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La nonviolenza e' in cammino. 1444
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1444
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 10 Oct 2006 00:12:32 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1444 del 10 ottobre 2006 Sommario di questo numero: 1. Afghanistan 2. Corea 3. "Azione nonviolenta" di ottobre 2006 4. Il Centro per lo sviluppo creativo "Danilo Dolci" ricorda Franco Alasia 5. Mao Valpiana: Un invito a Verona il 21-22 ottobre per il seminario su "La politica della nonviolenza" 6. Un ciclo di incontri a Ferrara 7. Franca Fossati: La violenza degli uomini 8. Antonino Drago presenta il suo nuovo libro "Difesa popolare nonviolenta" 9. Guglielmo Ragozzino presenta "Identita' e violenza" di Amartya Sen 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. AFGHANISTAN Come si puo' accettare che l'Italia continui a partecipare alla guerra e all'occupazione afgana, ad essere corresponsabile delle stragi afgane, stragi che sono terrorismo e che ulteriore terrorismo provocano? Come si puo' accettare che governo e parlamento persistano nella violazione della nostra legge fondamentale che la guerra ripudia? Come si puo' accettare di essere complici della guerra terrorista? 2. EDITORIALE. COREA Non si e' mai fermata la corsa al riarmo atomico. Solo rallentata, e per brevi periodi, l'avevano le iniziative di alcuni governanti (quasi solo Gorbaciov) e di estesi movimenti (le campagne antinucleari nelle fasi di piu' ampia e visibile mobilitazione). Ma fermarla e' necessario. E per fermarla occorrono iniziative adeguate, delle istituzioni come dei movimenti (iniziative: non proliferazione di proclami, sigle, organigrammi e convegnistica pressoche' autoreferenziali). * Ma non si fermera' il riarmo atomico se non si contrasta il riarmo tout court, se non si contrasta il miltarismo e la guerra, se non si avvia una politica internazionale fondata non su armi ed eserciti, ma su nonviolenza e cooperazione: ovvero sul disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti. E non si fermera' il riarmo atomico se non si contrasta anche il nucleare cosiddetto civile. Sarebbe bene che nel nostro paese si recuperasse la memoria delle lotte e delle riflessioni che vent'anni fa fermarono il nucleare. 3. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI OTTOBRE 2006 [Dalla redazione di: "Azione nonviolenta" (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e volentieri diffondamo] E' uscito il numero di ottobre 2006 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964; mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. In questo numero: Costruiamo l'arca prima che cominci il diluvio. Analisi e proposte del movimento per la pace, di Nanni Salio; Diagnosi, prognosi e terapia per la questione Iran, di Johan Galtung; L'esperienza dell'Unione Europea per una pace sostenibile in Medio Oriente, di Johan Galtung; L'acqua e' un bene pubblico, non privatizzabile, un diritto umano universale. Per tutti, di Simone Grillo; Riflessioni e proposte dopo il referendum costituzionale, di Luigi De Carlini; Impressioni (personali) dal convegno di Calambrone, di Rainer Girardi; L'attualita' di Danilo Dolci e la progettazione dal basso trent'anni dopo la scuola sperimentale di Mirto in Sicilia, di Lorenzo Porta; Didattica con i video di "Una forza piu' potente", di Giorgio Barazza. E le consuete rubriche: Educazione. Il teatro dell'oppresso come strumento di educazione alla pace, a cura di Pasquale Pugliese; Disarmo. Santa Beretta proteggici tu!, a cura di Massimiliano Pilati; Economia. La vera storia del canale di Panama, a cura di Paolo Macina; Giovani. Qui le aquile imparano a volare e i sogni a cavalcare le stelle, a cura di Laura Corradini; Per esempio. Dare voce ai bambini vittime della guerra civile, a cura di Maria G . Di Rienzo; Cinema. Storia di un immigrato fra delusioni e violenze, a cura di Flavia Rizzi. In copertina: Quanto male fa la guerra. In ultima: Materiale disponibile. In seconda: Pax et Biani: imbarcazioni e diluvio * Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando e-una mail a: an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'" Per ulteriori informazioni e contatti: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 4. MEMORIA. IL CENTRO PER LO SVILUPPO CREATIVO "DANILO DOLCI" RICORDA FRANCO ALASIA [Ringraziamo Amico Dolci (per contatti: amicodolci at libero.it) per averci inviato il seguente comunicato del Centro per lo sviluppo creativo "Danilo Dolci". Amico Dolci, musicista e amico della nonviolenza, figlio di Danilo Dolci, ne prosegue l'opera educativa e di suscitamento e riconoscimento di umanita'. Franco Alasia, nato a Nole Canavese (Torino) nel 1927 e scomparso nell'ottobre 2006 dopo una lunga malattia, collaboratore di Danilo Dolci, impegnato nella lotta nonviolenta contro la mafia, per il lavoro e la dignita' di tutti; era stato studente-operaio alle scuole serali di Sesto San Giovanni (Milano) dove incontro' Danilo Dolci, che vi insegnava; fu principale collaboratore di Dolci nelle lotte contro la mafia e per la piena occupazione in Sicilia dal 1950 e per oltre un ventennio; insieme a Dolci condusse il digiuno del novembre 1957 nel quartiere di Cortile Cascino a Palermo per denunciare la situazione dei quartieri poveri; nel 1965 quando furono resi pubblici i risultati dell'inchiesta sui rapporti tra mafia e politica condotta da Dolci e Alasia col metodo dolciano dell'autoanalisi popolare entrambi subirono un'ennesima persecuzione giudiziaria; il 25 marzo del 1970 Danilo Dolci e Franco Alasia con l'esperienza di Radio Libera, "la radio dei poveri cristi" realizzata dal Centro studi e iniziative di Dolci a Partinico (Palermo), denunciarono il potere mafioso-clientelare che si era appropriato dei fondi destinati ai terremotati della valle del Belice, e subirono un'ennessima persecuzione giudiziaria (ma proprio da quella prima esperienza nacque successivamente la stagione delle radio libere); nel 2004 e' stato insignito di medaglia al valore civile dal Presidente della Repubblica. Tra le opere di Franco Alasia: (con Danilo Montaldi), Milano, Corea, Feltrinelli, Milano 1975. Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.net, www.danilodolci.toscana.it, danilo1970.interfree.it, www.nonviolenti.org] Il Centro per lo Sviluppo Creativo "Danilo Dolci", in collaborazione con il Liceo socio-psico-pedagogico "Danilo Dolci" di Palermo, dedichera' la giornata del 14 ottobre al ricordo di Franco Alasia, appena scomparso. All'incontro parteciperanno, oltre agli studenti e agli insegnanti coinvolti nei laboratori maieutici, membri dell'associazione, familiari e testimoni di tante iniziative promosse da Dolci sin dagli anni '50. Attualmente il Centro si dedica alla conservazione e alla valorizzazione dell'archivio storico e del patrimonio culturale di Danilo Dolci, oltre all'acquisizione di altro materiale documentaristico sparso nel mondo. * Franco Alasia, per tanti anni infaticabile e insostituibile collaboratore del Centro, scrittore di valore, autore di importanti inchieste sulle condizioni di vita nelle aree piu' povere del Paese, e' stato una persona che coraggiosamente, con un lavoro quotidiano e approfondito, ha contribuito a costruire un'Italia piu' democratica e piu' civile. La sua, come quella di Dolci, e' stata la storia di un "emigrante alla rovescia", che ha deciso di lasciarsi alle spalle la sicurezza economica e una vita tranquilla, per impegnarsi in prima persona, con tenacia e generosita', nella difficile situazione della Sicilia occidentale del dopoguerra, pagando di persona a prezzo di digiuni, minacce e processi. 5. INCONTRI. MAO VALPIANA: UN INVITO A VERONA IL 21-22 OTTOBRE PER IL SEMINARIO SU "LA POLITICA DELLA NONVIOLENZA" [Da Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e volentieri diffondiamo il testo aggiornato (anche nelle indicazioni logistiche) di invito al seminario su "La politica della nonviolenza" che si terra' a Verona il 21-22 ottobre 2006 per iniziativa del Movimento Nonviolento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Si svolgera' a Verona il 21 e 22 ottobre 2006 il seminario promosso dal Movimento Nonviolento su "La politica della nonviolenza (alla prova della guerra)". "Seminario" e' il luogo, fisico o spirituale, della semina. Selezionare le sementi migliori, piantarle, innaffiarle, concimarle, vederle germogliare, averne cura, farle diventare delle piante che a loro volta fruttificano, producono e moltiplicano nuovi semi. Nei seminari si formano le persone destinate a compiere una certa missione o a coltivare una determinata disciplina. Nel nostro caso si tratta di una materia davvero speciale: la nonviolenza. L'obiettivo del seminario di Verona e' definire e verificare i fondamenti, i fini e i mezzi, di una possibile strategia della nonviolenza in Italia. L'appuntamento di ottobre 2006 e' una tappa del lungo cammino che abbiamo intrapreso nel 2000 con la marcia nonviolenta Perugia-Assisi "Mai piu' eserciti e guerre", proseguito nel 2004 con la camminata Assisi-Gubbio "In cammino per la nonviolenza", poi nel 2004 con il Congresso "Nonviolenza e' politica" e infine nel 2006 con il convegno di Firenze "Nonviolenza e politica". Il seminario e' aperto a tutte le amiche e gli amici della nonviolenza che si sentono a disagio per quanto sta avvenendo in questi mesi nel movimento per la pace, sia nella base che a livello istituzionale, dopo le vicende del voto parlamentare sull'Afghanistan, dopo la missione militare in Libano, dopo l'iniziativa della Tavola della pace ad Assisi, dopo la proposta di una campagna per il disarmo atomico, dopo i tanti appelli lanciati ma troppo spesso lasciati cadere... Ci sembra che una seria riflessione di chi si riconosce nella nonviolenza organizzata, sia a questo punto doverosa. Invitiamo tutti i singoli e le associazioni che sentono la difficolta' del dibattito, l'urgenza del confronto, e l'importanza dell'agire, a partecipare al seminario, portando un contributo positivo. Arrivederci a Verona. * Programma: - Sabato 21 ottobre, ore 10: Relazione introduttiva; Prima sessione "La teoria della nonviolenza, sulla guerra" (mattina, ore 10-13); Seconda sessione "La pratica della nonviolenza, nella politica" (pomeriggio, ore 15-19); Serata libera, con due proposte: a) Visita guidata alla Mostra del "Mantegna a Verona" (ore 21-23); b) Laboratorio del "Teatro dell'oppresso" sui temi discussi (ore 21-23). - Domenica 22 ottobre, ore 9: Terza sessione "La strategia della nonviolenza, le iniziative" (mattina, ore 9-11); Conclusioni (ore 11-13). Ogni sessione verra' sollecitata da una griglia di domande. * Il Seminario si svolgera' presso la Sala Comboni dei Padri Comboniani, in vicolo Pozzo 1 (rione di San Giovanni in Valle, quartiere di Veronetta, nel centro storico, vicino a Piazza Isolo). Il pernottamento e' previsto presso l'Ostello della gioventu' (15 euro, con prima colazione). E' necessario prenotarsi entro il 15 ottobre, comunicandolo alla Casa per la nonviolenza. L'ostello (in via Fontana del Ferro) si trova a cento metri dalla sede del seminario. Nelle vicinanza vi sono vari locali a prezzi contenuti per il pranzo e la cena (cena presso l'ostello, solo per gli ospiti, a 7 euro). La Sala Comboni e l'Ostello sono situati sulla collina, immersi in un'oasi verde. Ampia possibilita' di parcheggio. Collegamento diretto dalla Stazione di Verona Porta Nuova con l'autobus n. 73 (partenza dal marciapiede F ai minuti 15 e 45 di ogni ora, tempo di percorrenza venti minuti, scendere al capolinea di Piazza Isolo). * Per informazioni e per prenotazioni per l'ostello: Casa per la nonviolenza, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 045 8009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6. INCONTRI. UN CICLO DI INCONTRI A FERRARA [Dal Gruppo Ferrara Terzo Mondo (per contatti: ftm at ferraraterzomondo.it) riceviamo e diffondiamo] Movimento Nonviolento, Legambiente, Gruppo Ferrara Terzo Mondo, Pax Christi e Commercio Alternativo, con il patrocinio del Comune di Ferrara - Progetto Ferrara citta' per la pace, nell'ambito della Scuola della nonviolenza, anno scolastico 2006-2007, in collaborazione con Libera - Coordinamento provinciale di Ferrara e con Officina, promuovono una rassegna di incontri sul tema: "Nonviolenza e mafia". - Mercoledi' 11 ottobre: L'aggiunta della nonviolenza nella lotta alle mafie, con Agostino Panajia, del Movimento Nonviolento. - Mercoledi' 18 ottobre: Uscire dai sistemi mafiosi. Quale prospettive nonviolente? con Enzo Sanfilippo, del gruppo-laboratorio "Percorsi nonviolenti per il superamento del sistema mafioso" di Palermo. - Mercoledi' 25 ottobre: Libera a Ferrara, don Anna Bonora e Roberta Bussolari, dell'Associazione Libera. - Giovedi' 2 novembre: Le infiltrazioni criminali nelle procedure d'appalto, con Marco Magri, docente presso la facolta' di giurisprudenza dell'Universita' di Ferrara. Gli incontri si tengono alle ore 21 presso il Centro di documentazione "Alexander Langer", viale Cavour 142, Ferrara. Per informazioni: Centro "Langer", tel. 0532204890, e-mail langer at ferraraterzomondo.it, oppure: daniele.lugli at libero.it 7. RIFLESSIONE. FRANCA FOSSATI: LA VIOLENZA DEGLI UOMINI [Dal sito di "DeA - donne e altri" (www.donnealtri.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Europa" il 20 settembre 2006. Franca Fossati, intellettuale e giornalista, dal 1987 al 1993 e' stata direttrice di "Noi donne"] Gli stupri di fine estate sono usciti dal cono di luce, restituiti alla cronaca quotidiana insieme agli altri delitti. Ma a Milano le donne delle istituzioni, sindaca Moratti in testa, continuano a darsi da fare in nome della sicurezza. Anche sollecitate dalle vittime. Una infermiera, violentata mentre aspettava l'autobus alle sei di mattina, ha chiesto (e ottenuto) interventi per ripulire l'area dismessa dove e' avvenuta l'aggressione ("La stampa", 19 settembre). Ma la maggior parte delle violenze, confermano i dati Svs ( il Pronto soccorso violenza sessuale della clinica Mangiagalli), avvengono in famiglia e pongono questioni non risolvibili con piu' polizia e incroci illuminati. Per fortuna ci sono mondi, minoritari ancora, dove le notizie scavano. E, talvolta, producono pensiero e parola. E' il caso del documento sulla violenza contro le donne reso pubblico in questi giorni sul sito www.donnealtri.it e ripubblicato da "Il manifesto" e "Liberazione" (19 settembre). Che c'e' di nuovo o di originale, direte, se in ambiti femministi si parla di questo tema? Basta guardare "Il paese delle donne on line" (www.womenews.net) o collegarsi a www.usciamodalsilenzio.org per trovare dichiarazioni, interventi, prese di posizione, iniziative. Tutte femminili. La novita' di questo ultimo testo sta invece nelle firme: circa novanta, finora. E tutte di uomini. "La violenza contro le donne ci riguarda" dicono i firmatari. "Noi pensiamo che la logica della guerra e dello 'scontro di civilta'' puo' essere vinta solo con un 'cambio di civilta'' fondato in tutto il mondo su una nuova qualita' del rapporto tra gli uomini e le donne" scrivono. E propongono un appuntamento pubblico per il 14 ottobre a Roma, con l'idea che "una forte presenza pubblica maschile contro la violenza degli uomini potrebbe assumere valore simbolico rilevante" (per chi fosse interessato l'indirizzzo e' appellouomini at libero.it). A scorrere le firme non se ne riconosce quasi nessuna dei cosidetti opinion leader, di quelli che producono senso comune alla tv o sui giornali. Ed e' inevitabile chiedersi se non si tratti di uno sforzo tanto generoso quanto velleitario, perche' il "cambio di civilta'" non puo' che essere un processo lungo, che attraversa le generazioni e le moltitudini. Ammesso che sia possibile. Ma e' forse la prima volta che percorsi individuali o di piccoli gruppi maschili di autocoscienza provano a darsi una comunicazione corale e pubblica. E' un inizio, un segnale da guardare con occhio discreto e non invadente. Da rispettare. C'e', in verita', molto pessimismo anche tra le donne. Letizia Paolozzi, ad esempio, difendendo l'invito alla prudenza rivolto dal prefetto Serra alle ragazze, sostiene che, anche se la parita' sta ormai nell'agenda dei governi, "un elemento e' rimasto uguale al passato: il fatto che la sessualita' maschile sia e resti - in molte, troppe occasioni - ingovernabile" (www.donnealtri.it). E Marina Terragni si chiede su "Io donna" se "il dominio della donna" sia "costitutivo dell'identita' di un uomo" o possa farne a meno. E se autonomia femminile e integrita' maschile possano tenersi insieme. Credo che a molte di noi, come a Terragni, piacerebbe ragionare con gli uomini di questo. Per capire se e' e sara' necessario continuare a non fidarci di loro. 8. LIBRI. ANTONINO DRAGO PRESENTA IL SUO NUOVO LIBRO "DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA" [Ringraziamo Antonino Drago (per contatti: drago at unina.it) per averci inviato questa presentazione di alcuni temi del suo ultimo libro: Difesa popolare nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2006, pp. 384, euro 22. Come sovente avviene in testi di estrema sintesi (e non di rado anche in paludati manuali) alcune espressioni di seguito usate sono assai schematche e forzate e vanno ovviamente alquanto relativizzate e talora sottoposte a una decisa disamina critica non riassumibile in poche righe - bastera' qui averne fatto cenno (p. s.). Antonino (Tonino) Drago, nato a Rimini nel 1938, e' stato il primo presidente del Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e nonviolenta; gia' docente universitario di Storia della fisica all'Universita' di Napoli, attualmente insegna Storia e tecniche della nonviolenza all'Universita' di Firenze, e Strategie della difesa popolare nonviolenta all'Universita' di Pisa; da sempre impegnato nei movimenti nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Storia e tecniche della nonviolenza, La Laurenziana, Napoli 2006; Difesa popolare nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2006] Per sfatare preconcetti di emotivita' e irrazionalita', i primi tre capitoli (su otto) del libro sono dedicati alla fondazione razionale (scientifica) della difesa popolare nonviolenta. Questa fondazione viene raggiunta con una argomentazione (che viene anche sintetizzata nei paragrafi 5 e 6 della Prefazione e rappresentata con uno schema nelle pp. 31-34) che, senza richiedere cognizioni scientifiche particolari, fa buon uso della esperienza delle teorie scientifiche alternative del passato. Se nonostante la semplicita' dell'argomentazione, questa fondazione fosse ritenuta troppo difficile, si possono considerare solo i paragrafi successivi al terzo, e anche qui i punti successivi al terzo. * 1) La enormita' del problema (trovare una maniera alternativa di difendersi da quella che usa le bombe nucleari assieme a tutta l'organizzazione militare, statale e sociale conseguente) trova soluzione in un vero e proprio cambiamento di paradigma (secondo la celebre espressione dello storico della scienza, T. S. Kuhn), per cui dopo il cambiamento la stessa realta' sociale e storica viene percepita e compresa in una maniera alternativa (cosi' come fu per le rivoluzioni scientifiche dei quanti e della relativita'). Per fortuna in questo caso il nuovo paradigma ci e' noto da vari decenni: e' quello della nonviolenza di Gandhi, la quale ha dato prova di efficacia storica con la liberazione dell'India e con la liberazione dei Paesi dell'Est nel 1989. * 2) Il cambiamento di paradigma (verso la nonviolenza) viene sostanziato con una nuova maniera di ragionare, induttiva in maniera sistematica, fino a organizzare una teoria in una nuova maniera. Questa e' la maniera con cui hanno ragionato e teorizzato Galilei (nascita della metodologia scientifica), Leibniz (fondazione della scienza alternativa), Lavoisier (prima teoria scientifica alternativa), S. Carnot (prima teoria fisica alternativa), Freud (prima teoria alternativa della persona), Marx (prima teoria alternativa della societa'), Einstein (prima teoria fisica riconosciuta da tutti come alternativa). La nuova organizzazione e' stata ricavata infatti dalla comparazione delle maggiori teorie scientifiche alternative a quella dominante newtoniana ed e' stata coerentemente applicata per la prima volta al caso di una teoria sociale. * 3) Questa nuova maniera di ragionare e' precisata formalmente dall'uso di doppie negazioni che indicano una distinzione che negli ultimi decenni e' stata dichiarata (dai logici matematici) cruciale: quando affermano indicano la logica classica, invece quando non affermano indicano che siamo in una logica del tutto differente, non classica. "Non violenza" e' una doppia negazione, che non ha una parola equivalente affermativa. Quindi la stessa parola "non violenza" di Gandhi introduce ad una logica alternativa e ad una organizzazione alternativa della teoria. * 4) Si fa leva sulla lunga esperienza storica di movimenti popolari che hanno realizzato grandi cambiamenti sociali, e perfino affrontato guerre, senza armi e magari nonviolentemente; dei quali i piu' significativi sono stati il movimento di Gandhi rispetto all'impero coloniale britannico e i movimenti del 1989. * 5) novita' politica (anche rispetto alla teoria marxista), meritoriamente introdotta nella pratica e nella teoria dai maggiori maestri della nonviolenza (Tolstoj, Gandhi e Lanza del Vasto): la critica del progresso occidentale e la proposta di uno sviluppo alternativo; proposta poi ripresa dagli ecologisti e da molti economisti. * 6) Unendo queste due scelte alternative (sul tipo di organizzazione e sul tipo di sviluppo) si ottiene uno (il verde) dei possibili quattro modelli di sviluppo (introdotti per primo da Galtung negli anni '70); cioe', una pluralita' di differenti concezioni della vita e del mondo, per cui si ammettono come compresenti piu' ideologie; quindi non si schiaccia piu' la realta' in bianco e nero, con uno dei due che vuole schiacciare l'altro per eliminarlo e cosi' ridurre tutta la realta' al solo suo schema interpretativo; il che costituisce la principale violenza culturale, il monolitismo. * 7) Con i quattro modelli di sviluppo si ottiene di nuovo quello che il primo pensiero sociale strutturale, il marxismo, inizio': una coscienza storica del processo storico della modernita'; ma ben presto questa coscienza storica fu persa, perche' il marxismo mancava di una delle due scelte alternative che definiscono i quattro modelli di sviluppo; aveva la scelta alternativa sulla organizzazione economica (in definitiva, della organizzazione sociale), ma non la scelta sul tipo di sviluppo. * 8) La fondatezza razionale della difesa popolare nonviolenta (in sgla: Dpn) e' illustrata dal fatto che essa puo' essere intesa come un idealtipo weberiano di difesa, in esatta contrapposizione all'idealtipo della difesa distruttiva tradizionale: questi idealtipi costituiscono due modelli difensivi opposti e tra loro incommensurabili. * 9) Le strategie del passato vengono rivisitate interpretandone le tre maggiori (Sun Tzu, L. Carnot, von Clausewitz) come preludi ad una strategia nonviolenta. * 10) Facendo tesoro della tripartizione di Galtung, violenza diretta (personale), culturale e strutturale (delle istituzioni), si da' una serie di definizioni di nonviolenza: si passa da quella dell'ambito personale a quella dell'ambito strutturale, fino all'ambito massimo del cambiamento di modello di sviluppo allo scopo di costruire quello verde gandhiano. * 11) Viene proposta una nuova teoria dei conflitti, che include: la teoria su cui Galtung ha fondato il primo manuale dell'Onu per la risoluzione dei conflitti, la teoria di Freud (sui conflitti interiori) e quella di Marx (sui conflitti sociali); inoltre questa nuova teoria sviluppa modelli di risoluzione di tipo scientifico. * 12) Viene indicato l'apporto che le teorie scientifiche (dei conflitti) possono offrire per definire una Dpn: teoria dei giochi, equazioni differenziali, teoria delle catastrofi, logica, storia della scienza, ecc. * 13) La Dpn viene cosi' illustrata attraverso i suoi elementi caratteristici: quelli strutturali (le due scelte alternative a quelle della difesa distruttiva militare), quelli soggettivi (percezione e concezione alternativa dei conflitti), quelli oggettivi (solidarieta' sociale, comunita', logica alternativa, tecniche giuridiche e di azione sociale). * 14) Vengono elencati i principali scenari della Dpn, rispetto ad ognuno dei quali la risposta della Dpn deve essere diversa, pur basandosi sempre sulla solidarieta' sociale. * 15) Sono elencate le precondizioni sociali (solidarieta' sociale, servizio civile, protezione civile, ecc.) per realizzare una Dpn movimentista; e vengono posti i principi politici per realizzare una Dpn organizzata dallo Stato. * 16) Viene valorizzata la parte non armata della Resistenza italiana, che configura una prima approssimazione storica di una Dpn. * 17) Per attualizzare la realizzazione della Dpn viene caratterizzato l'evento epocale per la nonviolenza, il 1989, sia nei suoi mutamenti strutturali sui modelli di sviluppo nel mondo (nascita di un essenziale pluralismo di modelli di sviluppo), sia nei concetti di guerra e di difesa, sia nella strategia del movimento per la pace (italiano e mondiale). * 18) Vengono illustrate le iniziative movimentiste, sia italiane che internazionali, per la Dpn in questo particolare momento storico, non piu' la invasione del Paese rispetto ad una guerra nucleare, ma la interposizione nonviolenta nei conflitti internazionali. * 19) Rispetto all'istituzione di una alternativa nella difesa massimamente distruttiva si considerano i tentativi compiuti finora dagli Stati e poi si caratterizza il caso italiano come il piu' avanzato del mondo per aver gia' iniziato la istituzione giuridica della Dpn statale: dal 1985 sono state emesse in proposito dieci sentenze della Corte Costituzionale, sanciscono la Dpn l'art. 8 della legge 230/1998 e l'art. 1 della legge 64/2001, la inizia il decreto del Presdente del Consiglio dei Ministri del 18 febbraio 2004 che ha istituito il Comitato consultivo per l'Ufficio nazionale del servizio civile per la difesa civile non armata e nonviolenta. * 20) Vengono notate le difficolta' del caso italiano per procedere nella istituzionalizzazione della Dpn: le Ong della cooperazione internazionale sono deboli (poca autonomia dal Ministero degli Affari Esteri, dagli enti ecclesiastici e dai partiti, poca attenzione ad una politica contro la guerra e per la pace); la lotta sociale alla mafia viene condotta ("Libera") senza rifarsi alla nonviolenza, ma solo alla legalita' formale; dal momento della istituzione del Servizio civile volontario (2001) gli Enti di servizio civile hanno cambiato atteggiamento: da sostenitori della obiezione di coscienza e del suo progetto politico della Dpn, sono caduti in una politica di loro crescita per mezzo della manodopera, per loro gratuita, dei giovani in servizio civile; la Protezione civile e' una istituzione statale evanescente (un solo incaricato governativo e tanto volontariato poco strutturato); la sinistra politica si da' per sconfitta storicamente, invece di reagire al 1989 ampliando le sue basi teoriche e sociali; la destra e' in corsa per l'arricchimento all'americana e per le avventure autoritarie (giustificate col decentramento statale di tipo leghista); la struttura militare, per seguire il modello militare Usa, e' sorda ad ogni discorso di alternativa nella difesa e non presenta nessuna crisi di coscienza personale di qualche militare; la cappellania militare e' esclusivamente cattolica (include almeno un centinaio di frati francescani!), e' elevata a parte integrante della struttura di comando militare delle Forze Armate ed e' sempre pronta a benedire come operazione di pace quelle che sono operazioni di guerra; le scuole di peacekeeping civle volute dall'Onu in Italia sono nate solo come scuole a cogestione militare (S. Anna Pisa, Roma 3, Torino); l'Onu che aveva riconosciuto l'intervento civile non armato (Agenda per la Pace di Ghali) e' stato umiliato dalla politica da ultima superpotenza degli Usa. 9. LIBRI. GUGLIELMO RAGOZZINO PRESENTA "IDENTITA' E VIOLENZA" DI AMARTYA SEN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 ottobre 2006. Guglielmo Ragozzino e' giornalista del "Manifesto" e collaboratore de "Le monde diplomatique". Amartya Sen, nato a Santiniketan, nel Bengala, nel 1933, e' tra i maggiori economisti, studiosi sociali e pensatori contemporanei; nel 1998 e' stato insignito del Premio Nobel per l'economia. Tra le opere di Amartya Sen: Scelta, benessere e equita', Il Mulino, Bologna 1984; Etica ed economia, Laterza, Roma-Bari 1988; Risorse, valori e sviluppo, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il tenore di vita, Marsilio, Venezia 1993; La diseguaglianza, Bologna 1994; La liberta' individuale come impegno sociale, Laterza, Roma-Bari 1997; Laicismo indiano, Feltrinelli, Milano 1998; Lo sviluppo e' liberta', Mondadori, Milano 2000; Etica ed economia, Laterza, Roma-Bari 2003; Globalizzazione e liberta', Mondadori, Milano 2003; La democrazia degli altri, Mondadori, Milano 2004; L'altra India, Mondadori, Milano 2005; Identita' e violenza, Laterza, Roma-Bari 2006] Kader Mia era un bracciante che per sfamare la famiglia era andato a cercare lavoro in uno dei quartieri ricchi di una citta' del Bengala. Era un giorno di scontri religiosi. Pugnalato, come musulmano, da attivisti indu', si era rifugiato nel giardino di un'abitazione privata. Qui aveva chiesto un po' d'acqua a un bambino. Il padre del bambino, un professore dell'universita', lo aveva portato all'ospedale, dove Kader Mia, uno di noi, uno qualsiasi, era morto. Durante il tragitto era riuscito a dire al professore il suo nome e perche' avesse fatto quel gesto tanto pericoloso - appassionatamente sconsigliato dalla moglie - di andare a cercare qualche soldo in cambio di una giornata di fatica, in momenti tanto turbolenti. E' un Amartya Sen undicenne, il bambino che nel 1944, nel giardino di casa a Dacca, la sua citta', aiuta come puo' Kader Mia. Dopo sessant'anni quel tragico finale di uno "scontro intercomunitario" brucia ancora nella mente del grande pensatore. Secondo Sen - nel libro Identita' e violenza, Laterza, pp. 219, euro 15 -, la guerra tra religioni che avrebbe portato pochi anni dopo alla divisione tra India e Pakistan, accompagnata da massacri ed esodi di popolazione, poteva essere evitata. Lo scontro tra i fedeli di credi diversi non era - e non e' mai - l'unica soluzione: la convivenza era possibile ed e' possibile sempre. Oggi, i fedeli musulmani di cittadinanza indiana, pari di numero all'intera popolazione del Pakistan, sono secondi nel mondo ai soli indonesiani. Inoltre, a distanza di un quarto si secolo dalla "spartizione" dell'India, nel 1971, la stessa Dacca fu investita da una guerra tra musulmani. "La separazione del Bangladesh dal Pakistan non ebbe nulla a che fare con la religione, dal momento che il grosso della popolazione, nelle due parti del Pakistan unito, condivideva la stessa religione, l'islam. Il movimento separatista nasceva da questioni legate alla lingua, alla letteratura, alla politica". * Racconta Sen che gli inglesi dell'impero volevano a tal punto la divisione dell'India sulla base delle comunita' religiose che nel 1931 invitarono Gandhi alla Conferenza di Londra come rappresentante degli "indu' di casta". Gandhi ci rimase male. Era si' indu', ma sentiva di poter rappresentare tutti "i milioni di individui taciturni, sfiancati dalla fatica, affamati" e aggiungeva che, continua Sen, "con uno sforzo supplementare era in grado di parlare anche a nome della parte restante, cioe' i principi (...) i proprietari terrieri, le classi colte". E ancora, osservo' Gandhi al primo ministro inglese "che le categorie inglesi non lasciavano spazio alle donne indiane", mentre "si da' il caso che siano la meta' della popolazione indiana". L'unica presenza femminile alla discussione, Sarojini Naidu, invitata in rappresentanza delle donne indiane, era stata eletta nel 1925 presidente del Partito del Congresso - cinquanta anni prima di Margaret Thatcher, annota Sen - ed era anche poetessa. Donna e poetessa e indiana e capo del principale partito: tutte queste diverse appartenenze forse facevano girare la testa ai dignitari inglesi di allora. E di oggi. Gli inglesi del tempo di Tony Blair, dopo cinquant'anni di lodevole tentativo di integrazione, ripetono pur sempre l'errore di occuparsi di comunita', non di persone. Cosi ' si sono finanziate le scuole per etnie religiose, rendendo ancora piu' forti le divisioni e lo spirito di appartenenza alle comunita'. Cosi' si e' combattuta la parte di islamici cattivi e terroristi, distinguendola da quella molto piu' consistente degli islamici buoni, democratici e amici dell'Occidente. Sbagliando due volte, secondo Sen. Sbagliando, come si e' visto, tanto nell'identificazione dei terroristi che nel riconoscimento dei buoni. Non esiste la categoria degli islamici integrati e il famoso "cricket test" di lord Tebbit (a che squadra tiene un inglese di origine pakistana quando c'e' l'incontro tra Pakistan e Inghilterra?) e' semplicemente privo di senso. Donna, poetessa, indiana, capo del partito di maggioranza, e molto altro ancora. Una persona umana ha tantissimi interessi e compie scelte che ne fanno un essere unico, libero, diverso da tutti gli altri. * E Sen insiste su questo punto, anzi traccia il proprio autoritratto, in un passo da ricordare: "Io posso essere al tempo stesso un asiatico, un cittadino indiano, un bengalese con antenati del Bangladesh, residente in America e in Gran Bretagna, economista, filosofo a tempo perso, scrittore, sanscritista, convinto assertore del laicismo e della democrazia, uomo, femminista, eterosessuale, difensore dei diritti dei gay e delle lesbiche, con uno stile di vita non religioso, di famiglia induista, non bramino, che non crede nella vita dopo la morte...". E aggiunge che si tratta di un piccolo campione, ma che molte altre sono le appartenenze che se si presenta il caso lo "possono influenzare e coinvolgere". Questo vale per lui e vale potenzialmente per tutti gli umani. E' quindi un errore madornale quello di voler riferire ogni persona a un'aderenza obbligata a una religione, a un'etnia, a una cultura, a un comportamento unico, prescritto e prevedibile, reso obbligatorio dal pregiudizio comunitario. E Sen cita Sartre: "L'ebreo e' un uomo che gli altri uomini considerano ebreo... e' l'antisemita che fa l'ebreo". Le identita' obbligate, il conformismo etnico, religioso, politico, sociale, ogni forma di comunitarismo sono all'origine di scontri e di violenze che diventano l'unico modo di affermare la propria appartenenza e forse perfino la propria esistenza. Esisto solo in quanto la mia comunita' mi accetta e mi riconosce. Il bersaglio principale del libro di Sen e' naturalmente "Lo scontro di civilta'" e quel che segue di Samuel Huntington. La pretesa unicita' dei valori occidentali, progressivi e democratici; e l'irriducibilita' della diversita' e del conseguente conflitto con gli altri, le altre forme del mondo, sono l'opposto di quello che Sen ha capito, studiando proprio la storia delle civilta'. La prima cosa che ha imparato e' che la democrazia non e' un'invenzione occidentale, ma un prodotto globale della storia umana. "C'e' l'abitudine di considerare la democrazia un'idea tipicamente occidentale". E un tale autoapprezzamento diventa un fatto politico ai giorni nostri. Il governo democratico stenta a ottenere sufficiente consenso in Iraq e questa "fatica", piuttosto che all'intervento militare, sarebbe ascrivibile "a una qualche fantasiosa idea secondo cui la democrazia non sarebbe adatta all'Iraq, ai mediorientali, o alle culture non occidentali". Complementare all'idea di una democrazia non esclusiva dell'Occidente, c'e' l'altra: si tratta di un modo di convivere che ha una storia globale. E Sen trae dalla sua bisaccia delle appartenenze quella di studioso attento, capace di comprendere le varie storie del mondo. Se democrazia non e' soltanto votare, ma anche discutere, in molti paesi del mondo ve ne sono esempi illuminanti. "Il dibattito pubblico ha una lunga storia in tutto il mondo". E con un lampo di malizia, Sen utilizza il piu' amato assertore della democrazia americana, Alexis de Toqueville: "la grande rivoluzione democratica", "novita'" per l'America, "in un'ottica piu' ampia poteva essere vista come parte del fatto piu' antico, continuo e duraturo della storia". La storia e' una buona, allegra compagna di strada per Sen. Questi, nel filo del discorso, si serve degli antichi testi vedici, come delle barzellette del ventennio fascista, fa uso spregiudicato di Alessandro Magno e di Adam Smith, di Ibn Battuta e di Daniel Pearl, ma non per sfoggiare cultura o accattivarsi i lettori. Sen vuole dimostrare la globalita' di quello che sappiamo, di quello che siamo. E in una situazione di violenza diffusa e di comunita' che lottano senza comprendersi, vede nei giovani dei movimenti - e cita Seattle e Genova - come i portatori di un interesse reale per i destini dei propri simili, dell'ambiente e della pace, contro tutti i comunitarismi. Solo un accenno, un brandello di speranza. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1444 del 10 ottobre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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