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Nonviolenza. Femminile plurale. 91
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 91
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 1 Mar 2007 11:56:53 +0100
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 91 del primo marzo 2007 In questo numero: 1. Appello delle donne di Vicenza contro il "Dal Molin" per un otto marzo di pace 2. Marina Mercati: Etty Hillesum. Un itinerario di conversione 3. A Viterbo il 2 marzo 1. APPELLI. APPELLO DELLE DONNE DI VICENZA CONTRO IL "DAL MOLIN" PER UN OTTO MARZO DI PACE [Riproponiamo il seguente appello delle donne vicentine, e nuovamente ringraziamo Martina Vultaggio (per contatti: freak_blabla at yahoo.it) per avercelo inviato. Martina Vultaggio e' tra le animatrici del movimento che a Vicenza difende il territorio, la pace e il futuro, e si oppone quindi alle servitu' militari, al riarmo, alla guerra] Noi donne vicentine per la tutela del territorio, per la pace e per il futuro chiamiamo alla mobilitazione, in una giornata importante come l'otto marzo, le donne che come noi stanno lottando. Siamo per la tutela del territorio e la preservazione delle risorse e siamo pronte a difendere la nostra terra anche con i nostri corpi, se necessario; i nostri corpi sanno dare vita ma sanno anche essere determinati e mettersi in gioco. Siamo per la pace non come semplice "assenza di guerra" ma come condizione sociale che ci permetta di vivere meglio, come cittadine e come donne; Se c'e' pace c'e' piu' spazio per la tutela dei diritti dei soggetti sociali piu' oppressi, a cui noi, purtroppo, sappiamo di appartenere; quando scoppia una guerra le prime a risentirne sono donne e bambini, perche' la guerra ha la capacita' di ribaltare i valori tradizionali di una societa' e ne mette in crisi i ruoli. Siamo per il futuro perche' vogliamo consegnare una citta' e un mondo migliore ai nostri figli e alle generazioni future, ma anche a noi stesse; vogliamo la liberta' di poterci riprendere il nostro tempo, di poter vivere una citta' a misura d'uomo e di donna. Noi donne vicentine siamo state protagoniste delle lotte in piazza che si sono determinate nel nostro territorio e chiediamo a tutte le donne di mobilitarsi nelle proprie citta', ognuna secondo le proprie forme e le proprie caratteristiche, l'otto marzo. Un pensiero va inoltre a tutte le donne vittime di guerra, dove la guerra non e' solo quella che si combatte al fronte, ma e' quella che obbliga le donne a migrare; a vendersi; che non ci da' la liberta' di poter girare tranquillamente la notte da sole; che ci relega in ruoli lavorativi precari e senza diritti; che fa avvenire le violenze dentro le mura domestiche. Facciamo dell'otto marzo una giornata indimenticabile. * Le donne vicentine per la tutela del territorio, della pace e del futuro... ovviamente contro il Dal Molin! 2. RIFLESSIONE. MARINA MERCATI: ETTY HILLESUM. UN ITINERARIO DI CONVERSIONE [Dalla rivista telematica della comunita' filosofica femminile Diotima "Per amore del mondo", n. 4, autunno 2006 (disponibile nel sito www.diotimafilosofe.it) riprendiamo la seguente sintesi della tesi di laurea di Marina Mercati, "Etty Hillesum. Un itinerario di conversione". Marina Mercati si e' laureata in filosofia all'Universita' di Verona (relatrice la professoressa Wanda Tommasi). Etty Hillesum e' nata a Middelburg nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel 1943, il suo diario e le sue lettere costituiscono documenti di altissimo valore e in questi ultimi anni sempre di piu' la sua figura e la sua meditazione diventano oggetto di studio e punto di riferimento per la riflessione. Opere di Etty Hillesum: Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996; Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. Opere su Etty Hillesum: AA. VV., La resistenza esistenziale di Etty Hillesum, fascicolo di "Alfazeta", n. 60, novembre-dicembre 1996, Parma; Nadia Neri, Un'estrema compassione, Bruno Mondadori Editore, Milano 1999; Pascal Dreyer, Etty Hillesum. Una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Sylvie Germain, Etty Hillesum. Una coscienza ispirata, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; Maria Pia Mazziotti, Gerrit Van Oord (a cura di), Etty Hillesum. Diario 1941-1943. Un mondo 'altro' e' possibile, Apeiron, Sant'Oreste (Roma) 2002; Maria Giovanna Noccelli, Oltre la ragione, Apeiron, Sant'Oreste (Roma) 2004. Wanda Tommasi e' docente di storia della filosofia contemporanea all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica di "Diotima". Opere di Wanda Tommasi: La natura e la macchina. Hegel sull'economia e le scienze, Liguori, Napoli 1979; Maurice Blanchot: la parola errante, Bertani, Verona 1984; Simone Weil: segni, idoli e simboli, Franco Angeli, Milano 1993; Simone Weil. Esperienza religiosa, esperienza femminile, Liguori, Napoli 1997; I filosofi e le donne, Tre Lune, Mantova 2001; Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; La scrittura del deserto, Liguori, Napoli 2004] "Bisogna avvicinarsi a un libro alla maniera in cui si avvicinano le persone. Senza idee preconcette e senza pretese. Talvolta ci si forma un'idea dell'opera dopo le prime pagine e si rimane aggrappati a quell'idea, rifiutandosi di lasciarla andare - spesso facendo violenza all'autore. Agli esseri umani deve essere garantita la massima liberta' e lo stesso vale per i libri. Ogni espressione impiegata da una persona puo' gettare una luce nuova, improvvisa e sorprendente, e infrangere i nostri preconcetti e la certezza in cui ci hanno cullato (...). Ci formiamo dei preconcetti sulle cose che ci stanno attorno per disporre di una qualche certezza in questa nostra vita confusa e sempre mutevole, ma cosi' facendo sacrifichiamo anche la vita vera con tutte le sue sfumature e i suoi elementi di sorpresa, e inoltre la sottovalutiamo. La vita non puo' essere introdotta a forza in un sistema. E nemmeno le persone. Ne' la letteratura" (EI, pp. 179-180) (1) Ci sono testi che afferrano immediatamente per la freschezza e la spontaneita' con cui restituiscono delle verita'; che inchiodano mente e cuore se, come per il Diario e le Lettere di Etty Hillesum, ebrea olandese morta ad Auschwitz a 29 anni, concedono di inoltrarsi nei tormentati, eppur felici, meandri di un faticoso percorso di emancipazione e di autonomia personale. O per meglio dire: di conversione integrale del proprio essere. C'e' una grande generosita' in questo atto di consegnarsi allo scoperto di una pagina scritta, sapendo che essa non sara' piu' ritrattabile, non piu' correggibile. Una generosita' che risulta tanto maggiore se, come nel caso di questa giovane donna, si provvede a far si' che i propri diari vengano pubblicati, sapendo prossima la propria fine. Ecco allora che, se una vita non puo' piu' spendersi concretamente tra gente bisognosa e disperata, spezzando e distribuendo il proprio corpo come se fosse pane (I, p. 238), puo' continuare a donarsi per altre vie. Come l'offrire in pasto la narrazione della propria esistenza. La non esauribilita' di senso, che si puo' estrarre da un pensare e da un sentire a cielo cosi' aperto, puo' davvero servire a nutrire piu' del pane, poiche' la sostanza qui riposta possiede un elevato potere trasformante, ricreativo nel senso piu' letterale del termine: di un ri-creare, di un ri-nascere. E' una sostanza che nutre e libera; scuote e risveglia dall'assopimento. In questa prospettiva, va bandita qualsiasi pretesa di restituire la ricchezza e l'intensita' del luminoso percorso di carne e di spirito di questa giovane cercatrice di assoluto nelle strettoie di uno schema definitorio, di una classificazione o di un'appartenenza. Il termine schema, gia' per il suo etimo, poco si presta a questa operazione, racchiudendo in se' l'idea di un possesso, la pretesa e, forse, la presunzione di poter imbrigliare in una configurazione essenziale, idealmente definita o definitiva, un argomento. Semplificazioni di questo genere, al pari dei preconcetti, dei sistemi e dei luoghi comuni con cui si cercano si' sicurezze, ma spesso si ingombrano anche tante esistenze, sarebbero state strette anche a Etty Hillesum con il loro limitare le costellazioni o gli scorci di senso che possono aprirsi improvvisi e mai scontati, la polifonia delle voci che invocano, piuttosto, un ascolto attento e un lento lasciar risuonare dentro di se'. Proprio quello che la giovane aveva imparato a praticare: appunto, un costante, ininterrotto hineinhorchen (EI, p. 91), un ascolto di se stessa, degli altri, del mondo e poi di Dio. Non si possono ridurre a schema il Diario e le Lettere di quel "cuore pensante" (I, p. 196) che era, che continua ad essere Etty Hillesum. Il percorso esistenziale qui tratteggiato restituisce l'acquisizione di un sapere, che oltrepassa la mera dimensione intellettuale, pure assai presente, per tradursi in esperienza vissuta, in saggezza umana, in intelligibilita' superiore, mostrate nel loro farsi e disfarsi, nelle innumerevoli svolte e ricadute, in perenne tensione tra avanzamenti e apparenti regressioni, tra dispersioni e ritorni. Proporsi di leggere la trasformazione radicale di Etty Hillesum nei termini di una conversione globale, non segnatamente religiosa come il termine spesso suggerisce (2), significa cercare un concetto dinamico, che ammetta come ontologicamente presente l'elemento della discontinuita'; che salvi le inversioni e le deviazioni connaturate all'esistenza, il suo essere un fieri e un disfieri. Una prospettiva, insomma, che sia sempre aperta a possibili ricominciamenti: sia che questi irrompano improvvisamente, sia che siano sollecitati da una determinazione volontaria. Conversione va oltre l'idea di uno sviluppo lineare e progressivo, di una sostanziale continuita', che la ricorrenza di termini quali "crescere, diventare, maturare", di cui e' costellato tutto il Diario, sembra attestare: nel senso di un di piu' e di un meglio sempre possibili, da guadagnare. Conversione, se recuperata nella sua polivalenza linguistica, in quello che lo stesso sentire comune attribuisce a questo termine, evoca l'idea di un cambiamento radicale di condotta o di mentalita', di una svolta, di un'inversione di direzione; richiama un'esperienza trasformante, in qualche modo mortale, che comporta un riorientamento del proprio essere. Se, poi, si attinge alla tradizione filosofica e teologica (3), ecco che la possibilita' di una polarita' tra epistrophe' - come ritorno: sui propri passi, all'interiore, alle sorgenti originarie o all'anteriore, a seconda dei diversi contesti - e metanoia - nel senso di una ri-nascita, di un ri-cominciamento assoluto - viene ampiamente argomentata. Sembrano esserci molte di queste "conversioni" nell'esistenza di Etty Hillesum. Si puo' forse dire che gli ultimi due anni della sua vita siano stati un'unica grande conversione. Sin dagli esordi del Diario, l'attenzione viene catturata dal rincorrersi di avverbi temporali contrapposti: prima/adesso, una volta/ora... Un accostamento che, in un qualche modo, si ripresenta nello scorrere delle pagine, documentando una possibilita' di resurrezione che, puntualmente, si rinnova, al di la' del ristagno registrato al momento. Se, infatti, la conversione e' un'esperienza trasformante, essa non puo' mai dirsi compiuta e definitiva, ma esige un contributo continuo. La giovane, che inizia ad annotare scrupolosamente pensieri ed emozioni sulla carta, e' una donna in preda a profonde depressioni e a invalidanti malesseri psicosomatici; non le e' stata neppure estranea l'idea del suicidio. A poco piu' di due anni di distanza, alla fine, ma anche a piu' riprese nel corso del Diario e poi nelle Lettere, ritroviamo una Etty profonda e intensa, in grado di tenere le redini della propria esistenza, di sentire i bisogni e di portare il dolore degli altri. E innamorata della vita. Cio' che funge da elemento di congiunzione tra le due Etty e' stata la folgorante tessitura di una conversione integrale che, sulla trama di una conversione psicologica e umana, ha intrecciato anche i fili di una conversione marcatamente religiosa. Ne emerge un'unita' profonda di percorso, un fuoco vivo logicamente inafferrabile, non restituibile nella sua ricchezza e complessita', a cui si riesce solo ad alludere, appena ad approssimare per tema di semplificarne o di smorzarne la vivezza, sezionando e descrivendo i singoli aspetti implicati. E' per via di questa trasformazione radicale che la giovane potra' ritornare a se stessa, ritrovarsi e recuperare la propria identita', quello che e' il suo se' piu' autentico, liberandolo dalle alienazioni che lo avevano come annientato; e' cosi' che potra' appropriarsi della sua vocazione tra gli uomini e assecondare i "progetti" che Dio avra' tenuto in serbo per lei (I, p. 177). Etty Hillesum non e' l'unica protagonista di questa conversione. Lo e' in primo luogo Julius Spier, lo psicochirologo a cui la giovane si era rivolta per iniziare una terapia e che diventera' una figura determinante nella sua evoluzione personale. Lo sono anche i libri, la sua "seconda patria" (EI, p. 310), luogo di consapevolezza di se' e di costruzione identitaria. L'incontro con Dio, infine, unifichera' l'intero processo di trasformazione integrale di se'. A ben vedere, tutte queste variabili diventano vere catastrofi (4) per la giovane ebrea, determinanti occasioni di conflitto intellettuale, emotivo e spirituale, quindi, di svolta netta nella sua esistenza. Quello che era lo pseudo-ordine precedente ne viene profondamente turbato, eppure lo scossone che Etty ne ricava in realta' la riportera' a se stessa, la' dove, cioe', non era ancora veramente arrivata. Qui si situa il movimento della conversione di Etty Hillesum: nel suo essere un percorso di interiorizzazione preliminarmente, necessariamente, ego-centrico per diventare etero e teo-centrico. In questo, ora, occorre tentare di seguirla. * 1. Ritorno a se stessa... Il Diario di Etty Hillesum si apre con una lettera indirizzata a Julius Spier, che e' un misto di confessione e di richiesta di aiuto. La giovane donna, che varca lo studio di quell'uomo, non puo' piu' procrastinare un titanico lavoro su di se' per diventare quell'"essere adulto e completo" (EI, p. 3) che tanto auspica, ma che al momento non puo' conseguire con le sue sole forze, paralizzate da un complesso ingorgo interiore senza via di uscita. Il primo passo Etty, in realta', l'ha gia' compiuto con questa preliminare ammissione: con il suo riconoscersi essere mancante e bisognoso e con il suo volere, nel contempo, investire le proprie risorse in una virata. E' gia' qui che inizia il suo cammino di conversione. Come poter ancora convivere, infatti, con il proprio stato di totale disintegrazione psichica, con quella sua perenne oscillazione emotiva, che la sbatacchia al fondo degli abissi piu' oscuri per innalzarla subito dopo a vette siderali, lasciandola frammentata e priva di energia? Sembra essere questo, infatti, lo stato dannato in cui si dibatte la Hillesum, che, dopo l'incontro con Julius Spier, ha deciso di contrastare: quello di vivere in balia di polarita' estreme - tra autoesaltazione e depressione; tra forte ambizione di fama letteraria e svilimento di se'; tra fuga nell'immaginario, nelle sfrenatezze dello spirito, e aspirazione spasmodica alla concretezza; tra disordine emotivo e bisogno di pace e di rigore. La passionalita' della propria "anima russa" (5), eredita' materna, del resto non le consente di sperimentare a meta' le sue emozioni: ogni stato, gioioso o sofferto che sia, va vissuto fino in fondo. Fino all'esaltazione come pure sino allo sfinimento. Quello che la giovane cerca appassionatamente - lei che spesso dichiara di sentirsi fluttuante, inconsistente e alla deriva - e' una propria forma, unita' interiore, la centratura in se stessa come punto di integrazione e di equilibrio in cui consistere e sussistere e a cui aggrapparsi, quando si trova in balia delle spinte emotive piu' ingovernabili. Glielo ricordava a chiare lettere Spier: la donna non e' abbastanza centrata in se stessa e non si trova a proprio agio interiormente; ecco la ragione della ricerca tutta femminile di confini ben definiti e di un centro di gravita' nell'uomo (EI, p. 118). In ogni caso, al di fuori di se'. Sono parole rivelatrici per Etty che, forse nel tentativo di dare contenimento alla sua mancanza di forma, porta avanti relazioni affettive con uomini di eta' considerevolmente superiore: due contemporaneamente, all'epoca del Diario. Il percorso che, sotto la guida di Spier, Etty intraprende e che la portera' a rendersi pienamente consapevole di se' e a disporre delle sue risorse piu' profonde, si impernia su una severa disciplina esteriore e interiore - una sorta di ascesi fisica e spirituale, pratica e intellettuale da esercitare quotidianamente -, atta ad arginare e a contrastare le alternanze piu' pericolose e destabilizzanti, verso un dominio di se' positivo e costruttivo. Ecco allora che anche il semplice disbrigo delle faccende domestiche, se astratto dalla mera ripetitivita' e fatica, agli occhi di Etty riesce a diventare "un'azione simbolica verso la creazione di un nuovo ordine" (EI, p. 266), di cui ha profondamente bisogno, conferendo un senso e una forma diversi alla realta' e al suo stare in essa. Ma sara' soprattutto un ancoraggio interiore progressivamente piu' saldo ad assicurarle forza e chiarezza di direzione nel duro percorso di destrutturazione e di integrazione del proprio attuale, caotico e disperso io. Un punto cardine di ogni conversione sta proprio qui: nel rendersi cioe' sempre piu' consapevoli del centro unificante la propria persona (6). Etty, sulla scorta della lezione di Spier, compone il suo programma: occorre fissare il centro dentro di se', affermare se stessi come "unica norma" cui affidarsi fiduciosi, rinunciando ad attendersi aiuto o soccorso dall'esterno. Infatti, "la nascita di un'autentica autonomia interiore e' un lungo e doloroso processo", che richiede ogni volta, da capo, di essere rimandati a se stessi, di contare solo sulle proprie forze (I, p. 68), di farsi carico del proprio essere. La coscienza dell'imprescindibilita' del partire da se' (7) assicura ad Etty la spinta iniziale necessaria per affrontare forse la fase piu' dura nella battaglia ingaggiata per plasmare e unificare una personalita' disgregata come la sua: quella di smantellare tutte le facili giustificazioni, le abitudini e i modi consueti di comportarsi, lo stesso sapere posseduto su di se' che, in qualche modo, resistono alla svolta, a quel deciso cambio di direzione ora quanto mai necessario. I sentieri solitamente battuti si sono si' dimostrati rassicuranti, al prezzo pero' di allontanare Etty dalla vita vera e di esonerarla dallo sforzo di cercare il proprio posto nel mondo. Non poteva piu' essere cosi', per lei. La consapevolezza di dover partire da se' comporta una conversione, un'inversione nell'impiego delle risorse fino ad allora convogliate nella negazione o nel lamento di se', verso una direzione piu' fruttuosa. Julius Spier definiva "attivita' passiva" (EI, p. 27) la capacita' di sopportare e di accettare cio' che e' immodificabile e la proponeva come metodica efficace contro la facile sopraffazione del risentimento e della rabbia. In quel caso il terapeuta si riferiva al dolore, ma suggeriva una pratica che poteva essere applicata anche a se stessi, alla propria modificazione. La Hillesum ne fa tesoro. Accettarsi per cio' che si e', con i propri limiti e possibilita', pregi e difetti - vede bene Etty - non significa adagiarsi in una rassegnata immobilita', ma costituisce il primo passo per lavorare veramente su se stessi, per migliorarsi e per superarsi, facendo scaturire da se' quanto, fino a quel momento, si era delegato ad altri - libri compresi -, sottraendosi all'azione in prima persona. L'accettazione, impastata di pazienza, non solo diventa una parola-chiave nel percorso esistenziale di Etty Hillesum, ma costituisce persino la premessa fondamentale e ineludibile del suo stesso itinerario di conversione. Una conversione che non puo' attuarsi senza un'intima accettazione di cio' che e': del tempo e del contesto di appartenenza, delle persone piu' o meno prossime, ma, in primis, di se stessa. Ed Etty finalmente si accetta: accetta la sua personalita' complessa, multipla, il suo umore estremamente mutevole e instabile; accetta le sue ambivalenze scioccanti, la sfibrante alternanza tra fasi produttive e stasi inconcludenti, tra cupo ripiegamento interiore e solare espansivita'. Il duro lavoro di analisi e di introspezione, condotto sotto la guida di Spier, se l'ha confrontata con le ombre piu' nascoste e inconfessabili di se', le ha donato parimenti una conversione dello sguardo, un ampliamento degli orizzonti mentali. Grazie a quell'uomo, la giovane donna riesce a liberarsi dei numerosi "incantesimi" che ne ingombravano e cristallizzavano l'esistenza. Ecco, allora, che anche il suo traslocare da un polo all'estremo opposto che, in passato, era stato per Etty motivo di tormento, quasi una condanna da espiare, ora viene da lei letto come una variante della legge del divenire incessante e del continuo sbilanciamento dell'esistenza. Adesso il possesso di una personalita' oscillante puo' convertirsi in una sorta di felix culpa. Perche' non intravedere, infatti, un lato fecondo nella propria capacita' di oltrepassare i limiti, di frequentare gli stati piu' esasperati, di vivere e di sentire con un'intensita' e una purezza precluse alla maggior parte degli uomini, se cosi' facendo si riesce ad aprirsi a una possibilita' di vita totale (8), a sperimentarne ogni sfaccettatura fino in fondo al possibile? Perche' non cogliere nell'alternanza di polarita' estreme una fonte di ricchezza, una potenzialita' di cambiamento, e non qualcosa di negativo? La tensione tra gli opposti (9) rimane insuperabile; si mantiene come un "perpetuo oscillare", senza pervenire a una sintesi finale che annulli il gioco dialettico tra i poli (10), ma non viene piu', per questo, considerata tragica: essa ha dalla sua almeno la possibilita' di mantenere un varco sempre aperto verso un oltre possibile. Anche lo stesso centro, come nucleo permanente di se', che Etty ha tanto cercato e che ha sentito installarsi dentro, non si configura come un punto fisso e statico, come un'equilibrata via di mezzo tra opposti; e' piuttosto un centro oscillante, che sa agire in situazione e in base al contesto, trovando una mediazione tra se' e le circostanze. L'ideale da lei tanto cercato di una stabilita' e di una infrangibile armonia in cui finalmente adagiarsi puo' essere smontato. Quello di una coerenza assoluta e del possesso di una forma definita e definitiva le appare sempre piu' una violenza al suo essere piu' vivo e autentico, alla propria modalita' libera di sentire e di afferrare la vita. Insomma, un "mancare di essere se stessa" (EI, p. 161). Poco importa, allora, se, nel suo essere diventata uno strumento estremamente sensibile a ogni vibrazione ed eccesso di vita, Etty deve pagare lo scotto dell'incapacita' altrui di seguirla e di adattarsi alla molteplicita' e al ritmo dei suoi sommovimenti interiori (EI, p. 95). Per lei si apre uno scenario inedito, dagli sviluppi ancora imprevedibili: la respons-abilita' di disporre di un bagaglio di esperienza e di conoscenza da mettere a disposizione di altri. * 2. ... per non restare presso se stessa Se Etty costantemente si richiama alla necessita' di partire da se', con questo non si fa certo paladina di alcuna forma di vanita' o di egoismo. Ci testimonia, anzi, che l'amore di se' non e' "una forma di individualismo malaticcio" (I, p. 127), un lavorio interiore che si traduce in un isolamento intimistico o in una presunta autosufficienza priva di mondo. Esso deve solo avere la precedenza. La giovane ne aveva trovato una conferma e, in fondo, una direzione esistenziale nel comandamento biblico di amare il prossimo come se stessi (I, p. 78), una volta che aveva iniziato a leggere il testo sacro come voce quanto mai viva e capace di rispecchiare il suo stesso vissuto. Un'annotazione del Diario e' come se annodasse due "versanti" della conversione - quella psicologica e quella affettiva - di Etty: "Noi tutti abbiamo bisogno di una grande educazione del nostro io. Si' e a che mi serve se non ho l'amore?" (EI, p. 249). La giovane, impegnata a lavorare alacremente su se stessa, sentiva che l'amore di se' doveva prolungarsi necessariamente nell'amore per gli altri. Una connessione, questa, che, in realta', non faceva che esplicitare quanto Etty aveva realizzato sin da subito: inoltrarsi nei meandri della propria psiche, risolvere i propri problemi non significava forse risolvere anche quelli altrui (EI, p. 70)? Come dire che quanto conquistato per se' non va tenuto presso di se' e tradotto in superiorita' sugli altri; se i propri talenti sono stati ricomposti e liberati dalla massa di detriti sotto cui erano sepolti, ora occorre investirli, condividerli. Etty arrivera' persino a dubitare della propria vocazione per la scrittura e a riconoscere, piuttosto, di possedere un genuino talento per sentire e patire dentro di se' l'intero esperibile umano, in tutte le pieghe e sfumature, tutte le persone e il loro dolore (EI, p. 433); avvertira' in se' la presenza di una potente sorgente d'amore, che attende solo di zampillare copiosamente a beneficio dell'umanita'. L'apprendimento guadagnato attraverso la comunanza con Spier - vero maestro e mentore per Etty - sara' proprio lo svelamento di una vocazione: c'e' un daimon (11) che la spinge a trascendere se stessa, a debordare dai confini del proprio piccolo io, "tanto ristretto, coi suoi desideri che cercano solo la loro limitata soddisfazione" (I, p. 122), per consegnarsi agli altri e al mondo. L'approdo, pero', non sara' ne' agevole ne' lineare. Soprattutto l'edizione integrale restituisce tutto il dolore e il tormento con cui Etty, diventata assistente e amante di Spier, ha combattuto la tentazione di comprimere in una forma convenzionale la relazione equivoca intrecciata con lui - uomo che ha il doppio dei suoi anni e molteplici esperienze alle spalle, fidanzato con una sua ex-paziente e che predica che l'"amore per un uomo solo" non e' altro che "una forma di amore di se'" (I, p. 51) -; documenta tutta la fatica di convertire la bella "favola" femminile dell'amore assoluto ed esclusivo per il singolo uomo (12) in amore per tutta quanta l'umanita', sciolto da pretese e da aspettative personali. Ma mostra anche tutta la folgorante chiarezza con cui a Etty si schiude una verita': che, cioe', l'amore per il prossimo racchiude "un ardore elementare che alimenta la vita" (L, pp. 114-115), di cui gioire gia' solo per il fatto di provarlo ancora dentro di se', a dispetto dell'abbrutimento generale e di un presente di disperazione. E' che il daimon non sempre si rende evidente; si rivela a sprazzi: talvolta nei momenti di crisi e nelle stesse patologie, talaltra nelle passioni forti o nei comportamenti apparentemente piu' irragionevoli e contraddittori, quando non contrari a una morale convenzionale. Si tratta, in ogni caso, di sintomi indicatori di un'autenticita' che chiede imperiosamente di essere vissuta (13). Forse, qualcosa del genere e' capitato anche a Etty Hillesum: il suo daimon si e' manifestato ora sotto forma di sofferenza psichica e di blocco esistenziale; ora nella scelta di abortire - lei che paradossalmente aspirava a "un profondo sentimento di disponibilita' e di amore" (I, p. 82); ora nella decisione di partire per il campo di Westerbork, a dispetto di facili scorciatoie di fuga, pure alla sua portata. Si ha come l'impressione che Etty Hillesum si senta chiamata a una maternita' diversa da quella biologica: una maternita', per cosi' dire, senza fine, rinnovata per ogni creatura dilaniata e oppressa del suo presente e per chiunque sia privo di speranza. O si senta abbandonato da Dio. Per ciascuno di loro Etty si offre come grembo accogliente e generatore di un'esile, fragile possibilita' di una nuova nascita. Si', "esser sola e per tutti" (I, p. 191); arrivare a "condividere il proprio amore con tutta la creazione, con il cosmo intero" e avere cosi' "anche accesso al cosmo" (I, p. 130) sono gli esiti della conversione della visione dell'amore in Etty. Il suo diventa un sentire piu' espansivo, che oltrepassa la relazione con la persona amata, la cerchia dei familiari e degli amici, fino a "mettere in pratica il detto: ama i tuoi nemici" (I, p. 186). Etty riesce a scorgere qualcosa di umano persino nei cosiddetti carnefici, trovando anche in loro una traccia di quel "nudo, piccolo essere umano" (I, p. 113), che e' diventato ormai irriconoscibile. Non si tratta solo di un risveglio del sentire, purificato dall'operazione di sradicamento in se stessa di ogni tossina di violenza e di odio, reattivo o indiscriminato verso un intero popolo. Si assiste in lei anche al guadagno di una maturita' e di una qualita' di comprensione cosi' essenziali cui, forse, solo la sofferenza grande, accolta senza sconti o addirittura anticipata (14), concede di accedere: un po' come successe a Giobbe, cui alla fine Dio mostro' la terribile bellezza del mondo. Per parte sua, la Hillesum ha dovuto farsi "piccolo campo di battaglia", si e' lasciata insanguinare dai grandi "problemi" che attanagliano l'umanita' (I, pp. 48-49) fino allo sfinimento, fino alla perdita dei confini personali, fino ai limiti della pazzia. O della morte (I, p. 83). Stemperato il proprio essere individuale in un senso cosmico di appartenenza al Tutto, Etty si scopre bacino di accoglienza del dato e del possibile, del divenire dei secoli e delle generazioni. Ci sono sprazzi di luminosita' accecante, che le si schiudono in un mistico affacciarsi sui profondi misteri che reggono la vita e il destino. Etty arriva quasi a toccarli, in un crescendo di trasparenza, come se fosse "compenetrata di un ordine superiore" (I, p. 219) e vivesse si' ben piantata nel suo tempo, ma sub specie aeternitatis. Non esistono piu' le contrapposizioni degli inizi del Diario, che riflettevano una logica escludente. Gli opposti, prima sperimentati come giustapposti nel tempo, vengono ora sentiti e compresi come coappartenenti, senza piu' alcuna contraddizione tra loro. La vita diventa un unico, coerente insieme, dove c'e' posto per tutto e dove tutto eternamente ritorna: un Hitler, un pogrom, le guerre, le carestie... (I, p. 137 e p.161). E dove ogni cosa e' carica di significato. Etty non avrebbe potuto esprimersi in questi termini se, nel frattempo, non avesse trovato la suprema garanzia del senso nel Dio dissotterrato dalla sorgente "coperta da pietre e sabbia" (I, p. 60), che giace nelle profondita' di se stessa. Etty a lungo ha coltivato il silenzio interiore. Se, all'inizio, si e' trattato di una sorta di ascesi sollecitata da Spier per allenare la paziente all'introspezione, in seguito il silenzio si e' trasformato in un imperativo dell'anima. Lo svuotamento progressivo che esso impone le ha consentito di accedere all'ampiezza, alla bellezza e alla quieta profondita' della propria sfera piu' intima. A un certo punto, gli strati ultimi di se', rimossi tutti gli ostacoli che si frapponevano, sono diventati il luogo dell'incontro e della relazione viva con Dio. E' stata spesso sottolineata la stretta relazione tra recupero psicologico e religiosita'. L'uno come possibile via di accesso alle fonti occluse di una fede inconscia o rimossa; l'altra come rifugio psicologicamente efficace col suo offrire un senso di sicurezza e un ancoraggio nella trascendenza (15). In Etty Hillesum itinerario psicoterapeutico ed esperienza religiosa sono accomunati da un forte percorso interiore. La giovane paziente di Spier, che aveva posto se stessa come "unica norma", trova ora nelle sorgenti intime e nascoste di se' "l'unica certezza" da porre a guida dei propri comportamenti (I, p. 87). Un'acquisizione impossibile senza aver fatto propria l'esortazione che fu di Agostino del rientrare in se stessi, come moto contrario a quello dell'uscita da se', che l'aveva condotta alla dispersione tra le cose del mondo. Etty Hillesum non ci descrive le tappe del viaggio interiore che l'ha portata alla fede, eppure leggendola si avverte che un incontro con una presenza viva, per lei salvifica, in qualche modo ha avuto luogo. La "ragazza che non sapeva inginocchiarsi" (I, p. 235) avvia un dialogo sempre piu' fitto con Dio, del tutto libero, al di fuori di qualsiasi discorso gia' codificato e di ogni mediazione. Come ha voluto restare estremamente libero il suo modo di intendere Dio. Per lei, Dio e' il "riposare in se stessi", nella parte piu' profonda e ricca di se' (I, p. 201); e' il silenzio interiore; sono le sorgenti originarie che si hanno dentro (I, p. 220); e' la parola che contiene tutto (L, p. 123). Etty non esita a impiegare il nome "Dio" per quanto ad un certo punto confessi la propria perplessita' a riguardo: "Dio" le sembra una sorta di "metafora", "una costruzione di fortuna" o un semplice "approccio" alla sua avventura interiore piu' straordinaria, che non cambia il fatto che anche nei momenti piu' disperati le sembra di rivolgersi pur sempre a una parte di se stessa (EI, pp. 439-440). Non importa che "Dio" possa sembrare un nome forse sovraccarico di tradizione, forse superfluo o forse inadeguato a rendere la semplicita' delle acquisizioni da lei raggiunte. Etty ha bisogno di un interlocutore nel proprio dialogo interiore; ha bisogno di mantenere aperta la relazione con un'alterita' che, conservando una distanza da se', la salvi dalla deriva intimistica e dallo sprofondamento in se stessa (16). Dio e' il dativo e il vocativo in cui trasferire e svuotare un sentire che, approfondendosi sempre di piu', acquista una gravita' e uno spessore tali da travolgerla. La gratitudine e la pienezza che Etty sente allargarsi dentro diventano cosi' traboccanti da abbisognare di riversarsi all'esterno, in altri. Nuovamente: sopra il basso continuo della conversione, si ricompone la medesima linea melodica dello spendersi per gli altri: "Mi hai resa cosi' ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare a piene mani" (L, p. 122). Dio diventa, per cosi' dire, la sorte di Etty Hillesum. Un Dio da mantenere vivo dentro di se' e da salvare nei cuori devastati delle altre persone. Un Dio di cui essere responsabili e da proteggere dai soffi potenti che il male, la sofferenza, l'ingiustizia, la morte gli inviano contro per spegnerne la presenza (17). Purche' continui a dimorare dentro di se'. Il sentirsi abbandonati da Lui, agli occhi di Etty, rappresenta la piu' grande miseria. La piu' terribile solitudine. * 3. Centro, patria, dimora Con il ritorno alle sorgenti piu' profonde di se', a cui abbeverarsi e dove riparare come in un chiostro all'incalzare degli eventi, si puo' dire che Etty Hillesum abbia portato a compimento la ricerca di un centro solido, del centro unificante il proprio essere. La perseveranza posta nell'assolvimento dei compiti quotidiani, l'accettazione coraggiosa e tranquilla di ogni giornata, l'intera maturazione del proprio essere, tutto questo ha alimentato a poco a poco dentro di lei un centro vitale; ha fatto si' che lo spazio interiore si schiudesse e rivelasse gli strati piu' riposti di se' nella loro immensa profondita'. Tutto questo le ha consentito di sentire che il proprio centro era occupato da Dio; era Dio in lei (18). Quell'io, allora, prima diviso e frammentato, alle prese con la dura lotta per la ristrutturazione di se', acquista ora unita' nell'ancorarsi alla certezza della presenza di Dio e nel riconoscimento della Sua essenzialita' nella propria esistenza. Tale scoperta non puo' piu' lasciare la giovane donna nella condizione di vita precedente: e' come se Etty avesse dimesso gli abiti vecchi e nel suo essere si fosse reso visibile un di piu', qualcosa di totalmente rinnovato. Tutta la sua esistenza ne e' come rischiarata e trasformata. In un unico movimento si modulano i due aspetti, che contrassegnano la conversione nella tradizione filosofica e religiosa: nel ritorno alle sorgenti autentiche di se' (epistrophe') si situa la possibilita' di una metanoia, di trasformarsi cioe' in esseri umani nuovi. Il senso di novita' estetica, interiore ed esteriore, che contrassegna la conversione finisce, poi, per estendersi anche alla percezione del mondo e della vita. Per Etty, ora, del tutto all'insegna della bellezza e della gioia (19). Nel ritorno a se', la giovane ha quindi trovato l'essenziale. Non e' forse un caso che la Hillesum ad un certo punto non insista piu' solo sul centro, ma includa nel lessico spaziale, che spesso impiega, i termini di "patria" e di "dimora". Non si tratta solo di porre il centro dentro di se', come punto di integrazione e di permanenza. Si tratta di trovare un riparo, una dimora in se stessi. Ora, "dimorare", nel suo etimo, richiama l'idea di una immanenza, l'atto del restare (20). E' quanto Etty ha provveduto a fare. Se il proprio e' un tempo di poverta' e di privazione, se si viene strappati a forza dalle proprie case, rimane pur sempre un "angolino" dentro di se' (I, p. 200) intangibile (21), che non puo' essere tolto e in cui poter letteralmente abitare. Li', tutto quanto si e' sperimentato all'esterno - persone, libri, incontri, amori e quant'altro - puo' diventare sostanza, quasi mobilio e suppellettile con cui tappezzare la propria interiorita': si arreda una casa imprimendovi la propria impronta, la propria storia, quando si vuole dimorarvi stabilmente e non prendervi solo un domicilio temporaneo. E, soprattutto dentro si puo' riservare la stanza migliore all'Ospite piu' importante. Per Etty, dobbiamo portare tutto in noi stessi; dobbiamo essere, ciascuno, "la nostra propria patria". Se imbarchiamo tutto in noi stessi, come navi che recano a bordo un carico prezioso (I, p. 206), possiamo affrontare le situazioni piu' penose. Quando sale sul treno stipato di deportati alla volta di Auschwitz, Etty ha con se' solo la sua piccola bibbia e uno zaino. In quel momento, forse, ha pensato che le "poche cose grandi che contano", quelle che "si trovano dappertutto" e che vanno riscoperte ogni volta in se stessi (L, p. 75) erano li' con lei, in lei: erano il suo carico prezioso. Si', poteva lasciare "il campo cantando" (L, p. 149). * Note 1. Le citazioni tratte dall'edizione italiana, Diario 1941-1943, trad. di Chiara Passanti, Adelphi, Milano 1985, verranno indicate con la sigla I, mentre quelle dell'edizione integrale, in lingua inglese, The Letters and Diaries of Etty Hillesum 1941-1943, a cura di Klaas A. D. Smelik, trad. di Arnold J. Pomerans, William B. Eerdmans Publishing Company - Novalis, Michigan / Cambridge, U. K. - Ottawa 2002, saranno indicate con la sigla EI. Le Lettere 1942-1943, trad. it. di Chiara Passanti, Adelphi, Milano 1990, verranno citate con la sigla L. 2. Anche la ridotta edizione italiana sembra favorire il lato religioso. Alla luce degli scritti integrali, invece, il percorso spirituale risulta piu' stemperato e, semmai, concentrato in particolare negli ultimi due degli undici quaderni del Diario. 3. Un'analisi dettagliata sul tema della conversione nella storia della filosofia si rintraccia in Pierre Hadot, Epistrophe' et Metanoia dans l'histoire de la philosophie, in Actes XI Congres international de la Philosophie, Bruxelles 1953, vol. X II, pp. 31-36. Cfr. anche Pascal Dreyer, Etty Hillesum. Una testimone del Novecento, trad. it. di Roberto Cincotta, Edizioni Lavoro, Roma 2000, pp. 107-161. 4. Qui si allude al significato matematico di "catastrofe", come evento perturbatore che viene a interrompere la continuita' e l'ordine di un sistema precedente. L'etimo greco di katastrophe' indica un capovolgimento. 5. La passionalita' russa posta a confronto con il sentire piu' trattenuto e razionale degli occidentali e' descritta in EI, p. 453. 6. Cfr. Mihaly Szentmartoni, In cammino verso Dio. Riflessioni psicologico-spirituali su alcune forme di esperienza religiosa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, p. 59. 7. Il partire da se' e' una pratica centrale nella politica delle donne, di cui da' ampia testimonianza la raccolta di Diotima, La sapienza di partire da se', Liguori, Napoli 1996. 8. Cfr. Francois Jullien, Il saggio e' senza idee o l'altro della filosofia, trad. it. di Mario Porro, Einaudi, Torino 2002, pp. 26-27. 9. Cfr. Romano Guardini, L'opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente, trad. it. di Giulio Colombi, Morcelliana, Brescia 1997, in cui l'autore pone proprio nella "tensione tra coppie di opposti" il tratto qualificante il vivere umano. 10. Cfr. Massimo Borghesi, Romano Guardini. Dialettica e antropologia, Edizioni Studium, Roma 1990, pp. 28-29. 11. Daimon e' uno dei tanti nomi - come, per esempio: carattere, fato, genio, vocazione, destino, ghianda - con cui James Hillman, di formazione junghiana, qualifica quella "forza enigmatica", che agisce nell'esistenza di ciascuno spingendolo a essere cio' che e'. Cfr. Id., Il codice dell'anima. Carattere, vocazione, destino, trad. it. di Adriana Bottini, Adelphi, Milano 1997. 12. Si tratta di una questione su cui la Hillesum si interroga molto, esaminandola da due prospettive: quella di una "questione femminile" e quella di una "differenza femminile". Cfr. in proposito Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Messaggero, Padova 2002, p. 28. 13. Cfr. James Hillman, Carattere, vocazione, destino, cit., p. 26 e passim. 14. Cfr. I, p. 238: "Vorwegnehmen [anticipare]: non conosco una buona traduzione olandese di questa parola. Sono distesa qui da ieri sera, e intanto comincio ad assorbire una piccola parte del gran dolore che dev'essere assorbito su tutta la terra. Comincio a mettere al coperto un po' del dolore che patiremo quest'inverno". 15. Cfr., per esempio, Viktor Frankl, Dio nell'inconscio. Psicoterapia e religione, trad. it. di Eugenio Fizzotti, Morcelliana, Brescia 2002, pp. 90-91. 16. Cfr. Chiara Zamboni, Etty Hillesum. Quello che resta della vita, "Via Dogana", n. 48, febbraio 2000, Lontanovicino. Il Dio delle donne, p. 12. 17. Cfr. Paolo De Benedetti, In margine a Paul Ricoeur. Sul male dopo Auschwitz, in Paul Ricoeur, Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia, trad. it. di Ilario Bertoletti, Morcelliana, Brescia 2003, p. 76. Cfr. con le parole di Etty Hillesum: "Cio' che conta e' sollevare in alto il vessillo di Dio sopra le migliaia di paure e oppressioni e scoraggiamenti della vita di ogni giorno" (EI, p. 507). 18. Cfr. EI, p. 223: " Dio, Ti ringrazio per avermi dato cosi' tanta forza: il centro interiore che regola la mia vita sta diventando piu' forte (...). Io credo di lavorare bene con Te, Dio, che lavoriamo bene insieme. Ti ho riservato una dimora sempre piu' grande e sto anche iniziando a esserTi fedele (...). Ti ringrazio, Dio, pace e quiete regnano nel mio vasto Dominio interiore, grazie alla forte autorita' che Tu eserciti. I confini piu' estremi avvertono la Tua autorita' e si lasciano guidare da Te". 19. Per un resoconto degli elementi tipici di una conversione si veda Mihaly Szentmartoni, In cammino verso Dio. Riflessioni psicologico-spirituali su alcune forme di esperienza religiosa, cit., pp. 60-64. Cfr. anche Pierre Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, trad. it. di Anna Maria Marietti, Einaudi, Torino 1987, pp. 31-32. 20. Gianfranco Ravasi si espresse in termini simili in un commento biblico domenicale, purtroppo da me non registrato. 21. Per Evelyne Frank si tratta di un mondo nel senso etimologico del termine: di uno spazio pulito, netto, appunto un mundus, per resistere in un universo immundus. Cfr. Ead., Con Etty Hillesum. Alla ricerca della felicita', un cammino inatteso, trad. it. di Paola Floricoli, Gribaudi, Milano 2005, p. 65. 3. INCONTRI. A VITERBO IL 2 MARZO [Dalla Piccola Editrice (per contatti: convento.cel at tin.it) riceviamo e diffondiamo. Elena Liotta (per contatti: e_liotta at yahoo.it), nata a Buenos Aires il 25 settembre 1950, risiede a Orvieto, in Umbria; e' psicoterapeuta e psicologa analista, membro dell'Ordine degli Psicologi dell'Umbria, membro dell'Aipa (Associazione Italiana di Psicologia Analitica), dell'Iaap (International Association Analytical Psychology), dell'Apa (American Psychological Association), socia fondatrice del Pari Center for New Learning; oltre all'attivita' psicoterapica, svolta prevalentemente con pazienti adulti, in setting individuale, di coppia e di gruppo, ha svolto e svolge altre attivita' culturali e organizzative sempre nel campo della psicologia e della psicoanalisi; tra le sue esperienze didattiche: professoressa di Psicologia presso la "American University of Rome"; docente in corsi di formazione, e coordinatrice-organizzatrice di corsi di formazione a carattere psicologico, per servizi pubblici e istituzioni pubbliche e private; didatta presso l'Aipa, societa' analitica accreditata come scuola di specializzazione post-laurea, per la formazione in psicoterapia e per la formazione di psicologi analisti; tra le altre esperienze parallele alla professione psicoterapica e didattica: attualmente svolge il ruolo di Coordinatrice psicopedagogica e consulente dei servizi sociali per il Comune di Orvieto, e di Coordinatrice tecnico-organizzativa di ambito territoriale per la Regione Umbria nell'Ambito n. 12 di Orvieto (dodici Comuni), per la ex- Legge 285, sul sostegno all'infanzia e adolescenza e alle famiglie, occupandosi anche della formazione e monitoraggio dei nuovi servizi; e' stata assessore alle politiche sociali presso il Comune di Orvieto; dopo la prima laurea ha anche lavorato per alcuni anni in campo editoriale, redazionale e bibliografico-biblioteconomico (per "L'Espresso", "Reporter", Treccani, Istituti di ricerca e biblioteche). Autrice anche di molti saggi apparsi in riviste specializzate e in volumi collettanei, tra le opere di Elena Liotta segnaliamo particolarmente Educare al Se', Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001; Le solitudini nella societa' globale, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2003; con L. Dottarelli e L. Sebastiani, Le ragioni della speranza in tempi di caos, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2004; Su Anima e Terra. Il valore psichico del luogo, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2005; La maschera trasparente, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2006] Venerdi' 2 marzo, alle ore 18, presso la libreria "I salici", in via Cairoli n. 35 a Viterbo, si terra' la presentazione del libro di Elena Liotta, La maschera trasparente. Essere o apparire?, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2006, con la presenza dell'autrice e dell'editore. Interverranno Luisa Antinori, psicoterapeuta, e la voce narrante Tiziana Andreola. Per richiedere il libro alla casa editrice: La Piccola Editrice, via Roma 5, 01020 Celleno (Vt), tel. e fax: 0761912591, e-mail: convento.cel at tin.it, sito: www.conventocelleno.it/lapiccola.index.htm ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 91 del primo marzo 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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