina dorsale sempre dritta. Suoi amici furono Giorgio Amendola e Giorgio La Pira, Carlo Levi ed Elio Vittorini, Lucio Lombardo Radice e Gastone Canziani, Ferruccio Parri e Piero Calamandrei, Ernesto Treccani ed Ettore De Conciliis, Bruno Zevi e Mario Luzi, Johan Galtung ed Erich Fromm e Paulo Freire, al quale ultimo fu legato da un comune modo di sentire i problemi dell'educazione e da uno stesso anno che li accomuno': il 1997, quando entrambi morirono. Alcuni di loro, come molti altri ancora viventi, potrebbero testimoniare del suo insegnamento. A Trappeto fondo' un'universita' popolare internazionale con ampie sale per seminari, grandissimi tavoli circolari per le discussioni, laboratori artistici. Odiava i banchi e le cattedre ed Ettore Gelpi che lo seguiva da vicino negli anni attorno al '68 forse pensava a lui quando scrisse Scuola senza cattedra. Ricordo riunioni con gruppi di svedesi, norvegesi, finlandesi, americani, di diverse parti del mondo. Si reco' anche in Senegal e in Ghana alla ricerca di un mondo possibile, dell'utopia concreta. In ultimo anche in Cina, con la febbre addosso e la polmonite. Fu l'intellettuale del '900 piu' processato, ma anche la persona che seppe combinare assieme mani e cervello, azione e studio. Memorabili lo "sciopero alla rovescia" e le sue battaglie per la costruzione della diga sul fiume Jato, quando la mafia gestiva l'acqua dei pozzi vendendola a caro prezzo. I mafiosi lo tennero sempre sotto mira, ma lo Stato non fece da meno: lo processo' "per spiccata tendenza a delinquere". Fu il primo in Italia a dimostrare l'esistenza del "sistema clientelare-mafioso". La prima Commissione nazionale antimafia che lo ascolto' negli anni '60, su sua stessa richiesta, per poco non lo mise sotto processo per le sue accuse contro mafiosi e deputati. Ma fu grazie a lui che un uomo come Giancarlo Caselli, col quale negli ultimi anni ebbe rapporti di stima e di affetto, decise - come ebbe a dichiarare in seguito lo stesso procuratore della Repubblica - di lasciare Torino e di lavorare a Palermo. Fu agitatore sociale ed educatore, sognatore e uomo d'azione. Sfido' uomini di Stato e potenti, ma fu tenero con gli ultimi. Fu soprattutto laico, costruttore di futuro. Pensava che per avere un mondo diverso bisogna prima di tutto sognarlo e guardarlo con occhi diversi. Ma era il suo modo di esistere ad essere inconsueto, nuovo. Il che dava fastidio ai benpensanti e non solo a loro. Sua caratteristica fu la rigidita' nel rispetto degli orari. Scrisse che mancare a un appuntamento o ritardare era come fare un buco in una barca. Una volta rimprovero' un suo amico arrivato con soli cinque minuti di ritardo. Gli disse: "La prossima volta non entri". Per queste sue "manie" poteva risultare inopportuno e fastidioso. Qualche volta veniva a svegliarmi la mattina, di buon'ora. Per non disturbare gli inquilini non suonava il campanello, si metteva in mezzo alla strada e mi chiamava con quel suo timbro, rimasto sempre continentale, finche' non lo sentivo. Alle quattro del mattino, e in inverno. Concepiva il tempo come se fosse sempre in tempi di guerra. Aveva preso l'abitudine ad alzarsi presto dai contadini, o dai piccoli borghesi che tenevano in casa l'asino e qualche botte di vino e che dovevano essere all'"antu" (sul posto di lavoro) prima dell'alba se volevano guadagnarsi la giornata. E dai grandi dirigenti contadini, come Accursio Miraglia, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, tutti ammazzati dalla mafia, aveva capito molte piu' cose della Sicilia di quelle che forse gli stessi dirigenti sindacali del suo tempo non avevano capito. Sapeva interrogarsi e come far nascere negli altri gli interrogativi necessari perche' anche in loro si mettessero in movimento certe abitudini, certi processi. Dai giornalieri, dai mezzadri, dai lavoratori agricoli aveva capito quello che c'e' di piu' profondo nella loro cultura: il rispetto per la natura e per gli uomini: le piante, gli alberi, le specie vegetali, le storie dei singoli e delle persone. Aveva l'ottimismo della ragione e della volonta', e per quanto conoscesse molti politici o dirigenti sindacali, pur essendone spesso amico, fu convinto che solo la fede nel cambiamento puo' muovere la storia. Grazie a lui fu costruita la diga sullo Jato e si organizzo' il primo consorzio democratico per la gestione delle acque in Sicilia: un patrimonio delle lotte sindacali del territorio partinicese oggi finito - come Dio solo lo sa - nelle mani di quali gestori di sviluppo. Nel marzo 1970 denuncio' da una radio trasmittente (la prima radio libera d'Italia) le condizioni di abbandono delle popolazioni dei paesi della valle del Belice distrutti dal terremoto del gennaio '68. Dopo due anni nessuna casa si era ancora costruita e quelle popolazioni morivano letteralmente di freddo e di fame. Cosi' la "Radio libera dei poveri cristi" fu la radio che scopriva il diritto alla comunicazione, anche come diritto alla parola di chi non aveva voce per farsi ascoltare. Anticipo' Peppino Impastato che lo segui' nella sua esperienza di "Radio Aut", alcuni anni dopo. Nego' l'esistenza della "comunicazione di massa" e ritenne i modelli "trasmissivi" di Berlusconi, sui quali aveva cominciato a riflettere negli ultimi tempi con viva preoccupazione, alla base di molti dei mali della nostra societa' e della politica. Il suo motto fu: "Vivi in modo che in qualunque momento muori o t'ammazzano, muori contento". Quando andai a vederlo, gia' morto, nella sua piccola casa di Trappeto, in una giornata di dicembre che sembrava estiva, aveva ancora il sorriso sul volto. 2. ET COETERA Giuseppe Casarrubea e' uno dei massimi storici della Sicilia contemporanea, figlio del militante del movimento operaio assassinato dalla mafia a Partinico nel 1947, collaboratore di Danilo Dolci, educatore e preside, ha dedicato fondamentali ricerche alle lotte del movimento dei lavoratori contro la mafia, valoroso militante del movimento antimafia, vive e lavora a Partinico (Palermo). Tra le molte ed ottime opere di Giuseppe Casarrubea segnaliamo particolarmente: Intellettuali e potere in Sicilia, Sellerio, Palermo 1983; L'educazione mafiosa, Sellerio, Palermo 1991; Gabbie strette, Sellerio, Palermo 1996; Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato, Angeli, Milano 1997; Fra' Diavolo e il governo nero. Doppio Stato e stragi nella Sicilia del dopoguerra, Angeli, Milano 1998; Salvatore Giuliano: morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti, Angeli, Milano 2001; Storia segreta della Sicilia. Dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra, Bompiani, Milano 2005. * Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.cesie.org, www.nonviolenti.org ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 125 del 22 dicembre 2008 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Minime. 311
- Next by Date: Minime. 312
- Previous by thread: Minime. 311
- Next by thread: Minime. 312
- Indice: