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La domenica della nonviolenza. 102
- Subject: La domenica della nonviolenza. 102
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 11 Mar 2007 18:30:44 +0100
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 102 dell'11 marzo 2007 In questo numero: 1. Jean-Pierre Vernant, un resistente 2. Maurizio Bettini ricorda Jean-Pierre Vernant 3. Eva Cantarella ricorda Jean-Pierre Vernant 4. Marco Pacioni ricorda Jean-Pierre Vernant 5. Massimo Stella ricorda Jean-Pierre Verrnant 6. Gian Maria Vian ricorda Jean-Pierre Vernant 7. Jean-Pierre Vernant: Una conferenza a Brno (1998) 1. MEMORIA. JEAN-PIERRE VERNANT, UN RESISTENTE [Jean-Pierre Vernant (1914-2007), illustre antichista, resistente antifascista, maestro di cultura, d'impegno civile, di rigore morale e intellettuale. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riportiamo la seguente scheda biografica risalente a una decina di anni fa: "Jean-Pierre Vernant e' nato il 4 gennaio l914 a Provins. Ha fatto gli studi secondari ai licei Carnot e Louis-le-Grand di Parigi e gli studi superiori alla Sorbona, conseguendo l'agregation nel l937. Richiamato sotto le armi allo scoppio della seconda guerra mondiale e smobilitato nel luglio l940, al rientro comincia a insegnare filosofia al liceo di Toulouse. Entra nella Resistenza e avra' un ruolo di primo piano nel movimento di liberazione, come capo delle Forces Francaises de l'Interieur de Toulouse et Haute Garonne, poi delle Ffi du Sud-Ouest, sotto lo pseudonimo di 'colonnello Berthier'. Nel dopoguerra aderisce al Pcf, collaborando ad 'Action' con una rubrica di politica estera, e insegna, fino al l948, al liceo Jacques Decour di Parigi. Ricercatore al Cnrs dal l948 al l957, continua il suo impegno politico prima contro la guerra d'Indocina, poi contro la guerra d'Algeria. Dal l957 al l975 e' direttore di studi all'Ecole Pratique des Hautes Etudes, VI e V sezione. Nel l964 fonda e dirige fino al l985 il Centre de Recherches Comparees sur les Societes Anciennes (Centre Louis Gernet). Dal l975 al l984 ha ricoperto la cattedra di Studio comparato delle religioni antiche al College de France, di cui e' stato poi professore emerito. E' membro di diverse accademie, tra cui l'Academie royale de Belgique, l'American Academy of Arts and Sciences, l'Academia Europaea e commendatore della Legion d'Onore. Opere: Les origines de la pensee grecque, Puf, Paris l962; Mythe et pensee chez les Grecs, Maspero, Paris l965; (con Pierre Vidal-Naquet), Mythe et tragedie en Grece ancienne, Maspero, Paris l972; Mythe et societe' en Grece ancienne, Maspero, Paris l974; (con Marcel Detienne), Les ruses de l'intelligence. La metis des Grecs, Flammarion, Paris l974; (con Marcel Detienne), La cuisine du sacrifice en pays grec, Gallimard, Paris l979; (con Pierre Vidal-Naquet), Mythe et tragedie deux, Maspero, Paris l986; con (con Pierre Vidal-Naquet), Travail et esclavage en Grece ancienne, Complexe, Bruxelles l988; (con Pierre Vidal-Naquet), Oedipe et ses mythes, Complexe, Bruxelles l988; con (con Pierre Vidal-Naquet), La Grece ancienne l. Du mythe a' la raison, Seuil, Paris l990; con (con Pierre Vidal-Naquet), La Grece ancienne 2. L'espace et le temps, Seuil, Paris l992; (con Pierre Vidal-Naquet), La Grece ancienne 3. Rites de passage et transgressions, Seuil, Paris l992; (con Aldo Schiavone), Ai confini della storia, Einaudi, Torino, l993; Entre mythe et politique, Seuil, Paris l996. J.-P. Vernant ha inoltre diretto, con Charles Malamoud, Corps des dieux, Gallimard, Paris l986; L'homme grec, Seuil, Paris l993; e, con S. Georgoudi, Mythes grecs au figure'. De l'antiquite' au baroque, Gallimard, Paris l996. Pensiero: Jean-Pierre Vernant, continuando, nel campo della psicologia storica e dell'antropologia, le ricerche aperte da Ignace Meyerson e da Louis Gernet, mostra che il pensiero greco e' inseparabile dal quadro storico-sociale che l'ha visto nascere: la citta'-stato, caratterizzata dalla libera discussione e dalla gestione assembleare del potere. Vernant, applicando questa griglia di lettura in particolare allo studio della religione greca, per un verso ne mostra la specificita', per un altro ne ripropone, attraverso una nuova analisi dei miti (come quelli di Prometeo o di Ermes e di Estia), aspetti apparentemente marginali ma inquietanti - e strutturalmente significativi -, che ridisegnano i contorni di una civilta' troppo spesso presentata come 'miracolosamente' perfetta". Opere di Jean-Pierre Vernant disponibili in italiano: Mito e pensiero presso i greci. Studi di psicologia storica, Einaudi, Torino 1970, 1978, 2000; (con Pierre Vidal-Naquet), Mito e tragedia nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale estetico e psicologico, Einaudi, Torino 1976; Le origini del pensiero greco, Editori Riuniti, Roma 1976, 1997; (con Marcel Detienne), Le astuzie dell'intelligenza nell'antica Grecia, Laterza, Roma-Bari 1978, poi anche Mondadori, Milano 1992; Mito e societa' nell'antica Grecia. Religione greca, religioni antiche, Einaudi, Torino 1981, 2007; Nascita di immagini e altri scritti su religione, storia, ragione, Il Saggiatore, Milano 1982; (con Marcel Detienne), La cucina del sacrificio in terra greca, Bollati Boringhieri, Torino 1982; La morte negli occhi. Figure dell'altro nell'antica Grecia, Il Mulino, Bologna 1987; (con Pierre Vidal-Naquet), Mito e tragedia, due. Da Edipo a Dioniso, Einaudi, Torino 1991; (con Aldo Schiavone), Ai confini della storia, Einaudi, Torino 1993; Passe' et present, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1995; Edipo senza complesso. I problematici rapporti tra mitologia e psicanalisi, Mimesis, Milano 1996; Tra mito e politica, Raffaello Cortina Editore, Milano 1998; (con Francoise Frontisi Ducroux), Ulisse e lo specchio. Il femminile e la rappresentazione di se' nella Grecia antica, Donzelli, Roma 1998; (con Luciano Canfora, Francesco De Martino), Venticinque secoli dopo l'invenzione della democrazia, Fondazione Paestum, 1998; L' universo, gli dei, gli uomini. Il racconto del mito, Einaudi, Torino 2000; L'individuo, la morte, l'amore, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Figure, idoli, maschere, Il Saggiatore, Milano 2001; Mito e religione in Grecia antica, Donzelli, Roma 2003; Senza frontiere. Memoria, mito e politica, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005; C'era una volta Ulisse. E anche Perseo, Polifemo, Circe e Medusa, Einaudi, Torino 2006] La scomparsa di Jean-Pierre Vernant, resistente antifascista, maestro di antichistica, persona buona, e' un dolore profondo. Scompare con lui una figura di militante e di studioso da cui molto abbiamo imparato. A due mesi dal decesso vogliamo qui ricordarlo come compagno di lotte e di ricerca, eroe della comprensione e della solidarieta' che l'umanita' intera raggiunge, custode e maieuta dell'umana dignita' che in ogni singola persona s'incarna. 2. MEMORIA. MAURIZIO BETTINI RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT [Dal quotidiano "La repubblica" dell'11 gennaio 2007. Maurizio Bettini, docente e saggista, insegna filologia classica all'Universita' di Siena; dal 1992 tiene regolarmente seminari presso il Dipartimento di studi classici della University of California, a Berkeley. Tra le opere di Maurizio Bettini: Studi e note su Ennio, Pisa, Giardini 1979; Plauto. Mostellaria e Persa, traduzione e note a cura di M. Bettini, Milano, Mondadori 1981; Antropologia e cultura romana, Roma, La nuova Italia Scientifica 1986 (Anthropology and Roman Culture, trans. J. Van Sickle, Baltimore, Johns Hopkins University Press 1991); Verso un'antropologia dell'intreccio, Urbino, QuattroVenti 1991; (a cura di), La maschera, il doppio e il ritratto, Bari, Laterza 1991; Il ritratto dell'amante, Torino, Einaudi 1992 (The Portrait of the Lover, trans. L. Gibbs, Berkeley-Los Angeles, University of California Press 1999); Familie und Verwandschaft in Rom, Muenchen, Campus Verlag 1992; (a cura di), Lo straniero, ovvero l'identita' culturale a confronto, Bari, Laterza 1992; (a cura di), Maschile/femminile. Genere e ruoli nella cultura antica, Bari, Laterza 1993; I classici nell'eta' dell'indiscrezione, Torino, Einaudi 1994 (Classical Indiscretions, transl. by J. McManamon, edit. by R. Langlands, London Duckworth 2001); (a cura di), Letteratura latina: Storia letteraria e antropologia romana, 3 volumi, Firenze, La nuova Italia 1995; (a cura di), I signori della memoria e dell'oblio, Firenze, La nuova Italia 1996; Nascere. Storie di donne, donnole, madri ed eroi, Torino Einaudi 1998; (a cura di), La grammatica latina, 3 volumi, Firenze La Nuova Italia 1998; Il Vangelo di Marco, traduzione di M. Bettini, in I Vangeli, Stamperia Valdonega, Verona 2000; Le orecchie di Hermes. Studi di antropologia e letterature classiche, Torino, Einaudi 2000; (con Omar Calabrese), BizzarraMente, Milano, Feltrinelli 2002; (con Carlo Brillante), Il mito di Elena, Torino, Einaudi 2002; Francesco Petrarca sulle arti figurative. Tra Plinio e S. Agostino, Livorno, Sillabe 2002; (con Ezio Pellizer), Il mito di Narciso, Torino, Einaudi 2003; (con Giulio Guidorizzi), Il mito di Edipo, Torino, Einaudi 2004] Sali' sulla pedana dove stava la cattedra, tiro' a se' la sedia, ma non si sedette. Il pubblico senese - numerosissimo: come si poteva mancare a una conferenza del grande Jean-Pierre Vernant? - lo guardava con ammirazione, ma anche con un po' di sconcerto. Perche' restava in piedi? Indugio' ancora qualche secondo, poi scosse la testa e finalmente si sedette. Vernant parlava malvolentieri da seduto. Forse fu per questo che, prima di iniziare la sua conferenza, volle almeno togliersi la giacca; ma non avendo dove appoggiarla, la lascio' scivolare tranquillamente a terra, davanti a tutti. Poi comincio' a parlare, a braccio, come sempre faceva. A mia conoscenza, Vernant e' stato l'unico ellenista che, quando parlava, pareva veramente ispirato da una musa, come l'aedo omerico. Salvo che poteva lasciar scivolare la giacca per terra con una semplicita' inaudita. Beniamino Placido, che assisteva alla conferenza, il giorno dopo scrisse che quel gesto gli aveva ricordato un film con Jean Gabin. * Vernant se n'e' andato all'eta' di novantadue anni, ma avremmo voluto averlo con noi ancora a lungo. Nel mondo degli studi classici Jipe', come lo chiamavano i suoi amici, costituiva una presenza fondamentale, il vuoto che lascia non potra' essere colmato da nessuno. L'oratore dalla meravigliosa semplicita', l'aedo omerico che sapeva raccontare il mito greco anche ai suoi nipoti e bisnipoti (come ha fatto in due libri pubblicati in Italia da Einaudi), il saggista elegante, dallo stile trasparente come il cristallo, al mondo greco in realta' non c'era arrivato lungo la via della letteratura. La sua "agregation" l'aveva infatti ottenuta in filosofia, nel lontano 1937, e i suoi primi studi furono dedicati a Diderot. Nel 1940 c'era stato poi l'incontro con Ignace Meyerson, che lo aveva coinvolto nel suo appassionante progetto di psicologia storica, e nel 1948 quello, altrettanto fondamentale, con Louis Gernet, grande studioso di diritto greco e fondatore dell'antropologia storica. Ma qualsiasi autobiografia intellettuale di Vernant, anche la piu' sintetica, non puo' ignorare l'altra grande componente, o per meglio dire passione, della sua vita: la politica. Iscritto al Pcf dal 1932 al 1970, il giovane Vernant aveva svolto un ruolo rilevante nella Resistenza antinazista a Toulouse, e la politica ha continuato ad appassionarlo lungo l'intera esistenza. Ci si accorge cosi' che lo studioso il quale, a partire dagli anni Sessanta, ha in qualche modo rivoluzionato il mondo degli studi classici, e di quelli greci in particolare, era in realta' un filosofo che aveva attraversato le scienze sociali, e un "resistente" innamorato della politica. Alla Grecia Vernant ci era arrivato per una scelta piu' che matura, ecco perche', probabilmente, e' stato capace di cambiarne l'immagine. Il fatto e' che Jipe' ha trascorso la sua vita ad "attraversare le frontiere", come suona il titolo del suo ultimo libro. Ha insegnato a farlo anche a molti di noi e, ci auguriamo, anche a tanti giovani che debbono ancora affacciarsi all'orizzonte degli studi classici. * Guardo la pila dei suoi libri, ammucchiati sulla scrivania. Li ho messi li' per aiutare la memoria, certo, ma anche per un ultimo omaggio a un uomo che abbiamo molto amato. Non e' stato forse lui ad insegnarci che, per i greci, l'impalpabile psyche' -l'anima del defunto che continua ad aleggiare nell'Ade - corrisponde a cio' che essi chiamavano kolossos, la rigida stele di pietra che garantisce il passaggio fra i due mondi, quello di sopra e quello di sotto? Di lui ci resta un kolossos di libri, uno piu' bello dell'altro. Mito e pensiero presso i greci, Le origini del pensiero greco... Da studenti li leggevamo quasi di nascosto, nelle Universita' di allora Vernant era considerato abbastanza eretico, e soprattutto poco attendibile. Non e' un grecista! si sussurrava, e a volte questo veniva perfino gridato ad alta voce. Un po' come Noam Chomsky che non sapeva, dicevano alcuni, se non l'inglese, e per questo non poteva essere un buon linguista. Ma noi i libri di Vernant li leggevamo lo stesso. A volte penso che i giovani abbiano un dio (naturalmente greco) che li aiuta a scegliere i libri giusti, e che questo dio non possa che essere Eros, pungente dio della passione e dell'amore: quello a cui Vernant ha dedicato uno dei suoi saggi piu' belli. Guardo ancora il kolossos dei suoi libri. La morte negli occhi, Mito e tragedia... Altri li ha scritti assieme a compagni di strada come Marcel Detienne e Pierre Vidal-Naquet, ad allievi diventati nel tempo amici e collaboratori, come Francoise Frontisi. A questo punto, quando i libri ricominciano a farsi persone, ad assumere volti e voci, qualsiasi classicista non puo' fare a meno di pensare ad un luogo, quello in cui molti si sono recati, nel corso del tempo, come per un pellegrinaggio o un rito di passaggio. Erano poche stanze in Rue Monsieur Le Prince, a Parigi, dove Vernant aveva fondato il 'Centre des recherches comparees sur le societes anciennes". Un istituto diventato rapidamente celebre, un punto di riferimento. A chi si meravigliava della sproporzione fra la semplicita' dei locali, e la fama raggiunta dal "Centre", veniva risposto che, al piano di sopra, abitava nientemeno che il grande Greimas. Dopo di che non restava che allargare le braccia, rassegnati. La vera grandezza si raggiunge nei luoghi semplici, oltre che nei gesti semplici: come una giacca scivolata a terra. 3. MEMORIA. EVA CANTARELLA RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT [Dal "Corriere della Sera" dell'11 gennaio 2007. Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco; ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche. Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita' didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979; L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta' antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco, Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale, Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998; (con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura, societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999; Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi, Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003; (con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola, 2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria dell'uomo, Einaudi Scuola] E' impossibile, in poche righe, dire quel che si vorrebbe di Jean-Pierre Vernant, nell'apprendere la sua scomparsa a Parigi. Impossibile rendere almeno in parte giustizia alla grandezza di un uomo che non e' stato solo uno dei piu' grandi intellettuali del nostro tempo. Bastava sentirlo parlare una sola volta per capire che non si trattava solo di uno dei grecisti piu' originali del secolo ventesimo, ma anche una persona straordinaria per gentilezza, modestia e un perdurante, appassionato interesse alla vita. Negli anni tra il '43 e il '45, l'impegno politico lo aveva portato (giovane militante comunista, poi fortemente critico nei confronti del Pcf) a militare nella Resistenza francese. E a chi gli domandava come potesse conciliare ricerca e politica raccontava di quando, nel corso di un dibattito, un giovane gli aveva chiesto se esistesse un nesso tra la sua lettura di Omero e la sua attivita' nella Resistenza. In un primo momento la domanda lo aveva scandalizzato: poi si era reso conto dei legami che avevano tessuto una sorta di rete invisibile di corrispondenze tra il suo passato e la sua interpretazione dei poemi omerici. L'esperienza di combattente aveva orientato la sua ricerca "erudita", facendogli privilegiare determinati aspetti della poesia epica: l'ideale eroico, la vita breve dell'eroe, la sua "bella morte", l'oltraggio al cadavere, la gloria imperitura, vero onore al di la' della morte, la memoria del canto poetico. * La politica e la Grecia, dunque. Una Grecia diversa, nuova, che Vernant ci ha aiutato a scoprire nel 1965, anno di pubblicazione di Mito e pensiero presso i Greci. Un libro fondamentale, per chi era, allora, un giovane studioso. Riprendendo la parola d'ordine lanciata pochi anni prima da Zebedei Barbu, Vernant invitava a tornare ai greci. Non i greci "del miracolo" beninteso. Bisogna cercare, diceva Vernant, quell'uomo greco antico che non puo' essere separato dal quadro sociale e intellettuale di cui e' al tempo stesso creatore e prodotto. Bisogna scrivere una storia dell'uomo interiore solidale a quella delle civilta'. L'invito a tornare ai greci venne accolto con entusiasmo dagli antichisti che sentivano la necessita' di un approccio nuovo, che ridesse un senso agli studi classici. I greci che Vernant invitava a riscoprire erano al tempo stesso prossimi e "altri". Su versanti diversi, l'"alterita'" dei greci divenne oggetto di ricerche fondamentali. I greci non erano piu' gli stessi, si era aperta la via allo studio delle condotte eterodosse che le sette raccomandavano per contestare la regola civica, venivano alla ribalta gli esclusi dalla citta', i marginali, gli schiavi, le donne. * Ogni libro di Vernant offriva un nuovo spunto, ed erano tanti, da Mito e tragedia nell'antica Grecia a Le origini del pensiero greco, da Le astuzie dell'intelligenza nell'antica Grecia a Nascita di immagini. E ancora: La morte negli occhi, Mito e tragedia due, Senza Frontiere. Memoria mito e politica. Direttore alla "Ecole des hautes etudes" dal 1958, fondatore del Centre Gernet, dal 1975 al 1984 al College de France, quindi all'Academie Francaise, Vernant ha ricevuto innumerevoli premi e riconoscimenti. A dargli la sopravvivenza (quella che gli eroi omerici cercavano con la "bella morte") saranno le sue opere, che hanno dato ai classici un nuovo futuro. 4. MEMORIA. MARCO PACIONI RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 gennaio 2007. Marco Pacioni, saggista, svolge attivita' di ricerca presso l'Universita' "La Sapienza" di Roma. Opere di Marco Pacioni: (con Marco Santoro, Michele Carlo Marino), Dante, Petrarca, Boccaccio e il paratesto. Le edizioni rinascimentali delle "tre corone", Edizioni dell'Ateneo, Roma 2006] Scomparso ieri a Sevres, all'eta' di novantatre anni, Jean-Pierre Vernant era uno dei piu' grandi studiosi del mondo greco antico, che sapeva animare di imprevedibili contrasti interpretandolo attraverso concetti capaci di contraddire la vulgata relativa alla perfezione idealizzante, quella delle raffigurazioni artistiche compassate e monocrome del neoclassicismo. Il punto di vista della comparazione rendeva sfaccettato il suo campo d'indagine: quelli che venivano presi in considerazione non erano piu' soltanto i grandi distillati concettuali della cultura greca, secondo un'ottica tipicamente classicistica, ma i singoli elementi che portarono alla loro nascita. Il metodo di Vernant non procedeva tanto a una storia delle idee assunte come se esse fossero "naturalmente" infuse dentro quella grande astrazione che chiamiamo "civilta' greca", e che sviluppandosi secondo una supposta linea di continuita' avrebbero raggiunto noi contemporanei. Piuttosto, cercava di restituire il contesto che aveva dato origine a quelle idee e, attraverso di esso, provava a misurare l'inevitabile distanza dell'"uomo greco" rispetto a noi, suoi supposti eredi. Un progetto ambizioso che mirava, come disse lo stesso Vernant, non a costruire una storia evenemenziale, bensi' una "storia interiore dell'uomo greco". Sin dall'inizio degli anni Sessanta definiva il suo progetto con queste parole: "Che si tratti di fatti religiosi (miti, rituali, rappresentazioni figurali), di scienza, di arte, di istituzioni sociali, di fatti tecnici ed economici, noi li consideriamo sempre quali opere create dall'uomo, espressione di un'attivita' mentale organizzata. Attraverso queste opere noi cerchiamo che cosa e' stato l'uomo greco in se', quest'uomo greco inseparabile dal quadro sociale e culturale di cui egli e' insieme l'artefice e il prodotto". * Negli anni successivi, Vernant continuo' a sottoscrivere le linee della sua ricerca pur informandole di una maggior moderazione, senza tuttavia arrivare mai a contraddire le sue piu' remote convinzioni. Vennero eliminati dai suoi studi i residui piu' scopertamente classicistici che caratterizzavano la sua impostazione iniziale. Del resto, essi suonavano all'apparenza simili a quelli contenuti nel progetto di studio, divergente quanto all'impostazione, dello studioso tedesco Max Pohlenz, di cui nel 1962 era stato pubblicato L'uomo greco (traduzione italiana, 1986, La Nuova Italia) e nel quale cosi' esordiva: "Al di la' di tutte le differenze c'e' un unico uomo greco ed e' lui che noi vogliamo cogliere nella sua vera essenza: compito, questo, che non ha un significato esclusivamente storico. Infatti, solo qualora riusciamo a comprendere realmente l'uomo greco, potremo rispondere alla domanda se la grecita' ha ancora un valore attuale per i popoli civili della nostra epoca"; e concludeva: "Gli Elleni sono il popolo che nel periodo del suo massimo splendore, proprio attraverso lo sviluppo della sua natura, ha portato le piu' nobili energie del genere umano a dispiegarsi cosi' armoniosamente come, nella storia, non avvenne mai piu'. Per questo ancora oggi gli Elleni possono indicarci una via e valere come un modello di vita". A parziale rettifica di quanto aveva affermato all'inizio degli anni Sessanta, nel volume collettivo da lui curato e che porta lo stesso titolo del libro di Pohlenz, L'uomo greco (Laterza, 1991) Vernant scriveva: "Tralascio i risultati - certamente parziali e provvisori, come sempre per qualsiasi studio storico - della ricerca da me condotta in merito ai mutamenti che nell'uomo greco, tra l'VIII e il IV secolo a. C. hanno investito l'intero quadro delle attivita' e delle funzioni psicologiche: rappresentazioni dello spazio, forme della temporalita', memoria, immaginazione, volonta', persona, pratiche simboliche e utilizzazione dei segni, modi di ragionamento, strumenti intellettuali. Vorrei collocare invece il profilo di cui tento di definire i lineamenti sotto il segno non dell'uomo greco, ma dell'uomo greco in noi. Non il greco qual e' stato in se', impresa impossibile perche' l'idea stessa e' priva di significato, ma il greco quale a noi oggi appare al termine di un percorso che, in mancanza di un dialogo diretto, procede secondo un incessante andare e venire, da noi a lui, da lui a noi, coniugando assieme analisi obiettiva e volonta' di simpatia; giocando sulla distanza e sulla vicinanza; allontanandoci per farci piu' vicini senza il rischio della confusione e accostandoci per meglio cogliere le distanze e insieme le affinita'". In queste parole, che vogliono anche segnare il bilancio di un'attivita' di studio e di metodo, si percepisce l'intensificarsi della problematicita', nel passare degli anni, con la quale l'umanesimo di Vernant si metteva in relazione al mondo antico. E si legge, tra quelle righe, anche la conferma dell'orientamento comparativo e la volonta' di ritrovare la vicinanza di noi moderni con la cultura greca soltanto dopo aver tenuto presenti tutte le diversita' che nessun salto ideologico ha il diritto di colmare idealmente. Un orientamento, questo, che suona piu' che mai importante ricordare in questo momento storico nel quale i processi di appropriazione, ad uso politico, dei fattori identitari di civilta' diverse dalla nostra prescindono completamente dal rilievo delle loro specificita'. Una parte della cultura che propaganda la difesa dell'occidente sembra infatti assumere da un lato la custodia della civilta' greca antica e la riattualizzazione forzata di alcuni suoi portati che si pretenderebbero senza cesure; e d'altro canto non risparmia alcun facile sincretismo a fronte di diversita' troppo pronunciate per essere trascurate, per esempio per quel che riguarda il rapporto con il cristianesimo. * Per parte sua, proprio a proposito della cesura del nostro mondo occidentale con le sue origini, Vernant era intervenuto, osservando quanto fosse illegittima una tendenza alla attualizzazione della cultura greca. E cosi' scriveva: "Nella nostra epoca l'uomo espresso dalla tragedia greca ha piu' che mai rilievo: voglio dire l'uomo enigmatico, l'uomo preso in un flusso che lo supera, l'uomo che calcola, decide e giudica, che esita tra due vie, posto nei bivi dell'azione, che sceglie consapevolmente - e che poi alla fine si accorge di aver scelto in realta' il contrario di quel che lui credeva fosse il bene. Questo sentimento 'tragico' e' oggi piu' forte perche' molte cose che sembravano certe sono oggi in crisi... Ci si e' infatti accorti che lo sforzo per programmare il futuro, lo sforzo per inscrivere in anticipo nella storia i fini ultimi dell'uomo, e' qualcosa di incredibilmente incerto. In questo caso l'uomo - proprio come gli eroi tragici antichi - volendo costruire un mondo veramente ideale puu' fare il contrario di quel che credeva di fare". 5. MEMORIA. MASSIMO STELLA RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 gennaio 2007. Massimo Stella, studioso del teatro greco, svolge attivita' di ricerca e didattica in ambito universitario] Sono dello stesso Jean-Pierre Vernant le parole che meglio chiariscono il senso del tanto lavoro critico e scientifico da lui svolto in piu' di mezzo secolo d'attivita'. Citando polemicamente - nella prefazione all'edizione francese dell'Antropologia della Grecia antica di Louis Gernet - il Foucault delle Parole e le cose, allora uscito da solo un anno, cosi' scriveva: "Nel momento in cui si e' arrivati a intravedere la scomparsa dell'uomo come oggetto di scienza e si e' scritto che 'ai nostri giorni non possiamo pensare che dentro il vuoto dell'uomo scomparso', la ricerca di Gernet assume ai nostri occhi valore esemplare". L'annuncio provocatorio di Foucault circa la "scomparsa dell'uomo" aveva evidentemente turbato e irritato la coscienza di un intellettuale che fu e resto', sostanzialmente per tutta la vita, un umanista. Un comunista umanista. E' in questa prospettiva che si deve guardare complessivamente all'opera di Jean-Pierre Vernant e specialmente a quella formula da lui adottata nell'introduzione al suo libro-chiave e piu' rappresentativo, Mito e pensiero presso i greci, nota come "psicologia storica". Presentandosi dunque come uno psicologo della storia e al contempo come uno storico della psicologia umana, Vernant dichiarava: "cerchiamo che cosa sia stato l'uomo stesso, l'uomo greco antico", precisando da convinto marxista "che non si puo' separare dal contesto sociale e culturale di cui e' il creatore e insieme il prodotto". E' facile oggi, forse troppo facile, e persino malevolo liquidare questa prospettiva come ingenua. Perche' e' altrettanto evidente, oggi, che del metodo praticato da Vernant e dagli studiosi che accanto e intorno a lui hanno scritto e pensato, raccogliendosi al Centro Louis Gernet da lui fondato, si e' nutrita in un modo o nell'altro, fedelmente o infedelmente, dichiaratamente o dissimulatamente, l'intera comunita' scientifica degli antichisti, sul suolo europeo e, anche se in misura minore, d'oltreoceano. Importante, invece, e' capire che cosa ci fosse di cosi' tenacemente vitale nella psicologia storica di Jean-Pierre Vernant da colonizzare e di fatto rivoluzionare in senso veramente copernicano gli studi di scienze dell'antichita'. Lo si vede bene proprio nel suo Mito e pensiero presso i greci. * Vernant ha saputo rinnovare, nella seconda meta' del '900, la fecondita' di alcune straordinarie ricerche del secolo che lo precedono, tra la meta' avanzata dell'800 e la prima del '900, ricerche quali quelle di Bachofen, di Frazer, di Rohde, di Cornford, di Murray, di Jane Hellen Harrison, di Benveniste, di Gernet, di Mauss, perche' in questi nomi, nei loro metodi e nei loro percorsi, stanno le radici del pensiero di Vernant. E di questa vera e propria genealogia di studiosi Vernant e' stato fino ad oggi, di fatto, l'ultimo strenuo rappresentante, forse anche fuori tempo (come dimostra la sua reazione negativa alle Parole e le cose, uno dei libri che piu' tempestivamente hanno colto l'animo del secondo '900) ma senz'altro dotato di un dinamismo e di una carica intellettuale che ha convinto e si e' guadagnata un enorme successo. La psicologia storica di Vernant funziona come un dizionario della cultura umana. Quando non ha firmato con altri, ha sostanzialmente sempre lavorato per "voci" (articoli), raccogliendole poi sapientemente in volume. I capitoli di Mito e pensiero sono come "nomi" di una enciclopedia: "Aspetti mitici della memoria e del tempo", "L'organizzazione dello spazio", "Il lavoro e il pensiero tecnico", "La categoria psicologica del doppio", "La persona nella religione", "Dal mito alla ragione", a loro volta rubricati in sotto-voci che illustrano a titolo di esempio e di "caso" la voce principale. Nel leggere Vernant si rimane impressionati dalla eccezionale vastita' di questo effetto enciclopedico e dalla sua efficacia, dalla sua indubitabile tenuta complessiva. Tanto piu' perche' oggi tutti noi abbiamo la sensazione che manchino grandi libri, libri magistrali, quelli che ci si fanno accostare con l'interesse caldo dello scopritore e non con il freddo tecnicismo del compilatore di bibliografie. Sicche', quando ci troviamo a leggere o a rileggere Mito e pensiero o Mito e societa' che sulla falsariga del primo e' costruito, abbiamo l'impressione di imparare qualcosa di fondamentale sulla formazione e la produzione del pensiero. * Se e' vero che Vernant ha rivoluzionato gli studi di scienze dell'antichita' nella seconda meta' del '900, non ne ha, tuttavia, rinnovato il pensiero, ne' c'era da attenderselo. Come un certo tipo di grandi libri, i libri di Vernant non contengono sostanzialmente nessuna rivelazione e nessuna provocazione. Di fatto ripercorrono una via antica: organizzare, visitare e rivisitare l'ipotetico "universo simbolico" dell'uomo: in questo e' consistito il suo lavoro di psicologo della storia. In quali termini, poi, si possa parlare di "universo simbolico" e di "uomo" e' cosa che Vernant non ha, sapientemente, voluto chiedersi. 6. MEMORIA. GIAN MARIA VIAN RICORDA JEAN-PIERRE VERNANT [Dal quotidiano "Avvenire" dell'11 gennaio 2007. Gian Maria Vian, docente, saggista, storico della Chiesa, e' ordinario di filologia patristica all'Universita' "La Sapienza" di Roma] Con la morte di Jean-Pierre Vernant la ricerca storica perde uno degli studiosi piu' brillanti e influenti del Novecento. Scomparso l'altra sera nella sua casa di Sevres, in Francia, quasi novantatreenne, lo studioso francese era infatti uno dei maggiori conoscitori del mondo greco antico. Autore di numerose opere importanti (quasi tutte tradotte in molte lingue), Vernant ha saputo studiare in modo innovativo l'eredita' culturale e religiosa dei greci rendendola piu' comprensibile anche ai non specialisti. Marxista e intellettuale appassionatamente partecipe e testimone delle tragedie del Novecento, il grande storico che aveva preso parte alla Resistenza abbandono' il partito comunista nel 1969, dopo trentasei anni di militanza attiva, in seguito alla repressione della primavera di Praga, coerente con un'apertura mentale che resta forse la sua caratteristica principale. * Nato nel 1914, Vernant aveva studiato per divenire professore di filosofia, ma la cesura della guerra segnera' indelebilmente la sua vita, come racconto' in una lunga intervista raccolta da Jerome-Alexandre Nielsberg e pubblicata su "L'humanite'" del 6 aprile 2005. Mentre il conflitto mondiale bruciava l'Europa, decisivi furono l'incontro e l'amicizia con uno dei professori conosciuti alla Sorbona, Ignace Meyerson (1888-1983), che da giovane in Polonia aveva aderito ai movimenti rivoluzionari antizaristi e, rifugiato in Francia, era entrato dopo l'invasione tedesca nelle file della Resistenza contro gli occupanti. Ma la guerra non riusci' a distogliere Meyerson dalla prediletta psicologia storica: tra i partigiani si formo' cosi' un piccolo gruppo di studiosi appassionati che nella Francia meridionale arrivo' anche a organizzare conferenze, e persino un convegno a cui presero parte Marc Bloch e Marcel Mauss. Alla fine della guerra, considerata conclusa la sua esperienza militare, Vernant pensava infatti di tornare alla vita civile cominciando appunto a insegnare, ma furono proprio Meyerson e un altro grande studioso - Louis Gernet (1882-1962), filologo, storico e sociologo - a convincere l'intellettuale partigiano che doveva entrare al Cnrs, il Centro nazionale della ricerca scientifica dove, pur non avendo pubblicato nulla e senza avere nemmeno una tesi in corso, il mancato filosofo entro' nel 1948. Da allora, e fino all'entrata nella prestigiosa Ecole des hautes etudes, fu una lunga stagione straordinaria. "Tutti i giorni - ricordava con nostalgia - ero alla Biblioteca nazionale. Imparare, capire, comparare i testi: dieci anni di letture". E poi le lezioni di Gernet: "Era meraviglioso: arrivava con le mani in tasca, con la sua cravatta alla Blum e ci parlava sia di filologia, sia di studi comparati giuridici, greci, indiani, cinesi, sia di antropologia storica". Proprio grazie a questo sguardo largo e attento ai diversi aspetti dell'esperienza umana Vernant ha potuto scrivere opere fondamentali. Nel 1993 le ha introdotte una puntuale nota di Riccardo Di Donato - che certo e' il migliore conoscitore italiano dello studioso francese - nel limpido Mito e religione in Grecia antica (Donzelli), che Vernant aveva pubblicato nel 1987 per l'Encyclopedia of Religion di Mircea Eliade, mentre la fittissima bibliografia del grande storico dell'antichita' (completa fino al 1994) e' in appendice ai saggi (raccolti dallo stesso Di Donato) nei due volumi di Passe' et present (Edizioni di Storia e Letteratura). La prima opera di Vernant, Les origines de la pensee grecque, usci' nel 1962 ed ebbe un successo straordinario. A precederla era stata pero' una nutrita serie di articoli, raccolti in Mythe et pensee chez les Grecs (1965), seguito da molte altre opere, fino all'ultimo libro, Entre mythe et politique, pubblicato nel 2004. * Vernant ha spiegato che lo specialista di una determinata cultura - per esempio, quella greca da lui studiata per tutta la vita - ha la tendenza ad assolutizzare il suo sguardo, a pensare che non ce ne possano essere altre. Ma questo sguardo viene ridimensionato se si comparano altre culture, come quelle dell'India o del mondo assiro-babilonese, e in questo modo lo sguardo iniziale viene profondamente modificato. Il metodo comparativo allora "non consiste soltanto a guardare cio' che e' comune e cio' che e' diverso, in societa' multiple, sia nello spazio, sia nel tempo, ma consiste anche, attraverso questo lavoro, a modificare completamente l'avvicinamento alla cultura oggetto del proprio studio". Ma questo sguardo comprensivo e largo Vernant ha saputo esercitarlo anche nella vita, quando lui, educato nell'ateismo anticlericale, durante la Resistenza si trovo' fianco a fianco con dei giovani cattolici, "molto ferventi, molto praticanti", e scopri' che non erano ne' trogloditi ne' nemici, e imparo' cosi' a "cercare di comprendere la dimensione attraverso la quale erano cattolici, credenti, e in che cosa questa differenza con me, questo scarto poteva essere nello stesso tempo un ponte che mi permetteva pure di capire, forse, certe cose in me che avevo messo da parte". 7. RIFLESSIONE. JEAN-PIERRE VERNANT: UNA CONFERENZA A BRNO (1998) [Dal quotidiano "Avvenire" del 18 ottobre 2005, che lo estrae dal volume Senza frontiere, Raffaello Cortina Editore, Milano 2005, riprendiamo il testo di una conferenza tenuta da Jean-Pierre Vernant a Brno nel 1998, in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte dell'Universita' Masaryk] Essendo francese e molto vecchio, conservo nel cuore il ricordo degli anni Trenta, all'epoca della mia giovinezza e dei miei studi, quando seguivo, pieno di orrore e di vergogna, il dramma del vostro Paese e la vilta' del mio. Gli accordi di Monaco, che vi consegnarono al Terzo Reich con la benedizione degli inglesi e dei francesi, mi hanno segnato per sempre; non mi sono mai andati giu'. Ero fra quelli che vedevano nell'abbandono del vostro Paese il preludio a tutte le catastrofi, e sentivo gia' le vostre disgrazie come se fossero state anche mie. Quando le truppe tedesche, con i vessilli nazisti al vento, sfilarono a Parigi sugli Champs-Elysees nel 1940, rividi come in sovraimpressione le immagini - diffuse dai cinegiornali non molto tempo prima - delle stesse truppe che entravano a Praga tra due ali di spettatori disperati. La guerra, le lotte della Resistenza, la liberazione - naturalmente era sempre in gioco il mio Paese, ma c'era anche il vostro, che non avevano aiutato quando era ancora possibile farlo. Come molti intellettuali antifascisti della mia generazione, dopo la guerra ero comunista. Speravo, mi immaginavo che nell'Europa dell'Est, e in particolare in Cecoslovacchia, avrebbe prosperato uno Stato operaio democratico. Cio' che e' successo nel vostro Paese, i drammi che avete vissuto hanno svolto un ruolo di primaria importanza nella mia rottura con il Partito comunista francese. Mi hanno lasciato a lungo l'amarezza della delusione e dei rimorsi. Dopo il fallimento della "primavera di Praga", quando per soffocare ogni libero pensiero e' stato ricollocato al suo posto il pesante coperchio della stupidita', del fanatismo e della repressione poliziesca, non appena e' apparso possibile aiutare gli intellettuali perseguitati e costretti al silenzio, e infrangere il loro isolamento, manifestando piena solidarieta' mediante la nostra presenza accanto a loro, ho preso l'occasione al volo, forse con l'idea di riscattare le colpe che potevo aver commesso un tempo verso di loro. Con Jacques Derrida abbiamo fondato l'associazione francese "Jan Hus", che tuttora presiedo. Sono stato il primo francese a recarsi a Praga, nell'aprile o nel maggio del 1981, per partecipare a dei seminari che vi si tenevano piu' o meno clandestinamente. Era primavera; alloggiavo in un alberghetto vecchiotto in via Vsehrdova, a Mala Strana, destinato agli sportivi in visita nella capitale. Durante la giornata me ne andavo a spasso, la sera un amico passava a prendermi per portarmi dove mi aspettavano. Praga era nel massimo splendore della sua bellezza, piena di sole, di fiori, di lilla'. Il contrasto tra la luminosa levita' dello scenario e il clima soffocante del regime di polizia era impressionante. E' stato uno dei momenti della mia vita in cui mi sono sentito libero e felice. Non so se, con i miei discorsi, fornivo ai miei interlocutori cio' che avevano il diritto di sperare: quello che invece so e' cio' che loro mi davano, qualcosa che mi colpiva con evidenza irrefutabile nel contatto con loro. Il vero coraggio interiore e' non cedere, non piegarsi, non rinunciare: essere il granello di sabbia che i mezzi piu' pesanti, quelli che schiacciano tutto al loro passaggio, non riescono a spezzare. Sono ritornato altre volte a Praga in circostanze analoghe; e oggi che fortunatamente le condizioni sono cambiate, percepisco piu' chiaramente da dove venivano quelle sensazioni di pace e letizia che provavo quando i miei soggiorni non erano del tutto privi di rischi. Ho studiato la Grecia antica per piu' di mezzo secolo: la religione, la letteratura, le istituzioni, le arti plastiche, le scienze, la filosofia. Per comprenderle meglio ho cercato di farmi greco interiormente, nei miei modi di pensare e nelle mie forme di sensibilita'. Che lezioni ne ho tratto? Anzitutto l'esigenza di una totale liberta' di spirito: nessun divieto, nessun dogma, in nessun campo, deve ostacolare una ricerca critica, un'indagine priva di pregiudizi. Poi, che il carattere umano dell'uomo e' legato alla sua condizione di cittadino, alla sua partecipazione attiva a una comunita' di eguali in cui nessuno puo' esercitare alcun potere di dominio su un altro. E infine che il mondo di cui facciamo parte e' bello, questo mondo che e' infinitamente piu' grande di noi e puo' distruggerci, ma di cui dobbiamo accettare con gratitudine, come un dono, tutte le occasioni che ci offre per scoprire le meraviglie che racchiude, le sue luci accanto alle sue ombre e alle sue notti. Qui a Brno posso nutrire il sogno, quasi certamente illusorio, che le mie ricerche erudite sull'antichita' e i miei impegni appassionati nelle lotte attuali si congiungano e coincidano, perche' dipendono dalla stessa fiducia in determinati valori. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 102 dell'11 marzo 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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