La nonviolenza e' in cammino. 1186



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1186 del 25 gennaio 2006

Sommario di questo numero:
1. La legge istitutiva del Giorno della Memoria
2. Giorgio Gomel: Perche' non accada piu'
3. Simonetta Cretoni: Una bibliografia, filmografia e discografia
introduttiva sulla Shoah
4. Adriana Lotto: La deportazione femminile nella storiografia tedesca
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. MATERIALI. LA LEGGE ISTITUTIVA DEL GIORNO DELLA MEMORIA

Legge 20 luglio 2000, n. 211: Istituzione del Giorno della Memoria in
ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei
deportati militari e politici italiani nei campi nazisti (pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 177, 31 luglio 2000).
*
Art. 1.
La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data
dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine
di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la
persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la
deportazione, la prigionia, la morte, nonche' coloro che, anche in campi e
schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio
della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
*
Art. 2.
In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono
organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione
dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine
e grado, su quanto e' accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e
politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro
dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel
nostro Paese e in Europa, e affinche' simili eventi non possano mai piu'
accadere.

2. RIFLESSIONE. GIORGIO GOMEL: PERCHE' NON ACCADA PIU'
[Dalla bella rivista di vita e cultura ebraica "Keshet", n. 2-3,
maggio-giugno 2002 (disponibile anche nel sito: www.keshet.it), riprendiamo
il seguente testo. Giorgio Gomel, economista e saggista, e' cofondatore del
gruppo "Martin Buber - ebrei per la pace"]

E' importante dal punto di vista esistenziale, umano, che nel celebrare la
Giornata della Memoria e nel discutere del suo significato partecipino
all'incontro organizzato dal Centro di cultura ebraica di Roma generazioni
di persone coeve alla Shoah, altri, come me, nati immediatamente dopo, e
altri assai piu' giovani.
Diro' prima qualcosa sul concetto di "memoria" cosi' come io lo interpreto e
sulla differenza fra "memoria" e "storia". La distinzione, a mio avviso, e'
semplice: la "memoria" e' memoria di un unico evento ed e' qualcosa di
soggettivo, mentre la "storia" ambisce a ricostruire il contesto, a guardare
ai fenomeni in maniera piu' oggettiva, al di la' dell'esperienza del
singolo. A oltre cinquant'anni dalla Shoah, dalla liberazione, con il
trascorrere del tempo e con la scomparsa dei testimoni diretti, dei
deportati, dei sopravvissuti, il problema di come conservare e trasmettere
la memoria resta una questione di importanza capitale. Da un lato perche'
questa memoria con il tempo si disincarna nel racconto impersonale della
storia, diventa appunto "storia". E dall'altro perche' le singole vicende
degli individui pur nella loro unicita' possono in qualche modo essere
rivissute nel racconto, nella narrazione.
Il racconto, l'esperienza individuale possono essere uno degli strumenti
piu' efficaci di conservazione e trasmissione della memoria. Pensiamo alla
letteratura, alla narrativa in questi anni: e' molto positivo che ci sia un
proliferare, da Primo Levi in avanti, anche in Italia, di libri e
testimonianze di autori italiani o piu' spesso tradotti da altre lingue, da
Aldo Zargani (1) a Saul Friedlaender (2), da Janina Bauman (3) a Simha
Guterman (4). La vitalita' di questa produzione letteraria va in senso
contrario alle tesi che ritengono che la Shoah in quanto male assoluto sia
qualcosa di indicibile, di irrappresentabile.
*
Vi e' poi l'esigenza di comprendere storicamente la Shoah. Il tema e' molto
complesso, appartiene agli storici. La lettura ottimista, in cui
fondamentalmente mi ritrovo, e' quella di Elie Wiesel, quando in uno dei
suoi scritti dice che la Shoah e' una sfida alla comprensione umana, ma che,
assimilando la lezione di quell'orrore, l'umanita' puo' sperare di non
ricadervi. Quindi c'e' in un certo senso una pedagogia, un impegno
educativo, che ne scaturisce. Qualche anno fa e' uscita in Italia una
collana dal titolo "Insegnare Auschwitz", ispirata dall'idea delle lezioni
da trarre, ricordando, interpretando, approfondendo quell'orrore, al fine di
trovare i modi per cui l'umanita' non vi ricada.
Ritengo che i due canali fondamentali per trasmettere la memoria, in una
societa' che con difficolta' ricorda, che tende a rimuovere e banalizzare il
male, siano da un lato la narrazione, il racconto individuale, dall'altro il
confronto con il presente. Quest'ultimo e' molto importante per le
generazioni piu' giovani, per offrire loro il senso concreto di un legame
tra la vicenda dello sterminio nazista e situazioni di violenza, di offesa
ai diritti umani, di eccidi di massa che accadono oggi, pur con tutte le
differenze con la Shoah.
Che cosa ci insegna la Shoah e a quali fini e' importante oggi conservare e
trasmettere la memoria, in particolare per noi ebrei? La prima lezione e'
che la Shoah e' stata davvero una catastrofe per il popolo ebraico. La
distruzione sistematica degli ebrei d'Europa, organizzata con gli strumenti
della macchina industriale-tecnologica, ha annientato circa un terzo degli
ebrei del mondo, circa la meta' degli ebrei europei, ma soprattutto, al di
la' dei sei milioni di ebrei assassinati, ha distrutto una civilta', quella
dell'ebraismo centro ed est-europeo. Ha distrutto la "nazione" ebraica in
Polonia, Lituania, Slovacchia, Romania, Ungheria, Ucraina - una quasi
nazione per comunanza di territorio, di lingua, di storia, pur frammentata
in molteplici comunita', divisa in piu' Stati e in condizioni di minoranza
oppressa e perseguitata. L'ebraismo oggi nel mondo e' altra cosa da quello
degli anni Venti o Trenta del secolo scorso: esso e' essenzialmente Israele
da una parte e l'ebraismo americano e occidentale dall'altra. Israele e' uno
Stato indipendente dove gli ebrei in quanto maggioranza esercitano il potere
di governo e ricercano la normalita' della pace e della sicurezza, "come le
altre nazioni". Il resto e' l'ebraismo occidentale, in America in primis, e
in Europa occidentale - societa' pluraliste, multiculturali in cui la
dimensione religiosa si va attenuando, l'appartenenza religiosa non e' piu'
l'elemento determinante del vivere individuale e collettivo, l'identita'
ebraica si affievolisce.
La seconda lezione e' il fatto che lo sterminio nazista e' avvenuto
nell'Europa cristiana, istigato e organizzato da un regime che godeva del
consenso di larga parte della nazione piu' civile e piu' istruita
dell'Europa. Cio' ci riporta a Hannah Arendt, alla sua visione del
totalitarismo e delle sue degenerazioni - un sistema politico in cui
l'individuo-massa e' gregario, obbediente all'autorita'. Di qui la
"banalita' del male" della Arendt, in cui l'individuo e' granello inerte e
servile della macchina burocratico-totalitaria dello sterminio. La sconfitta
del nazismo e dell'orrore dei campi di sterminio non hanno impedito il
ripetersi negli ultimi cinquant'anni di genocidi e stragi di massa, pure in
circostanze nettamente differenti dalla Shoah, anche nel cuore dell'Europa,
sotto la spinta di ideologie aberranti. L'impegno a cui siamo chiamati e'
quindi quello di rimuovere le condizioni che hanno reso nuovamente possibili
tali orrori. Gli strumenti stanno nella difesa della democrazia, nella
tutela dei diritti umani, nel ripudio dello sciovinismo e del razzismo.
La terza lezione riguarda il modo in cui noi ebrei dobbiamo agire a fronte
dell'antisemitismo. Sartre asseriva che l'antisemitismo non e' un problema
degli ebrei bensi' degli antisemiti. Ma occorre ricordare che sono gli ebrei
che soffrono da anni, da generazioni, le conseguenze dell'antisemitismo.
L'antisemitismo e', tuttavia, anche l'indice di un malessere della societa',
dei pericoli per la democrazia, dell'affermarsi di fenomeni di intolleranza.
E' importante ricordare che lottare contro l'antisemitismo non e' un favore
che la societa' fa agli ebrei, ma un dovere verso se stessa, se vuole
restare un luogo di convivenza democratica. L'ostilita' verso lo straniero e
il diverso, la passivita' verso rigurgiti di razzismo sono sintomi del
degrado del vivere civile cui bisogna opporsi perche' il silenzio,
l'indifferenza, rischiano di dare agli imitatori odierni del nazismo vigore,
insolenza, senso di impunita'.
*
In questo qual e' il compito specifico di noi ebrei? Il primo e' quello di
diffondere la cultura ebraica come antidoto all'intolleranza e al
pregiudizio che di ignoranza si nutre. Non bastera' certamente questo, ma e'
una condizione necessaria. Ed esaltare anche il senso positivo della "doppia
appartenenza". L'essere ebrei e italiani, con il trattino (ebrei-italiani o
ebrei-americani o ebrei-francesi), l'affermare un'identita' plurale, vanno
vissuti come un qualcosa di positivo, di benefico, di arricchente per la
societa'.
Il secondo dovere di noi ebrei e' quello di testimoniare la memoria, cosi'
come intende fare la Giornata della Memoria di recente istituita, in
ambiente anche non ebraico, pubblico.
Il terzo dovere e' di non autoghettizzarci, di non cedere qualche volta al
vittimismo dell'isolamento, del sentirsi dispersi, disancorati dal resto
della societa', quasi fossimo gli unici a lottare contro il male
dell'antisemitismo; e' quindi importante saperci collegare con altre forze
nella tutela della diversita', dei diritti delle minoranze.
L'ultimo punto che voglio trattare sugli insegnamenti della Shoah, e' che vi
e' un interesse particolare di noi ebrei a lottare contro la discriminazione
in generale. Vi e' un interesse oggettivo che si connette con la nostra
condizione esistenziale, con la nostra storia di popolo, giacche' molte
volte nella storia forme di razzismo o di sciovinismo si sono poi riflesse
nell'odio antiebraico. Vi e' quindi un interesse oggettivo degli ebrei a
lottare contro forme di discriminazione quand'anche esse non colpiscano
direttamente o immediatamente gli ebrei, a vivere in societa' che siano
multiculturali, in cui le differenti identita' siano rispettate, legittimate
a convivere, viste come un beneficio per tutti. Ma c'e' poi un qualcosa di
soggettivo, un dovere di noi ebrei in quanto portatori della memoria di
essere particolarmente sensibili a fenomeni di intolleranza e
discriminazione al di fuori di noi, di essere solidali con i deboli per la
nostra stessa esperienza storica di profughi.
Le navi cariche di curdi e albanesi che arrivano sulle nostre sponde non
evocano forse assonanze emotive con la nostra storia? Come non ricordare le
navi dei sopravvissuti alla Shoah che nel '46-'47 cercavano di varcare il
Mediterraneo per andare in Palestina e venivano poi respinti o internati
dagli inglesi? Oppure, prima della seconda guerra mondiale, gli ebrei che
cercavano di fuggire nel resto dell'Europa, in Svizzera, Spagna, Francia o
negli Stati Uniti ? C'e' un libro dal titolo La barca e' piena che racconta
la storia della fuga disperata degli ebrei verso la Svizzera: "la barca e'
piena" - dicono le autorita' elvetiche- il Paese e' troppo pieno, non si
possono accogliere altri profughi.
*
Osserva A. B. Yehoshua: "Noi, in quanto vittime del microbo nazista,
dobbiamo essere portatori degli anticorpi di questa malattia tremenda da cui
ogni popolo puo' essere affetto e in quanto portatori di anticorpi dobbiamo
innanzitutto curare il rapporto con noi stessi. Poiche' dietro di noi c'e'
una sofferenza cosi' terribile, potremmo essere indifferenti a ogni
sofferenza meno violenta della nostra. Chi ha molto sofferto puo' non
rendersi conto del dolore degli altri, e questo e' un comportamento del
tutto naturale. Come alfieri dell'antinazismo dobbiamo acuire la nostra
sensibilita' e non diminuirla. Perche' dobbiamo ricordarci che il fatto di
essere stati vittime non e' sufficiente per conferirci uno status morale. La
vittima non diventa morale in quanto vittima. L'Olocausto al di la' delle
azioni turpi nei nostri confronti non ci ha dato un diploma di eterna
rettitudine. Ha reso immorali gli assassini, ma non ha reso morali le
vittime. Per essere morale, bisogna compiere degli atti morali e per questo
affrontiamo degli esami quotidiani" (5).
Nel guardarci dentro nel rapporto con gli altri, dovremmo comprendere che
non seguiamo gli insegnamenti profondi di Yehoshua. Nel rapporto con i
palestinesi, la cecita' di molti ebrei israeliani, ma anche di noi stessi
ebrei diasporici, rispetto alle scelte politiche sbagliate di Israele, alle
violazioni dei diritti umani, riflette l'istinto a negare la verita' quando
essa e' dolorosa. Tutto cio' trova un substrato psicologico nel fatto di
essere stati come ebrei perseguitati e di sopportare sulle nostre spalle il
carico della persecuzione. Questo ci da' inconsapevolmente un senso di
"immunita'", di superiorita' morale che si traduce in mancanza autistica di
comprensione e di compassione per le sofferenze degli altri. La moralita' va
conquistata invece sul campo ogni giorno con azioni concrete; essa non e' un
attributo naturale che viene dall'essere vittime o eredi di vittime.
*
Questo mi conduce a un ultimo punto che lascio alle riflessioni dei lettori.
Mi e' stato suggerito dalla lettura di un libro straordinario di Tom Segev,
giornalista israeliano di "HaAretz" (6). Il libro prende le mosse dagli anni
Venti, discutendo come il movimento sionista si atteggiasse nei confronti
dell'antisemitismo nazista, come esso abbia vissuto l'inizio delle
deportazioni, la Shoah; poi il rapporto con i profughi che immigravano in
Palestina dopo la guerra, la commemorazione della Shoah in Israele, la
nascita di Yad Vashem, e cosi' via. Secondo Segev, la memoria e' diventata
una specie di religione civile in Israele, con un suo rituale codificato;
essa e' un elemento di coesione e di definizione dell'identita' collettiva
del paese.
Israele e' lo Stato degli ebrei profughi e perseguitati, il luogo di rifugio
e di riscatto dopo gli orrori della Shoah. Storicamente, questo e'
probabilmente vero, fino al punto che forse Israele non sarebbe nato senza
la Shoah, ma la memoria della Shoah come elemento di coesione e di identita'
e' un fenomeno abbastanza recente, sviluppatosi essenzialmente negli anni
Sessanta-Settanta, in particolare dopo la guerra dei sei giorni e
accentuatosi negli anni Ottanta, con l'affermarsi di posizioni nazionaliste
e antiarabe.
Della memoria si e' fatto da parte di alcuni anche un uso politico
strumentale. Nel conflitto con gli arabi e con i palestinesi e' diventato
conveniente equiparare gli avversari di oggi ai nazisti di ieri, considerare
Arafat novello Hitler. "L'eredita' dell'Olocausto, cosi' come e' insegnata
nelle scuole e alimentata nelle cerimonie ufficiali di commemorazione,
spesso incoraggia lo sciovinismo degli israeliani e l'opinione che lo
sterminio nazista degli ebrei giustifichi ogni atto che contribuisca alla
sicurezza di Israele, inclusa l'oppressione della popolazione nei territori
occupati da Israele nella guerra dei sei giorni" (7).
Ironicamente, negli anni precedenti la Shoah era al contrario qualcosa da
espungere dalla memoria collettiva di Israele perche' l'israeliano si
autorappresentava come l'uomo nuovo, il sionista, il halutz, del tutto
diverso nel suo ethos dall'ebreo della diaspora, visto come anormale, vinto
dalla storia e destinato a sparire. La stessa memoria era qualcosa da
eliminare.
Anche per gli ebrei diasporici la Shoah ha costituito un elemento di
coesione e di identita' comunitaria assai forte. Per molti ebrei non
osservanti, la dualita' fra memoria della Shoah e Stato di Israele e' stata
l'elemento fondante della propria identita' ebraica. Con l'attenuarsi fatale
del ricordo, con la distanza storica rispetto al genocidio nazista e alla
nascita di Israele come luogo di riscatto e di salvezza per il popolo
ebraico perseguitato questo elemento e' destinato ad affievolirsi.
Rammento qui le parole del direttore dell'Istituto di storia della scienza e
delle idee dell'Universita' di Tel Aviv, Yehuda Elkana, egli stesso un
sopravvissuto alla Shoah. La sua e' una risposta radicale, che pone dubbi,
interrogativi. Il titolo dell'articolo che suscito' all'epoca grande
fermento in Israele e' "Dimenticare" (8). "Per noi stessi non vedo un
compito educativo piu' grande che impegnarci nel costruire il nostro futuro
in questa terra senza sbandierare ogni giorno i simboli orrendi, le
cerimonie strazianti e le lezioni deprimenti della Shoah. L'elemento
politico e sociale piu' profondo che motiva la maggior parte della societa'
israeliana nel suo rapporto con i palestinesi e' un'angoscia esistenziale,
alimentata da un'interpretazione particolare della lezione della Shoah e
dalla predisposizione a ritenere che tutto il mondo sia contro di noi, che
noi siamo le vittime eterne. In questa antica credenza, condivisa da molti
di noi in Israele oggi, io vedo la vittoria tragica e paradossale di HitIer.
Due nazioni, parlando metaforicamente, sono emerse dalle ceneri di
Auschwitz: una minoranza che dice che cio' non deve accadere mai piu', e una
maggioranza spaventata ed ossessionata che dice: 'questo non deve accadere
mai piu' a noi'. Se queste sono le due uniche possibili lezioni, io sono
molto piu' vicino alla prima. Vedo la seconda come catastrofica. La storia,
la memoria collettiva sono certamente una parte inseparabile di ogni
cultura, ma il passato non deve diventare l'elemento determinante del futuro
di una societa' e del destino di un popolo".
Ritengo anch'io con Elkana che la prima lezione sia quella fondamentale da
trarre dall'esperienza della Shoah e che essa contenga in se' la finalita'
essenziale del ricordare, un ricordare - come ho cercato di argomentare
nelle pagine precedenti - consapevole, non angoscioso ne' ossessivo.
*
Note
1. Aldo Zargani, Per violino solo, Il Mulino, Bologna 1995.
2. Saul Friedlaender, A poco a poco il ricordo, Einaudi, Torino 1990.
3. Janina Bauman, Inverno nel mattino. Una ragazza nel ghetto di Varsavia,
Il Mulino, Bologna, 1994.
4. Simha Guterman, Il libro ritrovato, Einaudi, Torino 1994.
5. Abraham B. Yehoshua, Elogio della normalita', La Giuntina, Firenze 1991.
6. Tom Segev, Il settimo milione, Mondadori, Milano 2001.
7. Tom Segev, op.cit.
8. "HaAretz", 16 marzo 1988.

3. MATERIALI. SIMONETTA CRETONI: UNA BIBLIOGRAFIA, FILMOGRAFIA E DISCOGRAFIA
INTRODUTTIVA SULLA SHOAH
[Dal sito www.fuoridalcomune.com riprendiamo il seguente repertorio di
materiali. Simonetta Cretoni e' bibliotecaria presso la Biblioteca "Pier
Paolo Pasolini" di Roma]

1. Storia
- Arendt, Hannah, La banalita' del male, Milano, Feltrinelli, 1998
- Arendt, Hannah, Le origini del totalitarismo, Milano, Comunita', 1978
- Bauman, Zygmunt, Modernita' e Olocausto, Bologna, Il mulino, 1992
- Beccaria Rolfi, Lidia - Bruzzone, Anna Maria, Le donne di Ravensbruck,
Torino, Einaudi, 2003
- Beccaria Rolfi, Lidia - Maida, Bruno, Il futuro spezzato: i nazisti contro
i bambini, Firenze, Giuntina, 2000
- Bensoussan, Georges, L'eredita' di Auschwitz. Come ricordare?, Torino,
Einaudi, 2002
- Beradt, Charlotte, Il Terzo Reich dei sogni, Torino, Einaudi, 1991
- Bernadac, Christian, Il treno della morte, Ginevra, Ferni, 1977
- Bernadac, Christian, Manichini nudi. Il lager delle donne. Ravensbruck,
Ginevra, Ferni, 1977
- Browning, Christopher, Uomini comuni, Torino, Einaudi, 1999
- Burleigh, Michael - Wippermann, Wolfgang, Lo stato razziale, Milano,
Rizzoli, 1992
- Caffaz, Ugo, L' antisemitismo italiano sotto il fascismo, Scandicci, La
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- Cavaglion, Alberto, Per via invisibile, Bologna, Il mulino, 1998
- Coen, Fausto, 16 ottobre 1943: la grande razzia degli ebrei di Roma,
Firenze, Giuntina, 1993
- Collotti, Enzo, Il fascismo e gli ebrei, Roma-Bari, Laterza, 2003
- Collotti, Enzo, La soluzione finale, Roma, Newton Compton 2002
- De Felice, Renzo, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino,
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- Deaglio, Enrico, La banalita' del bene, Milano, Feltrinelli, 1993
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Giuntina, 2000
- Edelman, Marek - Krall, Hanna, Il ghetto di Varsavia, Roma, Citta' nuova,
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- Elias, Ruth, La speranza mi ha tenuto in vita. Da Theresienstadt e
Auschwitz a Israele, Firenze, Giunti, 1993
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- Fenelon, Fania, Ad Auschwitz c'era un'orchestra, Firenze, Vallecchi, 1978
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- Fischer, K. P., Storia dell'Olocausto, Roma, Newton & Compton, 2000
- Giuntella, Vittorio Emanuele, Il nazismo e i lager, Roma, Studium, 1979
- Gross, Jan T., I carnefici della porta accanto. 1941: il massacro della
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- Hilberg, Raul, Carnefici, vittime, spettatori. La persecuzione degli ebrei
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- Hilberg, Raul, La distruzione degli ebrei d' Europa, Torino, Einaudi, 1995
- Hillel, Marc - Henry, Clarissa, In nome della razza, Milano, Sperling &
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*
2. L'antisemitismo e la Shoah nella letteratura europea. Diari, memorie,
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- Appelfeld, Aharon, Il mio nome e' Katerina, Milano, Feltrinelli, 1994
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- Bassani, Giorgio, Il romanzo di Ferrara, Milano, Mondadori, 1980
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- Becker, Jurek, Jakob il bugiardo, Milano, Feltrinelli, 1996
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- Bruck, Edith, Chi ti ama cosi', Venezia, Marsilio, 1994
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- Bruck, Edith, L'amore offeso, Venezia, Marsilio, 2002
- Bruck, Edith, Lettera alla madre, Milano, Garzanti, 1988
- Bruck, Edith, Lettera da Francoforte, Milano, Mondadori, 2004
- Bruck,, Edith, Signora Auschwitz: il dono della parola, Venezia, Marsilio,
1999
- Bruck, Edith, Transit, Venezia, Marsilio, 1995
- Caleffi, Piero, Si fa presto a dire fame, Cremona, Cremona nuova, 1954
- Carpi, Aldo, Diario di Gusen, Torino, Einaudi, 1993
- Celan, Paul, Di soglia in soglia, Torino, Einaudi, 2001
- Croci, Pascal, Auschwitz, Genova, Il nuovo melangolo, 2004
- Debenedetti, Giacomo, 16 ottobre 1943. Otto ebrei, Roma, Editori Riuniti,
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- Duffy, Peter, Tu qui vivrai, Milano, Ponte alle grazie, 2003
- Dworkin, Susan -Hahn Beer, Edith, La moglie dell'ufficiale nazista,
Milano, Garzanti, 2003
- Edvardson, Cordelia, La principessa delle ombre, Firenze, Giunti, 1992
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- Levi, Primo, Se non ora, quando?, Torino, Einaudi, 1982
- Levi, Primo, Se questo e' un uomo. La tregua, Torino, Einaudi, 1989
- Lewin, Abraham, Una coppa di lacrime, Milano, Il saggiatore, 1993
- Lewis, Helen, Il tempo di parlare. Sopravvivere nel lager a tempo di
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- Limentani, Giacoma, La spirale della tigre, Varese, Giano, 2003
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- Melodia, Giovanni, Non dimenticare Dachau, Milano, Mursia, 1993
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- Schwarz-Bart, Andre', L'ultimo dei giusti, Milano, Feltrinelli, 1961
- Semprun, Jorge, Il grande viaggio, Torino, Einaudi, 1990
- Semprun, Jorge, La scrittura o la vita, Parma, Guanda, 1996
- Sereny, Gitta, In quelle tenebre, Milano, Adelphi, 1994
- Springer, Elisa, Il silenzio dei vivi, Venezia, Marsilio, 1997
- Styron, William, La scelta di Sophie, Milano, Mondadori, 1992
- Szpilman, Wladislaw, Il pianista. Varsavia 1939-1945: la straordinaria
storia di un sopravvissuto, Milano, Baldini & Castoldi, 2002
- Tedeschi, Giuliana, C'e' un punto sulla terra... Una donna nel lager di
Birkenau, Firenze, Giuntina, 1988
- Tedeschi, Giuliana, Questo povero corpo, Milano, Edit, 1946
- Tisma, Aleksandar, Il libro di Blam, Milano, Feltrinelli, 2000
- Uhlman, Fred, Trilogia del ritorno, Parma, Guanda, 1997
- Uris, Leon, Exodus, Milano, Bompiani, 1987
- Uris, Leon, Mila 18, Milano, Mondadori, 1965
- Vaisman, Sima, L'inferno sulla terra, Firenze, Giuntina, 2004
- Vasari, Bruno, Mauthausen bivacco della morte, Firenze, Giuntina, 1993
- Velmans, Edith, Il libro di Edith, Milano, Frassinelli, 1998
- Vercors, Il silenzio del mare, Torino, Einaudi, 1976
- Wiesel, Elie, Dopo la notte, Milano, Garzanti, 2004
- Wiesel, Elie, Il giorno, Parma, Guanda, 1999
- Wiesel, Elie, La notte, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1988
- Wind, Ruth, Non ti aspetto piu', mamma, Milano, Alexa, 2000
- Zargani, Aldo, Per violino solo. La mia infanzia nell'Aldiqua, 1938-1945,
Bologna, Il mulino, 1995
- Zsolt, Bela, Le nove valigie, Parma, Guanda, 2004
- Zweig, Zacharias, Il bambino di Buchenwald, Roma, Erre Emme, 1989
- Voci dalla Shoah, Firenze, La nuova Italia, 1996
*
3. Libri per ragazzi sull'antisemitismo e la Shoah
- Auerbacher, Inge, Io sono una stella. Una bambina dall'Olocausto, Milano,
Bompiani, 1995
- Balbi, Rosellina, Ebrei, razzismo e antisemitismo, Roma-Napoli, Theoria,
1993
- Collotti, Enzo, Hitler e il nazismo, Firenze, Giunti, 1996
- Finzi, Roberto, L' antisemitismo. Dal pregiudizio contro gli ebrei ai
campi di sterminio, Firenze, Giunti, 1997
- Frank, Anne, Diario. L' alloggio segreto, 12 giugno 1942 - I agosto 1944,
Torino, Einaudi, 2003
- Gold, Alison Leslie, Mi ricordo Anna Frank, Milano, Bompiani, 1999
- Gutman, Claude, L' albergo del ritorno, Trieste, E. Elle, 1992
- Gutman, Claude, La casa vuota, Torino, Einaudi ragazzi, 1992
- Innocenti, Roberto, Rosa bianca, Pordenone, C' era una volta, 1990
- Joffo, Joseph, Un sacchetto di biglie, Milano, Rizzoli, 1989
- Levi, Lia, Che cos'e' l'antisemitismo? Per favore rispondete, Milano,
Mondadori, 2001
- Levi, Lia, Da quando sono tornata, Milano, Mondadori, 1998
- Levi, Lia, Il segreto della casa sul cortile. Roma 1943-1944, Milano,
Mondadori, 2001
- Levi, Lia, La collana della regina, Milano, Mondadori, 2002
- Levi, Lia, Maddalena resta a casa. 1938, Milano, Mondadori, 2000
- Levi, Lia, Una bambina e basta, Roma, e/o, 1994
- Levi, Lia, Una valle piena di stelle, Milano, Mondadori, 1997
- Mincer, Olek, Varsavia, viale di Gerusalemme 45, Roma, Sinnos, 1999
- Novac, Ana, I giorni della mia giovinezza, Milano, Mondadori, 1994
- Oberski, Jona, Anni d' infanzia. Un bambino nei lager, Firenze, Giuntina,
1996
- Orlev, Uri, Corri ragazzo corri, Milano, Salani, 2003
- Orlev, Uri, L' isola in via degli uccelli, Firenze, Salani, 1993
- Ruchter, Hans Peter, Si chiamava Friedrich, Milano, Mondadori, 1994
- Rol, Ruud van der - Verhoeven, Rian, Anna Frank. Album di famiglia,
Vimercate, La spiga Meravigli - Fondazione Anna Frank, 1992
- Schneider, Helga, Stelle di cannella, Milano, Salani, 2002
- Segre, Bruno, Gli ebrei in Italia, Milano, Fenice, 2000
- Sessi, Frediano, Sotto il cielo d' Europa, Torino, Einaudi, 1998
- Sessi, Frediano, Ultima fermata: Auschwitz. Storia di un ragazzo ebreo
durante il fascismo, Torino, Einaudi, 1996
- Siegal, Aranka, Capro espiatorio, Trieste, E. Elle, 1993
- Treves Alcalay, Liliana, Con occhi di bambina (1941-1945), Firenze,
Giuntina, 1994
- Uhlman, Fred, L' amico ritrovato, Milano, Feltrinelli, 1986
- Wiesel, Elie, La notte, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1988
- Wieviorka, Annette, Auschwitz spiegato a mia figlia, Torino, Einaudi, 1999
- Zee, Ruth Vander, La storia di Erika, Pordenone, C' era una volta, 2003
*
4. Cinema e Shoah
- Armstrong, Gilliam, Charlotte Gray, Germania-Gran Bretagna-Australia, 2001
- Benigni, Roberto, La vita e' bella, Italia, 1997
- Chaplin, Charles S., Il grande dittatore, Usa, 1940
- Chomsky, Marvin J., Olocausto, Usa, 1978
- Costa-Gavras, Konstantinos, Amen, Francia, 2002
- De Sica, Vittorio, Il giardino dei Finzi Contini, Italia, 1970
- Enrico, Robert, In nome dei miei, Francia-Canada, 1983
- Faenza, Roberto, Jona che visse nella balena, Italia, 1993
- Frazzi, Andrea e Antonio, Il cielo cade, Italia, 2000
- Holland, Agnieszka, Europa Europa, Germania-Francia, 1991
- Imhoof, Markus, La barca e' piena, Svizzera,1981
- Jong, Ate de, Il prezzo della vittoria, Olanda, 1986
- Kadar, Jan - Klos, Elmar, Il negozio al corso, Cecoslovacchia, 1965
- Kassovitz, Peter, Jakob il bugiardo, Usa, 1999
- Kragh-Jacobsen, Soren, L' isola in via degli uccelli, Danimarca-Gran
Bretagna-Germania, 1997
- Kramer, Stanley, Vincitori e vinti, Usa, 1961
- Lelouch, Claude, Tornare per rivivere, Francia, 1985
- Lizzani, Carlo, L'oro di Roma, Italia, 1961
- Lumet, Sidney, L'uomo del banco dei pegni, Usa, 1965
- Malle, Louis, Arrivederci ragazzi, Francia, 1987
- Mann, Daniel, Ballata per un condannato, Usa, 1980
- Meszaros, Marta, La settima stanza, Italia, 1996
- Mihaileanu, Radu, Train de vie, Belgio-Francia-Olanda, 1998
- Moll, James, Gli ultimi giorni, Usa, 1998
- Pakula, Alan J., La scelta di Sophie, Usa, 1982
- Polanski, Roman, Il pianista, Polonia-Francia-Germania-Gran Bretagna, 2002
- Pontecorvo, Gillo, Kapo', Francia-Italia, 1960
- Ramati, Alexander, Assisi underground, Usa-Italia, 1984
- Rosi, Francesco, La tregua, Italia-Francia-Svizzera-Germania, 1997
- Schatzberg, Jerry, L'amico ritrovato, Gran Bretagna-Francia-Germania,1989
- Scola, Ettore, Concorrenza sleale, Italia, 2001
- Seltzer, David, Vite sospese, Usa, 1992
- Spielberg, Steven, Schindler's list, Usa, 1993
- Stevens, George, Il diario di Anna Frank, Usa, 1959
- Tognazzi, Ricky, Canone inverso, Italia, 2000
- Trotta, Margarethe von, Rosenstrasse, Germania, 2003
- Truffaut, Francois, L'ultimo metro', Francia, 1980
- Verhoeven, Michael, La ragazza terribile, Germania, 1989
- Wajda, Andrzej, Dottor Korczak, Polonia-Germania-Francia, 1990
- Weiss, Jiri, Marta ed io, Germania-Francia, 1990
- Young, Robert M., Oltre la vittoria, Usa, 1989
- Zinnemann, Fred, Giulia, Usa, 1977
*
5. Musica e Shoah
- Berman, Karel, Poupata
- Berman, Karel, Terezin Suite per pianoforte
- Cage, John, In the name of the Holocaust
- Chailly, Luciano, Serenata a Mauthausen
- Curran, Alvin, Crystal psalms
- Dauber, Robert, Serenata per violino e pianoforte
- Domazlicky, Frantisek, Concerto n. 2 per violino ed archi
- Gal, Hans, Concertino per pianoforte op. 43
- Gal, Hans, Concertino per violoncello op. 87
- Gal, Hans, Divertimenti op. 90 nn. 1-3
- Gal, Hans, Huyton suite op. 92 per flauto e due violini
- Gal, Hans, Partita
- Gal, Hans, Quartetto per archi op. 95
- Gal, Hans, Quartetto per archi op. 99
- Gal, Hans, Quintetto per archi op. 106
- Gal, Hans, Quintetto per clarinetto op. 107
- Gal, Hans, Serenade op. 93
- Gal, Hans, Sonata per due violini e pianoforte op. 96
- Gal, Hans, Sonata per viola e pianoforte op. 101
- Gellhorn, Peter, Due studi per violino
- Gellhorn, Peter, The cats per orchestra d' archi
- Haas, Pavel, Quattro lieder su testi di poemi cinesi
- Haas, Pavel, Quartetti per archi nn. 1-6 op. 98
- Haas, Pavel, Quintetti per fiati op. 88
- Haas, Pavel, Studio per orchestra d' archi
- Haas, Pavel, Suite per pianoforte e oboe
- Karel, Rudolf, Marcia dei prigionieri per pianoforte
- Karel, Rudolf, Nonet op. 43
- Karel, Rudolf, Pezzi per pianoforte
- Karel, Rudolf, Three hairs of the wise old man (opera)
- Klein, Gideon, Divertimento
- Klein, Gideon, Duo per violino e viola
- Klein, Gideon, Quartetto per archi op. 2
- Klein, Gideon, Sonata per pianoforte
- Klein, Gideon, Trio per violino, viola e violoncello
- Krasa, Hans, Brundibar (opera per bambini)
- Krasa, Hans, Lieder op. 4
- Krasa, Hans, Passacaglia e fuga per violino, viola e violoncello
- Krasa, Hans, Quartetto per archi op. 2
- Kropinski, Jozef, Canti da Auschwitz e da Buchenwald
- Kropinski, Jozef, Quartetto d' archi
- Kummermann, Jiri, Composizione per due violini, viola e violoncello
- Messiaen, Olivier, Quatuor pour la fin du temps per violino, clarinetto,
violoncello e pianoforte
- Nono, Luigi, Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz (nastro magnetico
per coro, soprano e materiale elettroacustico)
- Penderecki, Krzysztof, Dies irae a' la memoire des victimes d' Auschwitz
- Pinkhof, Josef, Canti religiosi in lingua ebraica
- Reich, Steve, Different trains
- Roman, Martin, Lieder
- Schoenberg, Arnold, Un sopravvissuto di Varsavia op. 46
-Schulhoff, Ervin, Doppio concerto per flauto e pianoforte
-Schulhoff, Ervin, Sinfonia n. 8 con coro maschile e pianoforte
-Schulhoff, Ervin, Sonata per violino e pianoforte
- Strauss, Adolf, Lieder
- Strjiecky, Z., Argentinska tango per pianoforte
- Stutecky, Otto, Drunt im Prater ist ein Platzerl per cantante e orchestra
da cabaret
- Svenk, Karel, Terezin hymn per coro
- Szpilman, Wladyslaw, Concertino per pianoforte e orchestra
- Szpilman, Wladyslaw, Concerto per violino
- Ullmann, Viktor, Brezulinka op. 53
- Ullmann, Viktor, Quartetto per archi op. 46
- Ullmann, Viktor, Sonate per pianoforte nn. 5, 6, 7
- Weber, Ilse, Otto lieder per mezzosoprano e pianoforte.

4. MEMORIA. ADRIANA LOTTO: LA DEPORTAZIONE FEMMINILE NELLA STORIOGRAFIA
TEDESCA
[Dal sito della bella rivista telematica "Deportate, esuli, profughe.
Rivista telematica di studi sulla memoria femminile" (venus.unive.it/rtsmf)
riportiamo ancora una volta il seguente testo. Adriana Lotto e' presidente
dell'"Associazione culturale Tina Merlin"]

Dopo il silenzio degli anni Cinquanta, piu' tardi interpretato come
"l'amnesia di una generazione colpevole" (Michael Geyer, La politica della
memoria nella Germania contemporanea, in Leonardo Paggi, a cura di, La
memoria del nazismo nell'Europa di oggi, La Nuova Italia, 1997, p. 265), di
tanto in tanto interrotto dalle voci isolate dei sopravvissuti e delle
sopravvissute, alla fine degli anni Sessanta il disagio forte della nuova
generazione dinanzi a padri e madri assenti, l'infittirsi di adunate
neo-naziste, segno di una continuita' sotterranea col passato regime,
nonche' la proliferante pubblicistica della Ddr tesa a segnare confini netti
tra un passato nazista e un presente-futuro socialista contribuirono,
assieme ad altri fattori, ad alimentare una politica della memoria che
denunciando il passato valesse per l'oggi: desse, cioe', alla Germania,
rimpossessatasi di quel passato, una nuova identita' e con essa la certezza
che quel che era stato non sarebbe mai piu' tornato. Fu cosi' che i tedeschi
uscirono dalla loro smemoratezza, tanto che negli anni Settanta la storia
del Terzo Reich divento' oggetto pressante e frequente dell'indagine
storiografica.
Sulla base delle memorie dei prigionieri, che subito dopo essere stati
liberati avevano raccontato la loro prigionia, e dei documenti salvati dalla
distruzione operata dagli stessi nazisti, sorse una vasta letteratura sulla
storia di alcuni campi di concentramento, sulle condizioni di vita e di
lavoro dei prigionieri e sulla loro resistenza al sistema di annientamento;
una resistenza che spesso traeva forza dalla difesa di se', dal voler
mantenere a tutti i costi la propria dignita' di persona. Lavori come quello
di Eugen Kogon, Der SS-Staat. Das System der deutschen Konzentrationslager
(Monaco 1977), o quello di Hermann Langbein, Menschen in Auschwitz, uscito
per la prima volta a Vienna nel 1972, e dello stesso autore, ...nicht wie
die Schafe zur Shlachtbank. Widerstand in den nazionalsozialistischen
Konzentrationslagern 1938-1945 (Francoforte 1980) furono fondamentali;
tuttavia, nello sforzo di spiegare le persecuzioni come funzionali ad un
sistema di terrore pianificato, finirono coll'equiparare l'esperienza delle
donne a quelle degli uomini o col parlare di esperienza dei campi in
generale, senza cioe' distinzione di sesso. Limitazione questa di cui
soffrono ancora talune pubblicazioni recenti. Ad esempio il volume di Falk
Pingel uscito ad Amburgo nel 1978 sotto il titolo Haeftlinge unter
SS-Herrschaft. Widerstand, Selbstbehauptung und Vernichtung im
Konzentrationslager, oppure quello di Johannes Tuchel, Konzentrationslager.
Organisationsgeschichte und Funktion der Inspektion der Konzentrationslager
(Boppard sul Reno 1991), e di Wolfang Sofsky, Die Ordnung des Terrors: das
Konzentrationslager, apparso a Francoforte nel 1993 e tradotto in italiano
da Laterza nel 1995 col titolo L'ordine del terrore. Nessuno dei lavori
sopracitati perdeva di vista la sofferenza umana pur avendo, soprattutto
l'ultimo, lo scopo di dare razionalita' all'irrazionalita'; ma ancora una
volta usando il termine neutro Haeftlinge, prigionieri, si trascuravano di
fatto le differenze di genere di fronte alla violenza e ai suoi meccanismi
di produzione.
*
A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta apparvero lavori di ricerca
condotti da donne e aventi come oggetto la resistenza attiva di donne contro
il nazismo, documentata altresi' dagli atti ufficiali della Gestapo e delle
SS. Volumi come Frauen in deutschen Widerstand 1933-1945 (Francoforte 1978)
di Hanna Elling, e Frauen leisten Widerstand: 1933-1945. Lebengeschichten
nach Interviews und Dokumenten, pubblicato a Francoforte nel 1983 da Gerda
Szepansky, raccoglievano storie di vita di donne politicamente attive, che
avevano avuto un certo ruolo nella resistenza al nazismo. Una resistenza che
nei territori occupati era armata, come racconta Ingrid Strobel nel suo "Sag
nie, du gehst den letzten Weg". Frauenwiderstand gegen Faschismus und
deutsche Besatzung (Francoforte 1989).
In questi lavori, pero', nel mentre si poneva l'accento sull'attivita'
antinazista, si taceva delle sofferenze e della morte di innumerevoli altre
donne, donne comuni e pertanto sconosciute. Dall'altra parte, alla fine
degli anni Settanta, si cominciava a studiare la posizione delle donne
dentro il nazismo e a concentrare l'attenzione su coloro che non erano state
perseguitate, cosi' che, all'inizio del decennio seguente, apparve una serie
di ricerche sulla politica nazista del lavoro femminile che poneva l'accento
sulla specifica strumentalizzazione delle donne sia nella riproduzione che
nella produzione. In questo modo pero' tutte le donne venivano considerate
vittime di una politica di genere dominata dai maschi e che non era
prerogativa del nazismo ma anche del periodo antecedente. Fu il
"Frauengruppe Faschismusforschung" nel suo Mutterkreuz und Arbeitsbuch. Zur
Geschichte der Frauen in der Weimarer Republik und im Nationalsozialismus
(Francoforte 1981) a indagare il comportamento politico e sociale delle
donne nella Repubblica di Weimar e durante il nazismo. Altri studi presero
invece in esame le organizzazioni nazionalsocialiste delle donne e delle
ragazze, le modalita' di reclutamento, le attivita' che svolgevano e
l'influenza che esercitavano. In questo modo emerse la questione della
responsabilita', ossia del collaborazionismo e dell'attivismo, bene
analizzata nel contributo di Dagmar Reese e Carola Sachse, Frauenforschung
zum Nationalsozialismus. Eine Bilanz, apparso nel volume curato da Lerke
Gravenhorst e Carmen Tatschmurat, Toechter-Fragen. NS-Frauen-Geschichte
(Freiburg 1990).
*
Fu proprio a partire da queste tematiche che si sviluppo' in tempi piu'
recenti tra le ricercatrici un dibattito serrato. Ad essere criticate furono
le premesse e gli obiettivi della ricerca, troppo a lungo, si disse, e
troppo marcatamente condizionati o addirittura appiattiti sulle
"congiunture" del movimento femminista. Secondo Lerke Gravenhorst questo
fece si' che le ricercatrici assumessero la storia del nazismo come la loro
identita' negativa. La discussione fu promossa soprattutto dalla tesi di
Claudia Koonz ( Muetter in Vaterland. Frauen im Dritten Reich, Freiburg
1991, tradotto in italiano da Giunti nel 1996 col titolo Donne del Terzo
Reich), secondo la quale le donne avrebbero collaborato col nazismo anche e
proprio nella loro funzione apolitica di massaie e madri. L'intreccio
razzismo/sessismo avrebbe fatto si', nel suo profondo radicamento sociale,
che da un lato la donna "ariana" fosse considerata mero strumento di
riproduzione della "razza germanica", dall'altro che l'istinto materno fosse
il piu' grande peccato contro natura e "femminili" venissero etichettati i
popoli da sottomettere o da eliminare. Anche Gisela Bock
(Zwangssterilisation im Nationalsozialismus: Studien zur Rassenpolitik und
Frauenpolitik, Opladen 1986) esaminando il contributo delle donne comuni
tedesche al nazismo come infermiere e funzionarie, sottolineava la loro
responsabilita' nella politica demografica del regime, mirante attraverso
una riproduzione controllata e aborti coatti a selezionare il patrimonio
genetico nazionale. Tuttavia anche se questo dibattito - denominato
Historikerinnenstreit - riportava l'attenzione sulla responsabilita' delle
donne nel nazismo, esso continuava a occuparsi prevalentemente di tedesche
borghesi o casalinghe. Donne ebree, di colore, appartenenti alle minoranze
etniche misero subito in evidenza che la ricerca sulle donne non poteva
limitarsi solo al loro ruolo nel nazismo. Occorreva condurre ricerche
scientifiche sulla sorte delle donne perseguitate dal nazismo, la cui
mancanza era legata tanto alla rimozione della responsabilita' femminile nel
nazismo, dettata dal generale senso di colpa e di vergogna, quanto alla
presa di distanza critica delle cosiddette minoranze.
*
La discrepanza tra la carente produzione storiografica sulle donne nei campi
di concentramento e il bisogno delle donne allora internate di raccontare la
loro esperienza e' significativa dell'abbondanza di pubblicazioni
autobiografiche di cui si occupo' Rolf Krause nel suo Autobiografisches
Schreiben als Spaeform der Baewaltigung der Verfolgung (Hannover 1989). Dei
circa 450 titoli che uscirono in lingua tedesca, Il 25% comparve negli anni
tra il 1945 e il 1950, mentre dal 1979 al 1988 vide la luce un terzo di
tutti i testi elaborati da donne.
Tuttavia questa letteratura non era ancora "tipica". Perche' lo diventasse
occorreva che memorie e ricerca storica si incontrassero. E cio' avvenne
negli anni Novanta. Sul piano generale, in un quadro di responsabilita'
collettiva e insieme di assunzione della prospettiva delle vittime, questo
significo' non solo cogliere appieno la natura distruttiva e la portata
devastante del nazismo, ma, proprio per questo, impedire che esso,
incasellato in un continuum storico, scomparisse dentro la storia nazionale,
venisse archiviato e sottratto al giudizio morale. Dal punto di vista di
genere si introdusse un'ottica complementare, non certo di confronto.
La ricerca si oriento' sui campi prevalentemente femminili come Ravenbrueck
e Bergen Belsen, ne ricostrui' la storia, l'organizzazione, il sistema di
sorveglianza, con particolare attenzione ai rapporti interni a quella
comunita' e alle condizioni di vita. In altre parole, nel volume curato da
Claus Fuellberg-Stolberg - Martina Jung - Renate Riebe - Martina
Scheitenberger, Frauen in Konzentrationslagern. Bergen-Belsen. Ravensbrueck
(Brema, 1994), ci si comincio' a chiedere che cosa avesse significato essere
internata come donna; se c'erano state forme di resistenza femminile,
strategie di conservazione di se' e di sopravvivenza, se le donne erano
state umiliate e prostrate in modo particolare proprio in quanto donne.
Questioni come queste, avvertivano i curatori, non intendevano in nessun
caso misurare il dolore delle donne e degli uomini e dire magari che le
prime avevano sofferto di piu'. Si trattava piuttosto, nella ricerca sui
campi di concentramento nei quali si opero' una sistematica disumanizzazione
delle vittime, di assumere la categoria di genere e di far uscire le donne
dall'anonimato che si celava dietro la parola "prigioniero".
Il "potere assoluto" delle SS privava i prigionieri dell'orientamento nel
tempo e dello spazio cosi' come di qualsiasi relazione sociale e le
assoggettava a un regime di terrore. Scopo di questo sistema era anche
livellare la differenza di sesso. Molte donne raccontano che dopo lo shock
ebbero la sensazione di non essere piu' donne. Il Lager come "istituzione
totale" e la violenza delle SS avevano come scopo la distruzione
dell'identita' personale e con essa anche quella di genere. Questo valeva
per tutti gli internati, ma per le donne assunse forme specifiche e su di
esse ebbe altre ripercussioni che sugli gli uomini.
Da un lato le SS volevano ridurre le prigioniere a vittime senza genere, ma
nello stesso tempo sfruttarono il genere femminile con la piu' alta
scrupolosita'. Le defatiganti procedure di entrata nel campo e la
documentata prostituzione coatta nei campi dimostravano che la violenza
sessuale nei campi era ben presente. Questa ambivalenza indicava che era
importante includere nella ricerca sull'internamento la categoria genere
accanto a quelle di religione, nazionalita', appartenenza etnica.
Significativo e' a tal proposito sia il volume di Christa Paul sulla
prostituzione coatta (Zwangsprostitution: Staatlich errichtete Bordelle im
Nationalsozialismus, Berlin 1994), che quello di Martina Dietrich sul lavoro
coatto, Zwangsarbeit in Genshagen, Brandenburgo 1996.
Negli anni Novanta, la ricerca prese dunque una nuova direzione, tenendo ben
presente che indagare e descrivere i comportamenti delle donne non
significava relativizzare, bensi' rispondere in maniera articolata
all'immagine "totale" che dei campi di concentramento era stata data.
Significava mettere in luce che la decisione di "resistere" non sempre
derivava da "virtu' eroica", magari ideologicamente marcata, ma da spinte
incontenibili che dimostravano come il valore della vita, la dignita' degli
essere umani erano infinitamente superiori a qualsiasi tentativo di
annichilirli.
*
Nel corso degli ultimi anni la ricerca si e' articolata sulle biografie,
ovvero sulle storie di vita delle sopravvissute, con particolare attenzione
al momento della liberazione e al dopo. Anche la nazionalita' ha costituito
un criterio di ulteriore articolazione dell'esperienza concentrazionaria
soprattutto in riferimento alle donne russe e slovene. In altre parole, la
ricerca ha, da un lato, abbandonato il discorso generico sulle donne,
scavando dentro le diverse esperienze ed esistenze, dall'altro ha colmato un
vuoto pubblicistico di memorie di donne vissute nei regimi comunisti.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1186 del 25 gennaio 2006

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