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Minime. 190
- Subject: Minime. 190
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 23 Aug 2007 00:35:03 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 190 del 23 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Eugenio Scardaccione: Per Piergiorgio 2. Enrico Peyretti: Per Piergiorgio 3. "Azione nonviolenta" di agosto-settembre 2007 4. Elena Caprioni intervista Rebiya Kadeer 5. Francesca Di Donato presenta "Gender. A Useful Category of Historical Analysis" di Joan W. Scott 6. Letture: Sergio Labate, La verita' buona 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. LUTTI. EUGENIO SCARDACCIONE: PER PIERGIORGIO [Ringraziamo Eugenio Scardaccione (per contatti: mareug at libero.it) per questo ricordo. Eugenio (Gege') Scardaccione, educatore, preside, formatore alla pace e alla nonviolenza, vivacissimo costruttore di pace. Riportiamo questa nota di qualche anno fa di vivace autopresentazione: "Eugenio Scardaccione (Gege'), nasce ad Aliano in provincia di Matera, la Gagliano di Carlo Levi, in un torrido pomeriggio del 1952. Oggi vive a Bari e dopo aver piantato un albero, aver avuto tre figli, e' alla sua prima sfida nello scrivere un libro [Tu bocci. Io sboccio, edito da La Meridiana]. Un disastroso passato da scolaro non gli ha impedito di conseguire due lauree e di superare cinque concorsi e di diventare preside, o, come si usa dire oggi: dirigente scolastico. Svolto il servizio civile come obiettore di coscienza, nel 1992 dopo aver frequentato Barbiana e San Gimignano, insieme ad una pattuglia di amici fonda il G. E. P. (Gruppo Educhiamoci alla Pace). Con entusiasmo, coordina da sette anni campi estivi denominati Allegra...mente, durante i quali la pace, la riflessione, la natura, la lentezza, i giocattoli, la danza, i burattini, la poesia e soprattutto i partecipanti sono i protagonisti. Assiduo ed inguaribile tifoso di relazioni umane, pensa positivo, ama i viaggi e trascrive i suoi sogni". Opere di Eugenio Scardaccione: Tu bocci. Io sboccio, La Meridiana, Molfetta 2003; Tu secchi, io fiorisco. Sogni, viaggi e ricordi di un educatore impertinente, Progedit, Bari 2006. Piergiorgio Acquistapace, insegnante di straordinarie doti maieutiche; infaticabile animatore di movimenti per la pace, l'ambiente, i diritti di tutti, la costruzione di un altro mondo possibile; gia' responsabile regionale dei verdi e figura storica della sinsitra molisana; limpido e strenuo oppositore della guerra; autorevole volto e nitida voce del Movimento Nonviolento, e' deceduto due giorni fa] Mentre scrivo non riesco a trattenere le lacrime, perche' la notizia della scomparsa del buon e caro amico Piergiorgio mi ha letteralmente gelato. Ho difficolta' a controllarmi, lo ammetto, perche' l'emozione e' troppo devastante. Sto emettendo un grande e profondo respiro ed ora... dopo qualche istante continuo. Ho necessita' di testimoniare la mia tristezza e allo stesso tempo anche la mia convinta gioia per avere avuto la fortuna di conoscere, frequentare ed apprezzare Piergiorgio insieme alla sua dolce, sorridente ed amata Lucia ed alle graziose, dolci, soavi figlie. Ho avuto la grande fortuna di incrociare la mitezza, la bonta' e la tenacia nonche' la passione per la pace, la nonviolenza e l'ambiente di Piergiorgio nel 1983 a Barbiana, quando si organizzavano i campi estivi di formazione per il Coordinamento nazionale degli insegnanti per la nonviolenza. Da quel fatidico luglio del 1983 al novembre del 2006, l'ultima volta che l'ho visto a Sulmona dai carissimi fratelli Pasquale e Bruno Iannamorelli in occasione dell'ultimo convegno su "Pace, potere e profezia alla luce di Celestino V". I ricordi e i vissuti sarebbero veramente tanti e non sarei capace di sintetizzare. Ma come si fa, appunto, a fare una sintesi di un incontro fecondo, bello ed intenso quale e' stato quello con Piergiorgio? in queste occasioni forse sarebbe meglio farsi accompagnare dal silenzio, dal respiro, dai tanti bei ricordi, da quell'insondabile ed inevitabile mistero costituito dalla morte. Evento che spinge tutti noi al pianto, non al rimpianto, alla tristezza, non alla disperazione, al bene-dire e non al male-dire. E forse conviene farsi circondare da una certezza... che l'universo e il buon Dio, per chi e' credente, hanno fatto proprio bene ad accogliere una persona buona, mite e bella come Piergiorgio Acquistapace, e che (a lui piaceva tanta il sano umorismo e l'intelligente ironia) dobbiamo essere grati a lui per essersi ritrovato quell'azzeccato cognome, perche' ogni volta che lo si incontrava, avevi la netta sensazione di acquistare tanta pienezza e pace. Ciao Piergiorgio, ed aspettami, perche' verro' ad abbracciarti. 2. LUTTI. ENRICO PEYRETTI: PER PIERGIORGIO [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo ricordo. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68] La notizia del decesso di Piergiorgio Acquistapace mi colpisce e da' dolore. Ci siamo scritti piu' volte. Era a Pisa lo scorso settembre, quasi un anno fa, al convegno sul centenario del Satyagraha. Alla fine, viaggiai con lui dal luogo del convegno, sul mare, alla citta'. Resta la pena di non avere colto di piu' dalla sua persona, dalla sua passione per la pace. Resta sempre la pena della vita incompiuta. Eppure, cio' che e' incompiuto anela e spera compimento. Teniamolo in cuore, ri-cordiamolo. 3. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI AGOSTO-SETTEMBRE 2007 [Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: an at nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo] E' uscito il numero di agosto-settembre 2007 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. * In questo numero: Facciamo partire da Verona la politica della nonviolenza, di Mao Valpiana; Disarmare anche la nostra cultura per pacificare e non guerreggiare, di Maria G. Di Rienzo; Quali vie deve imboccare l'ecologismo politico?, di Michele Boato; Delusi dalla politica governativa ma fiduciosi nel movimento, di Piercarlo Racca; Per una federazione politica nonviolenta fatta di valori, programmi, numeri, di Enrico Peyretti; Spirito di servizio nella purezza di vita, di parola, di pensiero, di Federico Fioretto; Massimiliano, obiettore di coscienza cristiano all'esercito romano, di Anselmo Palini; Il tribunale dei poveri, dalle tribu' dell'India un esempio di gestione creativa dei conflitti, di Wilma Massucco e Caterina Giustolisi. Inserto: Abitanti globalizzati e abitanti localizzati di un pianeta messo in crisi dagli umani, di Elena Comino, Giuseppe Barbiero, Alice Benassia. Le rubriche: Cinema. Partire, attraversare il mare alla ricerca del sogno, a cura di Enrico Pompeo; Educazione. Laboratorio di ricerca e formazione a Rocca di Papa, sugli Appennini, a cura di Pasquale Pugliese; Economia. Investire in Finmeccanica per fare affari con le armi, a cura di Paolo Macina; Giovani. Vivere per la pace, morire in guerra, a cura di Elisabetta Albesano; Per esempio. Difensori dei diritti umani in Sri Lanka e in Burundi, a cura di Maria G. Di Rienzo; Musica. Amnesty e Assisi premiano Samuele Bersani e Luca Carboni; Movimento. Appello e raccolta di firme per un futuro senza atomiche, a cura della redazione. In copertina: XXII congresso nazionale del Movimento Nonviolento. In seconda: 1907-2007. Un secolo fa, il futuro, agosto e settembre 1907, a cura di Luca Giusti. In terza di copertina: Pax et Biani, pianeta ecologico. In ultima: Materiale disponibile. * Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org , sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". 4. VOCI. ELENA CAPRIONI INTERVISTA REBIYA KADEER [Ringraziamo Elena Caprioni (per contatti: elenacaprioni at hotmail.com) per averci messo a disposizione la seguente intervista, dal titolo originale "Donne nella mezzaluna cinese. Intervista con la dissidente uygura Rebiya Kadeer". Elena Caprioni e' dottoressa di ricerca in Storia, istituzioni e relazioni internazionali dell'Asia e dell'Africa moderna e contemporanea. presso l'Universita' di Cagliari, laureata in lingue e letterature straniere (indirizzo orientale) alla "Sapienza" di Roma con una tesi su "Cina, Xinjiang e Asia Centrale dopo il 1991", studi in universita' cinesi, europee e americane, e' impegnata come studiosa anche sui temi della sicurezza internazionale e dei diritti umani. Tra le sue pubblicazioni: recensioni, traduzioni, articoli e relazioni in atti di convegni. Ha operato anche come mediatrice culturale e lingustica nelle scuole e come interprete e traduttrice di documenti ufficiali per varie istituzioni] Rebiya Kadeer: imprenditrice e attivista politica, tesa a salvaguardare i diritti delle donne e della sua etnia di appartenenza (uygura) nella regione piu' nord-occidentale della Cina. In passato, ha contribuito in modo efficace al miglioramento della condizione della donna, tanto che lo stesso governo cinese nel 1995 l'ha nominata rappresentante del Xinjiang presso la Conferenza consultiva politica del popolo cinese, e inclusa nella delegazione alla Conferenza mondiale sulle donne delle Nazioni Unite. Nel 1996, ha fondato il Movimento delle Mille Madri finalizzato ad aiutare lo sviluppo economico-sociale delle donne Uygure. Questo rapporto idilliaco e' durato fino al 1999, quando e' stata arrestata dalla pubblica sicurezza cinese per aver svelato "segreti di Stato", e condannata a 7 anni di carcere, poi ridotti a 6 per buona condotta. Il suo rilascio e' avvenuto alla vigilia della visita ufficiale a Pechino di Condoleeza Rice, proprio quando gli Stati Uniti d'America rendevano noto di non voler presentare una mozione di critica nei confronti della Cina presso la Commissione diritti umani delle Nazioni Unite di Ginevra. Attualmente si trova a Washington e lavora in un'organizzazione fondata dal marito per le liberta' civili e l'indipendenza degli uyguri. E' stata candidata al premio Nobel per la pace nel 2006, nonostante il Ministro degli affari esteri cinese, Qin Gang, l'abbia accusata di avere legami con i "terroristi" del Xinjiang. A tal proposito, il viceministro degli esteri cinese, Zhang Yesui, ha affermato che i rapporti tra i due Paesi si sarebbero deteriorati a causa di un'eventuale assegnazione del Nobel all'attivista uygura. Impegnata in numerose interviste e dibattiti, e' diventata simbolo di liberta' e speranza per il popolo uyguro. * - Elena Caprioni: Dove e quando e' nata e cresciuta? - Rebiya Kadeer: Sono nata nella regione Altai nel 1946. In quel periodo, la popolazione urbana era prevalentemente uygura, mentre quella rurale era quasi esclusivamente kazaka. Non erano, invece, presenti cinesi di etnia han tesi a sinizzare la nostra regione. Ho avuto cosi' l'opportunita' di crescere secondo le tradizioni del mio popolo. * - Elena Caprioni: Come crede i suoi genitori abbiano influenzato il suo carattere? - Rebiya Kadeer: Ho vissuto in una famiglia serena dove il rispetto era alla base del rapporto tra i miei genitori. Mio padre era un piccolo imprenditore e si occupava, inoltre, della nostra educazione: era solito raccontarci la storia del popolo uyguro e le regole da seguire al fine di essere veri rappresentanti della nostra etnia. Mia madre era un'eccellente casalinga, il cui dovere era prendersi cura di mio padre e di noi figli: si prendeva cura dei bambini, cucinava pasti gradevoli, invitava amici e organizzava feste. Le piaceva vestire bene e truccarsi. Dopo l'invasione han, la politica cinese forzo' uomini e donne a vestire allo stesso modo, ma lei non cambio' mai il suo stile. In sostanza, potrei dire che loro hanno influenzato il mio carattere insegnandomi soprattutto usi e costumi del popolo uyguro. * - Elena Caprioni: Quali erano i diritti delle donne prima e quali sono dopo l'"invasione cinese"? - Rebiya Kadeer: Prima dell'occupazione cinese, nel Turkestan Orientale il popolo uyguro godeva di diritti sociali, era ospitale verso gli stranieri, rispettava tutti i componenti della societa', soprattutto donne e bambini. Le donne, ad esempio, avevano la possibilita' di studiare, di uscire liberamente con le loro amiche, di scegliere il loro abbigliamento, di truccarsi e di avere capelli lunghi. Il loro primo obiettivo era quello di essere "l'angelo del focolare" prendendosi cura della casa e dei familiari. Non ho mai visto una donna commettere un crimine, mai una donna in prigione, mai donne fumare o bere alcool. Indubbiamente, gli uomini le rispettavano, ricambiando la loro dedizione con gioielli e vestiti. Il cambiamento e' avvenuto dopo l'occupazione del Turkestan Orientale. Inizialmente, i soldati cinesi erano davvero rispettosi della nostra cultura; gradualmente, hanno cambiato la loro politica al punto da non prendere piu' in considerazione le nostre abitudini. Ci hanno imposto una nuova politica cambiando i nostri costumi, praticamente, iniziando a distruggere la nostra cultura, la nostra musica, la nostra arte. Il governo cinese ha esordito con questa frase: "Le donne sono uguali agli uomini, vogliamo trattarle allo stesso modo e vogliamo liberarle". Quindi, essi hanno costretto le donne uygure a lavorare intensamente come uomini, a separarsi dai figli, a tagliarsi i capelli e a indossare pantaloni verdi invece di gonne. Questa e' l'uguaglianza cinese che noi abbiamo ottenuto. Conseguenzialmente, nella societa' uygura l'educazione ha subito un cambiamento perche' le donne non hanno piu' educato i figli secondo i nostri principi, ma secondo quelli cinesi. E se oggi noi abbiamo un grande problema morale e' perche' gli uyguri hanno perso i loro valori, non sanno piu' discernere tra bene e male, si preoccupano solamente di loro stessi e non si prendono piu' cura del prossimo. Nel Turkestan Orientale, infatti, ora tu puoi vedere uomini che picchiano e insultano donne. Se mi e' possibile fare un paragone tra la situazione delle donne prima e dopo l'occupazione, deduco che le donne uygure a causa della politica cinese non hanno mai acquistato l'uguaglianza. * - Elena Caprioni: Ha appena affermato che le donne si prendono cura della casa e dei familiari. Puo' spiegarmi il concetto di uguaglianza tra uomo e donna nella vostra societa'? - Rebiya Kadeer: Quello che io ho detto non significa disuguaglianza tra uomo e donna: nella cultura uygura, sebbene l'uomo e la donna abbiano ruoli diversi, entrambi sono uguali. Le donne uygure non sono aggressive, non hanno bisogno di uscire ogni giorno, di essere imprenditrici o di essere coinvolte in politica. Ad ogni modo, se sono interessate a svolgere delle attivita' esterne alle mura familiari, nessuno le ostacola. Vorrei menzionare, al proposito, due importanti esempi: abbiamo avuto una regina veramente energica e una eroina che ha combattuto contro i mancesi. Secondo me, uguaglianza non significa che le donne debbano lavorare come uomini, bensi' esse dovrebbero sapere come educare i figli e come contribuire a realizzare una buona societa': questa e' vera uguaglianza. Purtroppo, per i cinesi il concetto di uguaglianza non e' lo stesso. * - Elena Caprioni: Alcuni studiosi cinesi ritengono che l'ineguaglianza dei sessi nella societa' uygura sia da attribuire all'Islam. Puo' darci qualche informazione al riguardo? - Rebiya Kadeer: Non e' assolutamente vero che l'ineguaglianza dei sessi sia da attribuire all'Islam perche' il nostro credo e' differente dall'Islam che considera le donne come persone di seconda classe. Noi abbiamo accettato solo l'essenza dell'Islam perche' prima credevamo in altre religioni. Nel Turkestan Orientale, le donne uygure godono di maggiore liberta' rispetto agli altri Paesi islamici, e non sono obbligate ad indossare il velo. E' solo propaganda cinese affermare che le donne uygure sono oppresse perche' siamo una regione islamica. In realta', prima dell'occupazione cinese, le donne erano piu' libere di adesso. In pratica, per me l'ineguaglianza non e' dovuta alla societa' o alla tradizione islamica, ma e' conseguenza della politica cinese. A noi non piace l'uguaglianza cinese perche' non da' uguaglianza, distrugge solo la nostra moralita', rende gli uyguri ignoranti, immorali e abbrutiti. Ecco perche' oggi essi sono caduti nel vortice della droga e dell'alcool. * - Elena Caprioni: Facendo riferimento ai Paesi Islamici, si e' soliti dire che il processo di modernizzazione non sia compatibile con la tradizione islamica. Nota diversita' tra le donne del Xinjiang e dell'Asia Centrale? - Rebiya Kadeer: In Asia Centrale, la condizione di inferiorita' delle donne e' eclatante solo in Uzbekistan a causa del regime di Karimov, non a causa della tradizione islamica. Sono anche sicura che la presenza di elementi radicali nel Paese sia dovuta alla vicinanza con l'Afghanistan. Comunque, in generale, le persone decidono di abbracciare il radicalismo islamico perche' non hanno speranze. In Uzbekistan, quindi, i musulmani sono oppressivi nei confronti delle donne perche' sono "stanchi" del regime di Karimov, non perche' le considerano inferiori. Per gli uyguri, invece, la situazione e' totalmente differente in quanto hanno sempre combattuto contro il radicalismo islamico. Anche se non fosse stato cosi', la nostra cultura dimostra che noi non accettiamo l'ineguaglianza fra i sessi: nel Turkestan Orientale, infatti, tu puoi vedere maschietti e femminucce giocare e danzare insieme, mentre nei Paesi Islamici e' impossibile che cio' accada. * - Elena Caprioni: Non crede che lo status attuale delle donne uygure sia uno dei risultati del processo di globalizzazione? - Rebiya Kadeer: Assolutamente no. Non e' il risultato della globalizzazione, perche' se cosi' fosse stato, noi avremmo potuto mantenere alcuni aspetti della nostra cultura. Ribadisco che e' solo il risultato della politica cinese che forza gli uyguri a diventare quello che sono oggi. Non possiamo scrivere nulla relativamente alla nostra cultura senza essere arrestati; non possiamo pubblicare articoli su internet senza che i nostri siti vengano bloccati. Attualmente, gli uyguri possono solo ascoltare la propaganda cinese al punto che la maggior parte di loro e' ormai convinta della superiorita' della cultura cinese, nonostante siano trattati come schiavi. Non sono piu' in grado di rendersi conto della situazione che stanno vivendo, non capiscono piu' il significato dei diritti umani. * - Elena Caprioni: Dopo l'occupazione cinese, ha notato il delinearsi di profonde differenze di stile di vita tra le donne di citta' e quelle di campagna? - Rebiya Kadeer: Mi sono resa conto che nel Turkestan Orientale e' possibile dividere il mondo femminile in base al contesto in cui le donne vivono: donne che vivono nelle grandi citta' e donne che vivono nelle aree rurali. Nelle citta', il governo cinese ha "lavato i loro cervelli". Alcune di esse hanno creduto alla propaganda cinese accettando il loro concetto di uguaglianza: lavorano come uomini, sono diventate prive di moralita', utilizzano il loro denaro per feste e scopi non degni, e non per educare i loro figli. Quando ero nel Turkestan Orientale sono rimasta scioccata dalla loro indifferenza nel veder scomparire la cultura uygura. In campagna, nonostante esse non siano corrotte, non studiano perche' i genitori non sono nelle condizioni di mandarle a scuola. Il governo approfitta di questa situazione, invece di aiutare i contadini poveri nell'educazione delle figlie, li forza a mandarle nella "Mainland China" a lavorare. Molti genitori non accettano questa politica perche' non e' parte della cultura uygura separarsi dai propri figli ma, il governo cinese li obbliga ricattandoli: se non accettano queste condizioni, non vengono riforniti di fertilizzanti e acqua. Cosa possono fare? E la maggior parte di queste ragazze, una volta giunte nella "Mainland China" sono forzate a diventare prostitute perche' non hanno denaro sufficiente per mantenersi. Se il governo cinese asserisce che le donne uygure sono uguali agli uomini perche' non provvede alla loro educazione? Perche' non le aiuta a trovare un buon lavoro nella loro terra natale invece di indurle alla prostituzione? * - Elena Caprioni: In riferimento al suo discorso, ci puo' spiegare il rapporto tra le donne uygure e il lavoro? - Rebiya Kadeer: Ora, nel Turkestan Orientale, puoi vedere donne spostarsi di citta' in citta' per costruire strade e grattacieli per il governo cinese. Questo movimento e' chiamato "Hashar" (forza lavoro): devono alzarsi presto la mattina, lavorare 10-12 ore al giorno, portare da casa cibo e bevande, e quindi tornare a casa per prendersi cura della famiglia. Tutto questo per un misero salario. Questa e' l'uguaglianza e la liberta' che le donne uygure hanno ottenuto dal governo cinese. Quando ero nel Turkestan Orientale, ho chiesto a una donna: "Perche' stai facendo questo tipo di lavoro? Questa non e' uguaglianza, ti stai dimenticando della tua famiglia?". Mi ha risposto che quella era vera uguaglianza perche' aveva la possibilita' di lavorare e trasportare pezzi di ferro come fa un uomo. Un altro esempio che mi torna alla mente e' quando mi sono recata in una fabbrica per dare alle donne cibo e vestiti, ma invece di ringraziarmi, ripetevano in continuazione "Lunga vita a Mao Zedong!", e ancora dicevano: "Grazie Partito Comunista Cinese". Questa esperienza mi ha fatto capire che la politica cinese ha distrutto la nostra cultura e la nostra storia. La loro propaganda e' solo capace di dire che noi siamo ignoranti, superstiziosi e, quindi, bisognosi di aiuto. Queste sono solo bugie. * - Elena Caprioni: Lei che conosce bene la societa' cinese, e' consapevole che tradizionalmente la donna e' stata sempre tenuta in condizioni di inferiorita' rispetto all'uomo. Attualmente, vede profonde differenze tra donne cinesi e uygure? - Rebiya Kadeer: E' impossibile paragonare le donne cinesi alle uygure. Le prime godono di molti privilegi: potere, denaro, lavoro, educazione e, soprattutto, possibilita' di esprimersi nella loro lingua madre. Le uygure, invece, non possono recarsi all'estero per studiare date le difficolta' nell'ottenere il visto, non riescono a svolgere buoni lavori, devono chiedere l'approvazione al governo per qualsiasi attivita' vogliano intraprendere, e, soprattutto, vivono nel terrore che i figli vengano arrestati dal governo. Il massimo a cui possono aspirare, se hanno un aspetto gradevole, e' il lavoro nei ristoranti. Le uniche ad ottenere diritti dal governo sono state le cinesi, non le uygure. Se ti rechi nel Turkestan Orientale non avrai, pero', la possibilita' di ascoltare questa verita', ti sara' detto sicuramente che grazie alla politica cinese le loro condizioni di vita sono migliorate. * - Elena Caprioni: Nel 1996 ha fondato il Movimento delle Mille Madri. Dove e come ha trovato il coraggio per farlo? Qual e' il suo obiettivo? Qual e' il suo sogno per il popolo uyguro? - Rebiya Kadeer: Sono stata forzata a diventare quella che sono oggi perche' mi sono resa conto della condizione di inferiorita' della donna che man mano cresceva dopo l'occupazione cinese. Sento la nostalgia dei giorni in cui mia madre si prendeva cura di noi e le famiglie vivevano serene secondo le nostre abitudini. Dopo l'occupazione, ho visto con i miei occhi come la politica del governo centrale stesse distruggendo la nostra societa'. Quando ero rappresentante del Xinjiang presso la Conferenza consultiva politica del popolo cinese, era mio dovere informarmi dello status delle donne uygure. Da allora, mi sono resa conto dell'infelice destino di migliaia di donne. L'obiettivo del movimento e' aiutare le donne che vivono in campagna a diventare piccole imprenditrici e istruirle per far prendere loro coscienza che il concetto di uguaglianza cinese non e' vera uguaglianza. Contemporaneamente, desideriamo aiutare le donne che vivono in citta' a cambiare la loro vita immorale e a condividere i loro beni con le donne povere. Ho capito che esse hanno bisogno di qualcuno che prenda iniziative, che diventi la loro leader, che le conduca verso la giusta via. Quando abbiamo organizzato il primo meeting, sono rimasta davvero sorpresa dalla moltitudine di donne e uomini presenti (circa tremila). Dall'incontro e' emersa la necessita' di migliorare la situazione della nostra regione, di aiutare le donne e i nostri figli e, soprattutto, di capire il reale concetto di uguaglianza tra uomo e donna. Uguaglianza non e' frequentare feste, bere e fumare a dismisura. Abbiamo deciso di raccogliere fondi per costruire scuole e ospedali, e organizzare diversi gruppi tesi ad insegnare alle donne come diventare imprenditrici e, nello stesso tempo, educare i figli sulla base della nostra tradizione. Tutti si sono fidati di me e hanno espresso il desiderio di seguire il mio esempio. Il mio sogno e' insegnare alle donne e agli uomini del mio popolo il rispetto reciproco. Per realizzarlo ho bisogno di aiuto, ho bisogno del sostegno dei governi americani ed europei, ho bisogno di chiunque sia interessato al rispetto dei diritti umani. * - Elena Caprioni: La domanda e' d'obbligo: qual e' stata la reazione del governo cinese? - Rebiya Kadeer: Anche se noi ci interessiamo solo di diritti sociali e non politici, la reazione e' stata di forte contrarieta'. Il governo si sente minacciato dal nostro movimento perche' teme la ribellione delle donne uygure all'attuale condizione; preferisce che esse rimangano ignoranti e immorali per poterle gestire piu' facilmente. Il suo obiettivo e' annullare il popolo uyguro inducendo le donne alla prostituzione, all'aborto e alla sterilizzazione forzata. * - Elena Caprioni: In seguito alla fondazione del Movimento delle Mille Madri, ha notato un miglioramento per i diritti delle donne nel Xinjiang? - Rebiya Kadeer: In realta', la situazione non sta migliorando, anzi continua a deteriorarsi. Mi rende serena, ad ogni modo, che molte donne grazie al Movimento delle Mille Madri sono diventate consapevoli delle loro condizioni e manifestanoal volonta' di affrontare un cambiamento. * - Elena Caprioni: Se le donne uygure potessero ascoltare questa intervista e volessero imparare qualcosa dalla sua vita, cosa consiglierebbe? - Rebiya Kadeer: Mi piacerebbe concludere dicendo che le donne uygure non devono assolutamente perdere la speranza. Io ho speranza, ecco perche' sono qui: se la perdessi, non potrei fare niente per gli uyguri. Il governo cinese ha paura di me perche' io do speranza al mio popolo, io do speranza alle donne. 5. RIFLESSIONE. FRANCESCA DI DONATO PRESENTA "GENDER. A USEFUL CATEGORY OF HISTORICAL ANALYSIS" DI JOAN W. SCOTT [Dal sito: bfp.sp.unipi.it riprendiamo la seguente schede di lettura del saggio di J. W. Scott, "Il 'genere': un'utile categoria di analisi storica" (Gender: A Useful Category of Historical Analysis, in "American Historical Review" 5/91, 1986 pp. 1053-75). Francesca Di Donato lavora in ambito universitario su temi di scienze della politica e di filosofia politica; e' redattrice del "Bollettino telematico di filosofia politica", collabora al progetto "HyperJournal", un software open source per l'Open Publishing nelle scienze umane e sociali; il suo principale interesse di ricerca e' la filosofia politica di Kant; dal 2000 al 2003 si e' inoltre occupata in particolare di teoria femminista; dal 2004 si occupa del problema della liberta' dell'informazione. Tra le opere di Francesca Di Donato: La teoria femminista: una bibliografia, in "Bollettino telematico di filosofia politica", 2000-2004; Nei limiti della ragione. Il problema della famiglia in Kant, Plus-Methexis, Pisa 2004; Verso uno European Citation Index for the Humanities. Cosa possono fare i ricercatori per la comunicazione scientifica, in "Bollettino telematico di filosofia politica", novembre 2004; I media telematici come strumento per la comunicazione del sapere, in "Bollettino telematico di filosofia politica", maggio 2005; Conoscenza e pubblicita' del sapere. Le condizioni della repubblica scientifica a partire dall'Architettonica della ragion pura di Kant, in "Bollettino telematico di filosofia politica", giugno 2005. Joan Scott, pensatrice femminista, storica, docente universitaria a Princeton, ha dato un fondamentale contributo alla concettualizzazione e alla pratica della storiografia di genere. Opere di Joan Scott: The Glassworkers of Carmaux: French Craftsmen and Political Action in a Nineteenth Century City, Cambridge, Ma, Harvard University Press, 1974 (trad. francese: Flammarion, 1982); (con Louise Tilly), Women, Work and Family, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1978, Routledge, 1987 (tradotto in italiano nel 1981 e in francese nel 1987); Gender and the Politics of History, New York, Columbia University Press, 1988, nuova edizione, 1999 (trad. giapponese: Heibonsha 1992); Only Paradoxes to Offer: French Feminists and the Rights of Man, Harvard University Press, 1996 (trad. fr.: Albin Michel, 1998; trad. portoghese: Editora Mulheres, 2002; trad. coreana: Sang Sanchi, 2006; Parite': Sexual Equality and the Crisis of French Universalism, Chicago, University of Chicago Press, 2005 (tr. fr.: Albin Michel, 2005; The Politics of the Veil, Princeton University Press, 2007; The Fantasy of Feminist History: Essays, Durham, Duke University Press, 2008. Opere curate da Joan Scott: (a cura di, con Brian Tierney), Western Societies: A Documentary History, 2 voll., New York, Alfred Knopf, 1983, 1999; (a cura di, con Jill Conway e Susan Bourque), Learning about Women: Gender, Power and Politics, University of Michigan Press, 1987; (a cura di, con Judith Butler), Feminists Theorize the Political, New York, Routledge, 1992; (a cura di), Alper, Benedict S. Love and Politics in Wartime: Letters to my Wife, 1943-5, University of Illinois Press, 1992; (a cura di, con James Gilbert, Amy Gilman, Donald Scott), The Mythmaking Frame of Mind: Social Imagination and American Culture, San Francisco, Wadsworth, 1992; (a cura di), Feminism and History, Oxford University Press, 1996; (a cura di, con Cora Kaplan e Debra Keates), Transitions, Environments, Translations: Feminisms in International Politics, Routledge, 1997; (a cura di, con Debra Keates), Schools of Thought: Twenty-five Years of Interpretive Social Science, Princeton University Press, 2001; (a cura di, con Debra Keates), Going Public: Feminism and the Shifting Boundaries of the Private Sphere, Champaign, IL, University of Illinois Press, 2004; (a cura di), Women's Studies on the Edge, Durham, Duke University Press, 2007. In italiano: "Genere: un'utile categoria di analisi storica", in "Rivista di storia contemporanea", n. 4, 1987, ed anche in Paola Di Cori (a cura di), Altre storie, Clueb, Bologna 1996; "Uguaglianza versus differenza", in "Memoria", n. 1, 1989; "La storia delle donne", in P. Burke (a cura di), La storiografia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 1993] Nel 1986 Joan W. Scott da' una definizione di genere (versione dell'inglese gender) destinata a divenire un punto di riferimento della teoria femminista successiva. Nel corso dei secoli, nota la Scott, il termine e' stato usato come termine grammaticale per evocare tratti caratteriali o sessuali, e solo in tempi recenti genere ha assunto significato in riferimento all'organizzazione sociale del rapporto tra i sessi. Nell'uso delle femministe americane degli anni Settanta, il termine voleva sottolineare la qualita' fondamentalmente sociale delle distinzioni basate sul sesso; in particolare, gli elementi sui quali la nuova definizione si basava erano: 1. il rifiuto del determinismo biologico e 2. l'aspetto relazionale. L'uso del termine ha coinvolto una serie di posizioni teoretiche il cui elemento comune e' il tentativo di elaborare una nuova prospettiva sintetizzante in grado di spiegare le continuita' e le discontinuita' e di dar conto del persistere delle diseguaglianze tra i sessi. Joan Scott si propone di assumere il genere come categoria di analisi storica; nel fare questo, prende in esame le teorie esistenti e, dopo averne tracciato i limiti, da' la sua definizione del termine. Cio' che e' importante e' cogliere il duplice aspetto della costruzione culturale e della relazionalita' implicita nel termine: perche' i rapporti sono tali? Come funzionano? Come cambiano? Scott individua tre posizioni teoriche: - Femminismo e critica del patriarcato; il patriarcato, interpretato come bisogno maschile di dominare il femminile, e' al centro di questo tipo di analisi. L'autrice obietta a quest'interpretazione il fatto che dia per scontata una differenza fisica "naturale", e che non venga spiegato come questo bisogno di dominio maschile influisca sulla societa'. - Critica femminista e tradizione marxista. Questo approccio, seppur piu' storico del primo, non lascia al genere uno statuto analitico proprio. - Teorie delle francesi post-strutturaliste e delle angloamericane delle relazioni oggettuali. La Scott vi si sofferma in modo particolare e da' la propria definizione a partire da questa duplice teoria di comune matrice psicoanalitica. Quello che occorre, scrive la Scott, e' sottoporre continuamente le nostre categorie alla critica e le nostre analisi all'autocritica. Al posto della ricerca di origini uniche e della qualita' fissa e permanente della contrapposizione binaria, e' necessario comprendere i processi in quanto strettamente collegati. * La definizione dell'autrice si compone di due parti: 1. "gender is a constitutive element of social relationships based on perceived differences between the sexes"; 2. "gender is a primary way of signifying relationships on gender" (p. 1071). Nel primo significato, il genere riguarda quattro elementi correlati: 1. I simboli culturalmente accessibili, che chiama "miti di luce/oscurita'". 2. I concetti normativi che offrono rappresentazioni dei significati dei simboli. 3. L'idea di politica come riferimento alle istituzioni e alle organizzazioni sociali - il sistema di parentela su cui gli antropologi hanno focalizzato la loro attenzione non basta da solo a chiarire come siano costruite le relazioni sociali; un'analisi adeguata deve riguardare anche il mercato del lavoro, istruzione e il sistema politico -. 4. L'identita' soggettiva. La seconda proposizione e' relativa all'aspetto piu' importante della definizione, ovvero le riflessioni teoriche sul genere come luogo di elaborazione del potere. "Non e' la sessualita' a ossessionare la societa', ma la societa' a ossessionare la sessualita' fisica", scrive Maurice Godelier (The origins of Male Domination, in "New Left Review", 127, maggio-giugno 1971, p. 17); le differenze fisiche sono chiamate in vario modo a legittimare le relazioni umane e sociali. * Nell'ultima parte del saggio, la Scott si sofferma sull'analisi di politica e potere, territorio poco esplorato e in cui materiali e problemi relativi alle donne hanno piu' difficolta' ad entrare. L'autrice applica la propria definizione ad alcuni esempi, mostrando come i significati di genere e potere si determinino a vicenda. Per concludere, afferma la storica americana, e' possibile scrivere la storia di tali processi solo riconoscendo che uomo e donna sono categorie vuote, prive di un significato definitivo e trascendente, e sovrabbondanti perche', anche se fisse, contengono al proprio interno definizioni alternative e differenti possibilita' spesso negate. 6. LETTURE. SERGIO LABATE: LA VERITA' BUONA Sergio Labate, La verita' buona. Senso e figure del dono nel pensiero contemporaneo, Cittadella Editrice, Assisi 2004, pp. 368, euro 20. Un bel libro di uno dei piu' acuti attuali pensatori italiani della nonviolenza. Si articola in tre parti: nella prima, "abbandono ergo sum", si elabora il tema della condizione - e della vicenda - dell'abbandono, appoggiandosi sia alla riflessione filosofica e delle scienze umane contemporanea, sia alla riattivazione e reinterpretazione di figurazioni bibliche e classiche; nella seconda, "Tra dono e abbandono. Tracce della filosofia contemporanea", il tema e' svolto in dialogo e talora in un vero e proprio colluttante corpo a corpo con la riflessione di Martin Heidegger, di Jean-Luc Marion (un autore cui Labate dedica molta attenzione) e di Jacques Derrida; nella terza ed ultima parte, "Nascere al dono", si reca ad ulteriori svolgimenti, a sintesi e a nuova aggettante apertura il percorso ascensionale e dialettico svolto nel volume, anche in un vivo confronto con le figure piu' acute del pensiero delle donne (da Arendt a Zambrano), del pensiero dialogico (da Buber a Levinas - ed a Levinas Labate gia' dedico' una preziosa monografia), delle tradizioni fenomenologico-esistenzialiste, della nuova consapevolezza ecologico-antropologico-sociale (e gli autori del "movimento antiutilitarista nelle scienze sociali" che si richiama alla lezione di Marcel Mauss). Per richieste alla casa editrice: Cittadella Editrice, c. p. 94, 06081 Assisi (Pg), tel. 075813595, fax: 075813719, e-mail: amministrazione at cittadellaeditrice.com, sito: www.cittadellaeditrice.com 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 190 del 23 agosto 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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