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Minime. 229
- Subject: Minime. 229
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 1 Oct 2007 00:36:40 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 229 del primo ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. La nonviolenza e' piu' forte 2. Il 2 ottobre a Verona 3. Flavio Marcolini: Aperta a Ghedi la campagna "Per un futuro senza atomiche" 4. Giulio Vittorangeli: Di struzzi e di omissis 5. Verso il congresso del Movimento Nonviolento 6. Raffaella Mendolia: La vita di Aldo Capitini 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA NONVIOLENZA E' PIU' FORTE La nonviolenza rifiuta di uccidere. La nonviolenza si oppone agli eserciti e alle armi. La nonviolenza si prende cura della biosfera e di ogni essere in un rivolgimento amoroso fraterno e sororale. E' la civilta' umana che pienamente si dispiega. * In Myanmar, in tutto il mondo, la nonviolenza e' in cammino. Essa e' la politica oggi necessaria. Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. In Myanmar, in tutto il mondo, la nonviolenza e' il cammino. 2. INCONTRI. IL 2 OTTOBRE A VERONA [Dal Movimento Nonviolento (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) riceviamo e diffondiamo] L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, "Giornata internazionale della nonviolenza". La risoluzione e' stata approvata dai 192 paesi membri dell'Assemblea generale dell'Onu su proposta del governo indiano. Il 2 ottobre, affermano in un comunicato le Nazioni Unite, tutti gli stati membri dovranno osservare la Giornata della nonviolenza attraverso varie iniziative pubbliche. Il messaggio di pace, tolleranza e fratellanza universale di Mahatma Gandhi dovra' essere diffuso soprattutto fra le nuove generazioni, promuovendo a tal fine campagne di sensibilizzazione nelle scuole. Il Movimento Nonviolento di Verona accoglie volentieri l'invito dell'Onu e convoca per martedi' 2 ottobre tutte le amiche e gli amici della nonviolenza ad un breve incontro celebrativo dalle ore 18,30 alle ore 19,30 presso la Casa per la nonviolenza di via Spagna 8 (vicino alla Basilica di San Zeno). Dopo una riflessione comune che sara' dedicata all'eroica resistenza nonviolenta di questi giorni messa in atto dai monaci buddisti birmani, verra' proiettato un video di filmati e testimonianze originali sul metodo nonviolento di Gandhi. La partecipazione e' libera ed aperta a tutti. * Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, sito: www.nonviolenti.org 3. INIZIATIVE. FLAVIO MARCOLINI: APERTA A GHEDI LA CAMPAGNA "PER UN FUTURO SENZA ATOMICHE" [Ringraziamo Flavio Marcolini (per contatti: fmar at inwind.it) per questo resoconto. Flavio Marcolini, insegnante, pubblico amministratore, amico della nonviolenza, e' tra gli animatori del Centro di ricerca nonviolenta di Brescia. Un'ampia intervista a Flavio Marcolini e' in "Minime" n. 203] Oltre trecento persone hanno affollato domenica 30 settembre piazza Roma a Ghedi per la manifestazione di apertura della campagna nazionale "Un futuro senza atomiche", che propone al Parlamento di approvare una legge di iniziativa popolare per denuclearizzare la penisola, eliminando in particolare le 90 testate presenti nelle basi di Ghedi e Aviano, "perfettamente funzionanti e pronte all"uso, in violazione dell"articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra e del Trattato di non proliferazione nucleare ratificato dall'Italia, che vieta di ospitare sul territorio questo tipo di ordigni", come hanno spiegato i promotori. E proprio i sindaci di Ghedi, Anna Giulia Guarnieri, e di Aviano, Stefano del Cont, sono stati i primi firmatari della petizione, insieme al primo cittadino di Castenedolo, Giuliano Salomoni, al coordinatore nazionale di Pax Christi don Fabio Corazzina, ai portavoce del movimento "Beati i costruttori di pace" don Albino Bizzotto e Lisa Clark. "Quaranta armi nucleari B-61 sono ospitate nell'aeroporto militare di Ghedi, dove i militari del VI Stormo sono addestrati al loro utilizzo, e altre cinquanta testate atomiche sono dislocate nella base Usaf di Aviano", hanno dichiarato gli organizzatori presentando l'iniziativa alla folla. Dopo gli interventi dei primi cittadini ai presenti e' stato messo a disposizione del materiale informativo sui rischi connessi alla presenza delle armi nucleari in paese, mentre ai tavoli si raccoglievano le firme dei passanti, 250 a fine mattinata. In tutta Italia la campagna e' sostenuta da centinaia di movimenti nonviolenti religiosi e laici, oltre che da Acli, Arci, Legambiente, "Missione oggi", "Nigrizia" e Unione degli studenti. Per informazioni, il coordinamento bresciano risponde ai numeri 3485650480 e 3479502334, e' possibile consultare il sito Internet www.unfuturosenzatomiche.org La prossima assemblea pubblica sul tema a Ghedi e' in programma martedi' 9 ottobre alle ore 20.30 alla Casa del giovane. 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: DI STRUZZI E DI OMISSIS [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell’Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Quelli della mia generazione sono cresciuti sotto la minaccia di una terza guerra nucleare mondiale che poteva cancellare ogni domani; anche se c'era chi diceva e ripeteva che l'uomo e' troppo intelligente per condursi cosi' stupidamente all'estinzione. Certo, non e' successo niente d'irreparabile, ma si e' continuato a costruire l'irreparabile e lo si tira fuori ogni tanto, come se fosse naturale come la morte. Non solo: siamo cresciuti nei cosiddetti "anni di piombo", tra la strategia della tensione, le "stragi di Stato" (Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, Stazione di Bologna, Ustica...) e l'estremismo armato (come il brigatismo rosso) la cui tragicita' ha raggiunto la punta piu' emblematica nel delitto Moro. Di Portella della Ginestra, i braccianti siciliani massacrati il primo maggio dal bandito Salvatore Giuliano, abbiamo appreso dai libri; del "tintinnare di sciabole" percepito da Nenni nel 1963, ovvero il "piano Solo" del generale De Lorenzo, non abbiamo quasi memoria perche' poco piu' che bambini. Tutto il resto, invece, e' memoria dolorosamente collettiva. Il 23 maggio 1992 a Capaci, sull'autostrada che collega Palermo a Trapani, il giudice Giovanni Falcone viene ucciso insieme a sua moglie e alla scorta. Il 19 luglio, avviene l'agghiacciante replica, quando un'autobomba uccide il giudice Paolo Borsellino, procuratore della Repubblica a Marsala, e cinque agenti della scorta. Sarebbero seguite, nel maggio del 1993, le bombe di Roma, Firenze e Milano. Dietro tutto questo, la mafia e la criminalita' organizzata che con la vecchia classe politica allo sbando ("Mani pulite" innescava il processo di dissoluzione dei partiti governativi), cercavano nuovi referenti e protezioni nei palazzi romani. Quello che era avvenuto precedentemente (negli anni Settanta ed Ottanta) e' stato profondamente segnato dal segreto di stato, i famosi "omissis", dalle collusioni omertose, dai servizi segreti deviati, da una miscela criminale (che ha coinvolto anche personaggi non secondari di governo) mai del tutto chiarita, su cui si sono allungate ombre di prospettive allucinanti. * La verita' giudiziaria mai raggiunta; quella storico-politica faticosamente emersa e subito accantonata. Quello che sorprende e' il silenzio che attualmente domina nel complesso su queste stragi. Non se ne sente piu' parlare, non solo come se non si volessero accreditare le pesanti accuse sulle stragi di stato, ma proprio come se il terrorismo stesso non fosse mai esistito. Schiacciati tra una titubanza politica (che non e' comunque una giustificazione), e la "scomparsa dei fatti". Alla paura di prendere posizione si accompagna o si sostituisce un'evasivita' testarda e irresponsabile, e cosi' assistiamo anche alla scomparsa delle idee, all'assenza di senso storico. Nulla di tutto questo e' mai entrato nella propaganda elettorale, ne' nelle dichiarazioni dei "vincitori", ne' in quelle dei "vinti". Forse, in nome di un'incomprensibile coerenza, i segreti si combattono in segreto, o non si combattono: che alla fine e' poi la stessa cosa. Percio' non ci piace che questo silenzio da struzzi continui, con la scusa magari che la gente non ne vuole piu' sentire parlare. In un paese civile la storia dovrebbe essere respirata ogni giorno, non nascosta sotto i tappeti degli omissis. "E' proprio questo (lo sbriciolamento, l'annullamento della memoria: quella individuale, quella collettiva, quella storica) l'obiettivo di chi vuole mettere una grossa pietra sopra a tutte queste storie, con il pretesto che sono storie che dividono, fomentano l'odio, provocano le divisioni, allontanano gli equilibri, le riconciliazioni, gli accordi. E' vero il contrario. Quel passato aiuta a capire. Illumina i comportamenti, altrimenti incomprensibili, dei personaggi che affollano i palcoscenici di oggi" (da Marco Nozza, Il pistarolo, Il Saggiatore, Milano 2006). Certo, un ruolo importante lo svolgono i mezzi d'informazione; ma siamo nutriti dalla nostra tv con modelli di intrattenimento di rara oscenita', da telegiornali che affondano nel sangue della cronaca nera e da un'informazione che e' (spesso) puro gossip. Per questo restiamo sorpresi quando vediamo un "vero" programma, come e' stato "Blu notte. Misteri Italiani. Piazza della Loggia: il luogo della memoria" (sulla strage di Brescia) andato in onda, in prima serata su Rai 3, domenica 16 settembre. Solo che poi prende lo sconforto. Vedere che anche in Tv si puo' fare qualcosa non consola, ma deprime, perche' viene in mente tutto quello che non viene fatto. 5. INIZIATIVE. VERSO IL CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Si svolgera' dal primo al 4 novembre a Verona il XXII congresso nazionale del Movimento Nonviolento sul tema "La nonviolenza e' politica per il disarmo, ripudia la guerra e gli eserciti". * Giovedi' primo novembre Mattina ore 10,30: Apertura del segretario e relazione introduttiva Pomeriggio - Comunicazioni sulla rivista "Azione nonviolenta", sul centri studi, sui gruppi locali... - Dibattito in assemblea plenaria. * Venerdi' 2 novembre Mattina Lavoro in tre commissioni: I Corpi civili di pace; Il servizio civile volontario; L'educazione alla nonviolenza Pomeriggio Lavoro in tre commissioni: Economia, ecologia, energia; Risposte di movimento alla crisi della politica; Resistenza nonviolenta contro il potere mafioso * Sabato 3 novembre Mattina - Riferiscono le prime tre commissioni e poi dibattito - Riferiscono le altre tre commissioni e poi dibattito - Spazio per presentare le mozioni Pomeriggio - Dibattito sulle mozioni - Votazioni - Rinnovo delle cariche * Domenica 4 novembre Mattina - "Non festa, ma lutto", iniziativa nonviolenta: camminata attraverso luoghi simbolici della citta'. * Per ulteriori informazioni: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org , sito: www.nonviolenti.org 6. MEMORIA. RAFFAELLA MENDOLIA: LA VITA DI ALDO CAPITINI [Ringraziamo Raffaella Mendolia (per contatti: raffamendo at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente estratto dalla sua tesi di laurea su "Aldo Capitini e il Movimento Nonviolento (1990-2002)" sostenuta presso la Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' degli studi di Padova nell'anno accademico 2002-2003, relatore il professor Giampietro Berti. Raffaella Mendolia fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento, ed ha a suo tempo condotto per la sua tesi di laurea una rilevante ricerca sull'accostamento alla nonviolenza in Italia. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione@nonviolenti:org, sito: www.nonviolenti.org] La parola "nonviolenza" deriva dal termine sanscrito "ahimsa" e in senso generale significa: non far male ad alcuno. Tuttavia il termine fu acquisito dalle lingue occidentali (negli anni '20 circa, negli anni '30 in Italia) in seguito all'uso che ne fece il movimento gandhiano. In questo contesto ha assunto un significato piu' specifico, simile alla tolstojana "non resistenza al male" a cui Gandhi si ispirava. Inteso come metodo di azione politica significa non opporsi al male con la violenza ma con altri mezzi. In questo secondo senso piu' specifico e' usato oggi correntemente (1). Per parlare della nonviolenza in Italia non si puo' prescindere dalla considerazione dell'essenziale contributo dato da Aldo Capitini. La sua originalita' sta nell'elaborazione di una teoria e una pratica della dottrina nonviolenta di ispirazione gandhiana. Per lui la nonviolenza non designa solo un insieme di tecniche di lotta caratterizzate dalla assenza di violenza, ma comporta una teoria che si articola in una particolare etica religiosa, la compresenza, e un preciso programma politico, l'omnicrazia. L'intento di Capitini e' di operare un rinnovamento sociale attraverso la sintesi di questi due elementi. Ritiene necessario, a tal fine, l'uso di un metodo di lotta che operi secondo tecniche in cui si realizzi la coincidenza dei mezzi e dei fini: la peculiarita' di tale elaborazione risiede nella ricerca di una serie di tecniche di lotta nonviolenta il cui uso e' funzionale alla trasformazione della societa' ma al tempo stesso opera tramutando l'individuo che le mette in atto. Egli vuole intendere che la liberazione politica e sociale passa non tanto attraverso una rivoluzione politica e sociale bensi' attraverso una riforma religiosa (2). Anche da questo punto di vista, dunque, egli si rivela una figura atipica, di religioso-politico o politico-religioso che ha suscitato e suscita perplessita' e incomprensione sia a destra sia a sinistra, sia tra i laici sia tra i religiosi: la religiosita' di cui egli si fa portatore non e' riconducibile alle religioni tradizionali e tantomeno a quella cattolica (3). Piergiorgio Giacche' sintetizza efficacemente tutte le apparenti contraddizioni insite nel nostro personaggio: "La figura di Aldo Capitini e' stata prima irrisa, poi ignorata dalla cultura dominante, ne' poteva essere altrimenti per un nonviolento che attraversa il periodo della resistenza armata, un vegetariano che vive epoche di generale indigenza, e peggio poi di ritrovato benessere, un movimentista irriducibile che partecipa al momento di rifondazione dei partiti, un attivista che rifiuta la candidatura elettorale, un politico che lavora solo sulle 'aggiunte' e non manca di denunciare i rischi e i limiti della politica in quanto tale (anche prima e fuori delle sue immediate degenerazioni), un religioso che non e' cattolico, che non ha confessione ne' chiesa, che frequenta agnostici e atei per lo piu'" (4). * Aldo Capitini (5) nasce a Perugia nel 1899 da una famiglia modesta: suo padre e' custode della torre campanaria del palazzo comunale dove vivono, sua madre lavora in casa e come sarta. Fin da giovanissimo dimostra uno spirito precoce e riflessivo, incline alla letteratura e alla poesia, ma le condizioni economiche della famiglia lo portano agli studi tecnici. Dopo il diploma tuttavia Capitini decide di coltivare i suoi interessi e si dedica da autodidatta agli studi classici. Lo sforzo mentale e fisico tuttavia sono fatali per la sua debole costituzione e lo segneranno per tutta la vita. Consegue la maturita' classica a 24 anni e, vinta una borsa di studio alla Scuola Normale Superiore di Pisa, si laurea in Lettere e Filosofia nel 1928. Durante gli studi universitari conosce Walter Binni, Ragghianti, Segre e Claudio Baglietto con cui si impegna in discussioni e divulgazioni di appunti che trattano anche di nonviolenza. Baglietto sara' un importante esempio per Capitini: diventera' obiettore di coscienza per opporsi alla chiamata alle armi dello stato fascista e rinuncera' alla carriera universitaria, fermandosi in esilio volontario in Svizzera, dove si lascera' morire di stenti pochi anni dopo. Nel 1930 Capitini viene nominato da Giovanni Gentile segretario della Normale. Qui rimane fino al 1933, quando anch'egli sceglie la noncollaborazione col regime fascista e si rifiuta di prendere la tessera del partito impostagli da Gentile. Tale comportamento gli costa il licenziamento. Torna quindi a Perugia, dove si mantiene dando lezioni private. Nel frattempo si impegna nella divulgazione del pensiero e del metodo nonviolento di Gandhi ma non ottiene molta attenzione dalla societa' italiana, ancora culturalmente e politicamente troppo immatura per accettarlo come metodo pratico. Partecipa attivamente all'antifascismo tra il 1933 e il 1943, facendo propaganda specialmente tra i giovani per costituire gruppi antifascisti. Il suo primo libro, Elementi di una esperienza religiosa, pubblicato nel 1937, diviene uno stimolo e un incoraggiamento per tutti i suoi compagni tanto da venire in seguito considerato da Pietro Polito come un vero e proprio "breviario di antifascismo e insieme il primo manifesto della nonviolenza nella storia della cultura in Italia" (6). In questo stesso anno, sollecitato da Walter Binni, Capitini si fa promotore di un nuovo movimento politico: il liberalsocialismo, e nel 1940 scrive assieme a Guido Calogero il suo manifesto. Tale presa di posizione gli costera' l'arresto nel febbraio 1942 e nel maggio 1943. Nonostante evidenti differenze di pensiero dei partecipanti, e tra gli stessi Capitini e Calogero, la comune opposizione al fascismo permette di ottenere in breve tempo un notevole successo di adesioni (7). Successivamente queste stesse differenze produrranno scissioni e si sviluppera' internamente una forte corrente propensa alla trasformazione in partito (8). Data la decisa connotazione etico-religiosa del suo pensiero e la costante critica all'istituzionalizzazione, il distacco di Capitini dal movimento diventa inevitabile alla vigilia della costituzione del Partito d'Azione (1942), quando per esprimere le ragioni del suo dissenso diffonde lo scritto "Orientamento per una nuova socialita'" (9). Da questo momento proseguira' il suo lavoro contando solo sulle sue forze e sulla rete di amicizie costruita in tanti anni, ma la sua collocazione nel panorama antifascista sara' sempre piu' isolata soprattutto dopo che i suoi amici del Partito d'Azione confluiranno nella Resistenza armata (10). * Dopo la Liberazione, i partiti che assumono la rappresentanza della Resistenza e se ne fanno interpreti nel Comitato di Liberazione Nazionale emarginano Capitini per la sua scelta di non prendere parte a nessun partito (si definisce "indipendente di sinistra"), non riconoscendo il ruolo determinante che la sua opposizione religiosa al fascismo aveva avuto in quegli anni (11). Tuttavia cio' non comporta il suo ritiro dalla vita pubblica, al contrario Capitini elabora un nuovo modo di fare politica cui si dedica strenuamente: dirige "Il corriere di Perugia", organo del Cln locale, e' commissario all'Universita' per stranieri, e nel giugno 1944 costituisce il primo Centro di Orientamento Sociale a Perugia e successivamente ne sorgono in altri centri di Umbria e Toscana. Essi realizzano l'idea di democrazia diretta di Capitini, in cui il popolo partecipa attivamente alla vita pubblica attraverso strutture organizzative decentrate. Fondamentale e' osservare il metodo usato in queste assemblee: nell'assenza totale di separazione netta tra pubblico e protagonisti della discussione, le riunioni si svolgono disponendosi in cerchio. Inizialmente i C.O.S. riscuotono un incoraggiante successo, segnato anche dalla partecipazione di alcune autorita' locali, tuttavia in pochi anni cresce l'avversione da parte dei partiti per una struttura cosi' indipendente. I partiti di sinistra dopo il generico appoggio iniziale, accolgono con indifferenza e irrisione la richiesta di farsi promotori della diffusione dei Centri di orientamento sociale in tutto il territorio, mentre la DC boicotta apertamente l'iniziativa. Capitini allora cerca l'appoggio dell'Associazione dei Comuni democratici d'Italia, istituzione che riteneva piuttosto affine ai C.O.S., ma anche qui non ottiene ascolto (12). L'esperienza si conclude definitivamente nel 1948. Nel 1946 torna a Pisa come segretario alla Normale e incaricato di Filosofia morale nella Facolta' di Lettere e Filosofia. In questo periodo e fino alla sua morte si occupa di un altro tema che gli sta particolarmente a cuore, quello religioso; infatti fa il possibile per creare strumenti di collaborazione, approfondisce gli aspetti teorici, diffonde opere di polemica con la Chiesa istituzionale. Entra in contatto con Ferdinando Tartaglia (1918-1988), sacerdote all'epoca sospeso e fautore di un cristianesimo rinnovato, e con lui crea un "Movimento di religione" dopo il convegno "Sul problema religioso attuale" del 1946 a Perugia cui segue quello del 1948 a Roma (13). A Perugia fonda con l'aiuto di Emma Thomas il Centro di Orientamento Religioso nel 1952. A partire da questa esperienza scrivera' un considerevole numero di "Lettere di religione". L'iniziativa per la riforma religiosa vede l'opposizione di Capitini alla religione come istituzione. Ad essa rimprovera di aver stretto rapporti col regime fascista attraverso il Concordato del 1929 per puro opportunismo politico, e di avergli in tal modo regalato il consenso delle masse, indispensabile alla sua sopravvivenza. D'altro canto anche la Chiesa cattolica ostacola in vari modi l'opera dell'umbro: "la Chiesa osteggia il suo movimento di religione, proibisce ai fedeli la frequentazione del Centro di Orientamento Religioso, spinge ad un controllo poliziesco delle sue attivita', interviene presso le autorita' affinche' Capitini sia allontanato dall'insegnamento universitario e quando nel 1955 esce Religione aperta ne condanna la dottrina inserendolo nell'Indice dei Libri Proibiti" (14). Il contrasto si acuisce nel tempo: nel 1957 Capitini pubblica Discuto la religione di Pio XII, e chiede formalmente all'arcivescovo di Perugia di essere cancellato dall'elenco dei battezzati. Infine, dopo l'attenzione prestata alla novita' del Concilio Vaticano II e la constatazione che la Chiesa insisteva nella dottrina della "guerra giusta" scrive "Severita' religiosa per il Concilio". Nel 1956 vince la cattedra in Pedagogia presso l'Universita' di Cagliari dove rimane ad insegnare fino al 1965. Nonostante il disagio dei continui spostamenti, con tutti i problemi connessi e i persistenti e anzi aggravati disturbi fisici, la sua attivita' continua a pieno ritmo: il lavoro universitario, l'intensissima corrispondenza con un numero ragguardevole di componenti dell'intellettualita' italiana e di semplici sostenitori, l'instancabile studio-meditazione che si traduce in un regolare flusso di libri, articoli, relazioni, circolari, non impediscono e non intralciano il continuo sforzo operativo per costituire centri, realizzare strutture organizzative, proporre manifestazioni e convegni, creare e perfezionare collegamenti e collaborazioni. Venuto a conoscenza dell'opera di Danilo Dolci, che a Trappeto denunciava lo stato disperato di disoccupazione e poverta' della popolazione siciliana attraverso scioperi della fame e occupazione di terre incolte, si adopera per sostenerlo e diffondere informazioni sul suo progetto presso i suoi conoscenti. Scrive anche alcuni libri in proposito: Rivoluzione aperta (1956) e Danilo Dolci (1958). Nel settembre 1961 Capitini organizza la "Marcia Perugia-Assisi, per la pace e la fratellanza fra i popoli" che da' avvio alla Consulta per la pace. La notevole partecipazione ottenuta, stimata tra ventimila e trentamila persone, lo convince a fondare con il primo obiettore di coscienza in Italia, Pietro Pinna, il Movimento Nonviolento nel 1962 e le riviste "Azione nonviolenta" e "Il potere e' di tutti" nel 1964. Oltre a cio' promuove convegni di Rinnovamento Politico, convegni Oriente-Occidente, tiene vivo il problema dell'obiezione di coscienza, costituisce la Societa' vegetariana italiana. Non minore e' l'impegno nel campo professionale, dell'educazione, dove prende l'iniziativa di una Consulta dei professori universitari di pedagogia e soprattutto promuove la costituzione dell'Adesspi (Associazione per lo sviluppo e la difesa della scuola pubblica in Italia) nel 1959. * Dopo essere ritornato a Perugia come ordinario di pedagogia in questa universita', la malattia si aggrava. Nonostante lo strenuo lavoro compiuto, negli ultimi anni Capitini forse avverte che e' tempo di preparare gli amici alla sua scomparsa, e attraverso le sue lettere sempre piu' frequentemente li ammonisce del tanto lavoro da fare e del poco tempo rimastogli, quasi per assicurare al suo lavoro un seguito. In una lettera a Goffredo Fofi, Capitini scrive: "Tu aiuteresti molto il lavoro sociale,io porto avanti quello religioso; Pinna mi aiuta bene per la nonviolenza e fa tutto un lavoro con i giovani, di azioni dirette nonviolente" (15). La separazione organizzativa tra l'impegno per la riforma religiosa, che Capitini tiene per se', e quello dell'azione nonviolenta affidata alle giovani energie di Pietro Pinna, determinera' l'orientamento del Movimento Nonviolento dopo il 1968. L'antimilitarismo diventera' l'elemento minimo unificante per i sostenitori del movimento, mentre Pinna cerchera' su questo terreno nuove possibilita' di dialogo e di collaborazione con forze politiche affini (16). Mentre si prepara ad affrontare l'operazione che causera' la sua morte, Capitini scrive "Attraverso due terzi di secolo" (1968), la sua autobiografia, dove egli dichiara: "Nel campo della nonviolenza, dal 1944 ad oggi, posso dire di aver fatto piu' di ogni altro in Italia... Sono insomma riuscito a far dare ampia cittadinanza, nel largo interesse per la pace, alla tematica nonviolenta. Come teorie e come proposte di lavoro, la nonviolenza ha raggiunto una certa maturita'". Nella "lettera di religione" scritta il 6 ottobre 1968, pochi giorni prima della morte, Capitini affida la realizzazione del programma nonviolento "alla forza preziosa dei piccoli gruppi. Essi, infatti, piu' di altri possono fondarsi su posizioni strenue, fare emergere orientamenti chiari e ostinati, anche se saran detti utopistici, ma l'utopia di oggi puo' essere la realta' di domani" (17). Quando esplode la contestazione studentesca del '68, Capitini riconosce nella scoperta o riaffermazione dell'assemblea uno dei fatti politici piu' importanti del momento. Inoltre le tematiche da lui affrontate nelle riviste "Azione nonviolenta" e "Il potere e' di tutti" saranno in parte fatte proprie dalle proteste studentesche e operaie del biennio '68-'69. Ma come tutti i precursori, Capitini intravede in anticipo i rischi e le minacce che avrebbero colpito quel formidabile movimento collettivo: la tentazione della violenza e la trappola del consumismo (18). * Note 1. Amici di Tolstoi (a cura di), Nonviolenza 2000, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 2000. 2. P. Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001, p. 23. 3. P. Polito, L'eresia di Aldo Capitini, cit., p. 22. 4. P. Giacche', Introduzione in A. Capitini, Opposizione e liberazione, scritti autobiografici, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003, p. 16. 5. Per la biografia di Capitini vedi: A. Capitini, Attraverso due terzi di secolo, autobiografia di Aldo Capitini, Perugia, 16 agosto 1968; a cura di G. Cacioppo, Il messaggio di Aldo Capitini, antologia degli scritti, Lacaita, Manduria 1977. 6. P. Polito, Il liberalismo di Aldo Capitini, in M. Bovero, V. Mura, F. Sbarberi, I dilemmi del liberalsocialismo, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1984. 7. R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, Biblioteca Franco Seratini, Pisa 2003 (II edizione), p. 45. 8. "Il primo a differenziarsi e' il gruppo di Roma con Ingrao, Trombadori, Bufalini, Alicata, Lucio Lombardo Radice, Pietro Amendola, che si avviera' ad una decisa scelta comunista. Ugo La Malfa e' invece 'il politico realista' che per primo spingera' per la trasformazione del movimento in partito", in R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, cit., p. 46. 9. "Ribadisce punto per punto il suo modo di intendere la funzione storica del liberalsocialismo. La forma partito darebbe al carattere politico un valore assoluto, mentre il rinnovamento e' piu' che politico, e la crisi odierna e' anche crisi dell'assolutizzazione della politica e dell'economia. Percio' il liberalsocialismo deve continuare ad essere essenzialmente un orientamento della coscienza, il lievito della trasformazione sociale e una luce critica gettata sulle posizioni di sinistra", in R. Altieri, la rivoluzione nonviolenta, cit., p. 47. 10. R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, cit., p. 48. 11. R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, cit., p. 49. 12. R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, cit., pp. 53-54. 13. P. Polito, L'eresia di Aldo Capitini, cit., p. 23. 14. R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, cit., p. 81. 15. A. Capitini, Lettera a Goffredo Fofi, 31 gennaio 1966, in Lettere agli amici 1947-68, Linea d'Ombra, Milano 1989. 16. R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, cit., p. 141. 17. A. Capitini, Il potere di tutti (con aggiunta delle Lettere di religione), La Nuova Italia, Firenze 1969, p. 446. 18. R. Altieri, La rivoluzione nonviolenta, cit., p. 120. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 229 del primo ottobre 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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