Minime. 20



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 20 del 6 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. In poche parole
2. Cecilia Strada: Afghanistan in fiamme
3. Appello delle donne di Vicenza contro il "Dal Molin" per un otto marzo di
pace
4. Peppe Sini: Tre scorciatoie lungo il cammino
5. Alberto L'Abate: Per una strategia nonviolenta della sinistra italiana
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. IN POCHE PAROLE

La guerra consiste dell'uccisione di esseri umani.
In Afghanistan e' in corso una guerra, una guerra stragista e terrorista che
sta contribuendo ad alimentare il terrorismo su scala planetaria.
L'Italia sta partecipando a quella guerra.
La Costituzione della Repubblica Italiana proibisce la partecipazione
italiana a quella guerra.
Un governo e un parlamento italiani che deliberano la prosecuzione della
partecipazione alla guerra, quindi la continuazione delle stragi, quindi la
pratica e la propaganda del terrorismo, violano la legge fondamentale
dell'ordinamento giuridico per il quale e al servizio del quale detengono ed
esercitano rispettivamente il potere esecutivo e legislativo; violano
altresi' quella legge incisa nel cuore di ogni essere umano che afferma: non
uccidere; violano il primo e imprescindibile diritto umano che a tutti gli
esseri umani pertiene: il diritto a non essere uccisi.
O la Costituzione o la guerra.
O il diritto o la guerra.
O la democrazia o la guerra.
O la civilta' o la guerra.
O la dignita' umana o la guerra.
O l'umanita' o la guerra.
La guerra e' nemica dell'umanita'.
Un governo e un parlamento che deliberano la guerra, la guerra stragista e
terrorista, sono fuorilegge.

2. L'ORA: CECILIA STRADA: AFGHANISTAN IN FIAMME
[Dal sito www.peacereporter.net riprendiamo il seguente articolo del 5 marzo
2007.
Cecilia Strada, figlia di Gino Strada, impegnata in Emergency, e'
giornalista e documentarista]

L'Afghanistan sta prendendo fuoco
La guerra dilaga dal sud verso nord e ovest, tra attentati kamikaze e stragi
di civili.
*
Allarme attentati
Fonti vicine agli ambienti militari mettono in guardia sul rischio
attentati: potremmo essere alla vigilia di un'ondata di attacchi, con auto
imbottite di esplosivo e biciclette-bomba, diretti contro le strutture
governative afgane. Secondo la stessa fonte ci sarebbero a Kabul venticinque
kamikaze pronti a colpire gli edifici dei ministeri nelle prossime 24-48
ore.
*
Come farsi dei nemici
Questa notte un gruppo di miliziani ha attaccato una base Nato della
provincia di Kapisa, a nord di Kabul, dove da alcuni giorni e' in corso
un'operazione militare delle forze della coalizione. I soldati stranieri
hanno risposto al fuoco e hanno fatto intervenire l'aviazione che, poco
dopo, ha colpito un'abitazione civile. Il bilancio, secondo il governatore
della provincia di Kapisa, Mohammad Dawood Hashimmi, e' di nove civili
morti: un uomo, tre ragazzi, cinque donne. La polizia locale ha invece
riferito che domenica, nel distretto di Najirab della stessa provincia,
cinque civili afgani sarebbero morti dopo essere stati coinvolti in uno
scontro a fuoco tra truppe Isaf e miliziani armati. E cosi' la guerra e'
arrivata anche a Kapisa, provincia che era "tranquilla", a poche decine di
chilometri dalla capitale.
*
Un'altra strage
Questa strage segue di poche ore quella avvenuta lungo l'autostrada
Jalalabad-Tokhar, nella provincia orientale di Nangarhar, dove sabato scorso
almeno sedici civili sono stati uccisi da soldati statunitensi che hanno
aperto il fuoco sulle automobili di passaggio, sparando con le
mitragliatrici a trecentosessanta gradi. Il loro convoglio, sembra, era
stato attaccato da un attentatore suicida, ma la dinamica di quel che e'
successo dopo e' ancora da chiarire: mentre il comando Nato parla di
legittima difesa, tutte le testimonianze della popolazione locale raccontano
di grilletto facile, di ore di follia dei soldati statunitensi, di
rappresaglia contro i civili che passavano di li', di corse sull'autostrada
sparando a qualsiasi cosa si muovesse. Certo e' che le truppe straniere
hanno distrutto il materiale che i reporter di Associated Press avevano
girato sul posto: qualcosa da nascondere, quei soldati, ce l'avevano.
*
Il sud sotto le bombe
La Nato intanto continua i raid aerei nel sud dell'Afghanistan. I
bombardieri B-1 hanno sganciato ordigni da 900 chilogrammi contro le
"postazioni nemiche" vicino a Kajaki, nella provincia meridionale di
Helmand. Un altro raid di B-1 ha invece colpito il distretto di Sangin,
nella stessa provincia, dove sabato due soldati britannici erano stati
uccisi da un razzo. E continuano anche gli scontri a fuoco: gli abitanti di
Grishk, poco a nord della capitale provinciale di Helmand, Lashkargah,
riferiscono che otto civili sono rimasti uccisi nel corso di due giorni di
combattimenti tra miliziani talebani e truppe britanniche. La "guerra
finita" in Afghanistan ha gia' causato piu' di seicento morti dall'inizio
del 2007.

3. DOCUMENTI. APPELLO DELLE DONNE DI VICENZA CONTRO IL "DAL MOLIN" PER UN
OTTO MARZO DI PACE
[Riproponiamo ancora una volta il seguente appello delle donne vicentine, e
nuovamente ringraziamo Martina Vultaggio (per contatti:
freak_blabla at yahoo.it) per avercelo inviato.
Martina Vultaggio e' tra le animatrici del movimento che a Vicenza difende
il territorio, la pace e il futuro, e si oppone quindi alle servitu'
militari, al riarmo, alla guerra]

Noi donne vicentine per la tutela del territorio, per la pace e per il
futuro chiamiamo alla mobilitazione, in una giornata importante come l'otto
marzo, le donne che come noi stanno lottando.
Siamo per la tutela del territorio e la preservazione delle risorse e siamo
pronte a difendere la nostra terra anche con i nostri corpi, se necessario;
i nostri corpi sanno dare vita ma sanno anche essere determinati e mettersi
in gioco.
Siamo per la pace non come semplice "assenza di guerra" ma come condizione
sociale che ci permetta di vivere meglio, come cittadine e come donne; Se
c'e' pace c'e' piu' spazio per la tutela dei diritti dei soggetti sociali
piu' oppressi, a cui noi, purtroppo, sappiamo di appartenere; quando scoppia
una guerra le prime a risentirne sono donne e bambini, perche' la guerra ha
la capacita' di ribaltare i valori tradizionali di una societa' e ne mette
in crisi i ruoli.
Siamo per il futuro perche' vogliamo consegnare una citta' e un mondo
migliore ai nostri figli e alle generazioni future, ma anche a noi stesse;
vogliamo la liberta' di poterci riprendere il nostro tempo, di poter vivere
una citta' a misura d'uomo e di donna.
Noi donne vicentine siamo state protagoniste delle lotte in piazza che si
sono determinate nel nostro territorio e chiediamo a tutte le donne di
mobilitarsi nelle proprie citta', ognuna secondo le proprie forme e le
proprie caratteristiche, l'otto marzo.
Un pensiero va inoltre a tutte le donne vittime di guerra, dove la guerra
non e' solo quella che si combatte al fronte, ma e' quella che obbliga le
donne a migrare; a vendersi; che non ci da' la liberta' di poter girare
tranquillamente la notte da sole; che ci relega in ruoli lavorativi precari
e senza diritti; che fa avvenire le violenze dentro le mura domestiche.
Facciamo dell'otto marzo una giornata indimenticabile.
*
Le donne vicentine per la tutela del territorio, della pace e del futuro...
ovviamente contro il Dal Molin!

4. VIANDANTI. PEPPE SINI: TRE SCORCIATOIE LUNGO IL CAMMINO

"Tutti questi chiacchieroni,
ti ci metti pure tu?"
(Stratone di Stanzavecchia, Epicedi senza volto)

1. Sul governo
Certo che lo scandaloso governo Prodi e' meglio del governo golpista
Berlusconi. Certo che la corrotta coalizione cosiddetta di centrosinistra e'
meglio della coalizione golpista berlusconiana.
Ma il punto non e' questo. Il punto e' che vi sono fini sovraordinati
rispetto agli schieramenti parlamentari, e tra questi fini vi sono dal
nostro punto di vista almeno a) la difesa delle vite umane, e quindi il
ripudio delle uccisioni; b) la difesa dei diritti umani di tutti gli esseri
umani, e quindi il rifiuto del razzismo; c) il rispetto della legalita'
costituzionale, e quindi l'opposizione ai crimini e ai poteri criminali.
Che governo e parlamento pressoche' totalitariamente deliberino la guerra,
il riarmo, il militarismo, la sudditanza e la complicita' con il terrorismo
di stato statunitense, il razzismo nei confronti dei migranti, lla
violazione della Costituzione della Repubblica Italiana fin nei suoi
principi fondamentali e valori supremi, tutto cio' richiede una opposizione
netta, una opposizione in difesa della legalita' e della democrazia, una
opposizione in difesa della pace e dei diritti umani, una opposizione
coerente, nitida, rigorosa, propositiva, una opposizione nonviolenta.
Una opposizione che voglia, agisca, proponga una politica concreta e limpida
per la pace, la giustizia, l'ambiente, i diritti umani di tutti gli esseri
umani.
Una proposta nonviolenta, nel metodo come nei contenuti, nei mezzi come nei
fini, una nonviolenza politica, una nonviolenza giuriscostituente;
nonviolenza: cioe' opposizione alla violenza, forza della verita', programma
costruttivo.
Solo la nonviolenza, pare a chi scrive queste righe, oggi e' in grado di
inverare una politica adeguata alla presente distretta dell'umanita'.
*
2. Sui movimenti
I movimenti per la pace, la giustizia, l'ambiente, i diritti umani sono
soggetti politici.
Non esiste una sfera politica scissa dalle pratiche della societa' civile,
cosi' come non esiste una politica nazionale scissa dalla politica
internazionale, cosi' come non esiste una alterita' assoluta tra movimento e
istituzioni. Tutto e' intrecciato, tutto e' interdipendente.
Ma la politica dominante nei cosiddetti movimenti per la pace in Italia e'
stata fino ad oggi quel che si dice un carnevaletto, sovente laido, talora
persino lugubre: si e' detto e fatto tutto e il contrario di tutto, fino ad
arrivare all'assurdo di complicita' infami con gruppi di squadristi, con
ideologie totalitarie, con la propaganda degli assassini; fino ad arrivare
all'assurdo di manifestazioni cosiddette per la pace a favore di politiche
di guerra, militariste, riarmiste, razziste (assurdo che fa il paio, sul
versante delle istituzioni, con quello di ben tre forze politiche presenti
in parlamento che pretendono di proclamarsi sostenitrici della nonviolenza e
votano scellerati atti di guerra, riarmo, militarismo, razzismo).
La questione delle questioni, per dirla in breve, e' che non si e' un
movimento per la pace se non si fa la scelta della nonviolenza. La scelta
nitida e intransigente della nonviolenza. La scelta impegnativa, difficile,
coraggiosa della nonviolenza.
*
3. Sulla nonviolenza
La nonviolenza e' lotta contro la violenza, o non e' nulla.
La nonviolenza e' costruzione concreta della pace, della giustizia, della
dignita' umana riconosciuta a tutti gli esseri umani, o non e' nulla.
La nonviolenza e' la forza della verita', o non e' nulla.
La nonviolenza e' assunzione personale di responsabilita' per l'umanita'
intera, o non e' nulla.

5. RIFLESSIONE. ALBERTO L'ABATE: PER UNA STRATEGIA NONVIOLENTA DELLA
SINISTRA ITALIANA
[Ringraziamo Alberto L'Abate (per contatti: labate at unifi.it) per averci
messo a disposizione il seguente intervento, accompagnato dalla lettera che
qui trascriviamo: "Cari amici, il primo di marzo ho mandato questa lettera
aperta al direttore di 'Repubblica' con un mio articolo sulla strategia
nonviolenta. Non e' stata pubblicata e quindi oggi la sto trasmettendo a
tutti gli amici nella speranza che possa servire a una discussione seria sui
limiti del movimento per la pace e sul che fare. Ho aperto una discussione
su un blog che sto pian piano creando (e che che potete trovare al seguente
indirizzo http://nonviolenzattiva.wordpress.com/ Per il momento oltre questo
articolo c'e' anche un articolo da me scritto sulla guerra afgana uscito sul
numero di marzo di 'Azione nonviolenta'. Mi piacerebbe avere anche i vostri
commenti. Cari saluti, Alberto".
Alberto L'Abate e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario di
sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, promotore del corso di
laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti"
dell'Universita' di Firenze, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella
Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle
attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; amico e
collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle iniziative di Danilo
Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e
programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del
Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso
e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, e si e'
impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione";
e' portavoce dei "Berretti Bianchi" e promotore dei Corpi civili di pace.
Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla
nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento
sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana,
Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999;
Giovani e pace, Pangea, Torino 2001]

Sulla crisi del governo Prodi e sul successivo "rattoppo" il suo giornale
[il quotidiano "La repubblica"; questo intervento e' steso in forma di
lettera aperta al direttore di quel giornale - ndr] ha pubblicato molto: il
risultato ben commentato di sondaggi, ed una serie di interventi anche
autorevoli. Ma dato che Bertinotti fa parte delle istituzioni e partecipa
attivamente al governo Prodi mi sembra che sia mancata una voce realmente
neutrale nel conflitto in atto tra movimento ed istituzioni, che spieghi
meglio il perche' si sta creando un solco profondo tra queste due importanti
realta' della societa' civile e politica del nostro paese, solco che rischia
di determinare, a breve o a medio raggio, una crisi profonda di tutto lo
schieramento di sinistra al quale mi vanto di appartenere.
Ma oltre che alla sinistra, documentato da una mia militanza, in periodi
successivi, nel Psi (nella corrente di Lelio Basso), nel Pdup, tra i Verdi,
ed infine con una mia relazione su "Marxismo e nonviolenza" al convegno di
Venezia di Rifondazione su "Agire la nonviolenza", partecipo anche, da anni,
ai movimenti nonviolenti, avendo collaborato con Aldo Capitini alla nascita
del Movimento Nonviolento, nel quale ho ricoperto anche cariche importanti,
ed essendo attualmente presidente nazionale dell'associazione Aps "Ipri-Rete
corpi civili di pace" alla quale aderiscono molte organizzazioni di base
coinvolte nell'attivazione, soprattutto all'estero ma con un inizio di
lavoro anche in Italia, di interventi di prevenzione dei conflitti armati e
di interposizione nonviolenta in situazioni di conflitto acuto. La mia
militanza nonviolenta e' stata suggellata da due condanne per azioni di
disobbedienza civile, che secondo Gandhi e' l'arma piu' forte della
nonviolenza: la prima, per "vilipendio alle forze armate" (per la frase in
un volantino distribuito da un gruppo di fiorentini per il 4 novembre,
"Basta con le farse ed i miti patriottici"); e la seconda, per il blocco
della Ferrovia Torino-Roma a Capalbio, in Maremma, contro la realizzazione
di una centrale nucleare civile in quella zona, realizzazione che non c'e'
stato sia per merito della nostra azione sia, piu' tardi, per il referendum
sul nucleare dopo il disastro di Cernobyl.
Comunque, preciso, le cose che scrivo in questo mio articolo non pretendono
affatto di rappresentare le posizioni del movimento di base (pacifista e,
spesso sedicentemente, "nonviolento") diviso anche esso su questi problemi,
e nel quale prevale, piuttosto, una posizione di sfiducia nei riguardi delle
istituzioni in generale tanto che molti ritengono ormai che destra e
sinistra siano uguali, e che il movimento deve esser esterno del tutto alle
istituzioni senza alcuna compromissione politica e partitica, e che, anzi,
come scrivono alcuni, sia piu' facile lottare contro un governo del tutto
nemico, "di destra", piuttosto che contro un governo cosiddetto "amico" che
porta avanti, poi, una politica in realta' di destra anche esso (visto che
il militarismo e' stata sempre una caratteristica distintiva delle posizioni
delle destre italiane ed internazionali).
Quello che scrivo vuole essere un contributo al dibattito anche interno al
movimento dato che la politica del "tanto peggio, tanto meglio", portato
avanti, spesso, da una certa sinistra, non ha mai dato, secondo i miei studi
sui conflitti (e' la materia che insegno all'Universita'), dei risultati
positivi ed accettabili.
*
Ma tornando alla crisi del governo dalla quale sono partito avevo sperato,
come molti altri italiani, che questa portasse ad un ripensamento di tutto
il centrosinistra ed ad una rielaborazione di un programma di massima delle
priorita' da portare avanti che coinvolgesse non solo tutti i partiti
coinvolti nel governo (che spesso davano l'immagine di una "armata
Brancaleone") ma anche le organizzazioni di base che sono le fondamenta di
un governo delle sinistre. Invece si e' avuto solo un diktat da parte di
Prodi con "12 punti" che confermano del tutto la linea precedente del
governo che era stato messo in crisi proprio per questa. E la cosa
terribile, per un nonviolento ed allievo di Aldo Capitini come me, e' stato
vedere che il "rattoppo" che c'e' stato e' stato risolto cercando appoggi
sulla destra, e, soprattutto, cercando di togliere la parola e la liberta'
di coscienza ai senatori di sinistra che si erano dichiarati indisponibili a
votare contro le loro idee ed i loro principi. Quanto puo' durare un governo
che mette in crisi la coscienza dei suoi sostenitori interni al parlamento,
ma soprattutto quella delle persone che l'hanno votato convinti che questo
portasse ad un reale cambiamento? Non molto, credo.
E dato che io invece spero che la sinistra regga ed arrivi alla fine del suo
mandato quanto scrivo vuole essere un contributo ad una strategia
nonviolenta interna alla sinistra italiana che le permetta, sia pur
gradualmente, di correggere i suoi difetti di partenza e di arrivare in
fondo al suo mandato senza aver scoraggiato i suoi elettori, come sta
facendo attualmente, e senza aver portato, alla fine, al trionfo delle
destre, come molti temono ed il cui spauracchio e' attualmente l'unico reale
collante del governo attuale. Il mio scopo e', al contrario, quello di
rinforzare la presenza ed il lavoro di una sinistra seria ed operativa e
soprattutto rinnovatrice di un andamento e di un modello di sviluppo che sta
continuamente aumentando il distacco tra i ricchi ed i poveri, e che sta
portando all'estremo l'insicurezza dei cittadini per una sedicente guerra al
terrorismo che sta facendo crescere, ogni giorno, a dismisura, questo
fenomeno, e che ogni giorno uccide, indirettamente, aumentando le spese
militari e diminuendo quelle sociali, migliaia e centinaia di migliaia di
persone.
*
Ricordiamoci quello che scrive Desmond Tutu, pastore evangelico sudafricano
che, anche come presidente della Commissione per la verita' e la
riconciliazione di quel paese, ha contribuito in modo notevole al
superamento dell'apartheid ed alla pacificazione di quella parte del globo.
Egli, in un recente messaggio, ci ricorda che il mondo, in complesso, spende
annualmente per la lotta contro il principale flagello di questo secolo,
l'Aids, solo quello che spende invece in 18 giorni per gli armamenti. E le
mie ricerche sul Kossovo, dove ho passato circa due anni come ambasciatore
di pace alla ricerca di una soluzione non armata che sarebbe stata possibile
se solo i governi occidentali avessero avuto piu' attenzione al problema
della prevenzione dei conflitti armati, rispetto a quella del fare la
guerra, hanno dimostrato che si e' speso 1 euro per la prevenzione di questo
conflitto armato (ma soprattutto da parte di organizzazioni
non-governative), contro ogni 140 euro spesi invece nel fare la guerra,
nell'assistenza ai profughi, e nella ricostruzione materiale di quel paese,
senza tener conto di quanto costa ancora attualmente il tenere in vita una
situazione che la guerra non ha affatto risolto ma che, anzi, ha
notevolmente aggravato (a causa delle morti dalle due parti che questa ha
provocato e degli odi reciproci che questa ha incrementato). Se nel futuro
questi squilibri vengono mantenuti, e si continua a dare piu' importanza
all'aumentare le spese militari, come sta facendo attualmente anche il
governo Prodi (addirittura, sembra, acquistando dagli Usa anche 133 caccia
bombardieri d'attacco, oltre ai 122 eurofighter gia' ordinati in Europa,
tutti aerei che con l'articolo 11 della Costituzione Italiana, che ammette
solo la guerra di difesa, non hanno nulla a che fare) come ci possiamo
lamentare che il mondo sia sempre piu' insicuro e la guerra un "affare"
quotidiano (affare, in tutti i sensi: anche nella vendita di armi che
l'Italia sta dando all'India che e' gia' tra i paesi piu' armati del mondo,
mentre e' uno dei paesi con i piu' alti tassi di mortalita' infantile).
*
Ma purtroppo questo peccato di sottovalutazione della prevenzione dei
conflitti armati, e di sopravvalutazione invece dell'importanza della guerra
e degli interventi armati, e' di lunga data, ma non sembra che la sinistra
abbia imparato molto dagli errori passati.
L'inizio della partecipazione del nostro paese alla guerra afgana,
dichiarata come guerra al terrorismo, ma se si va a vedere a fondo questa
ragione faceva acqua da tutte le parti (come argomento piu' a fondo in un
articolo che uscira' questo mese sulla rivista fondata da Aldo Capitini
"Azione nonviolenta"), quando ancora l'Onu non si era pronunciato, e' stato
deciso da un governo di destra, ma con l'appoggio incondizionato della quasi
totale maggioranza della sinistra (solo circa dieci obiettori di coscienza).
Nessun tentativo di studiare forme per prevenire il conflitto armato che
pure, forse, erano possibili.
Ma ancora peggio e' stata la partecipazione italiana alla guerra del
Kossovo, questa invece decisa direttamente da un governo di centrosinistra
guidato dall'attuale ministro degli esteri D'Alema. In questa le sinistre al
governo hanno dovuto tener conto, come dice D'Alema, nella sua intervista
sul Kossovo a giustificazione del nostro intervento nella guerra (D'Alema,
Kosovo. Gli italiani e la guerra, 1999), che "nella difesa e nella politica
estera, la sfera decisionale e' ormai particolarmente complessa, si
combinano elementi sopranazionali e meccanismi formali intergovernativi. Chi
rappresenta l'Italia decide insieme ad altri, puo' essere messo in minoranza
ed io credo debba con responsabilita' accettarlo. Il rischio peggiore -
continua - e' stare in un paese che non conta niente, espulso dai luoghi
dove si decide. Questo e' un caso in cui l'eccesso di democrazia apparente
ti preclude la democrazia vera, perche' ti emargina dalle sedi dove si
decide anche per te" (ivi, p. 37). "Questo sembra significare, in altre
parole - scrivevo io in un mio libro (L'Abate, Giovani e pace, 2001, p.
26) - che l'appartenenza alla Nato sospende, o almeno riduce notevolmente,
le regole democratiche del nostro paese, subordinandole appunto alle
decisioni prese in altre sedi in cui gli interessi militari-strategici di
altri paesi possono prevalere su quelli dei cittadini italiani. Che
significa questo se non che di fronte alle decisioni di fare la guerra e la
pace la democrazia e' ormai una parola vuota?". A conferma di questo D'Alema
aggiunge: "La delega a pochi e' una condizione di funzionamento della
democrazia moderna. Viviamo in un'epoca in cui il circuito delle decisioni
non e' piu' nazionale" (D'Alema, cit., p. 38).
Come si vede la tesi di D'Alema, autorevole rappresentante della sinistra e
ministro degli esteri del governo Prodi, e' esattamente il contrario di
quanto sostenuto da Aldo Capitini, da pianificatori come John Friedmann, e
ripreso anche in molti dei lavori dei Forum Mondiali, e cioe' che bisogna
superare la democrazia puramente delegata per arrivare ad una democrazia
come partecipazione, al "potere di tutti" capitiniano, o alla "democrazia
inclusiva" di Friedmann. Questa limitazione di liberta', e questa
impossibilita' a portare avanti una politica veramente innovativa, a causa
di queste costrizioni internazionali (oltre alla Nato potremmo aggiungere il
Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, gli accordi
internazionali per il commercio, ecc.) puo' portare alla delusione da parte
della popolazione nel vedere la difficolta' di agire a livello di un singolo
paese contro mali che affliggono l'umanita' intera, e contro un sistema che
rischia di stritolare o annullare la volonta' rinnovatrice di un gruppo o di
una classe dirigente. E questo, a sua volta, puo' provocare una reazione del
pubblico che non si rende conto dei reali condizionamenti e che percio' puo'
votare per rimandare al potere la classe dirigente di prima.
Se si va a vedere il passato la partecipazione dell'Italia alla guerra del
Kossovo e' stato sicuramente un fatto che ha portato molte persone di
sinistra a non votare per i partiti di questo schieramento (gli astenuti e
le schede bianche furono molte) ed a far vincere i partiti della destra
della cosiddetta "Casa delle liberta'". Ma se queste considerazioni di
D'Alema sono reali, e non c'e' ragione di non credergli, perche' continuare
a fare gli stessi errori, e non utilizzare il movimento di protesta dal
basso, che si oppone a questo modello di sviluppo e alle sue conseguenze, e
contro il raddoppio della base di Vicenza (raddoppio che non diminuisce
certo il rischio che dal nostro paese partano aerei che vadano a bombardare
l'Iran nella guerra che Bush jr. starebbe pianificando), per essere piu'
coraggiosi e mettere in discussione, nelle sedi internazionali apposite, si
veda la Nato, la teoria della necessita' dell'uso delle armi nucleari come
primo colpo (anche questa in totale contrasto con la nostra Costituzione).
La diminuzione delle basi Usa in Italia, e soprattutto l'eliminazione dal
nostro paese delle 90 testate nucleari presenti (ad Aviano e Ghedi, oltre a
quelle che, trasportate da sottomarini, entrano nei nostri porti) sarebbe un
modo concreto per rispettare l'art. 11 della nostra Costituzione, rendere
piu' sicuro il nostro paese, aumentare il numero di posti di lavoro dei
nostri giovani (basta rinunciare a un eurofighter, o a uno degli aerei
ordinati agli Usa, aerei che sono utilizzabili soprattutto per lanciare
dall'alto bombe nucleari, e quindi fuorilegge, per avere migliaia e migliaia
di posti di lavoro in piu' per i nostri giovani; se a questi si aggiungono i
costi delle basi Usa in Italia pagati per circa il 40% dai nostri cittadini,
i soldi per la creazione di posti di lavoro in piu' aumenterebbero
notevolmente).
*
Ma detto questo delle scelte prioritarie che un governo delle sinistre, o
meglio di centrosinistra, dovrebbe e potrebbe fare, c'e' ora da affrontare
quello che dovrebbe e potrebbe fare il movimento di opposizione di sinistra.
Anche qui sembra mancare del tutto una valida strategia. Si sono fatte
manifestazioni di piazza, importanti si', ma che spesso lasciano il dubbio
di quello che si chiama "non nel mio giardino", che non si lotti contro il
problema stesso ma che si chieda solo che quella iniziativa o quel progetto
vadano da qualche altra parte, magari anche nel nostro stesso paese. Il che,
se riesce, puo' essere una vittoria per gli abitanti del posto, ma che non
elimina il problema di fondo contro il quale si vuole combattere. Oppure si
e' ricorso all'obiezione di coscienza votando contro le decisioni del
governo, con il rischio, in questo caso, di accelerare il ritorno al governo
di partiti che non sono certo meno militaristi di quello attuale. Malgrado
il tanto parlare di nonviolenza sembra non essere chiaro che la nonviolenza
non richiede solo attinenza a quella che e' stata definita l'"etica dei
principi", ma anche all'"etica delle conseguenze". E che uno dei principi
sostenuti da Gandhi e messi in pratica dai principali sostenitori di questo
tipo di lotta, e' stato quello della gradualita', e cioe' il non pretendere
che si faccia tutto subito ma che si parta da alcuni problemi piu'
importanti per poi passare, gradualmente, ad altri obiettivi magari piu'
difficili da ottenere.
Da questo punto di vista alcuni degli studiosi piu' importanti della
nonviolenza parlano di "sanzioni positive". Questo significa appoggiare un
governo o un paese, ma porgli una serie di richieste, graduali e da
concordare insieme per il loro sviluppo, ma irrinunciabili perche'
l'appoggio possa continuare. E' questo secondo me che dovrebbe fare un serio
movimento di base contro la guerra e per un diverso modello di sviluppo.
Elaborare un progetto alternativo che aiuti il governo a prendere decisioni
coraggiose che vadano contro i dettata dei grandi poteri mondiali, in primis
gli Usa (anche se il suo impero sta scricchiolando) e percio' della Nato,
del Fmi, della Banca Mondiale, ecc.
Riuscira' questo movimento a superare i litigi interni che lo rendono di
fatto quasi inesistente come soggetto realmente politico? Non lo so, ma
credo sia importante cercare di farlo. In caso contrario non lamentiamoci
delle deficienze dei nostri governanti. Ce le siamo volute.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 20 del 6 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it