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La nonviolenza e' in cammino. 1190
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1190
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 29 Jan 2006 00:45:58 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1190 del 29 gennaio 2006 Sommario di questo numero: 1. Piero Calamandrei: Epigrafi per donne, uomini e citta' della Resistenza 2. Eduardo Galeano: La seconda nascita della Bolivia 3. Johan Galtung: Alcuni criteri della lotta gandhiana 4. Mario Tronti presenta "La ragazza del secolo scorso" di Rossana Rossanda 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. MAESTRI. PIERO CALAMANDREI: EPIGRAFI PER DONNE, UOMINI E CITTA' DELLA RESISTENZA [I testi che qui ancora una volta riproponiamo sono estratti dal libro di discorsi, scritti ed epigrafi di Piero Calamandrei, Uomini e citta' della Resistenza, edito nel 1955 e successivamente ristampato da Laterza, Bari 1977 (l'edizione da cui citiamo), piu' recentemente riproposto da Linea d'ombra, Milano 1994, e nuovamente ripubblicato da Laterza in questi giorni. Piero Calamandrei, nato a Firenze nel 1889 ed ivi deceduto nel 1956, avvocato, giurista, docente universitario, antifascista limpido ed intransigente, dopo la Liberazione fu costituente e parlamentare, fondatore ed animatore della rivista "Il Ponte", impegnato nelle grandi lotte civili] VIVI E PRESENTI CON NOI FINCHE' IN LORO CI RITROVEREMO UNITI MORTI PER SEMPRE PER NOSTRA VILTA' QUANDO FOSSE VERO CHE SONO MORTI INVANO (In limine al libro Uomini e citta' della Resistenza) * DA QUESTA CASA OVE NEL 1925 IL PRIMO FOGLIO CLANDESTINO ANTIFASCISTA DETTE ALLA RESISTENZA LA PAROLA D'ORDINE NON MOLLARE FEDELI A QUESTA CONSEGNA COL PENSIERO E COLL'AZIONE CARLO E NELLO ROSSELLI SOFFRENDO CONFINI CARCERI ESILII IN ITALIA IN FRANCIA IN SPAGNA MOSSERO CONSAPEVOLI PER DIVERSE VIE INCONTRO ALL'AGGUATO FASCISTA CHE LI RICONGIUNSE NEL SACRIFICIO IL 9 GIUGNO 1937 A BAGNOLES DE L'ORNE MA INVANO SI ILLUSERO GLI OPRESSORI DI AVER FATTO LA NOTTE SU QUELLE DUE FRONTI QUANDO SPUNTO' L'ALBA SI VIDERO IN ARMI SU OGNI VETTA D'ITALIA MILLE E MILLE COL LORO STESSO VOLTO VOLONTARI DELLE BRIGATE ROSSELLI CHE SULLA FIAMMA RECAVANO IMPRESSO GRIDO LANCIATO DA UN POPOLO ALL'AVVENIRE GIUSTIZIA E LIBERTA' (Epigrafe sulla casa dei fratelli Rosselli, in Firenze, via Giusti n. 38) * GIUSTIZIA E LIBERTA' PER QUESTO MORIRONO PER QUESTO VIVONO (Epigrafe sulla tomba dei fratelli Rosselli, nel cimitero di Trespiano - Firenze) * NON PIU' VILLA TRISTE SE IN QUESTE MURA SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI ARMATI SOL DI COSCIENZA IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI VOLLERO PER RISCATTARE VERGOGNA PER RESTITUIR DIGNITA' PER NON RIVELARE IL COMPAGNO LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE NON TRADIRE (Epigrafe sulla villa di via Bolognese, a Firenze - dove fu la sede della banda Carita' - nella quale Enrico Bocci fu torturato: e che fu chiamata in quei mesi "Villa triste") * GIANFRANCO MATTEI DOCENTE UNIVERSITARIO DI CHIMICA NELL'ORA DELL'AZIONE CLANDESTINA FECE DELLA SUA SCIENZA ARMA PER LA LIBERTA' COMUNIONE COL SUO POPOLO SILENZIOSA SCELTA DEL MARTIRIO SU QUESTA CASA OVE NACQUE RIMANGANO INCISE LE ULTIME PAROLE SCRITTE NEL CARCERE QUANDO SOTTRASSE AL CARNEFICE E INVITTA CONSEGNO' ALL'AVVENIRE LA CERTEZZA DELLA SUA FEDE "SIATE FORTI - COME IO LO FUI" Milano 11 dicembre 1916 - Roma febbraio 1944 (Epigrafe sulla casa di Milano, ove nacque l'11 dicembre 1916 Gianfranco Mattei) * LA MADRE QUANDO LA SERA TORNAVANO DAI CAMPI SETTE FIGLI ED OTTO COL PADRE IL SUO SORRISO ATTENDEVA SULL'USCIO PER ANNUNCIARE CHE IL DESCO ERA PRONTO MA QUANDO IN UN UNICO SPARO CADDERO IN SETTE DINANZI A QUEL MURO LA MADRE DISSE NON VI RIMPROVERO O FIGLI D'AVERMI DATO TANTO DOLORE L'AVETE FATTO PER UN'IDEA PERCHE' MAI PIU' NEL MONDO ALTRE MADRI DEBBAN SOFFRIRE LA STESSA MIA PENA MA CHE CI FACCIO QUI SULLA SOGLIA SE PIU' LA SERA NON TORNERETE IL PADRE E' FORTE E RINCUORA I NIPOTI DOPO UN RACCOLTO NE VIENE UN ALTRO MA IO SONO SOLTANTO UNA MAMMA O FIGLI CARI VENGO CON VOI (Epigrafe dettata per il busto, collocato nella sala del consiglio del Comune di Campegine, di Genoveffa Cocconi, madre dei sette fratelli Cervi, morta di dolore poco dopo la loro fucilazione) * A POCHI METRI DALL'ULTIMA CIMA AVVOLTA NEL NEMBO QUALCUNO PIU' SAGGIO DISSE SCENDIAMO MA LIVIO COMANDA QUANDO UN'IMPRESA SI E' COMINCIATA NON VALE SAGGEZZA A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE DALLA MONTAGNA NERA DOPO DIECI ANNI DAL PRIMO CONVEGNO S'AFFACCIANO LE OMBRE IN VEDETTA L'HANNO RICONOSCIUTO SVENTOLANO I VERDI FAZZOLETTI RICANTAN LE VECCHIE CANZONI E' LIVIO CHE SALE E' IL LORO CAPO CHE PER NON RINUNCIARE ALLA VETTA TRA I MORTI GIOVANI GIOVANE ANCH'EGLI E' VOLUTO RESTARE ASCIUGHIAMO IL PIANTO GUARDIAMO SU IN ALTO IN CERCA DI TE COME TI VIDERO I TEDESCHI FUGGENTI FERMO SULLA RUPE LE SPALLE QUADRATE MONTANARE LA MASCHIA FRONTE OSTINATA L'OCCHIO ACCESO DI DOLCE FIEREZZA FACCI UN CENNO LIVIO SE VACILLEREMO A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE ANCHE SE QUESTO E' MORIRE (Epigrafe per la morte di Livio Bianco avvenuta nel luglio del 1953, per una sciagura di montagna) * DALL'XI AGOSTO MCMXLIV NON DONATA MA RICONQUISTATA A PREZZO DI ROVINE DI TORTURE DI SANGUE LA LIBERTA' SOLA MINISTRA DI GIUSTIZIA SOCIALE PER INSURREZIONE DI POPOLO PER VITTORIA DEGLI ESERCITI ALLEATI IN QUESTO PALAZZO DEI PADRI PIU' ALTO SULLE MACERIE DEI PONTI HA RIPRESO STANZA NEI SECOLI (Epigrafe apposta dopo la liberazione sulla parete di Palazzo Vecchio che guarda Via dei Gondi, a Firenze) * SULLE FOSSE DEL VOSTRO MARTIRIO NEGLI STESSI CAMPI DI BATTAGLIA O SUPPLIZIATI DI BELFIORE O VOLONTARI DI CURTATONE E MONTANARA DOPO UN SECOLO MANTOVA VI AFFIDA QUESTI SUOI CADUTI DELLA GUERRA PARTIGIANA COME VOI SONO ANDATI INCONTRO ALLA MORTE A FRONTE ALTA CON PASSO SICURO SENZA VOLTARSI INDIETRO ACCOGLIETELI OMBRE FRATERNE SONO DELLA VOSTRA FAMIGLIA MUTANO I VOLTI DEI CARNEFICI RADETZKY O KESSELRING VARIANO I NOMI DELLE LIBERAZIONI RISORGIMENTO O RESISTENZA MA L'ANELITO DEI POPOLI E' UNO NELLA STORIA DOVE I SECOLI SONO ATTIMI LE GENERAZIONI SI TRASMETTONO QUESTA FIAMMA RIBELLE PATIBOLI E TORTURE NON LA SPENGONO DOPO CENT'ANNI QUANDO L'ORA SPUNTA I CIMITERI CHIAMANO LIBERTA' DA OGNI TOMBA BALZA UNA GIOVANE SCHIERA L'AVANZATA RIPRENDE FINO A CHE OGNI SCHIAVITU' SARA' BANDITA DAL MONDO PACIFICATO (Epigrafe murata nella sala del Palazzo Provinciale di Mantova nel primo decennale della Resistenza, giugno 1954) * RITORNO DI KESSELRING NON E' PIU' VERO NON E' PIU' VERO O FUCILATI DELLA RESISTENZA O INNOCENTI ARSI VIVI DI SANT'ANNA E DI MARZABOTTO NON E' PIU' VERO CHE NEL ROGO DEI CASALI DIETRO LE PORTE INCHIODATE MADRI E CREATURE TORCENDOSI TRA LE FIAMME URLAVANO DISPERATAMENTE PIETA' AI CAMERATI GUASTATORI CHE SI GLORIARONO DI QUELLE GRIDA SIA RESA ALFINE GIUSTIZIA RIPRENDANO TORCE ED ELMETTI SI SCHIERINO IN PARATA ALTRI ROGHI DOVRANNO ESSERE ACCESI PER LA FELICITA' DEL MONDO NON PIU' FIORI PER LE VOSTRE TOMBE SONO STATI TUTTI REQUISITI PER FARE LA FIORITA SULLE VIE DEL LORO RITORNO LI COMANDERA' ANCORA COLL'ONORE MILITARE CUCITO IN ORO SUL PETTO IL CAMERATA KESSELRING IL VOSTRO ASSASSINO * IL MONUMENTO A KESSELRING LO AVRAI CAMERATA KESSELRING IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA' A DECIDERLO TOCCA A NOI NON COI SASSI AFFUMICATI DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO NON COLLA TERRA DEI CIMITERI DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI RIPOSANO IN SERENITA' NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI CHE TI VIDE FUGGIRE MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI PIU' DURO D'OGNI MACIGNO SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO GIURATO FRA UOMINI LIBERI CHE VOLONTARI SI ADUNARONO PER DIGNITA' NON PER ODIO DECISI A RISCATTARE LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE AI NOSTRI POSTI CI RITROVERAI MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO CHE SI CHIAMA ORA E SEMPRE RESISTENZA (Lapide murata nel Palazzo Comunale di Cuneo il 21 dicembre 1952) * ALL'OMBRA DI QUESTE MONTAGNE IL 12 SETTEMBRE 1943 POCHI RIBELLI QUI CONVENUTI ARMATI DI FEDE E NON DI GALLONI FURONO LA PRIMA PATTUGLIA DELLA RESISTENZA PIEMONTESE CHE DOPO DUE INVERNI CON DUCCIO E LIVIO AL COMANDO PER OGNI CADUTO CENTO SOPRAGGIUNTI DIVENTO' L'ESERCITO DI GIUSTIZIA E LIBERTA' DILAGANTE VITTORIOSO IN PIANURA NEL PRIMO DECENNALE I VIVI SALUTANO I MORTI DORMITE IN PACE COMPAGNI L'IMPEGNO DI MARCIARE INSIEME VERSO L'AVVENIRE NON E' CADUTO (Epigrafe murata sulla Chiesa di Madonna del Colletto, inaugurata il 27 settembre 1953 con un discorso di Ferruccio Parri) * CONTRO OGNI RITORNO INERMI BORGATE DELL'ALPE ASILO DI RIFUGIATI PRESE D'ASSALTO COI LANCIAFIAMME ARSI VIVI NEL ROGO DEI CASALI I BAMBINI AVVINGHIATI ALLE MADRI FOSSE NOTTURNE SCAVATE DAGLI ASSASSINI IN FUGA PER NASCONDERVI STRAGI DI TRUCIDATI INNOCENTI QUESTO VI RIUSCI' S. TERENZIO BERGIOLA ZERI VINCA FORNO MOMMIO TRAVERDE S. ANNA S. LEONARDO SCRIVETE QUESTI NOMI SON LE VOSTRE VITTORIE MA ESPUGNARE QUESTE TRINCEE DI MARMO DI DOVE IL POPOLO APUANO CAVATORI E PASTORI E LE LORO DONNE STAFFETTE TUTTI ARMATI DI FAME E DI LIBERTA' VI SFIDAVA BEFFARDO DA OGNI CIMA QUESTO NON VI RIUSCI' ORA SUL MARE SON TORNATI AL CARICO I VELIERI E NELLE CAVE I BOATI DELLE MINE CHIAMAN LAVORO E NON GUERRA MA QUESTA PACE NON E' OBLIO STANNO IN VEDETTA QUESTE MONTAGNE DECORATE DI MEDAGLIE D'ORO AL VALORE PARTIGIANO TAGLIENTI COME LAME IMMACOLATO BALUARDO SEMPRE ALL'ERTA CONTRO OGNI RITORNO (Epigrafe scolpita sul marmo della stele commemorativa delle Fosse del Frigido, inaugurata il 21 ottobre 1954) * FANTASMI NON RAMMARICATEVI DAI VOSTRI CIMITERI DI MONTAGNA SE GIU' AL PIANO NELL'AULA OVE FU GIURATA LA COSTITUZIONE MURATA COL VOSTRO SANGUE SONO TORNATI DA REMOTE CALIGINI I FANTASMI DELLA VERGOGNA TROPPO PRESTO LI AVEVAMO DIMENTICATI E' BENE CHE SIANO ESPOSTI IN VISTA SU QUESTO PALCO PERCHE' TUTTO IL POPOLO RICONOSCA I LORO VOLTI E SI RICORDI CHE TUTTO QUESTO FU VERO CHIEDERANNO LA PAROLA AVREMO TANTO DA IMPARARE MANGANELLI PUGNALI PATIBOLI VENT'ANNI DI RAPINE DUE ANNI DI CARNEFICINE I BRIGANTI SUGLI SCANNI I GIUSTI ALLA TORTURA TRIESTE VENDUTA AL TEDESCO L'ITALIA RIDOTTA UN ROGO QUESTO SI CHIAMA GOVERNARE PER FAR GRANDE LA PATRIA APPRENDEREMO DA FONTE DIRETTA LA STORIA VISTA DALLA PARTE DEI CARNEFICI PARLERANNO I DIPLOMATICI DELL'ASSE I FIERI MINISTRI DI SALO' APRIRANNO I LORO ARCHIVI SEGRETI DI OGNI IMPICCATO SAPREMO LA SEPOLTURA DI OGNI INCENDIO SI RITROVERA' IL PROTOCOLLO CIVITELLA SANT'ANNA BOVES MARZABOTTO TUTTE IN REGOLA SAPREMO FINALMENTE QUANTO COSTO' L'ASSASSINIO DI CARLO E NELLO ROSSELLI MA FORSE A QUESTO PUNTO PREFERIRANNO RINUNCIARE ALLA PAROLA PECCATO QUESTI GRANDI UOMINI DI STATO AVREBBERO TANTO DA RACCONTARE (Epigrafe pubblicata sul "Ponte" dopo le elezioni politiche del 7 giugno 1953) 2. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: LA SECONDA NASCITA DELLA BOLIVIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 gennaio 2006. Eduardo Galeano e' nato nel 1940 a Montevideo (Uruguay); giornalista e scrittore, nel 1973 in seguito al colpo di stato militare e' stato imprigionato e poi espulso dal suo paese; ha vissuto lungamente in esilio fino alla caduta della dittatura. Dotato di una scrittura nitida, pungente, vivacissima, e' un intellettuale fortemente impegnato nella lotta per i diritti umani e dei popoli. Tra le sue opere, fondamentali sono: Le vene aperte dell'America Latina, recentemente ripubblicato da Sperling & Kupfer, Milano; Memoria del fuoco, Sansoni, Firenze; il recente A testa in giu', Sperling & Kupfer, Milano. Tra gli altri suoi libri editi in italiano: Guatemala, una rivoluzione in lingua maya, Laterza, Bari; Voci da un mondo in rivolta, Dedalo, Bari; La conquista che non scopri' l'America, Manifestolibri, Roma; Las palabras andantes, Mondadori, Milano] Il 22 gennaio 2002, Evo fu espulso dal Paradiso, cioe': il deputato Morales fu espulso dal Parlamento. Il 22 gennaio 2006, in quello stesso luogo dall'aria sfarzosa, Evo Morales e' stato consacrato presidente della Bolivia, cioe': la Bolivia comincia a sapere di essere un paese a maggioranza indigena. Nel momento dell'espulsione, un deputato indigeno era piu' raro di una mosca bianca. Quattro anni dopo, sono molti i legislatori che masticano coca, millenaria abitudine che era proibita nel sacro recinto parlamentare. * Molto prima dell'espulsione di Evo, i suoi, gli indigeni, erano gia' stati espulsi dalla nazione ufficiale. Non erano figli della Bolivia: erano solo la sua mano d'opera. Fino a poco piu' di cinquant'anni fa, gli indigeni non potevano votare e neppure camminare per i viali delle citta'. Con cognizione di causa Evo, nel suo primo discorso presidenziale, ha detto che gli indigeni non furono invitati nel 1825 alla fondazione della Bolivia. Questa e' anche la storia di tutta l'America, compresi gli Stati Uniti. Le nostre nazioni nacquero sulla fallacia. L'indipendenza dei paesi americani fu dall'inizio usurpata da una minoranza molto minoritaria. Tutte le prime Costituzioni, senza eccezione, lasciarono fuori le donne, gli indigeni, i neri e i poveri in generale. L'elezione di Evo Morales e', almeno in questo senso, equivalente alla votazione di Michelle Bachelet. Evo ed Eva. Per la prima volta un indigeno presidente della Bolivia, per la prima volta una donna presidente del Cile. E lo stesso si potrebbe dire del Brasile, dove per la prima volta e' nero il ministro della Cultura. Non ha forse radici africane la cultura che ha salvato il Brasile dalla tristezza? In queste terre, malate di razzismo e di maschilismo, non manchera' chi creda che tutto questo e' scandaloso. Scandaloso e' che non sia successo prima. * Cade la maschera, il volto si palesa e infuria la tempesta. L'unico linguaggio degno di fede e' quello nato dalla necessita' di dire. Il piu' grave difetto di Evo consiste nel fatto che la gente gli creda, perche' trasmette autenticita' perfino quando, parlando spagnolo, che non e' la sua lingua madre, commette qualche erroruccio. Lo accusano di ignoranza i dottori che sono abili nell'essere echi di voci aliene. I venditori di promesse lo accusano di demagogia. Lo accusano di essere un caudillo coloro che hanno imposto in America un unico Dio, un unico re e un'unica verita'. E tremano di paura gli assassini degli indigeni, i quali temono che le loro vittime siano come loro. * La Bolivia sembrava essere nulla piu' che lo pseudonimo di coloro che comandavano in Bolivia, e che la consumavano mentre cantavano l'inno, e l'umiliazione degli indigeni, resa abitudine, sembrava un destino. Ma negli ultimi tempi, mesi, anni questo paese ha vissuto in perpetuo stato di insurrezione popolare. Quel processo di continue ribellioni, che lascio' una scia di morti, culmino' con la guerra del gas, ma veniva da lontano. Veniva da lontano ed e' continuato dopo, fino all'elezione di Evo contro ogni ostacolo. Con il gas boliviano si stava ripetendo una storia antica di tesori rubati nel corso di piu' di quattro secoli, da meta' del secolo XVI: l'argento di Potosi' lascio' una montagna vuota, il salnitro della costa del Pacifico lascio' una cartina geografica senza mare, lo stagno di Oruro lascio' una moltitudine di vedove. Questo e solo questo lasciarono. * Le rivolte popolari di questi ultimi anni sono state crivellate di proiettili, ma hanno evitato che il gas evaporasse in mani aliene, ha deprivatizzato l'acqua a Cochabamba e a La Paz, hanno rovesciato governi governati da fuori, e hanno detto di no alle tasse sul salario e ad altri saggi ordini del Fondo monetario internazionale. Dal punto di vista dei civilizzati mezzi di comunicazione, quelle esplosioni di dignita' popolare sono state atti di barbarie. L'ho visto, letto, ascoltato mille volte: la Bolivia e' un paese incomprensibile, ingovernabile, intrattabile, ingestibile. I giornalisti che lo dicono e lo ripetono sbagliano aggettivo: dovrebbero confessare che per loro la Bolivia e' un paese invisibile. * Non c'e' nulla di strano. Questa cecita' non e' solo una cattiva abitudine di stranieri arroganti. La Bolivia nacque cieca, incapace di guardarsi, perche' il razzismo getta polvere negli occhi, ed e' un dato di fatto che non mancano i boliviani che preferiscono vedersi con gli occhi che li disprezzano. Ma non e' un caso che la bandiera indigena delle Ande renda omaggio alla diversita' del mondo. Secondo la tradizione e' una bandiera nata dall'incontro dell'arcobaleno femmina con l'arcobaleno maschio, e questo arcobaleno della terra, che nella lingua indigena si chiama tessuto del sangue fiammeggiante, ha piu' colori dell'arcobaleno del cielo. 3. MATERIALI. JOHAN GALTUNG: ALCUNI CRITERI DELLA LOTTA GANDHIANA [Dal libro di Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1987, riproponiamo ancora una volta questa scheda su "Le regole del comportamento conflittuale secondo Gandhi" (li' alle pp. 120-121, e commentata dettagliatamente - e criticamente - nelle pagine successive). Segnaliamo una volta di piu' che quella che segue e' semplicemente una interpretazione, certamente qualificata, di un aspetto della riflessione gandhiana, ma che essa non e' esaustiva e soprattutto che altre interpretazioni sono possibili e sono state date da altrettanto qualificati studiosi a partire da punti di vista diversi e con formulazioni anche sensibilmente diverse da quelle di cui fa uso Galtung qui. Del resto lo stesso Galtung, immediatamente dopo aver proposto questo schema, scrive (p. 122 dell'edizione citata): "Tutto questo non va inteso, naturalmente, in maniera rigidamente definitoria. Molto lavoro sarebbe necessario per approfondire le implicazioni di un tale sistema di norme. Possiamo sempre imparare moltissime cose da Gandhi, non pero' se lo accettiamo senza spirito critico. C'e' la famosa affermazione in cui Gandhi dice di non essere egli stesso un vero gandhiano, e, in molti altri scritti, egli sottolinea di essere ancora in crescita e afferma che continuera' a crescere anche dopo la morte, cercando la Verita' e l'Amore". Quanto al modo sommario e precettistico con cui ha sintetizzato queste "regole del comportamento conflittuale secondo Gandhi", Galtung aggiunge (p. 122, di seguito): "Una parola sul metodo che e' stato usato. Senza dubbio e' frammentario: riduce a pezzi Gandhi, cercando di presentarlo come un catalogo, come un insieme di direttive. Ma a questa obiezione puo' essere ribattuto che egli stesso lo ha fatto molto spesso; amava realmente emettere regole e direttive. La questione e' piuttosto fino a che limite questa interpretazione sia corretta, e il lettore trovera' che le formulazioni - necessariamente concise, poiche' sono formulazioni di norme, non brevi trattati - non riflettono la ricchezza delle espressioni di Gandhi. Esse sono quindi da considerarsi solamente delle approssimazioni e del resto sarebbe piu' opportuno cercare di cogliere lo spirito delle indicazioni gandhiane che non esigere l'esattezza della formulazione linguistica". "D'altra parte - conclude Galtung -, potrebbe essere vantaggioso per le persone in conflitto - cio' significa per tutti noi in qualsiasi momento, anche se non necessariamente ne siamo coscienti - verificare il proprio comportamento, sia interiore che esteriore, in base a queste norme". Johan Galtung, nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu, e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research e una delle piu' autorevoli figure della nonviolenza. Una bibliografia completa degli scritti di Galtung e' nel sito della rete "Transcend", il network per la pace da lui diretto, cui rinviamo: www.transcend.org. Dal quotidiano "Il manifesto" riprendiamo la seguente scheda su Galtung: "Johan Galtung (Oslo, 1930) e' il piu' insigne teorico dei moderni studi della pace. Fondatore nel 1959 dell''International Peace Research Institute' di Oslo, consigliere presso le Nazioni Unite, professore onorario in numerose universita', tra cui la Princeton University e la Freie Universitaet di Berlino, e' attualmente titolare della cattedra di 'Peace Studies' presso l'Universita' delle Hawaii. Galtung ha dato vita nel 1964 al 'Journal for Peace Research' e nel 1987 e' stato insignito del 'Right Livelihood Award' (il cosiddetto 'Premio Nobel alternativo per la pace'). Fondatore e direttore di 'Transcend' (www.transcend.org), un'organizzazione internazionale per la risoluzione nonviolenta dei conflitti che opera in tutto il mondo, e' il rettore della Transcend Peace University. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia e' La pace con mezzi pacifici (Esperia Edizioni)". Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem] 1. I fini e il conflitto Regola 1.1. Nei conflitti agisci - Agisci subito - Agisci qui - Agisci per il tuo gruppo - Agisci per identificazione - Agisci per convinzione Regola 1.2. Delimita bene il conflitto - Definisci i tuoi fini chiaramente - Cerca di capire i fini del tuo avversario - Metti in evidenza i fini comuni e compatibili - Descrivi i fatti rilevanti del conflitto in modo obiettivo Regola 1.3. Adotta un approccio positivo al conflitto - Dai al conflitto un'accentuazione positiva - Considera il conflitto come occasione per incontrare l'avversario - Considera il conflitto come occasione per trasformare la societa' - Considera il conflitto come occasione per trasformare te stesso * 2. La lotta conflittuale Regola 2.1. Agisci in modo nonviolento nei conflitti - Non offendere o ferire con azioni - Non offendere o ferire con parole - Non offendere o ferire con pensieri - Non danneggiare le proprieta' dell'avversario - Preferisci la violenza alla codardia - Fai del bene anche a chi fa il male Regola 2.2. Agisci in maniera conforme al fine - Includi sempre un elemento costruttivo - Usa forme di lotta che ne rivelino il fine - Agisci apertamente, non segretamente - Dirigi la lotta verso l'obiettivo corretto Regola 2.3. Non collaborare con il male - Non collaborare con una struttura malvagia - Non collaborare con un ruolo sociale ingiusto - Non collaborare con un'azione malvagia - Non collaborare con quelli che collaborano con il male Regola 2.4. Sii disposto a sacrificarti - Non fuggire davanti alle punizioni - Sii disposto a morire se necessario Regola 2.5. Non polarizzare il conflitto - Distingui tra antagonismo e antagonista - Distingui tra persona e ruolo sociale - mantieni il contatto - Immedesimati nella posizione del tuo avversario - Sii flessibile nel delimitare le parti in causa e le loro posizioni Regola 2.6. Non provocare escalation nel conflitto - Rimani il piu' leale possibile - Non provocare e non lasciarti provocare - Non umiliare e non farti umiliare - Non ampliare i termini del conflitto - Usa le forme di condotta piu' miti possibili durante il conflitto * 3. La risoluzione del conflitto Regola 3.1. Risolvi i conflitti - Non continuare la lotta conflittuale per sempre - Cerca sempre di negoziare con l'avversario - Cerca di ottenere trasformazioni sociali positive - Cerca di trasformare gli esseri umani ((te stesso; l'avversario) Regola 3.2. Insisti sulle cose essenziali, non su quelle marginali - Non barattare le cose essenziali - Sii disposto ai compromessi per le cose non essenziali Regola 3.3. Considerati fallibile - Ricordati che puoi essere nel torto - Ammetti apertamente i tuoi errori - La coerenza nel tempo non e' molto importante Regola 3.4. Sii generoso nei confronti dell'avversario - Non sfruttare la debolezza dell'avversario - Non giudicare l'avversario piu' severamente di te stesso - Abbi fiducia nel tuo avversario Regola 3.5. Conversione, non coercizione - Cerca sempre soluzioni che siano accettabili (per te stesso; per l'avversario) - Non forzare mai l'avversario - Converti l'avversario in un sostenitore della causa. 4. LIBRI. MARIO TRONTI PRESENTA "LA RAGAZZA DEL SECOLO SCORSO" DI ROSSANA ROSSANDA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 gennaio 2006. Mario Tronti (Roma, 1931), teorico e militante della sinistra italiana, docente universitario di filosofia, partecipe di rilevanti esperienze di riflessione e di impegno. Tra le opere di Mario Tronti: Operai e capitale, Einaudi, Torino 1971; Sull'autonomia del politico, Feltrinelli, Milano 1977; Il tempo della politica, Editori Riuniti, Roma 1980; Con le spalle al futuro, Editori Riuniti, Roma 1992; La politica al tramonto, Einaudi, Torino 1998. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] La ragazza del secolo scorso: sbagliero' - il successo del libro dice il contrario - ma non mi pare un titolo indovinato. Intanto, non di una ragazza si tratta, ma di una donna. E sappiamo da questo racconto di un io immerso nel mondo che non fu precoce in Rossana la consapevolezza del suo tempo tragico: "... presa piu' dal fragore della mente che da quello della guerra". Francamente, si fa fatica a pensare la giovane Rossanda come "una ragazza grigia". Mi sono chiesto: perche' questa insistenza su una adolescenza, e in parte una giovinezza, non politica, prima di piantare tutto intero il proprio corpo in mezzo ai sentieri interrotti della propria epoca. E mi sono risposto cosi': tutto il racconto si propone di avvertire, noi e tutti, che c'e' un'eccedenza della persona rispetto alla figura. La presenza pubblica non esaurisce la complessita' umana. Anzi, questa entra spesso in un ombroso conflitto con quella. E quanto piu' si alza il livello dell'accadimento storico tanto piu' stride la forma della risposta intima. E l'insoddisfazione emerge forte sempre: o per non aver dato soggettivamente il necessario, o per la difficolta' delle condizioni oggettive, o per l'insipienza delle forze in campo. Circola per tutto il libro un'aura di dolorosa sproporzione tra cio' che si e' e cio' che si fa. Una Stimmung del Novecento. E siamo sempre li' a cercare di capire se si e' tentato troppo o se siamo stati noi ad essere troppo poco. Noi, voglio dire la parte entro il cui destino l'esistenza di Rossana Rossanda si e' a un certo punto iscritta, con una sorta di decisione penultima. Molti fingono di non capire che il vero legame di ferro non era quello di un partito con uno Stato, ma quello di un singolo, una donna, un uomo, con una storia piu' grande. Piu' del titolo dice la bella foto di copertina. Un'aria perplessa, uno sguardo diretto, due mani che reggono un volto. A suo modo, un'altra figurazione della "melanconia", questo prezioso moto dell'animo sensibile, che solo in questo senso e' la stessa cosa del carisma: chi non lo possiede non se lo puo' dare. Abbondanti esempi di queste figurazioni - in genere un volto che poggia su una sola mano - Rossanda ci ha raccontato di aver visto in una recente mostra a Parigi, che, come tutte le cose che lei frequenta, non l'aveva soddisfatta. * Questo libro e' il racconto di un grande amore andato a male. E' il destino dei grandi amori. Solo le piccole vicende durano in eterno e in eterno si ripetono. Quello tra Rossanda e il Pci attraversa tutte le fasi: lo stato nascente dell'innamoramento, le prime frequentazioni entusiaste, le prime incomprensioni che rinsaldano il rapporto, l'illusione dell'identificazione, la scoperta del diverso nell'altro, le reciproche diffidenze, l'approfondirsi delle differenze, fino alla consapevolezza delle incompatibilita' e alla soluzione della separazione. Il libro quasi ci vuole dire che questo esito era oscuramente contenuto negli inizi. Come poteva quella ragazza del secolo scorso diventare una donna nel Pci del Novecento? I frammenti di riservata saggezza cosparsi nella prima parte, sull'infanzia, sull'essere padre e madre e sorella, non fanno presagire il lieto fine. E non perche' si trattasse di quei comunisti li', ma perche' quel tipo di sensibilita', formata nel gusto di interessi estetici, vocata ai misteri della cultura, affascinata dai risvolti dell'interiorita', non si componeva, sulla lunga durata, a dispetto della scelta razionale, con i duri aridi ripetitivi compiti della politica quotidiana. L'epoca, poi, aveva lasciato dietro di se' l'eccezionalita' degli eventi per riprendere il passo normale dell'ordinaria amministrazione degli avvenimenti. Eppure, in questo corpo a corpo con i fatti, mediato da una appartenenza di organizzazione, stupisce di trovare alcuni buchi di memoria o alcuni vuoti di presenza. Il '56 non risulta essere "l'anno indimenticabile", quello strappo dentro, quello shock di risveglio dal sonno dogmatico, che fu per molti di noi e per la gran parte della cultura dell'impegno. Nei primi anni sessanta, vivendo a Milano, non incontra l'operaismo, di cui per tutto il libro non c'e' traccia, ne' di ricordi ne' di giudizi. Non perche' quello fosse un evento, ma un passaggio di rottura, politico e sindacale, si': le organizzazioni lo guardavano in un modo, lo si poteva guardare in altro modo. Non compare la scoperta lancinante, creativa, negli stessi anni, della cultura della crisi, del milieu mitteleuropeo, delle avanguardie artistiche primo-novecentesche, della sociologia critica, della fenomenologia. Ma questo stupisce di meno. Dei maestri del sospetto, Rossanda conosce Marx e Freud. Le manca Nietzsche. Vuole che le manchi. Sul rapporto tra "la donna del secolo scorso" e il femminismo, soprattutto quello della differenza, ci sarebbe da aprire un discorso a parte. Rapporto di amore e odio, di appartenenza conflittuale, di attenzione molto, troppo, disincantata. E' un terreno minato. Non mi ci avventuro. Non voglio saltare in aria. * Ho fatto fin qui queste considerazioni per sgombrare il campo da aspetti secondari e puntare quindi al cuore di tenebra del libro. La bellezza di questo racconto sta altrove. Ho letto sul "Corriere della sera", a firma di una persona che finora reputavo intelligente, un intervento becero, che prendeva a pretesto il libro per insultare la persona. L'anticomunismo in assenza di comunismo, cioe' il senso comune intellettuale oggi corrente, non sopporta che si parli del Pci senza accendere il rogo sotto i piedi delle donne e degli uomini che l'hanno frequentato. E non importa se la frequentazione sia stata ortodossa o eretica. Il peccato, la colpa, il delitto, rimangono. Se questo libro fosse stato scritto con il Pci ancora vivo, si puo' giurare che sarebbe stato molto piu' duro e lontano. Oggi Rossana, interpellata, ha risposto: con questo libro ho voluto difendere la memoria dei comunisti. Ecco perche', se le parti letterariamente piu' belle sono i ritratti delle persone, in cui Rossana e' maestra, le pagine politicamente piu' significative sono i resoconti di vita del collettivo. "Era il partito pesante... una rete faticosa ma vivente che strutturo' il popolo di sinistra". Il soggetto di "un'immensa acculturazione", di massa. Alla sezione di Lambrate, ascoltando il relatore che passava di gradino in gradino, dal centro del mondo alla periferia di Milano, dall'informazione alla direttiva: "osservando quei visi in ascolto, pensavo che a ciascuno la sua propria vicenda cessava di apparire casuale e disperante, prendeva un suo senso in un quadro mondiale di avanzate o ripiegamenti... Questo, assai irriso a fine secolo, e' stato il partito che fu anche il mio". C'e' la cognizione del dolore nella vita pubblica? Si', c'e'. Lo dice quella frase, a Comitato centrale della radiazione ormai concluso: "non eravamo piu' dei loro, dei nostri". "Non si e' comunisti di passaggio", scrive Rossana. E ricorda di Aldo Natoli, sempre in quel Comitato centrale: "Non c'e' bisogno di una tessera per essere comunisti". C'e' un filo che lega il libro, e il libro a una vita, e una vita alla storia. E' vero che il racconto del privato si limita all'infanzia e all'adolescenza e, quando viene il passaggio sulla scena pubblica, il resto scompare. Ma proprio questo e' il punto di problema. La ridicola formula "il personale e' politico", che giustamente non compare in nessuna pagina, viene qui ritradotta, riarticolata, immersa in una vicenda altra, dura, grande e terribile. Appunto, il secolo scorso. Mi pare di capire fin nel profondo le parole e le pause e i silenzi delle arrabbiature di Rossana, di fronte alle obiezioni, soprattutto femminili, di chi dice: ma chi ve lo ha fatto fare? "Come far capire che per noi il partito fu una marcia in piu'? Ci dette la chiave di rapporti illimitati, quelli cui da soli non si arriva mai, di mondi diversi, di legami fra gente che cercava di essere uguale, mai seriale, mai dipendente, mai mercificata, mai utilitaria. Sara' stata un'illusione, un abbaglio, come ebbe a dire qualche tempo fa una mia amica. Ma una corposa illusione e un solido abbaglio, assai poco distinguibile da un'umana realta'" (pagina 213). * E raccomando di leggere le pagine 221-223. La contraddizione dell'essere donna e del fare politica. "Diffido dei saperi femminili". Eppure quando "non sono in gioco io sola - sento uno scarto, un esitare, un ritirarmi. Non credo che succeda a un maschio...". E poi. Alcune notevoli donne, che s'erano date da fare per le altre, un bel momento decisero per il futuro di non fare piu' che per se stesse. "Una di esse se la prendeva con Simone Weil: ma chi glielo aveva fatto fare di immischiarsi, chi l'aveva chiamata? Fremetti di collera. E di dubbio. Chi aveva chiamato me, che non ero neanche Simone Weil? Nessuno... Ero infuriata...". Altre la rimproverano di aver sacrificato se stessa. "Sacrificata? Ma via. Di una stanza tutta per me non ho sentito la mancanza avendo per me il mondo e potendo perfino recederne. Mai ci si realizza come assieme agli altri... Mai si e' meno sacrificati che in un collettivo che hai scelto e cui ti credi necessaria". Vedere a pagina 296: "Io ero diventata comunista nell'ottobre del 1943 quando mi scoprivo un fuscello nel precipitare del mondo". Una scelta di ragione. Non una teoria, per via dei libri che Banfi le mette in mano, ma una parte di se' che si mette per suo conto in moto. "Come sopportare che i piu' fra coloro che nascono non abbiano neanche la possibilita' di pensare a chi sono, che faranno di se', l'avventura umana bruciata in partenza? O c'e' un Dio tremendo che ti mette alla prova e compensa nell'aldila', o non si puo' accettare... per questo non avevo lasciato il Pci ne' nel 1948 ne' nel 1956. I comunisti erano i soli a negare l'inevitabilita' del non umano". "Non si puo' accettare": questa rimane la ragione di fondo della scelta politica comunista. Nel Novecento nessun altro ha detto questo cosi' nettamente. E non sara' il coro dei pentiti, dei transumananti, degli atei devoti, dei borghesi laici, dei padroni illuminati, a cancellare questa storia. Se il partito democratico sara' la nuova frontiera dell'"anticomunismo democratico", se lo facciano. Mobiliteranno un manipolo di intellettuali prodiani, ma non ri-motiveranno le ragioni di una sinistra di popolo. Qui sta la differenza tra una forza storica e una trovata politica. La prima sa liberarsi del passato per superare se stessa, sa spezzare la continuita' per rivalutare una tradizione. La seconda sa solo fanciullescamente ricominciare da capo, per ritrovarsi ad essere niente. * Scrive Rossana: "Del resto il mio scacco come persona politica e' totale soltanto da una ventina d'anni". Calcoliamo: da meta' degli anni ottanta. Dunque lo scacco non fu la frattura di questa persona con il corpo del Pci. Perche', fuori, il gruppo del "Manifesto", come leggiamo a chiusura del libro, non cadde nel nulla, cadde anzi in mezzo a un paese in movimento, tra rivolta giovanile e spallata operaia. La speranza era "di essere ponte tra quelle idee giovani e la saggezza della vecchia sinistra". Lasciamo stare che non funziono'. Abbiamo imparato che non tutto quello che storicamente non ha funzionato era politicamente sbagliato. La verita' e' che la speranza di mettere insieme vecchia e nuova sinistra c'e' stata finche' c'e' stato il Pci. E' dopo che diventa disperazione. Oggi verifichiamo, fatti alla mano, che chiudere con il Pci ha voluto dire coerentemente chiudere con la sinistra. Magari non c'era questo disegno nelle intenzioni, ma i processi sono piu' forti dei disegni. E la politica che non controlla i processi, e non sa guidarli, non e' politica, e' amministrazione. E perche' meta' anni Ottanta? Perche' quel giorno che, massa di popolo, demmo l'addio a Berlinguer, celebrammo il funerale del Pci. Il dopo era gia' iscritto in una storia che non stava piu' nelle nostre mani. Lo scacco e' in tutto quello che si e' tentato dopo: scaramucce di retroguardia, un insensato agitarsi a inseguire una cosiddetta modernizzazione o una improbabile rifondazione, piu' qualche grillo parlante - stiamo parlando di noi - a dire senza che nessuno ascoltasse. * Cara Rossana, non so se avrai voglia di continuare il racconto. Ho l'impressione che, in questo caso, dovresti tornare a partire da te. Da quegli anni, il mondo ci e' riprecipitato dentro. Le cose migliori, in fondo, sono quelle che ci sono capitate in interiore. Ma, a quanto pare, solo a noi, che sul mondo non abbiamo allentato la presa dell'artiglio antagonista. E, ci fosse uno, un solo spiraglio, per ricominciare sul serio nella pratica a combatterlo questo mondo, un attimo di esitazione non ci passerebbe nemmeno per la testa. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1190 del 29 gennaio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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