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Minime. 91
- Subject: Minime. 91
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 16 May 2007 01:16:42 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 91 del 16 maggio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Riportiamoli a casa 2. Ricciardo Aloisi: L'escalation (tre stasimi) 3. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 4. Bruna Peyrot: Ricordare il 25 aprile a Belo Horizonte 5. Elena Buia intervista Francesca Brezzi su Etty Hillesum 6. Rino Genovese presenta "Marxismo e nuova sinistra" di Herbert Marcuse 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. RIPORTIAMOLI A CASA Riportiamoli a casa subito, i soldati italiani che si trovano in Afghanistan a prendere parte a una guerra terrorista e stragista, a una guerra cui l'Italia partecipa in violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale, a una guerra che alimenta il terrorismo e le stragi li' ed ovunque nel mondo. Riportiamoli a casa subito, i soldati italiani che si trovano in Afghanistan, e cosi' salviamo le vite loro ed altrui. Riportiamoli a casa subito, i soldati italiani che si trovano in Afghanistan, e cosi' cerchiamo di porre fine allo scellerato coinvolgimento italiano, un coinvolgimento suicida e onnicida, in una guerra terrorista che perdura dai tempi dell'occupazione dell'Afghanistan da parte dell'Armata rossa. Riportiamoli a casa subito, i soldati italiani che si trovano in Afghanistan, riportiamoli a casa vivi. * C'e' un solo modo per fermare le stragi: smilitarizzare i conflitti, disarmare, scegliere la pace e l'umanita'. C'e' un solo modo per fermare il terrorismo: cessare di praticarlo, contrastarlo nell'unico modo in cui e' possibile contrastarlo: con la forza della democrazia, della legalita', della solidarieta' con le vittime, dell'affermazione di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani. C'e' un solo modo per costruire pace e sicurezza: scegliere la pace cessando di fare la guerra, di avallare la guerra, di alimentare la guerra; costruire sicurezza cessando di uccidere e di essere complici di chi uccide, salvando le vite anziche' sopprimerle. La sicurezza si costruisce col disarmo, con la smilitarizzazione, con la solidarieta', il dialogo, la cooperazione, il riconoscimento di umanita'. La sicurezza si costruisce cosi' come si costruisce la pace. * Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. EDITORIALE. RICCIARDO ALOISI. L'ESCALATION (TRE STASIMI) [Ringraziamo il nostro buon amico Ricciardo Aloisi per averci messo a disposizione questi tre testi forse senza nesso] E' come per il Vietnam: un ministro della defensa, lugubre, ferale dagli occhi di gatto, la voce di gelo sazio il ventre gli abiti eleganti del partito prominente della grotta del sesamo annuncia l'invio di nuove armi, nuovi soldati a massacrare i torvi contadini per la gloria del regno millenario. Altre persone moriranno ancora, nuovi lutti, nuovo odio sorgera'. Il governo italiano e' terrorista, di menar stragi, di provocar stragi scelse il governo. E tu non sai fermare questo lento inabissarsi in una sanguinaria cupa anomia che tutto travia e rompe e che travolge vite e dignita'. * Alla stazione, molti anni dopo ancora attendo, ancora leggo l'Ecuba di Euripide, lo so che tutti gli anni migliori di mia vita sono andati e nulla sono, e ancora attendo e ormai solo la morte attendo, che mi liberi. * Le cose che puoi dirti solo in pianto le cose che solo di schianto puoi dirti e subito hai da rinnegarle le cose che scivolano via come la pioggia, come la malia di questi giorni sempre fissi e uguali di queste notti sempre grevi e nere. E queste egre, nude, sole, fiere parole che ti discerpano e ti bruttano e tu non dirle mai nel chiaro giorno e tu non dirle alla persona amica. 3. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in banca o alla posta. Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 4. RIFLESSIONE. BRUNA PEYROT: RICORDARE IL 25 APRILE A BELO HORIZONTE [Ringraziamo Bruna Peyrot (per contatti: brunapeyrot at terra.com.br) per averci messo a disposizione questo intervento pervenutoci il 25 aprile dal Brasile dove vive e lavora (e ci scusiamo con Bruna per il ritardo nella pubblicazione). Bruna Peyrot, torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004; La cittadinanza interiore, Citta' Aperta, 2006] Il 25 aprile 1945 e' stata una data che ha rifondato l'Italia. E' la data della liberazione dal nazifascismo, con l'aiuto degli alleati angloamericani, ma soprattutto con quella grande partecipazione di popolo che fu la Resistenza. E' la storia di un'altra Italia, quella che ha dato origine alla democrazia e alla Repubblica, una storia che continua perche' la democrazia, come diceva Norberto Bobbio, non solo e' il sistema politico per ora piu' giusto, ma non finisce mai... c'e' sempre ancora qualche diritto da scoprire, valorizzare e rendere attivo sul piano giuridico. La "Resistenza" era durata per tutto il ventennio fascista italiano, clandestina e spesso all'estero. Usci' alla luce del sole l'8 settembre 1943, data dell'armistizio con gli angloamericani, quell'armistizio che era stato tenuto segreto ai tedeschi di Hitler dal re Vittorio Emanuele III e dal generale Badoglio, gli stessi che poi fuggono vergognosamente lasciando l'Italia in completo sfacelo. E con loro molti generali dell'esercito italiano e molti gerarchi fascisti si rifugeranno anche in America latina per restare impuniti. Il disastro italiano fu totale. E l'esercito italiano, prima alleato dei tedeschi ora se li ritrovava nemici. I tedeschi, per vendetta, cercano di uccidere o prendere prigionieri piu' soldati italiani possibili. Il simbolo di questo tragico annientamento fu certo Cefalonia, isola greca del mar Ionio dove la divisione Acqui (diecimila uomini) che si era rifiutata di consegnare le armi ai tedeschi, venne distrutta dalla Wehrmacht. In questo contesto, soltanto la Resistenza ha ripreso in mano le sorti dell'Italia attraverso il Cln (Comitato di liberazione nazionale) e soprattutto quello del nord Italia. Il Cln univa i principali partiti antifascisti. Ne erano principali rappresentanti Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola per il Pci; Pietro Nenni e Giuseppe Romita per il Psiup; Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea per il Partito d'Azione; Alcide De Gasperi per la Democrazia Cristiana; Alessandro Casati per il Partito Liberale. La Resistenza arrivo' a contare fino a 150.000 militanti nel 1944-'45. Grosso modo il 50% in formazioni di orientamento comunista (Brigate Garibaldi); il 30% in formazioni legate al Partito d'Azione di Ferruccio Parri (Brigate di Giustizia e Liberta'); il 20% a formazioni monarchiche (del generale Badoglio) e autonome. La Resistenza fu una guerra durissima, piena di rappresaglie (la piu' terribile quella delle Fosse Ardeatine vicino a Roma con 335 ostaggi fucilati e a Marzabotto in Emilia Romagna con 1.836 civili sterminati dal generale Reder). Fu una guerra con piu' di 10.000 vittime civili, 40.000 deportati nei campi di concentramento, con 700.000 militari internati nei campi di lavoro perche' si erano rifiutati di continuare a collaborare con la Germania e per non aver aderito alla Repubblica di Salo', ultimo tentativo di Mussolini di riprendersi l'Italia. Il Cln fu il primo momento di un patto di unione in cui partiti laici, di tradizione comunista e cattolica, si misero insieme per liberare l'Italia. Le differenze erano molte e si sarebbero viste dopo la guerra, ma nel 1943 si era scelto strategicamente l'unita' d'azione in vista dell'obiettivo prioritario della liberazione e dell'unita' nazionale. E oggi gli eredi di quelle stesse forze, dopo oltre mezzo secolo di vita politica italiana, spesso difficile e anche con percorsi separati, proprio in questi giorni stanno discutendo la creazione di un Partito Democratico che le fonda insieme. Colpisce oggi come gli eredi dell'antico partito comunista di Togliatti e gli eredi della Democrazia Cristiana di De Gasperi dopo essersi duramente contrastati per quasi mezzo secolo in un'Italia sulla quale l'influenza del Vaticano e' sempre stata molto forte, oggi si sforzino di costruire un unico partito, nello spirito del patto che aveva liberato l'Italia dal fascismo. * Ma torniamo al 1945. La Resistenza era durata venti mesi, pochi ma intensi per fondare soggettivita' politiche nuove. Le generazioni nate dal 1920 al 1924-'25 erano state educate dalle scuole fasciste. La scelta di andare in montagna, modo di dire che significava stare dalla parte della guerriglia partigiana, le aveva come purificate. Le aveva rinnovate al sentire democratico. Nell'aprile 1945 la Resistenza comincia a vincere. Gli americani che molto lentamente avevano risalito l'Italia e liberato Roma nel 1944, ripartono dalla linea cosiddetta "gotica" situata all'altezza della Toscana, e arrivano a Bologna, mentre le citta' di Milano e Torino insorgono spontaneamente. Mio padre, vicecomandante partigiano delle Brigate di "Giustizia e liberta'" mi raccontava sempre le discussioni fra i partigiani delle pianure piemontesi. C'erano quelli che volevano aspettare l'ordine degli americani per puntare su Torino, altri invece volevano contare solo sulle proprie forze. E questo non sarebbe stato indifferente per il "dopo" politico, per la dignita' dei partigiani e le popolazioni che rappresentavano: liberarsi da se' avrebbe dato piu' consapevolezza politica al senso della propria cittadinanza. Vinse l'autonomia. E fra il 18 aprile e il primo maggio, tutta l'Italia settentrionale si era liberata pressoche' da sola. Intanto il 28 aprile, Mussolini, sorpreso a fuggire travestito da militare tedesco, in Svizzera, viene arrestato e fucilato. Il suo corpo con quello dell'amante Claretta Petacci esposto in piazzale Loreto a Milano: un simbolo abbattutto del regime. Il fascismo dunque era finito. E dopo che accadde? Una lunga storia di politica italiana che racconteremo in altre occasioni. Oggi vorrei soltanto offrire al pubblico alcune riflessioni sul significato della Resistenza nella storia italiana. * La Resistenza italiana e' stata una pagina difficile e ardita che ha sempre condizionato quello che e' successo dopo. Nella Resistenza italiana si sono verificate, come bene ha descritto lo storico Claudio Pavone, tre tipi di guerre: 1) una guerra di liberazione contro l'occupante tedesco; 2) la Resistenza fu anche una guerra civile, perche' combattuta fra italiani, fra i sostenitori dell'ordine di Mussolini e chi invocava invece una legittimazione politica ispirata alla democrazia; 3) infine, fu guerra di classe, perche' molti militanti di appartenenza comunista speravano anche in cambiamenti di vita nei loro luoghi di lavoro, dove l'organizzazione capitalistica era nella mano ferrea dei grandi gruppi economici. La prima interpretazione, quella della Resistenza come atto di liberazione dallo straniero fu l'idea vincente. Fu questo il significato che venne divulgato in Italia fino agli anni sessanta. Fu il movimento del '68 e la generazione degli storici di quel periodo a dare rilievo ad altre sue dimensioni. Dire questo salvaguardava il suo carattere unitario, anche se nella decade degli anni Cinquanta l'unita' fra i partiti della Resistenza non c'era piu' perche' la componente comunista e socialista era stata emarginata e duramente combattutta dalla Democrazia Cristiana nel 1948. La seconda interpretazione, quella di essere una guerra civile vinse a meta'. Cioe' i nuovi soggetti politici antifascisti avrebbero scritto una Costituzione democratica e innovativa, ma il corpo dello stato con la sua burocrazia e i suoi ministeri sarebbe rimasto lo stesso. Infine, la terza interpretazione della Resistenza come guerra di classe sarebbe stata sconfitta perche' in particolare gli anni Cinquanta avrebbero vissuto una feroce repressione, specialmente nelle fabbriche dove nessuna forma di sindacato sarebbe stata tollerata. * L'Italia avrebbe continuato a vivere dopo le stesse divisioni culturali e politiche del prima. Il 2 giugno 1946 venne eletta un'Assemblea Costituente e nello stesso tempo si scelse la forma istituzionale dare al nuovo stato: vinse la repubblica con 12.718.641 voti contro i 10.718.502 dati alla monarchia. Lo scarto fu minimo: due milioni di voti. L'Italia risulto' spaccata a meta'. Fu una caratteristica che incise l'identita' dell'Italia che non si senti' mai unita. Forse pero' l'Italia non si si e' mai sentita unita perche' la sua storia e' sempre stata una storia di frammenti politici. Dal tempo delle Signorie e dei Principati del Rinascimento cinquecentesco fino alle spedizioni e alle rivolte del Risorgimento, i disegni politici che la concernevano non nascevano dal suo percepirsi "Una". L'Italia si e' sempre sentita fiera di essere piena di autonomie: Valli, comunita' montane, citta', paesi e regioni sono stati e sono ancora le vere patrie dell'italiano. L'italiano non si sente unito dalla bandiera ne' si commuove al sentire l'inno nazionale. L'identita' italiana e' un paradosso. Da un lato e' consapevole di essere portatore di un'antichissima civilizzazione che gli impone una grande forza antropologica, data dall'essere crocevia di culture, centro di alta densita' artistica, cuore del Mediterraneo con i suoi valori di accoglienza e familismo, erede di imperi e grandi letterature. Dall'altro non si sente italiano politicamente. E se e' vero che, come dice Renan, "una nazione e' un'anima", all'anima dell'italiano manca la memoria di una identita' politica solida. Il coagulo che poteva unire le mille culture italiane non si e' ancora realizzato pienamente. Poteva essere rappresentato dalla Costituzione, ma non e' stata impostata una pedagogia nazionale successiva che ne trasmettesse i valori al popolo italiano. Soprattutto i principi che aprono la Costituzione italiana e che determinano l'inviolabilita' dei diritti fondamentali dell'uomo e della donna, secondo le costituzioni dei moderni, sono ancora oggi un riferimento essenziale sui quali trovare unita' di intenti. La Costituzione, infatti, non e' solo una Carta che regola la convivenza civile, ma qualcosa di piu', che va oltre il gioco delle parti e oltre le differenze fra partiti o altre forme di associazionismo politico e sociale. La Costituzione e' un atto che contiene la storia di un popolo e gli equilibri storici che l'hanno determinata, che contiene il presente, cioe' una guida per i nostri modi di vivere e contiene infine anche il futuro cioe' la sua piena realizzazione. La democrazia, per concludere con un'affermazione di Boaventura De Sousa Santos, deve sempre essere democratizzata. 5. PROFILI. ELENA BUIA INTERVISTA FRANCESCA BREZZI SU ETTY HILLESUM [Dal sito www.railibro.rai.it riprendiamo la seguente intervista li' apparsa col titolo "La passione di Etty per il mondo". Elena Buia, nata nel 1971, vive e lavora a Roma, collaborando ai programmi radiofonici di Radio Tre; nel 1999 ha vinto ex-aequo il Premio tesi di laurea organizzato dal Centro di documentazione "Pier Vittorio Tondelli" del Comune di Correggio. Francesca Brezzi e' docente di filosofia morale e teoretica all'Universita' di Roma III. Tra le opere di Francesca Brezzi: Filosofia e interpretazione, Bologna 1969; Fenelon, filosofo della religione, Perugia 1979; Inquieta limina, tra filosofia e religione, Roma 1992; A partire dal gioco. Per i sentieri di un pensiero ludico, Genova 1992; Dizionario dei concetti filosofici, Roma 1995; La passione di pensare. Angela da Foligno, Maddalena de' Pazzi, Jeanne Guyon, Roma 1998; Ricoeur. Interpretare la fede, Padova 1999; Francesca Brezzi, Introduzione a Ricoeur, Laterza, Roma-Bari 2006. Etty Hillesum e' nata a Middelburg nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel 1943, il suo diario e le sue lettere costituiscono documenti di altissimo valore e in questi ultimi anni sempre di piu' la sua figura e la sua meditazione diventano oggetto di studio e punto di riferimento per la riflessione. Opere di Etty Hillesum: Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996; Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. Opere su Etty Hillesum: AA. VV., La resistenza esistenziale di Etty Hillesum, fascicolo di "Alfazeta", n. 60, novembre-dicembre 1996, Parma; Nadia Neri, Un'estrema compassione, Bruno Mondadori Editore, Milano 1999; Pascal Dreyer, Etty Hillesum. Una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Sylvie Germain, Etty Hillesum. Una coscienza ispirata, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; Maria Pia Mazziotti, Gerrit Van Oord (a cura di), Etty Hillesum. Diario 1941-1943. Un mondo 'altro' e' possibile, Apeiron, Sant'Oreste (Roma) 2002; Maria Giovanna Noccelli, Oltre la ragione, Apeiron, Sant'Oreste (Roma) 2004] Francesca Brezzi e' docente di filosofia morale presso l'Universita' di Roma Tre. Studiosa del pensiero della differenza, sottolinea in quest'intervista l'amore per la vita e per il prossimo, "la forza dell'umano", che Etty Hillesum ha conquistato ed e' poi riuscita a trasmettere. * - Elena Buia: Due parole su Etty Hillesum, una giovane donna catapultata anima e corpo nella vita... - Francesca Brezzi: Etty Hillesum e' una giovane intellettuale olandese vissuta nella prima meta' del Novecento, che nei diari racconta la sua storia tra il 1941 e il '42. I Diari sono un'opera molto significativa, da cui emerge una figura di fanciulla con tutte le caratteristiche tipiche del tempo - ma volendo anche di oggi - e piena di interessi, molto colta. Etty aveva studiato all'universita' e leggeva Rilke, Dostoevskij e autori classici come Agostino. Un'intellettuale, ma anche una ragazza in carne ed ossa. L'immagine che ne ricaviamo dalle prime pagine del diario e' quella di una giovane donna amante della natura e dei divertimenti, e che vuole vivere appieno la sua vita affettiva. La voglia di vivere il mondo con tutti i sentimenti e tutte le passioni credo sia una delle caratteristiche che Etty non perdera' mai, neanche negli anni piu' drammatici della sua vita. * - Elena Buia: A proposito di passioni, cosa ha significato l'incontro con Julius Spier? - Francesca Brezzi: L'incontro importante nella vita di Etty e' quello con Julius Spier, discepolo di Jung e cultore della psicochirologia: dallo studio dei segni della mano, Spier diceva di poter ricavare un secondo volto delle persone. Etty si rivolse a lui perche', pur nella sua gioia di vivere, era una fanciulla fragile e piena d'insicurezze. Tramite questo incontro Etty diede una svolta effettiva alla sua vita: da un lato espanse la sua affettivita' perche' s'innamoro' di Spier e ne divenne l'amante, e dall'altro questa relazione la porto' ad approfondire la propria conoscenza e ad avvicinarsi alla trascendenza. E' interessante notare come l'incontro con Spier dia luogo in Etty a un continuo approfondimento della propria identita', che e' insieme anche un'apertura verso gli altri. * - Elena Buia: Qual e' il valore della preghiera per Etty Hillesum? - Francesca Brezzi: All'inizio del Diario Etty non nomina assolutamente la figura di Dio, e anzi aggiunge di non essere capace d'inginocchiarsi ne' di relazionarsi con la trascendenza. Mano a mano che andiamo avanti nella lettura, pero', ricorre con grande e suggestiva insistenza questo "Mio Dio! Mio Dio!". Si trovano moltissime espressioni di invocazione a Dio, ma il Dio che Etty cerca di raggiungere e' il Dio in se stessa. In questo possiamo notare degli accenni, dei ricordi, dei richiami della grande mistica. Il discorso che si svolge davanti a noi non e' piu' soltanto la chiarificazione di un'identita', ma e' veramente il racconto di un rapporto mistico, con tutte le sue caratteristiche classiche: la relazione amorosa con Dio, il Dio dentro di se' - che Etty vuole proteggere e dal quale si sente a sua volta abbracciata e protetta - e poi la possibilita' che questo legame con Dio le faccia comprendere l'insensatezza del suo tempo e delle vicende che la circondano. * - Elena Buia: Nonostante la drammaticita' e l'efferatezza dei tempi in cui vive, Etty trova nella vita senso e pienezza... - Francesca Brezzi: Negli anni piu' bui della guerra colpiscono quelle affermazioni di Etty che, secondo me, la rendono una figura unica: "Nonostante tutto, la vita e' bella, continuo a ringraziare Dio per la vita". Penso che questo credere nella vita nonostante tutto, malgrado tutti i segni d'insensatezza, sia molto significativo. Cosi' come sono molto interessanti le registrazioni che Etty fa delle vicende di cui e' protagonista e testimone: nel diario, con apparente freddezza, non manca di sottolineare le restrizioni graduali e i divieti sempre piu' pressanti a cui gli ebrei sono sottoposti. Malgrado tutto cio', il suo refrain e' quello di continuare a credere in Dio. Questo suo voler trovare un senso all'interno dell'insensatezza generale e' cio' che, sempre piu', la porta verso l'unione mistica - che noi, pensando ai grandi mistici del passato, chiamiamo "unio mistica" - ottenuta attraverso l'amore. * - Elena Buia: Etty dice: "Dio tu non puoi aiutarci". In un momento simile lei non chiede niente a Dio, anzi e' lei che vuole aiutare Dio. - Francesca Brezzi: Etty afferma che si sente investita dal dovere di aiutare Dio e questa, per noi, e' oggi un'affermazione di grande rilevanza. E' interessante inquadrare o almeno ricondurre questo suo pensiero a quelle riflessioni, ormai diventate classiche, sul "come pensare a Dio dopo Auschwitz". I pensatori ebrei sono coloro che sono riusciti a rispondere in maniera piu' significativa a questa domanda: "Come aiutare Dio?". Perche' Dio, dopo Auschwitz, non e' piu' un Dio riconoscibile sotto il segno dell'onnipotenza, ma e' un Dio debole, fragile anch'esso. In tal senso, noi possiamo aiutarlo riuscendo a comprendere come si sia caricato del male del mondo, e poi possiamo aiutarlo a sopportare questo male come noi stessi lo sopportiamo. E' interessante come per Etty tutto cio' si traduca in un'azione contro il male: Etty non solo riflette sul male, ma agisce anche contro di esso aiutando i suoi confratelli. Etty poteva fuggire, poteva andarsene dal campo di Westerbork, eppure ha deciso di restare proprio per aiutare i suoi simili. Quindi aiutare Dio comporta anche aiutare gli altri uomini e donne che si trovano in situazioni di grandi difficolta'. Lei stessa si definiva "il cuore pensante del Lager", e i testimoni ce ne parlano come di una presenza luminosa in una situazione di grande drammaticita', disagio e sofferenza. Credo che tutto cio' esprima appieno la ricchezza di questa figura. * - Elena Buia: Etty scrive: "Non possono farci nulla, non possono veramente farci niente". Perche' non ha paura dei nazisti? - Francesca Brezzi: La forza di queste affermazioni di Etty - ossia il fatto di non aver paura e la convinzione profonda che i nazisti non potevano farle nulla - e' per noi quasi inspiegabile, proprio perche' sappiamo quale era il contesto che la circondava, qual era il contesto del suo tempo. Nelle prime pagine del Diario ci appare come una ragazza fragile e insicura. Ma poi, man mano che la storia universale diventa sempre piu' drammatica, acquista quella forza e quella sicurezza che le derivano dal contatto con la divinita' e dalla consapevolezza di riuscire a trovare un senso nell'insensatezza del tempo. Etty dice piu' volte: "Noi non dobbiamo accettare di essere trascinati in questo gorgo di insensatezza, ma dobbiamo ribadire la nostra forza di essere umani: anche se i singoli scompariranno bisogna trasmettere il senso della forza dell'umano". E sui nazisti fa delle affermazioni ugualmente forti: "Anche se ci fosse un solo tedesco che non accetta quest'orrore, quello solo basterebbe per darci un significato, per consentirci di riprendere la vita". 6. LIBRI. RINO GENOVESE PRESENTA "MARXISMO E NUOVA SINISTRA" DI HERBERT MARCUSE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 aprile 2007. Rino Genovese (1953) e' saggista e ricercatore presso la Scuola normale superiore di Pisa. Opere di Rino Genovese: Dell'ideologia inconsapevole, Liguori, Napoli 1980; Teoria di Lulu. L'immagine femminile e la scena intersoggettiva, Liguori, Napoli 1983; (con Carla Benedetti e Paolo Garbolino), Modi di attribuzione. Filosofia e teoria dei sistemi, Liguori, Napoli 1989; Cuba, falso diario, Bollati Boringhieri, Torino 1993; La tribu' occidentale. Per una nuova teoria critica, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Tango italiano, Bollati Boringhieri, Torino 1997; Convivenze difficili. L'Occidente tra declino e utopia, Feltrinelli, Milano 2005; (con Italo Testa), Ragione impura. Una jam session su metafisica e immaginazione, Bruno Mondadori, Milano 2006. Herbert Marcuse, filosofo, nato a Berlino nel 1898, fa parte della scuola di Francoforte; costretto all'esilio dal nazismo, si trasferisce in America; sara' uno dei punti di riferimento della contestazione studentesca e dei movimenti di liberazione degli anni '60 e '70. Muore nel 1979. Opere di Herbert Marcuse: segnaliamo almeno Ragione e rivoluzione, Il Mulino; Eros e civilta', Einaudi; Il marxismo sovietico; L'uomo a una dimensione, Einaudi; Saggio sulla liberazione, Einaudi. Opere su Herbert Marcuse: oltre le note monografie di Perlini e di Habermas, cfr. Hauke Brunkhorst, Gertrud Koch, Herbert Marcuse, Erre Emme, Roma 1989; cfr. inoltre gli studi complessivi e le monografie introduttive sulla scuola di Francoforte di Assoun (Lucarini), Bedeschi (Laterza), Jay (Einaudi), Rusconi (Il Mulino), Therborn (Laterza), Zima (Rizzoli)] Sarebbe importante ricominciare a parlare di Marcuse. E c'e' da augurarsi che la meritoria pubblicazione, giunta ora al secondo volume, dei suoi scritti e interventi inediti o poco noti, a cura di Raffaele Laudani per la Manifestolibri, preluda a una generale ripresa d'interesse per questo filosofo. Perche' Marcuse non e' stato soltanto il piu' generoso dei teorici della Scuola di Francoforte, quello che seppe sporcarsi le mani con la contestazione e i movimenti; e' stato anche un autore originale - e questo proprio in quanto scelse di sporcarsi le mani. La sua originalita' consiste nello sforzo di sbloccare la teoria critica (da lui, nonostante gli apporti di diversa provenienza, pur sempre identificata con il marxismo) grazie all'osservazione dei mutamenti intervenuti nella realta', restando fedele all'iniziale tensione utopica e riflettendo sulle condizioni che avrebbero potuto rendere l'utopia realizzabile. E' come se Marcuse avesse posto in revoca il precetto scrupolosamente rispettato da Adorno - quello del non farsi immagini della redenzione, del mondo liberato e pacificato, della societa' senza classi, o di come altro si voglia chiamare l'utopia - per produrre una quantita' d'immagini teoriche, addirittura di parole d'ordine, in sintonia con i fermenti degli anni Sessanta e Settanta. Cosi', per esempio: abolizione del lavoro e avvicinamento del lavoro al gioco (in una prospettiva che avrebbe dovuto dare nuova linfa a un marxismo ossificato); fine della "repressione addizionale" (cioe' di una repressione non strettamente necessaria alla civilizzazione, come puo' essere quella che costringe i bambini a lavarsi le mani prima dei pasti, ma aggiuntiva e tendenzialmente superflua, frutto avvelenato del capitalismo e del dominio, che sottomette le pulsioni di vita alle pulsioni distruttive e di morte); "gran rifiuto" inteso come capacita' di convertire l'aggressivita' dalla "servitu' volontaria" sadomasochistica alla critica del sistema; proposta di una nuova sensibilita' e di una nuova antropologia, ossia di quell'"uomo nuovo" messo oggi per lo piu' in relazione con incubi alla Pol Pot, ma che una trentina d'anni fa parve configurare un'alternativa sia ai totalitarismi sia alla cosiddetta societa' dei consumi. * Integrati nel sistema Questo secondo volume, intitolato Marxismo e nuova sinistra (pp. 368, euro 35, con postfazione di Sandro Mezzadra. Il primo volume aveva l'impegnativo titolo di Oltre l'uomo a una dimensione), offre la possibilita', come gia' il primo, di addentrarsi nel laboratorio teorico e politico marcusiano. La tesi di fondo del discorso di Marcuse e' fortemente eterodossa rispetto al marxismo classico: la classe operaia - soprattutto negli Stati Uniti, cioe' nel paese del capitalismo maturo e della "societa' opulenta" - non e' piu' una classe rivoluzionaria. Forse lo e' ancora potenzialmente, ma nei fatti e' ormai integrata nel sistema. Di conseguenza, negli Usa come in Europa, avanguardie della protesta sono l'opposizione studentesca e gruppi d'intellettuali, i quali tuttavia, pur avendo un importante ruolo di catalizzatori nel promuovere il mutamento radicale del sistema, non possono certo essere considerati i surrogati di un soggetto rivoluzionario che non c'e'. Cio' avviene nel momento in cui si realizzano le condizioni previste da Marx in quel famoso brano dei Grundrisse, che assegna alla scienza e alla tecnologia - quindi all'automazione applicata ai processi di produzione - un ruolo virtualmente liberatorio rispetto alla "base miserabile" data dal lavoro salariato alla valorizzazione del capitale. Ma proprio nel momento in cui, grazie alla tecnologia, il lavoratore potrebbe diventare soltanto il regolatore "giocoso" della produzione, affrancandosi dalla fatica, proprio allora vengono a mancare la coscienza rivoluzionaria e le condizioni soggettive per l'abolizione della servitu' salariata. L'utopia si allontana nel momento in cui diventa realizzabile. I movimenti di contestazione - del resto allo stesso titolo di quella che all'epoca appariva una diffusa e crescente disaffezione nei confronti del lavoro - ne tengono accesa la speranza. La proposta finale di Marcuse e' dunque quella di una lunghissima marcia attraverso le istituzioni, per riprendere lo slogan del leader studentesco tedesco Rudi Dutschke: una strategia riformista di educazione delle masse e di lenta formazione, da parte dei movimenti, di una nuova soggettivita'. Una strategia che eviti la questione del rovesciamento del sistema e della presa del potere, caratteristica del vecchio marxismo, quello che aveva nelle previsioni dell'impoverimento crescente del proletariato, o della caduta tendenziale del saggio di profitto, la sua fallace stella cometa. Perche' "la realizzazione del comune interesse alla liberazione non costituisce piu' il compito storico privilegiato di una classe particolare: e', piuttosto, il compito di gruppi e individui provenienti da tutte le fasce della popolazione dipendente". Siamo proiettati nel bel mezzo della situazione odierna. Marcuse scriveva queste parole nel 1979, che e' l'anno della sua morte. Il filosofo tedesco, dal suo osservatorio americano, non si era limitato a dialogare con i gruppi di opposizione, mettendone a fuoco semplificazioni ed errori; aveva anche indicato una via. Possiamo scoprirlo oggi leggendo questi suoi testi. E possiamo naturalmente vedere anche i punti in cui il suo discorso non ha colto nel segno. Ci si puo' domandare: l'uso di concetti a maglie molto larghe, come quelli di capitalismo e di dominio, non finisce con l'operare la riduzione di tutti i rapporti di potere a una e una forma soltanto? La nozione di repressione, usata in modo ampio, non nasconde il fatto - come ha sottolineato Foucault, proprio in polemica con Marcuse - che il potere spinge anche a vivere, che ha anche un significato "produttivo" e non solo distruttivo? E il confronto con il femminismo proposto da Marcuse non e', anche qui, troppo incentrato sulle coordinate freudiane della repressione pulsionale, la cui fine, insieme con la fine del capitalismo, aprirebbe di colpo al superamento della dicotomia tra il maschile e il femminile? D'altronde l'anno della morte di Marcuse e' anche l'anno della rivoluzione iraniana. L'uomo nuovo, quello che sembrava profilarsi anche dai movimenti di liberazione nel Terzo mondo, cede il passo all'"uomo vecchio", o per meglio dire arcaico-tradizionale, riproposto e reinventato dai vari islamismi radicali. A questo punto la teoria critica deve per forza di cose riprendere le misure, fare l'inventario, arrivando eventualmente a modificare il suo impianto concettuale. Com'e' stata possibile, nel pieno del Novecento e nel pieno di una modernizzazione che sembrava inarrestabile, una "rivoluzione" (usiamo pure le virgolette, se questo ci puo' consolare) contro la modernita' e contro la sua presunta tendenza alla secolarizzazione? Com'e' stato possibile un cosi' aggressivo ritorno delle religioni? * Il tramonto della modernita' A questo punto le strade teoriche si biforcano. C'e' chi ritiene, magari puntando ancora sul Marx dei Grundrisse, che si possa vedere tuttora operante un unico principio del dominio mondiale, quello della forma merce, entro cui prenderebbero corpo anche i nuovi fantasmi del passato arcaico-tradizionale. Si tratterebbe pur sempre dell'alternativa tra la rivoluzione e la catastrofe che, in mancanza della prima, ha dato spazio alla seconda. Naturalmente ci sono molte pezze d'appoggio per sostenere questa tesi, che appare comunque tranquillizzante rispetto alla questione dell'impianto teorico, perche' spinge ad aggiornarlo, non a modificarlo radicalmente. Un'altra posizione consiste nel partire proprio dalle analisi marcusiane per domandarsi se il marxismo, la teoria della secolarizzazione, la teoria freudiana - insomma tutti gli ingredienti della teoria critica "classica" - non abbiano ormai dato tutto quello che potevano dare. Un esempio soltanto: quello dell'antropologia. E' oggi sostenibile la prospettiva di un'antropologia filosofica di stampo universale, che veda cioe' gli esseri umani come qualcosa di naturale e insieme di sociale allo stesso modo in tutti i luoghi della terra, prescindendo dalle differenze culturali? Nel senso in cui l'antropologia culturale e' solita usare il termine "cultura", possono essere ricompresi sia i fenomeni economici sia quelli religiosi, evitando di porli su piani distinti, come avviene in Marx, che vedeva nel capitalismo il grande distruttore del passato e delle tradizioni culturali locali. Oggi la modernita' occidentale, cioe' la forma di cultura in cui e' nato e cresciuto il capitalismo, appare meno pervasiva di cio' che si poteva credere trent'anni fa. Essa ha trovato e trova ovunque punti di resistenza insospettati - anche se non esattamente quelli che erano all'ordine del giorno negli anni Sessanta e Settanta. Il problema e' che questi punti di resistenza alla modernita' tout court non esprimono un interesse alla liberazione, per dirla con Marcuse, ma hanno preso la forma di un batti e ribatti tra le tradizioni culturali, piu' o meno inventate o reinventate, e la modernita'. Percio' gli oppositori, qui in Occidente, sono indotti ad accentuare il carattere moralistico della loro protesta nella speranza, al momento in un certo senso piu' utopistica che utopica, che prima o poi dall'altra parte sorgano dei movimenti analoghi con i quali dialogare. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 91 del 16 maggio 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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