La nonviolenza e' in cammino. 1284



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1284 del 3 maggio 2006

Sommario di questo numero:
1. Giovanna Capelli: Per Lidia Menapace Presidente della Repubblica
2. Giovanni Franzoni: Per Lidia Menapace Presidente della Repubblica
3. Lidia Ravera: Per Lidia Menapace Presidente della Repubblica
4. Carlo Sansonetti: Per Lidia Menapace Presidente della Repubblica
5. Che fare per sostenere l'appello per Lidia Menapace al Quirinale
6. Oggi a Bergamo: ricominciare con Gandhi
7. "Nonviolenza e politica" a Firenze da 5 al 7 maggio
8. "Azione nonviolenta" di maggio 2006
9. Enrico Peyretti: Relativismo (parte prima)
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. DEMOCRAZIA PARTECIPATA. GIOVANNA CAPELLI: PER LIDIA MENAPACE PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
[Ringraziamo Giovanna Capelli (per contatti: preside.giovanna at tin.it) per
questo intervento. Giovanna Capelli, dirigente scolastica, e' senatrice]

Anche io aderisco all'appello per Lidia Menapace Presidente della
Repubblica.

2. DEMOCRAZIA PARTECIPATA. GIOVANNI FRANZONI: PER LIDIA MENAPACE PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
[Ringraziamo Giovanni Franzoni (per contatti: g.franzoni at tiscali.it) per
questo intervento. Giovanni Franzoni e' una delle figure piu' autorevoli
della spiritualita' contemporanea, della solidarieta' con le persone ed i
popoli oppressi, della pace e della nonviolenza; nato nel 1928 a Varna, in
Bulgaria, dove il padre toscano si era trasferito per lavoro, cresciuto a
Firenze, studente di teologia presso il Pontificio Ateneo di Sant'Anselmo di
Roma, viene ordinato prete nel 1955, e negli anni sessanta insegna storia e
filosofia nel Collegio di Farfa, monaco benedettino, nel marzo 1964 e'
eletto abate dell'abbazia di S. Paolo fuori le mura a Roma, e' padre
conciliare alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II; le sue prese
di posizione contro il Concordato, contro la guerra nel Vietnam, di
solidarieta' con le lotte operaie e popolari, gli procurano l'ostilita'
delle gerarchie vaticane; animatore di comunita' cristiane di base,
collabora dalla fondazione con la rivista ecumenica "Com-nuovi tempi" (poi
divenuta "Confronti"); ha sempre partecipato al dibattito sociale ed etico
intorno ai temi cruciali del nostro tempo da un punto di vista che tiene
conto del pensiero religioso in modo libero e autonomo; da oltre
quarant'anni la sua attivita' pratica e teorica e' rivolta alle popolazioni
piu' povere del pianeta, senza dimenticare le responsabilita' e i problemi
delle societa' avanzate. Dal sito www.cdbchieri.it riprendiamo la seguente
notizia biografica: "Giovanni Franzoni, (Varna, Bulgaria, 1928) ha trascorso
la sua giovinezza a Firenze, dove ha lavorato nella Dc. Maturata la
vocazione sacerdotale nell'Azione Cattolica, ha frequentato il Collegio
Capranica a Roma e ha poi studiato teologia al Sant'Anselmo. Rettore del
collegio di Farfa, nel marzo 1964 e' eletto abate dell'Abbazia di S. Paolo
fuori le mura a Roma. Partecipa come padre conciliare alle ultime due
sessioni del Concilio Vaticano II. Le sue prese di posizione contro il
concordato tra Stato e Chiesa e contro la guerra nel Vietnam, come la
solidarieta' espressa alle lotte operaie nel 1969 e nel 1970, gli procurano
l'ostilita' del Vaticano e nel 1973 e' costretto a dimettersi dalla carica
di abate. Nel 1974 prende posizione per la liberta' di voto dei cattolici
per il referendum sul divorzio e viene sospeso a divinis. In occasione delle
elezioni politiche del 1976, annuncia che votera' per il Pci e il 2 agosto
dello stesso anno viene ridotto allo stato laicale. Animatore di comunita'
cristiane di base, collabora, dalla fondazione con la rivista ecumenica
'Com-Nuovi tempi' (dal 1989 'Confronti'). E' redattore del mensile 'Input'".
Tra le opere di Giovanni Franzoni: Tra le opere di Giovanni Franzoni: La
terra e' di Dio, Com, Roma 1973 (recentemente riedita in edizione ampliata);
Il mio regno non e' di questo mondo, Com, Roma 1974; Omelie a S. Paolo fuori
le mura, Idoc-Mondadori, Milano 1974; Tra la gente, Com, Roma 1976; Il posto
della fede, Coines, Roma 1977; Il diavolo, mio fratello, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1986 (tr. tedesca, Der Teufel mein Bruder, Koesel-Ver); Le
tentazioni di Cristo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1990; La solitudine del
samaritano, Theoria, Roma-Napoli 1993; Farete riposare la terra, Edup, Roma
1996; Giobbe. L'ultima tentazione, Com - Nuovi Tempi, Roma 1997; Lo strappo
nel cielo di carta, Edup 1999; Anche il cielo e' di Dio, Edup, Roma 2000;
con Mario Manacorda, Le ombre di Wojtyla, 2000; La donna e il cerchio, 2001;
Ofelia e le altre, Datanews, Roma 2001; La morte condivisa, Edup, Roma;
Eutanasia. Pragmatismo, cultura, legge, Edup, Roma 2004]

La proposta di Lidia Menapace come Presidente della Repubblica e' limpida e
lineare.
Non si puo' che sottoscriverla.

3. DEMOCRAZIA PARTECIPATA. LIDIA RAVERA: PER LIDIA MENAPACE PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
[Ringraziamo Lidia Ravera (per contatti: lidia at rara.fastwebnet.it) per
questo intervento. Lidia Ravera e' nata a Torino e vive a Roma; scrittrice,
giornalista, sceneggiatrice per il cinema e la televisione; tiene
abitualmente corsi e laboratori di scrittura. Tra le opere di Lidia Ravera:
(con marco Lombardo Radice), Porci con le ali, Savelli, 1976; I compiti
delle vacanze, Mondadori, 1997; Ammazzare il tempo, Mondadori, 1978; Bambino
mio, Bompiani, 1979; Bagna i fiori e aspettami, Rizzoli, 1986; Se lo dico
perdo l'America, Rizzoli, 1988; Voi grandi, Theoria, 1990; Tempi
supplementari, Armando, 1990; Due volte vent'anni, Rizzoli, 1992; In quale
nascondiglio del cuore. Lettera a un figlio adolescente, Mondadori, 1993; Il
paese di Eseap, Lisciani & Giunti, 1994; Sorelle, Mondadori, 1994; Nessuno
al suo posto, Mondadori, 1996; Compiti delle vacanze, Mondadori, 1997;
Maledetta gioventu', Mondadori, 1999; Ne' giovani ne' vecchi, Mondadori,
2000; Un lungo inverno fiorito e altre storie, La Tartaruga, 2001; Il paese
all'incontrario, Giunti, 2002; La festa e' finita, Mondadori, 2002; Il
freddo dentro, Rizzoli, 2003; In fondo, a sinistra..., Melampo, 2005]

Sono assolutamente d'accordo, mi impegnero' a sostenere una candidatura
eccellente quanto opportuna.

4. DEMOCRAZIA PARTECIPATA. CARLO SANSONETTI: PER LIDIA MENAPACE PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
[Ringraziamo don Carlo Sansonetti (per contatti: carlo.sansonetti at libero.it)
per questo intervento. Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso
parte a varie rilevanti esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in
America Latina, ed e' trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla
strada". Per sostenere le attivita' di solidarieta' in America Latina e in
Africa dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012
Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail:
sullastrada at iol.it, sito: www.sullastradaonlus.it; l'associazione promuove
anche un periodico, "Adesso", diretto da Arnaldo Casali, che si situa nel
solco della proposta di don Primo Mazzolari; per contattare la redazione e
per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni, e-mail: adesso at reteblu.org,
sito: www.reteblu.org/adesso]

E' vero, ero fra quelli che non credevano nell'alternativa a schemi gia'
dati nei palazzi del potere alto.
Eppur qualcosa si muove, e voglio dare la mia spinta anch'io, perche' si
muova di piu' e per sempre.
Si' a Lidia Menapace Presidente della Repubblica Italiana.

5. MATERIALI. CHE FARE PER SOSTENERE L'APPELLO PER LIDIA MENAPACE AL
QUIRINALE

1. Scrivere lettere ai parlamentari per segnalare loro la proposta di
eleggere Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale
proposta, i consensi che essa sta ottenendo, e per sollecitare un loro
impegno in tal senso.
Ovviamente occorre che siano lettere scritte con linguaggio adeguato: non
proclami o peggio ancora requisitorie.
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i parlamentari si trovano nel
sito della Camera dei Deputati (www.camera.it) e in quello del Senato della
Repubblica (www.senato.it).
*
2. Scrivere lettere ai consiglieri regionali (come e' noto all'elezione del
Presidente della Repubblica prendono parte oltre a tutti i parlamentari
anche tre rappresentanti per ogni Regione) per segnalare loro la proposta di
eleggere Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale
proposta, i consensi che essa sta ottenendo, e per sollecitare un loro
impegno in tal senso.
Ovviamente occorre che anche queste  lettere siano scritte con linguaggio
adeguato.
Gli indirizzi di posta elettronica dei consiglieri regionali si trovano
agevolmento nei siti dei relativi Consigli Regionali.
*
3. Scrivere lettere ai mass-media locali e nazionali per segnalare loro
l'appello per l'elezione di Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le
ragioni di tale proposta, i consensi che ha gia' ottenuto, e per sollecitare
che ne diano informazione.
Ovviamente per i mass-media locali o settoriali e' preferibile che vi sia
anche una specificita' locale o settoriale della notizia (ad esempio
l'adesione di persone o associazioni del territorio o del campo di interessi
di riferimento dello specifico giornale, radio, tv, rivista, sito, etc.).
Ed altrettanto ovviamente occorre un linguaggio adeguato: conciso e chiaro;
alle redazioni giornalistiche interessa ricevere notizie, non esercizi di
retorica sia pur la piu' alata.
*
4. Valorizzare le mailing list e i siti nel web per far circolare l'appello
(chiedendo anche, a chi gestisce un sito, se sia possibile che nella home
page di esso sia segnalato l'appello "Per Lidia Menapace Presidente della
Repubblica" con un rinvio ad una piu' ampia notizia e possibilmente anche un
link alla o alle pagine web in cui e' possibile reperire maggiori
informazioni (ad esempio la pagina web da cui si possono raggiungere tutti i
fascicoli di questo notiziario, che e' la seguente:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html ).
*
5. Laddove possibile promuovere raccolte di adesioni nei luoghi di lavoro,
di studio, di incontro, di impegno: a tal fine potra' essere utile
predisporre dei volantini da affiggere ove consentito che rechino almeno:
a) un testo sintetico dell'appello (ad esempio: "Ci piacerebbe un Presidente
della Repubblica che avesse fatto la Resistenza. Un Presidente della
Repubblica che avesse fatto la scelta della nonviolenza. Un Presidente della
Repubblica femminista. Una Presidente della Repubblica. Lidia Menapace"):
b) una breve notizia su Lidia (ad esempio: "Lidia Menapace (per contatti:
lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni
politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte
degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani
e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004");
c) un punto di riferimento locale e come sia contattabile (ad esempio
telefonicamente o per e-mail);
d) l'indicazione di dove trovare ulteriori informazioni (ad esempio la
pagina web - che abbiamo segnalato sopra - che ospita i fascicoli di questo
notiziario, "La nonviolenza e' in cammino", in cui si da' notizia
dell'iniziativa, delle sue ragioni, delle dichiarazioni di adesione fin qui
rese pubbliche).
*
6. Con l'avvertenza di cercar di non sommergerla di richieste, si potrebbe
anche proporre a Lidia Menapace (scrivendole alla sua casella di posta
elettronica, sopra segnalata) di partecipare a iniziative pubbliche (non
necessariamente centrate sulla proposta di elezione al Quirinale, e' ovvio:
con Lidia si possono fare appassionanti incontri su tanti argomenti).
*
7 Ma soprattutto parliamone: con le persone con cui condividiamo opinioni,
esperienze, interessi, impegni; con le persone che riteniamo possano essere
interessate ad avere una Presidente della Repubblica come Lidia; parliamone
guardandoci nei volti e reciprocamente ascoltando le nostre voci.
Una proposta come questa va "elaborata", cioe' meditata e discussa superando
anche alcune frequenti e comprensibili resistenze interiori: in tante e
tanti l'abbiamo pensata come desiderabile, ma non c'e' dubbio che forse
molte e molti esitano ad esprimerla come proposta concreta su cui impegnarsi
praticamente ritenendo che non sia sufficientemente "realistico" che persone
che non appartengono alle gerarchie del palazzo propongano un ragionamento e
un'indicazione per la Presidenza della Repubblica: invece proprio questa
rottura culturale, questa uscita dall'apatia e dalla subalternita', questo
ripudio della rassegnazione, questa presa di parola per una democrazia
partecipata, costituiscono uno degli aspetti piu' interessanti della
proposta.
*
8. Infine: saremo grati a tutte le persone che vorranno comunicarci adesioni
e iniziative affinche' anche sul nostro notiziario si possa darne notizia
(il nostro indirizzo di posta elettronica e': nbawac at tin.it).

6. INCONTRI. OGGI A BERGAMO: RICOMINCIARE CON GANDHI
[Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo]

Si svolge oggi, mercoledi' 3 maggio, a Bergamo con inizio alle ore 20,30
presso la Sala Carrara del Collegio S. Alessandro, in via Garibaldi 3 (ma si
entra dall'ingresso in via S. Alessandro), un incontro di presentazione del
libro di Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con
Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006.
Intervengono: Fulvio Cesare Manara, autore del libro, ricercatore presso
l'Universita' degli Studi di Bergamo; Enrico Peyretti, membro del Movimento
Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento; Ivo
Lizzola, docente di pedagogia sociale all'Universita' di Bergamo.
Per informazioni: tel. 035225845, e-mail: incontri at buonastampa.it

7. INCONTRI. "NONVIOLENZA E POLITICA" A FIRENZE DAL 5 AL 7 MAGGIO

Si svolgera' il 5, 6 e 7 maggio 2006 il convegno su "Nonviolenza e politica"
promosso dal Movimento Nonviolento nella Firenze citta' di pace, sulle orme
di: Aldo Capitini, Giorgio La Pira, Fioretta Mazzei, Enzo Enriquez
Agnoletti, Lorenzo Milani, Ernesto Balducci, Alexander Langer.
*
Venerdi' 5 maggio, ore 21, Biblioteca Comunale Centrale in via Sant'Egidio
21.
Serata di presentazione alla citta', intervengono: padre Alex Zanotelli,
missionario comboniano; Daniele Lugli, segretario nazionale del Movimento
Nonviolento.
*
Sabato 6 maggio, ore 10, sala del Dopolavoro Ferroviario in via Alamanni
(Stazione di Santa Maria Novella).
Convegno sul tema, intervengono fra gli altri Nanni Salio, Lidia Menapace,
Giusy Di Rienzo, Alberto L'Abate, Pasquale Pugliese, Rocco Pompeo, Alberto
Trevisan, Piercarlo Racca, Adriano Moratto, Marco Baleani, Mao Valpiana,
Angela Marasso, Michele Boato, Carmelo Sgandurra, Sergio Albesano,
Massimiliano Pilati, Luciano Capitini, Alberto Tomiolo, ecc.
*
Domenica 7 maggio, ore 10, percorso da piazza della Signoria a piazza della
Signoria. Luoghi fiorentini per la nonviolenza.
1. Piazza della Signoria: "arengario", luogo dove si facevano le arringhe
durante le assemblee cittadine nel periodo comunale; Palazzo vecchio sede
del Comune dove La Pira e Enriquez Agnoletti hanno lavorato.
2. Via dei Benci: Chiesa Metodista dove Tartaglia ha predicato nel
dopoguerra.
3. Piazza S. Croce: Cappella dei Pazzi, luogo caro ad Alexander Langer.
4. Via Oriuolo: Biblioteca Comunale, sede della Fondazione Balducci; Casa di
Pio Baldelli, collaboratore di Capitini.
5. Piazza San Marco: sede dell'universita' dove insegno' Capitini; convento
dove La Pira abito', sede del centro La Pira.
6. Fortezza da Basso: carcere dove Gozzini fu detenuto per la sua obiezione.
7. Piazza Signoria (termine previsto ore 13).
*
Pernottamento consigliato: Ostello Santa Monaca, via Santa  Monaca, 6 (zona
Santo Spirito), tel. 055268338, fax: 055280185 (ognuno prenota
personalmente).
*
Per informazioni: tel. 0458009803, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

8. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI MAGGIO 2006
[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: mao at sis.it)
riceviamo e volentieri diffondiamo]

E' in uscita il numero di maggio 2006 di "Azione nonviolenta", rivista del
Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964; mensile di
formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in
Italia e nel mondo.
In questo numero:
- Questa e' la guerra, signori, di Gianfranco Formenton;
- Verso il Referendum costituzionale. Salvare la Costituzione di Calamandrei
e bocciare la riforma di Calderoli, di Andrea Pugiotto;
- Obiezione di coscienza dei ragazzi e delle ragazze e delle persone
richiamabili, a cura del Gavci;
- Ricettario per una salvezza possibile. Fermarsi e un passo indietro. Fare
una scelta unilaterale: dimissionare! Poi si vedra'..., di Christoph Baker;
- Una forza piu' potente: scheda 4: Cile 1983-88: sconfitta di un dittatore,
a cura di Luca Giusti;
- Campi estivi nonviolenti 2006, a cura del Mir e del Movimento Nonviolento
del Piemonte e della Valle d'Aosta;
- Il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
E le rubriche:
- Giovani. Campo estivo nonviolento, un'esperienza da rifare, a cura di
Laura Corradini;
- Educazione. Educare alla nonviolenza con l'arte del teatro, a cura di
Pasquale Pugliese;
- Disarmo. Un giorno gli uomini si vergogneranno di aver costruito le armi,
a cura di Massimiliano Pilati;
- Economia. Ma cos'e' 'sto partito umanista? a cura di Paolo Macina;
- Per esempio. Il giorno in cui le donne scioperarono, a cura di Maria G. Di
Rienzo;
- Musica. Una musica pacifica aperta alla democrazia estrema, a cura di
Paolo Predieri;
- Cinema. Democrazia senza legge, tra orrore e folclore, a cura di Flavia
Rizzi.
In copertina: Una scelta unilaterale: dimissionare!
In ultima: Materiale disponibile;
In seconda: Pax et Biani, Articolo 11...
*
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), e-mail:
redazione at nonviolenti.org o anche an at nonviolenti.org o anche
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail a:
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: RELATIVISMO (PARTE PRIMA)
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci
messo a disposizione questa traccia di una conversazione tenuta
nell'incontro col gruppo "Agire politicamente" a Genova il 19 aprile 2006
sul tema "Il significato delle parole: relativismo. Ovvero: verita' e
societa'. Alla luce del pensiero nonviolento". Enrico Peyretti (1935) e' uno
dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu'
nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato
nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino
al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e'
ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino,
sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato
scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita'
piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha",
edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la
Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale
della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue
opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989;
Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace,
Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999;
Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005;
Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa
Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a
stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio
nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la
traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo
foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche
nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15
novembre 2003 di questo notiziario]

C'e' differenza tra relativita' e relativismo?
"Enorme. Il relativismo distrugge se stesso. Ai suoi occhi una cosa vale
l'altra. Ma non e' cosi'. La relativita' invece e' la consapevolezza che
qualsiasi cosa io possa dire ha un senso e ha una pretesa di verita' in
relazione a un contesto del quale io non sono completamente consapevole"
(Raimon Panikkar).
"Non e' affatto vero che la cultura contemporanea sia relativistica: bisogna
distinguere tra il relativismo, una posizione scettico-pessimistica
assolutamente minoritaria e culturalmente priva di ogni significato, e la
relativita', concetto che e' tutt'altro, sia in scienza che nelle scienze
umane, che in filosofia" (Massimo Cacciari, intervista citata in "Adista",
15 aprile 2006, pp. 8-9).
*
Scheda
Se cerchiamo nei dizionari filosofici il concetto di relativismo, troviamo:
dottrina che afferma la relativita' della conoscenza, o l'inconoscibilita'
dell'Assoluto e della sua esistenza; negazione di ogni verita' assoluta o
razionale; verita' sempre relativa all'uomo, cioe' valida solo in quanto
utile a lui (pragmatismo). La forma estrema e autentica del relativismo
(fenomeno moderno, sec. XIX) afferma la relativita' non solo della
conoscenza, ma di tutti i valori fondamentali della vita umana, relativi
alle singole epoche storiche, unita' organiche senza rapporto l'una con
l'altra: "Non vi e' alcuna morale umana universale" (Spengler, Il tramonto
dell'Occidente, 1918-'22, p. 55). Relativismo culturale e' il riconoscimento
delle diversita' di costumi e norme nell'ambito di culture diverse.
Relativo e' cio' che entra in una relazione. E' relativo un termine che ha
significato solo in riferimento ad altro termine: es. maggiore, minore; o
che vale soltanto in determinate circostanze o condizioni. L'opposto di
relativo e': assoluto, incondizionato (Abbagnano).
Relativismo morale: dottrina per cui l'idea del bene e del male varia a
seconda dei tempi e delle societa', senza che in queste variazioni vi sia un
progresso determinato. Relativo e' anche sinonimo di soggettivo: es. "I
gusti sono relativi" (Lalande).
Il relativismo gnoseologico approda nello scetticismo. Il relativismo morale
genera il conformismo (perche'? semmai il soggettivismo!). Il relativismo
religioso genera la tolleranza, intesa come indifferenza (Didier Julia).
*
Il tema che mi avete dato e' molto difficile. Mi fa sentire del tutto
inadeguato. Parlarne oggi e' particolarmente arduo e puu' facilmente
generare equivoci, incomprensioni, anche asprezze. Non mi sottraggo. Mi
limito a raccogliere riflessioni, anche frammentarie, sperando che possano
un poco chiarire a noi tutti i rischi e le opportunita' che la nostra
societa', noi tutti, abbiamo oggi su questo punto.
*
1. Le parole
La questione del relativismo e' aperta e dibattuta, nella situazione
culturale e morale di oggi: relativita', relativismo, di che cosa? Delle
nostre conoscenze: quale valore, quale verita' hanno? Dei valori che
orientano la vita: quali sono? Abbiamo valori comuni, che accomunano i
nostri cammini nell'esistenza, le nostre soluzioni dei problemi? L'umanita',
che spesso si dilania in conflitti violenti, ha qualcosa in comune? Possiamo
riconoscerci l'un l'altro, tra persone, tra popoli e civilta'?
E' la questione del significato stesso delle parole, che abbiamo visto
capovolgere: la guerra chiamata pace, la sopraffazione chiamata liberta',
l'egoismo chiamato politica e persino amore civico. Abbiamo sentito, in
campagna elettorale, qualificare peggio che stupidi i cittadini che non
usano il proprio privatissimo interesse come criterio principale e decisivo
della politica: questo e' falsificare le idee, cosa peggiore dello spacciare
moneta falsa. Che cosa sia la politica e' detto in modo insuperabile da un
gruppo di ragazzi di montagna, col loro maestro: "Il problema degli altri e'
uguale al mio. Sortirne [uscirne] tutti insieme e' la politica. Sortirne da
soli e' l'avarizia [l'egoismo]" (1). Politica ed egoismo sono l'opposto
l'una dell'altro. Confondere gli opposti nelle menti, cavalcare il lato
basso e i vizi dell'umanita', e' tradimento e corruzione pubblica.
La neo-lingua orwelliana e' entrata nel discorso pubblico. Inquinato il
senso delle parole, e' perduta la posizione eretta dell'uomo, i punti
cardinali si incrociano sull'orizzonte, la vista che guida l'azione si
obnubila, si oscura la realta' che le parole vorrebbero comprendere,
brancoliamo come ciechi guidati da ciechi, se maestri pubblici non
rettificano i termini. La questione del relativismo e' la questione del
senso, senza il quale non c'e' vita umana. Chiesero a Confucio, nell'ipotesi
che il principe Wei gli affidasse il governo: "Che farai per prima cosa?".
Rispose Confucio: "E' assolutamente necessario ridare ai nomi il loro vero
significato" (2).
Ma e' possibile conoscere il vero significato di cio' che diciamo? La
questione del relativismo e' la questione del capire la realta', cioe' la
questione della verita': e' conoscibile la verita'? e' condivisibile?
Dunque la questione e': noi alle prese con la verita': affermata o negata,
possibile o impossibile, comune, condivisa, unificante, oppure soggettiva,
molteplice, separata e separante.
*
2. Tre posizioni sulla verita', e vari relativismi
Nella situazione culturale odierna nelle nostre societa', sul punto arduo
della verita', mi pare che troviamo almeno queste tre posizioni: una
verita', nessuna verita', tante verita':
1 - Troviamo portatori di verita' forti, fino ad essere totalitarie,
escludenti (cosiddetti fondamentalismi, integralismi);
2 - oppure forme di scetticismo (nessuna verita' ma solo la forza, e' questa
che decide chi ha ragione; non c'e' altra verita' che il fatto compiuto, il
successo, la visibilita', il numero); neppure la Costituzione, la legge
fondamentale, che registra la storia dei valori di un popolo, che regola la
vita insieme, neppure la Costituzione, per lo scetticismo giuridico, e'
qualcosa di oggettivamente comune, ma e' la semplice volonta' della parte
forte, per cui, come diceva Gianfranco Miglio, "la Costituzione si fa a
colpi di maggioranza, e dopo e' solo questione di ordine pubblico";
3 - oppure il relativismo (tante verita', nessuna verita' in comune, che
valga per tutti).
Distinguerei un relativismo personale da un relativismo culturale, un
relativismo positivo da uno negativo.
- Il relativismo personale, soggettivo, e' dagli uni riconosciuto e
consentito, perche' non c'e' una verita' per tutti, ognuno pensa come vede e
come vuole; da altri e' avversato come dissoluzione, anche violenta
("dittatura del relativismo", nella denuncia del cardinal Ratzinger), di una
verite' umana (razionale, non solo rivelata) abbastanza chiara per tutti,
che dovrebbe essere riconosciuta e non negata.
- Il relativismo culturale, invece, non e' generalmente ammesso, per due
differenti motivi:
- o perche' si pensa: qui c'e' una cultura - la nostra! - piu' vera di tutte
le altre, piu' civile, piu' evoluta, piu' efficiente, piu' rispettosa dei
diritti umani;
- oppure, il relativismo culturale non e' ammesso (o e' ammesso con certi
limiti) per un motivo piu' corretto: perche' particolari culture, costumi,
tradizioni non devono eludere alcuni diritti e doveri umani sentiti sempre
piu' come universali, a cui culture e costumi devono adeguarsi,
modificandosi, verso alcuni parametri culturali universali (diritti umani),
obbliganti per tutti i popoli, anche per la nostra cultura. Sulla
individuazione, poi, e l'ampiezza di questi parametri, ci sono differenze,
conflitti, ricerche.
Queste posizioni, dunque, variano da verita' violente (i fondamentalismi
duri, che per affermarsi negano le verita' differenti), a negazioni, anche
violente, della possibilita' umana di verita'.
Distinguerei ancora un relativismo positivo da un relativismo negativo.
Positivo e negativo rispetto alla unita' e alle regole di una societa'
pluralistica.
- Quello positivo vede la relazione tra loro dei diversi punti di vista
presenti in una societa', e sottolinea questa relazione piu' delle
differenze.
- Il relativismo negativo evidenzia invece che ogni soggetto e' in relazione
esclusiva con un suo oggetto di verita', che non e' quello degli altri.
Nel primo, positivo, c'e' relazione di vita e collaborazione tra i soggetti
umani, che pure hanno differenti convinzioni e valori, e, come vedremo, e'
un elemento costitutivo della democrazia pluralistica, della socialita',
della solidarieta' universale.
Nel secondo, negativo, ogni soggetto e' incline a staccarsi dagli altri
soggetti della intera societa' per  unirsi in comunita' omogenee con chi ha
le sue stesse convinzioni e valori.
*
3. Verita' e violenza
La questione del relativismo e' anche la questione della violenza, in due
sensi.
Sappiamo che e' violenta una verita' imposta, l'imposizione autoritaria di
una verita' (religiosa, ideologica, economica, ed ogni pensiero unico), e
quindi lo scontro tra diverse verita' armate, le guerre teologiche e
ideologiche, le guerre tra interessi e concezioni economiche, avvenute tante
volte nella storia. Il che ha spinto, per evitare la violenza, alla rinuncia
alla verita', alla tolleranza scettica; ha fatto temere e condannare ogni
pensiero forte, nel presupposto che ogni evidenza e' violenza.
Questo lo sappiamo, ma dobbiamo pensare anche quanta violenza puo' generare
l'assenza di una sufficiente verita' comune, per cui i rapporti tra le
persone e i gruppi umani finiscono per essere regolati e decisi solo dalla
forza materiale, in base a interessi contrapposti, senza alcun obiettivo di
bene comune. Quando non c'e' una ragione comune, una comunicazione nella
ragione, la forza si fa ragione. Salvador Allende, nell'ultimo messaggio
dell'11 settembre 1973: "Hanno la forza, non la ragione".
*
4. Verita' nonviolenta, verita' della nonviolenza
E' possibile una verita' senza violenza? La violenza per affermare una
verita' puo' essere pedagogica, psicologica, giuridica, o anche violenza
armata: la guerra oggi e' giustificata dall'abbattimento esterno di
dittature, per imporre sistemi sociali-politici-economici ritenuti validi e
obbligatori per tutti i popoli, imposti come verita' universale, supponendo
che un unico sistema politico sia umano e giusto, per tutte le culture, per
tutte le tradizioni (3).
Problema: e' possibile una verita' ricercata insieme, anche per vie diverse,
come fattore e fondamento di rispetto, di intesa, di pace? E' certo un
bisogno umano, ma e' possibile?
E' per questo bisogno che cerco di condurre questa riflessione alla luce
della filosofia della nonviolenza. Chi ha cominciato a conoscere questa
organica teoria e pratica che e' la nonviolenza, nella forma contemporanea
che ha assunto con Gandhi, sa che la nonviolenza, nonostante il suono
negativo di questo termine italiano, e' una cultura positiva, attiva,
un'etica e una politica, una scienza delle relazioni umane e dei conflitti
costruttivi, e' una realistica alternativa, storicamente sperimentata, alla
violenza, che nell'era atomica e' arrivata alla distruttivita' finale e
totale.
La nonviolenza, come filosofia di vita personale e politica, si oppone alla
guerra, ma ancor piu' combatte le violenze strutturali e le violenze insite
nelle culture, che sono le cause e giustificazioni delle guerre. La
nonviolenza e' realistica, perche' ad essere utopistica, una folle fuga
nell'impossibile, e' la fiducia nella capacita' difensiva e risolutiva della
violenza. Anche sulla questione di una verita' che unisca gli umani, il
pensiero nonviolento ha qualcosa da dire.
*
5. Gandhi alle prese con la verita'
Il concetto di satyagraha - forza della verita', o dell'anima, o dell'amore
come legge della vita, forza che lotta contro ogni violenza senza cadere
nella sua imitazione - ha riferimenti non piccoli: l'amore, la verita'.
Gandhi intitola la sua autobiografia Storia dei miei esperimenti con la
verita' (4). Non possiamo assolutamente intendere "sulla" verita', quasi un
oggetto manipolabile per vedere cosa ne viene. Gandhi sperimenta se stesso
"davanti" alla verita', alle prese con la verita'. Viene in mente la lotta
di Giacobbe con l'angelo. "Fu la verita' a condurre i suoi esperimenti con
Mohandas Gandhi" (5). Si tratta di un rapporto di dialogo, di messa alla
prova, di avvicinamento, di inveramento trasformativo, non certo un atto
possessivo, strumentale, manipolativo. La verita' non e' l'arma di Gandhi,
ma e' Gandhi che si fa strumento vivo e libero della verita', come Francesco
pregava, nella preghiera a lui attribuita, di essere fatto strumento della
pace di Dio.
*
6. Verita' senza violenza
In un convegno su Dietrich Bonhoeffer (Universita' del Piemonte Orientale,
Vercelli, 9-11 febbraio 2006), un passaggio della relazione di Ugo Perone
ricordava l'idea di verita' in Bonhoeffer come "protezione del reale": non
la verita' contro la realta', neppure una semplice
corrispondenza-adeguazione della mente alla realta'. La verita' dice il
reale quando lo protegge, quando assume la responsabilita' per la sua
complessita'. Dire la verita' e' essere responsabile, rispondere per il
reale. "La pretesa di aver diritto di dire quello che si pensa non si
giustifica affatto. La parola deve avere una giustificazione e una
motivazione nel prossimo". Il mio prossimo vale di piu' di quello che io
penso e voglio dire. Regola del dire non e' unicamente e assolutamente le
cose come stanno, ma anche la discrezione: non la reticenza, ma il rispetto.
Ecco una verita' che non soltanto non e' violenta, ma cura, protegge, e'
amore. Non una verita' astratta, pretesa esattezza di pensiero e di regola,
che altri devono accettare, ma un dire e fare la verita' nell'amore del
prossimo (7).
La nonviolenza positiva e' questa verita': la verita' del rapporto
costruttivo e liberante; la verita' che incontriamo e gustiamo nella buona
relazione umana. La verita' e' relativa, nel senso che si realizza nella
buona relazione. Come hanno detto tre grandi uomini spirituali. Martin
Buber: "Lo Spirito non e' nell'Io, ma tra l'Io e il Tu". Michele Do: "Dio e'
nell'incontro di due sguardi". Benedetto Calati: "Dio e' un bacio".
*
7. Verita' come regola gandhiana del conflitto
Il conflitto condotto coi metodi di Gandhi e' basato sulla verita': sulla
verita' dei fatti, e sulla verita' delle parole; sui veri fatti e veri
diritti, non su false pretese; su lealta', parola veritiera, rispetto.
Come si vede, la verita' come regola dell'azione gandhiana, non e' una
verita' dottrinale, metafisica, religiosa, superiore e totale, che darebbe
al lottatore per la giustizia qualche diritto superiore, una specie di "Dio
lo vuole". E' invece la verita' come limpidezza del rapporto, come apertura
e comunicazione con l'avversario, come rispetto della realta'. Potremmo
dire: una verita' orizzontale, umana, della relazione e della situazione,
che non impugna verita' superiori, ma proprio nella limpidezza della
relazione accoglie ogni possibile luce dall'alto, che fa cercare e puo' fare
incontrare il meglio di ciascuno, e, in ogni caso, anche in caso di
fallimento, testimonia questa ricerca umana, la quale ci allontana
dall'offenderci e dal distruggerci, e ci avvicina al rispetto costruttivo e,
in definitiva, all'amore sociale e politico.
Interrogarci sul relativismo e sulla verita' non ci porta necessariamente
subito sul punto delle verita' ultime e somme, sulla verita' assoluta.
Vivere nella verita' riguarda anzitutto la parola veritiera, la veridicita',
il non-inganno, e quindi la relazione vera, l'autenticita' delle relazioni
umane. La persona umana si compie nella relazione con l'altro, e diventa
autentica, si avvicina alla propria verita', se intreccia relazioni in cui
c'e' verita', trasparenza, rispetto, collaborazione, soluzione positiva dei
conflitti, positiva nonviolenza.
*
8. Relativismo nonviolento per costruire buone relazioni
La nostra via verso la verita' e' personale e fallibile: dunque, i nostri
rapporti devono essere nonviolenti. In questa ricerca pratica della verita'
sta un fondamento della nonviolenza. La verita' e' difficile scoprirla, e'
difficile essere certi di possederla, e proprio per questo non ci si puo'
affidare alla violenza (imposizione, minacciando o infliggendo sofferenza)
nei conflitti umani, dove ognuna delle parti cerca di far valere il suo
punto di vista sulla verita'. Proprio perche' abbiamo solo dei punti di
vista sulla verita', che e' in se' oggettiva ma non e' oggettivo il nostro
conoscerla, non possiamo essere violenti nel conflitto con l'altro.
Raimon Panikkar ci ripete: non ci sono tante verita' (mentre ci sono tante
opinioni, punti di vista o apparenze), ma ci sono tante vie alla verita'. La
verita' ultima non e' plurale, ma c'e' pluralismo nella verita', piu' lati
(si pensi alla classica immagine orientale della montagna: una sola vetta,
ma tante vie di salita).
La violenza, invece, sacrifica la verita' oggettiva, che e' al di sopra dei
punti di vista, alla verita' parziale, cioe' a quel punto di vista che si
impone perche' piu' armato e piu' feroce. Quella delle due verita' parziali
che ha piu' spregiudicatezza e ferocia sopprime la parte di verita' che e'
nell'avversario, ma, di piu', sacrifica la verita' intera alla propria
piccola e parziale verita' imposta.
Invece, dice Gandhi: "Nell'applicazione del satyagraha ho scoperto fin dai
primi momenti che la ricerca della verita' non ammette l'uso della violenza
contro l'avversario, ma che questo deve essere distolto dall'errore con la
pazienza e la comprensione. Infatti, cio' che sembra la verita' ad uno puo'
sembrare un errore ad un altro. E pazienza significa disposizione a
soffrire. Dunque il senso della dottrina e' la difesa della verita' attuata
non infliggendo sofferenze all'avversario ma a se stessi" (8).
Soffrire e' anzitutto portare il peso del proprio limite, del proprio
ritardo, l'umilta' del proprio errore e ignoranza, la fatica di correggersi,
di cercare e ricercare. Il coraggio di soffrire piuttosto che far soffrire
manifesta la sincerita' e fedelta' alla verita' che vedo: essa vale la
"pena", vale la sofferenza che mi costa; per la verita' vale faticare e
soffrire; la verita' - cioe' vedere bene e agire bene - vale di piu' del mio
"star bene". Per la verita' che conosco, ma in modo fallibile e
correggibile, devo essere disposto a pagare, non a far pagare.
Gandhi, dunque, afferma il principio del fallibilismo, o coscienza della
fallibilita', che e' una delle caratteristiche della personalita'
nonviolenta (9). Poiche' posso sbagliare, anche in buona fede, non posso
imporre (con la violenza) la mia visione della verita'. Il fatto che siamo
fallibili dice un altro significato di relativismo, ovvero di relativita'
delle nostre convinzioni piu' chiare e sincere: esse sono ancora in
relazione, non sono assolute, ab-solutae, sciolte da tutto il resto. Sono in
relazione con verita' piu' grandi e piu' complete, sono in relazione con
aspetti di verita' dimenticati da noi e colti da altri, sono in relazione
con "verita' opposte". Pascal, che non e' certamente relativista, dice:
"Alla fine di ogni verita', si deve aggiungere che si ricorda la verita'
opposta" (Pensieri, n. 567). "Ogni cosa quaggiu' e' vera in parte, falsa in
parte... Noi non abbiamo ne' vero ne' bene che in parte, e mescolato col
male e col falso" (ivi, n. 385).
Ecco un relativismo nonviolento e solidale: la nostra verita' e' relativa,
in senso positivo e dinamico, ed e' correlativa alla verita' vista dagli
altri.
*
9. Convinzione e fallibilita'
Incontriamo il difficile problema della convinzione e della
fallibilita'-correggibilita'. Ogni pensiero sincero che affermi qualcosa si
identifica con la verita', per la stessa ragione per cui lo penso, come mi
identifico col mio corpo e la mia persona (salvo che io sia schizofrenico) e
col punto del mondo in cui mi trovo, dal quale guardo la realta'. Se penso
quel pensiero, lo penso come vero. Se lo penso non vero, non posso pensarlo.
Al massimo lo descrivo, lo espongo, per criticarlo, per dire che mi risulta
falso.
Ogni religione (ogni pensiero, ogni filosofia di vita) e' vera, e' condivisa
in quanto vera. Se non sentissi che dice a me piu' verita' delle altre, se
non trovassi li' una verita' vitale, sebbene non totale, non l'abbraccerei.
Vera, ma correggibile, falsificabile, fino alla eventuale falsificazione, e
allora al suo abbandono. Fin quando non e' falsificata, e' vera. Ma se la
ritengo falsificabile, ammetto che possono esserci altre verita', o almeno
altri migliori approcci alla verita': il mio approccio lo riconosco vero, ma
non l'unico vero. Arturo Paoli ha scritto: "Dire che una religione e'
l'unica vera e' una dichiarazione di guerra".
La verita' che conosco e dico non e' finale, totale, inamovibile. E' cio'
che sinceramente vedo, che mi ha con-vinto, e come tale lo presento, lo
difendo, lo vivo. Ma il cammino nella verita' continua sempre, o con una
migliore comprensione, o con una diversa comprensione. Non io decido della
verita', de-finendola, chiudendola in confini, ma essa decide del mio
sapere: io rimango in ascolto, disposto a cambiare le mie convinzioni e
affermazioni se essa mi parla diversamente. Sono convinto non delle mie
convinzioni, ma della verita', in quanto mi ha raggiunto, in quanto mi
raggiungera'.
*
10.Verita' nel conflitto
In questo quadro, anche il conflitto diventa per Gandhi "occasione di
verita'". Se abbiamo un conflitto (differenza, tensione) con altri, abbiamo
l'occasione di crescere nella verita', vediamo piu' di cio' che vedevamo.
Anche quando non possiamo far nostro il punto di vista dell'altro, anche
quando dobbiamo criticarlo, il fatto di conoscerlo ci arricchisce. Il
conflitto quindi, poiche' e' prezioso, ha proprio bisogno di non essere
distruttivo, ma di rispettare e imparare e non perdere la verita'
dell'altro, anche quando e' necessario difenderci e contrastare
l'avversario. Ma l'obiettivo vitale e' sempre questo: il conflitto disturba
la limitata posizione precedente, quindi la allarga.
La nonviolenza nel conflitto e' parte della ricerca della verita'. "E'
giusto considerare la questione della nonviolenza [della lotta nonviolenta]
come impegno a vivere la verita'" (10).
*
Note
1. Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice
Fiorentina, Firenze 1967, p. 14.
2. Confucio, Dialoghi, libro VII, 305, in Opere, a cura di Fausto Tomassini,
Tea , Milano 1989, pp. 148-149.
3. Si veda invece il libro di Amartya Sen, La democrazia degli altri, che
porta il sottotitolo Perche' la democrazia non e' un'invenzione
dell'Occidente (Mondadori, Milano 2004).
4. Gandhi, An Autobiography or the Story of my Experiments with Truth, 1925,
traduzione italiana: La mia vita per la liberta', Newton Compton, Roma 1988.
5. Roberto Mancini, L'amore politico. Sulla via della nonviolenza con
Gandhi, Capitini e Levinas, Cittadella editrice, Assisi 2005, p. 130.
6. Dietrich Bonhoeffer, Che cosa significa dire la verita'?, in Etica,
Bompiani, Milano 1983, p. 313. Si veda l'esempio che Bonhoeffer fa alle pp.
310-311.
7. Efesini 4, 15: "Vivere la verita' nell'amore".
8. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1996, p. 15.
9. Espone questo punto Giuliano Pontara in La personalita' nonviolenta,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996, pp. 58-61: la "disposizione al dialogo",
una delle dieci caratteristiche di questa personalita', implica la
disposizione a riconoscere il proprio errore, pur nella persuasione della
bonta' oggettiva della propria causa.
10. Roberto Mancini, L'amore politico, cit., p. 129.
(Parte prima - segue)

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1284 del 3 maggio 2006

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