Minime. 83



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 83 dell'8 maggio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La cosa piu' urgente
2. Enrico Piovesana: Non vedo, non sento, non parlo
3. Rete Lilliput: Al fianco delle cooperative della Locride minacciate dalla
'ndrangheta
4. Il 9 maggio a Firenze
5. Nicoletta Buonapace: Perche' 50 e 50?
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Carlo Pagetti: Alice Munro. Straniamento e quotidianita' in perfetto
equilibrio
8. Letture: Tzvetan Todorov, Lo spirito dell'illuminismo
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA COSA PIU' URGENTE

Che cessi la criminale partecipazione italiana alla guerra terrorista e
stragista in Afghanistan.
Che cessi il nostro paese di essere potenza occupante impegnata in una
guerra stragista e terrorista.
Che torni l'Italia al rispetto del diritto internazionale e della legalita'
costituzionale.
Che si decida l'Italia ad impegnarsi per la pace, per salvare le vite, per
l'umanita'.

2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: NON VEDO, NON SENTO, NON PARLO
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter,net) riprendiamo il seguente
articolo del 5 maggio 2007 li' apparso col titolo "Non vedo, non sento, non
parlo. Afghanistan: la presa di distanze del governo italiano dell'offensiva
Usa a Herat".
Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la
zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' stato piu' volte in Afghanistan in
qualita' di inviato]

Gli uomini scavano fra le macerie per estrarre altri cadaveri. Le loro donne
stanno sedute nella polvere davanti a quelle che erano le loro case,
guardandoli lavorare e piangendo i loro bambini, rimasti sepolti li' sotto.
Questa e' la scena che si e' presentata agli occhi dei membri di una squadra
della missione Onu in Afghanistan (Unama) che martedi' pomeriggio ha
compiuto un sopralluogo a Parmakan, uno dei villaggi della Valle di Zerkoh,
nella provincia occidentale di Herat (zona sotto comando militare italiano),
bombardati durante l'offensiva Usa dello scorso fine settimana. Offensiva
nella quale sono rimasti uccisi 136 talebani e decine di civili: almeno 49,
tra cui 18 donne, secondo Adrian Edwards, portavoce dell'Unama, "circa 60"
per la Commissione Indipendente per i Diritti Umani in Afghanistan (Aihrc),
"piu' di cento" a detta della gente del posto intervistata dall'agenzia di
notizie delle Nazioni Unite (Irin News).
"Centinaia di abitazioni sono state distrutte, migliaia di sfollati
necessitano di assistenza umanitaria immediata", ha dichiarato alla stampa
Ghulam Nabi Hakak, direttore provinciale dell'Aihrc.
Secondo le Nazioni Unite, almeno 1.600 famiglie (circa 10.000 persone) hanno
abbandonato i villaggi della Valle di Zerkoh cercando rifugio a nord, verso
il capoluogo distrettuale di Shindand.
*
Il governo italiano ha subito condannato questa offensiva, chiarendo che i
nostri soldati non vi hanno preso parte, protestando per non essere nemmeno
stati avvertiti dai comandi Usa e denunciando la "contraddizione" tra la
missione di guerra Enduring Freedom e la missione Isaf di pacificazione e
ricostruzione.
I fatti, pero', contrastano con queste parole.
Quattro distaccamenti di forze speciali italiane combattono da mesi a fianco
delle special forces Usa impiegate nella guerra ai talebani nell'ambito di
Enduring Freedom, rispondendo agli ordini del comando Usa (che ha sempre
mantenuto l'esclusivo controllo diretto di tutti i contingenti nazionali di
forze speciali presenti in Afghanistan).
Il "Task Group" di forze speciali italiane e' attualmente composto da
quattro distaccamenti operativi provenienti da quattro corpi d'elite: Ranger
del IV Reggimento Alpini Paracadutisti Monte Cervino, incursori di Marina
Comsubin, 185simo Reggimento Acquisizione Obiettivi (Rao) della Brigata
Folgore e IX Reggimento d'Assalto Paracadutisti Col Moschin, sempre della
Folgore.
*
Quando abbiamo chiesto allo Stato Maggiore italiano quale fosse l'entita'
numerica, in termini di uomini, di questi distaccamenti impegnati in
combattimento la risposta e' stata: "Non abbiamo informazioni in merito e
anche se le avessimo non potremmo renderle pubbliche". Indiscrezioni parlano
comunque di un'ottantina di soldati in tutto, non pochi, considerato che si
parla di corpi scelti) che partecipano attivamente alle offensive di
Enduring Freedom contro la guerriglia talebana.
La prima e' stata l'operazione "Wyconda Pincer": la battaglia che lo scorso
settembre le forze speciali Usa, italiane, spagnole e afgane hanno
combattuto per riprendere il controllo del distretto di Bakwa, nella
provincia di Farah.
Anche in quell'occasione il governo italiano nego' la partecipazione delle
nostre truppe all'azione, esattamente come ha fatto con l'offensiva nel
distretto di Shindand.
Peccato che il maggiore Usa Chris Belcher, portavoce della Combined Joint
Task Force 82, abbia dichiarato alla stampa che l'offensiva e' stata
condotta assieme a forze Isaf-Nato, pur essendosi svolta sotto comando Usa,
non Nato.
*
Il secondo dato di fatto contrastante con le affermazioni dei nostri
politici e' che la "contraddizione" tra Isaf e Enduring Freedom e' stata
risolta da un anno con la fusione - prima di fatto, poi anche di diritto -
delle due missioni, divenute entrambe di guerra e passate sotto comando
unificato Usa.
La fusione di fatto tra le due missioni e' avvenuta quando, l'estate scorsa,
la missione Isaf, passando sotto comando Nato, ha cambiato le regole
d'ingaggio in senso "offensivo" e ha iniziato ad attaccare i talebani nel
sud dell'Afghanistan: le operazioni di guerra Mountain Thrust, Medusa,
Mountain Fury, Falcon Summit e ora Achille sono operazioni di Isaf, non di
Enduring Freedom.
L'unione di fatto e' diventata matrimonio il 4 febbraio scorso, quando il
generale Usa Dan K. McNeill ha assunto il comando sia delle forze Usa di
Enduring Freedom che di quelle Nato di Isaf.

3. APPELLI. RETE LILLIPUT: AL FIANCO DELLE COOPERATIVE DELLA LOCRIDE
MINACCIATE DALLA 'NDRANGHETA
[Dalla Rete Lilliput (per contatti: e-mail: ufficiostampa at retelilliput.org,
sito: www.retelilliput.org ) riceviamo e diffondiamo]

Un'ennesima minaccia intimidatoria a Gioiosa Jonica a chi costruisce
giustizia, dopo i continui attacchi e rapine subiti nell'ultimo anno. Sei
cartucce caricate a pallettoni lasciate in evidenza per bloccare l'impegno
democratico dell'associazione "Don Milani", che assieme alla cooperativa
sociale Valle del Marro, all'associazione Libera della Locride e della
Calabria stanno combattendo una vera e propria battaglia per costruire
un'economia di giustizia, per dare una speranza alle popolazioni locali,
contro la prepotenza e l'azione criminale della 'ndrangheta a Gioiosa Jonica
e nella Locride.
Rete Lilliput esprime la piu' convinta vicinanza e solidarieta' a Francesco
Rigitano, alla cooperativa sociale Valle del Marro, all'associazione Libera
della Locride e della Calabria, all'associazione "Don Milani" e a tutte le
vittime della mancanza di uno stato di diritto. E chiede con forza un
intervento deciso da parte dello Stato a tutela delle organizzazioni della
societa' civile in prima linea nella democratizzazione di intere zone del
nostro Paese.
Un lavoro che rischia di essere bloccato a causa di una situazione
insostenibile:
- dallo "scippo" di una delicata indagine, condotta da un magistrato a cui
viene negata la possibilita' di indagare sulla massoneria deviata e su un
sistema politico-mafioso di gestione delle risorse pubbliche, a due
devastanti attentati contro il centro polifunzionale "Magna Grecia" del
Comune di Ardore, gestito da una impresa di giovani che cerca di creare
opportunita' di lavoro e di aggregazione nel territorio;
- dai ripetuti attentati presso il Centro giovanile salesiano di Locri,
cuore della pastorale giovanile della diocesi, per impedire ad una ditta di
condurre importanti lavori di ristrutturazione, alla pesante lettera
minatoria recapitata nei giorni scorsi alla senatrice Maria Grazia Lagana';
- per le insistenti voci di sfratto della Comunita' di Liberazione di
Gioiosa Jonica (che costituisce il punto Lilliput di Gioiosa, tra i
fondatori del Consorzio Goel) da una struttura pubblica ottenuta con
regolare contratto di affitto e ristrutturata ripetutamente a proprie spese,
proprio mentre la ditta che sta eseguendo uno dei tanti lavori di miglioria
viene derubata;
- per un clamoroso furto in pieno centro ad un bravo commerciante di
materiale edile a Gioiosa Jonica, Francesco Attachi, impegnato nel sociale,
e ancora altri furti ed intimidazioni in tutta la zona fino all'ennesimo
pesantissimo attentato intimidatorio alla cooperativa sociale Valle del
Marro, che ha provocato sgomento e ingenti danni ad una importantissima
esperienza del nostro territorio.
*
Per dare forza e sostegno all'appello dell'associazione "Comunita' libere"
la Rete Lilliput chiede alle organizzazioni della societa' civile e ai
cittadini l'invio di e-mail ai seguenti indirizzi:
- Alla Presidenza del Consiglio, Responsabile Comunicazione istituzionale e
integrata, Lelio Alfonso, l.alfonso at governo.it
- Responsabile Comunicazione del Consiglio dei Ministri, Mariantonietta
Colimberti, m.colimberti at governo.it
- Al Ministro della Solidarieta' sociale Paolo Ferrero,
segreteriaministroferrero at solidarietasociale.gov.it
- Al Ministro degli Interni Giuliano Amato,
DipartimentoAffariInternieTerritoriali at interno.it
con il seguente testo:
"Come organizzazioni della societa' civile e come singoli cittadini
esprimiamo forte preoccupazione e massima solidarieta' alle cooperative e
alle associazioni della Locride sotto tiro della 'ndrangheta locale, in
particolare dopo l'ennesima intimidazione mafiosa a Gioiosa Jonica contro
l'associazione 'Don Milani'. Chiediamo con urgenza l'intervento dello Stato
in tutte le sue forme, dalla forza pubblica ad una presa di posizione del
Governo, per tutelare esperienze di economia di giustizia sostenute
dall'onesta', il coraggio e la liberta' della societa' civile calabrese".
Rete di Lilliput - per un'economia di giustizia
*
Per informazioni:
- Comunita' libere: Federica Roccisano (Consorzio sociale Goel), tel.
3493502643, e-mail. federica.hermes at consorziosociale.coop
- Rete Lilliput: Marco Servettini, tel. 3389757397

4. INCONTRI. IL 9 MAGGIO A FIRENZE
[Da Severino Saccardi (per contatti: s.saccardi at aliceposta.it) riceviamo e
diffondiamo.
Severino Saccardi, saggista e autorevole figura dell'impegno per la pace,
gia' collaboratore di padre Balducci ne prosegue l'impegno, e' direttore di
"Testimonianze", ed attualmente consigliere regionale della Toscana. Dal
sito del Consiglio regionale della Toscana riprendiamo la seguente scheda:
"Nato a Gaiole in Chianti (Siena) il 3 maggio 1949 e' residente a Firenze.
Laureato a Firenze in materie letterarie con una tesi di argomento storico,
insegnante, si e' avvicinato a "Testimonianze" alla fine degli anni Settanta
ed ha qualificato la sua collaborazione con interventi riguardanti le
tematiche del rapporto tra neomarxismo e questione religiosa e soprattutto
il complesso travaglio dell'Est Europeo. Ha partecipato attivamente, fin
dall'inizio, alla progettazione dei convegni di "Testimonianze". La sua
attivita' di organizzatore e pubblicista si e' dedicata a molti temi, tra
cui il dialogo tra sinistra occidentale e i movimenti indipendenti dell'Est
(a cui ha dedicato, dopo i rivolgimenti del 1989, il volume Il continente
ritrovato, Ecp, San Domenico di Fiesole, 1990) e la difesa dei diritti
umani. E' animatore alla Badia fiesolana di iniziative su democrazia e
sviluppo, islam, culture e religioni. E' direttore di "Testimonianze",
accanto a Lodovico Grassi, dal 1997 e adesso come direttore unico. E' membro
del direttivo nazionale del Cric (Coordinamento riviste italiane di cultura)
e fa parte dell'ufficio di presidenza dell'associazione "Uomo planetario"
(costituita da Cgil regionale, Arci Toscana, "Testimonianze",
Consultacultura), che ha come scopo la valorizzazione di S. Fiora, paese
natale di Ernesto Balducci, come luogo simbolo della cultura, della pace e
dei diritti. E' stato per quattro anni presidente del Cospe, organizzazione
non governativa di cooperazione allo sviluppo dei paesi emergenti". Opere di
Severino Saccardi: Il continente ritrovato, Edizioni cultura della pace, S.
Domenico di Fiesole (Firenze) 1990]

Mercoledi' 9 maggio, alle ore 20,45, in Palazzo Vecchio, nel Salone deí
Dugento, a  Firenze, sis volgera' l'incontro sul tema "Il Concilio vaticano
II, patrimonio di tutti".
Interverranno: Enrico Chiavacci, teologo morale cattolico; Fulvio Ferrario,
docente di teologia alla Facolta' Valdese di Roma; Bruno Segre, storico
dell'ebraismo, direttore della rivista "Keshet"; Adriano Valerio, presidente
delle Teologhe europee.
L'incotnro e' promosso da Arci, Pax Christi, "Testimonianze", Comunita'
evangeliche valdese e battista.

5. RIFLESSIONE. NICOLETTA BUONAPACE: PERCHE' 50 E 50
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it).
Nicoletta Buonapace, intellettuale e saggista femminista, e' impegnata
nell'esperienza della Libera Universita' delle Donne di Milano. Tra le opere
di Nicoletta Buonapace: (con Donati Donatella Donati, Ivana Platolino),
Icara, Castalia, 1984.
Per informazioni, documentazione e contatti per sostenere la campagna e la
proposta di legge promossa dall'Unione donne in Italia (Udi) per la
democrazia paritaria e duale "50 e 50 ovunque si decide" si veda il sito
www.50e50.it]

Perche' 50 e 50?
Perche' sia piu' efficace il nostro agire politico. Ma che tipo di pratica
mettere in essere? La "politica": fatta di istituzioni, strutture rigide che
sembrano impedire un impegno di "cuore", come diceva qualcuna.
Che cosa occorre allora per superare questa rigidita', portare in essa una
modificazione in grado di integrare la passione? Credo sia un forte senso di
appartenenza a un pensiero, una comunita' ideale, a muovere la passione,
l'impegno concreto, l'investimento di tempo ed energia che un progetto
politico richiede. E' importante, mi sembra, riconoscerlo, perche' e' alla
base della partecipazione politica, e mi sembra che si abbia quando si sente
che e' in gioco la nostra vita e non vogliamo siano altri a decidere che
cosa sia meglio o piu' giusto per noi.
Ma a quali forme dell'appartenenza posso affidarmi? Perche' la domanda
successiva e': cosa succede quando si va in un consiglio comunale, dentro
un'istituzione? Come posso non essere "inglobata" da un sistema che
riproduce continuamente i suoi meccanismi di esclusione delle donne dalla
vita pubblica e di tutti/e coloro che non si adeguano alla "norma",
scardinando schemi secolari?
E' solo un problema di forme giuridiche, di leggi, di diritti, che
dovrebbero ridisegnare la percezione della societa' e dare vita a nuove
forme di consapevolezza (ad esempio la modificazione costituzionale del
principio della strutturazione sociale della famiglia basata su una
sessualita' finalizzata alla riproduzione) o c'e' qualcosa di piu'?
E' vero che bisogna preparare il terreno, per far crescere la societa', la
coscienza civile, o e' necessario invece avere il coraggio di forzare una
situazione che e' specchio di una coscienza arretrata?
*
Perche' 50 e 50?
Puo' darsi sia una forzatura, ma  una forzatura necessaria, come da molti/e,
nel senso comune, e' percepita forzatura la legge che riguarda le unioni
civili, asserendo naturalmente che si', il diritto dev'essere preservato,
bisogna essere democratici, ma quello di tipo individuale, non si puo'
riconoscere legittimita' e riconoscimento sociale, simbolico, a relazioni
diverse da quelle eterosessuali.
E' ancora il senso comune a dire, soprattutto per quanto riguarda i figli/e
e l'educazione, che "la societa' non e' pronta per questo". Dunque, occorre
coraggio. Coraggio anche per trovarsi di fronte a donne con cui si potrebbe
confliggere, certo.
Ci sono esempi di donne, la' dove appunto si decide, che ci sembrano del
tutto omologate alle logiche maschili. Questo riguarda il rapporto con la
politica istituzionale che  di fatto e' una gestione della cosa pubblica,
attraverso pratiche a cui si conferisce autorita'. Dobbiamo allora essere
consapevoli riguardo alla gestione del potere, ripensarlo, non basta
chiamarlo "autorevolezza" perche' le cose cambino davvero.
Ecco allora, il 50 e 50 sarebbe forse una buona cosa per contrastare questa
omologazione; una donna non si sentirebbe forse isolata, estranea, separata
o "superiore" al proprio genere. Ne' costretta a dover "dimostrare" di
essere all'altezza.
Dentro un luogo con una dirigenza al 50 e 50 avremmo una possibilita' di
liberta' in piu', quella di scegliere di poter agire e sperimentare pratiche
politiche diverse.
L'idea di trasversalita', di creazione e messa in atto di alleanze anche
imprevedibili, in realta', e' la sola che puo' dare una svolta alla
politica. Per quanto quest'idea comporti forse dei rischi sarebbero pero' di
natura diversa da quelli conosciuti fino ad oggi. Dei rischi salutari
sicuramente per i partiti, normalmente dominati da logiche per le quali
sentiamo estraneita'.
*
Il conflitto di genere e' ancora pesantemente presente, con uno svantaggio
evidente per il genere femminile, ma ancora poco visto nei luoghi
istituzionali. Gli uomini, nella stragrande maggioranza, non si rendono
conto delle loro responsabilita' "culturali" nei confronti delle donne,
quando si parla di violenza, sessualita', cura.
Il senso comune e' di fatto prodotto dalla cultura eteropatriarcale, permea
i comportamenti sociali che si reputano normali e  rende difficile la vita a
chi lo mette in discussione. Solo una forte presenza femminile, visibile,
protratta nel tempo, puo' far divenire senso comune la condivisione delle
responsabilita' per quanto riguarda la cura, la sessualita', il significato
dei ruoli, il rispetto delle diversita', la diffusione insomma di una
cultura nonviolenta.
L'appartenenza ideale sarebbe dunque al nostro genere, a un movimento in
grado di ripensare le strutture profonde della societa'. Sarebbe
interessante che nel nostro formarci alla politica, fossimo in grado di
svelare, come alcune parlamentari del Nord Europa hanno fatto, attraverso
quali meccanismi, messaggi e pratiche, anche non verbali, gli uomini
svalorizzano la parola e il pensiero delle donne proprio nei luoghi del
potere e delle scelte.
*
Il 50 e 50 darebbe di certo una forza contrattuale in grado di ottenere
risorse per la formazione e la promozione di azioni in grado di far
circolare il pensiero e le pratiche politiche, i saperi delle donne, quello
che a me sembra il cuore del nostro impegno.
Credo che il senso comune lo si modifichi solo attraverso una specie di
"bombardamento", purtroppo, di tipo anche elementare; la pubblicita', la
cinematografia, l'arte, la scuola e quant'altro contribuisce a creare un
diverso immaginario rispetto al rapporto tra i sessi e a quello con le
diversita'.
Nell'ambiente in cui lavoro ho sperimentato, se pure in termini molto
limitati, la differenza che c'e' quando le donne, numericamente, sono in
numero paritario, o poco meno che paritario, rispetto alla presenza
maschile. Se anche non c'e' una coscienza femminista specifica, il fatto di
essere in tante pone comunque dei limiti al maschilismo che impera la' dove
gli uomini sono in maggioranza schiacciante. Diventano possibili un dialogo
e un'alleanza in grado di contrastare certi atteggiamenti che gli uomini
sottovalutano ritenendoli "normali" e che invece offendono la dignita' delle
donne.
E non c'e' niente da fare, per quanto nel Parlamento ci possano essere
uomini avveduti e piu' consapevoli rispetto ad altri, la maggioranza adotta
atteggiamenti neppure troppo nascostamente maschilisti, rimane in silenzio
riguardo alle grandi questioni sulla sessualita', la ripartizione dei ruoli
e dei tempi nella cura, l'educazione civica, continuando a trasmettere
valori oppressivi dell'individualita', un'offesa spesso inconsapevole nei
confronti delle donne, che sono attaccate, piu' facilmente dei loro colleghi
maschi, sul piano personale, legato alla rappresentazione tradizionale di
una certa femminilita'.
E qui si vede quanto e' importante la decostruzione dei generi, quanto cio'
che sembra sia piu' lontano dalla politica, la condizioni pesantemente.
*
Il 50 e 50, dal punto di vista simbolico, potrebbe spingere le donne e gli
uomini a una riflessione su che cosa significa maschile/femminile, famiglia,
potere, su quanto certe rappresentazioni tradizionali abbiano necessita'
della complicita' e del contributo delle donne per perpetuarsi; avremmo la
possibilita', come ho sentito dire in sede di discussione ad alcune, di
confliggere o trovare invece delle linee comuni sulla base delle quali
creare alleanze per delle azioni in grado di influire concretamente sulla
vita pubblica.
Alla fine, si tratta della possibilita' di ripensare la qualita' delle
nostre relazioni e delle istituzioni strappandole alle logiche familistiche
dell'inclusione/esclusione, della tutela e del controllo, di chiedersi cosa
voglia dire essere libere, vivere in comune, che cosa fa tessuto sociale, la
qualita' insomma del nostro stare nel mondo.

6. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma
nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno
delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il
codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno
compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da
qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono
dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento
Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in
banca o alla posta.
Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento
Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

7. PROFILI. CARLO PAGETTI: ALICE MUNRO. STRANIAMENTO E QUOTIDIANITA' IN
PERFETTO EQUILIBRIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 maggio 2007.
Carlo Pagetti e' docente di lingua e letteratura Inglese, assai apprezzato
per i suoi studi sulla fantascienza e sulla narrativa inglese e
anglo-americana dell'Ottocento e del Novecento. Dal sito
www.futureshock-online.info riprendiamo la seguente scheda (che andrebbe
alquanto ampliata e aggiornata): Carlo Pagetti e' professore ordinario di
lingua e letteratura inglese all'Universita' di Torino. Ha diretto e curato
numerosissime pubblicazioni dedicate alla fantascienza: dalla rivista 'La
Citta' e le stelle' (Nord) alle collane 'Documenti da nessun luogo' (Nord) e
'Le labrene' (Melis). Ha firmato su 'Millelibri' (Mondadori) la rubrica
Altri mondi e il Dossier fantascienza; suoi interventi sono apparsi anche su
'Tuttolibri' e 'L'indice'. Alla fantascienza ha dedicato studi come curatore
di antologie e atti di convegni. Ricordiamo: Sh/Sf. Da Shakespeare alla sf:
percorsi della cultura inglese, Pescara, Libreria dell'Universita' Editrice,
1985; Nel tempo del sogno. Interventi del seminario sulle forme della
narrativa fantastica: dall'immaginario vittoriano all'utopia contemporanea,
Pescara, maggio 1986, Ravenna, Longo, 1988; Cronache del futuro. Atti del
convegno su fantascienza e immaginario scientifico nel romanzo inglese
contemporaneo, Torino, maggio 1990, Bari, Adriatica, 1992. A sua cura sono
apparse le seguenti antologie: Il laboratorio dei sogni. Fantascienza
americana dell'Ottocento, Roma, Editori Riuniti, 1988; Dimore narrate, Roma,
Bulzoni, 1988; Philip K.Dick. Il sogno dei simulacri, Milano, Nord, 1988 (in
collaborazione con G. Viviani); Cittadini di un assurdo universo, Milano,
Nord, 1989; Il palazzo di cristallo. L'immaginario scientifico nell'epoca
vittoriana, Milano, Mondadori, 1991; La lotta del drago, Milano, Mondadori,
1991. Tra gli studi critici ricordiamo: Il senso del futuro, Roma, Edizioni
di Storia e Letteratura, 1970; I marziani alla corte della regina Vittoria,
Pescara, Tracce, 1986; Cronache dell'Altra Terra: Twain, De Mille e la
nascita della distopia americana, Pescara, Libreria dell'Universita'
Editrice, 1988 (in collaborazione con O. Polusci); I sogni della scienza.
Storia della science fiction, Roma, Editori Riuniti, 1993". Ha curato
inoltre l'edizione italiana di varie opere di autori sia di fantascienza,
sia classici della letteratura inglese e americana.
Alice Munro (Wingham, Ontario, 1931), scrittrice canadese, e' autrice di
assai apprezzate raccolte di racconti. Tra le opere di Alice Munro: La danza
delle ombre felici, La Tartaruga, Milano 1994; Chi ti credi di essere,
Edizioni e/o, Roma 1995; Tienimi forte, non lasciarmi andare, La Tartaruga,
Milano 1998; Segreti svelati, La Tartaruga, Milano 2000; Il sogno di mia
madre, Einaudi, Torino 2001; Nemico, amico, amante..., Einaudi, Torino 2003;
In fuga, Einaudi, Torino 2004; Il percorso dell'amore, Einaudi, Torino 2005]

Molti considerano Alice Munro la maggior autrice vivente di racconti, degna
di essere paragonata a Cechov, a Flaubert, e anche, per rimanere nella
tradizione novecentesca delle grandi scrittrici anglofone, a Katherine
Mansfield e a Elizabeth Bowen. All'interno di una cultura qual e' quella del
Canada, che fa del multiculturalismo la sua bandiera, e in cui artisti
anglo-canadesi e franco-canadesi sono in grado di raggiungere esiti
letterari assai diversi, spesso di prim'ordine, Alice Munro si presenta in
modo quasi dimesso, con l'aspetto mite e pacato di una ormai anziana
signora, nata nel 1931 e a lungo vissuta in una delle zone rurali
dell'Ontario, sul Lago Huron, a sud-ovest della grande metropoli di Toronto.
In realta', come insegnano anche i suoi racconti, non bisogna mai fidarsi
delle apparenze.
*
Nel corso degli anni (la sua prima raccolta risale al 1968) Munro ha portato
a un livello di straordinaria raffinatezza stilistica il suo discorso
narrativo, che non raggiunge mai le proporzioni di un romanzo corposo, ma si
ramifica in racconti non privi di una robusta intelaiatura e talvolta
collegati tra loro. Cosi', nella raccolta In fuga (Runaway 2004),
recentemente pubblicata da Einaudi, almeno tre racconti ruotano attorno al
personaggio di Juliet, ragazza di belle speranze in viaggio verso la costa
del Pacifico, alla ricerca di un saldo legame sentimentale, che poi
rincontriamo nei panni di una giovane donna, gia' disillusa e incapace di
ristabilire un legame profondo con i genitori ormai anziani, e poi ancora
madre di una ragazza che diventa a sua volta adulta, e preferisce evitarla
per scomparire nella vastita' del Canada, condannandola alla solitudine.
Poiche' quest'ultima storia, che e' intitolata "Silenzio", e' raccontata dal
punto di vista di Juliet, tormentata dai dubbi e dai sensi di colpa, i
lettori non sapranno mai le motivazioni autentiche che hanno spinto la
figlia ad andarsene. "Quello che mi interessa riguardo a una storia e'
sempre cio' che non e' semplice", ha commentato l'autrice in un'intervista
del 2005.
*
Tradotta in Italia solo a partire dal 1994, quando La Tartaruga diede alle
stampe La danza delle ombre felici con la postfazione di Oriana Palusci,
Alice Munro e' stata valorizzata negli ultimi anni da alcune belle edizioni
einaudiane delle sue raccolte di racconti, ma rimane una scrittrice
difficile da cogliere nella complessita' del suo linguaggio, fortemente
allusivo e a tratti ironico, certamente carico di temi universali (la
solitudine dell'esistenza e la casualita' talvolta crudele degli eventi,
l'incertezza dei legami familiari e l'incombere della malattia e della
morte), ma anche ricco di riferimenti al paesaggio e alla cultura canadesi.
Certamente nei racconti di Munro non troviamo i vasti orizzonti o le
sperimentazioni romanzesche della quasi coetanea Margaret Atwood, che spazia
dalla ricostruzione storica alla distopia avveniristica, dal tema della
condizione urbana a quello della wilderness; oppure le proiezioni verso
l'alterita' etnica e geografica di Michael Ondaatje, che puo' ambientare
tutto un romanzo (Lo spettro di Anil) nello Sri Lanka lacerato dalla guerra
civile.
E' pur vero che l'ultima raccolta, The View from Castle Rock (che la Einaudi
pubblichera' a fine anno) intende scavare nel territorio a meta' tra
finzione e storia familiare della Scozia rurale, e che proprio le radici
scozzesi del passato di Munro contribuiscono a spiegare la voluta ambiguita'
di certe situazioni narrative, in cui, ad esempio, le figure femminili che
popolano le sue vicende appaiono vittime, ma talvolta vittime consenzienti o
perfino complici, di un mondo ancora sostanzialmente patriarcale.
Non a caso, le ondate dei coloni europei, massicce fin dall'Ottocento,
portavano oltre Atlantico anche gruppi di contadini scozzesi poveri e
maltrattati nel loro paese a causa della supremazia inglese, pronti a
trasformarsi nelle avanguardie dell'Impero britannico e a scontrarsi con le
popolazioni locali per il possesso della terra, come successe nella seconda
meta' del XIX secolo nel Manitoba. Su questi eventi fondativi della nazione
canadese (la lotta tra gli scozzesi e i Metis cattolici e francofoni, nati
dall'unione degli esploratori francesi con le donne native) si e' soffermata
in diverse occasioni Margaret Laurence, un'altra grande romanziera
anglo-canadese, morta prematuramente nel 1987, ma assai poco ha da dire
Alice Munro, che di solito introduce personaggi di origine anglosassone e
situazioni collocate nel secondo dopoguerra.
Piuttosto, i suoi racconti vivono dell'atmosfera rarefatta dei piccoli
incidenti quotidiani, associati alla vita monotona della provincia, mentre i
protagonisti piu' consapevoli - soprattutto figure femminili - socchiudono
appena una porta, intravedendo nello spiraglio che si e' aperto l'orrore del
vuoto e l'angoscia delle occasioni fallite.
*
Spesso i racconti di Munro hanno inizio nel passato e rimangono in bilico
tra un tempo ancora piu' lontano e l'irregolare procedere verso un incerto
presente, che e' anche quello dell'autrice e dei suoi lettori. La
discontinuita' temporale e' forte come quella spaziale: non a caso, Munro ha
sottolineato che le sue figure femminili invecchiano assieme a lei,
ricordando alla maniera di Virginia Woolf anche alcune situazioni
autobiografiche non del tutto gradevoli: avendo cominciato a scrivere verso
i vent'anni nel periodo in cui stava per sposarsi, ha dovuto fare a lungo i
conti con obblighi familiari e sociali che intralciavano la sua creativita',
ed e' riuscita a pubblicare la prima raccolta di racconti solo a trentasette
anni.
D'altra parte, il femminismo di Munro non e' militante, essendo piuttosto
basato sulla rivendicazione di una energia intellettuale che permette alle
donne di sopravvivere in un universo ostile e insidioso. I personaggi
femminili piu' intensi della Munro hanno una capacita' di riflettere e di
meditare sulla loro sorte da cui non ricaveranno certo la felicita' o la
pace interiore, bensi' la forza di strappare dal caos della vita un
brandello di verita', di provare un momento illuminante di epifania. Forse,
piu' che a Joyce, bisognerebbe pensare ai moments of being di Virginia
Woolf, o comunque a un'ispirazione profondamente meta-narrativa, dal momento
che le figure femminili di Munro si rispecchiano nella loro creatrice, come
lei - un po' ironicamente - si riflette nella loro condizione subalterna.
La stessa Alice Munro ha insistito sul fatto che un racconto nasce dentro di
lei da un accumulo progressivo di dettagli, in modo tale che la struttura
narrativa si complica e viene resa piu' arbitraria e impalpabile. Cosi',
nella short story "In fuga", che da' il titolo alla omonima raccolta, ci
troviamo in un primo tempo di fronte a una coppia di giovani sposi, Carla e
Clark, che accudiscono ai cavalli in una malandata fattoria dell'Ontario, ed
e' subito chiaro che il legame tra i due non e' affatto paritario, poi la
vicenda si complica con l'entrata in scena di una donna piu' anziana ed
esperta, Sylvia, che e' forse attratta da Carla e vorrebbe aiutarla a
fuggire a Toronto, mentre un ulteriore elemento di disturbo, apparentemente
marginale, e' dato dalla scomparsa della capretta Flora, a cui Carla e'
affezionata. Il seguito di "In fuga" suggerisce - piu' che mostrare - il
fallimento dell'alleanza tra le due figure femminili e la minaccia di una
violenza maschile che sembra aleggiare sulla conclusione del racconto, senza
materializzarsi.
Esclusa qualsiasi tonalita' patetica o melodrammatica, il linguaggio terso e
raffinato della scrittrice canadese si fissa su figure, paesaggi, oggetti,
bagnandoli di una luce quasi spettrale (ghost e' un termine che torna spesso
in Munro), eppure nitida e, per cosi' dire, naturale.
*
A questo effetto a meta' tra lo straniamento e la quotidianita' contribuisce
il senso dello spazio canadese, fatto soprattutto di territori disabitati o
scarsamente popolati, privo di una identita' rigida e circoscritta, essendo
esso stesso modellato, nella sua estensione, per conferire identita' a chi
e' come costretto - o costretta - a spostarsi continuamente (in fuga,
appunto), senza mai potersi riconoscere in un centro solido, istituzionale,
affettivo. Anzi, un paradossale, seppure evanescente equilibrio narrativo
viene raggiunto quando il centro e il vuoto (a livello geografico, ma anche
interiore, emotivo) finiscono per identificarsi, talvolta - come succede a
Juliet, la Giulietta senza il suo Romeo, che abbiamo incontrato nella trama
di "In fuga" - nel ricordo lancinante di un percorso personale in cui i
fallimenti sono stati superiori agli attimi di felicita', senza percio'
annullare questi ultimi.
"Sento che le cose sono molto misteriose - ha detto Munro - anche in quelle
che noi chiamiamo esistenze del tutto normali, e che esse non possono essere
spiegate facilmente; tuttavia e' proprio questa qualita' della vita a essere
straordinaria".

8. LETTURE. TZVETAN TODOROV: LO SPIRITO DELL'ILLUMINISMO
Tzvetan Todorov, Lo spirito dell'illuminismo, Garzanti, Milano 2007, pp.
128, euro 11. Un libro che vivissimamente raccomandiamo, come tutti i lavori
di Todorov di storia delle idee, di analisi delle vicende umane e degli
umani saperi, e di esortazione all'impegno nitido e intransigente in difesa
della dignita' umana. Possiamo dirlo? Crediamo che Todorov sia uno dei
maestri indispensabili per la costruzione di una cultura e una prassi della
pace e della nonviolenza. Aggiungiamo en passant che un editing meno
distratto avrebbe evitato in questa edizione italiana la buffa serie di
errori di attribuzione nelle note in fondo al volume (che comunque qualunque
lettore e' in grado di agevolmente correggere da se', poiche' comunque nel
riscontro tra note e testo e' sempre facile evincere quali siano gli autori
alcune cui opere Todorov cita).

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 83 dell'8 maggio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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