[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 101
- Subject: Minime. 101
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 26 May 2007 01:09:44 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 101 del 26 maggio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Aut aut 2. Un appello per Rahmatullah Hanefi 3. Maria G. Di Rienzo: La stanchezza di Archiloco 4. Umberto Santino: La lotta per la casa a Palermo 5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 6. Un convegno al Cnr sulla ricerca sociale in Italia 7. Enrico Pugliese: La ricerca sociale in italia 8. Fabrizia Ramondino: L'inchiesta alla luce della predestinazione 9. Letture. Giuseppe Mogavero, I muri ricordano 10. Riedizioni: Amiri Baraka (LeRoi Jones), Il popolo del blues 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. LE ULTIME COSE. AUT AUT O la guerra o la pace. Predicare la pace facendo la guerra non si puo'. Cessi l'illegale, criminale partecipazione militare italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan. La pace si costruisce con la pace: con la smilitarizzazione dei conflitti, con il disarmo, con la scelta di salvare le vite anziche' sopprimerle. Non si puo' predicare la pace facendo la guerra. La nonviolenza e' la via. 2. APPELLI. UN APPELLO PER RAHMATULLAH HANEFI [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente appello. Rahmatullah Hanefi (Rahmat per le persone amiche), manager dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, artefice fondamentale della salvezza della vita di Gabriele Torsello e di Daniele Mastrogiacomo, e' stato sequestrato dai servizi segreti afgani il 20 marzo 2007] Appello dal mondo della cultura e dell'informazione per la liberazione di Rahmatullah Hanefi La Costituzione afgana stabilisce che l'arrestato ha diritto a un difensore, ad essere informato dell'accusa mossagli e ad essere portato davanti al giudice nei limiti stabiliti dalla legge. Il codice di procedura penale stabilisce che l'arrestato deve essere interrogato in termini assai brevi, e liberato se non e' formalmente accusato davanti al giudice entro, al massimo, trenta giorni. Il procuratore generale dello Stato afgano, Abdul Jabar Sabet, ha dichiarato al "Corriere della sera" che "Nessuno puo' essere arrestato senza accusa. E il fermo di polizia termina al massimo dopo 72 ore. Chiunque ha diritto ad un avvocato, subito dopo l'arresto. In presenza di un avvocato il fermo puo' essere prolungato di 15 giorni e raddoppiato sino a 30 per concedere il tempo di conclusione delle indagini. Ma, se per allora non e' stata notificata un'accusa precisa alla procura, il prigioniero va comunque rilasciato", aggiungendo pero' che, per via della guerra, per combattere terroristi e talebani "in parallelo alle procedure normali esistono delle leggi segrete per combattere chi attenta alla sicurezza dello Stato"; leggi che aggiunge di non conoscere nemmeno lui: "Non so come, in quali circostanze e quando vengano applicate. Posso dire che Hanefi non rappresenta un caso isolato". Il prolungarsi della detenzione di Rahmatullah Hanefi, in spregio ai diritti universali e alla piu' elementare dignita' umana, avviene in palese violazione della Costituzione afgana. Questa esiziale ferita inferta alle norme giuridiche pretende legittimita' sulla base di fantomatiche leggi segrete ignote persino alla piu' alta autorita' dell'organo del pubblico ministero afgano. Come nei piu' tetri sistemi totalitari si stanno perpetrando clamorose violazioni dei principi di legge. La decisione di arrestare il funzionario di Emergency nelle ultime settimane e' stata concertata con un'aggressione all'organizzazione umanitaria costretta a prendere la dolorosa decisione di abbandonare l'Afganistan non potendo piu' garantire la sicurezza del proprio personale e quindi la salute e la vita dei pazienti. L'attuale sistema giuridico afgano e' stato costruito con la collaborazione e l'importante sostegno finanziario per cinquanta milioni di dollari dell'Italia. E' questa la democrazia che contribuiamo ad esportare? E' per questo che siamo da sei anni in Afganistan? E' per consentire la perversione della giustizia che spendiamo i soldi dei nostri cittadini? Chiediamo con forza l'immediata liberazione di Rahmatullah Hanefi, affermiamo che in queste condizioni l'idea stessa dell'istruzione di un processo sarebbe una tragica truffa. Chiediamo che l'Afganistan ristabilisca immediatamente il rispetto delle sue stesse leggi. Chiediamo che l'Italia, per non tradire lo sforzo compiuto per la creazione di quelle leggi, chieda con forza l'immediata liberazione di Hanefi, sequestrato per avere svolto la funzione di mediatore nell'interesse del governo italiano. Chiediamo che Emergency possa riprendere subito la sua attivita' portatrice di vita e di giustizia, come ambasciatrice del meglio della cultura e dello spirito del nostro paese. * Hanno aderito all'appello: Moni Ovadia, Gherardo Colombo, Claudio Magris, Margherita Hack, Ermanno Olmi, Umberto Galimberti, Luciano Canfora, Enzo Biagi, Massimo Cacciari, Vittorio Gregotti, Claudio Abbado, Danilo Zolo, Arnaldo Pomodoro, Marco Revelli, Erri De Luca, Edoardo Sanguineti, Gae Aulenti, Tina Anselmi, Alessandro Portelli, Guido Martinotti, Fabio Vacchi, Anna Nogara, Paolo Rossi, Gianni Mina', Bruno Segre, Emanuele Segre, Silvestro Montanaro, Beppe Grillo, Ascanio Celestini, Francesca Floriani, don Gino Rigodi, Mimmo Jodice, Giuseppe Liverani, Loris Mazzetti, Bice Biagi, Massimo Vitta Zelman, Daniele Mastrogiacomo, Gabriele Mazzotta, Dacia Maraini, Mario Dondero, Giorgina Venosta, Rosellina Archinto, Andrea Camilleri, Dario Fo, Franca Rame, Giulio Giorello, Eva Cantarella, Carlo Feltrinelli, Furio Colombo, Lella Costa, Gad Lerner, Enrico Deaglio, Fabio Fazio, Michele Serra, Marco Paolini, don Luigi Ciotti, Alessandro Baricco, Maurizio Costanzo. * Per informazioni: tel. 02881881, sito: www.emergency.it 3. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: LA STANCHEZZA DI ARCHILOCO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo dialogo. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81] - Glicera: Dimmi, Melitta, mai non si stanca Archiloco di predicare la virtu' al governo díAtene? - Melitta: Perche' lo chiedi, Glicera cara? - Glicera: Ho bevuto con lui alle Aloe lo scorso autunno, e altro non diceva se non che l'Areopago tutto non fa che danzar la pirrica. L'ho rivisto ai Giardini d'Afrodite e se ne e' uscito con un discorso sulla ragione che si disintegra e sul modo in cui i governanti snaturano e offendono il linguaggio dei loro stessi decreti. - Melitta: E tu lo trovi strano? Pensi che si sbagli, o che non dovrebbe insistere? Efialte ci promise poche piccole riforme, e neppure in quelle si e' impegnato. Ierofanti e araldi persistono in vergognose scelleratezze, e siamo piu' che mai proni sotto il calzare del Tiranno di Corinto. - Glicera: Ma io credo che i potenti non ascolteranno mai Archiloco. - Melitta: Tu l'hai ascoltato, io lo ho ascoltato, e poiche' dice la verita', io credo che lo ascoltino persino gli Dei. Cominciamo anche noi a dire la verita' ai potenti, Glicera, cosi' Archiloco si stanchera' meno. 4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: LA LOTTA PER LA CASA A PALERMO [Dal sito del Centro Impastato (www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente intervento del 29 ottobre 2006. Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nei nn. 931-934] Il problema della casa a Palermo e' uno dei tanti (disoccupazione, acqua, inquinamento, per citarne qualcuno) che passano sotto la denominazione "emergenza", per il loro venire alla superficie di tanto in tanto, ma in realta' rappresentano un bisogno che fa parte della vita quotidiana della citta'. La visibilita' a volte e' legata a eventi come il terremoto del '68 che spinse gli abitanti del centro storico ad abbandonare le case pericolanti e ad occupare gli edifici dello Zen, ma nelle fasi successive (per esempio negli anni '70) non c'e' stato bisogno di fatti eccezionali. Migliaia di famiglie vivono in case fatiscenti, molte non hanno un tetto, qualcuno vive in macchina (e un mese fa e' morto un senzatetto che abitava nella sua auto) e le condizioni di indigenza non permettono di accedere al mercato edilizio. Nessuna meraviglia se nel 2002 la lotta per la casa e' ricomparsa sul proscenio palermitano, ancora una volta con l'occupazione della cattedrale. La cattedrale era gia' stata occupata nel 1975, quando a lottare per la casa erano migliaia di persone. La lotta dei senzacasa, come altre lotte popolari, ha avuto sempre un rischio: quello di dar vita a una guerra tra poveri, discriminati sulla base della selezione clientelare, assieme all'altro di una possibile strumentalizzazione da parte di soggetti piu' o meno del giro mafioso, interessati a cavalcare le proteste, ma ha pure segnato nella storia recente della citta' esperienze significative di autoorganizzazione. * Dal '68 a oggi Dopo il terremoto del '68 le occupazioni delle case dello Zen videro accanto ai senzacasa alcuni militanti del Pci e negli anni successivi in quel quartiere-dormitorio c'e' stato un impegno continuativo di gruppi della nuova sinistra, con la costituzione di un comitato che ha gestito una lunga vertenza con lo Iacp (Istituto autonomo case popolari) con forme originali, come l'autogestione dei servizi e l'autotassazione, e per alcuni anni in un territorio privo di qualsiasi presidio sanitario ha operato un ambulatorio dei medici del Manifesto. Lo Zen e' stato per anni il terreno di formazione di una generazione di militanti e il laboratorio delle lotte popolari della citta', con iniziative unitarie ma pure con scontri tra le varie formazioni. Negli anni '70 la lotta per la casa fu organizzata da due raggruppamenti (il Coordinamento case pericolanti con Democrazia proletaria e i Comitati di lotta con Lotta continua) che, pur con le immancabili competizioni egemoniche, hanno saputo trovare la strada dell'unita' nella richiesta della requisizione delle case private sfitte, nella produzione di una documentazione adeguata, nell'evitare la guerra tra poveri. L'occupazione della cattedrale, da parte di un gruppo guidato da Mauro Rostagno, fu il fatto piu' eclatante, ma quel movimento ebbe il merito di dare una dimensione politica e propositiva a una lotta che rischiava di esaurirsi nella protesta. Le lotte riprendono negli anni '80 e '90 nei quartieri del centro storico e in particolare all'Albergheria, dove era nato il Centro sociale "San Saverio" ad opera, tra gli altri, di don Cosimo Scordato, Nino Rocca, Maria Di Carlo e Augusto Cavadi, con la costituzione di comitati e con assemblee popolari che pongono il problema del risanamento edilizio all'interno di un progetto di sviluppo della citta'. L'opuscolo Ricostruire Palermo. Un centro sociale in ogni quartiere, del Centro Impastato e del Centro San Saverio, voleva essere il vademecum per la costruzione di una rete sociale fondata sulla partecipazione degli abitanti e in particolare degli strati popolari. Qualcuno trova da ridire sul fatto che i senzacasa ancora una volta sono tornati nel duomo di Palermo. Occupare la cattedrale e' dare visibilita' a una mobilitazione che rischia di passare inosservata e gli occupanti non intendono impedire o disturbare le funzioni o profanare il luogo sacro. * Le case dei mafiosi ai senzacasa Nel 2002, sotto le volte del portico della cattedrale, i senzacasa e chi appoggiava la loro iniziativa (tra i piu' attivi Nino Rocca e Pietro Milazzo, pero' piu' a titolo personale che per il Centro San Saverio e per la Cgil di cui erano dirigenti, il centro sociale Ex Karcere, chi scrive dava una mano) hanno pensato che si potesse rispondere all'amministrazione comunale che lamentava la mancanza di case, proponendo di utilizzare le case confiscate ai mafiosi. La proposta e' diventata uno dei punti qualificanti della piattaforma. Abbiamo incontrato il prefetto che ha bocciato la proposta, asserendo che le case dei mafiosi potevano essere utilizzate solo per usi pubblici, come caserme, alloggi per le forze dell'ordine, uffici, scuole, sedi per centri e associazioni. Ci siamo rivolti all'ufficio centrale di Libera sui beni confiscati (il responsabile era Giovanni Colussi) e si e' concordata una linea che ampliava le possibilita' di destinazione dei beni: potevano diventare case-parcheggio in attesa di alloggi da assegnare definitivamente e ospitare servizi sociali per gli inquilini e per il quartiere. Quella linea, sostenuta da Libera Palermo, in particolare con Giovanni Abbagnato, e da Libera scuola con la responsabile Pia Blandano e il progetto "La scuola adotta un bene confiscato", fu appoggiata dall'allora Commissario governativo per i beni confiscati Margherita Vallefuoco e ha dato i suoi frutti: una trentina di alloggi sono stati assegnati temporaneamente ai piu' bisognosi. Successivamente il governo di centrodestra ha "licenziato" la Vallefuoco e abolito l'ufficio, affidando i beni confiscati al Demanio, oberato gia' da troppi compiti. Cosi' non solo per le case ma anche per tutti gli altri beni confiscati si e' prodotto un allungamento di tempi che somiglia alla paralisi. Del resto piu' volte durante il governo Berlusconi si e' avanzata la proposta di rendere temporanea la confisca, consentendo ai mafiosi di rientrare prima o poi nella proprieta'. L'attuale occupazione ripropone il problema. E se e' prevedibile il comportamento del sindaco e di qualche altro che grida allo scandalo per la "profanazione" del luogo sacro, viene rivolto un preciso interrogativo alle forze del centrosinistra, di opposizione e di governo: si vuole fare sul serio la lotta alla mafia? Allora rilanciare la confisca dei beni, che ha avuto una caduta verticale negli ultimi anni (nel 2001 i beni confiscati erano 310, nel 2004 solo 10), e assegnarli con procedura abbreviata, e' una strada obbligata e per imboccarla occorre ricostituire il Commissariato o istituire un'agenzia speciale. E la Regione siciliana, in cui e' concentrato quasi il 50 per cento dei beni confiscati, deve dotarsi di una legge apposita. * La chiesa casa di tutti? Nel 2002, nei giorni del festino di Santa Rosalia, la Curia non ha saputo fare di meglio che chiedere lo sgombero forzoso degli occupanti e da quella esperienza nacque il Comitato 12 luglio; ora ha sospeso le funzioni e per qualche giorno chiuso i gabinetti. Proprio in questi giorni Tony Pellicane, portavoce del Comitato, e gli altri denunciati per interruzione di funzioni pubbliche sono stati prosciolti, ma gli attuali occupanti vivono un isolamento immeritato. Nelle settimane precedenti la cattedrale era stata occupata da ex detenuti che hanno paralizzato la citta', bloccando il porto e interrompendo il traffico. Ora hanno occupato l'ex centro stampa dei mondiali di calcio del '90. Chiedono di essere inseriti nella lunga lista dei precari. Anche loro rappresentano un bisogno effettivo, in forme e con obiettivi discutibili, e piu' d'uno e' indotto a fare di ogni erba un fascio. Con i senzacasa una parte piccola ma significativa del popolo di Palermo e' stata conquistata alla mobilitazione antimafia non con le prediche sull'illegalita' ma con la prospettiva di soddisfacimento di un bisogno concreto. Si e' aperta un'esperienza di antimafia sociale che andrebbe incoraggiata ed estesa, non ostacolata e archiviata. E se il rischio della guerra tra poveri c'e' sempre (come e' avvenuto per le case di via Mozambico, contese tra assegnatari e occupanti), anche su questo la lotta di questi anni ha qualcosa da insegnare: qualcuno degli assegnatari delle case confiscate e' in prima fila e non si e' tirato indietro una volta accolta la sua richiesta. Questi aspetti possono preoccupare i politici che hanno sempre speculato sul bisogno ma dovrebbero interessare tutti coloro che concepiscono l'antimafia come una strada che si percorre quotidianamente e non solo come una fiaccolata annuale. Alla chiesa di Palermo si chiede una scelta: stare dalla parte di chi ha bisogno e non replicare le scene del passato, con lo "sgombero degli assedianti". Non sono loro i mercanti da cacciare dal tempio, ma evidentemente i mercanti nel tempio hanno il diritto di starci, come la Dc per mezzo secolo e ora gli atei-devoti, tanto cari al papa attuale. E non basta che qualche prete abbia dichiarato che la chiesa dev'essere la casa di tutti e non c'e' ragione di non dir messa con i senzacasa in cattedrale. Troppo poco. Accanto ai senzatetto sono stati solo i comboniani, con padre Alex Zanotelli, e don Baldassare Meli, che ha dovuto lasciare l'Albergheria e il suo lavoro con gli immigrati e contro i pedofili. Intanto una citta' come Palermo spende tre milioni e mezzo per feste e processioni. E' questa la religiosita' che la Chiesa promuove: i santi-patroni di quartiere e la pandemia di statue di Padre Pio? * Qualche dato Da una ricerca sul fabbisogno abitativo condotta dall'Universita' di Palermo risulta che da qui al 2011 occorrerebbero 18.000 alloggi, cioe' bisognerebbe disporre di 3.000 alloggi all'anno. La giunta comunale non ha nessun programma per fare fronte a questo fabbisogno. Le domande presentate per avere un alloggio popolare sono oltre 10.000 e la graduatoria, ferma da anni, e' stata pubblicata solo in seguito alle manifestazioni dei senzacasa. Gli abusivi, cioe' gli occupanti di case popolari assegnate ad altri, sono 3.500. Dal 2005 al 2008 dovrebbero essere pronti 680 alloggi con interventi di edilizia sovvenzionata. Nel centro storico, in gran parte ancora con le rovine della guerra, si concentra un patrimonio edilizio di 10.000 alloggi, molti dei quali degradati, fatiscenti e disabitati. Il Comune in tre anni ha realizzato solo 69 alloggi Erp (Edilizia residenziale pubblica). Nel 2003 si era costituita una commissione formata da rappresentanti degli uffici comunali e del Comitato dei senzacasa per stimolare l'azione del Demanio e del Comune al fine di tamponare le situazioni d'urgenza con l'assegnazione provvisoria di alloggi confiscati ai mafiosi. Nel 2005 la Commissione e' stata abolita e l'assessore comunale si e' attribuito un potere insindacabile sulla gestione dei beni confiscati. Le manifestazioni in corso nascono da impegni disattesi e tra le richieste c'e' la ricostituzione della Commissione, con la Prefettura in funzione di garante. 5. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in banca o alla posta. Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6. INCONTRI. UN CONVEGNO AL CNR SULLA RICERCA SOCIALE IN ITALIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 maggio 2007. Giovanni Mottura, sociologo, docente universitario, intellettuale di forte impegno civile, insegna Sociologia del lavoro all'Universita' di Modena e Reggio Emilia ed ha condotto numerose ricerche sull'immigrazione in Italia e Europa, in particolare sul mercato del lavoro e la sindacalizzazione; coordina il rapporto annuale dell'Osservatorio sull'immigrazione Ires-Cgil. Tra le opere recenti di Giovanni Mottura: (con Paolo Naso e Graziella Priulla), Eboli e oltre, Claudiana, Torino 1988; (con Enrico Pugliese e Bruno veneziani), Agricoltura e sistemi locali di formazione, Marsilio, 1988; (con Pietro Pinto), Immigrazione e cambiamento sociale, Ediesse, Roma 1996; (con Giovanna Campani e Francesco Carchedi), Migranti, rifugiati e nomadi: Europa dell'Est in movimento, L'Harmattan Italia, 1998; (con Maria A. Bernardotti), Il gioco delle tre case. Immigrazione e politiche abitative a Bologna dal 1990 al 1999, L'Harmattan Italia, 1999; (con S. Leopardi), Immigrazione e sindacato. Lavoro, rappresentanza, contrattazione, Roma, 2002; (con Francesco Carchedi e Enrico Pugliese), Il lavoro servile e le nuove schiavitu', Milano 2003; (con Maria A. Bernardotti), Immigrazione e sindacato. Lavoro, discriminazione, rappresentanza. Terzo rapporto Ires, Ediesse, Roma 2004; (con Agostino Megale, Maria A. Bernardotti), Immigrazione e sindacato. Stesse opportunita', stessi diritti. Quarto rapporto Ires, Ediesse, Roma 2006] In occasione del settantesimo compleanno di Giovanni Mottura, venerdi' 18 maggio si svolgera' un convegno di studi dal titolo "L'inchiesta: orientamenti, contenuti e metodi nella ricerca sociale in Italia". L'appuntamento e' alle ore 10 al Cnr, aula Marconi. Introduzione di Enrico Pugliese, relazioni di Vittorio Rieser ("L'inchiesta operaia"), Vittorio Capecchi ("Nascita e vita della rivista 'Inchiesta'"), Bianca Beccalli ("L'influenza dei 'Quaderni Rossi' sulla ricerca sociale in Italia"), Carmine Nardone ("L'inchiesta in agricoltura"), Stefano Boffo ("Mercato del lavoro, classi sociali e Mezzogiorno: la ricerca sociale al Centro di Portici negli anni Settanta"), Francesco Carchedi ("Le prime ricerche sugli immigrati in Italia"), Margherita Russo e Giovanni Solinas ("La scuola di Modena e l'inchiesta"). Interventi del ministro Paolo Ferrero e del sottogretario Danielle Mazzonis. Interventi e comunicazioni di Paolo Bosi, Paolo Calza Bini, Pino Ferraris, Goffredo Fofi, Adriano Giannola, Claudio Marra, Mario Miegge, Enzo Mingione, Roberto Moscati, Massimo Paci, Aldo Pugliese, Fabrizia Ramondino. 7. RIFLESSIONE. ENRICO PUGLIESE: LA RICERCA SOCIALE IN ITALIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 maggio 2007. Enrico Pugliese e' docente di sociologia del lavoro all'Universita' di Napoli, e direttore dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr; gia' allievo e collaboratore di Manlio Rossi-Doria presso il Centro di ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno di Portici; ha insegnato presso numerose universita' straniere; e' autore di diversi saggi che riguardano il lavoro, la disoccupazione e l'immigrazione. Tra le opere recenti di Enrico Pugliese: Sociologia della disoccupazione, Il Mulino, Bologna 1993; (con E. Rebeggiani), Occupazione e disoccupazione in Italia (1945-1995), Edizioni Lavoro, Roma 1997; Diario dell'immigrazione, Edizioni Associate, Roma 1997; (con M. I. Macioti), Gli immigrati in Italia, Laterza, Roma-Bari 1998; Rapporto sull'immigrazione, Ediesse, Roma 2000; (con E. Mingione), Il lavoro, Carocci, Roma 2002; L'Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il Mulino, Bologna 2002; (con M. I. Macioti), L'esperienza migratoria: immigrati e rifugiati in Italia, Laterza, Roma-Bari 2003] Nel dopoguerra la ricerca sociale in Italia vede una ripresa significativa che portera' al consolidamento, anche in sede accademica, della sociologia come disciplina. Gli stimoli a questa ripresa sono moltissimi, cosi' come diversi sono i filoni culturali che si oppongono all'affermazione della ricerca sociale e della sociologia. Questi provengono dalla tradizione idealistica - sia nella versione crociana che in quella gentiliana - ma anche dal filone marxista piu' ortodosso, incapace di assorbire le innovazioni gramsciane sul piano dell'analisi sociale e culturale. Gli stimoli alla ripresa, invece, arrivano dalla crescente influenza della cultura americana, che proprio in quegli anni vede un consolidamento delle scienze sociologiche, psicologiche e antropologiche. Ma accanto a questo filone piu' accademico si sviluppa in molti ambienti una piu' diffusa attivita' di ricerca legata al bisogno di comprendere la realta' sociale di quegli anni, in profondo movimento, e soprattutto la condizione delle classi subalterne. Vi si impegnano studiosi di varie discipline e intellettuali legati al movimento operaio o alla tradizione meridionalista, che nel dopoguerra riprende con vigore e forte carica innovativa in ambiti politici molto diversi. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, nuclei di studiosi legati a riviste, intellettuali legati ad Adriano Olivetti (come Ferrarotti e altri), docenti impegnati nella scuola di servizio sociale Cepas, gruppi locali impegnati nella ricerca e nella pratica sociale come l'Arn a Napoli, intellettuali interni al sindacato conducono e promuovono inchieste importanti e innovative. Ed e' proprio la ricerca non accademica che da' contributi fondamentali alla conoscenza delle metamorfosi della societa' italiana. Basti ricordare i contributi di Rocco Scotellaro, Carlo Levi, Danilo Montaldi, Danilo Dolci e tanti altri. Si studiano cosi' i contadini, le comunita' locali, gli emigranti meridionali e veneti, gli immigrati nelle grandi citta' industriali. La nuova classe operaia della grande fabbrica, a partire dalla fine degli anni Cinquanta diventa oggetto di interesse di una ricerca sociale fortemente impegnata. Un ruolo determinante e' svolto dai "Quaderni Rossi", fondati e diretti da Raniero Panzieri, che pongono al centro del lavoro politico e culturale la classe operaia, della quale si intende comprendere condizioni, orientamenti, cultura e aspettative. Torino - sede della piu' importante concentrazione operaia italiana - diventa centro di aggregazione culturale. Raniero Panzieri e il gruppo di giovani raccolti intorno a lui rappresentano un nucleo di impegno politico e sindacale innovativo sul piano della ricerca per orientamento, metodo e contenuti. Alla scuola dei "Quaderni Rossi" si formano studiosi di scienze sociali e le tematiche sostantive e gli aspetti di metodo caratterizzanti il loro lavoro avranno un'influenza molto vasta per gli studi sulla classe operaia. Il metodo e' quello dell'inchiesta, dove ricerca e pratica sociale, impegno scientifico e volonta' di cambiamento si intrecciano. Al contributo dato da questi filoni di ricerca e' dedicato il convegno. I tre termini indicati - orientamenti, contenuti e metodi - si riferiscono agli aspetti caratterizzanti la ricerca. I contenuti sono innovativi e affrontano aree e problematiche sociali trascurate dai filoni di ricerca accademici. Volendo indicare gli ambiti piu' significativi, si puo' dire che, oltre alla condizione operaia e alle sue espressioni sociali, politiche e culturali, l'attenzione e' stata rivolta agli strati marginali della societa' e alla realta' delle istituzioni totali. Proprio grazie al metodo dell'inchiesta, l'attenzione e' stata rivolta alle realta' locali e alle specificita' dei contesti rurali e urbani, dando cosi' anche un rinnovato impulso alla ricerca meridionalista: non solo alle condizioni di braccianti e contadini, ma anche al proletariato precario nei quartieri popolari come a Napoli. Tutto questo, con un impegno per la trasformazione sociale a vantaggio delle classi subalterne e per un loro avanzamento nella societa'. In questo clima culturale, agli inizi degli anni Settanta nasce la rivista "Inchiesta", che affronta temi non toccati dalla tradizionale ricerca sociologica accademica, ma che si impone anche in ambito scientifico per l'originalita' dei contributi dati dagli studiosi che vi scrivono: giovani ricercatori provenienti dall'ambito accademico ma anche da altri contesti, quale ad esempio quello sindacale. Si stabilisce cosi' un nesso forte tra studiosi e sindacato in diversi ambienti, per cui il lavoro di inchiesta da' elementi di conoscenza e stimoli all'azione sindacale, mentre la comunita' di intenti tra sindacato, operai e ricercatori allarga l'orizzonte conoscitivo della ricerca sociale in Italia. Dei limiti della sociologia tradizionale e dell'esigenza di aggiornamento si prende atto anche in ambiente sociologico con il convegno su "La crisi del metodo", mentre si afferma con forza il metodo dell'inchiesta che supera l'alternativa schematica tra approccio quantitativo e approccio qualitativo e scava in terreni nuovi individuando rapporti di potere, ingiustizie sociali, forme di oppressione economica e culturale, discriminazioni, ma anche aspettative di cambiamento e trasformazioni sociali e culturali. Infine, piu' che teorizzare l'approccio interdisciplinare, la pratica dell'inchiesta pone fianco a fianco studiosi di diversa formazione che beneficiano del confronto reciproco e dell'arricchimento che viene dal rapporto con il contesto sociale e umano della ricerca. Si pone in primo piano la condizione umana, analizzata attraverso il rapporto diretto con le persone nella loro quotidianita', mettendo a confronto l'approccio dello studioso con il punto di vista direttamente espresso dai soggetti interessati. Il dibattito sul mercato del lavoro, che trova nel centro di Portici (Universita' di Napoli) a meta' degli anni Settanta uno dei momenti di piu' attivo confronto, e' espressione di questo incontro di discipline e ruoli diversi, grazie alla partecipazione di sindacalisti e operatori sociali. Questo stesso approccio portera' ad analisi piu' ricche e articolate delle problematiche territoriali dello sviluppo che, partendo dall'analisi del lavoro a domicilio e del decentramento produttivo (che proprio nella rivista "Inchiesta" trovano la principale sede di confronto), affrontano il ruolo della piccola impresa e delle istituzioni locali per lo sviluppo economico. Il gruppo di giovani economisti che nel corso degli anni Settanta si forma a Modena, da' contributi innovativi in questo senso e il lavoro di Sebastiano Brusco diventa un punto di riferimento per l'analisi delle nuove forme di organizzazione produttiva nell'epoca della crisi della produzione di massa. La minuziosa indagine empirica e la continua attenzione alle caratteristiche socio-economiche del contesto e al ruolo delle istituzioni sono l'aspetto caratterizzante. In questo lungo processo di sviluppo della ricerca sociale e di affermazione della pratica dell'inchiesta, Giovanni Mottura e' stato uno dei protagonisti, a partire dagli anni Cinquanta con il suo impegno (e le inchieste) tra i contadini siciliani presso il centro di Danilo Dolci, il lavoro di ricerca e di impegno politico nei "Quaderni Rossi" con Raniero Panzieri, gli studi presso il Centro di Ricerche Economico-Agrarie per il Mezzogiorno (Universita' di Napoli) e all'Universita' di Modena, a Bologna presso l'Archivio Storico della Camera del lavoro, nel sindacato con i lavori sugli immigrati per l'Ires-Cgil. Il convegno e' in occasione del suo settantesimo compleanno. 8. RIFLESSIONE. FABRIZIA RAMONDINO: L'INCHIESTA ALLA LUCE DELLA PREDESTINAZIONE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 maggio 2007. Fabrizia Ramondino (Napoli 1936) e' una prestigiosa scrittrice e intellettuale di forte impegno civile partecipe di molte esperienze di lotta per i diritti e di solidarieta' concreta. Tra le opere di Fabrizia Ramondino: Storie di patio, Einaudi, Torino 1983; Un giorno e mezzo, Einaudi, Torino 1988; (con Andreas Friedrich Mueller), Dadapolis. Napoli al caleidoscopio, Einaudi, Torino 1992; (con mario Martone), Morte di un matematico napoletano, Ubulibri, 1992; Terremoto con madre e figlia, Nuovo Melangolo, 1994; Althenopis, Einaudi, Torino 1995; In viaggio, Einaudi, Torino 1995; L'isola riflessa, Einaudi, Torino 1998; Ci dicevano analfabeti. Il movimento dei disoccupati napoletani degli anni '70, Argo, 1998; L'isola dei bambini, Edizioni e/o, Roma 1998; Polisario, Gamberetti, Roma 2000; Passaggio a Trieste, Einaudi, Torino 2000; Guerra d'infanzia e di Spagna, Einaudi, Torino 2001; (con Rossana Rossanda), Bagnoli. Lo smantellamento dell'Italsider, Mazzotta, Milano 2001; Il libro dei sogni, L'Ancora del Mediterraneo, Napoli 2002; Il calore, Nottetempo, 2004; Per un sentiero chiaro, Einaudi, Torino 2004; Arcangelo e altri racconti, Einaudi, Torino 2005] Strano titolo per questa mia breve relazione sull'inchiesta! Perche', se la parola predestinazione appartiene a tradizioni religiose, come quella di Giovanni, valdese come quando l'ho conosciuto nel '67 a Villa Maria Teresa a Portici, dove eravamo vicini di casa, e valdese tuttora, io invece allora come ora sono laica o agnostica. Ma non strano se si pensa a quanto mistero sia celato in ogni vita e in ogni incontro tra vite, soprattutto quando questo incontro, per vie che vengono dal passato, si proiettano versano un comune avvenire in nome della condivisione e del dialogo attorno alla stessa tavola. Che cosa mi predestinava all'incontro con Giovanni? L'avere condiviso, seppure ignari l'uno dell'altro, esperienze di sviluppo comunitario, di pedagogia alternativa, impegno politico pacifista e militante nel sud Italia: Giovanni con Danilo Dolci a Partinico, io con l'Associazione Risveglio a Napoli. Poi con l'incontro con i "Quaderni Rossi", fondati da Raniero Panzieri, con Giovanni interno alla redazione, io lettrice della rivista a Napoli, che, iscritta al Psi, ne uscii quando il partito entro' al governo, sulle posizioni di Panzieri, incontrato nell'ultimo congresso prima della scissione - e che poco dopo ci venne a mancare. L'inchiesta, come veniva riproposta dai "Quaderni Rossi" non era estranea al movimento operaio dell'Ottocento e del primo Novecento, anzi per molti ne rappresentava l'elemento fondante: fra i socialisti "utopisti" mi piace ricordare Flora Tristan, fra quelle "scientifici" Engels, Marx, in parte Lenin e Mao; ma dopo la Rivoluzione d'Ottobre l'inchiesta divento' una sorte di riserva indiana peraltro non protetta, sottoposta a persecuzioni e, nel migliore dei casi, al dileggio. In che cosa consisteva questa alterita' dell'inchiesta? Difficile riassumerlo. Diro' quanto significava per me e credo, allora, anche per Giovanni: abbandonare ogni interpretazione astratta della realta', non riconoscersi nell'ideologia e in facili slogan, essere consapevoli della complessita' esistenziale e sociale degli sfruttati dal capitale e dai suoi servi politici, burocratici, religiosi; e quindi porsi dinanzi alla complessita' delle domande, la cui risposta poteva risiedere soltanto in un incontro diretto e reciproco con settori di classe, non come avanguardie, ma come interlocutori; quindi imparare prima di insegnare, ascoltare prima di parlare, mescolare nello scrivere le voci di chi parla e di chi ascolta, scambiandosi di volta in volta i ruoli; riconoscere l'importanza dell'autorita' separata pero' dal potere - cosa assai difficile, perche' cosi' come il carisma puo' trasformarsi in potere, cosi' il potere puo' travestirsi da carisma. Giovanni, torinese, a causa della sua esperienza siciliana e dietro la spinta dei "Quaderni Rossi", a cui stava a cuore la questione meridionale, divento' ricercatore del Centro di Portici, fondato e diretto da Manlio Rossi Doria. Diventammo cosi' vicini di casa nel '67; e due anni dopo; dal nostro incontro e da quello con altri scaturi' il progetto del Centro di Coordinamento Campano, uno dei tanti gruppi del tempo, fondato proprio sul principio dell'inchiesta, non solo tra gli operai, ma essendo noi al sud, soprattutto tra i lavoratori precari, i disoccupati, i contadini, i braccianti, nell'intento di sostenere le loro lotte e di promuoverle senza prevaricarli. Poi, verso il '74, ciascuno ando' per la sua strada. Ma gia' prima c'erano stati dei segnali di questo disagio. Ricordo che nel '70 o nel '71 fu occupata l'universita' di agraria di Portici e che alla fine dell'occupazione Giovanni, parafrasando uno slogan del '68 francese, scrisse su una lavagna: Ce n'est qu'un debut, la routine continue. Ma nel seguito delle nostre vite ne' Giovanni ne' io ne' molti fra noi sono diventati routiniers, ma piuttosto routards, giramondo curiosi e impegnati ciascuno nel suo campo a mutare lo stato delle cose presente. 9. LETTURE. GIUSEPPE MOGAVERO: I MURI RICORDANO Giuseppe Mogavero, I muri ricordano. La Resistenza a Roma attraverso le epigrafi (1943-1945), Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2002, pp. 264, euro 20. Realizzato con la collaborazione dell'Anpi e il patrocinio del Comune di Roma, con 320 fotografie di G. D'Orazio e G. Mogavero, con una premessa di Roberto Morassut, una presentazione di Antonio Parisella, assai utili indici; un libro che vivissimamente raccomandiamo, un contributo alla memoria che schiude futuro. Per richieste alla casa editrice: Massari Editore, casella postale 144, 01023 Bolsena (Vt), e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme 10. RIEDIZIONI. AMIRI BARAKA (LEROI JONES): IL POPOLO DEL BLUES Amiri Baraka (LeRoi Jones), Il popolo del blues. Sociologia degli afroamericani attraverso il jazz, Einaudi, Torino 1968, 1977, nuova edizione Shake, Milano 1994, 2007, pp. 256, euro 9,50. Un testo ormai classico (l'edizione originale e' del 1963) di uno dei maggiori intellettuali e scrittori americani, da sempre militante per i diritti e la liberazione. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 101 del 26 maggio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Minime. 100
- Next by Date: Minime. 102
- Previous by thread: Minime. 100
- Next by thread: Minime. 102
- Indice: