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La nonviolenza e' in cammino. 1290
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1290
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 9 May 2006 00:12:41 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1290 del 9 maggio 2006 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Alla prova e in cammino 2. Alcune altre adesioni all'appello per Lidia Menapace Presidente della Repubblica 3. "Insieme per un'Italia nonviolenta", il 12-13 maggio a Riccione 4. Luisa Muraro: A partire da se', il magico affacciarsi del nuovo 5. Fausto Concer: Universalismo e assolutismo 6. L'indice di "Storia e tecniche della nonviolenza" di Antonino Drago 7. Enrico Peyretti presenta "Una forza che da' vita" di Fulvio Cesare Manara 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: ALLA PROVA E IN CAMMINO Come era prevedibile, gia' la prima votazione per l'elezione del Presidente della Repubblica rivela due dati rocciosi e ineludibili. Il primo: il maschilismo durissimo dominante totalitariamente in Parlamento; se non ci inganniamo solo due donne hanno ottenuto pochi voti. Il secondo: l'autoreferenzialita' del ceto politico e l'obbedienza ("bulgara" come si diceva una volta) dei parlamentari alle decisioni autoritarie dei vertici e ai compromessi che essi patteggiano trasversalmente. Ne' mette conto dire delle solite pagliacciate. * Questa realta' (che molto ci preoccupa e ci conferma nel giudizio che avevamo gia' espresso sia durante la campagna elettorale per le politiche, sia in sede di valutazione dei risultati del 9-10 aprile) a nostro modesto avviso non solo non inficia il valore dell'iniziativa che in tante e tanti abbiamo persuasamente promosso e gioiosamente animato in queste due settimane proponendo Lidia Menapace come Presidente della Repubblica, ma anzi ne evidenzia il valore dirompente di uscita dalla subalternita', dalla rassegnazione, dalla complicita' con logiche oligarchiche che deprimono la democrazia e corrompono i costumi (il fatto che dai vertici del cosiddetto centrosinistra siano stati proposti per la massima carica dello Stato uno di seguito all'altro prima il nome del responsabile delle stragi del 1999, poi quello del coautore della legge che ha riaperto nel 1998 i campi di concentramento in Italia, la dice lunga). * Siamo assai grati a Lidia per essere stata per tante e tanti anche in questi giorni un limpido e luminoso, ed insieme allegro e scanzonato punto di riferimento; e sappiamo che dal suo scranno di senatrice la attende un impegnativo lavoro; le persone che si sono riconosciute nella sua figura in questa vicenda le saranno vicine nel suo lavoro parlamentare. Siamo anche assai grati a tutte le persone che hanno promosso l'idea e animato l'iniziativa per Lidia al Quirinale in queste settimane: e' stata una bella esperienza sulla quale continueremo a riflettere insieme nei prossimi giorni. * Se qualcuno credeva che una proposta rigorosamente nonviolenta nel metodo e nel merito avrebbe trovato un vasto consenso in questo Parlamento, si illudeva. E' bene che di questo vi sia ora la prova provata. Se qualcuno credeva che le persone amiche della nonviolenza si sarebbero rassegnate a una condotta sottomessa e servile nei confronti dei vertici del cosiddetto centrosinistra, si ingannava non meno. Ed e' bene che anche di questo vi sia ora la prova provata. La nonviolenza e' in cammino. 2. ALCUNE ALTRE ADESIONI ALL'APPELLO PER LIDIA MENAPACE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Riportiamo altre adesioni all'appello per Lidia Menapace Presidente della Repubblica pervenuteci prima dell'inizio delle votazioni di ieri. * [Ringraziamo Ciro Biondi (per contatti: cirobiondi at aliceposta.it) per questo intervento] Esprimo sostegno alla compagna Lidia Menapace per la sua elezione a Capo dello Stato. Ciro Biondi * [Ringraziamo Arnaldo Casali (per contatti: adesso at reteblu.org) per questo intervento che estraiamo da una piu' ampia lettera] Vogliamo un segnale dai politici che abbiamo votato, e che potremmo anche non votare piu'. Un segnale che la politica appartiene ai cittadini, e non ai partiti. Che i dipendenti che abbiamo assunto in Camera e in Senato lavorano per noi, e che non siamo noi a lavorare per loro. Un segnale che ci faccia capire che le cariche istituzionali si assegnano in base all'autorevolezza della personalita', e non a misere spartizioni di palazzo. Purtroppo, fino ad oggi, questo segnale e' mancato completamente... In questo triste scenario noi non ci stanchiamo di chiedere a gran voce l'elezione di Lidia Menapace. E lo facciamo perche' vogliamo ribadire che noi ci siamo. Noi cittadini, noi societa' civile, noi non iscritti ai partiti ma fedeli ad un ideale, noi popolo delle primarie. Non tanto quelle che hanno assecondato i "leader" incoronando il gia' designato Prodi, ma quelle che hanno rovesciato i giochi dei partiti scegliendo Nichi Vendola e Rita Borsellino. Noi ci siamo. E vogliamo un presidente autorevole, un presidente di pace. Una presidente. Lidia Menapace. Arnaldo Casali, presidente dell'associazione Adesso * [Ringraziamo Maddalena Danovaro, Demian e Silvio Gaggeri (per contatti:silvio.gaggeri3 at tin.it) per questo intervento] I sottoscritti Maddalena Danovaro, Silvio e Demian Gaggeri aderiscono all'appello per affidare la Presidenza della Repubblica a Lidia Menapace. * [Ringraziamo Daniele Gallo (per contatti: d.gallo at viator.it) per questo intervento] Ho chiuso l'editoriale del numero di maggio di "Viator" imperniato sulla fatiscenza della nostra democrazia con il sogno di un'alba nuova sul colle piu' importante di Roma e della Repubblica. Forse i giochi sono fatti ma non ci dispiacerebbe un nome nuovo, lontano dalle tossine degli equilibrismi e vicino al cuore e ai bisogni della gente. Provo a farne uno: Lidia Menapace, senatrice, persona sulla quale contare. Una persona vera che aspira alla pace, all'eguaglianza, alla giustizia, ad una societa' migliore in un mondo nuovo. Daniele Gallo, direttore di "Viator" * [Ringraziamo Vito La Fata (per contatti: vitofata at inwind.it) per questo intervento] Sono con voi. Lidia al Quirinale sarebbe eccezionale, rappresenterebbe l'Italia che vuole la pace. Vito La Fata * [Ringraziamo Stefano Longagnani (per contatti: longagnani at yahoo.it) per questo intervento] Appoggio completamente la proposta di lidia Menapace Presidente della Repubblica... Aderisco pienamente e spero in un insperato ravvedimento della classe politica. Stefano Longagnani * [Ringraziamo Raffaella Mauceri (per contatti: raffaella.lanereide at libero.it) per questo intervento] Sottoscrivo l'appello per Lidia Menapace Presidente della Repubblica. Raffaella Mauceri, giornalista ed editrice, Siracusa * [Ringraziamo Pina Mandolfo (per contatti: pinamandolfo at virgilio.it) per questo intervento] Voglio con tutto il cuore Lidia Menapace Presidente della Repubblica. Sarebbe un grande segno di civilta' e cultura degli italiani. Pina Mandolfo 3. INCONTRI. "INSIEME PER UN'ITALIA NONVIOLENTA", IL 12-13 MAGGIO A RICCIONE [Dalla Tavola della Pace (per contatti: segreteria at perlapace.it) riceviamo e volentieri diffondiamo] Cari amici, vi inviamo il programma aggiornato del seminario nazionale della Tavola della pace "Insieme per un'Italia nonviolenta" che si terra' a Riccione presso il Palazzo del Turismo, viale Ceccarini 1, il 12 e il 13 maggio 2006. In attesa di incontrarci a Riccione vi inviamo i nostri cordiali saluti. Flavio Lotti e Grazia Bellini, coordinatori nazionali della Tavola della pace * Venerdi' 12 maggio 2006 - Ore 14,30: accoglienza e registrazione. - Ore 15,30: apertura del seminario, saluto del Sindaco del Comune di Riccione, saluto del Presidente del Consiglio Provinciale di Rimini. - Ore 15,45-19: Prima sessione: Facciamo pace con l'Italia. Cosa chiediamo al nuovo Governo e al nuovo Parlamento? Gli impegni e le proposte per una politica di pace dell'Italia. L'agenda dei primi 100 giorni per riconciliarci con il mondo. - Ore 21: incontro con i familiari delle vittime del terrorismo: Perdonarsi per un futuro di pace, con John Titus, di "Peaceful Tomorrows - familiari delle vittime dell'11 settembre per un domani di pace". Saranno presenti rappresentanti israeliani e palestinesi dell'associazione dei familiari delle vittime del terrorismo "The Parents Circle - Families Forum". * Sabato 13 maggio 2006 - Ore 9-13: riunione dei gruppi di lavoro sul programma della Tavola della pace: 1. Il comitato italiano per l'Africa (contro la miseria e l'ingiustizia verso il Forum sociale mondiale di Nairobi 2007); 2. L'agenda del disarmo; 3. Per un'informazione e una comunicazione di pace; 4. I giovani e la pace; 5. Riprendiamoci l'Onu; 6. Contro il terrorismo, la guerra e le armi nucleari: facciamo pace in Medio Oriente (Iraq, Iran, Israele, Palestina, Afghanistan...). - Ore 13,15: pranzo. - Ore 14,45-15,30: presentazione dei risultati dei gruppi di lavoro. - Ore 15,30: sessione conclusiva: Insieme per un'Italia nonviolenta. Definiamo insieme gli obiettivi e il programma della Tavola della pace nel 2006-2007. - Ore 18,30: saluti e chiusura del seminario. - Ore 19: Festa del convivio dei popoli. Cena offerta del Convivio dei popoli per la pace a cura della cooperativa Harissa e realizzata con prodotti del commercio equo e solidale. Musica dal vivo con Manlio Santini. * Per adesioni e informazioni: Tavola della pace, via della viola 1, 06122 Perugia, tel. 0755736890, fax: 0755739337, e-mail: segreteria at perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it 4. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: A PARTIRE DA SE', IL MAGICO AFFACCIARSI DEL NUOVO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 maggio 2006 riprendiamo questa testo che costituisce la traccia della lezione magistrale che Luisa Muraro terra' il 12 maggio al Festival della filosofia di Roma. Luisa Muraro, una delle piu' influenti pensatrici viventi, ha insegnato all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997"] Il femminismo, non l'ideologia ma la vicenda storica iniziata verso la fine degli anni Sessanta, prima che la filosofia concerne la politica e questa precedenza non si puo' annullare. Voglio dire che una confutazione filosofica della posizione femminista sarebbe inconsistente. Perche' vai con le femministe? mi chiese un giorno il mio professore, tu sei homo. Lui stesso dovette rendersi conto che questo non era vero, o non lo era piu'. Io non ero piu' o non ero mai stata quella che lui fino allora aveva pensato che fossi, un homo in un corpo sessuato femminile. Dalla filosofia si puo', anzi si deve aspettarsi che tenga conto di quello che capita e che ci aiuti a capirlo - filosofia intesa da me non come un sapere dotato di supervisione, ma come una disciplina del pensiero sempre disposto a ricominciare da capo, con l'aggiunta che anche in filosofia puo' capitare qualcosa. Negli anni Settanta, a proposito del movimento delle donne, si parlo' di nascita di un nuovo soggetto politico: la formula, troppo abbreviata, nascondeva quella che io considero la parte piu' interessante della faccenda. Il femminismo che noi conosciamo inizia con un arresto nelle "sorti umane e progressive", e cioe' con il rifiuto di andare avanti con l'emancipazione, opposto da alcune donne, poche agli inizi, che decisero di separarsi dalla societa' maschile per affermare la loro differenza, quella differenza sessuale da cui si doveva prescindere, astrarre (le formule in uso sono molte) per integrarsi nell'universale in perfetta parita' con gli uomini. Le ragioni e le parole di quel rifiuto molte di noi le hanno ritrovate in certi testi, come Le tre ghinee di Virginia Woolf (1937), Il secondo sesso di Simone de Beauvoir (1949), Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi (1970), Speculum di Luce Irigaray (1974), e formano il nucleo iniziale del pensiero della differenza sessuale. Ma non ci fu bisogno di leggere, allora. Sto parlando di un momento in cui l'essenziale ci veniva incontro praticamente, per passa parola, sentito dire, invenzioni e imitazioni, nel contesto di un'estesa sommossa del corpo sociale. * La prima invenzione fu la pratica di una parola scambiata tra donne, senza censure sul desiderio, mescolando esperienze che l'ordine simbolico dominante (il patriarcato) aveva sapientemente dislocato di qua e di la', in diverse regioni, pubblico/privato, produzione/riproduzione, conscio/inconscio, ecc. Con la sola regola, che non era una regola perche' ci veniva spontanea, di parlare a partire da se'. Partire nel senso di cominciare con se' per portarsi o perdersi ovunque (anche "all'inferno"). Sono cose familiari a chi conosce le vicende del femminismo in Italia e altrove, ma vanno ripassate perche' non abbiamo finito di capire. Sorprendentemente, quel rifiuto di sottostare al progetto dell'emancipazione convoglio' anche e forse principalmente desideri indirizzati all'emancipazione: liberta' di scelta rispetto al matrimonio e alla procreazione, indipendenza economica, visibilita' sociale... Tant'e' che l'emancipazione continuo' con il femminismo e come femminismo. Il movimento delle donne si trovo' cosi' abitato da una tensione tra estraneita' e inclusione, che si e' manifestata variamente e non si e' mai aggiustata, facendo del femminismo un permanente campo di battaglia di pratiche, teorie, linguaggi, che dura tuttora, senza che venga meno un senso di continuita'. * Siamo generalmente d'accordo che i conflitti nel femminismo sono da considerare una ricchezza, benche' siano una fatica. Forse, la fatica e' aggravata dal fatto che manchiamo di buone chiavi di lettura. Tentero' di proporne una, a proposito del contrasto che ha preso l'etichetta piuttosto fuorviante di uguaglianza versus differenza. Suggerisco di pensare, piuttosto, all'entita' di un differimento, il quanto si va e si sta fuori dal tempo lineare delle conquiste politiche man mano possibili, per dare ascolto e parola a cio' che resta tacitato dalle esigenze di un certo ordine simbolico. Il femminismo radicale, in Italia, ha combattuto l'istituzione di women's studies (e simili) con l'intento di aprire tutta l'universita', subito, alla cultura della differenza. Siamo lontani da cio', ma la pretesa resta intatta e agisce, poiche' il nuovo non si e' chiuso in un ghetto. Suggerisco di pensare anche al significato che si da' alla mancata simmetria tra i sessi, ossia, ai diversi rapporti che donne e uomini hanno con le stesse cose: gli effetti della discriminazione vi si mescolano con vere e proprie strategie di liberta'. Per esempio, gli analisti del lavoro hanno notato il fenomeno non raro di donne con qualifiche professionali elevate che interrompono la carriera per vivere un tipo di vita meno competitiva: le donne hanno un diverso rapporto con il potere, il primato e i soldi, e' stato il loro commento (Cristina Borderias, in Tre donne e due uomini parlano del lavoro che cambia, Libreria delle donne di Milano, 2006). Il femminismo piu' radicale lavora su questi scarti, che ci affettano anche in prima persona, come una mancata coincidenza tra se' e se', e vi legge la possibilita' di un di piu', di un altrove, traducibile in apertura di liberta' per donne e uomini. In cio' consiste il pensiero e la politica della differenza. Il femminismo moderato mira piuttosto a sanarli, ma non per questo nega la differenza. * Non ho ancora nominato l'aspetto forse decisivo, certo piu' appariscente, di tutta la faccenda, che e' stato l'accendersi di un conflitto tra i sessi, in termini storicamente inediti. Conflitto con persone singole e con la cultura di una societa' sessista e patriarcale. La classica guerra dei sessi prevedeva vincitori e vinti, e imponeva a ciascuno dei due sessi la parte che doveva fare. Le femministe aprono il conflitto ma non vogliono vincere. "Vincere cosa?" oppone Susan B. Anthony, protagonista di una piece di Gertrude Stein, The Mother of Us all. Del resto, nel linguaggio del femminismo radicale non si puo' neanche parlare di obiettivi da raggiungere, per quel differimento che dicevo, che fa un'apertura verso l'imprevisto. Alcune hanno visto nella separazione non la chiusura ma l'apertura di una nuova relazione con l'altro sesso. Il risultato piu' tangibile del conflitto e' stato il cambiamento nei rapporti tra i sessi in un senso favorevole alla liberta' femminile. Pensiamo al fatto che la gravidanza fuori dal matrimonio non suscita piu' le condanne della societa' e della morale sulla futura madre, pensiamo che una donna non ha piu' bisogno di dipendere da un uomo per essere e sentirsi libera. Alcuni hanno parlato di una rivoluzione pacifica. Alcune di noi hanno parlato di fine del patriarcato, non come evento sociologico, ma politico. "Il patriarcato e' finito, non ha piu' il credito femminile ed e' finito", dice l'incipit di un documento della Libreria delle donne del 1996. Queste parole riassumono ed esemplificano la natura della politica delle donne quando e' vincente: c'e' la sottrazione del credito e questo fa si' che il dominio cessi di essere vero, e c'e', implicitamente, il passaggio a un altro ordine di rapporti, dove il credito liberamente dato (la fiducia, l'autorita') conta piu' del potere. * E' una politica che agisce a livello simbolico, dove le cose prendono e cambiano significato, presente nel femminismo fin dagli inizi, pensiamo soltanto a Kate Millett (Sexual Politics, 1969) e, da noi in Italia, al documento del gruppo Demau, Il maschile come valore (1969). E' questa politica che ci garantisce di lottare sapendo che l'essere umano e' donna e uomo, che l'umanita' sono le donne e gli uomini, e di non ragionare come se le donne fossero una categoria o un gruppo sociale perdendo cosi' la concezione dell'universale propria del pensiero della differenza, alternativa alla concezione classica dell'uniformita'. L'agire simbolico, dotato di un'efficacia purtroppo misconosciuta, produce un allargamento dell'orizzonte fino a vedere la possibilita' dell'impossibile e la realizzazione del possibile. I detentori del potere in qualche modo lo sanno, a giudicare dalla messa in scena della violenza con cui la manifestazione di Genova nel 2001 fu aggredita (non era la solita repressione, era una trappola) allo scopo di toglierle la fiducia e il credito di cui il movimento no-global cominciava a godere. Le possibilita' dell'agire simbolico sono grandi, ma passano attraverso la porta stretta di una pratica della relazione non strumentale, e di una rinuncia alla logica della contrapposizione, che inchioda nell'orizzonte di quello che c'e' gia'. * Oltre all'arretratezza delle dottrine politiche, io lamento l'adozione, da parte di molte pensatrici femministe, del cosiddetto poststrutturalismo, assunto come pensiero paradigmatico della postmodernita', e presuntamente adeguato alle esigenze teoriche del movimento delle donne. Nel suo ultimo libro, In metamorfosi. Verso una teoria materialista del divenire (Feltrinelli 2003), Rosi Braidotti si chiede come mai la teoria della differenza (che lei vede esposta al suo meglio in Luce Irigaray), con tutta la sua ricchezza, raffinatezza e carica politica, sia stata male intesa negli Usa. E parla di una "disconnessione transatlantica", una formula eloquente che contraddice, in parte, quella continuita' di cui parlavo sopra. Sono d'accordo con lei, ma a me pare che si debba considerare anche qualcosa che e' venuto prima degli anni Novanta, e cioe' l'abbandono del linguaggio e della pratica della differenza sessuale che erano presenti agli inizi del movimento femminista negli Usa come da noi (anzi, e' da loro che li abbiamo appresi), per passare alla semplice rivendicazione del potere in competizione con gli uomini. Si e' cosi' persa la dimensione del simbolico o, meglio, il lavoro politico del simbolico. Del simbolico si e' continuato a ragionare in sede accademica, sulla scia del successo del poststrutturalismo francese in molte universita' nordamericane tra gli anni '80 e '90 del secolo scorso. In questa situazione e' avvenuta l'adozione del poststrutturalismo come se fosse una teoria femminista, seguita dalla "sconnessione" su cui si sofferma, giustamente, Rosi Braidotti. Abbiamo bisogno di teoria, scrive Joan W. Scott nel 1990, e continua con un lungo elenco di requisiti, per concludere che "il corpo teorico designato come poststrutturalismo risponde a tutti i requisiti elencati" (Conflicts in Feminism, a cura di Marianne Hirsch e Evelyn Fox Keller, Routledge 1990). Chi, come me e altre in Europa, conosceva i testi e gli autori di questo corpo teorico fin dal loro apparire negli anni Sessanta, e li ha apprezzati come teoria del disfarsi del soggetto moderno e come specchio critico della postmodernita', non puo' non trovare sorprendente quella conclusione da parte di una pensatrice femminista, e non giudicarla una abdicazione. La prima abdicazione e' nel fatto di adottare un sapere elaborato indipendentemente dalla lotta politica delle donne, nel quale "donna" e' una nozione dedotta. Si perde la fecondita' dell'interazione tra pratica e teoria e si rischia di tornare all'inesistenza. Segue l'abdicazione all'idea stessa di guadagni teorici del femminismo, messo cosi' in una posizione di mendicante. La riprova che c'e' stata perdita, l'abbiamo avuta con lo spegnersi di parole come differenza sessuale e asimmetria che ci sono tornate indietro la prima ridotta a designare una costruzione patriarcale (o una taccia di essenzialismo o naturalismo per quelle che la usano), la seconda privata di ogni capacita' di rilancio verso un senso libero della differenza, ridotta a statico sinonimo di disuguaglianza. Rispetto alla mia vicenda, la teoria femminista elaborata in questi ultimi decenni negli Usa (e non soltanto, perche' gli Usa sono un paese potente e invadono), ha operato un capovolgimento che non riesco ad accettare. Da un autore come Michel Foucault abbiamo imparato a guardare a noi stessi senza ingenuita', ad avere coscienza della costruzione culturale normativa dei corpi, i nostri stessi corpi fatti luogo del potere e del dominio, e a cercare i punti di resistenza alla logica binaria maschile/femminile della sessualita' imposta. E poi, che fare? La pratica politica delle donne mi ha portata fuori, non dico oltre ma fuori, da questo mondo "concluso e insignificante" (Antonio Negri, La differenza italiana, Nottetempo 2005). Come ha potuto? Interrompendo, semplicemente, il lavoro senza fine del pensiero critico. * A differenza della teoria critica del postmoderno, il femminismo radicale, nella testimonianza che rende il mio vissuto e nel testo (tessuto) in cui questo vissuto s'iscrive, intessuto da molte in uno spaziotempo che mi oltrepassa, conosce il magico punto di arresto, che e' esattamente quando il possibile nuovo si affaccia e brilla. Se non si hanno schemi e obiettivi davanti allo sguardo, il possibile nuovo fa una luce che non si puo' non vedere. In pratica, l'affacciarsi avviene quando le parole e l'esperienza entrano in circolo e si potenziano a vicenda. In quel momento sai che sei fuori dalla macchinazione di un ordine simbolico della non liberta' e devi smettere di occuparti di questa macchina, vorresti continuare perche' ormai ti e' diventata familiare, e' la cosa che conosci meglio, ma si smette per cominciare a vivere. Toni Negri nel libriccino che ho citato parla di "differenza creativa", io parlo di generazione della liberta', adottando un linguaggio, quello del generare, che si trova anche in certe scuole di linguistica, perche' la pratica della parola e' molto importante in questa faccenda che ho cercato, bene o male, di ripercorrere con voi. Ma, soprattutto, si tenga presente che le cose capitano e bisogna fermarsi anche dal pensare, se occorre, per lasciarle capitare. 5. RIFLESSIONE. FAUSTO CONCER: UNIVERSALISMO E ASSOLUTISMO [Ringraziamo Fausto Concer (per contatti: faustoconcer at alice.it) per questo intervento. Fausto Concer e' impegnato in varie esperienze, particolarmente a Bolzano e a Bologna, per la pace, i diritti dei popoli, la difesa della Costituzione, un'economia di giustizia e di solidarieta'] Il contrario di relativismo e' assolutismo, non universalismo. Una cultura, come un sapere, universale, che si basa su alcuni principi e concetti universali comuni, non puo' che essere filosofia della pluralita' e della differenza nell'eguaglianza. Una cultura (una filosofia, un sapere, un progetto di costruzione umana collettiva) universale, o e' dialettica o non e'. A patto pero' d'intendere, e soprattutto intendersi, sul termine. Dialettica che non mira a sottomissione o distruzione, ma a piu' avanzate sintesi; dialettica sorvegliata ed emancipata da pretese totalizzanti, che accetta e valorizza anche le differenza irriducibili. Dialettica che tende all'universale appunto, e non all'assoluto. 6. LIBRI. L'INDICE DI "STORIA E TECNICHE DELLA NONVIOLENZA" DI ANTONINO DRAGO [Ringraziamo Antonino Drago (per contatti: drago at unina.it) per averci messo a disposizione l'indice del suo ultimo libro. Antonino (Tonino) Drago, nato a Rimini nel 1938, e' stato il primo presidente del Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e nonviolenta; gia' docente universitario di Storia della fisica all'Universita' di Napoli, attualmente insegna Storia e tecniche della nonviolenza all'Universita' di Firenze, e Strategie della difesa popolare nonviolenta all'Universita' di Pisa; da sempre impegnato nei movimenti nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Storia e tecniche della nonviolenza, La Laurenziana, Napoli 2006] E' uscito pochi giorni fa per i tipi de La Laurenziana di Barra Napoli il libro di testo del corso omonimo "Storia e tecniche della nonviolenza", che Antonino Drago tiene da due anni all'Universita' di Firenze. Per richieste, inviare 15 euro all'indirizzo dell'autore: Antonino Drago, via Benvenuti 5, Castelmaggiore Calci 56010 (Pisa), tel. 050937493, fax 06233242218. * Storia e tecniche della nonviolenza Introduzione 1. E' possibile la nonviolenza? 2. E' possibile una nonviolenza politica? 3. Sono possibili tecniche nonviolente? Capitolo 1. Storia della nonviolenza: dalla fede personale alla prassi sociale, alla ideologia politica 1.1. I precedenti nelle varie religioni e nei vari secoli 1.2. La centralita' di Gandhi 1.3. I grandi maestri della nonviolenza: le loro motivazioni. I quattro modelli di sviluppo 1.4. Rapporti con la religione, l'etica e la teoria politica 1.5. Cenni storici sulle azioni collettive nonviolente nei secoli passati 1.6. Le maggiori lotte nonviolente nel secolo XX 1.7. Il carattere nonviolento della rivoluzione del 1989 1.8. Caratterizzazione del dopo 1989 1.9. Storia della politica nonviolenta in Italia: i principali maestri 1.10. Storia della politica nonviolenta in Italia: i gruppi politici 1.11. Storia della lotta per la istituzione pubblica della Difesa popolare nonviolenta in Italia Capitolo 2. La nonviolenza come comportamento personale gestibile universalmente 2.1. Conflitti: classificazioni e loro soluzioni 2.2. Definizioni di "nonviolenza": da quella soggettiva a quella strutturale 2.3. Tecniche intellettuali: teorica dei conflitti di Galtung 2.4. Tecniche intellettuali: il conflitto come un A-B-C 2.5. Tecniche intellettuali: teorica dei conflitti oltre Galtung 2.6. Tecniche individuali: la dinamica di un conflitto personale 2.7. Tecniche individuali: la dinamica generale della soluzione dei conflitti 2.8. Tecniche individuali: lavoro su di se' e lavoro sociale 2.9. Tecniche di convivenza: training nonviolento, pedagogia e vita comunitaria 2.10. Tecniche giuridiche: diritti, obiezione di coscienza, disobbedienza civile, istituzioni alternative, Onu 2.11. Tecniche di lotta sociale: manifestazioni e scioperi 2.12. Tecniche della difesa popolare nonviolenta 2.13. Il pensiero strategico utile per la nonviolenza Appendice: La nonviolenza contro le dittature (G. Sharp) Bibliografia introduttiva allo studio della nonviolenza : Antologie - I maestri - La difesa popolare nonviolenta. 7. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "UNA FORZA CHE DA' VITA" DI FULVIO CESARE MANARA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci messo a disposizione il testo del suo intervento ad un incotnro di presentazione del bel libro di Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi (Unicopli, Milano 2006, pp. 360, euro 18), svoltosi a Bergamo il 3 maggio. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) e' un prestigioso studioso e amico della nonviolenza; nato a Bergamo il 29 giugno 1958, coniugato con tre figli, laureato in filosofia presso l'Universita' di Milano discutendo la tesi "Fides falsa. Il concetto di eresia in Tommaso d'Aquino", ha frequentato seminari di ricerca e studio presso vari enti: il Program on Nonviolent Sanctions della Harvard University, la Western Michigan University, la American Philosophical Association (Central Division), e la Albert Einstein Institution (Cambridge, Ma, Usa). Perfezionatosi a Padova in didattica della filosofia, e' stato ricercatore esterno della Fondazione Tovini presso il Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Padova, dove ha condotto una ricerca sul laboratorio di filosofia. Nell'anno accademico 2004-2005 ha insegnato "Religioni e diritti dell'uomo" al Master di II livello dell'Universita' degli Studi di Bergamo. Nel settore della didattica della filosofia insegna filosofia e storia nei licei statali; opera quale formatore di formatori e interviene in corsi di formazione promossi da istituti superiori in varie parti d'Italia ed in seminari e corsi promossi dal Ministero e da altre agenzie (la piu' recente attivita' e' la funzione di moderatore in due forum della Sfi per l'Indire); ha collaborato al laboratorio di didattica della filosofia presso la Siss Veneto; e' membro del consiglio direttivo e della commissione didattica nazionale della Societa' filosofica italiana; suo campo di sperimentazione e di indagine e' la comunita' di ricerca filosofica e il laboratorio di filosofia; collabora in qualita' di redattore a "Comunicazione filosofica. Rivista telematica di ricerca e didattica filosofica" (sito: www.getnet.it/sfi/013.html); collabora in qualita' di formatore esterno al corso di perfezionamento in filosofia e didattica della filosofia dell'Universita' di Bari, e al corso di perfezionamento in metodologia dell'insegnamento filosofico presso l'Universita' di Padova. Nel settore disciplinare della didattica della filosofia ha pubblicato una quindicina di saggi e alcune recensioni, oltre al volume "Comunita' di ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia", Lampi di Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla nonviolenza si occupa continuativamente di etica della nonviolenza, settore in cui ha pubblicato una ventina tra saggi e articoli; opera quale formatore con esperienza di metodologia attiva: addestrato nelle competenze dell'ascolto attivo e della gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una esperienza ventennale di animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua volta all'ascolto attivo, ad una gestione di gruppo centrata sulla leadership partecipativa ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Dal 2002 e' collaboratore della cattedra di Pedagogia sociale dell'Universita' di Bergamo, ove si occupa in particolare del tema della trasformazione nonviolenta dei conflitti. Tra le opere di Fulvio Cesare Manara: Scritti vari sulla nonviolenza, l'obiezione di coscienza e l'educazione alla pace, Eirene, Bergamo 1990; (a cura di), La nonviolenza si impara, Celsb, Bergamo 2003; Tra cattedra e vita. Comunicazione e insegnamento della filosofia tra Kant e Gentile, Lampi di stampa, Milano 2004; Comunita' di ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia, Lampi di Stampa, Milano 2004; Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006. Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006] "Violenza e' distruzione della vita, nonviolenza e' amore per la vita, cura per la vita e forza che fa vivere". Questa definizione (p. 159) spiega il titolo del libro di Manara, filosofo e pedagogista dell'Universita' di Bergamo. Ma siamo, in questo inizio del XXI secolo, in un'eta' di terrorismi. Terrorismi al plurale: come Gandhi ebbe a che fare col terrorismo dei dominatori britannici e quello dei ribelli indiani, cosi' oggi abbiamo il terrorismo ribelle anti-imperiale, e il terrorismo delle guerre imperiali di dominio. "La storia dice: violenza. La coscienza ha un soprassalto e dice: amore" (Paul Ricoeur, citato a p. 16). "Ricominciare con Gandhi" non significa tornare a lui, ma raccogliere di nuovo la sua testimonianza per la nostra ricerca personale e politica di nonviolenza attiva. Il libro di Manara, fitto e ampio, e' un lavoro non celebrativo ma critico, per la cura conoscitiva, per il controllo dei punti di vista del ricercatore (p. 30), e perche' si lascia porre sotto giudizio (p. 43) e vede anche aspetti critici di Gandhi (per esempio p. 55). Con molta cura, ricerca e precisione testuale, l'autore lavora sulle fonti gandhiane originali (pp. 30-32), sulle quali da' al lettore utili consigli (pp. 28-32). Efficaci citazioni, oltre a tutte le molte nel testo, aprono ognuno dei dieci capitoli. Sarebbe stato utile che l'indice indicasse anche i paragrafi, quasi come un sommario, e che un indice dei nomi chiudesse il gia' ampio volume. L'introduzione di Giuliano Pontara indica, di Gandhi, i temi della verita' e della nonviolenza, che, nella presente barbarie, stanno davanti a noi, nonostante tutto, come possibilita' da cogliere. "La nonviolenza - scrisse Gandhi - appare nella sua vera e piu' profonda natura quando viene opposta alla violenza" (p. 11). Ci sono, nel nostro tempo violento, semi di nonviolenza (p. 18). I capitoli, dopo il primo sulle fonti, sono dedicati a religione, religioni, verita'; al metodo satyagraha; al terrorismo; alla progettazione sociale; al nazionalismo; all'istruzione; all'economia; alla difesa nonviolenta; alla conoscenza di Gandhi in Italia: tutti aspetti dell'opera e del significato di Gandhi, affrontati con "esplorazione esperienziale" (p. 20) e "coinvolgimento esistenziale" (p. 44). La ricerca di Manara e' parte di un progetto e lavoro di educazione "tra" adulti. * Mi sono soffermato sul capitolo IV, "Gandhi, il terrorismo e la nonviolenza", di impressionante attualita'. Gandhi ebbe esperienza diretta di entrambi i terrorismi, inglese e indiano; coi terroristi dialogo' intensamente, sia a Londra, sia in India. Ammira il loro zelo, mentre lo critica apertamente come fuorviato. Atti di terrorismo scandiscono continuamente i suoi anni, fino a colpirlo a morte, nel 1948. Egli sviluppa una decina di argomenti contro il terrorismo (pp. 138-147), che e' il "culto delle pistole e delle bombe" (Kulke): i principali sono il nesso tra mezzi e fini; la necessita', ben piu' che della repressione, di cercare le cause profonde del terrorismo "popolare"; il quale e' segno di debolezza; i due terrorismi si rafforzano a vicenda, ma piu' grave e' il terrorismo di stato, perche' usa le istituzioni e corrompe l'intera popolazione; soprattutto, Gandhi indica la "non-ritorsione" come l'unica via d'uscita dalla spirale: questa e' l'arma del forte, che fa ricorso a profonde forze spirituali, come leggiamo nel lungo grande brano del 1947 (p. 145). Come per i piu' alti pensatori politici (Aristotele, Hannah Arendt, per esempio), per Gandhi la politica autentica esclude la violenza (p. 150). Cio' che piu' lo turba sono gli scoppi di violenza dentro le lotte nonviolente che egli conduce, e che in tali casi egli blocca immediatamente, pagando di persona (p. 151). Egli discute, ma sa bene che l'azione parla piu' delle parole, e che, nelle tensioni della vita, l'alternativa originaria e' tra distruttivita' ed empatia. Nonostante tutto, nella storia umana c'e' stata finora piu' empatia che distruzione, piu' bene che male, altrimenti ci saremmo gia' distrutti (pp. 156-157). Vale ancora per noi, nell'era del rischio atomico ed ecologico, questa fiducia? Comunque, la ritorsione gioca per la distruzione. Non si puo' dire che il terrorista e il satyagrahi abbiano lo stesso fine e soltanto differenti i metodi. Infatti, il mezzo-dominio qualifica anche il risultato come dominio. Se la violenza e' il metodo d'azione, alla fine acquisiscono potere i violenti, non gli oppressi liberati (p. 158). "La violenza e' suicida" (p. 153). Un diagramma di Nanni Salio (p. 159), incrociando la disponibilita' o meno ad uccidere e analogamente a morire, nei conflitti, evidenzia quattro aree corrispondenti, schematicamente, la prima al soldato e al terrorista comune (uccidere si', morire no); la seconda al terrorista suicida (uccidere si', morire si'); la terza all'astensionista (ne' uccidere ne' morire); la quarta al satyagrahi (che lotta pronto a morire ma non ad uccidere). Le quattro aree rappresentano rispettivamente la violenza del debole, la violenza del forte, la nonviolenza del debole, la nonviolenza del forte. Non si tratta di categorie assolutamente separate: per lo piu' siamo nell'area tre, ma in ciascuno di noi c'e' qualcosa di tutti i quattro atteggiamenti. Il problema e' educarci alla nonviolenza del forte, alla nonviolenza attiva nei conflitti, e quindi alla pace. Ci si educa nell'esperienza quotidiana dei piu' comuni conflitti. Nel confronto col terrorismo, l'uomo gandhiano (area quattro) apparentemente perde, ma e' colui che piu' attivamente tesse una tela alternativa, non imitativa e non rassegnata, al potere della violenza (p. 160). E' per questo suo essere "prigioniero della speranza" (p. 12) che Gandhi continua ad essere letto, studiato, a fare scrivere libri: quello di Manara e' uno dei piu' accurati nell'analisi e nella documentazione sui grandi appelli e apporti che da Gandhi ci vengono sempre. "Una volta che si e' incontrato Gandhi e' difficile liberarsene" (p. 7), testimonia Pontara, conferma Manara, e noi con loro. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1290 del 9 maggio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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