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Minime. 287
- Subject: Minime. 287
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 28 Nov 2007 00:30:53 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 287 del 28 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. L'Onu chiede di ridurre dell'80% le emissioni inquinanti che provocano il surriscaldamento del clima. Occorre quindi drasticamente ridurre anche il trasporto aereo 2. Peppe Sini: Alcune semplici domande al Ministro dei Trasporti il 28 novembre a Viterbo 3. Marco Catarci intervista Luciano Capitini su Aldo Capitini 4. Marisa Guarneri: L'8 marzo a novembre 5. Tiziana Plebani: La casa cura del mondo 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. MONDO. L'ONU CHIEDE DI RIDURRE DELL'80% LE EMISSIONI INQUINANTI CHE PROVOCANO IL SURRISCALDAMENTO DEL CLIMA. OCCORRE QUINDI DRASTICAMENTE RIDURRE ANCHE IL TRASPORTO AEREO [Riportiamo il seguente comunicato del 27 novembre 2007 del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo (per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org), dal titolo "L'Onu chiede di ridurre dell'80% le emissioni inquinanti che provocano il surriscaldamento del clima. Occorre quind drasticamente ridurre anche il trasporto aereo. E' quindi evidente che il devastante mega-aeroporto a Viterbo non si fara'"] L'Onu chiede ai paesi industrializzati di ridurre entro il 2050 dell'80% le emissioni inquinanti che provocano il surriscaldamento del clima. E' la richiesta contenuta nel Rapporto sullo sviluppo umano 2007-2008, "Resistere al cambiamento climatico", realizzato dall'Undp (il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) diffuso oggi dall'Onu; in esso si evidenzia dettagliatamente come se non si interviene subito per ridurre drasticamente le emissioni inquinanti responsabili dell'effetto serra vi saranno irreversibili conseguenze catastrofiche per la biosfera e per l'umanita'. La richiesta dell'Onu ha come ovvia conseguenza la necessita' di interventi energici ed immediati, tra i quali non potra' non esservi la riduzione del trasporto aereo, gia' oggi corresponsabile del problema nell'enorme misura del 10%. Basterebbe questo a chiarire che la realizzazione a Viterbo di un devastante mega-aeroporto per voli low cost e' una prospettiva semplicemente scandalosa e insensata. * Il mega-aeroporto a Viterbo non si fara'. E non si fara' perche' un'opera cosi' nociva e devastante non superera' mai la Valutazione d'Impatto Ambientale (in sigla: Via) e la Valutazione Ambientale Strategica (in sigla: Vas) obbligatorie per legge. E non si fara' perche' la comunita' viterbese quando sara' consapevole degli effetti catastrofici dell'opera per la salute dei cittadini e per i beni ambientali ed economici locali si opporra' con decisione ad esso. E non si fara' perche' la popolazione di Viterbo non permettera' che una barbara lobby speculatrice devasti un bene naturalistico, storico, culturale, sociale ed economico come l'area termale del Bulicame. E non si fara' perche' la popolazione dell'Alto Lazio che gia' subisce il grave danno per la propria salute delle emissioni inquinanti del polo energetico Civitavecchia-Montalto non permettera' che si realizzi un ulteriore fattore di rischio che alimentera' gravi patologie. E non si fara' perche' non sara' possibile l'immenso sperpero di soldi pubblici che un'opera del genere implica: i soldi pubblici nell'Alto Lazio devono essere utilizzati per potenziare le ferrovie, per difendere e valorizzare i beni ambientali e culturali e le vocazioni produttive del territorio, per promuovere il diritto alla salute e all'assistenza, non per arricchire pochi speculatori a danno dell'intera popolazione. E non si fara', infine, appunto perche' anche l'Onu chiede con chiarezza e fermezza di ridurre subito l'effetto serra, e quindi si dovra' necessariamente ridurre il trasporto aereo, non aumentarlo. * Il nostro comitato si impegnera' ad informare i cittadini, a mettere le istituzioni di fronte alle loro responsabilita', a chiedere alle competenti magistrature gli interventi previsti dalla legge per impedire un'opera nociva e distruttiva. Siamo certi che con la forza della verita', della democrazia, della legalita', la popolazione dell'Alto Lazio riuscira' a respingere il devastante mega-aeroporto che danneggia la salute di tutti e l'ambiente che e' la nostra casa comune. 2. HIC MANEBIMUS OPTIME. PEPPE SINI: ALCUNE SEMPLICI DOMANDE AL MINISTRO DEI TRASPORTI IL 28 NOVEMBRE A VITERBO Festeggiato dalla lobby politico-affaristica dell'estrema destra (che per l'occasione annuncia imprese dannunziane in sedicesimo e che sbevazzera' in piazza), accompagnato dall'ultimo seguace della corrente andreottiana viterbese (il Fioroni oggi ministro ma che a Viterbo e' meglio ricordato come ventennale delfino di Rodolfo Gigli - quello del "caso Gigli-Icem" - e come sindaco degli ultimi anni ruggenti della prima repubblica), giunge a Viterbo il 28 novembre il Ministro dei Trasporti pro tempore a tenere un'iniziativa propagandistica del suo partito dopo aver deciso di dare il via libera all'avvio delle procedure per realizzare a Viterbo un mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma, un'opera scandalosamente nociva e distruttiva. C'e' da chiedersi se il ministro sappia o meno quali sarebbero le conseguenze dell'eventuale realizzazione dell'opera. Sa il ministro che essa devastera' l'area termale del Bulicame? E sa che l'area termale del Bulicame e' un valore irrinunciabile per Viterbo, e in ragione della sua rilevanza naturalistica, storica e culturale costituisce un vero e proprio patrimonio dell'umanita'? Sa il ministro che l'inquinamento atmosferico provocato dai voli danneggera' enormemente la salute dei cittadini dell'Alto Lazio, gia' colpiti dalle emissioni inquinanti del polo energetico Civitavecchia-Montalto? Sa il ministro che l'inquinamento acustico danneggera' la salute e il benessere di migliaia e migliaia di cittadini di Viterbo? Sa il ministro che occorre non incrementare ma drasticamente ridurre il trasporto aereo, se si vuole contrastare il surriscaldamento del clima che sta portando la biosfera al collasso? Sa il ministro che continuare a sperperare ingentissime risorse pubbliche a vantaggio di imprese speculative e a danno dell'intera popolazione e' cattiva, anzi pessima amministrazione della cosa pubblica? Sa il ministro che il mega-aeroporto nel sedime individuato non potra' mai superare la Valutazione d'impatto ambientale (Via) e la Valutazione ambientale strategica (Vas) obbligatorie per legge? Sa il ministro che l'Alto Lazio ha gia' subito pesantissime servitu' e non puo' piu' tollerarne di ulteriori? Sa il ministro che Viterbo ha bisogno di difendere e valorizzare i suoi beni ambientali e culturali e le sue vocazioni produttive, mentre il mega-aeroporto produrrebbe solo colossali devastazioni? Il mega-aeroporto per voli low cost a Viterbo e' un crimine e una follia. Con la forza della verita', con la forza della democrazia, con la forza della legalita' impediremo che questo crimine e questa follia si realizzi. Con la coscientizzazione e la partecipazione popolare, con l'azione nonviolenta, con gli strumenti messi a disposizione dall'ordinamento giuridico fermeremo ancora una volta i nuovi barbari e i predoni di sempre. 3. RIFLESSIONE. MARCO CATARCI INTERVISTA LUCIANO CAPITINI SU ALDO CAPITINI [Ringraziamo Marco Catarci (per contatti: catarci at uniroma3.it) per averci messo a disposizione questo suo dialogo con Luciano Capitini su Aldo Capitini, estratto dalle pp. 247-253 del suo recente libro Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007. L'intervista e' stata realizzata il 2 marzo 2007 a Pesaro. Marco Catarci, da sempre attivo in iniziative di solidarieta', per i diritti, la pace e la difesa della biosfera, e' ricercatore e docente di Pedagogia sociale presso la facolta' di Scienze della formazione dell'Universita' degli studi Roma Tre, dove collabora con il Creifos (Centro di ricerca sull'educazione interculturale e sulla formazione allo sviluppo). Ha partecipato a numerose ricerche in campo educativo e sociale, e' autore del volume All'incrocio dei saperi. Una didattica per una societa' multiculturale, e di numerosi saggi e articoli sui temi dell'immigrazione, della formazione, della mediazione culturale. Tra le opere di Marco Catarci: All'incrocio dei saperi. Una didattica per una societa' multiculturale, Anicia, Roma 2004; "La pedagogia degli oppressi di Paulo Freire", in "Studium", n. 4, 2004; "Il percorso formativo del mediatore linguistico-culturale: il modello proposto dal Cies" e "La mediazione in ambito educativo", in F. Susi, M. Fiorucci (a cura di), Mediazione e mediatori in Italia. La mediazione linguistico-culturale per l'inserimento socio-lavorativo dei migranti, Anicia, Roma 2004; "Formazione e inserimento lavorativo dei rifugiati in Italia", in M. Fiorucci, S. Bonetti (a cura di), Uomini senza qualita'. La formazione dei lavoratori immigrati: dalla negazione al riconoscimento, Guerini Associati, Milano 2006; Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007. Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nell'associazione nazionale "Amici di Aldo Capitini", nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza". Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org] Luciano Capitini e' presidente della Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini e membro del Movimento Nonviolento. * - Marco Catarci: Luciano, tu sei il nipote di Aldo Capitini? - Luciano Capitini: Io sono il cugino di secondo grado, in quanto mio padre era cugino di primo grado di Aldo, Aldo e mio padre erano figli di fratelli, io l'ho chiamato zio e lascio che tutti dicano che sono il nipote perche' in casa lo chiamavo zio, come succede soprattutto nel centro Italia. Aldo l'ho frequentato dal 1950 circa, ma poco, perche' lui era eccezionalmente preso, viaggiava in continuazione e abitavamo lontani: per l'Italia di quell'epoca Perugia e Milano erano lontane. Nel 1950 l'ho conosciuto perche' mio padre prese tutta la famiglia, nell'Anno santo, e ci porto' a Roma; siamo passati per Perugia e ci siamo fermati li' e cosi' ho conosciuto questo mio zio. Era una persona che dava un'impressione forte che ti entrava dentro, l'ho constatato poi andando in giro e tanti amici suoi mi dicevano che Aldo aveva questa particolarita': al primo impatto tu avresti sentito che quest'uomo aveva questa carica forte, che ti avrebbe cambiato la vita; alcuni l'hanno chiamata aura, questa serieta' e familiarita' allo stesso tempo. Fofi in un suo libro, Le nozze coi fichi secchi, parla di Aldo proprio sotto questo aspetto. Nel 1950 avevo 17 anni. A quell'epoca non so che domande avrei potuto fare, ne' cosa avrei capito dalle risposte. Questo ha significato che io non ho per niente goduto del mio rapporto con Aldo. Appena morto mi sono accorto con stupore che mio zio doveva essere una persona importantissima, perche' tutte le riviste parlavano di questo filosofo, di questo religioso, di questo rivoluzionario e allora mi sono detto "vale la pena che io lo legga". Tante persone che ho incontrato nella vita mi dicevano: "Aldo l'ho stimato tanto, ma non ero un capitiniano". E mi e' rimasta impressa questa forte stima e anche il non voler dire di essere capitiniani, perche' era una posizione che veniva giudicata come utopica. Mi sembra che questo abbia un significato: Aldo non cercava di avere seguaci, allievi. * - Marco Catarci: E come mai? - Luciano Capitini: Ne ha avuti di allievi, solo che non li ha organizzati, credo per un principio di rispetto per gli altri, per lasciare una totale liberta' nelle loro scelte. Ma c'e' un episodio molto bello che mi ha raccontato Adriana Croci, che e' stata allieva di pedagogia di Aldo all'Universita' di Perugia; lei non era una ragazza di vent'anni, ma era gia' adulta, perche' entro' all'Universita' nel 1966 grazie a una norma che prevedeva che le maestre che non avevano il diploma potevano entrare nell'Universita' e cosi' ebbe come maestro Capitini. Tra i diversi studenti questa donna emerge anche per l'eta' e Aldo Capitini le propone, tramite il professor Savelli, di diventare il tutor di questi giovani. Si incontrano in un corridoio dell'Universita', Adriana Croci dice ad Aldo: "Professore, la ringrazio di questo onore che mi da'", perche' questo significava poi poter diventare assistente, e poi dice: "Pero', professore, io ho continuato a lavorare mentre ero qui all'Universita', ho una classe quarta e vorrei tanto portarli all'esame finale di quinta", allora lei racconta che Aldo le risponde: "Croci, sentimento si', sentimentalismo no! Tu credi che se hai fatto bene il tuo lavoro per quattro anni, qualcuno verra' e rovinera' il tuo lavoro o credi che se hai fatto male per quattro anni nell'ultimo anno potrai rimediare?". Allora lei dice: "Va bene, accetto". Questo per dire il rapporto che aveva con gli studenti, molto rigoroso. * - Marco Catarci: Perche' il pensiero pedagogico di Aldo e' rimasto un po' in ombra rispetto alle dimensioni politiche, filosofiche e religiose? - Luciano Capitini: Per colpa dei nonviolenti italiani, mi ci metto anche io, i nonviolenti italiani sanno di avere un tributo verso Aldo Capitini e ognuno qualche cosa ha cercato di fare nella sua vita, chi nel campo della nonviolenza, chi nel campo dell'omnicrazia, chi su quello religioso, chi su quello della politica, ma su quello della pedagogia quasi nessuno, come se Aldo non fosse un pedagogista, ma alla pedagogia fosse arrivato per risulta, perche' gli erano state chiuse le altre porte per entrare nell'Universita'. Ma ho capito che tutti questi nonviolenti, che fanno un lavoro politico, filosofico, religioso, se non mettono insieme il fatto pedagogico, fanno un lavoro parzialmente inutile, perche' e' solo il concetto pedagogico che mette tutto sul piano costruttivo, reale; perche' se parli dell'omnicrazia, come si costruira' quest'uomo che deve praticare l'omnicrazia? Nelle facolta' di Pedagogia ci sono dei capitiniani convinti, che non si conoscono, ma che sono i piu' entusiasti del pensiero di Capitini. * - Marco Catarci: Mi sembra che la necessita' di un'azione pedagogica sia affermata con un passaggio chiave del pensiero di Aldo Capitini, secondo il quale la "tramutazione", vale a dire la trasformazione sociale, non e' possibile se non attraverso una contemporanea trasformazione delle coscienze delle persone. Questo e' un problema educativo? - Luciano Capitini: Non solo, aggiungo, educativo di una certa educazione, non qualsiasi. Ed e' la sua pedagogia che forma l'uomo che e' disponibile alla nonviolenza, all'apertura, alla liberazione, che e' formato alla critica dell'esistente, che e' abituato alla costruzione del valore. * - Marco Catarci: Una cosa che mi colpisce sono gli straordinari contatti di Aldo Capitini con tutte le esperienze educative piu' avanzate di quegli anni: con Dolci, con don Milani, con Borghi. - Luciano Capitini: Lui poi non aveva conoscenze superficiali, ma approfondite. Se troverai gli echi di queste persone, sentirai che e' stato sempre un rapporto profondo, come con Calogero o con Dolci. Anche il suo modo di viaggiare era particolare. Lui partiva da Perugia e andava a Firenze con il treno. A Firenze aveva un appuntamento con due persone, si mettevano in stazione su una panchina, parlavano per due ore, poi andava a Bologna dove incontrava altre persone, si faceva una chiacchierata e poi ripartiva per Milano, arrivava da noi, veniva a dormire a casa nostra, perche' il giorno dopo aveva magari un convegno e poi ripartiva sempre con questo metodo. Lui era cosciente del grande carisma che aveva come persona, mentre si rendeva conto che i suoi scritti non erano tra i piu' comunicativi. Voleva avere di fronte la persona per capire come gli doveva parlare. Tanto e' vero che i suoi libri spesso sono collage di articoli. Forse non amava i libri. Invece faceva articoli specifici, magari per una conferenza, perche' sapeva chi incontrava a quella conferenza. Questo era il suo modo di comunicare. * - Marco Catarci: La sua azione e riflessione educativa nasce dall'esperienza di animazione antifascista? - Luciano Capitini: Sull'antifascismo va detto che l'Italia aveva espresso una mole di antifascisti, ma erano quelli di prima del fascismo, i cosiddetti democratici, che all'insorgere della dittatura o vanno all'estero, o vengono emarginati, o incarcerati, o vengono convinti a stare zitti. Questi uomini lavorano per ristabilire il sistema democratico come loro lo conoscevano, che era quello dei partiti. Aldo e' un antifascista nuovo, lui riesce a essere la voce dei nuovi antifascisti, quelli che il sistema precedente non lo conoscevano, quelli che dei partiti avevano sentito parlare appena, lui tra l'altro li aveva anche criticati, poi con il fascismo ne sente la mancanza, ma non dimentica gli errori. E' stato per un periodo l'unico antifascista, giovane fra i giovani, in Italia, perche' c'era praticamente solo lui. Voglio sottolineare questa visione innovativa che lui ha dell'antifascismo: superare il fascismo con una visione politica, con una realizzazione politica che abbia una caratterizzazione religiosa. E' li' che il Partito d'azione non gli va bene, e, come dici, cio' spiega il genere di rapporto con gli altri giovani sulla strada dell'antifascismo. * - Marco Catarci: Al di la' del fatto che mi colpisce che un'esperienza che sperimentiamo oggi come quella del "bilancio partecipativo" era stata anticipata da Aldo Capitini, io ho l'impressione che i Centri di orientamento sociale (Cos) piu' che strumenti di democrazia diretta - e infatti non deliberano nulla - siano uno strumento di formazione, una scuola di democrazia per chi usciva dalla dittatura fascista. Che ne pensi? - Luciano Capitini: In un certo senso si tratta di "antifascismo", non contro, ma il contrario del fascismo. La' uno decideva per tutti, qui noi nel rispetto reciproco confrontiamo le nostre posizioni, e troviamo nuove cose da fare, almeno nella valenza teorica, perche' poi nella pratica non c'e' stata continuita': pian piano i partiti hanno capito che i Cos limitavano il loro potere, e d'altra parte, pur non deliberando formalmente, con la critica aperta e leale, con le proposte sensate, la gente dei Cos influiva fortemente sulle amministrazioni locali. * - Marco Catarci: Come ti sei accorto di questo aspetto pedagogico trascurato negli studi su Aldo Capitini? - Luciano Capitini: Quando ho letto il libro di Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile, ho capito l'importanza della pedagogia di Aldo. Nel campo dei nonviolenti l'ambito della pedagogia lo abbiamo snobbato. Ma in Sardegna, dove Aldo ha insegnato Pedagogia piu' a lungo, c'e' un forte sapore di Aldo. * - Marco Catarci: Mi colpisce che Aldo Capitini non rimane nell'Universita', ma conduce sempre azioni educative sul territorio. Ma la nonviolenza ha una necessita' educativa? E' necessario costruire una cultura della nonviolenza? - Luciano Capitini: E' quello che si dice in questi giorni, perche' sono venute a galla alcune contraddizioni del mondo nonviolento che e' contro la guerra e poi vota per un governo, che si distacca pochissimo dalla politica bellicista. Allora i nonviolenti, dopo essersi insultati e criticati, alla fine han concluso proponendosi di continuare con l'opera di penetrazione, educazione, diffusione, comunicazione, perche' e' quello che possiamo fare, noi sappiamo che la nonviolenza risolvera' i problemi del mondo, ma e' uno sguardo sul futuro. Cio' non toglie che questo mondo o intraprendera' la via della nonviolenza o perira'. * - Marco Catarci: Il fine di tutto il pensiero di Capitini e' proprio la "tramutazione"? La nonviolenza serve a trasformare il mondo? - Luciano Capitini: Io credo che uno che fosse totalmente a fianco di Capitini anche sul lato religioso, io non lo sono, ti direbbe di si'. Io faccio ancora dei distinguo su quanto la religione debba entrare in un progetto di tramutazione. * - Marco Catarci: Un elemento di difficolta' nell'accostamento alle opere di Aldo Capitini e' anche questa patina di "misticismo" in molte sue opere, no? - Luciano Capitini: Nella lettura, ma soprattutto nell'adesione, io non ce la faccio. Sono d'accordo anche su quell'indicazione di come il fatto religioso entra nella nostra vita, poi pero' non sono d'accordo del tutto sull'applicazione. La religiosita' e' questa "dolorosa coscienza del limite" e invece la religione e' l'"appassionato tentativo di superamento del limite". Ma allora basta la religiosita' o serve anche la religione? Capitini non risolve forse fino in fondo questo problema. E secondo me potrebbe bastare solo la religiosita'. E poi i religiosi come la mettono? Perche' abbiamo dovuto perdere milioni di nonviolenti su questa differenza? Perche' questo pezzettino aggiunto ha permesso ai vescovi di dire che Capitini e' un eretico da lasciare da parte. Con un convegno che e' stato un successo nel mondo dei nonviolenti abbiamo superato un ostacolo grave nella comprensione tra nonviolenti credenti e non credenti, che non ci ha mai impedito di lavorare insieme, ma ci ha impedito di lavorare insieme forse con un'apertura totale e indiscussa. * - Marco Catarci: Quali sono le prospettive della nonviolenza oggi? - Luciano Capitini: Quelle che costruiremo tu ed io. Il mondo si sta arrabattando sulla nonviolenza, ma la disgrazia di Aldo e' che noi rappresentiamo l'unica vera alternativa radicale al sistema, e il sistema non ci perdona e ci tagliera' sempre le gambe. Perche' sa che con questo fatto di eliminare la violenza tu lo vuoi scalzare, perche' "io" sono convinto che il mondo che voglio e' migliore anche per il mio avversario, ma "lui" no. * - Marco Catarci: Un pedagogista brasiliano, Paulo Freire, sostiene che nella dialettica tra oppressori e oppressi, solo gli oppressi hanno il compito di liberare se stessi e i loro oppressori. E' cosi' anche per l'"amico della nonviolenza"? - Luciano Capitini: La nonviolenza, preso atto di questa situazione, dovrebbe consentire un metodo per cui tu riesci a coinvolgere anche i tuoi avversari, a far sentire la fratellanza anche a loro, e a stabilire una concordanza su alcuni punti, per cui, per esempio, se non altro almeno non ci ammazziamo piu', poi discutiamo anche accanitamente, ma almeno non ci ammazziamo. Gli oppressori non hanno nessuna voglia di cambiare, ma Capitini dice pero' che possono. * - Marco Catarci: Vuoi raccontarmi ancora qualcos'altro su Aldo Capitini? - Luciano Capitini: Io vedevo Aldo quando era in pantofole a casa, quando non aveva voglia di parlare perche' era stanco. Lui aveva dei problemi di salute ed era vegetariano. In realta' la sua dieta era basata su due alimenti: dadi per brodo e cioccolata. E' una stranissima connotazione che riporta anche a una leggera stranezza questa persona che noi vediamo cosi' razionale, lui andava in giro con in tasca sempre dadi per brodo perche' dovunque fosse poteva avere la sua minestra. * - Marco Catarci: Anche nel suo vegetarianesimo aveva anticipato i tempi. - Luciano Capitini: Si', va anche ricordato che tale scelta viene fatta dagli iscritti all'Avi (Associazione vegetariani italiani), che sono tantissimi, per una precisa visione etica e politica. 4. RIFLESSIONE. MARISA GUARNERI: L'8 MARZO A NOVEMBRE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 novembre 2007, col titolo "Per sole donne? I rischi di un recinto" e il sommario "La riflessione maschile sulle relazioni d'amore e di potere puo' cambiare il segno di un conflitto sanguinoso. L'esperienza del centro antiviolenza di Milano". Marisa Guarneri e' la presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano] Siamo a novembre e mi sembra l'8 marzo, mi arrivano avvisi di miriadi di iniziative e di richieste di interventi e di presenza da tutta Italia e da tutti gli ambiti. Altri omicidi efferati di donne rendono questo novembre piu' acceso, la violenza contro le donne pare interessare tutti, il senso di insicurezza e rischio e' diffuso. La convocazione a Roma della manifestazione nazionale indetta da gruppi di giovani donne sembra rispondere a questo bisogno di dire basta e di mostrare forza femminile. Ma il fatto che sia stata riservata solo alle donne rende perplessa me e con me molte altre donne di Milano e di altre citta'. Nella rete dei centri antiviolenza, rete nazionale forte ed importante, c'e' stata discussione e dissenso rispetto a questa scelta, ma prevale il desiderio di far riuscire la manifestazione. Io rispetto questa scelta, ma mi preoccupa il quadro entro cui matura. Da qualche tempo gruppi di uomini hanno preso parola contro la violenza alle donne, non per spirito solidale o per fare la loro parte, ma perche' la liberta' delle donne crea vantaggio e liberta' anche per loro. La riflessione sulla relazione d'amore e di potere con le donne aiuta ad allargare la possibilita' di azioni contro la violenza. Alla casa delle donne maltrattate di Milano telefonano e vengono sempre piu' uomini che chiedono informazioni e sostegno per donne a loro care: amiche, fidanzate, sorelle, madri. Vengono senza problemi e vengono ascoltati senza problemi. Il sostegno riguarda le donne in disagio, ma anche la loro rete affettiva ed amicale, figure maschili positive sono importanti per progetti di donne che escono dalla violenza. Questa scoperta di relazioni possibili cambia il segno di un conflitto sanguinoso, di una guerra diffusa e sempre piu' cruenta fatta da uomini che non accettano liberta' ed autonomia delle donne, che non sopportano di essere lasciati, che rivendicano dominio e controllo su donne che sempre piu' si allontanano. Sento il pericolo di un nuovo recinto simbolico che tiene fuori il male ma anche il bene. La violenza e' sicuramente violenza di uomini contro donne e questo dato e' indiscutibile. Ma sono altri uomini che la debbono sanzionare, isolare, rendere inaccettabile, riportare alla miseria che esprime, combatterla anche solo nel desiderio o nella tentazione, nella fragilita' e nella confusione. Violare, maltrattare ricostruisce certezze antiche, ma con il senso dell'oggi, nascondendosi e confondendosi dietro violenze simili o parallele, e facendo un gioco nuovo: la violenza e' diagnosticata come un fatto sociale, e questa diagnosi copre la violenza sessuata che si nasconde nel privato e in famiglia. Ogni giorno la forza femminile si incrocia con il dolore e la sofferenza e spesso nella stessa donna con un intreccio ed una lotta che altre donne riconoscono come propria e contribuiscono a sciogliere. 5. RIFLESSIONE. TIZIANA PLEBANI: LA CASA CURA DEL MONDO [Ringraziamo Tiziana Plebani (per contatti: tiplebani at libero.it) per questo intervento, dal titolo completo "La casa-cura del mondo: un'amorevole trama a quattro mani, unico riparo alla violenza". Tiziana Plebani, prestigiosa intellettuale, autrice di saggi di straordinaria finezza, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di donne per la pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei libri, Angeli, Milano 2001; Corpi e storia, Viella, Roma 2002] La parola "casa" e' stata nel passato sinonimo di donna, del lavoro quotidiano di cura delle donne. Non e' piu' cosi' o lo e' molto di meno. Ora questo mondo, un universo fatto di cibi cucinati e di panni lavati e stirati, di ordine e accoglienza degli ambienti della vita, di carezze e ninne-nanne per i bambini, luogo spesso di sofferenze e di dominio, di spazi di potere indiretto, di riconoscenza solo attraverso l'affetto dei propri cari, questo mondo in Occidente sta sparendo; non ci ha fatto voglia, l'abbiamo criticato e ci siamo sottratte, a buon diritto. Tuttavia erano le donne a tenere curate le case e a dare protezione agli uomini che ora se ne vanno soli e sempre piu' spesso pieni di rancore e disancorati per il mondo; erano le donne a crescere i figli, ad aspettare che prendessero il via quando l'avevano deciso, perche' loro, le donne, erano la' ad aspettarli, a casa, sempre. Ora i figli sono spesso soli nelle case. Erano le donne a custodire il villaggio, a diffondere le notizie, a tessere le reti solidali e insieme petulanti del vicinato, a esserci nel bene e nel male, esserci sempre li'. Ora e' difficile anche riuscire a ricevere un pacco e il postino nemmeno suona piu' e lascia con gesto automatico l'avviso di ricevimento. Siamo sempre meno nelle case, sempre piu' fuori, a lavorare, a guadagnare per vivere e a costruirci un posto nel mondo. Molte di noi hanno delle controfigure, domestiche e baby-sitter, che riempiono un po' il vuoto delle case e delle relazioni, ma il risultato non e' lo stesso, lo sappiamo; molte di noi vivono sole e si bastano. Vite schiacciate dal lavoro, o dalla sua mancanza, dalle storture di un mondo dove le merci hanno piu' valore degli individui, si stemperavano nelle case, addosso alle donne; in parte succede ancora ma sempre meno; le donne si sottraggono, sono altrove, si prendono una parte della fatica del mondo, il resto se la fanno scivolare via. Ma e' una ferita ancora non rimarginata, e' fresca e fa male, agli uomini fa male e alcuni uomini cosi' fanno male, con un linguaggio rozzo e violento parlano del loro bisogno, della loro mancanza. Possiamo svelare che tutto cio' manca anche a noi? Che e' stato necessario sottrarsi ma che non c'e' compensazione del vuoto d'amore e di cura? Che a tutti manca l'amore della madre? E che non e' in gioco una lotta tra piu' forti bensi' una trasformazione da cui potremo uscire non tanto vincitori o vinti ma semplicemente piu' umani? Dunque come fare a sostituire l'universo di cura che manca, di cui il mondo ha bisogno, di cui noi tutti abbiamo bisogno, perche' i luoghi, oltre le case, siano vivi e caldi, perche' circoli amorevolezza e si dissolva la marea aggressiva? Non c'e' via d'uscita, l'unica soluzione e' che ognuno, uomo o donna che sia, accetti di compiere una parte del lavoro di cura, dentro e fuori le case, dovunque, in modo che vi sia dappertutto un occhio benevolo che ci accompagna simile a quello della madre, che ci salutava quando uscivamo per andare a scuola, seguendoci fin dove il suo sguardo, e anche oltre, sapeva raggiungerci per proteggerci e incoraggiarci a procedere. Ridistribuire la cura, dividere e compartire il lavoro della vita che si rinnova e chiede attenzione, portarne il peso ma con valore, come una medaglia, come un gonfalone retto da uomini e donne, come una melodia intonata dalla banda comunale; riuscire a far comprendere cio' che le nostre antenate non potevano reclamare ma che noi, che ora siamo anche la' fuori, sappiamo: che una buona cena cucinata per tutti vale come un incartamento d'ufficio, che una casa ripulita e accogliente e' una pratica archiviata, che un figlio incoraggiato nei suoi compiti scolastici e' un obiettivo aziendale raggiunto, che un fiore coltivato nello spazio condominiale e' un bene culturale. Purche' tutto cio' non sia un segreto femminile rinchiuso tra quattro mura bensi' divenga valore sociale e condiviso, ridistribuito tra uomini e donne; purche' la cura sia una trama che, a modo proprio, accetti di intessere Ulisse insieme a Penelope per onorare la vita. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 287 del 28 novembre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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