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La nonviolenza e' in cammino. 1220
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1220
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 28 Feb 2006 06:05:57 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1220 del 28 febbraio 2006 Sommario di questo numero: 1. "Beati i costruttori di pace": Osservatori internazionali per le elezioni in Congo. Una proposta 2. Un appello per il dialogo cristiano-islamico 3. Il digiuno come strumento per rivegliare le coscienze. Enrico Peyretti presenta alcuni testi gandhiani sul digiuno 4. Ivan Bonfanti: Addio alle armi. A Gerusalemme 5. Maria Rosa Cutrufelli: Il conformista e il suo branco 6. Lea Melandri: Siamo uscite dal silenzio 7. Rino Tormesi: Una dichiarazione di voto 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. "BEATI I COSTRUTTORI DI PACE": OSSERVATORI INTERNAZIONALI PER LE ELEZIONI IN CONGO. UNA PROPOSTA [Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo. Per informazioni e contatti: "Beati i costruttori di pace", via Antonio da Tempo 2, 35131 Padova, tel. 0498070522, fax: 0498070699, e-mail: beati at libero.it, sito: www.beati.org] Osservatori della societa' civile europea: in solidarieta' con il popolo congolese che costruisce la democrazia e la pace "Abbiamo sopportato tutto, fame, guerra, repressione, disoccupazione. Siamo pazienti, ma non toccateci le elezioni". Potremmo sintetizzare cosi' lo stato d'animo delle donne e degli uomini della Repubblica democratica del Congo oggi. E' praticamente dall'indipendenza, nel 1960, che i congolesi stanno aspettando questo momento. C'e' stata una fatica grande per realizzare il dialogo inter-congolese e per far passare questi due anni di governo di transizione, ma la popolazione congolese non ha mai mollato sulla questione delle elezioni. Come associazione "Beati i costruttori di pace" abbiamo seguito il processo di transizione, dopo il grande evento di Butembo nel febbraio 2001. In questi giorni Lisa Clark e Giusy Baioni si sono recate in missione a Kinshasa, e poi a Goma e Bukavu nelle regioni orientali del Kivu, per presentare a nome dell'associazione l'idea di organizzare una piccola missione di osservatori elettorali. Ne hanno parlato con funzionari della sezione elettorale della Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Monuc), con la Missione di Osservazione Elettorale dell'Unione Europea, con i funzionari dell'Agenzia delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Ppud-Apec, la sezione incaricata della sensibilizzazione sulle elezioni), con la Commissione Elettorale Indipendente (Cei), con alcuni parlamentari, con l'Eisa (Electoral Institute of Southern Africa), con un gran numero di associazioni e Ong della societa' civile congolese. Da tutti gli interlocutori hanno ricevuto parole di incoraggiamento. "Le elezioni sono una grande sfida. Il Paese e' immenso, maggiore sara' il numero di osservatori che accompagneranno il popolo congolese in questo importante passo, maggiori saranno le probabilita' di portare a termine le elezioni in modo democratico e trasparente". Siamo convinti che le elezioni presidenziali, legislative, provinciali e locali rappresenteranno per la Repubblica democratica del Congo un primo passo sulla strada della democrazia e della costruzione della pace. Abbiamo raccolto dai vari interlocutori un lungo elenco di ostacoli ancora da superare, prima di poter arrivare all'esercizio del diritto democratico, ma ci siamo anche fatti l'idea che e' possibile farcela. Tutti hanno apprezzato lo spirito con cui intendiamo offrire il nostro contributo. Abbiamo ribadito piu' volte la nostra volonta' di essere accompagnatori cordiali e non semplici ispettori, sottolineando l'importanze delle elezioni. Ma sappiamo che la presenza di stranieri puo' funzionare anche da deterrente nei confronti di chi volesse compiere intimidazioni o scorrettezze di varia natura. Aspettiamo ancora che venga reso pubblico il testo definitivo della legge elettorale, approvato in questi giorni dal Parlamento di transizione. Poi sara' compito della Commissione elettorale indipendente elaborare un calendario definitivo, con le scadenze per l'iscrizione dei candidati, le date delle campagne elettorali e le scadenze di ciascuna tornata elettorale. E' probabile che ci siano quattro scadenze elettorali: primo turno delle presidenziali insieme alle legislative; secondo turno delle presidenziali insieme all'elezione dei consigli provinciali; elezione indiretta dei governatori e dei senatori da parte dei consigli provinciali; elezioni locali e comunali. Ma non possiamo aspettare oltre. Anche il nostro percorso, per costruire una missione di osservatori elettorali, sara' lungo e impegnativo. Ad oggi possiamo solo ipotizzare che la prima scadenza elettorale verra' decisa per fine maggio, meta' giugno. Poiche' sara' necessaria una seria formazione per chiunque voglia partecipare a questa iniziativa, abbiamo la necessita' di informare e di stabilire almeno una data iniziale di incontro. Siamo gia' in contatto con varie istituzioni che valuteranno in che modo aiutarci nell'organizzazione della formazione: il gruppo di esperti che si occupera' della formazione degli osservatori istituzionali per conto del Ministero degli Esteri e altri di nostra conoscenza. Contiamo di definire le modalita' del percorso di formazione nell'arco delle prossime due/tre settimane, ma possiamo gia' dire che saranno necessari almeno due appuntamenti di due giorni ciascuno. A tutte/i coloro che pensano di voler partecipare a questo progetto chiediamo di volerci segnalare la disponibilita', tenendo presente che sara' necessario che tutte/i si attivino per aiutare economicamente coloro che non possono provvedere alle proprie spese in modo autonomo. Sarebbe opportuno anche coinvolgere gli enti locali, sia ai fini del finanziamento degli osservatori, sia per dare spessore politico all'iniziativa, ponendo le basi di progetti futuri di partenariato. Naturalmente, e' necessaria una conoscenza almeno elementare del francese. Inoltre, e' nostra intenzione svolgere la missione di osservazione principalmente nelle zone orientali del Paese, purtroppo le piu' turbolente. E' quindi essenziale che ognuno sia consapevole delle difficolta' che la presenza in quelle zone puu' rappresentare. Costituiremo un gruppo ristretto di coordinamento che dovra' occuparsi, in Nord e Sud Kivu, di tutta l'organizzazione. La missione degli osservatori avra' una durata di circa dieci giorni, compreso il viaggio. Sarebbe bello riuscire a fare un primo incontro di gruppo il 25 marzo. Nel frattempo, continueremo a raccogliere le informazioni in arrivo dalla Repubblica democratica del Congo riguardo la promulgazione delle legge elettorale, il possibile calendario delle scadenze elettorali, e tutte le novita' che man mano ci aiuteranno a definire meglio il nostro percorso. Attiveremo presto una mailing list per quante/i segnaleranno il loro interesse a partecipare. Vi preghiamo di far circolare questa comunicazione in tutti quegli ambienti che pensiate possano essere interessati al progetto. Aspettiamo le vostre risposte a: beati at libero.it, con copia a: lisa.clark at libero.it Per ulteriori informazioni: "Beati i costruttori di pace", via Antonio da Tempo 2, 35131 Padova, tel. 0498070522, fax: 0498070699, e-mail: beati at libero.it, sito: www.beati.org 2. APPELLI. UN APPELLO PER IL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO [Dagli amici del Comitato organizzatore della Giornata del dialogo cristianoislamico e della Comunita' dell'Arca di Lanza del Vasto riceviamo e volentieri diffondiamo] "Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno perdonate" (Marco 11, 25) Care amiche, cari amici, le religioni non hanno motivo per combattersi. Quando lo fanno cio' dipende dal fatto che esse si sono messe al servizio non di Dio, che, in tutte le religioni, chiede di non uccidere, ma di questo o quel gruppo economico, politico e militare che si contrappone con altri gruppi simili per interessi che nulla hanno a che vedere con alcun tipo di volonta' divina. Occorre percio' urgentemente che le religioni, tutte le religioni, scelgano decisamente di liberarsi da tutto cio' che le lega ai poteri politici, economici e militari che le hanno trasformate in strumenti di oppressione dei popoli anziche' di loro liberazione dalla paura e dalla schiavitu'. Se e' vero che Dio e' amore, non si puo' consentire a nessuno di utilizzare il nome di Dio per promuovere appelli che di fatto incitano allo scontro, perche', come ci insegna la storia, alle parole poi seguono i fatti. Come cristiani impegnati da tempo nel dialogo interreligioso ed in particolare in quello cristianoislamico, facciamo un appello a tutti coloro che si dicono cristiani, ad abbassare ogni arma, verbale o materiale. E lo facciamo nel nome di quel Gesu' che impedi' a Pietro di difenderlo dalle guardie che lo arrestavano e che perdono' sulla croce i propri carnefici. Non puo' essere seguace di quel Gesu' chi si arma per uccidere, chi produce armi di distruzione di massa, chi gia' le ha utilizzate contro citta' inermi (ricordiamo Hiroshima e Nagasaki) e chi progetta di utilizzarle nei prossimi mesi e che di fatto le utilizza gia' in giro per il mondo. I tragici attentati alla moschea di Samarra, indicano con chiarezza quale sara' il nuovo fronte bellico della guerra mondiale iniziata l'11 settembre del 2001 e che finora ha portato all'apertura di due fronti bellici in Afghanistan e Iraq dove ancora si combatte e si muore. C'e' bisogno percio' di una mobilitazione straordinaria di tutti per impedire questa nuova avventura militare. E le religioni possono dare il loro contributo determinante proprio a partire dal momento drammatico che stiamo vivendo, mobilitandosi per sviluppare il dialogo invece che la violenza e la contrapposizione. * Per noi cristiani sta per aprirsi un tempo di riflessione, quello che le varie confessioni cristiane chiamano di quaresima o tempo di passione, che ci portera' poi alla celebrazione della pasqua. Senza una nostra mobilitazione straordinaria rischiamo di non riuscire a celebrare questa pasqua a causa dei venti di guerra che si fanno sempre piu' impetuosi e minacciosi. Vi chiediamo percio' di dare vita, in tutti i venerdi' di questo tempo di quaresima/passione a giornate di digiuno, di dialogo e di preghiera con i musulmani. Vi chiediamo di digiunare nei giorni di venerdi' 3, 10, 17, 24, 31 marzo e 7 aprile prossimi, invitando le associazioni islamiche del proprio territorio a momenti di dialogo e preghiera comune. Scambiamoci visite nelle moschee e nelle chiese, invitiamo musulmani, dopo il digiuno, a momenti di agape fraterna. Devolviamo cio' che ognuno risparmia con il digiuno ad iniziative di solidarieta' sociale. Riflettiamo insieme sui contenuti della comune fede nel Dio unico. Un primo appello in questo senso viene dal "Gruppo camminare Insieme per il dialogo interreligioso" di Fiorano e Sassuolo, composto di famiglie cattoliche e musulmane, che faranno insieme il percorso della quaresima/passione. Altre esperienze simili si faranno in altre citta' italiane. Una prima giornata di digiuno e di preghiera e' stata promossa lo scorso 24 febbraio dalla Comunita' dell'Arca. * E affinche' la preghiera per la pace possa avere un senso, per noi cristiani e' fondamentale scoprire il dono del perdono: "Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno perdonate", ci dice Gesu' nel Vangelo di Marco. E se vogliamo che questa preghiera venga accolta, c'e' bisogno che ognuno sposi pienamente la vita e la pratica di Gesu', che non ha promosso mai guerre, che non ha chiesto a nessuno di uccidere in suo nome, che anzi ha lodato a piu' riprese esponenti di altre religioni quali samaritani o pagani e ha accolto quelli che la societa' rifiutava. Come dice il Vangelo di Giovanni: "Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi chiedete quel che volete e vi sara' dato" (Gv 15, 7). Contiamo come sempre sulla mobilitazione dal basso di ognuno perche' la pace appartiene a tutti e tutti abbiamo il dovere di impegnarci fino in fondo per difenderla. * Il Comitato organizzatore della Giornata del dialogo cristianoislamico La Comunita' dell'Arca di Lanza del Vasto. * Per adesioni e informazioni: - Comitato organizzatore della Giornata del dialogo cristianoislamico, presso la redazione de "Il dialogo", via Nazionale 51, 83024 Monteforte Irpino (Av), tel. 3337043384 - 3394325220, e-mail redazione: redazione at ildialogo.org, e-mail direttore: direttore at ildialogo.org, sito: http://www.ildialogo.org - Comunita' dell'Arca di Lanza del Vasto, e-mail: v.sanfi at virgilio.it, sito: http://xoomer.virgilio.it/arcadilanzadelvasto/ 3. RIFLESSIONE. IL DIGIUNO COME STRUMENTO PER RISVEGLIARE LE COSCIENZE. ENRICO PEYRETTI PRESENTA ALCUNI TESTI GANDHIANI SUL DIGIUNO [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci messo a disposizione questa minima silloge. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile n ella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem] Presento alcuni testi sul senso gandhiano del digiuno, estratti dall'antologia di Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996. Enrico Peyretti * "Il fine della nonviolenza e' sempre di risvegliare in chi commette il male quello che di migliore c'e' in lui. La sofferenza si rivolge alla parte migliore dell'anima del malvagio mentre la ritorsione si rivolge alla parte peggiore. Nelle circostanze adatte il digiuno e' il migliore strumento in tal senso. Se i politici non si rendono conto dell'efficacia del digiuno in campo politico cio' e' dovuto al fatto che si tratta di una utilizzazione inusitata di questa meravigliosa arma". ("Harijan", 26 luglio 1942, tr. it. in Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, p. 187). * "Il digiuno e' una potente arma... Esso non puo' essere intrapreso da tutti. La semplice capacita' fisica di sopportarlo non e' una qualita' sufficiente. Il digiuno e' completamente inutile senza una profonda fede in Dio. Esso non deve mai essere uno sforzo meccanico o una semplice imitazione. Deve essere ispirato dal profondo dell'anima. Per questo e' estremamente raro". ("Harijan", 18 marzo 1939, tr. it. cit., p. 188). * "I miei digiuni sono sempre riusciti a risvegliare la coscienza delle persone che vi partecipavano e di quelle che con essi si cercava di influenzare. Con quei digiuni non e' stata mai commessa alcuna ingiustizia. In nessun caso in essi era presente l'idea di esercitare qualsiasi coercizione su qualcuno... Naturalmente non si puo' negare che i digiuni possono essere realmente coercitivi. Sono tali i digiuni per scopi egoistici. Un digiuno intrapreso per estorcere del denaro ad una persona o per qualche altro analogo scopo personale implica l'esercizio della coercizione o di influenza illecita. Non esiterei a schierarmi per la resistenza contro tale illecita influenza". ("Harijan", 9 settembre 1933, tr. it. cit., pp. 189-190). * Cinque giorni prima di venire ucciso, Gandhi accettava di interrompere l'ennesimo digiuno, dopo aver ottenuto non solo la cessazione di gravi scontri fra indu' e musulmani nella citta' di Nuova Delhi e in altre parti dell'India, ma commoventi gesti di riconciliazione e di accoglienza con reciproci doni tra i contendenti. La cessazione del digiuno e' avvenuta secondo "l'usuale cerimonia di preghiera, durante la quale sono stati recitati passi delle sacre scritture giapponesi, musulmane e parsi, seguiti dal mantra: 'Conducimi dalla falsita' alla verita' / dalle tenebre alla luce / dalla morte all'immortalita''. Sono state poi cantate dalle giovinette dell'ashram un inno indu' e l'inno cristiano 'Quando contemplo l'ammirabile croce', a cui ha fatto seguito il Ramadhun. Il Maulana Saheb ha portato un bicchiere di succo di frutta, e Gandhi ha interrotto il digiuno dopo che la frutta era stata distribuita e divisa tra tutti i presenti". "Harijan", 25 gennaio 1948, tr. it. cit., p. 351). 4. INCONTRI. IVAN BONFANTI. ADDIO ALLE ARMI. A GERUSALEMME [Da Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini at europarl.eu.int) riceviamo e volentieri diffondiamo questo articolo di Ivan Bonfanti apparso sul quotidiano "Liberazione" del 23 febbraio 2006. Ivan Bonfanti e' un giornalista del quotidiano "Liberazione". Luisa Morgantini, parlamentare europea, presidente della delegazione del Parlamento Europeo al Consiglio legislativo palestinese, fa parte delle Donne in nero e dell'Associazione per la pace; il seguente profilo di Luisa Morgantini abbiamo ripreso dal sito www.luisamorgantini.net: "Luisa Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5 novembre 1940. Dal 1960 al 1966 ha lavorato presso l'istituto Nazionale di Assistenza a Bologna occupandosi di servizi sociali e previdenziali. Dal 1967 al 1968 ha frequentato in Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove ha studiato sociologia, relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971 ha lavorato presso la societa' Umanitaria di Milano nel settore dell'educazione degli adulti. Dal 1970 e fino al 1999 ha fatto la sindacalista nei metalmeccanici nel sindacato unitario della Flm. Eletta nella segreteria di Milano - prima donna nella storia del sindacato metalmeccanico - ha seguito la formazione sindacale e la contrattazione per il settore delle telecomunicazioni, impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata responsabile del dipartimento relazioni internazionali del sindacato metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha rappresentato il sindacato italiano nell'esecutivo della Federazione europea dei metalmeccanici (Fem) e nel Consiglio della Federazione sindacale mondiale dei metalmeccanici (Fism). Dal novembre del 1980 al settembre del 1981, in seguito al terremoto in Irpinia, in rappresentanza del sindacato, ha vissuto a Teora contribuendo alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha fondato con un gruppo di donne di Teora una cooperativa di produzione, "La meta' del cielo", che e' tuttora esistente. Dal 1979 ha seguito molti progetti di solidarieta' e cooperazione non governativa con vari paesi, tra cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa, Mozambico, Eritrea, Palestina, Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata in luoghi di conflitto entro e oltre i confini, praticando in ogni luogo anche la specificita' dell' essere donna, nel riconoscimento dei diritti di ciascun essere umano: nelle rivendicazioni sindacali, con le donne contro la mafia, contro l'apartheid in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e israeliane per il diritto dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza con lo stato israeliano, con il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la guerra e i bombardamenti della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo all'autonomia, per la cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra. Attiva nel campo dei diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in Cina, Vietnam e Siria, e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si occupa di questioni riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del conflitto Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di relazioni e networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare con associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino del Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo... In Italia continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la pace". Opere di Luisa Morgantini: Oltre la danza macabra, Nutrimenti, Roma 2004] "L'appuntamento e' a Gerusalemme Est, universita' di al Quds, il 10 aprile. Venite e vedrete". Fremono, ma piu' di tanto non cedono. "Diciamo che sara' un'iniziativa di pace, ma non l'ennesimo bla bla. Siamo tutti ex soldati, siamo israeliani e palestinesi per anni membri di unita' combattenti di elite. Abbiamo deciso di lasciare le armi per incontrarci e dialogare. Ma non abbiamo smesso di combattere. Perche' combattiamo ancora, ma tutti insieme. Lottiamo per la pace, perche' in Medio Oriente si smetta di uccidersi, per la fine dell'occupazione e del terrorismo. Perche' israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco in due Stati distinti e dai confini sicuri. Non fatemi dire di piu': venite e vedrete". Bassam, Sulaiman, Zohar e Elazar sono seduti uno accanto all'altro, adesso. Si scambiano pacche sulle spalle, sussurri e occhiate complici. A destare curiosita' e stupore nella platea di europarlamentari, accorsi su invito della presidente della Commissione Sviluppo dell'europarlamento Luisa Morgantini che ha promosso l'iniziativa e aiutato il gruppo sin dall'inizio, non e' il fatto che due di loro siano israeliani e gli altri due palestinesi. Fino a poco tempo fa questi ragazzi si sparavano addosso. E non in senso metaforico. Proiettili, granate, sparate per uccidere e per uccidersi. Due nelle unita' speciali di Tsahal, l'esercito israeliano. E gli altri due nelle formazioni combattenti palestinesi. Prima. Ora sono quattro refusnik, ma come si diceva non hanno smesso di combattere. "Siamo combattenti per la pace - spiega Sulaiman - perche' abbiamo tutti assaporato la tragedia amara della guerra. La differenza tra noi e gli altri gruppi di pacifisti e refusnik e' che siamo un gruppo unico che ha deciso di lottare per la fine dell'occupazione, dell'umiliazione dei civili e della follia del terrorismo. Lasciatemi aggiungere una cosa: sono orgoglioso di essere qui e di poter chiamare i giovani al mio fianco amici veri". Zahar Shapira era un comandante di Tsahal, per 15 anni capo di un'unita' di commando dedicata alle operazioni speciali nei territori palestinesi. Ho sempre pensato di difendere il mio Paese, agivo nella convinzione di aiutare il mio popolo. Poi ho capito che il persistere dell'occupazione era immorale e costituiva il pericolo piu' grande per per la sopravvivenza di Israele. Un giorno sono andato dal mio comandante, gli ho detto che non avrei piu' umiliato nessuno, che avrei servito nell'esercito del mio Paese solo all'interno dei confini di Israele e mai piu' Palestina. E' stato difficile, ho rotto un tabu' personale e sociale". Anche Zohar, come del resto il palestinese Bassam, era un militare, nel suo caso con i paracadutisti dispiegati per anni nel Sud del Libano. "Quando ho deciso di smettere ho pensato che non avrei piu' passato il confine". E invece, dopo qualche tempo, quel valico l'avrebbe attraversato di nuovo. Stavolta in abiti civili, senza armi. "Ci vuole molto piu' coraggio. Credevo che avrei trovato un partner - incalza Bassam - invece ne ho trovati piu' di cinquanta". Se per Elazar e Zohar varcare il confine vuol dire violare una legge israeliana, per i palestinesti il compito e' addirittura improbo. "Ci siamo visti a Beit Jalla, alle porte di Gerusalemme, e abbiamo iniziato a lavorare trovando non un singolo punto in comune, ma un'intera piattaforma da promuovere". La vittoria di Hamas, per Sulaiman e Bassam, e' un ostacolo in piu' in una situazione gia' drammatica. "Non e' semplice far passare le nostre idee in questo momento. In privato tanti sono d'accordo, ma in pubblico e' diverso. Sappiamo per certo che la maggioranza dei due popoli vuole un futuro per far crescere i propri figli. Hamas ha vinto perche' le formazioni nazionaliste non hanno ottenuto alcun risultato politico da Israele e perche' la corruzione e' dilagata sotto gli occhi di tutti, mentre Hamas si e' presentata come la forza che ha costretto Israele al ritiro da Gaza e con un programma contro la corruzione e il malcostume". "L'errore piu' grande - stavolta e' Luisa Morgantini che parla - sarebbe quello di isolare i palestinesi a causa di Hamas. Non dimentichiamo che Hamas ha dato prove di maturita' sia rispettando la tregua da oltre un anno che partecipando ad un processo politico interno all'Anp. Teniamo alta la pressione perche' riconosca Israele - spiega l'europarlamentare del Prc- ma facciamo lo stesso sul governo israeliano perche' riconosca lo Stato di Palestina e ponga fine all'occupazione". Quanto a loro, il passo verso il riconoscimento dell'altro l'hanno gia' fatto: "E' stato un piacere scoprirci, c'e' un partner - chiosano ricalcando lo slogan dell'accordo di Ginevra - un partner che prima era il mio nemico". il 10 aprile a Gerusalemme est ne sapremo di piu'. Una cosa comunque e' certa, questi ex soldati, queste persone a cui il Medio Oriente deve probabilmente gran parte della sua sopravvivenza (fin qui), hanno smesso da un pezzo di bruciare le bandiere del "nemico". L'ex paracadutista Elazar ci tiene a sottolinearlo: "Non si puo' essere pro-israeliani senza essere pro-palestinesi, non si puo' essere anti-palestinesi senza diventare automaticamente anti-isrealiani. Non mi piace la gente che dice di essere filo-israeliana oppure filo-palestinese. I nostri destini sono uniti, se perdiamo perderemo entrambi e la vittoria degli uni vuol dire esattamente la vittoria degli altri. Basta guardare una cartina del Medio Oriente per comprendere che non esiste la vittoria di una parte sola. Se qualcuno non ci riesce e continua a strillare seminando odio vuol dire che e' ipocrita, in malafede, oppure ignorante o semplicemente idiota". Chiaro. 5. RIFLESSIONE. MARIA ROSA CUTRUFELLI: IL CONFORMISTA E IL SUO BRANCO [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo di Maria Rosa Cutrufelli apparso sul quotidiano "Liberazione" del 7 dicembre 2005. Maria Rosa Cutrufelli e' nata a Messina e vive a Roma, intellettuale impegnata nel movimento delle donne, ricercatrice, saggista, narratrice, giornalista, direttrice di "Tuttestorie", rivista di narrativa di donne. Opere di Maria Rosa Cutrufelli: L'invenzione della donna, Mazzotta, Milano 1974; L'unita' d'Italia: guerra contadina e nascita del sottosviluppo del Sud, Bertani, 1974; Disoccupata con onore. Lavoro e condizione della donna, Mazzotta, Milano 1975; Donna perche' piangi, Mazzotta, Milano 1976; Economia e politica dei sentimenti, Editori Riuniti, Roma 1980; Il cliente. Inchiesta sulla domanda di prostituzione, 1981; Mama Africa. Storia di donne e di utopie, Feltrinelli, Milano 1989; La Briganta, La Luna, Palermo 1990; Il denaro in corpo, Marco Tropea Editore, Milano 1996; (a cura di), Nella citta' proibita, Marco Tropea Editore, Milano 1997, Net, Milano 2003; Lontano da casa, Rai, 1997; Canto al deserto. Storia di Tina, soldato di mafia, Longanesi, Milano 1994, Tea, Milano 1997; Il paese dei figli perduti, Marco Tropea Editore, Milano 1999; Giorni d'acqua corrente. Quando la vita delle donne diventa racconto, Pratiche Editrice, Milano 2002; Terrona, Citta' Aperta, Troina (En) 2004; La donna che visse per un sogno, Frassinelli, Milano 2004] "Tanto, in fondo, le donne ci stanno tutte". Questa e' la stupefacente "giustificazione" che i ragazzini stupratori di Lanciano hanno offerto ai poliziotti al momento dell'arresto. Una frase che esemplifica alla perfezione lo stato di profonda incivilta' che ancora caratterizza il rapporto fra i sessi. Un rapporto basato sulla paura, sull'ignoranza, sul sospetto. Come dimostrano le due notizie rimbalzate ieri sulle agenzie: lo stupro di gruppo contro una giovane disabile a Bologna e soprattutto la seconda violenza "di branco" contro un'altra ragazzina di Lanciano scoperta dagli inquirenti. Come dimostra con drammatica evidenza l'altro recente episodio di stupro avvenuto a La Spezia, dove accade che una giovane infermiera venga violentata per non aver prestato fede all'avvertimento di un automobilista. "C'e' un individuo che ti segue", le aveva detto l'uomo, offrendole un passaggio. Un'avance fantasiosa, avrebbe pensato qualsiasi ragazza. E cosi' ha pensato anche l'infermiera spezzina. Ma purtroppo quell'individuo esisteva davvero e l'automobilista aveva capito giusto. Lanciano, La Spezia: casi fra i tanti riportati dai quotidiani in queste ultime settimane. Stupri avvenuti per strada. Di giorno. Addirittura in pieno centro cittadino. Un'emergenza, hanno scritto in molti. Senza dubbio un impressionante elenco d'insopportabili violenze, spesso accadute nel silenzio complice dei passanti. O degli amici e delle amiche, come nel caso di Lanciano. Amiche (e amici) che quando le ragazzine sono state rapite non hanno nemmeno fatto un numero di telefono per chiedere aiuto ai genitori, se non alla polizia. E dunque: l'emergenza e' soltanto lo stupro o non anche questo silenzio agghiacciante? E' qualcosa che riguarda soltanto dei devianti, degli psicopatici, dei "mostri" (magari immigrati e clandestini), o non e' invece qualcosa che ci riguarda tutti, che riguarda il nostro modello di societa', le regole della convivenza e in primo luogo del rapporto fra i sessi? Molti anni fa (venti, per la precisione) una sociologa scriveva: "Lo stupro non e' esclusivamente l'atto di qualche psicopatico sadico: esso e' assai piu' diffuso di quanto si creda. Anzi, si sta addirittura scoprendo che lo stupro non e' un atto tanto deviante, quanto, al contrario, essenzialmente conformista". Perche' "conformista"? Proprio perche' sarebbe la conferma, per cosi' dire, dell'atteggiamento sessista comune alla stragrande maggioranza degli uomini. Perche', in sostanza, non sarebbe che la riprova violenta di un ordine e di un sistema patriarcale. Questo si diceva venti anni fa. Poi il femminismo ha restituito la responsabilita' dello stupro agli uomini, affinche', come ebbe a dichiarare un analista, "se ne facessero carico quelli sufficientemente coraggiosi da guardare dentro di se'". Questo coraggio purtroppo e' rimasto prerogativa di pochi. Non e' diventato cultura diffusa. Soprattutto, non si e' trasformato in gesto politico. A chi e' mai venuto in mente che "guardare dentro di se'" potrebbe essere una priorita' politica? Ma allora perche' stupirsi se i ragazzini-stupratori di Lanciano, come scrivono i giornalisti, non hanno dato segno di pentirsi? Perche' dovrebbero? La loro impresa ha una logica sociale. E' l'attuazione pratica, per quanto estrema, delle idee correnti sul sesso e sulle donne che, dacche' mondo e' mondo, "devono stare al loro posto". D'altronde, se le statistiche dicono la verita', la vera emergenza non e' quella delle strade. Se tre volte su quattro la violenza non viene commessa in strada ma al riparo delle mura domestiche, allora e' li' che si annida il cancro. E' li' che cresce giorno dopo giorno. E se le cose stanno cosi', allora e' chiaro che le tanto invocate castrazioni chimiche o la chiusura dei confini agli immigrati (sospetti proprio perche' immigrati) non sono "rimedi" ma grottesche assurdita'. Ciniche, quando gli stupri diventano pretesto per portare avanti una linea politica. Fa bene Stefania Giorgi sul "Manifesto" a sottolineare come le parole stupro e aborto "tornino a marciare in sincrono, nell'agenda politica e nel palinsesto dei media". Forse non a caso. Sicuramente non in modo innocente. Perche' aborto e stupro sono parole che bruciano come marchi sulla pelle delle donne. Parole che suscitano un dibattito non proprio limpido, che tende sempre e di nuovo a vittimizzare le donne, a espropriarle della coscienza di se', a spingerle in un'area di marginalita' politica e psicologica. A fin di bene, s'intende. "Che occhi grandi hai, nonna", diceva Cappuccetto Rosso al lupo nascosto sotto le coperte. "Per vederti meglio, bambina mia". Tranquille, e' per proteggervi meglio, ci dicono i tanti "paladini" delle donne che vogliono leggi che introducano pene corporali ma non vogliono leggi che garantiscano una piena partecipazione delle donne alla politica istituzionale ("tanto a loro non interessa..."). E allora forse e' il caso di ricordare a tutte (e a tutti) quello che sosteneva Simone Weil, e cioe' che il vero nemico e' colui "che dice d'essere il nostro difensore e fa di noi degli schiavi". O delle eterne vittime. Bisognose di perenne tutela. Incapaci di autodeterminarci. Nella procreazione. Nella sessualita'. Nella vita. 6. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: SIAMO USCITE DAL SILENZIO [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo di Lea Melandri apparso sul quotidiano "Liberazione" del 18 dicembre 2005. Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, poi Manifestolibri, Roma 1997. Cfr. anche Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"] Oggi [18 dicembre 2005 - ndr] si terranno in molte citta' assemblee di donne (senza esclusione di presenze maschili) per decidere il senso e le parole da dare alla manifestazione che si terra' Milano il 14 gennaio 2006. Circa un anno fa "Liberazione" apriva un dibattito sul silenzio del femminismo e, dal breve e incerto andamento che ha avuto, nessuno si sarebbe immaginato l'inizio di "una nuova stagione cosi' potente e emozionante", come si legge in una delle tante mail del sito www.usciamodalsilenzio.org In realta', non sono mai venuti meno ne' l'impegno ne' la produzione di pensiero ne' la spinta aggregativa. E' mancato a lungo quel desiderio di accomunamento che impedisce alle associazioni, ai saperi, ai luoghi, di aprirsi a una progettualita' collettiva allargata, capace di ottenere ascolto e cambiamenti nel contesto in cui viviamo. Piu' insidioso di ogni repressione manifesta e' l'adattamento, la rinuncia sempre piu' impercettibile al dissenso, l'abitudine all'indignazione solitaria e il dubbio che non ci sia limite al peggio che ci puo' capitare. Lo scambio veloce e fittissimo di proposte e commenti circolati in questi giorni, lasciano sperare che quello che si sta preparando possa non essere solo un evento, interessante e passeggero, ma la ripresa di rapporti continuativi tra le realta' diverse in cui le donne si trovano a vivere, la possibilita' di riuscire da qui in avanti a operare insieme e separate, muovendosi tra gruppi ristretti e momenti assembleari, tra impegni specifici e prospettive piu' generali. * Se la cultura e la politica sembrano avviarsi a un progressivo arretramento, non e' detto che si finisca necessariamente per esserne travolti. Sulle questioni che oggi spingono le donne a tornare sulle piazze, luoghi-simbolo della "cosa pubblica" riservata storicamente agli uomini, regredire significherebbe accontentarsi di semplificazioni facili: la difesa della legge 194, che rischia di essere resa inapplicabile, e della laicita' minacciata dalla ingerenza della Chiesa. Sarebbe davvero paradossale se oggi non riuscissimo a dare al problema dell'aborto la complessita' di analisi con cui fu affrontato prima che fosse approvata la legge che lo rendeva "libero, gratuito e assistito", nel 1978. Nei documenti dei gruppi femministi che parteciparono alle manifestazioni degli anni '70, le gravidanze non desiderate sono messe in costante rapporto con la sessualita' e la maternita', descritte come l'esperienza che piu' drammaticamente assomma le contraddizioni legate al rapporto uomo-donna. La "liberta'", associata alla scelta di abortire, non solo non ha niente di trionfalistico, ma diventa la "soluzione estrema e violenta" attraverso cui e' costretta a passare, per una donna, la riappropriazione del proprio corpo. "Aborto libero rappresenta la conquista di una liberta' democratica, ma anche l'istituzionalizzazione di una violenza operata sul corpo della donna. Quando viene negata la vita stessa e la possibilita' di scegliere e decidere, autonomamente, diviene vitale uscire dalla posizione di minorita' e affermare la propria esistenza ad alta voce. Anziche' accettare ed esaltare la potenzialita' creatrice, le donne hanno dovuto negarla e staccarla da se', in quanto ruolo-gabbia in cui erano relegate; hanno dovuto esprimere concretamente la loro capacita' di essere altro, di avere un corpo al di la' delle finalita' che per esse erano state stabilite e decise. Quando abbiamo abortito lo abbiamo fatto sotto la spinta di una dolorosa necessita', costrette in una alternativa invivibile e disumana. Ma non e' sul piano dell'aut-aut che vogliamo esercitare la nostra capacita' di scelta" (L. Percovich, La coscienza nel corpo, Franco Angeli 2004). Il controllo sui corpi e sui pensieri delle donne ha conosciuto sicuramente epoche piu' oscure di questa, ma le tecnologie riproduttive, permettendo di isolare le fasi iniziali del concepimento, e' come se avessero infranto il mistero dell'indistinzione originaria tra la madre e il figlio, tolto l'ultimo baluardo di sacralita' e di timore che ha impedito finora una dichiarata cancellazione della centralita' materna nel processo generativo. Il "pianto" di credenti e non credenti sui bambini mai nati, di cui ci viene fornito un puntiglioso conteggio, evocativo delle stragi e dei genocidi della storia, e' la misoginia che si mostra nella sua forma piu' scoperta e arrogante, cinicamente smemorata su che cosa abbia significato e significhi tuttora per le donne la maternita', voluta o non voluta, la trasformazione di una capacita' biologica in destino, il confinamento dell'esistenza femminile nel ruolo che l'ha separata dalla vita pubblica, messa a rischio quotidiano di morte, votata al sacrificio di se' per il bene di chi l'ha sottomessa. I progressi della scienza e della medicina, l'incontrollata manipolazione dei corpi umani, diventa per la Chiesa, senza ombra di contraddittorieta', l'occasione per affermare priorita' date come "naturali". Nel momento in cui l'intero ciclo della vita, dalla nascita alla morte, passa dalla sfera privata a quella pubblica, salta agli occhi una trasversalita' che rende piu' incerto il confine tra laici e credenti, tra sinistra e destra, tra intellettuali e gente comune. La denatalita', l'indebolimento del legame famigliare, l'affermarsi di liberta' e diritti legati alle differenti scelte sessuali e alle nuove forme di convivenza, inquietano un arco di forze politiche e religiose molto esteso, e la risposta, piu' o meno dichiaratamente conservatrice, e' la stessa: facilitare alle donne il compito di madri, dissuaderle dal proposito di non fare figli o di abortirli. La diatriba che si accende ogni sera nei salotti televisivi, schierando su fronti opposti i partigiani accalorati della madre o del figlio, e' il segno dell'infantilismo che perdura a dispetto dei veloci cambiamenti della civilta'; e' l'idea che si possa arginare la fantasia di una potente generatrice sottraendole innanzi tempo il figlio che tiene confuso con le sue viscere. Riportare i due protagonisti dell'origine dentro la storia vorrebbe dire far fare un salto alla coscienza, operare una sorta di rivoluzione copernicana, rendere finalmente conto di quella evidenza invisibile che e' il dominio maschile, l'appropriazione del corpo della donna e della vita che ha continuato a crescervi dentro, indipendentemente dal suo consenso, come conseguenza della sessualita' fecondante dell'uomo. * Del fatto che si fanno pochi figli, con allusione indiretta all'aborto, si preoccupava giorni fa sul "Corriere della sera" (12 dicembre 2005) Francesco Alberoni. A mettere in pericolo legami di sangue, parentele, doveri necessari per la vita della comunita' sono ovviamente le donne: perche' vogliono lavorare, far carriera, o peggio ancora perche' hanno cominciato ad anteporre il benessere e l'erotismo al desiderio di una discendenza. Di fronte al decadimento della stirpe occidentale cristiana, insidiata da individui che "vogliono aver relazione solo con altri individui scelti liberamente per amicizia, per interesse, per amore", stanno le comunita' dei "diversi" che invece di radici, sangue e figli ne hanno in abbondanza. E' facile associare alle preoccupazioni di Alberoni echi nostalgici di tempi in cui l'aborto era "reato contro la specie" e la "sudditanza" della donna all'uomo considerata "demograficamente indispensabile". Piu' difficile scalfire la composta, "ragionevole" impalcatura ideologica che ha caratterizzato la storia della sinistra rispetto alla maternita', vista come fatto sociale, e come tale sottoposta ai pubblici poteri. "Lo Stato - si legge sempre nei documenti degli anni '70 - si impegna a lasciare la donna libera di scegliere quando fare figli e ad aiutarla quando e' madre; la donna d'altra parte si impegna ad educare bene i figli, a curarli, ad amarli e ad essere tranquilla. Le battaglie per gli asili nido, scuole a tempo pieno, anticoncezionali, sono famose". Come si puo' pensare che sia cambiato qualcosa, quando si legge che D'Alema, in visita all'ospedale San Camillo, dichiara che la "promozione della maternita'" sara' parte del programma del centrosinistra, se dovesse vincere le elezioni? Non si spiegano con la stessa rimozione del rapporto tra i sessi i bonus baby e i bonus mamma, proposti indifferentemente da destra e da sinistra, e volti a confermare la donna nel suo ruolo tradizionale, a placarla di fatiche e insoddisfazioni, a confortare le proprie coscienze per aver reso giustizia a un soggetto debole, svantaggiato? Sono ancora voci disincantate del passato a portare una nota di lucido realismo: "Gestire una famiglia a due e' gia' faticoso, pero' e' possibile conquistarci degli spazi di autonomia. Con un figlio che non e' autosufficiente non e' possibile farlo. Per questo vogliamo polemizzare per un attimo con chi dice che le donne vogliono piu' soldi e piu' servizi per fare tutti i figli che vogliono. Noi vogliamo si' piu' soldi e piu' servizi perche' sappiamo che in qualche modo i figli, magari pochi, ce li faranno fare. Ce li sanno far fare, usano un milione di pressioni, dal marito all'ideologia generale". Agli uomini che verranno alla manifestazione non si chiede solidarieta', ma un atto di responsabilizzazione volto a riconoscere, come ha scritto su questo giornale Stefano Ciccone, che "la violenza contro le donne riguarda innanzitutto gli uomini". 7. CONTROEDITORIALE. RINO TORMESI: UNA DICHIARAZIONE DI VOTO [Ringraziamo il nostro buon amico Lazzarino Tormesi per questo intervento] Alle prossime elezioni politiche andro' a votare per difendere - ovvero ripristinare - la separazione dei poteri necessaria perche' vi sia uno stato di diritto in cui vivere non sia un'ingiuria alla dignita' propria e di tutti: affinche' vi sia un potere esecutivo che non possa imporre le sue basse voglie al potere legislativo; un potere legislativo orientato al bene comune nel fare le leggi; e un potere giudiziario che nell'amministrare la giustizia obbedisca alle leggi e a nessun altro. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1220 del 28 febbraio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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