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Voci e volti della nonviolenza. 59
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 59
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 1 May 2007 11:03:34 +0200
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 59 del primo maggio 2007 In questo numero: 1. Patrizia Caporossi: Il dono della liberta' femminile 2. Et coetera 1. PATRIZIA CAPOROSSI: IL DONO DELLA LIBERTA' FEMMINILE [Ringraziamo Patrizia Caporossi (per contatti: latuffatrice at virgilio.it) per averci messo a disposizione questo suo saggio apparso nel volume a cura di Giovanna Providenti, La nonviolenza delle donne, Quaderni Satyagraha - Libreria editrice fiorentina, Pisa-Firenze 2006] "L'azione su se stessi, l'azione sugli altri, consiste nel trasformare i significati" (Simone Weil, Quaderni, IV) La gestazione Le donne esistono: appassionate e consapevoli. Basterebbe ovviamente questo per farla breve. Avvertono piu' degli uomini l'urgenza e il senso naturale della vita e questo da sempre. Danno vita alla vita. Interpretano cosi' l'esistere. Le donne si leggono cosi'. Ma cio' che possono (lo) scrivono nella vita che e' anche quel significativo legame tra loro: un modo di essere levatrici effettive di se' e ognuna dell'altra. Anzi, la parola femminile e' cosi' che, di fatto, puo' sussistere in autenticita': riconosciuta e circolante, autorevole e libera. Costituente, com'e', di un visibile universo femminile di condiviso senso, che sa e puo' recuperare il gusto della vita nella liberta' di essere per reciprocita' relazionale. Tutto cio' grazie a un'esplorazione sofferta si', ma, per quel riconoscimento, acquisibile, in una sorta di ricognizione mentale, culturale e politica che oggi puo' essere realmente vista e sentita da tutti/e e non solo, magari, ridotta a un mero capitolo (spesso aggiuntivo) della storia delle donne. Si presenta, infatti, finalmente l'opportunita' di un pensiero, di un percorso che in proprio si libera, offrendosi alla lettura del mondo. Abita, infatti, in ogni donna, una possibile madre parlante il linguaggio della liberta' femminile, fuori dal simbolico dominante, ridotta com'e' qui a solo strumento complice e a trasmettitrice di natural oppressione per volonta' paterna. E', invece, portatrice del dono della mediazione sessuata capace di dare spazio, ambito, quasi aria fresca e aperta, alla liberta' femminile. In questo modo si puo' uscire, in definitiva, anche da quel circolo vizioso per cui, per esistere socialmente, bisogna collegarsi all'unico e consueto "circuito di mediazione movimenti-partiti-istituzioni" (1) tanto da dover necessariamente rompere anche "con la tradizione di emancipazione (...) [svelando], come falsa, la presunta neutralita' delle istituzioni maschili" (2). In assenza, infatti, di mediazione sociale della sua differenza, l'esperienza femminile si trascende quasi per non restare condizionata dalla sua stessa anatomia e dalle interpretazioni maschili dell'anatomia femminile, perche' registra una drammatica scissione, sempre richiesta o indotta al fine di essere, fra pensieri legati al proprio corpo sessuato (come nella cura dei figli) e pensieri in cui questo corpo non deve entrarci piu' e non contare (come nella parola in pubblico). Ora, il darsi permesso alla liberta' risulta per ogni donna, nella misura del suo responsabile senso di appartenenza sessuale, il poter partecipare politicamente alla gestazione della liberta' femminile, come valore intrinseco e di assoluto riferimento primario. Non una liberta' gratuita e concessa, quasi assunta, ma avvertita per quel principio che fa godere, in proprio, di forza e di intelligenza perche' non e' mai casuale, ne' banale ne' irrilevante, l'essere-in-se', l'essere sessuate (e sessuati). Si inaugura cosi' la possibilita' di un legame sociale di esistenza, fondato su orizzonti, pur problematici e difficili, disponibili alla ricerca di senso e di identita' per tutte e per tutti, grazie all'incontro di se' e dell'altro/a, coniugabile e riconoscibile, in primis, nel suo genere. C'e' una portata etico-politica nell'emergere dello "scarto fra reciprocita' e dissimmetria irriducibile fra l'io e l'altro che contraddistingue qualsiasi nostro rapporto" (3), che puo' insinuare la praticabilita', almeno progettuale, di una comunita' vivibile, senza scivolare nel rischio ne' del perenne e ineluttabile conflitto ne' del "perdersi nell'unita' fusionale, garantendo che l'intimita' non sia mai disgiunta dal rispetto" (4) di se' e dal riconoscimento eticamente corretto del vivere sociale. Se la dimensione politica e' l'essere relazione (5) e non una mera strumentalita' ne' la promessa vacua della materialita' dei beni, ma essenzialmente la condizione umana aperta al mondo, la liberta' personale ne diventa il dono, il segno, gratuito e generoso, per l'esistenza dell'individuo e dell'individua perche' ne da' naturalmente visibilita' e ne diventa luogo (piu') evidente della manifestazione politica dell'essere. Commentando il pensiero della politica come nascita, initium, in quanto proprio iniziativa, di Hannah Arendt, cosi' scrive Raffaella Lamberti: "Il potere e' dato dalla relazione: il consapevole essere insieme degli umani costruisce di per se' potere. D'altro canto la liberta', lontano dall'essere relativa alla volonta', al velle, e' riconoscibile proprio nell'esperienza del posse, del potere. (...) In quanto posse la liberta' e' concepibile senza contraddizione sia nel senso della potenzialita' sia nel senso della potenza dispiegata, dell'esercizio della liberta'. In questo senso e' innanzitutto liberta' politica" (6). E quando la politica e' una vera e propria "breccia di liberta' nei meccanismi ciechi del potere/impotere" (7), come scrive Luisa Muraro, potrebbe permettere e rendere la/una storia dell'inesposto anche perche', non c'e' dubbio, come puntualizza ulteriormente anche Adriana Cavarero, che "l'esistente e' l'esponibile e il narrabile: ne' l'esponibilita' ne' la narrabilita', che insieme costituiscono la sua unicita' peculiarmente umana, possono essergli tolte" (8). Nel ridare senso all'agire politico la liberta' e' proprio nelle nostre mani (9) e questo fa si' che la stessa parola, liberta', debba essere sempre al centro di una continua ricerca antropologica, mai scontata, stretta all'unicita' delle persone, oltre che dei tempi contestuali, perche' mai puo' essere data come "termine assodato" (10). E nel Novecento la presenza femminista (11) del percorso della liberta' femminile con la messa in discussione della neutralita' della persona stessa, ha sicuramente contribuito a rivisitare le strutture simboliche del potere e le modalita' istituzionali e no della politica, mostrando tutta la novita' della figura umana come "singolarita' in relazione" (12). "Per 'liberta' femminile' [si intende] precisamente la libera significazione della differenza - scrive Ida Dominijanni - ovvero la possibilita' per le donne, tutte e ciascuna, di firmare la propria esistenza nel mondo senza conformarla alla storia dell'altro sesso, alle sue regole, alle sue rappresentazioni e definizioni del femminile" (13). Cio' coglie la pretenziosita' di definire l'umano su un paradigma imposto o preposto e, forse semplicemente, posto tanto da essere esposto (in quanto modernamente esportabile) di natura universale ma basato, come in questo caso tra uomini e donne, sul diritto o meglio sul principio di uguaglianza delle donne agli uomini, che in se' non libera affatto (la) liberta' femminile, cosi' costretta a essere, tutt'al piu' e invece. E' questo tipo di avvistamento femminile che permette alle donne il ritrovamento delle proprie "radici genealogiche" (14) e la costruzione di un ordine simbolico significante, perche' non si e' definite in funzione di una misura esterna al se' e (im)postasi, soprattutto, come assoluta. Non e', quindi, la liberta' femminile, generica o formale o astratta e neanche il processo stesso di liberazione che possono reclamare implicitamente, ma ha a che fare con l'acquisizione, o meglio con la scoperta o resurrezione, di quel desiderio di liberta' come valore stesso della propria differenza. In un certo senso, e' liberta' in relazione e in azione che fa perno sulla coscienza di se' per essere e per darsi mondo, quando, nel partire-da-se', si alimenta del valore relazionale fra donne, simili ma non-uguali, nella riconosciuta disparita', rigenerate cosi' per il senso ri-assunto dell'autorevolezza materna nel sentiero tracciato dalla pratica politica (e praticata in prima persona) della mediazione sessuata. E' un'apertura mentale, un movimento concettuale, in un certo senso epistemologico, che condivide con altri approcci filosofici e culturali la critica, appunto, al concetto di oggettivita' e riposiziona il rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto. Sa o cerca di vedere nel presente un certo futuro perche' la liberta' sola si apre alla capacita' di agire e di iniziare il mondo come cosciente titolarita' e imprenditoria di se', appunto, perche', come sottolinea Maria Luisa Boccia, riferendosi ad Hannah Arendt, "l'agire politico e' condizionato dalla presenza della pluralita' [ed] e' sempre [un] inter-agire" (15). Lo spazio piu' che simbolico della rappresentazione realizza intanto la pensabilita', oltre che la realizzabilita', della liberta' femminile che non ha i tempi dialettici della liberazione, ma ha bisogno della sua trascendenza, di cui parla Carla Lonzi, proprio perche' imprevista nel suo stacco che e' un salto sulla tradizione occidentale. C'e' bisogno di ripensare l'autorita' alla luce della differenza sessuale per una secolare complicita' fra ordine sociale e ordine simbolico che ha devitalizzato l'essere in politica e cristallizzato la logica di potere. "La fine del patriarcato - scrive Ida Dominijanni - che il pensiero della differenza annuncia (...) e' figura insieme dell'avvento della liberta' femminile, della perdita di consenso e credito femminile al patriarcato e della ulteriore traduzione della crisi dell'autorita' tradizionale in una forma di dominio maschile senz'anima. La 'scelta' fra autorita' e potere dipende da questo scenario ed e' confortata dalla pratica: e' sul versante dell'autorita' che si apre lo spazio della produttivita' simbolica femminile, laddove sul versante del potere si ripete solo una dinamica mimetica della ritualita' e della competizione maschile. E' sul versante dell'autorita' che, nella pratica, si riscontra il guadagno di liberta', laddove nei santuari del potere si ripete il destino dello scacco femminile" (16). Sta essenzialmente alle donne prodursi liberta', cioe' produrre un senso indipendente dello stare-al-mondo (di una donna nello specifico, ma non solo): "sta a noi produrci le une con le altre libere (...) a partire dalla consapevolezza, acquisita grazie a molti anni di pratica politica tra donne (...) che la produzione o la non produzione di liberta' sia essenzialmente nelle nostre mani" (17). L'orizzonte di liberta' femminile e' tale a partire, quindi, dall'assunzione politica del proprio genere, contestualizzato e radicato storicamente nei problemi e nelle contraddizioni in atto tanto che implica una prassi, una prassi sociale e forme della politica atte al suo radicamento, come appunto le relazioni politiche tra donne. Solo se ci sono elementi di liberta' femminile nello stesso processo storico di emancipazione, come anche in quello di liberazione, e' possibile agire politicamente senza diniego-di-se' e senza miseria simbolica, anzi si evolve cosi' il luogo della fondazione del se' femminile, che sa compiersi, non per adeguamento in una realta' in cui l'identita' femminile non ha altri luoghi per il suo nutrimento simbolico, ma perche' fa emergere riconoscibile la forza-indipendente-di-se'. Scrive Alessandra Bocchetti: "Cosa vuol dire per le donne un 'pensiero indipendente'? Significa pensare se stesse attraverso la propria esperienza, la propria storia, non misurarsi con l'uomo e la sua ragione e la sua storia per trovare misura di se'. Se cio' che chiamiamo 'liberta' femminile' e' questo, riguarda il piano radicale della rappresentazione simbolica. La liberta' in questo senso e' necessaria come il cibo, e' un bisogno essenziale. E' a questo punto che salta agli occhi qualcosa che ci fa fare un passo avanti: tutto quello che, nella nostra vita, abbiamo fatto nel bene e nel male, nelle cose riuscite come nei fallimenti piu' disastrosi, tutto parlava del bisogno di questa liberta'. Dunque, e' sul piano della ricerca di liberta' che dobbiamo rileggere la nostra personale storia e impostare il lavoro futuro" (18). * Quale cultura politica Lo sguardo della differenza sessuale interroga e convoca continuamente a se' tutta intera la necessita' e la propulsione stessa, in primis, della sola sua autentica forza e non certo per una formale legittimazione da parte di istituzioni, da sempre, neutre o neutrali senza esserlo. Ma, soprattutto, perche' si pone come reale fonte energetica per se' e l'altro in quanto taglio analitico e propositivo di qualita' (umana). E, difatti, tramite tale energia femminile si apre o meglio puo', anche, aprirsi (al futuro e al mondo) il senso del/di un patrimonio umano culturale della cui verita' la civilta' occidentale e' portatrice e depositaria. "La significazione della differenza sessuale non puo' andare senza trasgressione, senza sovversione dell'esistente. Non puo' essere ricalcata pari pari sull'ordine simbolico ricevuto... s'intende, se c'e' lotta per la liberta' femminile e non semplicemente per l'uguaglianza con gli uomini (...) [perche'] fra noi comincia ad affermarsi una fonte femminile di autorita' sociale" (19). C'e' un nucleo generativo, in realta', nel pensiero femminile che puo' e deve indurre, in un modo peculiare, a ripensare, soprattutto, la comunita' umana, la sua dimensione sociale e, quindi, la politica stessa, perche' chiama in causa proprio la struttura ontologica ed esistenziale di quella politica della liberazione che, in fondo, per tutto il Novecento ha profuso e tentato diverse occasioni, anche storiche, oltre che sociali e politiche, di riflessione e di possibile attuazione (20). Una riconcettualizzazione stessa della categoria della politica porta sempre al necessario ritrovamento e anche esplicitazione di una forza culturale propulsiva, appunto, e rintracciabile, spesso, solo la' dove soggetti sociali consapevoli ne hanno fatto esperienza e testimonianza, vissute e condotte come un (proprio) modo di essere. Le istanze soggettive di liberazione quando vengono mosse e agite, in senso individuale e collettivo, non segnalano, infatti, solo lacune o denunciano critiche e basta, ne' valgono per colmare le mancanze sociali, ma fondamentalmente manifestano per realizzare quel desiderio di esprimersi e anche di esserci non compreso, e quasi eccedente, per la politica tradizionale. Da qui, la possibilita' di aprire un discorso altro sulla politica, capace di pluralita' e, quindi, di porre una sorta d'indisponibilita' democratica (quasi come anticorpo) alla riduzione all'univocita' (21), ma anche di attuare una certa interdipendenza biopolitica (22) ed etica, come, poi, lo stesso ripensamento sulla funzione delle forme della rappresentanza e anche sulle modalita' di espressione e di lotta. Una voce politica, insomma, che puo' tagliare la continuita' di tipologie e di prassi tipiche della modernita' occidentale e riprendere la cura della persona e della comunita' nella dimensione della vita. Anche perche' se e' vero che "noi cerchiamo una vita che sia piu' della vita" (23), che vada oltre la nostra semplice sopravvivenza, allora, il contribuire alla comunita' dei viventi conferisce alla stessa riflessione sull'essere umano l'opportunita' per una piena realizzazione di quell'umana-unita' di cui ognuno/a e' portatore/trice nello stare insieme e nel porsi in relazione vitale, continuamente e necessariamente. Anche se oggi, spesso, in un'epoca in cui niente sembra essere per la vita e della vita, dalle scelte individuali ai prodotti tecnologici sul mercato, trascesi come si e' in un mondo di artifizi immaginifici e alienabili, dove l'impegno a essere se stessi/e non e' piu' la moda corrente. La vita, invece, reclama, cosi' soffocata com'e', la resa di se' al cospetto di un'etica di valori consunti nel recupero non solo della dignita' responsabile, ma anche dell'autenticita' umana. Essere, insomma, quell'humus della misura del mondo per non sopravvivere a se stessi e basta, ma per cogliere la pienezza di se' nel discernimento e nel riconoscimento della propria capacita' vitale, generante cosi' umana-unita', grazie proprio all'apertura e alla pluralita' del venire e dello stare al mondo per il dono-che-si-e' nella reciprocita' inter-umana (24) dell'esistere (25). E' importante, allora, oggi, continuare a fondare la necessita' di una cultura politica che tenga conto (non potrebbe fare altrimenti per seguitare a chiamarsi tale) della nuova, complessa e multipla identita' dello stesso soggetto contemporaneo, dove mente e corpo stanno tentando strade nuove per un altro flusso del se', che "lasci spazio alle differenze pur creando legami politici, specialmente tra donne: quali forme di intersoggettivita' (...) [per] postulare comuni orizzonti all'interno della diversita'" (26). E, allora, scrive Ida Dominijanni: "la politica non deve fare un passo indietro ma un salto in avanti: non - sia chiaro - per imporre norme, modelli ed etiche di Stato, ma per aprirsi al mutamento antropologico e ripensare le proprie categorie e i propri strumenti (...). Ne' aspettiamo adesso [una] filosofia politica, che a sua volta rischia, in molti casi, nel passaggio pur dichiarato dal paradigma concettuale della politica moderna a quello della biopolitica postmoderna, di ripetere il suo antico vizio di astrazione logocentrica, allineandosi alle bioscienze nella riduzione della vita a cosa oggettivata o immaginando [magari] la biopolitica piu' come politica del potere sulla vita che come politica della vita e dei corpi e dei soggetti in cui la vita si incarna" (27). * Genere politico La categoria di genere e' dicibile e acquista significato valente solo alla luce della differenza sessuale perche' altrimenti rischia l'appiattimento sociologico e anche l'indicibilita' su un piano indifferenziato e di misure neutre. E' l'autosignificazione di cui parla Adriana Cavarero (28)a dare significato e significati, appunto, al genere femminile come genere politico femminile di appartenenza. Anche se solo il vincolo, come legame significante e scelto, alla dimensione politica determina quel qualcosa in piu' alla singolarita' di ciascuna donna. Nel senso che il riconoscimento di se' passa, interrelato, attraverso solo (e forse grazie) una certa comunita' femminile che si fa sentire come tale. Non come omologazione, forse in parte come mediazione, ma sicuramente come forza espressiva del se' che si trova autolegittimato nella risonanza di appartenenza al genere. "Il lavoro politico e culturale svolto dai movimenti delle donne nel corso del tempo, soprattutto negli anni Settanta e la riflessione sulla differenza sessuale che ha connotato gli anni Ottanta e quindi fondato il valore di una verita' soggettiva femminile su se stesse e sul mondo, hanno posto le condizioni necessarie all'appartenenza al genere politico femminile. E gia' il sentimento di appartenere fonda la sua responsabilita'" (29). Se c'e' uno stacco tra la consapevolezza di alcune e il resto del mondo delle donne, un sorta di intervallo spaziale e temporale, in realta' questo diventa il campo, in primis, dell'agire politico femminile, dove forte e' la scommessa dell'esercizio tra ipotesi e praticabilita', tra esistenza e pensiero. E cio' rende esplicita, tra l'altro, la sostanza della politica stessa delle donne: la vita, appunto. Tanto che anche per questo la politica delle donne e' la politica. Il nesso tra "la modificazione interiore e la parola sociale" (30) e' sempre (stato) l'oggetto della cultura politica del Movimento delle donne in quanto genere politico femminile, diffuso e consapevole. Ogni donna ha, infatti, nell'altra il principio perche' il far riferimento anche solo a un'altra donna e' come difendere la propria differenza dal senso di inesistenza perche' di fronte a quello sguardo si esiste come donne intere nella misura in cui l'altra esiste similmente. Il genere politico femminile si fonda cosi' su relazioni significative che, in quanto necessarie, sono l'oggetto e il soggetto della politica delle donne, a garanzia di percorsi volti a non perdere, ma a guadagnare il valore del sentimento politico che e' "il sentimento di un'intenzione tesa a modificare la vita a soggetto politico (...): passaggio [fondamentale] dalla comunita' alla societa' femminile" (31). Queste sono condizioni che determinano valorizzazione, riconoscimento e anche una certa responsabilita' politica che, nell'agire la disparita' stessa fra donne, fa crescere in ciascun soggetto la capacita' di genere, cioe' il riuscire a "tenere presso di se' il proprio senso" (32). Cl-amorosamente se ne fa dono in quanto frutto, riconosciuto e riconoscibile, per-vadendo di se' qualitativamente il con-vivio della umana-unita' (appunto). * Note 1. Grazia Zuffa, Tra liberta' e necessita', in "Reti", n. 1, settembre/ottobre 1987, p. 53. 2. Ibidem. 3. Domenico Jervolino, I percorsi del riconoscimento di Paul Ricoeur, in "Il Manifesto", 29 ottobre 2005, ripreso e riportato in "La nonviolenza e' in cammino", n. 1101, primo novembre 2005. 4. Ibidem. 5. Roberto Mancini, L'amore politico. Sulla via della nonviolenza con Gandhi, Capitini e Levinas, La Cittadella, Assisi 2005, p. 45: "L'essere relazione dice che ognuno, seppure in misura molto variabile, e' liberta' correlata ad altre liberta'" (ivi). 6. Raffaella Lamberti, Hannah Arendt: il pensiero della nascita, Materiali del Centro di documentazione delle donne di Bologna, n. 1, 1989, pp. 15-16. 7. Luisa Muraro, "Sulla guerra. Scritti 1933-1943" di Simone Weil, in "L'Unita'", 4 giugno 1999, dove presentando il pensiero di Simone Weil sulla guerra contesta l'interpretazione che la "Weil sarebbe passata da un pacifismo intransigente a riconoscere che la guerra puo' essere il male minore" (ivi), in quanto una semplificazione che trascura e quasi cancella la sua concezione definitoria della politica: "politica e' cio' che interrompe il meccanismo dei rapporti di forza in questo mondo come nelle nostre anime" (ivi), in quanto il male simbolico della guerra (e del potere) e' proprio nella distruzione dell'intelligenza, "che solo il senso della nostra relativita' puo' darci" (ivi), o peggio nella sua impraticabilita'. 8. Adriana Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997, p. 51. 9. Tale espressione echeggia e rievoca (volutamente) il nome di quel gruppo di donne politiche, legate al pensiero della differenza sessuale, che avevano dato vita a un vero e proprio collettivo politico, "Primo, la liberta'", attivo, in particolare, durante la cosiddetta svolta "liberaldemocratica del Pci... fra il XVIII Congresso del marzo 1988, la Bolognina (12 novembre 1989), il congresso dello scioglimento del Pci a Bologna (febbraio 1990) e quello della nascita del Pds a Rimini (febbraio '91)" (Ida Dominijanni, L'eccedenza della liberta' femminile, in AA. VV., Motivi della liberta', Franco Angeli, Milano 2001, p. 48) e che, appunto, si e' denominato, La nostra liberta' e' nelle nostre mani, "fondato da Maria Luisa Boccia, Franca Chiaromonte, Letizia Paolozzi, Gloria Buffo, Annamaria Carloni, Daniela Dioguardi, Marisa Nicchi (...) [con collegamenti con altre donne presenti nelle diverse realta' italiane, a cui personalmente ho partecipato, condividendone il dibattito e la posizione, facendomene portavoce nella citta' di Ancona]. Nei documenti del gruppo, la svolta liberal del Pci viene contestata proprio perche' inadeguata a impostare una politica credibile della liberta', in quanto: a) salta l'esame autocritico dell'insensibilita' (...) alle istanze di liberta' dei movimenti (...) dei decenni precedenti [tra cui quello femminista]; b) sorvola sul deficit di liberta' interno (...); c) [si] affida al mito del compimento della democrazia e alla religione dei diritti (...); d) non riesce a declinare nell'orizzonte della liberta' le istanze di giustizia sociale, ma rischia di divaricare liberta' e uguaglianza. Tutte critiche, come oggi e' chiaro, che si sono rivelate lungimiranti" (ivi). 10. Ida Dominijanni, Presentazione, in AA. VV., Motivi della liberta', cit., p. 9: "la parola liberta' pur cosi' profondamente costitutiva della nostra tradizione politica, non [e'] mai un termine assodato, bensi' sempre un campo semantico-politico complesso e controverso, soggetto a interpretazioni conflittuali e perfino antitetiche, da quelle piu' libertarie a quelle piu' reazionarie" (ivi). 11. "Il femminismo, non l'ideologia ma la vicenda storica iniziata verso la fine degli anni Sessanta, prima che la filosofia concerne la politica e questa precedenza non si puo' annullare" (Luisa Muraro, ne "Il manifesto", 5 maggio 2006, dove viene anticipata la traccia della lectio magistralis di Luisa Muraro del 12 maggio 2006 al Festival della filosofia di Roma) e, ancora, "Il femminismo che noi conosciamo inizia con un arresto nelle sorti umane e progressive, e cioe' con il rifiuto di andare avanti con l'emancipazione, opposto da alcune donne, poche agli inizi, che decisero di separarsi dalla societa' maschile per affermare la loro differenza, quella differenza sessuale da cui si doveva prescindere, astrarre (le formule in uso sono molte) per integrarsi nell'universale in perfetta parita' con gli uomini. Le ragioni e le parole di quel rifiuto molte di noi le hanno ritrovate in certi testi, come Le tre ghinee di Virginia Woolf (1937), Il secondo sesso di Simone de Beauvoir (1949), Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi (1970), Speculum di Luce Irigaray (1974), e formano il nucleo iniziale del pensiero della differenza sessuale" (ivi). 12. Idem, p. 11; "Allora, quando tutto entra in gioco, e' grande lo spaesamento, ma anche la sfida per l'interpretazione dell'attualita' e per il conferimento di senso alla nostra esperienza: ovvero per quel taglio nell'ordine simbolico che consente alla liberta' di essere rimessa al mondo" (ivi, p. 12). 13. Ida Dominijanni, Presentazione, in AA. VV., Motivi della liberta', cit., p. 50. 14. Idem, p. 51. 15. Maria Luisa Boccia, Miracolo della liberta', declino della politica. Rileggendo Hannah Arendt e Simone Weil, in AA. VV., Motivi di liberta', cit., p. 42; cfr. Hannah Arendt, Che cos'e' la liberta'?, in Tra passato e presente, Garzanti, Milano 1991 e Che cos'e' la politica?, Comunita', Milano 1995. 16. Ida Dominijanni, L'eccedenza della liberta' femminile, cit., pp. 80-81. 17. Che cosa vuol dire la liberta' femminile?, Atti del Convegno (Roma 10-11 giugno 1989), Ed. Centro Culturale Virginia Woolf Gruppo B, Roma 1989, p. I; s'intitolava, infatti, con la domanda, Che cosa vuol dire la liberta' femminile?, il programma 1989 del Centro Culturale Virginia Woolf - B di Roma: "l'interrogativo fu rivolto a donne, singole o gruppi, che erano testimoni e protagoniste del mutamento della societa' italiana, nella scuola, nelle universita', nei palazzi di giustizia, nei sindacati: la liberta', dunque, intesa come vita activa (H. Arendt)" (Lia Cigarini, La politica del desiderio, Pratiche, Parma 1995, p. 108). 18. Alessandra Bocchetti, Pensarsi, in Cosa vuole una donna, La Tartaruga, Milano 1995, p. 189. 19. Lia Cigarini, La politica del desiderio, cit. pp. 102-103. 20. Dalle prime esperienze di autogestione dei consigli di fabbrica nel primo Novecento europeo alla contestazione studentesca del '68, passando appunto attraverso la peculiarita' del Movimento delle donne, fino anche agli attuali nuovi movimenti globali. Interessanti, anche a questo proposito, le considerazioni di Raffaele Laudani, Politica come movimento. Il pensiero di Herbert Marcuse, Il Mulino, Bologna 2005, quando riflettendo sulle ultime analisi marcusiane, dedicate ai movimenti politici e sociali, ne sottolinea "le istanze di liberazione individuale e collettiva veicolate [poi] dai movimenti soggettivi [che] non sono il frutto di una [mera] 'mancanza' da colmare, bensi' di un'ontologica 'eccedenza' del desiderio [umano] che trascende [spesso] ogni sua positiva realizzazione" (ivi), perche' si sottraggono volutamente e continuamente agli assetti del potere istituzionalizzato, che da sempre vanno a regolare e anche, cosi', a condizionare le stesse condotte, appunto, degli individui singoli, la' dove socialmente domina e primeggia l'impianto economicistico. 21. "L'universalita' e' ospitalita', non reductio ad unum, uniformazione, distruzione della diversita'" (Roberto Mancini, L'uomo e la comunita', Edizioni Qiqajon, Comunita' di Bose, Magnano 2004, p. 169). 22. Cfr. a tale proposito anche il pensiero di Donna J. Haraway, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli, Milano 1999, in particolare il cap. 3, Biopolitica di corpi postmoderni: la costruzione del se' nel discorso sul sistema immunitario, pp. 135-171; ma, anche per la stringente attualita', legata alla procreazione medicalmente assistita (legge 40, 2004), cfr. il contributo di Ida Dominijanni, Spettri meccanici, in AA. VV., Si puo', Manifestolibri, Roma 2005, pp. 79-88 e, nello specifico, il par. Politica-Biopolitica, p. 87. 23. Roberto Mancini, L'uomo e la comunita', cit., p. 7. 24. "Obbligazione e donazione si dispiegano in una reciprocita' interumana che e' possibile e vincolante" (ivi, pp. 16-17), anche se l'autore puntualizza piu' avanti che la sua riflessione "punta piuttosto a riconoscere la possibilita' concreta e feconda dell'esistenza comunitaria situandola nell'orizzonte aperto dalla coscienza della nostra creaturalita' (...) [perche'] la semantica della creaturalita' puo' ospitare e interpretare la categoria della finitezza" (ivi, pp. 17 e 18), anche se poi il discorso procede con una peculiare curvatura nella riflessione su "Origine e comunita'", cfr. cap. I, pp. 29-106. 25. "Si e' detto che l'essere umano esiste, nel senso etimologico della parola, (ek-sistere), in quanto e' un'eccedenza rispetto all'essere delle cose o, per altro verso, rispetto al nulla; si sporge o emerge da uno sfondo" (ivi, p. 171). 26. Rosi Braidotti, La molteplicita': un'etica per la nostra epoca, oppure meglio cyborg che dea, Introduzione, in Donna J. Haraway, Manifesto Cyborg, cit., p. 24, dove la filosofa si chiede anche: "Come creare una comunita' di soggetti [cosi'] scissi, postmoderni, io direi nomadi, a partire dal rispetto delle differenze? Quale forma di socialita' e di politica possono emergere dal femminismo postmoderno?" (ivi). 27. Ida Dominijanni, Spettri meccanici, cit., p. 88. 28. Adriana Cavarero, L'elaborazione filosofica della differenza sessuale, in Maria Cristina Marcuzzo, Anna Rossi-Doria, (a cura di), La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp. 173-187. 29. Responsabilita' politica, (editoriale), in "DWF", n. 5/6, 1988, p. 7. 30. Ibidem. 31. Ibidem. 32. Idem, p. 8; cfr. anche "DWF", n. 7, Forme della politica, dicembre 1988, quando nell'editoriale si afferma: "Noi riteniamo che la storia della liberta' femminile sia andata avanti per ogni donna che abbia maturato la considerazione di se' con le proprie simili" (ivi, p. 5). 2. ET COETERA Patrizia Caporossi, intellettuale femminista, saggista, docente, vive ad Ancona, si e' laureata a Roma, dove ha vissuto dal 1970 al 1975, all'Universita' "La Sapienza", in filosofia teoretica, con una tesi su La donna in Nietzsche e Kierkegaard; dal 1986 docente di filosofia e storia al liceo scientifico di Falconara (Ancona) e dal 2006 al liceo classico di Ancona; dal 2000 docente supervisore per l'Indirizzo di scienze umane alla Ssis dell'Universita' di Macerata; dal 2003 dottorato di ricerca in filosofia e teoria delle scienze umane dell'Universita' di Macerata; dal 2001 docente a contratto per i laboratori di didattica della filosofia alla Ssis dell'Universita' di Macerata; dal 1989 socia corrispondente della Societa' italiana delle storiche; gia' dirigente provinciale dell'Unione donne italiane di Modena (1976-1978), gia' presidente provinciale dell'Istituto di Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche di Ancona (1985-1986) e gia' commissaria nella prima Commissione regionale delle pari opportunita' delle Marche (1987-1991); socia fondatrice, nel 1995, della Scuola di donne (oggi Centro studi di genere) - Seminari magistrali "Joyce Lussu" di Ancona. La sua specialita' di studio e di ricerca, fin dal 1970, e' la filosofia e la storia delle donne, negli ambiti interdisciplinari relativi ai Women's Studies, su cui tiene conferenze pubbliche, corsi e scrive articoli e saggi. Cura e conduce, inoltre, corsi di formazione per gruppi di donne (e non solo), legati anche ad ambienti politici, sindacali e istituzionali, professionali, oltre che scolastici, sulla comunicazione e sulla pratica della relazione, relativi alle esperienze e alle metodiche maturate nell'ambito del movimento delle donne. Tra le pubblicazioni piu' significative: Le regole ovvero la legislazione per le donne vista dalle donne, Edizioni delle Autonomie, Ancona 1984; Le donne nell'anconetano e le loro organizzazioni nel secondo dopoguerra (1943-1959), Il Lavoro Editoriale, Ancona 1985; La soggettivita' condivisa in percorso e l'autobiografia, Clueb, Bologna 1992; Biografia e autobiografia nella storia delle donne, Istituto Gramsci delle Marche, Ancona 1992; Il tramite. Un percorso di liberta' femminile, LibroLibero, Milano 1992; Gramsci e l'Italia. Un percorso di lettura, Teti, Milano 1995; Identita' di genere nel processo di formazione, Provveditorato agli studi, Ancona 1996; Tina Modotti, intellettuale organica, Citta' Futura, Ancona 1998; Seminare per fare politica al femminile, Coop Com, Ancona 2000; Donne e scienza: il pensiero occidentale e l'episteme, Cnm, Ancona 2000; Joyce Lussu: le donne e la passione politica, Qcr, Firenze 2002; Elogio della follia, Ippocampo, Falconara 2003; Joyce Lussu e la storia, Cuec, Cagliari 2003; Hannah Arendt. Il soggetto e l'agire politico ovvero la dimensione politica del soggetto, www.salaprof.it, 2004; Il giardino filosofico. Verso il luogo della presenza/assenza dell'identita' di genere, Unitre, Falconara 2005; Corpi e figure femminili tra visibile e invisibile: le ragioni di una storia, Continente Donna, Falconara 2005; Il dono della liberta' femminile, in AA. VV., La nonviolenza delle donne, (a cura di Giovanna Providenti), Quaderni Satyagraha, Libreria Editrice Fiorentina, Pisa-Firenze 2006 [e' il testo riprodotto sopra]. E' in via di pubblicazione una vasta ricerca filosofica dal titolo: "Il corpo di Diotima. La passione filosofica femminile e la liberta' femminile". ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 59 del primo maggio 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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