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Voci e volti della nonviolenza. 115
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 115
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 21 Nov 2007 09:31:22 +0100
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 115 del 21 novembre 2007 In questo numero: Adriano Paolella e Zelinda Carloni: Il controllo delle risorse (2002) (parte seconda e conclusiva) MATERIALI. ADRIANO PAOLELLA E ZELINDA CARLONI: IL CONTROLLO DELLE RISORSE (2002) (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Da "A. rivista anarchica", anno 32, n. 283, estate 2002, riprendiamo il seguente dossier dal titolo "Il controllo delle risorse", a cura di Adriano Paolella e Zelinda Carloni, parte della serie sul tema "Globalizzazione. Idee per capire, vivere e opporsi al nuovo modello di profitto" (disponibile anche nel sito www.arivista.org)] Il controllo militare delle risorse Alcune risorse risultano essere fondamentali sia per la loro centralita' nei processi produttivi sia per la capacita' di produrre profitti. Tra esse in questo momento il petrolio e' la prima. L'enorme facilita' del prelievo, gli elevati consumi, i bassi costi di produzione e l'elevato prezzo di vendita delle merci, la centralita' come combustibile per la maggior parte dei processi produttivi fanno del petrolio la risorsa che in questo momento produce il maggiore movimento di denaro. Il sistema di controllo non si pone in atto solo per il petrolio ma per la quasi totalita' delle risorse concentrate il cui uso e' globale. Tale controllo e' stato richiesto da parte delle grandi compagnie e si attua prima attraverso accordi commerciali, poi con la creazione di concessioni monopolistiche alle compagnie, poi con la costituzione di governi asserviti, infine con l'occupazione militare ed i governi fantoccio. Gran parte di queste operazioni di controllo sono attuate da Stati Uniti & C., in quanto gran parte delle compagnie e quindi degli interessi risiede in quei paesi. L'instabilita' dell'area del Caspio dipende dalla presenza del 5% delle risorse petrolifere e di gas mondiali che dopo la divisione dell'Urss non hanno avuto padrone, e dalla necessita' di trovare tracciati controllabili per oleodotti. Se si verifica la localizzazione delle basi inglesi e statunitensi nel Golfo Persico si notera' che esse sono situate tutte in corrispondenza dell'area di maggiore sfruttamento del petrolio e del gas (circa il 40% della produzione mondiale). L'interesse per l'Afghanistan, oltre ad essere di strategia militare, e' connesso con la presenza di petrolio, di pietre preziose, ed alla necessita' del passaggio di oleodotti. Ma forse e' necessario considerare altri elementi. L'oppio dell'Afghanistan soddisfaceva circa l'80% della domanda mondiale. Un affare che lascia pochi soldi ai coltivatori ma moltissimi soldi ai gestori del mercato (gli Stati Uniti sono il maggiore mercato mondiale per uso personale e farmaceutico). Centinaia di miliardi di dollari di guadagno che improvvisamente, nel luglio 2000, e' stato interrotto dai talebani. Nel luglio 2001 non c'e' stato raccolto. A luglio 2002 ci sara' un nuovo raccolto. Dietro ogni conflitto vi e' una risorsa: in Angola e Sierra Leone i diamanti, nella Repubblica Democratica del Congo il rame e i diamanti, nel Sud Est asiatico (Timor, Malesia, Indonesia, etc.) il legname, nel Golfo Persico, nel Mar Caspio, in Algeria, Angola, Ciad, Colombia, Indonesia, Nigeria, Sudan e Venezuela il petrolio e il gas, etc. In alcuni casi si tratta di interventi degli Stati Uniti & C. per il controllo diretto, in altri casi di guerre infinite nell'ambito della medesima economia tra gruppi imprenditoriali che finanziano soggetti locali. Dove c'e' stabilita' ci sono governi feudali e monopolio di potenze occidentali, come in Arabia Saudita dove il 95% del petrolio estratto e' controllato da societa' statunitensi. Per ora si tratta di guerre per i minerali e i combustibili, ovvero risorse locali controllate da pochi e usate globalmente. Cosa succedera' quando si controlleranno globalmente, localmente gia' avviene, acqua e suoli? La prima guerra moderna in cui l'uso dell'acqua e' uno dei fattori propulsivi e' il conflitto mediorientale. Intanto gli Stati Uniti impegnano circa il 5% del loro bilancio per spese militari: 675.775,00 euro al minuto (350.000.000.000 dollari l'anno) pari al 40% delle spese militari dell'intero pianeta. * Su questo tema: AA.VV. (2201), No Global. Gli inganni della globalizzazione sulla poverta', sull'ambiente, sul debito, Zelig Editore, Milano. Brisard J. C., Dasquie' G. (2002), La verita' negata, Marco Tropea Editore, Milano. Blum W. (2002), Con la scusa della liberta', Marco Tropea Editore, Milano. Cheterian V. (2001), Dal golfo alla Cina. Conflitti ad alto rischio, in "Le Monde Diplomatique - Il Manifesto", 10 novembre 2001. Gouverneur C. (2002), Teheran alla guerra dell'oppio, in "Le Monde Diplomatique - Il Manifesto", 10 marzo 2002. Klare M. T. (2001), Nuova geografia dei conflitti, in "Guerra e Pace", novembre 2001. Kennedy P. (2002), L'arsenale dell'impero, in "Internazionale", n. 426, anno 9, marzo 2002. * Di necessita', risorsa Le modificazioni climatiche, l'instabilita' del clima e le mutazioni registrate nelle quantita' e nella frequenza dei periodi di pioggia hanno fatto insorgere il problema acqua anche in zone in cui tale emergenza non era storicamente presente. Una delle cause principali del collasso idrico di molti territori e' l'enorme uso, spesso motivato solo da ragioni di profitto, delle acque in agricoltura. In molte regioni, anche del nostro paese, invece di controllare l'adeguata utilizzazione delle acque, si e' iniziato a ipotizzare la realizzazione di impianti di potabilizzazione. Cosi' facendo non si rende compatibile l'uso con la quantita' di acque, in quanto l'uso incompatibile e' parte di un sistema produttivo e di profitto, ma si aggiunge un altro strumento che produce profitti, la vendita delle acque potabilizzate, ed aumenta la dipendenza della comunita' dal gestore o proprietario degli impianti che definira' costi e quantita' distribuite. In un sistema di mercato ogni necessita' diviene risorsa. * Gli esiti L'entita' del prelievo indiscriminato di risorse, a cui si e' appena accennato, ha comportato un danno irreparabile nell'ambiente e nella popolazione. La connessione infatti tra prelievo, alterazione dell'ambiente e delle comunita' e danni alla salute e' strettissima e diretta. Gli ecosistemi di acque dolci sono stati profondamente trasformati: le zone umide sono state ridotte in quantita' e dimensione (il 60% in meno in Europa nell'ultimo secolo, il 50% circa nel mondo) per bonifiche agricole e insediamenti; i fiumi sono stati rettificati e artificializzati (nel 1950 nel mondo vi erano 5.750 dighe sopra i 15 metri di altezza, oggi ve ne sono 41.000); i fiumi che in alcune stagioni dell'anno non riescono ad arrivare alla foce per la quantita' dei prelievi sono in aumento (Colorado, Fiume Giallo si sono prosciugati negli anni passati fino a 600 km dalla foce), interi serbatoi d'acque superficiali, quali il lago di Aral sono in via di prosciugamento lasciando migliaia di kmq di deserto. Il 90% del totale mondiale degli scarichi urbani vengono immessi non trattati nei fiumi, nei laghi, nelle acque costiere. Ogni anno 5.000.000 di persone muoiono per avere bevuto acqua inquinata e il 28% della popolazione mondiale non ha facile accesso all'acqua potabile. Come visto gli ecosistemi forestali si riducono ogni anno di una superficie enorme; il 30% delle aree potenzialmente interessate da foreste e' stato convertito in agricoltura in parte irrigua (la superficie delle aree irrigue pari al 17% del totale e' aumentata del 72% dal 1966 al 1996). I suoli sono continuamente utilizzati per insediamenti (471 milioni di ettari, il 4% della superficie delle terre emerse, e' occupata da insediamenti), il 26% e' utilizzato ad agricoltura intensiva. Il 24% dei suoli agricoli presenta moderati fenomeni di degrado, il 40% gravi fenomeni di degrado (che comporta la perdita di capacita' produttiva); ogni anno 5 ml di ettari di terreni si desertificano. La superficie degli ambiti naturali e' in continua riduzione (in tutti i continenti e' molto al di sotto del 50%), come e' in riduzione la loro qualita'. Gli incendi dei sistemi naturali (foreste, praterie, etc), quasi tutti dolosi, colpiscono milioni di ettari l'anno. La biodiversita' e' in riduzione con la perdita annuale di centinaia di specie animali e vegetali. Ghiacciai in scioglimento, innalzamento dei mari e aumento delle temperature, inquinamento dell'atmosfera, etc. Questo e' molto sinteticamente il risultato di un'azione di sfruttamento che non ha confronti con nulla di quanto avvenuto in passato. Uno sfruttamento inutile, evitabile, insensato, tragico, che colpisce non solo l'ambiente ma le comunita' in esso insediate. Dal 1978 il commercio mondiale e' aumentato di 18 volte eppure dal 1997 la poverta' e' aumentata del 50%. Al benessere raggiunto localmente dalle comunita' in presenza di limiti ambientali e' stato sostituito un benessere di merci che ha aumentato le distanze tra le societa' e all'interno delle societa' del pianeta: chi era ricco e' diventato piu' ricco vendendo, chi era povero e' diventato piu' povero comprando merci. Indicatori della enorme distanza incrementatasi con il modello economico e' ad esempio il confronto tra il consumo medio pro-capite degli Stati Uniti d'America con quello dello Zambia: rispettivamente un cittadino americano ed uno dello Zambia consuma ogni anno: 21 Kg e 8,2 Kg di pesce; 122 kg e 12 kg di carne; 975 kg e 144 kg di cereali; 293 kg e 1,6 kg di carta; 6.902 kg e 77 kg di petrolio equivalente; e dispone di 489 e 17 auto ogni mille abitanti. Sempre a titolo esemplificativo il piu' pagato giocatore di pallacanestro Usa ha un ingaggio di 20 milioni di dollari annui; un lavoratore indonesiano dovrebbe lavorare, per essere pagato con lo stesso importo, 23.000 anni; con lo stesso importo si raddoppierebbero gli stipendi annuali di 55.000 persone, cambiandone significativamente le condizioni di vita; con lo stesso importo 20.000.000 di persone raddoppierebbero il loro budget quotidiano. Circa un miliardo di persone vive con un reddito inferiore al dollaro giornaliero ma due sono i miliardi che vivono sotto una soglia (definita internazionalmente) di poverta'; 27.000.000 di persone lavora a costo zero (schiavi); centinaia di milioni sono i minorenni sfruttati lavorando per una miseria dieci e piu' ore al giorno, milioni i bambini violati (1.000.000 di minorenni prostitute in Thailandia, 500.000 in Brasile, 300.000 negli Usa). A Manaus in Brasile il 90% delle bambine che e' nel giro della prostituzione sono state prima violentate a casa, la prestazione di una ragazza molto al di sotto dei 17 anni (gia' considerata matura) viene valutata 4,5. Ma il Brasile e' il quarto produttore mondiale di alimenti e ogni giorno li' muoiono circa 800 bambini con meno di un anno e il 15% di quelli sotto i 5 anni soffrono di denutrizione; e il Brasile e' lo stesso paese della depredazione della foresta, dei giacimenti di minerali, della coltivazione di cereali per gli allevamenti stranieri. Ogni anno nel mondo 13.000.000 di bambini muoiono di fame; 140.000.000 sono i bambini tra i 6 e i 14 anni che non vanno a scuola; se andassero a giocare ci starebbe anche bene ma essi compongono una parte dei 250.000.000 di bambini che forniscono manodopera a basso prezzo per le multinazionali). Ad un ambiente destrutturato corrisponde una societa' destrutturata volontariamente cosi' da lasciare spazio, senza controllo, al mercato e ai mercanti, ovvero per produrre ricchezza e per fare divertire (sic) pochi. Come visto per il controllo delle risorse che sono ritenute strategiche si strutturano dinamiche in cui gli interessi economici originano quelli politico-militari. I conflitti hanno una genesi mercantile ed al di la' delle cause artatamente costruite e' sempre piu' evidente e leggibile la strategia delle multinazionali tesa ad una gestione diretta delle risorse ritenute primarie. A cio' corrisponde l'esproprio operato ai danni delle comunita' locali della gestione delle risorse che afferisce a soggetti forti lontani dalle situazioni e dagli interessi locali. Cosi' per molte comunita' avere delle risorse nel proprio territorio e' stata una vera tragedia. Lo sfruttamento delle risorse privatizza l'ambiente naturale e divide le comunita' eliminando i beni comuni e portando enormi profitti proprio in ragione della razzia, seppure concessa, all'ambiente ed alle comunita'. Attraverso questo meccanismo i poveri diventano piu' poveri e piu' dipendenti e i ricchi diventano piu' ricchi attraverso la spoliazione delle comunita' locali. * Gli scenari futuri Le ipotesi sul futuro sono connesse al tipo di rapporto con le risorse che si vorra' instaurare. Nella figura [qui non riportata - ndr] si e' schematizzato il ragionamento svolto. Le risorse del nostro pianeta sono limitate. In questo momento l'uso delle risorse supera in quantita' la disponibilita' delle risorse stesse. Questa quantita' di consumo eccedente si riscontra nel prelievo di risorse rinnovabili solo nel lungo periodo (foreste etc.), di risorse non rinnovabili (desertificazione dei suoli, prelievo di risorse minerarie) e nell'immissione di sostanze alteranti nell'ambiente (inquinamento dell'aria, delle acque etc.). Questo superamento dipende in alcuni paesi dalla quantita' troppo elevata dei consumi, in altri paesi dalla quantita' della popolazione assai piu' numerosa di quanto la disponibilita' di risorse consentirebbe e in altri della compresenza dei due fattori. Per permettere il mantenimento di questa situazione di disequilibrio si potrebbe intervenire sui consumi e sulla crescita demografica riducendo entrambi. La scelta fatta e' invece quella di permettere la continua crescita di popolazione e di consumi sia nei paesi ricchi che nei paesi poveri attraverso l'uso di tecniche che permettano un miglior funzionamento del sistema produttivo e commerciale esistente. La tecnica in questa accezione permette di fare aumentare i consumi e la popolazione ma non la crescita complessiva del consumo di risorse. In questo fare la tecnica diviene motore di ulteriore artificializzazione del sistema. Ovvero per permettere l'aumento dei consumi e della popolazione i processi produttivi e insediativi sono industrializzati, estranei all'ambiente, lontani dal controllo della comunita' insediata. Il modello dell'industrializzazione globalizzata concentra le attivita' e la produzione di merci nelle mani di pochi creando una sudditanza nella gran parte della popolazione planetaria a cui e' tolta l'autonomia ed il controllo della propria esistenza. In tale maniera si assiste alla realizzazione di una infelicita' programmata dove la liberta' degli individui e' uno slogan e dove la dipendenza dal sistema e da chi lo gestisce non e' un'astrazione ma una concreta limitazione nella vita delle persone. In questa politica dell'infelicita' programmata le risorse hanno un'importanza centrale in quanto sono sicuramente sottodimensionate rispetto alle seppur fittizie necessita' ed alla quantita' di popolazione presente nel pianeta. Per cui il controllo da parte di chi produce delle risorse che trasforma e' inalienabile. E come e' concentrata la produzione e commercializzazione delle merci cosi' e' concentrata la gestione delle risorse. Presente e futuro di guerre, di sofferenze, di violenza sui deboli, di sfacciata tracotanza dei forti, sono i caratteri di questo scenario. La soluzione diversa e alla portata di tutti e' quella di ridurre l'incremento demografico e ridurre i consumi. Questa e' condizione necessaria ma non e' sufficiente. Il disequilibrio ha creato un'alterazione profonda nell'ambiente naturale che se sottoposto a seppur ridotta pressione da parte dell'uomo avrebbe tempi di recupero cosi' lunghi da rendere difficile ipotizzarne un completo ripristino. Ma il disequilibrio ha creato una profonda alterazione culturale e sociale. In questo la tecnica puo' essere utile a ristabilire una relazione con l'ambiente e gli individui. Una tecnica volta al recupero ed alla riduzione dell'uso delle risorse; soluzioni appropriate connesse con i luoghi e le persone, che aiutino a consolidare o ricreare l'autonomia delle popolazioni e rendano possibile la gestione diretta dei mezzi di sostentamento da parte delle comunita' ed il controllo che in esse avviene per l'uso comune di sistemi quali quelli naturali che sono indivisibili. A questa ipotesi riduttiva si oppone il modello vigente paventando una continua minaccia di un catastrofico peggioramento delle condizioni di vita. In una societa' in continua crescita la riduzione dei mercati, o anche la sola stagnazione, e' vista come un enorme rischio sociale, sia per la riduzione occupazionale che comporta sia per la riduzione della circolazione del denaro. Ma nella societa' contemporanea le quantita' di merci prodotte non sono collegate direttamente con la quantita' degli addetti. In quasi tutti i settori le nuove soluzioni tecniche hanno ridotto gli oneri connessi con l'impiego di personale, sia per la riduzione degli addetti necessari a mantenere i processi produttivi sia per la qualifica richiesta agli addetti. Pochi addetti non specializzati riescono a produrre enormi quantita' di merci. La minaccia "riduzione del mercato ñ aumento della disoccupazione" oggi piu' che mai ha poca ragione di esistere e le condizioni di effettiva, seppur non formale, schiavitu' in cui la maggior parte dei lavoratori del mondo e' costretta ad operare conferma tale interpretazione. Sicuramente la mancanza di aumento delle merci e quindi la riduzione del mercato avrebbe degli effetti e questi avranno ripercussioni maggiori per coloro i quali hanno condizioni di vita gia' al limite. Ma la minaccia paventata e' superiore agli effetti. Se si costituiscono sistemi di solidarieta' e si ricompongono le relazioni interne alla comunita' e si gestiscono direttamente le produzioni la minaccia potrebbe rivelarsi un enorme bluff. In ogni caso non vi e' scelta. Il sistema attuale non e' perseguibile per i danni che porta alla popolazione e nell'ambiente. * Come intervenire Azioni dirette Ridurre i consumi La riduzione dei consumi e' il primo sistema per ridurre il mercato. La riduzione del mercato riduce direttamente i profitti e dunque riduce il potere di chi gestisce il mercato. La riduzione dei consumi si rivolge evidentemente ai paesi occidentali dove l'uso di merci inutili interessa la gran parte della popolazione e non soltanto i ricchi. Ridurre i consumi e' dunque soluzione semplice che porta benessere diretto (risparmi, meno angosce, meno nevrosi), indiretto (meno inquinamento, meno problemi sullo smaltimento) e anche un sensazione di soddisfazione (uscire dalla condizione di "pollo" gestito anche nei desideri di acquisto). * Controllare le merci Acquisire ed utilizzare merci di cui si conoscono le origini. In particolare delle merci verificare le modalita' produttive (uso della manodopera) e i comportamenti utilizzati nel trattamento delle risorse e gli effetti nell'ambiente. Attraverso questa verifica e privilegiando merci che abbiano una qualita' ambientale e sociale superiore si indirizza il mercato stimolando i produttori a perseguire una maggiore qualita'. Tale ambito operativo si sviluppa all'interno delle regole del mercato attuando esclusivamente un consumo critico e dunque orientando il mercato stesso. * Relazionarsi direttamente con i produttori Se possibile e' fondamentale acquisire le merci direttamente dalle comunita' che producono scavalcando in questa maniera tutti gli intermediari del commercio e quindi direttamente favorendo l'autonomia delle comunita' produttrici. Cio' diviene di particolare importanza per tutti le merci che provengono da paesi in cui lo sfruttamento delle risorse naturali e' molto elevato e dove solitamente si accompagna ad un enorme sfruttamento sociale. Favorire soggetti che producono localmente e con i quali si attua un rapporto diretto consolida le relazioni tra gli individui ed aumenta di fatto la qualita' delle merci. Il produttore infatti conoscendo il consumatore e' interessato a mantenere tale relazione e quindi a garantire una qualita' della merce. Il consumatore da parte sua potendo verificare tutte le variabili potra' dare un giudizio complessivo sulla merce ossia un giudizio in cui fattori sociali, ambientali e di qualita' siano pariteticamente considerati. * Utilizzare il dono e l'"uso libero" Le societa' autonome per millenni hanno rafforzato le relazione tra gli individui attraverso il dono. Ovvero l'omaggio di oggetti e di favori anche utili alla vita quotidiana. In questo fare, oltre ad uscire dalle logiche sia di scambio sia di compravendita, si innestano meccanismi di gratuita' tipici delle societa' con un uso marginale del denaro. In questo molte sono state le esperienze attuate anche in tempi piu' recenti. * Uso libero Da meta' degli anni Sessanta fino a meta' degli anni Settanta furono condotti esperimenti di uso libero da parte del Gruppo Dioniso. Ispiratore e fondatore del gruppo, anarchico, era Giancarlo Celli. Il gruppo opero' in diversi luoghi ed ebbe sede nel quartiere Tiburtino a Roma. L'uso libero era fondato sul principio della messa a disposizione di oggetti (vestiario, libri etc.) ed in alcuni periodi anche alimenti. Le persone portavano nella sede materiali e si rifornivano di materiali a loro utili portati da altri, ciascuno secondo le proprie esigenze e la disponibilita' presente. L'esperimento interesso' anche il lavoro: numerosi artigiani ed alcuni professionisti misero a disposizione del loro tempo lavoro. Per ulteriori informazioni: antiglo at email.it * Azioni di denuncia e proposta Boicottare Non credere troppo nei regolamenti, inclusi quelli di qualita', e nella capacita' da parte dei grandi produttori di esservi ossequiosi. Le norme si modificano a seconda dei desideri dei potenti. Anche nelle relazioni con il mercato vi e' la possibilita' di attuare una strategia di azione diretta. Boicottare le ditte che inquinano, che sfruttano oltre misura gli addetti, che controllano le comunita' locali, che impongono i loro prodotti sostituendoli a quelli locali. Boicottare i prodotti inutili: quelli che sono l'evoluzione di una merce ancora funzionante (il campo dei computer e delle tecnologie domestiche e delle automobili sono quelli a maggiore rinnovamento finalizzato solo alla vendita). Boicottare le merci che per essere prodotte prelevano risorse non rinnovabili, o prelevano risorse rinnovabili in maniera incongrua (la distruzione della foresta pluviale). Ridurre al minimo l'uso dei prodotti monopolizzati. Primo tra tutti il petrolio, gli autoveicoli, bevande ed alimenti globali. * Mantenere sistemi di produzione diretta Cercare di non essere parte del mercato. La condizione rurale facilita ma non e' indispensabile: orti urbani, piccole coltivazioni sui terrazzi, forme di conduzione congiunta facilitano l'autoproduzione alimentare. Per limitare la propria presenza sul mercato e' fondamentale riparare quello che si ha, recuperare quello che viene buttato da altri, riutilizzare piu' volte ed in forme diverse le merci che si acquistano. * Non sostenere finanziariamente Non affidare i risparmi ad assicurazioni, banche, investitori che non ne dichiarino l'uso. I risparmi, per quanto singolarmente piccoli, sono una delle maggiori fonti di sostegno del sistema dopo l'aggressione compiuta ai danni del welfare (aggressione compiuta appunto per potere gestire in privato queste disponibilita'). Prestare i soldi eccedenti ad amici che ne facciano richiesta o affidarli a soggetti che li investano in azioni socialmente e ambientalmente corrette. * Ridistribuire le risorse Uno dei maggiori sprechi di risorse e' quello derivato dal loro accumulo. L'accumulo viene realizzato per ottenere maggiori profitti. Si accumulano concessioni, materiali, merci. Vi e' una diretta corrispondenza tra ricchezze e risorse. Anche le situazioni apparentemente meno connesse quali i mercati finanziari sono fondate sull'uso o sulle potenzialita' d'uso di spazi fisici, di risorse, di materiali. Un soggetto che ha accumulato denaro ha di fatto utilizzato una quantita' di risorse direttamente proporzionata. Maggiore e' l'accumulo e maggiore e' la quantita' di danni provocati all'ambiente ed ai beni comuni. E' dunque necessario agire su coloro i quali hanno accumulato per riportare quell'energia al sistema ovvero per ritrasformare quei capitali in recupero di condizioni di qualita' ambientale e sociale, qualita' che hanno ridotto privandola delle risorse attraverso le quali hanno accumulato. Accanto al sempre troppo esteso gruppo dei grandi accumulatori vi sono centinaia di milioni di persone che hanno accumulato piccole ricchezze. Una casa in piu', oggetti, terreni sottoutilizzati, soldi. Ognuna di queste cose ha comportato un uso di energia e una trasformazione dell'ambiente. Questo tipo di accumulo non e' necessariamente speculativo. Esso spesso e' motivato dalla necessita' di avere garanzie per il futuro. Ma queste garanzie non possono essere ricercate a livello individuale a meno di enormi sprechi di materiali ed energia. Queste garanzie debbono essere trovate nelle relazioni sociali e le risorse accumulate debbono essere redistribuite nella comunita' al fine di ridurre la continua richiesta di materiale e raggiungere un benessere che se comune e' meno energivoro e piu' soddisfacente. Le risorse debbono rimanere disponibili e quindi non possono essere trasformate solo per essere accumulate. * Denunciare Denunciare le imprese, le attivita' e le merci che non pongono attenzione all'ambiente ed alle comunita'. In questo e' necessario porre attenzione a dividere tra cio' che non e' corretto anche rispetto ai valori diffusi di questa societa' (ad esempio lavoro minorile, inquinamento, sfruttamento oltre i limiti sindacali) e cio' che non e' corretto in quanto attua le regole istituzionalizzate dell'attuale modello. I primi, in questo momento, hanno una maggiore potenzialita' nella capacita' di evidenziare i limiti del modello vigente; ad esempio la vastita' della loro presenza, ritenuta una aberrazione, in realta' dimostra la congenicita' rispetto alle pratiche di globalizzazione, colonizzazione e industrializzazione praticate. * Riaccomunare i beni Mantenere i beni comuni e indivisibili. Acque, terreni, etc. Ricomporre un patrimonio indiviso (con amici, parenti, piccole comunita'). Attraverso di esso si aumenta la sicurezza personale nel futuro, si rende meno necessario attuare degli accumuli per garantire l'eventualita' di situazioni di improduttivita' e quindi in questa societa' di benessere individuale. * Gestire i beni Il fine della gestione non e' quello di ottimizzare i profitti che scaturiscono dall'uso delle risorse ma quello di conservare i caratteri dell'oggetto di uso onde garantirne una qualificata utilizzazione nel tempo. L'interesse deve essere rivolto non alla trasformazione ed alla commercializzazione ma al mantenimento di una potenzialita' ed al suo usufrutto nel tempo. Il soggetto a cui puo' essere demandata la gestione non puo' che essere la comunita' insediata che riesce a distribuire direttamente i benefici ottenibili dalla conservazione delle risorse tra i propri componenti. La comunita' e' interessata al mantenimento delle proprie condizioni di benessere e dunque alla possibilita' di mantenere o migliorare le condizioni ambientali in cui essa e' insediata. Tale mantenimento prevede una utilizzazione non alterante e non distruttiva dei caratteri dei luoghi e degli elementi usufruiti dalla societa' insediata. Cio' non implica la costituzione di comunita' chiuse, autistiche, isolate. Implica esclusivamente la possibilita' di consapevolezza da parte della singola persona della disponibilita' dei beni e delle interazioni che esistono tra i propri comportamenti e le condizioni dell'ambiente. * Alcune iniziative in corso Di seguito si illustrano molto sinteticamente alcune recenti iniziative che promuovono delle soluzioni per ridurre gli effetti negativi del sistema. Nonostante la loro efficacia in alcuni casi sia piuttosto discutibile sono iniziative che sostengono pratiche alternative a quelle perseguite dal modello vigente. * Il controllo del prezzo delle materie prime Il caffe' di qualita' "arabica" aveva un prezzo per cento libbre di 180 dollari nel 1998 e di 55 dollari nel 2001. Attraverso la riduzione del prezzo da parte degli importatori si attua una politica di controllo del mercato, si sottomettono ed impoveriscono interi paesi, si producono enormi danni alle persone e all'ambiente. Un'azione richiesta e' quella di un controllo politico dei prezzi delle materie prime da parte dei paesi importatori. "Acquisti trasparenti" che influenzino positivamente le condizioni sociali e ambientali di produzione, che favoriscano le merci che usano materie prime correttamente pagate, che permettano ai paesi importatori di vigilare sul proprio mercato. * Annullamento del debito estero I paesi in via di sviluppo (Pvs) pagano ogni anno tra i 250 e i 300 Mld di dollari di interessi per i prestiti ricevuti ovvero circa cinque volte quanto ricevono in aiuti. Attivita' volte a favore della eliminazione del debito dei paesi in via di sviluppo nei confronti dei paesi ricchi. Gran parte del prodotto dei paesi poveri e' dedicato al pagamento degli interessi dei prestiti ricevuti. Il fare prestiti ai paesi e' il meccanismo di massima destabilizzazione dei governi ed il maggiore strumento di controllo delle popolazioni. E' evidente che la riduzione o eliminazione di tale debito permetterebbe ai paesi oggi sottoposti ad una vera vessazione economica di potere investire in settori finalizzati al benessere della popolazione. E' altrettanto evidente che e' una battaglia perseguibile solo considerando l'emergenza della situazione in quanto non cambia assolutamente i rapporti tra i paesi ne' costituisce alcun percorso verso situazioni future diverse. * Revisione delle politiche di cooperazione I paesi industrializzati trasferiscono una quota minima del Prodotto nazionale lordo ai Pvs; meno dello 0,22% (50 Mld di dollari) con una riduzione continua degli importi (ad esempio solo dal 1999 al 2000 sono stati ridotti del 6%). Le risorse private volte alla speculazione stanziano circa 250 Mld di dollari in alcuni di questi paesi. Vi e' un movimento che tende al rilancio della cooperazione pubblica, con l'obiettivo preciso dell'aumento del benessere delle popolazioni (e quindi non al sostegno di azioni imprenditoriali), e con la richiesta ai paesi di finanziamenti con un elemento di dono almeno del 25% del totale degli importi. * Tobin tax L'ipotesi e' che siano tassati tutti i movimenti finanziari. Attualmente il reddito di una persona e' definito al di la' di quelle che sono le transazioni e i capitali investiti in borsa. Questo avviene anche per le societa'. Ipotizzando che gran parte dei profitti negli ultimi decenni sono stati ottenuti attraverso operazioni di borsa e che a queste azioni hanno corrisposto effetti in campo sociale e ambientale di portata enorme, tassarle sembra essere un sistema per controllare e per avere una significativa disponibilita' economica (riducendo di poco i profitti) da utilizzare per l'interesse comune. La Tobin tax e' stata ed e' elemento di caratterizzazione della politica fiscale di alcuni partiti della sinistra in Europa. Fieramente osteggiata dell'economia liberista, ha un carattere di palliativo nei confronti di un meccanismo molto piu' destrutturante di quello che si riesce a controllare attraverso l'imposizione di questa tassa. * Bilanci di giustizia Iniziativa a cui aderiscono singoli individui che vogliono ridurre i propri consumi. Il valore e' quello di tenere in relazione persone che hanno fatto scelte di vita autonome e che di fatto aumentano l'autonomia personale rispetto al sistema. * Sostegno diretto a comunita' Il sostegno diretto alle comunita' dei paesi in via di sviluppo e' stato per anni monopolio delle organizzazioni missionarie. Oggi il quadro si e' sufficientemente allargato sia in ambito cattolico dove sono molto numerosi i gruppi di base direttamente connessi a comunita' locali sia nel mondo laico dove si sono strutturati gruppi ed associazioni con il medesimo fine. La grande acquisizione culturale effettuata negli ultimi anni e' che il rapporto con le comunita' locali non e' fondato solo sull'invio di materiali ma nel tentativo di comporre una relazione paritetica basata sullo scambio culturale e di merci. * Il commercio equo e solidale Una delle attivita' piu' innovative realizzate nel corso degli ultimi anni. Le associazioni che partecipano a tale rete distribuiscono nei paesi ricchi merci prodotte direttamente dalle comunita' locali. In questa maniera non si utilizzano intermediari, si riesce a valutare in maniera significativamente piu' consistente il lavoro degli operatori locali, si garantisce nel corso degli anni una continuita' nella quantita' di merci e una stabilita' nel prezzo che le forme di sfruttamento attuate dalle grandi compagnie ed in genere dal mercato non solo non garantiscono ma ostacolano. Gli esiti di tale azione sono la maggiore autonomia delle comunita' locali, il maggiore benessere economico da parte degli operatori locali, la possibilita' di indirizzare la produzione verso forme di minore impatto ambientale, il controllo di qualita' delle merci, la ricomposizione di una relazione quasi diretta tra produttore e consumatore. Le "botteghe del mondo" in Europa sono circa 3.000 sostenute da circa 96.000 volontari per un giro di affari di prodotti equosolidali di circa 400 milioni di euro. * Caricare la produzione di tutti gli oneri Il prezzo delle merci non considera appieno il valore del prelievo ambientale e degli effetti negativi che la loro produzione, il loro consumo ed il loro smaltimento comportano nell'ambiente e nella societa'. Introdurre all'interno della definizione del prezzo tali variabili potrebbe modificare integralmente il valore delle merci e potrebbe consentire il recupero di una parte di tali importi al fine del recupero ambientale e della riduzione degli effetti negativi sociali comportati dalle merci. Tale considerazione dovrebbe essere estesa ai bilanci degli stati. Il essi le quantita' sono considerate in termini di Prodotto interno lordo; anche in questo non sono valutati i costi relativi all'impoverimento sociale ed ai danni ambientali connessi. Le ipotesi di recuperare all'interno dei costi di produzione le variabili ambientali e sociali sono alla base della posizione di alcune associazione ed in parte di alcuni organizzazione politiche. * Finanza etica E' stato calcolato, dalla stessa Banca Mondiale, che i paesi ricchi investendo un dollaro nei paesi poveri ne otterranno 13 di guadagno; questo dato unito a quello dell'importo dei 50 Mld di dollari annui di interessi sui prestiti dimostra come siano i paesi poveri a finanziare quelli ricchi. E cio' e' ottenuto attraverso la distruzione dell'ambiente e delle societa' locali. Alcune organizzazioni hanno lanciato l'ipotesi di una finanza etica ovvero investimenti privati o pubblici socialmente e ambientalmente responsabili, volti alla gestione trasparente del risparmio, al rifiuto della logica speculativa, alla valorizzazione delle persone e non delle attivita'. Nell'ambito di questa azione da una parte si e' avviato un controllo degli investimenti attuati dai paesi e dagli investitori e dall'altro si e' promossa l'organizzazione di "banche etiche". Sono soggetti, molto diffusi nell'Europa centro-settentrionale, finalizzati alla gestione dei risparmi in maniera corretta socialmente ed ambientalmente. Aderire a tali iniziative e' garanzia che i propri risparmi non finiscano in armi, al finanziamento di guerre, al sostegno di operazioni commerciali socialmente e ambientalmente dannose; bensi' che i propri risparmi diano luogo, a interessi contenuti, a prestiti ad iniziative di persone e comunita' volte al recupero dell'autonomia alimentare, produttiva, culturale, politica. * Su questo tema: Pianta M. (2001), Globalizzazione dal basso. Economia mondiale e movimenti sociali, Manifestolibri, Roma. AA.VV. (2001), Sbilanciamoci! Come usare la spesa pubblica per la societa', l'ambiente, la pace, Manifestolibri, Roma. Gesualdi F. (1999), Manuale per un consumo responsabile. Dal boicottaggio al commercio equo e solidale, Feltrinelli, Milano. Chiappero Martinetti E., Semplici A. (2001), Umanizzare lo sviluppo, Rosemberg & Sellier, Torino. Brown L.R. (2002), Eco-economy. Una nuova economia per la terra, Editori Riuniti, Roma. * Bibliografia generale AA.VV. (2002), Angola. Ma la pace dov'e', in "Nigrizia", anno 120, n. 4, aprile. Bales K. (2000), I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, Feltrinelli, Milano. Brown L. et al. (1999), State of the world 1999, Edizioni Ambiente, Milano. Brown L. et al. (2000), State of the world 2000, Edizioni Ambiente, Milano. Brown L. et al. (2001), State of the world 2001, Edizioni Ambiente, Milano. Clo' A. (1997), Economia e politica del petrolio, Editrice Compositori, Bologna. Demichelis D., Ferrari A., Masto R., Scalettari L. (2001), No Global. Gli inganni della globalizzazione sulla poverta', sull'ambiente, sul debito, Zelig Editore, Milano. Fao (2001), The state of food and agriculture 2001, Fao, Roma. Fao (2001), Global Forest Resources Assessment 2000, Fao, Roma. Musso D. (2002), Ecuador: il petrolio vale un pugno di riso, in "Altraeconomia", n. 25, febbraio. Nebbia G. (2002), Le merci e i valori. Per una critica ecologica al capitalismo, Jaca Book, Milano. Radio Gap (2002), Le parole di Genova. Idee e proposte dal movimento, Fandango Libri, Roma. Social Watch (2001), Social Watch Rapporto 2001. La qualita' della vita nel mondo, Emo, Bologna. Undp, Unep, World Bank, World Resources Institute (2000), World Resources 2000-2001. People and Ecosystems, World Resources Institut, Washington. Worldwatch Institut (2001), I trend globali 2001 (Vital Signs 2001), Edizioni Ambiente, Milano. Wwf (2001), Rapporto Living Planet 2000, in "Attenzione" n. 21, Editrice Edicomp. * Questo volantone e' stato realizzato da Adriano Paolella e Zelinda Carloni. Per contattarli via e-mail, scrivete a antiglo at email.it Questo volantone e' il quarto di una serie - tutta curata da Adriano e Zelinda - iniziata con Globalizzazione - Idee per capire, vivere ed opporsi al nuovo modello di profitto, uscito nel n. 274 (estate 2001) in versione bilingue (italiano ed inglese) in coincidenza con la mobilitazione a Genova contro il G8. Nel novembre 2001 e' poi seguito Le strategie della fame, supplemento al n. 276, realizzato in vista del vertice di Roma (poi rimandato) della Fao. Nel marzo del 2002 e' stato pubblicato il terzo, Riscaldamento globale e controllo sociale, come supplemento al n. 279. Ne sono previsti altri, in un prossimo futuro. Chi volesse ricevere copie singole e/o per la diffusione, ci contatti per conoscerne disponibilita' e prezzi. Questo volantone esce come supplemento al n. 283 (estate 2002) della rivista mensile anarchica "A", direttrice responsabile Fausta Bizzozzero... "A" esce regolarmente nove volte l'anno dal febbraio 1971. Non esce nei mesi di gennaio, agosto e settembre. E' in vendita per abbonamento postale, in numerose librerie e presso centri sociali, circoli anarchici, botteghe ecc. E' possibile richiederne una copia/saggio. Per qualsiasi informazione... Editrice A, cas. post. 17120, 20170 Milano, tel. 022896627, fax: 0228001271, e-mail: arivista at tin.it, sito: www.anarca-bolo.ch/a-rivista o anche www.arivista.org, conto corrente postale 12552204. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 115 del 21 novembre 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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