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Minime. 248
- Subject: Minime. 248
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 20 Oct 2007 00:54:43 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 248 del 20 ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Della poverta' e della sicurezza 2. Daniela Padoan presenta "Diario russo 2003-2005" di Anna Politkovskaja 3. Raffaella Mendolia: I riflessi dell'eredita' di Capitini sul Movimento Nonviolento di oggi 4. Pasquale Pugliese: Il 21, 22 e 29 ottobre a Reggio Emilia e Puianello 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. DELLA POVERTA' E DELLA SICUREZZA [Da una lettera personale riprendiamo questa smilza sinossi dell'intervento di uno dei relatori invitati al convegno sul tema "L'attenzione ai poveri e la sicurezza internazione: aspetti sociali e teologici" che si tiene oggi, sabato 20 ottobre, ad Attigliano (per ulteriori informazioni: associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: info at sullastradaonlus.it, sito: www.sullastradaonlus.it] A voler dir tutto in una sola frase direi che i poveri hanno ben ragione ad aver paura dei ricchi. Ed a lottare affinche' i ricchi cessino di rapinarli. * A volerlo dire in due distinti ma convergenti ragionamenti direi - comunque a mo' di scorciatoia - quel che segue. 1. Sulla sicurezza internazionale: la maggiore minaccia e' il perdurare della rapina da parte del Nord del mondo delle risorse del Sud. La sicurezza puo' nascere solo dalla giustizia, dalla riparazione, dalla condivisione. Finche' il 20% dell'umanita' consuma l'80% delle risorse costringendo l'80% dell'umanita' a sopravvivere col 20%; finche' il Nord rapinatore continuera' nella sua sanguinaria devastatrice attivita' delittuosa e onnicida; finche' il principio della massimizzazione del profitto della minoranza che possiede e consuma e dissolve il molto e il troppo schiaccera' ogni umano diritto e norma morale e civile criterio di convivenza e limite ed imporra' oppressione, schiavitu', fascismi, guerre, fame e morte; ebbene, finche' questo accadra' - sempre piu' precipitando l'umana famiglia e la biosfera stessa nell'abisso che tutto divora ed annienta - i quattro quinti dell'umanita' dovrebbero venire nelle nostre terre e nelle nostre case non da profughi ma da giudici e da esattori del maltolto. E che abbiano misericordia di noi. 2. Sulla poverta': e' perche' vi sono i ricchi che vi sono i poveri, che non sono poveri ma impoveriti, non deboli ma oppressi, non bisognosi di assistenza ma di liberta'. Dire povero e' dire rapinato: dire ricco e' dire rapinatore. Credo anch'io con Rousseau e Proudhon e tanti altri che l'appropriazione privata dei beni comuni sia un crimine in quanto denega pienezza di diritti e soddisfazione di bisogni ad altri esseri umani. Non si tratta di far l'elemosina, ma di restituire, di riconoscere e di costruire relazioni ecoequosolidali, fondate sulla giustizia e su quella superiore giustizia che e' la condivisione, che e' la misericordia come prassi rivoluzionaria di riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani e di cura per l'unico mondo che abbiamo - la casa comune, il bene comune. * Aggiungerei poi questo. Gli oppressi sono portatori di verita', poiche' e' interesse materiale e ideologia fondamentale degli oppressori negare la verita' dell'oppressione onde perpetuarla, ed e' condizione storica ed esistenziale dei soggetti oppressi manifestare e smascherare e contrastare la veritiera condizione dell'oppressione e rivendicare la verita' che libera, e liberando se' liberare la verita' dalla menzogna. Per questo altro nome della nonviolenza e' nonmenzogna. Per questo le persone amiche dell'umanita' - dell'umanita' come insieme, ma anche dell'umanita' propria ed altrui - amano dire che la verita' rende liberi, che la verita' e' rivoluzionaria, che la verita' e la vita e la via sono una medesima attesa e ricerca, uno stesso impegno e promessa, la stessa azione e la stessa contemplazione. Nella menzogna la vita decade, la via e' smarrita. Nella verita' e' il cammino, e la dignita' umana risplende. Gandhi designava la sua proposta di lotta che noi sommariamente, sinteticamente traduciamo "nonviolenza", con le parole di origine sanscrita "ahimsa" e "satyagraha": l'una disvela - tra l'altro - che lottare contro la violenza e' scelta di innocenza, innocenza attiva e operante; l'altra - tra l'altro - dichiara che la lotta nonviolenta e' la forza della verita', verita' che si dispiega ed agisce nel mondo. E' nella lotta delle persone oppresse per la comune liberazione, e' nell'umana solidarieta', che si disvela il volto dell'altro, che si riconosce e affratella e assorella la nostra comune esistenza, crollano le muraglie della solitudine, acquista senso il nostro essere nel mondo. E in una storia in cui la prima e piu' feroce e longeva oppressione e' quella della dominazione patriarcale e dell'ideologia e della prassi del maschilismo, le donne innanzitutto sono portatrici di verita', di verita' feconda, di verita' che libera. La liberazione dell'umanita' e' gia' tutta nella liberazione delle donne dal potere patriarcale e maschilista. Senza lo smascheramento e la sconfitta della violenza di genere non vi e' speranza alcuna di contrastare adeguatamente la violenza tout court. Pace, dignita' umana, difesa della biosfera (salvaguardia del creato, per dirla con altro linguaggio ma con medesimo sentimento), sono i compiti dell'ora. Solo nella giustizia e' la sicurezza. Solo contrastando e abolendo i meccanismi e i poteri e le strutture e le ideologie della rapina ovvero dell'impoverimento si realizza umanita'. 2. LIBRI. DANIELA PADOAN PRESENTA "DIARIO RUSSO 2003-2005" DI ANNA POLITKOVSKAJA [Dal supplemento settimanale del quotidiano "IL manifesto" "Alias" del 28 luglio 2007, col titolo "Gli appunti 2003-2005 di Anna Politkovskaja: una denuncia dove l'etica si fa precisione" e il sommario "Diario di una voragine. Come un sismografo, la giornalista assassinata il 7 ottobre 2006 registra dati e notizie che descrivono plasticamente il nuovo potere russo e le sue compiacenze mafiose". Daniela Padoan e' una prestigiosa giornalista e saggista femminista. Dalla bella rivista "Via Dogana" riprendiamo la seguente scheda di presentazione: "Daniela Padoan collabora con la televisione e la stampa, in particolare con 'Il manifesto'. Nel pensiero della differenza ha trovato un tassello mancante, degli elementi in piu' per la lettura di avvenimenti attuali e storici come la vicenda delle Madres de la Plaza de Mayo ("la lotta politica forse piu' radicale di questi decenni"), o la Shoah, che Daniela ha indagato in un suo libro, attraverso tre conversazioni con donne sopravvissute ad Auschwitz (Come una rana d'inverno, Bompiani, Milano 2004)". Opere di Daniela Padoan: Miti e leggende del mondo antico, Sansoni scuola, Firenze 1996; Miti e leggende dei popoli del mondo, Sansoni scuola, Firenze 1998; (a cura di), Un'eredita' senza testamento, Quaderni di "Via Dogana", Milano 2001; (a cura di), Il cuore nella scrittura. Poesie e racconti delle Madres de Plaza de Mayo, Quaderni di "Via Dogana", Milano 2003; Come una rana d'inverno, Bompiani, Milano 2004; Le Pazze. Un incontro con le Madri di Plaza de Mayo, Bompiani, Milano 2005. Anna Politkovskaja, giornalista russa, nata a New York nel 1958, impegnata nella denuncia delle violazioni dei diritti umani con particolar riferimento alla guerra cecena, e' stata assassinata nell'ottobre 2006. Tra le opere di Anna Politkovskaja disponibili in italiano: Cecenia. Il disonore russo, Fandango, 2003; La Russia di Putin, Adelphi, 2005; Diario russo 2003-2005, Adelphi, Milano 2007] Anna Politkovskaja e' morta il 7 ottobre 2006, assassinata a colpi di pistola nell'ascensore di casa, a Mosca. Il mandante e' ancora oggi sconosciuto. Il giorno stesso la polizia russa ha sequestrato il suo computer e tutto il materiale dell'inchiesta che stava svolgendo per la "Novaja gazeta" sulle torture commesse in Cecenia dalle forze di sicurezza federali. Il suo ultimo libro, Diario russo 2003-2005, pubblicato in Inghilterra e tradotto ora da Adelphi a cura di Claudia Zonghetti (pp. 457, euro 24,00), e' un inflessibile atto d'accusa contro il sistema di potere che in Russia ha sconfitto la democrazia parlamentare e soffocato la liberta' di stampa: un testamento morale, letto oggi, e al tempo stesso la prova documentaria del movente dei suoi assassini. Appunti, interviste, stralci di sedute parlamentari, lettere, dichiarazioni del presidente, atti di processi e sentenze di tribunali danno vita a una narrazione che giorno dopo giorno contrappone alla voce del potere le inascoltate proteste delle madri degli scomparsi ceceni, delle madri delle reclute e dei soldati che muoiono a centinaia per incuria e nonnismo, delle vedove di guerra, degli eroi sovietici cui e' stato tolto ogni sussidio insieme alla garanzia di un funerale degno, degli invalidi di Cernobyl' che hanno perso il diritto alle medicine gratuite. Un'opera in cui, se e' vero che spiccano molte voci, piu' potente di tutte e' lo smisurato coro muto, quello che angoscia Anna Politkovskaja e che la induce a punteggiare ogni intervista, ogni annotazione, ogni resoconto, con brevi, inappellabili commenti: "Nessuno fiata", "Non una protesta", "Non una voce". Come un sismografo, registra dati statistici e notizie minute che fanno capire la realta' del suo paese piu' di molti discorsi: "Nel mese di ottobre 2004 gli articoli piu' venduti in Russia sono stati i ceri: per i quaranta giorni trascorsi da Beslan; per i due anni dal Teatro Dubrovka. Nel mezzo, il 24 ottobre, sono stati sessanta giorni da che due aerei sono esplosi in volo. E poi sono gia' cinque anni dal bombardamento del mercato di Groznyi". L'accanita precisione con cui Anna Politkovskaja accumula materiali senza perdere la capacita' di indignarsi, e anzi coltivandola come un'irrinunciabile forma di resistenza, sembra il lavorio di chi, intendendo presentare una difesa in tribunale, abbia il solo scopo di convincere i giudici della verita'; e per lei, a cui non un solo libro e' stato pubblicato in Russia, il giudice e' quell'Occidente che nel Diario dipinge come sordo e cieco, intento a stringere la mano a Putin in cambio di accordi sul petrolio, ansioso di mostrare che il terrorismo e la guerra per la democrazia sono globali. Ma cos'e' che si sforzava di dirci, pronta a risponderne con la vita, e non per eroismo, ma per un senso della giustizia che i latini incarnavano nello spondeo, la necessita' di dar conto dei propri atti in cui si declina la responsabilita' di ciascuno? Procedendo nella lettura si cercano, inevitabilmente, gli indizi, ma solo per scoprire che gli ipotetici mandanti dei suoi assassini, quelli che doveva aver esasperato con la sua insistenza pur nell'assoluta disparita' delle forze, possono trovarsi in molti luoghi: al Cremlino, naturalmente, o in Cecenia, in Inguscezia, nei palazzi del racket edilizio. Forse non fa differenza: a seguire il suo filo di discorso, tutto e' ricondotto a un unico potere e alla constatazione che in Russia l'ex Kgb e' a capo del paese, con i suoi fini e i suoi metodi, intrecciati a quelli della mafia. Anna, che era stata chiamata dalla resistenza cecena come mediatrice durante la crisi degli ostaggi al Teatro Dubrovka, non aveva mai smesso di dire e di scrivere quello che molti in Russia mormoravano solo a mezza voce: che l'irruzione delle forze speciali e l'uso dei gas era stata la causa della carneficina seguita al sequestro degli ostaggi, e che l'inchiesta promessa da Putin era stata insabbiata e resa grottesca al punto che, nelle battute finali, i testimoni rifiutavano di prendervi parte. Non aveva voluto dimenticare, come tutti, le madri dei bambini fatti saltare in aria nella scuola di Beslan, che dopo un anno occupavano l'aula dove anche l'ultimo degli accusati stava per essere prosciolto, chiedendo di essere arrestate come colpevoli della morte dei propri figli: per aver votato Putin, per non aver levato una voce contro la sua politica in Cecenia. Anna non ha mai smesso di dire che l'assassinio del presidente ceceno Achmet Kadyrov era stata voluta dal Cremlino e che suo figlio Ramzan, insediato da Putin al suo posto, e' un pericoloso psicopatico a capo degli squadroni della morte che sequestrano, torturano e uccidono fomentando l'odio e spargendo il terrore. Quando, nel marzo del 2005, il Cremlino pretendera' l'eliminazione di Maschadov, il leader moderato della resistenza cecena - quello che ancora riusciva ad arginare gli estremisti piu' radicali guidati da Basaev, disposti a combattere la Russia con qualsiasi mezzo, compresa Beslan - la Politkovskaja sara' tra i pochi a denunciare la volonta' del presidente di giungere a una palestinizzazione del conflitto: "Ora in Cecenia si fronteggeranno due figure equivalenti per crudelta', abiezione e oscurantismo medioevale: Basaev e Kadyrov. Dietro Kadyrov c'e' Putin, dietro Basaev c'e' la resistenza piu' estremista, alimentata in primo luogo dalla gioventu' cecena che non conosce altro modo per scampare alle umiliazioni di cui e' vittima, e che e' stata a troppi funerali di innocenti". Nella Russia descritta nel Diario - dove la durata media della vita e' di cinquantotto anni e mezzo e il 40% della popolazione e' allo stremo, sotto la soglia di sussistenza fissata a 2.121 rubli (62 euro) - a Mosca i ristoranti di lusso sono pieni zeppi, "le tavole sono un'orgia di squisitezze di cui il resto del paese ignora persino l'esistenza". Ad Astrachan, nel sud, in pochi mesi vengono bruciate una settantina di case del centro, con gli inquilini dentro, per far posto a palazzi per ricchi, casino' e centri commerciali. Le autorita', in combutta con la mafia, soffocano ogni richiesta di giustizia, e nemmeno provvedono un alloggio ai senzatetto, che si ritrovano a vivere nelle discariche, o accampati tra le rovine della propria casa. Le vittime degli attacchi terroristici e delle azioni di "antiterrorismo" non ricevono un indennizzo, un aiuto, non hanno la speranza di un processo; vengono invece accusate di nutrire interessi nascosti, di essersi vendute, di voler estorcere denaro; screditate, irrise, abbandonate al proprio dolore e alla rabbia. Il Cremlino da' pero' vita e sostegno a un'associazione formata da giovani che Putin definira' "la vera societa' civile", ultras degli stadi e gladiatori dello Spartak dediti a spezzare le ossa dei pochi e sparuti attivisti nazional-bolscevichi. "Il potere vive solo per se stesso - si conclude il Diario -, con stampato in faccia il marchio dell'avidita' e del fastidio che qualcuno possa ostacolare la sua voglia di arricchirsi. La gente va convinta che opposizione e opinione pubblica si nutrono al piatto della Cia, dello spionaggio inglese, israeliano e finanche marziano, oltre che alla ragnatela globale di Al-Qaeda... Com'e' noto, il marchio dell'amministrazione Putin e' la nascita di un capitalismo di stato, di un'oligarchia di burocrati fedeli. Oggi come oggi, il potere e' solo un modo per fare i soldi". Viene in mente il Viaggio in Russia di Joseph Roth, compiuto nel 1926, quando il grande scrittore tratteggio' il personaggio di Franz Tunda, il protagonista di Fuga senza fine che combatte per la rivoluzione e poi si aggira in un'Europa decaduta, non appartenendo piu' a nulla, avendo reciso ogni legame di affinita' con tutti i mondi che lo circondano. Ecco, questi due libri cosi' distanti sono accomunati dal disincanto, ma anche da una tensione etica a dire, e riflettere. A Francoforte sul Meno, nel gennaio 1927, Roth prendeva la parola: "Signori, questa sera mi sforzero' di dimostrarvi che la borghesia e' immortale. La piu' crudele di tutte le rivoluzioni, la rivoluzione bolscevica, non e' stata in grado di annientarla. E non basta: questa crudele rivoluzione bolscevica ha creato il proprio borghese". Anna Politkovskaja, a distanza di quasi un secolo, ci dice che, dopo tredici anni di democrazia, "in Russia e' rinato l'homo sovieticus" e che e' piu' viva che mai un'oligarchia desiderosa di tornare alla lezione dei vecchi burocrati. Tra gli abbracci dei leader dell'Occidente, e un'indifferenza che certo non alberga solo entro i confini di un paese martoriato. 3. STUDI. RAFFAELLA MENDOLIA: I RIFLESSI DELL'EREDITA' DI CAPITINI SUL MOVIMENTO NONVIOLENTO DI OGGI [Ringraziamo Raffaella Mendolia (per contatti: raffamendo at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente estratto dalla sua tesi di laurea su "Aldo Capitini e il Movimento Nonviolento (1990-2002)" sostenuta presso la Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' degli studi di Padova nell'anno accademico 2002-2003, relatore il professor Giampietro Berti. Raffaella Mendolia fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento, ed ha a suo tempo condotto per la sua tesi di laurea una rilevante ricerca sull'accostamento alla nonviolenza in Italia. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione@nonviolenti:org, sito: www.nonviolenti.org] Al momento della morte di Aldo Capitini, nell'autunno 1968, il Movimento Nonviolento, sorto da appena qualche anno per una precisa volonta' del suo fondatore, si e' trovato davanti ad una sfida. Era in grado di evitare la dispersione di un patrimonio ideale e pratico di cosi' grande valore, fondato sulla nonviolenza, e portare avanti le innumerevoli attivita' che egli aveva intrapreso, con uguale infaticabile passione? Come sappiamo, nell'immediato il posto di Capitini alla guida del Movimento e' stato occupato da Pietro Pinna, suo stretto collaboratore, e dagli altri amici che hanno dedicato tutti le loro energie alla testimonianza e alla prosecuzione del suo lavoro. Dopo trentacinque anni e' possibile verificare se il loro intento e' stato raggiunto. Seppure mantenga la sua dimensione di minoranza, il Movimento Nonviolento e' ancora presente e attivo nel panorama dei movimenti per la pace italiani. I principi elaborati da Capitini costituiscono tuttora la base teorica del Movimento Nonviolento e sono costantemente utilizzati come riferimento per ogni azione pratica. La nonviolenza e' sempre considerata nel duplice aspetto del rifiuto della violenza e di ogni forma di oppressione, e dell'impegno pratico individuale, per iniziare il cambiamento qui ed ora. Il costante rimando all'importanza della coincidenza tra mezzi e fini e' ribadita in ogni congresso ed occasione pubblica come questione imprescindibile per la coerenza morale di ogni azione. Le tecniche enumerate da Capitini per la pratica nonviolenta non sono solo state inserite nella Carta ideologico-programmatica del Movimento, ma sono state messe in pratica costantemente. Basti pensare ai digiuni e alle manifestazioni per l'approvazione della legge di riforma della 772/72, alle Marce specifiche, alla noncollaborazione adottata dalla Campagna di obiezione alle spese militari, fino all'azione di boicottaggio contro lo sfruttamento perpetrato da alcune imprese economiche anche straniere. Tuttavia l'idea attiva e rivoluzionaria che aveva Capitini della nonviolenza e' da tempo stata abbandonata. La funzione di "testimonianza" praticata a lungo dopo la sua morte, non appartiene alla sfera capitiniana: la sua concezione della nonviolenza si basa sulla legittimita' della ribellione e sulla capacita' creativa di elaborare nuovi modi d'azione che escludano la violenza dalla storia. Da questo punto di vista bisogna ammettere che gia' Capitini non fu in grado di concretizzare questa aspirazione. Egli non era fino in fondo un uomo d'azione ed e' per questo che preferi' concentrarsi sull'elaborazione di un programma d'azione e lasciare ad altri l'onere di metterlo a frutto. Afferma Francesco Atzeni: "Mancava di quel pizzico di pazzia che ha il potere di trascinare le folle. Pur avendo in se' la forza interiore necessaria a catalizzare desideri e aspirazioni largamente diffusi, gli facevano talora difetto, per farne un autentico rivoluzionario, la determinazione conseguente e il tocco finale" (1). Questo blocca il compimento del progetto capitiniano tra teoria e prassi, tra visione escatologica del mondo liberato dai limiti e impossibilita' di operare nel concreto per la sua tramutazione. Capitini ha una naturale eccessiva fiducia verso il genere umano, che considera spontaneamente incline al bene e capace di accettare il sacrificio che la sua realizzazione comporta. Probabilmente per questo e' convinto di poter affidare il compimento del suo progetto, rinviato ad un futuro lontano ma inevitabile, alla moltitudine risvegliata e persuasa dall'opera dei suoi successori. Il suo errore e' stato quello di confidare nello spirito di sacrificio e nel coraggio di un gruppo esiguo a cui affida il difficile compito di portare la sua tensione rivoluzionaria a compimento. Cio' non e' stato possibile allora e non lo e' neppure oggi: nonostante il progetto rivoluzionario capitiniano abbia trovato posto nella Carta ideologico-programmatica del Movimento Nonviolento, esso e' stato da tempo subordinato ad altre funzioni. Tuttavia non e' possibile parlare di un fallimento del progetto capitiniano: se e' vero che l'esito della sua missione non e' ancora stato realizzato, e quindi si e' rinunciato all'assunzione concreta della responsabilita' del suo perseguimento, altri sono i modi in cui il valore dell'iniziativa personale per il cambiamento di una realta' insufficiente si e' espresso. La capacita' straordinaria del Movimento Nonviolento e' stata quella di seguire l'esempio di Capitini nell'analisi critica della societa' contemporanea e nell'individuazione di sempre nuovi rimedi ai mali che la affliggono, attraverso il costante riferimento alla teoria della nonviolenza. Il militante nonviolento non ha rinunciato all'azione, non si e' chiuso nel ruolo di testimone o di predicatore di una verita' data, ha scelto un altro tipo di impegno concreto, a largo raggio, ma silenzioso, e cio' ha permesso alla nonviolenza non di diventare movimento di massa, ma di diffondersi in tutti i settori della vita sociale e diventare valore universale. Per quanto riguarda la teoria politica capitiniana, incentrata sull'idea dell'omnicrazia e sul decentramento del potere, si puo' rilevare che nonostante gli sforzi attuati, tali principi si sono realizzati nell'organizzazione interna del Movimento, che rifiuta qualsiasi forma di gerarchia, ma non hanno prodotto l'avvio di esperienze concrete al di fuori di esso: l'esperimento dei C.O.S. avviato da Capitini nel secondo dopoguerra non e' stato piu' replicato. Tuttavia si puo' notare un certo rinnovarsi dell'interesse verso questo tema ricollegandolo, seppur con le dovute specificazioni, al tema del federalismo. La difesa dei poteri locali, intesi come spazi di identita' e autonomia in cui si puo' esprimere la partecipazione di ciascuno e quindi realizzare il potere di tutti, e' uno degli aspetti piu' tipici del pensiero nonviolento. Il decentramento politico, economico e amministrativo e' ritenuto essenziale in una concezione capitiniana e gandhiana per realizzare quel potere dal basso che caratterizza una democrazia effettiva. L'autogoverno delle comunita' locali si colloca, pero', entro i confini di "patrie" piu' ampie, che a loro volta si aprono al mondo intero, vista la dimensione planetaria dell'uomo contemporaneo (2). Per questo il Movimento Nonviolento sostiene tutte le iniziative volte a valorizzare le comunita' locali e le assemblee cittadine, che naturalmente devono mantenere la funzione educativa e informativa che Capitini attribuiva loro, a cominciare dalla organizzazione decentrata della Rete di Lilliput. Per quanto riguarda il carattere religioso del pensiero capitiniano si deve riconoscere che esso ha influenzato sicuramente il Movimento Nonviolento delle origini: se da un lato la sua originaria impostazione aconfessionale e apartitica viene determinata dalla critica capitiniana verso la Chiesa e verso i partiti, dall'altro e' individuabile nel Movimento una matrice laica accompagnata da un senso religioso. Sappiamo che la religione capitiniana non si puo' condurre a nessuna religione tradizionale, ma si ricollega ad una tensione morale personale verso il bene e all'apertura alla compresenza. Tale riferimento e' stato messo in secondo piano a partire dall'assunzione della guida del Movimento da parte di Pietro Pinna, che, essendo sempre stato poco convinto della essenzialita' del rimando alla religione, aveva fin dagli anni Sessanta spinto il movimento ad abbandonare quella che lui riteneva una pesante sovrastruttura ostacolante l'avvicinamento delle masse all'idea nonviolenta. Il legame stretto dal pensiero capitiniano tra religione e politica risulta definitivamente sciolto. Cio' nonostante il Movimento ha collaborato nelle sue iniziative con tutti gli schieramenti politici democratici ed ha visto tra i suoi aderenti sia laici che credenti, giunti sicuramente da percorsi diversi e spinti da differenti motivazioni, ma finalmente uniti nel perseguimento del medesimo scopo. A partire dal 2000, il Movimento Nonviolento ha inoltre avviato la riflessione sul tema "Laicita' e religiosita' della nonviolenza", utile all'esplorazione delle possibilita' di dialogo tra religiosi e laici sul comune terreno della nonviolenza. Tra i vari appuntamenti, ricordiamo l'incontro organizzato dal Mir in concomitanza con la Marcia Perugia-Assisi del 2000, che ha riscosso un notevole successo e il convegno di studi "Laicita', religione, nonviolenza" del 2002. Tale riflessione ha approfondito le ragioni di una collaborazione con tutte le forze persuase della necessita' della nonviolenza e della pace. Oggi il Movimento deve rinunciare realisticamente alla trasformazione della realta' che avverte come inadeguata, e allo stesso modo deve riconoscere di non avere la forza per fermare la guerra. Pare essersi realizzata la previsione di Capitini, che affidava, negli ultimi suoi giorni, il compito di proseguire il suo lavoro di diffusione del pensiero nonviolento alla "forza preziosa dei piccoli gruppi" (3). Nessuna forza politica ha finora assunto i principi nonviolenti come possibili punti del proprio programma, e per questo fino a tempi recenti il pacifismo integrale e la nonviolenza assoluta sono stati difesi esclusivamente da gruppi e associazioni di dimensioni esigue. Nel libro di Atzeni si puo' leggere il giudizio di Lucio Lombardo Radice: "Malgrado la devozione di un gruppo di allievi fedelissimi... che mantengono in vita qualcuna delle iniziative di Aldo Capitini, occorre partire realisticamente dalla constatazione che il filosofo e pedagogista umbro non ha lasciato come traccia della sua vita un movimento organizzato e neppure una corrente di opinione. In questo senso, nel senso della 'scuola', Capitini potrebbe essere considerato uno sconfitto. In politica non opera nessuna corrente 'liberalsocialista'. In religione, nessun movimento riformatore 'libero-religioso'. Lo sviluppo della democrazia italiana non avviene attraverso quelle 'comuni', quei 'centri di orientamento sociale' di base ai quali Aldo Capitini aveva dedicato tanto impegno pratico e teorico" (4). Tale interpretazione dei fatti e' difficile da falsificare. Attualmente, come abbiamo visto, il Movimento Nonviolento conta appena un centinaio di iscritti, ma non e' vero che tutto il suo lavoro e' stato perduto. La nonviolenza ha oggi un ruolo rilevante nella teoria politica, e lo stesso pensiero capitiniano e' sempre piu' frequentemente ripreso da parte di intellettuali e politici, riconoscendogli finalmente il ruolo fondamentale che ha avuto nella cultura italiana del dopoguerra. A cio' si aggiunge il fatto che oggi, per quanto i fini tradizionali dell'antimilitarismo e della diretta trasformazione sociale siano ancora lontani dall'essere realizzati, si aprono ancora diverse possibilita' di sviluppo del pensiero capitiniano promosse dal Movimento Nonviolento: - La questione democratica, per una democrazia aperta verso l'omnicrazia; - La questione istituzionale, per un processo di riforme irreversibili nella prospettiva della piena cittadinanza e nel ridimensionamento/superamento delle strutture con essa piu' contrastanti, come l'esercito e la burocrazia; - La questione politica, per l'avvio di un nuovo potere, ancorato alla partecipazione e al controllo dal basso, alla solidarieta' civile e sociale, alla discussione della forma partito; - La questione dell'educazione, della comunicazione e dell'istruzione, per la formazione di cittadini consapevoli e critici; - Le leggi per la formazione, per gli accessi alla comunicazione televisiva, per la costituzione delle forze di pace, dei caschi bianchi, ecc. (5); - La questione economica, contro il neocapitalismo e le sue contraddizioni. Nuove prospettive per la nonviolenza si presentano con la nascita del "movimento dei movimenti", caratterizzato dall'impegno personale e diretto, e dall'assunzione di posizione di fronte a qualsiasi appuntamento internazionale in cui si decidano le sorti dell'umanita'. Esso si costituisce come voce critica e alternativa alle posizioni di governo e delle istituzioni sovranazionali, tesa alla solidarieta' e al rispetto di tutti i popoli. Il Movimento Nonviolento si inserisce perfettamente in questo contesto, attraverso la partecipazione alla rete di Lilliput, a cui ha deciso di mettere a disposizione il suo patrimonio di esperienze e conoscenze ispirate alla nonviolenza, utili per indirizzare le nuove energie verso l'assunzione di metodi di lotta pacifici. La struttura a rete della Rete di Lilliput, composta da oltre cinquanta nodi locali, richiama l'aspirazione del Movimento all'omnicrazia e al potere dal basso e la sua concezione della democrazia partecipativa come uno strumento finalizzato non alla conquista del potere, ma alla sua distribuzione a tutti. Non solo: e' di ispirazione gandhiana anche il progetto lillipuziano per un'economia sobria e solidale, locale ed autosufficiente, a basso costo energetico, rispettosa della natura e al servizio dell'uomo. I due movimenti condividono anche la volonta' di opposizione integrale alla guerra e l'impegno per il disarmo, fino all'abolizione degli eserciti, sostituiti da un modello di difesa non armata. A livello pratico, la costituzione dei Gruppi di azione diretta nonviolenta richiama direttamente l'esperienza delle lotte per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, vissuta dal Movimento Nonviolento negli anni Sessanta. Per finire l'assunzione della nonviolenza come prassi politica, alternativa tanto alla rivoluzione armata, quanto al parlamentarismo, e' la ragione stessa dell'esistenza del Movimento Nonviolento, e pare appunto trovare finalmente una effettiva realizzazione su grande scala attraverso la Rete. Pare allora delinearsi di fronte al Movimento una nuova prospettiva di sviluppo che potrebbe finalmente fornirgli le forze per attuare il salto rivoluzionario auspicato da Capitini. Non si deve dimenticare inoltre che il decennio 2000-2010 e' stato dichiarato dall'Onu "Decennio per la cultura della nonviolenza", cosa che oltre a dimostrare l'importanza riconosciuta a questo tema, potrebbe aprire nuove prospettive per il Movimento Nonviolento... * Note 1. F. Atzeni, Aldo Capitini, un laico religioso nonviolento, Edizioni Sipiel, Milano 1989, p. 69. 2. A. Dogliotti Marasso, Nonviolenza secessione e gandhismo leghista, "Azione Nonviolenta", anno XXXIII, ottobre 1996, p. 10. 3. Da "Lettera di religione" n. 63 del 6 ottobre 1968, in A. Capitini, Il potere di tutti, La Nuova Italia, Firenze 1969, pp. 444-448. 4. F. Atzeni, Aldo Capitini un laico religioso nonviolento, cit., p. 68. 5. "Azione Nonviolenta", anno XXXVII, n. 10, ottobre 2000, pp. 4-5. 4. INCONTRI. PASQUALE PUGLIESE: IL 21, 22 E 29 OTTOBRE A REGGIO EMILIA E PUIANELLO [Da Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas at interfree.it) riceviamo e diffondiamo. Pasquale Pugliese, educatore presso i Gruppi educativi territoriali del Comune di Reggio Emilia, dove risiede, laureato in filosofia con una tesi su Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento Nonviolento (del cui comitato di coordinamento fa parte), nella Rete di Lilliput ed in numerose iniziative di pace; e' stato il principale promotore dell'iniziativa delle "biciclettate nonviolente"] in occasione del XXII Congresso nazionale del Movimento Nonviolento, che si svolgera' a Verona nelle giornate 1, 2, 3 e 4 novembre 2007, ci pare cosa buona convocare - analogamente a quanto sta avvenendo nel resto d'Italia - un incontro preparatorio degli iscritti al nostro movimento, degli abbonati ad "Azione nonviolenta" e di tutti gli amici della nonviolenza residenti nelle province emiliane. A Ferrara si incontreranno gli amici delle restanti province della nostra regione. L'appuntamento che proponiamo vorremmo che fosse sia l'occasione per la presentazione dei temi del Congresso e la raccolta di stimoli e riflessioni da portare a Verona, sia un momento di conoscenza e collegamento tra tutti coloro che nelle nostre province sono impegnati nelle molte iniziative di cambiamento orientate alla nonviolenza, e usano "Azione nonviolenta" come strumento di formazione ed informazione. Il congresso del Movimento Nonviolento ha come tema principale "La nonviolenza e' politica per il disarmo, ripudia la guerra e gli eserciti", e si pone come momento conclusivo di un percorso di ricerca culturale e politica sviluppato dal 2000 ad oggi e contemporaneamente di apertura di una nuova fase di iniziative declinate sotto i diversi aspetti che saranno elaborati dai diversi gruppi di lavoro previsti: dalle "risposte di movimento alla crisi della politica" ai "corpi civili di pace", dall'"educazione alla nonviolenza" alla "resistenza nonviolenta contro il potere mafioso" ecc. (vedi programma nel sito www.nonviolenti.org). Tra l'altro, alcuni avvenimenti di questi giorni ci danno un'ulteriore conferma di come la nonviolenza sia davvero il "varco attuale della Storia", come scriveva profeticamente Aldo Capitini: da un lato l'esemplare lotta nonviolenta dei monaci birmani che - eroica e tragica nello stesso tempo - e' anche un appello alla coscienza di ciascuno per attivarsi contro tutte le violenze ed i poteri oppressivi; dall'altro lato la proclamazione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della nonviolenza", fornisce un riconoscimento ed un incentivo a tutti coloro che in ogni parte del mondo portano avanti, con fatica e tenacia, il cammino della nonviolenza. A Verona proveremo a fare insieme qualche ulteriore passo. Percio' siete invitati a partecipare all'incontro preparatorio che si svolgera' a Reggio Emilia domenica 21 ottobre alle ore 15,30 presso il Centro "don Gualdi" in via del Guazzatoio, n. 24 (laterale di Piazza Fontanesi, in centro storico). E poi alle due serate di approfondimento che si svolgeranno lunedi' 22 e lunedi' 29 ottobre al Cinema Eden di Puianello di Quattro Castella (Re). * Programma Domenica 21 ottobre, ore 15,30, Centro don Gualdi 24, Reggio Emilia: incontro degli iscritti al Movimento Nonviolento e degli abbonati ad "Azione nonviolenta" delle province emiliane. Lunedi' 22-29 ottobre: "Nonviolenza in pedecollina", cinema Eden di Puianello, Quattro Castella, Reggio Emilia - Lunedi' 22 ottobre, ore 21: "La vera scelta non e' tra violenza e nonviolenza, ma tra nonviolenza e non-esistenza" (M. L. King), visione del filmato "Le gru di Sadako - l'umanita' contro l'atomica"; a seguire incontro con Marco Cervino, fisico, ricercatore del Cnr di Bologna e presentazione della Campagna per la proposta di legge popolare "Un futuro senza atomiche", a cura di Fulvio Bucci, el Comitato reggiano per un futuro senza armi nucleari (www.unfuturosenzatomiche.org). Serata in collaborazione con il punto pace di Pax Christi di Reggio Emilia e l'associazione Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia. - Lunedi' 29 ottobre, ore 21: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?", visione del filmato "Danimarca - vivere con il nemico"; a seguire incontro con Antonino Drago, dell'Universita' di Pisa, autore del libro Difesa popolare nonviolenta. Serata in collaborazione con l'Infoshop Mag 6 di Reggio Emilia e il Laboratorio per la nonviolenza nell'Associazione Mag 6 di Reggio Emilia. Introduce e modera le due serate Pasquale Pugliese del Movimento Nonviolento. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 248 del 20 ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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