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La nonviolenza e' in cammino. 1191
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1191
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 30 Jan 2006 00:12:19 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1191 del 30 gennaio 2006 Sommario di questo numero: 1. Walter Binni ricorda Aldo Capitini in occasione delle esequie 2. Walter Binni ricorda Aldo Capitini nel secondo anniversario della morte 3. Norberto Bobbio: Messaggio alla marcia Perugia-Assisi per la nonviolenza del 2000 4. Aldo Capitini: Dieci principi di Danilo Dolci 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. WALTER BINNI RICORDA ALDO CAPITINI IN OCCASIONE DELLE ESEQUIE [Riproponiamo ancora una volta le parole di commiato pronunciate da Walter Binni al funerale di Aldo Capitini, a Perugia, il 21 ottobre 1968. Il testo, gia' apparso nel fascicolo speciale di "Azione Nonviolenta" del novembre-dicembre 1968, lo riprendiamo da Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977, dove si trova con il titolo "Un vero rivoluzionario" alle pp. 497-500. Walter Binni e' nato a Perugia nel 1913, ha studiato alla Normale di Pisa, antifascista, impegnato nella Resistenza, poi deputato alla Costituente; docente universitario, tra i massimi studiosi della letteratura italiana; e' scomparso sul finire del novembre 1997. Opere di Walter Binni: nella sua vastissima produzione, tutta di grande valore, segnaliamo particolarmente gli studi leopardiani: fondamentali La nuova poetica leopardiana, e La protesta di Leopardi, editi da Sansoni; ed il giustamente celebre saggio metodologico Poetica, critica e storia letteraria, edito da Laterza. Come e' noto sono classici i suoi studi sulla poetica del decadentismo, il preromanticismo italiano, Ariosto, Michelangelo scrittore, Metastasio, Parini, Goldoni, Alfieri, Monti, Foscolo, Carducci, De Sanctis. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Queste inadeguate parole che io pronuncio a nome degli amici piu' antichi e piu' recenti che Aldo Capitini ebbe ed ha, per la sua eccezionale disposizione verso gli altri, vorrebbero piu' che essere un saluto estremo e un motivato omaggio alla sua presenza nella nostra storia privata e generale, costituire solo un appoggio, per quanto esile e sproporzionato, ad una tensione di concentrazione di tutti quanti lo conobbero e lo amarono: tutti qui materialmente o idealmente raccolti in un intimo silenzio profondo che queste parole vorrebbero non spezzare ma accentuare, portandoci tutti a unirci a lui, nella nostra stessa intera unione con lui e in lui, unione cui egli ci ha sollecitato e ci sollecita con la sua vita, con le sue opere, con le sue possenti e geniali intuizioni. Certo in questo "nobile e virile silenzio" suggerito, come egli diceva, dalla morte di ogni essere umano, come potremmo facilmente bruciare il momento struggente del dolore, della lacerazione profonda provocata in noi dalla sua scomparsa? In noi che appassionatamente sentiamo e soffriamo la assenza di quella irripetibile vitale presenza, con i suoi connotati concreti per sempre sottratti al nostro sguardo affettuoso, al nostro abbraccio fraterno, al nostro incontro, fonte per noi e per lui di ineffabile gioia, di accrescimento continuo del nostro meglio e dei nostri affetti piu' alti. Quel volto scavato, energico, supremamente cordiale, quella fronte alta ed augusta, quelle mani pronte alla stretta leale e confortatrice, quegli occhi profondi, severi, capaci di sondare fulminei l'intimo dei nostri cuori ed intuire le nostre pene e le nostre inquietudini, quel sorriso fraterno e luminoso, quel gestire sobrio e composto, ma cosi' carico di intima forza di persuasione, quella voce dal timbro chiaro e denso, scandito e posseduto fino alle sue minime vibrazioni. Tutto cio' che era suo, inconfondibilmente e sensibilmente suo, ora ci attrae e ci turba quanto piu' sappiamo che e' per sempre scomparso con il suo corpo morto ed inanime, che non si offrira' mai piu' ai nostri incontri, al nostro affetto, nella sua casa, o in questi luoghi da lui e da noi tanto amati, su questi colli perugini, malinconici e sereni, in cui infinite volte lo incontrammo e che ora ci sembrano improvvisamente privati della loro bellezza intensa se da loro e' cancellata per sempre la luce umana della sua figura e della sua parola. Ed ognuno di noi, certo, in questo momento, e' come sopraffatto dall'onda dei ricordi piu' minuti e percio' struggenti, quanto piu' remoti risorgono dalla nostra memoria commossa in quei particolari fuggevoli e minimi, che proprio dalla poesia del caduco, del sensibile, dell'irripetibile, traggono la loro forza emotiva piu' sconvolgente e ci spingerebbero a rievocare, a recuperare quel particolare luogo di incontro, quella stanzetta della torre campanaria in cui un giorno - quel giorno lontano - parlammo per la prima volta con lui, o quella piazzetta cittadina - quella piazzetta - in cui improvvisamente ci venne incontro con la gioia dell'incontro inatteso, o quel colle coronato di pini in cui insieme ci recammo con altri amici. E ognuno di noi ripensa certo ora alla propria vicenda o al segno profondo lasciato dall'incontro con Capitini, fino a dover riconoscere - il caso di quanti furono giovani in anni lontani - che essa sarebbe per noi incomprensibile e non ricostruibile come essa si e' svolta, senza l'intervento di lui, senza la sua parola illuminante, senza i problemi che lui ci aiuto' ad impostare e a chiarire, spesso contribuendo a decisive svolte nella nostra formazione e nella nostra vita intellettuale, morale, politica. Ma appunto proprio da questo, dalla considerazione dell'immenso debito contratto con lui, dalla nostra gratitudine e riconoscenza per quanto, con generosita' e disponibilita' inesauribile, egli ci ha dato, veniamo riportati - al di la' del nostro dolore che sappiamo inesauribile e pronto a risorgere ogni volta che ci colpira' un'immagine, un'eco, una labile traccia della sua per sempre scomparsa consistenza concreta - a quel momento ulteriore della nostra unione con lui, in occasione della sua morte, che soprattutto dalle sue parole e dalle sue opere abbiamo appreso a considerare come l'apertura del "muro del pianto", della buia barriera della morte. Perche' qualunque siano attualmente le nostre diverse prospettive ideologiche, esistenziali, religiose o non religiose (e cosi', coerentemente, pratiche e politiche), una cosa abbiamo tutti, credo, da lui imparata: la scontentezza profonda della realta' a tutti i suoi livelli, la certezza dei suoi limiti e dei suoi errori profondi, la volonta' di trasformarla, di aprirla, di liberarla. E' qui che il ricordo e il dolore si tramutano in una tensione che ci unisce con Aldo nella sua piu' vera presenza attuale, nella sua non caduca presenza in noi e nella storia, e ci riempie di un sentimento e di una volonta' quale egli ci chiede e ci domanda con tutta la sua vita e la sua opera piu' persuasa di combattente per una verita' non immobile e ferma, ma profonda ed attiva, concretata in quella prassi conseguente di cui egli sosteneva proprio in questi ultimi giorni, parlando con me, l'assoluto primato. Il morto, il crocifisso nella realta', come egli diceva, suggerisce infatti insieme e il senso della nostra limitatezza individuale in una realta' di per se' ostile e crudele (quante volte abbiamo insieme ripetuto i versi di Montale con il loro circuito chiuso: la vita e' piu' vana che crudele, piu' crudele che vana!) e la nostra possibilita' o almeno il nostro dovere di tentare di spezzare, di aprire quella limitatezza, di trasformare la realta', dalla societa' ingiusta e feroce alla natura indifferente alla sorte dei singoli e al loro dolore. Li' e' il punto in cui convergono tutte le folte componenti del pensiero originalissimo di Capitini: il tu e il tu-tutti, il potere dal basso e di tutti, la nonviolenza, l'apertura e l'aggiunta religiosa. Li' convergono in una profonda spinta rinnovatrice le idee, le intuizioni (tese da una forza espressiva che tocca spesso la poesia), gli atteggiamenti pratici di Capitini. Non accettare nessuna ingiustizia e nessuna sopraffazione politica e sociale, non accettare la legge egoistica del puro utile, non accettare la realta' naturale grezza e sorda, e opporre a tutto cio' una volonta' persuasa del valore dell'uomo e delle sue forze solidali e arricchite dalla "compresenza" attiva dei vivi e dei morti, tutte immesse a forzare ed aprire i limiti della realta' verso una societa' e una realta' resa liberata e fraterna anzitutto dall'amore e dalla rinuncia alla soppressione fisica dell'avversario e del dissenziente, sempre persuadibile e recuperabile nel suo meglio, mai cancellabile con la violenza. Di fronte a questo sforzo consapevole ed ai modi stessi della sua attuazione e della sua configurazione precisa alcuni di noi possono essere anche dissenzienti o diversamente disposti e operanti, ma nessuno che abbia compreso l'enorme portata della lezione di Capitini puo' sfuggire a questo nodo centrale del suo pensiero, nessuno puo' esimersi di dare ad esso adesione o risposta, tanto esso e' stringente, perentorio, come perentoria e' insieme la lezione di intransigenza morale e intellettuale di Capitini, la sua netta distinzione di valore e disvalore, la severita' del suo stesso amore, pur cosi' illimitatamente aperto e persuaso del valore implicito in ogni essere umano. Proprio per questo amore aperto e severo, questa nostra unione in lui e con lui - in presenza della sua morte - non puo' lasciarci cosi' come siamo di fronte alle cose e di fronte a noi stessi, non puo' non tradursi in un impegno di suprema lealta', sincerita', volonta' di trasformazione. Capitini fu un vero rivoluzionario nel senso piu' profondo di questa grande parola: lo fu, sin dalla sua strenua opposizione al fascismo, di fronte ad ogni negazione della liberta' e della democrazia (e ad ogni inganno esercitato nel nome formale ed astratto di queste parole), lo fu di fronte ad ogni violenza sopraffattrice, in sede politica e religiosa, cosi' come di fronte ad ogni tipo di ordine e autorita' dogmatica ed ingiusta (qualunque essa sia), lo fu persino, ripeto, di fronte alla stessa realta' e al suo ordine di violenza e di crudelta'. Questo non dobbiamo dimenticare, facendo di lui un sognatore ingenuo ed innocuo, e sfuggendo cosi' alle nostre stesse responsabilita' piu' intere e rifugiandoci nel nostro cerchio individualistico o nelle nostre abitudini e convenzioni non soggette ad una continua critica e volonta' rinnovatrice. Forse non a tutti noi si aprira' il regno luminoso della realta' liberata e fraterna nei modi precisi in cui Capitini la concepiva e la promuoveva, ma ad esso dobbiamo pur tendere con appassionata energia. Solo cosi' il nostro compianto per la tua scomparsa, carissimo, fraterno, indimenticabile amico, diviene concreto ringraziamento e la risposta alla tua voce piu' profonda: solo cosi'' non ti lasceremo ombra fra le ombre o spoglia inerte e consumata negli oscuri silenzi della tomba, e proseguiremo insieme, severamente rasserenati - come tu ci hai voluto - nel nostro colloquio con te, con il tuo tu-tutti, attuandolo nel nostro faticoso e fraterno impegno di uomini fra gli uomini, come tu ci hai chiesto e come tu ci hai indicato con il tuo altissimo esempio. 2. MEMORIA. WALTER BINNI RICORDA ALDO CAPITINI NEL SECONDO ANNIVERSARIO DELLA MORTE [Riproponiamo ancora una volta la testimonianza di Walter Binni in occasione della manifestazione svoltasi a Perugia il 19 ottobre 1970 per iniziativa dell'Amministrazione Comunale d'intesa con la Fondazione Centro Studi Aldo Capitini. Abbiamo ripreso il testo dal sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini] Nel ripensamento della mia lunghissima amicizia e vicinanza (qui a Perugia e poi fra nuovi incontri a Perugia ed altrove, e in una ininterrotta corrispondenza epistolare) con Aldo Capitini - amicizia che coinvolge una grandissima parte della mia vita, e cioe' dal 1931 al 1968 - mi soffermero' su due periodi, su due zone perugine e usero' poi alcuni ricordi e considerazioni che vorrebbero servire - in questa testimonianza personale di amico e di perugino - a illuminare la presenza e la personalita' di questo grande uomo, cittadino e maestro cosi' profondamente incisivo nella storia perugina e italiana e nella vita di tanti uomini che ebbero la fortuna eccezionale di incontrarlo, di amarlo, di essere oggetto vivo della sua amicizia, del suo amore, del suo altissimo magistero ideale, morale, politico, interamente umano. Anzitutto il fervido e indimenticabile periodo del mio incontro e della mia consuetudine di rapporti con lui, soprattutto qui nella nostra Perugia, negli anni fra il 1931 e la guerra, nel periodo della preparazione della Resistenza, in quella attivita' clandestina, che ebbe in lui uno dei suoi massimi protagonisti e che per merito suo, ebbe in Perugia uno dei suoi centri piu' attivi e fecondi. Avevo 18 anni (egli ne aveva 32) quando lo conobbi nell'autunno del 1931: ero un giovanissimo, animato da una forte passione per la poesia ed anche per le questioni etico-politiche, ma ancora privo di contatti culturali piu' precisi e di orientamenti sicuri, preso fra prospettive da molto tempo nettissime nello svincolamento dalla religione tradizionale, e le remore gravi e scolastiche dei miti nazionali carducciani, dannunziani, pascoliani e degli inganni pseudosociali della dittatura. Lo conobbi nel suo piccolo studio nella torre campanaria municipale (quello che divenne poi il luogo di incontri di tanti uomini della cultura antifascista italiana e che si sarebbe dovuto lasciare intatto per il suo alto significato storico) e fui immediatamente preso dal fascino di quella grande personalita', cosi' matura e vigorosa, aperta e rigorosa, cosi' alta e insieme cosi' semplice e schietta: e fra quei suoi libri cosi' intensamente e amorosamente annotati, il modestissimo agio del divanetto rosso, la nitida presenza del suo tavolo da lavoro accuratamente ordinato, la finestra aperta sul paesaggio di Assisi, io respiravo un'aria nuova ed alta, fra accogliente e severa. Ma anche Capitini intui' il mio giovanile fondo di serieta' e di appassionamento e su quello fin da quel primo incontro comincio' a lavorare per vincere, con il mio meglio, i miei limiti di prospettive ideali, e spesso anche di gusto, rivelandoli con franchezza, ma senza farmeli pesare come qualcosa, per lui, di irritante e di incomprensibile. Comincio' cosi' un rapporto fra noi (fra Perugia e Pisa nel 31-32, e poi sempre a Perugia quando egli fu allontanato dalla Scuola Normale, di cui era segretario, per il suo rifiuto della tessera fascista) che, allargandosi subito ai suoi amici pisani (anzitutto Claudio Baglietto, collaboratore con lui della sua prima impostazione religiosa) e ai suoi primi amici perugini (anzitutto Alberto Apponi, anch'egli con me e con altri come me, piu' giovane di lui, cosi' aperto e generoso) lentamente, con una maturazione che il suo profondo istinto pedagogico assecondava, senza forzarla, provoco' in me uno svolgimento complesso ed intero di tutti i miei interessi migliori, in un ricambio costante fra discussioni sulla poesia, sulla musica, sulla religione e sulla politica, che tutte convergevano nella collaborazione alla formazione di un giovane intellettuale ormai fermo nel rifiuto di ogni forma retorica, dogmatica ed autoritaria di pensiero e di pratica, preparato cosi' a divenire egli stesso collaboratore di Capitini nella diffusione delle idee antifasciste e nella creazione della complessa rete di rapporti clandestini, di cui Capitini era il promotore piu' geniale ed attivo, quanto piu' la stessa propaganda e attivita' politica si appoggiava in lui a tutta un'originale visione della vita e della societa', ad una passione morale e religiosa, piu' che solamente politica. Cosi' cio' che ho detto per me (un esempio della potente forza educativa di Capitini) si moltiplicava nel caso di tanti altri miei coetanei.(o simili spesso a me sulle basi di partenza e nelle forme di svolgimento, perugini e umbri), mentre, per opera sua, io ed altri giovani trovavamo per la prima volta contatti non solo con i vecchi antifascista perugini borghesi, ma quello, fecondo ed entusiasmante, con i tenaci e coraggiosissimi popolani perugini (popolani o di recente origine popolana), oppositori alla dittatura, aperti alle istanze sociali e rivoluzionarie piu' risolute. E furono per me e per altri giovani.memorabili incontri, nel laboratorio di Catanelli, nel negozio di Tondini, nella casa di Montesperelli, o del prete ex-modernista e antifascista, Angelo Migni Ragni, sui colli vicini (in apparenti innocue scampagnate domenicali) appunto con uomini, che anche perche' aperti, come dicevo, a istanze sociali avanzate, pur influirono su molti di noi anche nelle successive scelte di precisi partiti politici, tutti comunque di sinistra e nettamente anticonservatori, come decisamente di sinistra, anticonservatrici, profondamente rivoluzionarie, erano le istanze di fondo e di prospettive dello stesso "liberalsocialismo" di Capitini (e di alcuni suoi collaboratori, come me). Poi fu la creazione di un primo comitato clandestino a Perugia (nel '36), l'avvio della formazione liberal-socialista (a opera soprattutto di Capitini, Calogero, Apponi, Ragghianti, ecc.) e il dispiegarsi di un moto crescente che venne portando dalla nostra Perugia a sempre piu' vasti legami nazionali, preparazione della Resistenza, in cui alcuni giovanissimi perugini, allievi di Capitini e miei, Primo Ciabatti e Enzo Comparozzi, dettero la loro vita per la causa della democrazia e del socialismo, mentre tanti altri soffrirono, con Capitini, carcere e persecuzione. La nostra Perugia era cosi' divenuta un centro essenziale nella vita nazionale, cosa di cui i perugini non possono e non devono mai dimenticarsi nei confronti della loro gratitudine per Aldo Capitini. C'e' poi un secondo periodo su cui voglio brevemente soffermarmi soprattutto per cio' che esso comporta nei confronti di una iniziativa eccezionalmente importante e significativa di Capitini. Proprio nell'ultimo numero di "Astrolabio", a proposito della istituzione delle regioni (di cui Capitini fu strenuo e attivo sostenitore) e della funzione piu' profonda che esse possono avere per un vero inizio di un rinnovamento sociale e democratico dal basso specie la' dove vi prevalgono fin da ora le forze di sinistra, Ferruccio Parri scrive: "Centri di iniziativa e di impulso regionale, nelle mani o sotto l'influenza e l'impulso di uomini di sinistra, possono essere forze decisive per nuove impostazioni anche di costumi, di modi moderni di vivere... Le regioni rosse possono dare un esempio progressivo e trascinante di una spontanea e creativa partecipazione di tutti, del 'potere di tutti' idoleggiato dal compianto Capitini". Cosi' Parri. Orbene, negli anni luminosi, e brevi, delle speranze del '44-'46, come non ricordare il significato in tal senso (oltre quello di successive iniziative e dello sviluppo del pensiero di Capitini fino al libro Il potere di tutti) dell'iniziativa capitiniana del C.O.S.? Come non ricordare la folla che riempiva la sala di Via Oberdan, che arrivava anche un'ora prima dell'inizio dell'Assemblea per trovare posto, che partecipava attivamente alla discussione di ogni problema cittadino e generale, con la possibilita' di formarsi un'opinione su partiti e avvenimenti, con la viva gioia. di essere promotrice di proposte per il miglioramento della vita associata e civile della nostra citta' cominciando appunto dal basso e da tutti? Del fervore e della portata di quella iniziativa concreta (Capitini non fu un vacuo sognatore, ma un uomo concreto e un geniale e attivo organizzatore) non poteva non far cenno la mia testimonianza perugina, perche' un'altra volta cosi' Perugia diveniva, per opera di Capitini, centro di un'iniziativa di valore nazionale: e quale migliore omaggio concreto a Capitini, e quale migliore ripresa della sua lezione non sarebbe, da parte dei perugini, nella nuova vita regionale umbra, la rifondazione dei C.O.S. o di forme analoghe di assemblee popolari, magari rese ancor piu' incisive e attive al livello della situazione attuale? Ma la mia testimonianza di amico e di perugino (seppur lontano da piu' di vent'anni dalla nostra citta') mi porta anche ad alcune considerazioni (basate sull'esperienza personale, ma certo comuni e ben comprensibili a quelle di tanti altri amici vecchi e recenti di Capitini) miranti a rilevare aspetti e valori della grande e complessa personalita' di Aldo, della sua profonda umanita', dei modi in cui quella personalita' si svolgeva non solo sul piano dei grandi temi di pensiero e delle grandi lotte e iniziative, ma anche su quello degli affetti piu' personali e pur mai totalmente privati, mai limitati a rapporti chiusi e intimistici o sentimentalistici, bensi' sempre irrorati dal flusso della sua geniale ispirazione e della sua grande vocazione "corale", sempre vivi entro un affiato energico e fortemente stimolante. Proprio in questi giorni ho non solo ripensato costantemente a lui, ma ho riletto tutte le numerosissime lettere scritte da lui a me (oltre che a mia moglie e ai nostri figli) nel periodo successivo alla mia definitiva partenza da Perugia, nel '48. E da quel ripensamento e da quella lettura, tra tante sollecitazioni e ricordi commossi, un motivo si e' fatto avanti insistente e dominante: il motivo della profonda disposizione e capacita' di amore di quel grande animo. Davvero non ho mai conosciuto un uomo che abbia cosi' interamente realizzato l'alta esortazione di un grande spirito dell'800, Feuerbach, "ama, ma sul serio!", "ama le persone concrete con i loro stessi limiti ", "poiche' si vive finche' si ama". Tale era appunto l'amore di Capitini per le persone. E quanti di noi hanno ben conosciuto la sua disponibilita' totale verso gli altri, la sua inesauribile attenzione verso gli amici e i loro piu' particolari problemi! Un'attenzione fatta di affabilita' e di energia, di familiarita' e di tensione (parole da lui tanto amate e canone per lui anche di giudizio estetico), capace di associare (nel colloquio e nella corrispondenza) alla sollecitazione e discussione dei piu' alti temi le cure piu' minute per le persone, oggetto del suo interesse ed amore. Cosi' in quelle lettere a cui accennavo non ne trovo nessuna - sia che prevalentemente discutesse problemi profondi, sia che riguardasse notizie e problemi pratici spiccioli - che non contenga anche sempre qualche rapido consiglio rivelante, quanto piu' apparentemente banale, la continua e quasi stupefacente attenzione di lui alla vita concreta delle persone amate (magari a me: "non fumar troppo" o "non andar troppo al cinema in questo periodo di influenza"), salendo poi a consigli, o a domande di consiglio, ben diversi e impegnativi o a discussioni di valore generale (con un ricambio di grandi e piccole cose ben significativo per la sua organica personalita'), ma sempre con rapidi e condensati accenni al costante legame affettivo, con rivelazioni improvvise del suo amore e bisogno di amore cosi' confidente ed aperto (cosi' in una lettera dalla Scuola Normale di Pisa, del '55: "Da piu' di un mese, quando sono in camera e sto riposando dopo pranzo, verso le tre e tre quarti penso: ora potrebbe bussare Walter"). Oppure, con brevi cenni anche in lettere di altro tenore egli introduceva l'amico, cui scriveva, nella sua vita piu' quotidiana e nella sua memoria affettuosa, creando intorno alle cose dette con la sua scrittura elegante e semplice (parola essenziale per lui: "tutto e' da fare e inventare con semplicita'") un alone caldo, limpido e denso di vita e di affetti. Cosi' un ricordo di una gita fatta insieme ai miei e ad altri amici sui monti pisani (20 ottobre '54): "Che bella cosa la nostra gita di domenica! Vera domenica! Per la prima volta dopo una gita, ero per nulla stanco, tanto che mi sono messo al ritorno subito a tavolino, senza il bisogno della poltrona. E la sera sono andato a letto verso le 10. Mi sono poi svegliato, e sentivo molta gente per la strada: dicevo: che sara' successo? Ho guardato l'orologio: era semplicemente mezzanotte e venti, e avevo gia' dormito piu' di due ore". E magari tutto si condensava (entro il contesto diverso) in rapidissimo accenni a ricordi comuni, cari alla nostra comune memoria (3 febbraio '58: "sono andato ad un concerto per riascoltare, dopo tanto tempo, l'Egmont, che fu la nostra musica dell'antifascismo, piu' di tante altre") o in semplici didascalie di date: 20 giugno '54 ("il 20 giugno che ci ricorda i nostri perugini"); 25 luglio '64 ("ricordi il 25 luglio di ventun anni fa?"); 22 aprile '58 ("e' uno dei giorni piu' belli, la nascita di mio padre"); 4 novembre '50 ("ripenso a tua madre" morta in quel giorno nel '39). E cosi' tante altre date care o sacre alla nostra vita (il 10 marzo, morte di Mazzini, che solevamo qui a Perugia celebrare raccogliendoci con amici a Montebello da Migni Ragni; il 20 settembre, il 14 giugno, liberazione di Perugia) o viceversa date a noi tutt'altro che care ( 11 febbraio, data del Concordato, "lutto nazionale") o ancora date care alle costumanze della nostra citta': 28 gennaio '55, "Il 29 e' S. Costanzo: ricordi le sue campane?". Oppure ancora l'introduzione di rapide aperture su luoghi e paesaggi perugini o su stagioni e situazioni metereologiche perugine a noi due, o a me, care: "Qui ieri c'era un oro nella luce che mi fa presentire l'autunno perugino" (12 agosto '55); "A Perugia c'e' un freddo che ti piacerebbe, ci sono state giornate proprio tue" (12 gennaio '61); "A Perugia ti chiamero' quando sentiro' una bella tramontana" (5 febbraio '62). Ed ecco: Perugia, la nostra Perugia, era sempre al centro dei suoi interessi e del suo amore. E quanti brani di lettere potrei citare in appoggio a questo motivo! Ora in forma di quadro perugino, che si inserisce nella lettera come un'apertura dell'animo nel suo ricordo con un paesaggio caro, consueto, e leopardianamente evocativo di ricordi e di doppia vista poetica: "Mentre ti scrivo odo un "tonar di ferree canne" verso Prepo, in un bel pomeriggio domenicale: i nostri colli, gli accenti del nostro dialetto, le nostre osterie di campagna, lo scendere del freddo della sera perugina!" (23 marzo '58). Ora invece dando a Perugia il valore solenne di un luogo eccezionale, propizio agli incontri piu' cari, alle discussioni piu' confidenti e piu' elevate: 12 maggio '52 a mia moglie: "Magari venissi anche tu a Perugia! Mi pare un sogno che ci ritroviamo con Walter e te in quell'aria solenne e in quelle linee". 11 agosto '58: "Trasferiamo il progetto di calma conversazione a Perugia di cui ti mando uno dei panorami piu' belli, piu' in accordo con la poesia e con la musica"; e ancora a me (Pisa 14 settembre '59) quando si discuteva se incontrarsi a Pisa o a Perugia: "Sceglierei Perugia. So che a Perugia si incontrano anche ricordi molesti, e talvolta bisogna come scansare con la mano cose che avremmo voluto diverse: ma mi pare che la' e non qui a Pisa, sia possibile toccare ogni tanto quei punti alti, assoluti, puri, che ricompensano del resto: punti che si vedono, si vivono pacatamente la', e non fuggevolmente". Anche questi brevi brani e i testi interi delle lettere mentre introducono cosi' agevolmente nell'atmosfera familiare e tesa della vita quotidiana di Aldo, documentano pure (oltre naturalmente alle opere intere) un altro aspetto e valore della personalita' di Capitini: quello di un vero scrittore, certamente il maggiore scrittore perugino e umbro del '900. Scrittore e anche uomo di gusto finissimo e finissimo lettore critico: penso a certi suoi saggi sul Paradiso di Dante e sul Leopardi, alle sue inedite tesi di laurea e di perfezionamento, ma anche a certe lettere, con accenni importanti di nuovo su Leopardi e su Dante, e, se il tempo lo permettesse, piacerebbe leggere un vero piccolo abbozzo di saggio sul canto di Piccarda in una lettera del 2 marzo '58. Quelle lettere ci dimostrano ancora l'organicita' di Capitini, il suo complesso ricambio, come scrittore e pensatore, tra piani piu' confidenziali e piani piu' impegnativi di opere organiche. E basterebbe accennare a certi anticipi e gradazioni di alcune lettere rispetto a brani compiuti dei suoi libri, come puo' vedersi almeno nel rapporto fra il brano di una lettera del 21 marzo '55 ("Circa l'abbandono, ripeto che sono convinto che se si arrivasse veramente a sentire un calmo appoggio a tutti quando e' la notte, si dormirebbe meglio. Bisognerebbe sentirli uniti e compagni in eterno. Io da anni come dico ogni mattina "Buon giorno a tutti" aggiungendo qualche nome delle persone piu' vicine alla mia vita, cosi' addormentandomi dico "Buona notte a tutti" e a qualche nome in particolare") e l'ultima strofa di Colloquio corale: "Buona notte ad amici e ad ignoti, ai morti riveduti nel lampo della festa: come ognuno ama in atto tutti, cosi' tutti il sonno unisca, disceso senza lotta: entriamo pacati nella notte grati alla festa, dopo esserci aperti a lei". Pare infine chiaro che un brano come quello della lettera ora citata fa risalire dal piano degli affetti personali a quello dell'amore capitiniano per tutti (che quegli stessi affetti personali rafforza ed allarga), riporta dalla mia testimonianza di amico alla mia testimonianza (qui inevitabilmente limitata dal tempo) di lettore di Capitini, di intenso ammiratore e valutatore della sua grande problematica e tematica, persuaso della validita' stimolante delle sue grandi prospettive ideali, anche quando non le si condividano interamente. Diro' solo a questo proposito, che tutti quelli che hanno vissuto e sentito la grande lezione di Capitini, ne riportano e ne riporteranno sempre in se stessi segni indelebili, non solo come presenza di un grande animo e amico fraterno, ma anche come di eccezionale promotore di grandi tensioni ideali (mai incentivo di evasione dagli impegni concreti) e ne risentiranno sempre il fascino e l'impulso, anche quando, ripeto, alcuni di essi possono discuterle e in parte dissentirne: e si trattera' magari di quei tormentati e "perplessi" fra cui si pone, con tanta leale semplicita' l'amico Bobbio nella conclusione della sua bellissima introduzione al Potere di tutti, e di quei "rivoluzionari insufficienti", come Aldo li chiamava, ci chiamava, piu' tesi al piano politico e sociale che a quello religioso. Ma anche in questi casi non si puo' non avvertire la forza dei suoi problemi e delle sue prospettive, che tutto riportano ad un livello piu' alto di discussione e di non facilita'. E soprattutto non si possono non considerare quei problemi e quelle prospettive come elemento essenziale nella prefigurazione di una societa' veramente nuova di liberi ed eguali, al cui sviluppo duraturo non e' sufficiente (anche se sicuramente indispensabile) l'abolizione dell'attuale sistema economico-sociale. Allora tanto piu' mi pare non solo necessaria, come lui voleva, una strutturazione interamente dal basso e di un potere veramente di tutti, ma necessaria anche la presenza, in quella nuova societa', di una visione profonda che continui costantemente a promuovere una liberazione dai limiti della vecchia societa' e della vecchia realta', sino allo stimolo operante del grande tema della compresenza dei morti e dei viventi. Sicche' in tutti noi, anche diversi, come Aldo in vita ha alzato continuamente l'impegno delle nostre posizioni e delle nostre azioni e ci ha spinti, con il suo amore e rigore, ad approfondirci e migliorarci, cosi' la sua viva presenza (non solo commossa memoria) continuera' finche' vivremo, a stimolarci, ad agire su di noi perche' ognuno di noi sia meno insufficiente rispetto ai propri compiti, alle proprie posizioni di ideologia e di prassi. 3. DOCUMENTI. NORBERTO BOBBIO: MESSAGGIO ALLA MARCIA PERUGIA-ASSISI PER LA NONVIOLENZA DEL 2000 [Riproponiamo il testo del messaggio che Norberto Bobbio invio' ai partecipanti alla marcia Perugia-Assisi per la nonviolenza del 2000, che fu letto alla conclusione dell'iniziativa. Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909 ed e' deceduto nel 2004, antifascista, filosofo della politica e del diritto, autore di opere fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace, e' stato uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani del XX secolo. Opere di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico, morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli, Firenze. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso Einaudi, Torino. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi, Torino 1990. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna, varie riedizioni; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la lettura di Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1977; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti, Milano 1990; Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma 2000; AA. VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza, Roma-Bari 2005. Per la bibliografia di e su Norberto Bobbio uno strumento di lavoro utilissimo e' il sito del Centro studi Piero Gobetti (www.erasmo.it/gobetti)] Come vecchio amico di Aldo Capitini e come partecipante alla prima marcia che si svolse nel 1961, invio a tutti i nuovi marciatori il mio affettuoso saluto e il mio ringraziamento per questo nuovo segno di pace e di fratellanza. Gia' una volta scrissi, ed ora ripeto, che abbiamo la certezza di parlare a nome di milioni e milioni di uomini. Ed e' questo che ci da' forza. Capitini diceva: se si vuole cambiare il mondo bisogna non isolarsi ma cercare insieme di opporre al metodo della violenza, che ha insanguinato il mondo, il metodo della nonviolenza, "perche' non bagna le strade e le case di sangue, ma unisce gruppi e moltitudini di persone nelle loro campagne rinnovatrici". Soleva ripetere: "Questo e' il varco attuale della storia". Tanto piu' attuali queste parole oggi all'inizio del nuovo millennio, in cui armi sempre piu' micidiali continuano ad essere diffuse e disperse in tutto il mondo e la volonta' di potenza non ha cessato di apparire come segno indelebile della storia dell'uomo. Pur non nascondendoci che il nuovo varco e' difficile, continuiamo a essere convinti che l'unica strada che puo' davvero aprirlo e' quella della nonviolenza, come Aldo ci ha insegnato con tutti i suoi scritti e la sua inflessibile azione. 4. RIFLESSIONE. ALDO CAPITINI: DIECI PRINCIPI DI DANILO DOLCI [Riproponiamo il seguente brano estratto dal libro di Aldo Capitini, Rivoluzione aperta, del 1956. Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dall a polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004] Danilo Dolci ha cosi' messo praticamente in maggior rilievo ed ha espresso in modo chiarissimo principi ed elementi gia' espressi e praticati nel passato e nel presente, ma che con la sua persona, con la sua ispirazione ed azione incisiva e organica in una situazione cosi' significativa, e' bene che siano messi a contatto di tutti e moltiplicati: 1. Lavorare per una societa' che sia veramente di tutti. 2. Cominciare piu' affettuosamente e piu' attentamente dagli "ultimi". 3. Portare le cose piu' alte a contatto dei piu' umili. 4. Partecipare per comprendere. 5. Superare continuamente i propri possessi dando aiuti. 6. Creare strumenti di lavoro e di civilta' per tutti. 7. Dare amorevolezza a tutte le persone, non considerandole chiuse nei loro errori. 8. Usare nelle azioni e nelle lotte il metodo rivoluzionario nonviolento. 9. Nei casi estremi e nei momenti decisivi offrire il proprio sacrificio (per esempio, il digiuno), prendendo su di se' la sofferenza. 10. Promuovere riunioni e assemblee per il dialogo su tutti i problemi. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1191 del 30 gennaio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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