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Minime. 259
- Subject: Minime. 259
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 31 Oct 2007 00:36:34 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 259 del 31 ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Si apre il XXII congresso del Movimento Nonviolento 2. Peppe Sini: Il momento e' ora. Una proposta alle persone amiche della nonviolenza 3. Diana Napoli intervista Pasquale Pugliese 4. Norma Enriquez Riascos: Fondamentalismi, una minaccia reale 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. INCONTRI. SI APRE IL XXII CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Riproponiamo ancora una volta il programma del congresso del Movimentro Nonviolento che avra' inizio a Verona questa sera alle ore 21 con il dibattito inaugurale] XXII Congresso del Movimento Nonviolento: "La nonviolenza e' politica per il disarmo, ripudia la guerra e gli eserciti" Verona, 1 - 4 novembre 2007, Sala "Comboni", Missionari Comboniani, vicolo Pozzo 1, San Giovanni in Valle (vicino a Piazza Isolo, centro storico) * 31 ottobre, mercoledi' Sera, ore 21: dibattito: "Il caso Verona: dalla citta' di pace, alla tolleranza zero. Cos'ha da dire la nonviolenza?". Introduce Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta"; partecipano: Sergio Paronetto, insegnante; Alberto Tomiolo, scrittore; modera Raffaello Zordan, giornalista di "Nigrizia". * Primo novembre, giovedi' Mattina, ore 10,30: apertura del segretario e relazione introduttiva. Pomeriggio: comunicazioni sulla rivista "Azione nonviolenta", sul centri studi, sui gruppi locali; dibattito in assemblea plenaria. * 2 novembre, venerdi' Mattina: lavoro in tre commissioni: I Corpi civili di pace; Il Servizio civile volontario; L'educazione alla nonviolenza. Pomeriggio: lavoro in tre commissioni: Economia, ecologia, energia; Risposte di movimento alla crisi della politica; Resistenza nonviolenta contro il potere mafioso. Sera, ore 21: incontro con Ibu Robin Lim, Indonesia, ostetrica, Premio Alexander Langer 2006, "La pace nel mondo puo' venir costruita cominciando oggi, un bambino per volta". * 3 novembre, sabato Mattina: riferiscono le prime tre commissioni e poi dibattito; riferiscono le altre tre commissioni e poi dibattito; spazio per presentare le mozioni. Pomeriggio: dibattito sulle mozioni, votazioni, rinnovo delle cariche. * 4 novembre, domenica, ore 10 "Non festa, ma lutto", iniziativa nonviolenta: camminata attraverso luoghi simbolici della citta': partenza da via Spagna, Casa per la Nonviolenza, percorso attraverso San Zeno, Tribunale Militare, Arsenale, Ponte della Vittoria, arrivo in Piazza Bra' alle ore 12. * Per informazioni: Casa per la nonviolenza, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 2. EDITORIALE. PEPPE SINI: IL MOMENTO E' ORA. UNA PROPOSTA ALLE PERSONE AMICHE DELLA NONVIOLENZA E' necessario che le persone amiche della nonviolenza ed i movimenti nonviolenti organizzati prendano atto della catastrofe della ex-sinistra italiana giunta al governo. E si assumano la responsabilita' di essere l'argine che possa contrastare la vittoria culturale e politica della destra eversiva. E' necessario rompere ogni attendismo, ogni subalternita', ogni collusione col partito della guerra e del razzismo, della corruzione e dell'omerta'. E' necessario costruire un referente politico ed elettorale, culturale ed istituzionale, per le tante ed i tanti che non hanno ceduto al regime mondiale della corruzione, al partito planetario delle stragi e del saccheggio. E' necessario che in tutte le prossime scadenze elettorali in Italia vi siano liste che abbiano come proposta teorica e pratica la scelta concreta e cogente della nonviolenza: liste cioe' ad un tempo femministe, ecopacifiste, equosolidali, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, socialiste e libertarie nel senso forte e autentico di questi due storici termini; liste che propongano la scelta nonviolenta in tutta la sua complessita' e radicalita'. * Solo a partire dalla scelta della nonviolenza e' possibile oggi una politica democratica adeguata, antifascista ed antirazzista, di disarmo e smilitarizzazione dei conflitti, nitidamente ed intransigentemente antimafiosa, di responsabilita' per la biosfera, capace di una proposta complessiva che erediti ed inveri le proposte ecologiche, economiche, sociali ed istituzionali che la nonviolenza in cammino ha elaborato nel corso del "secolo breve" come unica effettuale alternativa ai totalitarismi comunque mascherati. Le proposte di Hannah Arendt e di Simone Weil, di Virginia Woolf e di Vandana Shiva, di Rigoberta Menchu'. Le proposte di Mohandas Gandhi, di Danilo Dolci, di Murray Bookchin. Esperienze come la Commissione per la verita' e la riconciliazione sudafricana, come la rete del commercio equo e solidale, come il microcredito, come i corpi civili di pace. La nonviolenza in cammino ha pensato e messo in atto innumerevoli proposte e iniziative. E' tempo che esse divengano azione politica comune, cultura condivisa, coerente e concreta ipotesi di governo, di autogoverno, di estensione della democrazia a raggiungere tutti. * Una politica internazionale di disarmo, di smilitarizzazione dei conflitti, di intervento umanitario positivo attraverso corpi civili di pace; sostenuta dalla smilitarizzazione della difesa, dalla riconversione ad usi civili dell'industria bellica e armiera, dalla proibizione della produzione e del commercio delle armi; con la formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine e una politica penale che valorizzi forme riparative e riconciliative; con una politica della sicurezza fondata sulla solidarieta', sul riconoscimento del diritto all'accoglienza e all'assistenza per ogni essere umano; sulla lotta politica, sociale e culturale alla violenza, in primis alla violenza maschile sulle donne; una politica ecocompatibile, della sobrieta' e della condivisione. Sono molte le proposte concrete e praticabili, gli elementi di un programma politico ed amministrativo semplici e chiari, facilmente traducibili in atti legislativi ed amministrativi. * Occorre solo decidersi. Ad uscire dalla rassegnazione, dalla subalternita', dalla complicita' col disordine costituito. Il momento e' ora. 3. TESTIMONIANZE. DIANA NAPOLI INTERVISTA PASQUALE PUGLIESE [Ringraziamo Diana Napoli e Pasquale Pugliese per questo colloquio. Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano, insegna nei licei, e' stata volontaria in servizio civile presso il Centro per la nonviolenza di Brescia. Pasquale Pugliese, educatore presso i Gruppi educativi territoriali del Comune di Reggio Emilia, dove risiede, laureato in filosofia con una tesi su Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento Nonviolento (del cui comitato di coordinamento fa parte), nella Rete di Lilliput ed in numerose iniziative di pace; e' stato il principale promotore dell'iniziativa delle "biciclettate nonviolente"] - Diana Napoli: Quali sono essenzialmente le attivita' della Scuola di pace di Reggio Emilia di cui fai parte? - Pasquale Pugliese: Mi fa piacere che cominciamo l'intervista da questa domanda perche' quello della Scuola di pace e' un progetto nel quale credo molto e nel quale sono impegnato per conto del Movimento Nonviolento. Essa nasce da una co-progettazione tra il Comune di Reggio Emilia ed una trentina di associazioni attive sul territorio. Attraverso un percorso formativo/organizzativo, svolto nel 2006 con la collaborazione di Nanni Salio, la Scuola ha sviluppato una propria struttura operativa fondata sulle linee guida, sottoscritte da tutti i soggetti aderenti, che la definiscono un "progetto aperto di educazione alla nonviolenza". Oltre all'assemblea degli aderenti, che si riunisce ogni due mesi circa, ed al coordinamento, composto da sei rappresentanti eletti dalle associazioni ed uno nominato dall'assessore alla cultura, il vero asse portante sul piano dell'elaborazione, della progettazione e dell'esecuzione sono i tre gruppi di lavoro in cui si articola: il gruppo che si occupa dei conflitti internazionali; quello che si occupa dei conflitti urbani, sociali ed interculturali; ed infine quello che si occupa specificamente di educazione e formazione. L'individuazione di questi ambiti di riflessione e azione sono legati da un lato alla consapevolezza del collegamento strutturale tra gli eventi globali - le guerre, la fame, la crisi ambientale del pianeta, le risorse energetiche, i flussi migratori - e le trasformazioni del vivere quotidiano nelle nostre citta' ñ la percezione dell'insicurezza, la partecipazione democratica, la conflittualita' urbana, la precarieta', il razzismo montante ecc. ñ e dall'altra parte alla consapevolezza che l'educazione alla pace in generale e' strettamente connessa all'educazione alla gestione nonviolenta di tutti i micro e macroconflitti. Insomma la Scuola di pace, proprio perche' e' principalmente un progetto educativo e formativo alla nonviolenza, si e' data un approccio che cerca di operare tenendo presente la complessita' dei fenomeni nelle diverse scale. Infatti tutti e tre i gruppi hanno avviato contatti con i soggetti di riferimento nei rispettivi ambiti (organizzazioni internazionali, circoscrizioni cittadine, scuole, universita' ecc.) e svolto iniziative sia di carattere informativo che formativo. Tra le tante, mi piace ricordare le giornate del 30 gennaio e dell'11 settembre: nella prima, anniversario della morte di Gandhi e compleanno della Scuola di pace, abbiamo fatto incontri al mattino con i bambini delle scuole elementari sulla comunicazione nonviolenta, al pomeriggio un convegno all'universita' sui diversi contesti di azione della Scuola di pace, poi proiettato un filmato su Gandhi che ha introdotto un incontro pubblico con Giuliano Pontara sul tema dell'"antibarbarie"; nella seconda abbiamo fatto un seminario rivolto ad insegnanti ed educatori nel quale, tra l'altro, abbiamo presentato il libretto "perCorsi di Pace" che racchiude tutti i percorsi educativi che la Scuola di pace propone alle scuole reggiane, dall'infanzia all'universita', sui diversi temi di competenza delle associazioni aderenti. Infine, ci tengo molto ad anticiparti che stiamo lavorando ad un importante evento sull'educazione alla pace per la primavera inoltrata del 2008 che vorrebbe trasformare per tre/quattro giorni la citta' - le sue piazze, i suoi parchi, i suoi teatri - in un cantiere di pace e portare a Reggio Emilia importanti esperienze di educazione alla nonviolenza nazionali ed internazionali. * - Diana Napoli: Perche' e' cosi' importante il nesso nonviolenza-educazione? Da dove si comincia? - Pasquale Pugliese: Cos'e' la nonviolenza se non la difficile arte di trasformare i conflitti da distruttivi in costruttivi? Questa, come tutte le arti, si puo' apprendere: certo c'e' chi e' piu' dotato, perche' e' cresciuto in un contesto che ne ha favorito lo svilupparsi di una "personalita' nonviolenta" (per citare ancora Pontara) e poi, come in ogni arte che si rispetti, ci sono i geni come Gandhi la cui opera rappresenta un punto di svolta nella storia dell'umanita'. Ma cio' non significa che quest'arte sia una competenza per pochi, anzi sempre di piu' oggi si disvela il senso delle parole di Aldo Capitini: "la nonviolenza e' il varco attuale della storia". O la storia apre questo varco nella crescente violenza globale o c'e' il rischio che non vi sia piu' storia... Ma perche' si possa aprire un varco l'educazione alla nonviolenza deve riguardare sempre di piu' tutti, dovrebbe anzi diventare, anche a scuola, sul piano degli apprendimenti relazionali, il corrispettivo dell'alfabetiere o degli insiemi sul piano degli apprendimenti cognitivi: ossia il punto di partenza dell'educazione. Sono convinto che il modo in cui si impara a relazionarsi con gli altri fin da piccoli nei differenti contesti educativi, e soprattutto il modo in cui viene insegnato ai bambini a gestire i loro piccoli conflitti quotidiani, sia un elemento fondamentale che strutturera' le loro modalita' e incidera' sulle loro scelte da adulti rispetto ai conflitti piu' ampi che si troveranno a gestire o sui quali dovranno esprimersi: insomma chi avra' ricevuto un'educazione volta a cercare soluzioni nonviolente e creative avra' maggiori competenze per pensare anche a soluzioni nonviolente nei conflitti dei grandi, da quelli sociali a quelli internazionali. Forse cosi', pian piano, la guerra mostrera' tutta la sua follia e sara' espulsa dalla storia... Del resto, insistendo su questo elemento si cominciano ad avere anche i primi riconoscimenti pedagogici sul piano istituzionale, impensabili fino a qualche tempo fa; per esempio le "linee guida sull'educazione alla pace" emanate il 4 ottobre di quest'anno dal Ministero della Pubblica Istruzione. E' un documento con luci ed ombre, ma tra le altre cose recepisce questa impostazione: "Anche lo studio di talune discipline, quelle piu' propriamente impegnate nella ricostruzione del senso della comunita' (la Storia, l'Educazione civica, la Filosofia ecc.) sono chiamate a connettere la dimensione personale dei conflitti vissuti dai ragazzi e le modalita' di trasformazione nonviolenta da loro sperimentate, con dimensioni piu' ampie come i conflitti tra Stati (...) favorendo cosi' negli studenti prospettive nuove nella capacita' di lettura della realta' globale e nella immaginazione di soluzioni alternative a quelle regressive (o patologiche) della guerra e della violenza". Naturalmente i maestri della nonviolenza, da Tolstoj a Gandhi, da Capitini a don Milani, ci erano arrivati molto tempo prima, facendo dell'impegno sul piano educativo e pedagogico un elemento fondamentale della loro azione politica e culturale. * - Diana Napoli: Tu come sei arrivato alla nonviolenza? Tu sei anche uno dei pochi che mi ha parlato a fondo di Capitini: quando e' stato il tuo incontro con lui? - Pasquale Pugliese: Nella seconda meta' degli anni '80, da giovane studente di filosofia attratto dalla politica, orientato a sinistra ma insoddisfatto dalle rappresentazioni che ne davano (e ne danno tutt'ora) i partiti, ho incontrato su una bancarella di libri l'autobiografia di Gandhi: per me e' stata una lettura fondamentale, a partire dalla quale ho approfondito tutti i testi gandhiani disponibili in lingua italiana (successivamente anche attraverso un gruppo di lettura costituito tra gli obiettori di coscienza della Caritas di Messina, dove a quei tempi studiavo e svolgevo il servizio civile). Un altro incontro importante e' stato quello con la rivista "Azione nonviolenta" che allora si distribuiva ancora in alcune librerie d'Italia: quando l'ho scovata ne ho acquistati tutti i numeri arretrati disponibili in negozio e poi mi sono abbonato. Ecco quindi l'incontro con Aldo Capitini, del quale ho cominciato a farmi spedire i libri dalla sede di Verona. Man mano trovavo nell'approfondimento dei temi capitiniani contestualmente una delucidazione, una conferma ed un'apertura sui diversi piani delle relazioni tra etica e politica, religione e filosofia, democrazia e potere, pace e nonviolenza che hanno rappresentato il mio ancoraggio definitivo alla nonviolenza, tanto che decisi contemporaneamente di fare la tesi di laurea sul filosofo di Perugia e di iscrivermi al Movimento Nonviolento. * - Diana Napoli: Cosa ti aspetti dal prossimo congresso? - Pasquale Pugliese: Intanto alcuni elementi sono gia' detti dalle caratteristiche organizzative: sara' un congresso lungo, uno dei piu' lunghi degli ultimi anni: tre giorni pieni di lavoro oltre alla serata introduttiva sul "caso Verona" e si concludera' con la significativa manifestazione del 4 novembre "non festa ma lutto"; anche il titolo e' piuttosto lungo: "La nonviolenza e' politica per il disarmo, ripudia la guerra e gli eserciti". L'insieme di queste cose dice che il Movimento vuole prendersi un tempo disteso di confronto e approfondimento, non scontato, ma reale e percio' impegnativo. I compagni del Movimento, insieme agli amici della nonviolenza che vorranno aiutarci, sono chiamati a fare un punto ampio della situazione rispetto ad un presente estremamente contraddittorio ed a tracciare alcune linee di azione rispetto al prossimo incerto futuro. Personalmente credo che il punto di partenza debba essere un dato con il quale dobbiamo fare i conti: l'aumento regolare delle spese militari in Italia (e nel mondo). Prendiamo gli ultimi dieci anni: nonostante che dal 1996 al 2006 si siano alternati nel nostro paese governi di centrodestra e centrosinistra la spesa per gli armamenti e' cresciuta costantemente, finanziaria dopo finanziaria, passando da 18,6 a 24,5 miliardi di euro, ossia del 25%. Nessun'altra voce del bilancio dello Stato ha visto niente di simile: anzi governo e opposizione si accusano reciprocamente ñ a fasi alterne ñ di non operare sufficienti tagli allo stato sociale, gia' il piu' malridotto d'Europa. I sindacati sono costretti a continui scioperi per ottenere il semplice rinnovo dei contratti di lavoro con marginali miglioramenti dei salari, ma mai nessuno si chiede perche' vi sia questo automatismo di crescita nella spesa per gli armamenti e l'apparato militare. Il quale oltre ad essere un male in se', perche' finanzia le guerre come quella in cui, in sfregio alla Costituzione, le nostre truppe sono impegnate in Afghanistan, e' un buco nero che inghiotte enormi risorse sottratte a tutti gli altri capitoli di spesa. In particolare a quello sulla pace con mezzi pacifici, che non esiste neanche... Percio' mi aspetto principalmente due cose dal congresso: da un lato che vengano fuori idee e proposte per "costringere" la politica dei partiti a spostare risorse dalle spese di guerra alle spese di pace, attraverso alcuni passaggi legislativi possibili: l'istituzione ed il finanziamento dei Corpi civili di pace; l'attuazione completa (con il relativo finanziamento) della legge istitutiva del Servizio civile nazionale che nel primo comma del primo articolo ne prevede la finalita' di "concorrere, in alternativa al servizio militare, alla difesa della Patria con mezzi e attivita' non militari"; l'approvazione ed il finanziamento della legge per l'educazione alla pace nelle scuole di ogni ordine e grado, giacente in Commissione cultura della Camera (la direttiva, di cui abbiamo parlato prima, e' un passo avanti ma non e' vincolante per le scuole come sarebbe la legge); l'istituzione di un "Istituto nazionale di ricerca sulla pace" finanziato dallo Stato, analogamente a quanto avviene per le accademie militari... Dall'altro lato mi aspetto che il Movimento esca rafforzato e rinvigorito dal congresso per potersi dotare di ulteriori strumenti per svolgere al meglio la propria azione politica diretta, migliorando la sua struttura organizzativa, la sua capacita' di comunicazione esterna, la sua capacita' di fare rete con le altre realta' che si ispirano alla nonviolenza, la sua presenza nei molti luoghi di violenza del nostro paese dove sono necessarie letture e iniziative di carattere nonviolento per fare fronte, per esempio, al razzismo crescente in certe aree ed al dominio delle mafie in certe altre... * - Diana Napoli: Io sono originaria del Sud Italia e ogni tanto ci torno per questioni familiari, ritornandomene poi a casa sempre con un bagaglio deficiente. In qualche bassofondo della tristezza ho coniato la definizione del meridione come l'unico paesaggio (e mondo) postindustriale che non sia stato mai pero' industrializzato. A volte ho la sensazione che di tutte le cose che amo restino solo gusci vuoti, scavati all'interno dal cancro del nulla. In questa devastazione che a volte percepisco e' fondamentale il ruolo della criminalita' organizzata che governa indiscriminatamente almeno quattro regioni. Per questo guardo con ammirato stupore le iniziative delle Locride e del centro siciliano Impastato. Tu con le comunita' della Locride hai dei contatti. Cosa potresti dirmene? Quale ruolo ha la politica (nel senso piu' ampio del termine) della nonviolenza? - Pasquale Pugliese: Cara Diana, e' profondamente vero quello che dici. Io sono originario della Calabria, dove torno periodicamente a Tropea a trovare il mio anziano papa', quindi conosco un po' la situazione di questa regione. Credo che gli intrecci di criminalita', massoneria e politica in Calabria rappresentino in questo momento un vero e proprio vulnus e pericolo per la democrazia tout court. Il delitto Fortugno prima ed il "caso" de Magistris in questi giorni hanno portato l'attenzione dei media nazionali per un po' su questa terra ma poi puntualmente essa sparisce, mentre chi ci vive e vi opera tutti i giorni deve confrontarsi con un impasto perverso e micidiale di violenza diretta, strutturale e culturale. Per spiegare meglio che cosa significa in Calabria voler partecipare con dignita' alla vita pubblica ti racconto una storia di ordinaria violenza, che non si svolge in Birmania ma in Italia. Come forse saprai, il 25 agosto scorso, in preparazione del nostro congresso, abbiamo svolto un incontro regionale del Movimento Nonviolento a Palmi al quale hanno partecipato non solo iscritti ed abbonati ad "Azione nonviolenta" ma molti altri amici che operano con gli strumenti della nonviolenza contro il dominio della 'ndrangheta. Tra i partecipanti erano presenti anche Antonio d'Agostino, ingegnere impegnato nel Movimento Meridionale, con la moglie, magistrato, entrambi di Vibo Valentia. Qualche giorno dopo Antonio ha scritto una e-mail ai partecipanti all'incontro di Palmi, raccontando la macabra scoperta fatta sulla porta di casa qualche giorno prima e di cui aveva dovuto tacere per le indagini in corso. Poiche' successivamente e' stato intervistato dalla stampa, e quindi il fatto e' diventato pubblico, faccio continuare le sue parole. * "E' innanzitutto un grande conforto poter scrivere a voi per mettervi al corrente di una violenza che abbiamo subito ancor prima dellíincontro del 25 scorso, ma che non abbiamo potuto comunicarvi prima per motivi connessi alle indagini in corso. Domani la notizia uscira' sui giornali, ma io desidero che essa non sia mediata da alcuno e per questo vi scrivo. Non si e' trattato dunque di una violenza fisica ma, per alcuni aspetti, di qualcosa di peggio, perche' tale vuol essere l''avvertimento' diretto a tutta una famiglia nel suo luogo piu' intimo e pacifico qual e' la casa. I simboli, ovviamente macabri, sono quelli ricorrenti che meglio esprimono la rozzezza e la primitivita' di cui sono portatrici queste persone: la testa mozzata del capretto... il sangue... le cartucce, poste in bocca, una per ogni componente della famiglia... Ed ecco che le sensazioni, i dubbi, gli interrogativi ti sommergono riuscendo ad avere la meglio anche sulla paura che non ti puoi permettere perche' non e' razionale, mentre invece tu devi ragionare, analizzare, capire... Al massimo quindi ti puoi consentire di essere preoccupato, ma sempre vigile. Ma e' giusto che, soprattutto per chi non ci conosce, io debba fornire qualche dato in piu' perche' possiamo interrogarci insieme. Mia moglie, Francesca Romano, che era anche presente alla riunione di Palmi, e' magistrato. Fino al dicembre scorso ha svolto le sue funzioni al Tribunale di Vibo Valentia alla sezione civile ed alle misure di prevenzione. Nei circa quindici anni in cui si e' occupata di tale lavoro non ha mai avuto alcun problema inteso come minacce, sollecitazioni od altro... Ora e' alla Corte d'appello di Catanzaro. Svolge vita riservata un po' per via del suo lavoro, un po' per suo carattere. Io faccio l'ingegnere all'interno di uno studio associato. Ho fatto anche l'insegnante negli istituti tecnici per circa vent'anni e da un po' di tempo medito di lasciare l'attivita' per concentrami meglio nell'impegno sociale e culturale (lavoro all'interno del Movimento Meridionale, di alcune associazioni culturali e della redazione di 'Quaderni calabresi'). Da circa tredici anni abitiamo nel centro storico di Vibo Valentia per nostra scelta, ritenendo che tale contesto consenta piu' di altri di comunicare con la gente. In effetti cio' mi ha consentito da qualche anno di svolgere insieme ai cittadini del quartiere una battaglia per la salvaguardia di tali luoghi che sono stati oggetto di vari appalti per la loro 'riqualificazione' ma che, in effetti, hanno prodotto molti guasti ed a volte veri e propri sfregi all'antico impianto storico. Ha prevalso, come capita sempre piu' spesso, la voglia di lucrare al massimo senza alcuna cura di cio' che si andava facendo. In tutto questo l'amministrazione comunale si e' mostrata sorda ad ogni nostro appello (sempre sottoscritto da un gran numero di cittadini del quartiere) e lo stesso hanno fatto gli altri soggetti preposti tra cui la Soprintendenza di Cosenza da noi ripetutamente sollecitata. La nostra azione e' salita proporzionalmente di tono correlativamente al silenzio sempre piu' inquietante dei soggetti istituzionali. Poi le prime avvisaglie sotto forma di 'consigli', 'imbasciate' ecc... Infine l'azione del 18 agosto. Mi chiedo: basta cio' per scatenare tanta violenza? Dobbiamo aspettarci dell'altro? Si sono davvero ridotti a tal punto gli spazi di democrazia nel nostro paese? Queste domande ce le poniamo tutti da molto tempo e vogliamo pensare ancora che non puo' e non deve essere cosi'". * Per non essere piu' cosi', credo che il nostro Sud, proprio perche' chiuso in una morsa di violenza, debba diventare un grande laboratorio di nonviolenza, di sperimentazione e di azione di forme di difesa popolare nonviolenta. In parte cio' sta gia' avvenendo, con i ragazzi di Palermo che lottano contro il pizzo, i ragazzi di Locri che si battono per la legalita', le Comunita' Libere di Gioiosa Jonica di cui abbiamo raccontato su "Azione nonviolenta" e diversi altri, ma affinche' queste iniziative si moltiplichino e diventino efficaci e' necessario che il resto dei movimenti nonviolenti d'Italia capisca che una parte importante del nostro paese sta attraversando un'emergenza democratica, al punto che la mafia, nelle sue diverse articolazioni, e' ormai la prima multinazionale d'Italia sui piani finanziario e militare, capace di colpire ovunque in Europa, e non solo, come si e' visto a Duisburg... Per questo, per la prima volta, al congresso di Verona ci sara' un gruppo di lavoro specifico sul tema "resistenza nonviolenta contro il dominio mafioso". * - Diana Napoli: Qual e' il tuo ricordo piu' bello degli anni passati accanto alla nonviolenza? - Pasquale Pugliese: Naturalmente i ricordi sono molti. Ti diro' quello che considero il piu' bello e poi anche quello piu' importante. Credo che dal punto di vista dell'efficacia dell'impatto, anche estetico ("L'azione nonviolenta e' un'opera d'arte" scriveva Daniele Lugli qualche anno fa) l'esperienza piu' interessante sia stata quella delle "biciclettate nonviolente". Un'iniziativa partita dal "gruppo di azione nonviolenta" di Reggio Emilia, in risposta all'aggressione statunitense all'Iraq, nella quale unimmo la protesta rispetto alla guerra con la denuncia delle cause legate alla necessita' per gli Usa di appropriarsi dei pozzi di petrolio, all'indicazione dell'alternativa possibile all'uso dell'automobile: la bicicletta. Dal 15 dicembre 2002 al 31 maggio 2003, ogni quindici giorni, un serpentone di biciclette con le bandiere della pace e della nonviolenza si snodava per le piazze della citta' guidato dalla prima sulla quale avevamo montato un'impalcatura che sorreggeva un piccolo striscione sul quale avevamo scritto "contro la guerra del petrolio lasciamo a casa le automobili". Nella piazza di partenza e di arrivo un tavolo con materiale informativo sul nesso guerra-petrolio-automobili illustrava il senso della nostra iniziativa. Fu un'esperienza molto bella in se': un fluire silenzioso di bandiere arcobaleno issate sulle bici che si snodava nel traffico cittadino, non ostacolandolo ma dialogando con gli automobilisti in coda, ai quali lasciavamo i volantini informativi invitandoli a lasciare l'automobile in garage e ad unirsi a noi... E poi, ancora bella perche' man mano l'iniziativa si diffuse tra i gruppi nonviolenti e i nodi della Rete Lilliput di tutta Italia con le bandiere che dalla fissita' dei balconi si trasferivano sulle bici e il 31 maggio sfilarono contemporaneamente in una trentina di citta' piccole e grandi... Invece la piu' importante esperienza legata alla nonviolenza credo che sia quella che sto realizzando sul piano professionale: come sai, lavoro nei "gruppi educativi territoriali" (in sigla: G.E.T.) del Comune di Reggio Emilia, un'interessante esperienza di promozione educativa extrascolastica, volta alla prevenzione sociale, diffusa in tutta la citta', dove per diversi anni ho fatto l'educatore ed ora mi occupo di coordinamento educativo e formazione dei volontari in servizio civile. Quando vi approdai ciascun G.E.T. era riconosciuto con il numero della circoscrizione di appartenenza territoriale e questo nella citta' di Loris Malaguzzi e degli "asili piu' belli del mondo" non era proprio una bel segnale, per cui nel 2001 proposi agli educatori di cogliere l'occasione della proclamazione, da parte delle Nazioni Unite, del "Decennio per una cultura di pace e nonviolenza per i bambini del mondo" e di intitolare ciascun G.E.T. ad un personaggio rilevante nel campo della nonviolenza e, a partire da ogni nome, fare un'esperienza di informazione e "coscientizzazione" con i bambini e i ragazzi. Gli educatori prima - facendone una ricerca ed una scelta consapevole - e la giunta comunale dopo approvarono l'idea ed oggi abbiamo i G.E.T. Mohandas Gandhi, Martin Luther King, Lev Tolstoj, Chico Mendes, Paulo Freire, Danilo Dolci e Giuseppe Impastato. Proprio a partire da quest'ultimo abbiamo avviato i laboratori che ogni anno coinvolgono centinaia di bambini e ragazzi dei cinque continenti su temi che prendono spunto dall'opera di ciascun personaggio e la declinano in maniera coinvolgente e attiva, costruendo con bambini e ragazzi spettacoli teatrali, video, performance di danza ed invitando esperti a parlarci dell'opera di ciascuno. Dopo Impastato abbiamo lavorato su King, quest'anno su Dolci, ed il prossimo anno esploreremo la figura di Gandhi... Per quanto siano molte le lingue, le provenienze, le storie e i disagi di cui ciascun ragazzo e' portatore, grazie al lavoro di tanti educatori competenti, il messaggio nonviolento si diffonde tra tanti "bambini del mondo" presenti a Reggio Emilia. 4. RIFLESSIONE. NORMA ENRIQUEZ RIASCOS: FONDAMENTALISMI, UNA MINACCIA REALE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente discorso tenuto al World Social Forum di Nairobi, Kenya (Isis International, 2007). Norma Enriquez Riascos, coordinatrice del Comitato latinoamericano e caraibico per la difesa dei diritti delle donne (Cladem), e' femminista ed attivista nei movimenti per la pace e per i diritti umani in Colombia] L'idea chiave da tenere in mente e' che i fondamentalismi non lasciano spazio ad alternative od altre possibilita'. Sono presentati come indiscutibili, ed imposti tramite il potere politico, e usano ogni sorta di meccanismi per forzare le persone a credere in una "verita' unica", che puo' essere di carattere religioso, politico, economico o dottrinario. Per annichilire l'opposizione che potrebbe levarsi contro queste "verita'", si usano la coercizione e la violenza, e si ricorre con facilita' alle armi. Per i fondamentalisti coloro che non si sottomettono devono essere eliminati, perche' vengono considerati nemici. La possibilita' di un dialogo informato dalla convinzione che vi sono molteplici e pur sempre validi punti di vista, dalla convinzione che siamo tutti differenti e che le persone hanno il diritto di sviluppare la propria vita individualmente e collettivamente nelle dimensioni che desiderano, tutto questo e' impensabile per i fondamentalisti. Le potenze egemoniche occidentali hanno tentato di far apparire l'Islam come una proposta fondamentalista, e come l'unico fondamentalismo che il mondo si trovi a dover fronteggiare e gestire al presente. Nondimeno, assumendo la definizione di "una sola ed incontrovertibile verita' che viene imposta con la forza e condanna le alternative", noi, le femministe, abbiamo rintracciato dal Nord al Sud altri fondamentalismi che interessano e vogliono definire le nostre vite. Sono fondamentalismi che ci tolgono liberta'. Nella sfera religiosa, vari sistemi di credenze impongono ben di piu' dei principi della fede: istituiscono leggi, sanzioni e proibizioni, grazie al potere politico detenuto dai fondamentalisti. Tale potere permette di intervenire nelle pratiche religiose comuni ai credenti, che sono i prodotti di tali convincimenti ed obblighi, ma prendendo la forma di leggi e precetti si impone anche a coloro che non credono. La liberta' religiosa e' minacciata, la liberta' di poter adottare o non adottare un sistema di pratiche e credenze religiose. Si tratta di una delle liberta' fondamentali riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, ed e' seriamente minacciata in gran parte del globo. In Medio Oriente, l'islamismo e' imposto da governi fondamentalisti in un modo che ha forte impatto sulla vita delle donne. In Asia, l'induismo viene indicato come imposizione da un gran numero di donne asiatiche, e al Nord il cattolicesimo lavora praticamente nella stessa maniera repressiva. Nell'America Latina, la gerarchia della chiesa cattolica, in alleanza con le forze politiche piu' reazionarie, ha avuto successo nel convertire le proprie nozioni di fede in leggi, creando grave danno alle esistenze, alla salute ed al lavoro vitale delle donne. Condannando i metodi contraccettivi moderni, propagando idee di una sessualita' "corretta", misogine ed omofobe, la chiesa ha contribuito al perdurare della subordinazione delle donne: dalle alte percentuali di mortalita' e malattia nelle donne povere all'esclusione delle coppie gay e lesbiche tramite la stigmatizzazione. Tutto questo mette a serio rischio i diritti fondamentali di ogni persona. C'e' molta consapevolezza tra le femministe che sebbene i fondamentalismi affliggano le vite di ogni essere umano, la loro espressione patriarcale fa si' che siano le donne a subirne le peggiori conseguenze. I fondamentalismi sono chiaramente antidemocratici rispetto alle donne. * Ma ci sono anche altri fondamentalismi, e spessissimo vanno avanti mano nella mano con i fondamentalismi religiosi. Noi come femministe li abbiamo identificati e vogliamo sottolineare che si tratta di ideologie che non ammettono alternative e che cercano di imporsi in maniere distruttive: si tratta del fondamentalismo economico, che si esprime attraverso il mercato nella globalizzazione neoliberista, e del militarismo. Il fondamentalismo economico ha ridotto le relazioni sociali e politiche a mere relazioni monetarie, indebolendo le legislazioni e le nazioni. Gli stati, che avrebbero l'obbligo di provvedere al benessere dei propri cittadini, stanno ora gradualmente cedendo tale responsabilita' al mercato. I cittadini sono divenuti clienti, e le leggi statali non danno piu' regole imparziali, ma sono diventate merci, a disposizione di chiunque abbia i soldi per comprarle. La cittadinanza, per cui le donne hanno lottato con tanta passione, non e' piu' una garazina di diritti. Solo il denaro puo' garantirti istruzione, salute ed altri beni convertiti in merci e messi sul mercato. I profeti della globalizzazione neoliberista asseriscono che non vi sarebbero alternative. Che il progresso del mercato e la sua monopolizzazione di tutti gli spazi della vita sociale sono inarrestabili, che "non si torna indietro". Impongono il loro egemonico potere di distruggere ogni produzione che non sia capitalista. Considerano il mercato il regolatore primario delle relazioni sociali e permettono agli interessi del mercato di prevalere sulle necessita' umane. Politici e governi al servizio del capitale internazionale si occupano di rendere agevole la strada di modo che la globalizzazione neoliberista possa penetrare in ogni angolo della terra senza incontrare frizioni. * Altre visioni fondamentaliste impongono l'idea che il mondo puo' essere sicuro solo tramite l'uso delle armi. L'irrazionale militarizzazione sviluppatasi durante la "guerra fredda" sembrava tramontata, ma e' rinata con zelo anche maggiore. Nell'occidente "democratico" e' avanzata rapidissima, trainata dalla paura. Il militarismo ha militarizzato la vita civile: gli ordini non vanno discussi, le concessioni all'uso della violenza e della coercizione sono diventate abituali. Chi possiede il potere non tollera contestazioni. Leader messianici proliferano in ogni continente; il terrore creato da immaginazioni ferventi viene facilmente incorporato nelle analisi su coloro che vengono visti come poveri, diversi, coloro che cercano alternative alla guerra ed al militarismo, coloro che credono o pensano in modi differenti. Quelli che la pensano in modo diverso e danno la loro preferenza alla vita umana ed alla vita del pianeta rispetto alle richieste del mercato e all'uso delle armi: tutti costoro sono potenziali "nemici" e devono essere eliminati. Gli interessi relativi alla "sicurezza" vengono privilegiati nei confronti del rispetto delle leggi o degli altri. Proclamando di difendere dei diritti, i fondamentalisti non esitano a violare tutti quelli degli altri, a violare tutto. Distruggere il "nemico" vale bene il prezzo di ridurre, negare o non garantire i fondamentali diritti di persone e luoghi. I fondamentalismi sono quindi il volto ingigantito ed assoluto del patriarcato. Sono gli eserciti del dominio, nella loro massima espressione basata su un'obbedienza irrazionale e sul terrore della punizione. * Noi donne, che abbiamo vissuto nella subordinazione e nell'esclusione, non possiamo sottometterci a questi concetti. Il nostro credo e' fatto di rispetto, di coesistenza nella pluralita', di sorellanza, di eguali opportunita' per tutti, ed ha una lunga storia e va in tutt'altra direzione. Percio' di fronte ai fondamentalismi religiosi noi chiediamo stati laici; percio' di fronte alla globalizzazione neoliberista noi chiamiamo alla resistenza contro il consumismo e contro i poteri transnazionali che infrangono le leggi della terra e del pianeta, e chiediamo il potenziamento delle economie alternative. Di fronte alla guerra ed alla militarizzazione della vita civile, noi optiamo per il dialogo, per le soluzioni negoziate, per il disarmo, per la creazione di opportunita' per tutta l'umanita' e per l'equa distribuzione dei redditi. Dichiariamo che i nostri corpi e le nostre vite non sono proprieta' degli stati, ne' delle religioni, ne' dei mercati, ne' dei guerrieri. I nostri corpi e le nostre vite appartengono a noi e noi lottiamo per determinare il nostro destino. Ai nazionalismi che invocano i fondamentalismi noi diciamo: ne' i confini, ne' le politiche, ne' la geografia divideranno l'umanita'. Vogliamo un altro mondo, e crediamo in esso, un mondo migliore. Noi, come femministe, lavoreremo per rinforzare le nostre pratiche libertarie, per generare alleanze in solidarieta' con coloro che sono esclusi, e ricreeremo insieme questo mondo migliore. Un mondo in cui ci sara' posto per tutti. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 259 del 31 ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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