[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 1069
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1069
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 30 Sep 2005 06:43:32 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1069 del 30 settembre 2005 Sommario di questo numero: 0. Comunicazione di servizio 1. Dario Bossi: Si' 2. Alessio Ciacci: Si' 3. Claudio Giusti: Si' 4. Adriano Moratto: Si' 5. Antonio Parisella: Si' 6. Bruno Segre: Si' 7. Patricia Lombroso intervista Jimmy Massey 8. Oreste Benzi: Un appello a lenire ferite e costruire ponti di pace con l'"Operazione Colomba" 9. Marina Zenobio: Le voci dei desaparecidos nella memoria dei figli 10. Maurizio Matteuzzi presenta "Montevideo-Stoccolma" di Luisa Di Gaetano 11. Un corso di accostamento alla nonviolenza a Narni 12. Dallo statuto dell'associazione "Mani sporche" 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 0. COMUNICAZIONE DI SERVIZIO Per problemi tecnici del server che gestisce la mailing list di distribuzione del nostro notiziario in queste settimane vi sono state alcune difficolta', rispetto alle quali non e' in nostro potere di intervenire. Nella speranza che essi vengano risolti al piu' presto, ci scusiamo con tutte le lettrici e i lettori per i ritardi e la confusione negli invii del nostro quotidiano. Chi non avesse ricevuto qualcuno degli ultimi numeri puo' richiederli alla redazione, che provvedera' all'invio ad personam direttamente. 1. 23 OTTOBRE. DARIO BOSSI: SI' [Ringraziamo padre Dario Bossi (per contatti: gimpadova at giovaniemissione.it) per questo intervento. Padre Dario Bossi, gia' missionario comboniano in Brasile, ora in Italia accompagna i giovani del gruppo "Giovani d'impegno missionario"; insieme hanno promosso rilevanti iniziative nonviolente di pace e di solidarieta'] Ho imparato a vivere con la gente della periferia di Sao Paulo, Brasile. Ho condiviso con loro la speranza delle Comunita' cristiane di base e l'organizzazione dei movimenti popolari. Tornato in Italia, accompagno i giovani in cammini di formazione missionaria e scelte d'impegno e di vita (cfr. il sito: www.giovaniemissione.it). Condivido questo breve testo. * Nando e' un giovane della favela Paulo Rosa, estrema periferia est di Sao Paulo: la maggiore citta' dell'America Latina. Due figli e una compagna giovanissima come lui. Ricordo di un giorno in casa sua: mi faceva tastare nella sua gamba la pallottola rimastagli dentro, dopo una sparatoria con la polizia. "Non fa male, si gonfia solo ogni tanto". In quell'occasione un suo amico era stato ucciso dalla polizia. In certi casi, in favela la morte e' continuamente al tuo fianco, ha la stessa familiarita' con cui incontri i tuoi figli. Ricordo ancora di una notte in cui la polizia fece incursione nella Paulo Rosa, proprio per cercare Nando. Auto piazzate davanti a tutte gli ingressi della favela, e poi uomini e cavalli che entrano nei vicoletti, fino a sfondare con violenza la porta di casa. Nando si era accorto in tempo, e' fuggito all'ultimo istante dal tetto, scoperchiandolo. La violenza aveva fatto irruzione di nuovo in casa sua; incontenibile, traboccante, ha scoperchiato il tetto. Entra piano piano, la violenza: suadente, con la promessa di qualche trafficante, un primo "colpo" che va in porto, armi nascoste dagli occhi delle mamme dentro casa, i primi scontri, le vendette tra gruppi rivali, i regolamenti di conti... vita e morte hanno i confini confusi. * Mi e' venuta in mente la parabola di Gesu' quando alcuni amici scoperchiano il tetto dall'alto per far entrare il paralitico fin nel centro della casa, in mezzo a tutti, perche' sia guarito. La comunita' trova tutte le forme per aprire varchi alla vita. La violenza e le armi, al contrario, espellono la vita, la costringono a fuggire e nascondersi. Il referendum contro la vendita delle armi in Brasile e' un primo passo perche' a Nando e a tutti gli altri come lui siano offerte altre opportunita' disarmate e ricche di prospettive. Ne seguano altri che aiutino i corpi di polizia legittimamente armati a fare uso debito e giusto della loro forza. 2. 23 OTTOBRE. ALESSIO CIACCI: SI' [Ringraziamo Filippo Mannucci (per contatti: filippo at arcetri.astro.it) per averci trasmesso il seguente intervento di Alessio Ciacci. Filippo Mannucci, astronomo, e' un illustre scienziato, impegnato presso l'Osservatorio di Arcetri, autore di molte prestigiose pubblicazioni; all'impegno scientifico che gli ha dato fama internazionale unisce un altrettanto rigoroso impegno per i diritti umani di tutti gli esseri umani, di solidarieta', per la pace. Alessio Ciacci e' impegnato nell'esperienza della organizzazione non governativa "Mani Tese"; e' autore di molti articoli, interviste, interventi sull'America Latina] Due mani che spezzano un'arma da fuoco. Questo uno dei simboli piu' conosciuti del movimento nonviolento in Italia e nel mondo. Il 23 ottobre l'intero popolo brasiliano sara' chiamato ad esprimersi, per il primo referendum nella sua storia, proprio sulla possibilita' di rendere illegale il commercio delle armi da fuoco. "Volete che il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni venga bandito in Brasile?" questo il quesito a cui, secondo recenti sondaggi, gia' oltre il 70% degli intervistati ha dichiarato che rispondera' si'. Secondo dati dell'Unesco in dieci anni, dal 1993 al 2003, sono 325.551 brasiliani uccisi da armi da fuoco. Una cifra impressionante, addirittura superiore, ad esempio, alle 200.000 vittime indigene del genocidio in Guatemala. Basti pensare che tra i giovani brasiliani le armi da fuoco sono la prima causa di morte e rappresentano la causa di oltre il 61% dei casi di lesioni invalidanti. Sono cifre paragonabili a quelle di uno stato in guerra * Anche in Italia dobbiamo sentirci responsabili perche' il nostro paese e' il secondo produttore al mondo di armi e, come scrive Riccardo Troisi della rete italiana per il disarmo, ogni anno l'Italia esporta in Brasile armi da fuoco e munizioni per un valore di oltre 10 milioni di dollari. Mani Tese, da oltre 40 anni, promuove una solidarieta' che parte dall'incontro tra popoli e culture. In Brasile collaboriamo da anni con i Sem Terra, il movimento contadino dei senza terra che promuove occupazioni di terre incolte, combatte la violenza del sistema latifondista e lotta da anni per una equa riforma agraria. Il Movimento Sem Terra (in sigla: Mst) dichiara: "Siamo contrari alla vendita di armi in Brasile e ci uniamo a tutte le forze progressiste della nostra societa' per impedire legalmente questo processo di violenza sociale. Ogni anno la vita di 40.000 brasiliani e brasiliane e' spezzata, per la maggior parte sono giovani, poveri, neri e mulatti, che vivono nelle periferie delle citta'. Per il Movimento Sem Terra il disarmo e' una necessita' per la civilta' della nostra societa'". In un documento diffuso dal Mst leggiamo: "La lotta per il disarmo e' fondamentale per la costruzione di una cultura per la valorizzazione della vita ed il rispetto della dignita' umana. Questa e' fondamentale per la lotta contro la cultura di violenza, contro l'intolleranza e contro le disuguaglianze, in tutte le loro manifestazioni". Quello brasiliano e' il primo referendum al mondo che chiede ai cittadini di un'intera nazione di mettere al bando le armi. * Rocco Altieri nei "Quaderni Satyagraha" scrive che il cammino nonviolento e' esigenza d'incontro, rispetto, giustizia, accettazione dell'altro e solidarieta', Enrico Peyretti in una recente pubblicazione scrive che punto fondamentale della nonviolenza e' la lotta alla violenza diretta e a quella strutturale. Il tema delle armi risulta quindi centrale perche' strumenti di morte, di lucri immorali e illegali, e al servizio delle mafie. Appoggiamo con decisione, dunque, la proposta di Nanni Salio, una delle voci piu' importanti del movimento nonviolento in Italia, che recentemente ha scritto "L'iniziativa del referendum brasiliano e' lodevole e dovrebbe essere proposta in ogni paese. Potrebbero essere le stesse Nazioni Unite a farsene carico su larga scala". * Il Comitato brasiliano per il si' conclude il documento di lancio del referendum scrivendo: "La sola proibizione del commercio delle armi da fuoco e delle munizioni non puo' risolvere il problema della criminalita'. Ma e' un passo fondamentale nella direzione di una societa' piu' sicura. Dobbiamo continuare a lavorare per accordi internazionali per il disarmo, per migliorare il sistema giustiziario e per la riduzione della disuguaglianza sociale nel nostro paese. Ma per questo e' necessario fare un primo passo: il giorno 23 ottobre ci sara' il primo referendum nella storia del Brasile. E' la nostra opportunita' per mostrare in che tipo di societa' vogliamo vivere. La vittoria del si' puo' essere l'inizio di una nuova storia che comincia dal 'voltar pagina' sull'(in)sicurezza in Brasile". * Mani Tese e' al fianco del Movimento Sem Terra e di tutte le organizzazioni del Comitato per il si', esprime loro un forte incoraggiamento ad andare avanti nella campagna, ed augura una grande vittoria a tutto il popolo brasiliano che crede in una societa' migliore. La vittoria di questo referendum e' importante ben oltre i confini nazionali e continentali. La nonviolenza e' in cammino verso una societa' piu' giusta. 3. 23 OTTOBRE. CLAUDIO GIUSTI: SI' [Ringraziamo Claudio Giusti (per contatti: giusticlaudio at aliceposta.it) per questo intervento. Claudio Giusti, animatore del Comitato 3 luglio 1848, membro fondatore della World Coalition Against Death Penalty, esperto di diritti umani, e' fortemente impegnato nella lotta contro la pena di morte, su cui ha scritto vari testi] Come contributo all'iniziativa a sostegno del si' al referendum brasiliano per il disarmo metto a disposizione la seguente nota. * La violenza americana e il mito del selvaggio West "Gli storici non hanno mai trovato prove a sostegno delle numerose morti per armi da fuoco mostrate nei film western. Si ritiene ad esempio che Wyatt Earp, nei suoi anni come uomo di legge a Dodge City, abbia ucciso un solo uomo" (Mark Carnes, a cura di, Past Imperfect. History According to the Movies, Henry Holt & Co., New York 1995).. Una delle "spiegazioni" che pretendono di "giustificare" l'enorme numero di armi in circolazione e l'alto tasso di omicidi negli Usa, e' quella secondo cui cio' deriva dalla storia degli Stati Uniti, nella cui tradizione vi sono la Frontiera e il selvaggio West. L'uso delle armi e la violenza dei pionieri avrebbe segnato per sempre l'anima americana. La violenza attuale altro non sarebbe se non la continuazione di questa tradizione ormai profondamente radicatasi nella societa' americana. Non e' vero: e' un mito costruito a posteriori. Canada e Australia hanno avuto anche loro la Frontiera e non si trovano oggi nella stessa situazione americana, mentre il West selvaggio, mitizzato in tanti film, era in realta' molto meno selvaggio e violento di quanto crediamo. In proposito e' interessante una notizia storica apparsa sulla rivista "Newsweek" in un articolo che comparava Wichita e Belfast. Wichita e' una citta' di 300.000 abitanti del Kansans che aveva, dieci anni fa, un tasso di omicidi doppio di quello di Belfast, la capitale dell'Irlanda del Nord con lo stesso numero di abitanti e afflitta da una lunga guerra civile. Belfast aveva una media di circa venti omicidi l'anno, mentre Wichita ne aveva avuti 41 nei primi otto mesi del 1993. Wichita e' interessante perche', negli anni settanta dell'Ottocento, questa citta' di allevatori, ritenendo insopportabile il numero di omicidi che la affliggevano, ricorse ai servigi di Wyatt Earp, lo sceriffo di ferro immortalato in tanti film per via della sparatoria all'O. K. Corral (vedi ad esempio Sfida Infernale di John Ford con Henry Fonda e Victor Mature): Earp risolse il problema vietando il possesso di armi da fuoco in citta'. E' interessante scoprire che il numero di omicidi che tanto aveva preoccupato i bravi cittadini di Wichita era stato di uno all'anno. ("Newsweek", 27 settembre 1993). Anche l'immancabile duello alla pistola tipico di innumerevoli film western non trova una conferma storica. Nel West vero la gente non sprecava soldi in inutili pistole, ma comperava fucili. Probabilmente il mito del duello e' stato creato nel racconto "The Virginian" (1902) di Owen Wister e di li' passato in tutti i racconti ed in tutti i film (per non parlare dei fumetti). Il passaggio del mito nel cinema hollywoodiano e' almeno in parte attribuibile allo stesso Wyatt Earp. Costui negli ultimi anni di vita (mori' nel 1929) ebbe modo di frequentare gli Studios della nascente Hollywood e di accrescere il suo mito. In particolare voglio ricordare che le pistole Colt 45 erano degli aggeggi estremamente imprecisi e pesanti con le quali sarebbe stato fisicamente impossibile centrare il proprio avversario a tanti metri di distanza come siamo invece abituati a vedere al cinema. * Si ritiene che oggi ci siano 200 milioni di armi da fuoco negli Usa, di cui 70 milioni di pistole. 4. 23 OTTOBRE. ADRIANO MORATTO: SI' [Ringraziamo Adriano Moratto (per contatti: mir.brescia at libero.it) per questo intervento. Adriano Moratto e' impegnato nel Centro per la nonviolenza di Brescia, nella Rete di Lilliput, in molte iniziative di pace e di solidarieta', ed e' una delle figure piu' note e autorevoli dell'impegno nonviolento in Italia] Sollecitato personalmente, posso solo dire come io ho "sentito" la notizia di un referendum in Brasile contro il commercio delle armi da fuoco: "Ma come, Lula ci scavalca su un tema che e' 'nostro'?". Poi un po' di autocritica, un rapido bagno di sana umilta' che manca cosi' spesso a noi sedicenti vestali della nonviolenza. Una breve riflessione curiosa sulle strade cosi' diverse per ciascuno, che poi a ben guardare finiscono per collegarsi in momenti ed iniziative diverse ma comuni, e poi.. * E poi come farci coinvolgere da questa proposta cosi' semplice e cosi' straordinaria? Come? Proprio qui a Brescia, citta' armiera per eccellenza, dove un tema come quello delle armi da fuoco e' sempre di attualita'. Qui a Brescia dove 20.000 persone visitano Exa, la fiera delle armi, e solo in 400 protestano scrivendo coi propri corpi: "No Exa". Qui a Brescia dove Comune e sindacato sono nell'ente fiera che organizza Exa. Qui a Brescia dove non si riesce ancora ad ottenere una precisazione-modifica del regolamento che limiti l'esposizione di Exa alle sole armi sportive. Qui a Brescia dove "anche un bambino lo capisce": un progetto educativo per disinnescare la cultura delle armi e del loro "uso difensivo" si e' ripetutamente arenato perche', "tanto a scuola parliamo gia' della pace" (sic). Allora cosa fare, come recuperare, rimpastare la proposta brasiliana nella nostra realta'? Ma avete visto: cento punti per dire si' all'abolizione del commercio delle armi. Me ne basterebbero dieci da approfondire, da adeguare alla nostra situazione: quanto ci costa in termini economici e di vite umane la cultura delle armi? Chi sono le vittime? Perche'? Anche noi abbiamo avuto, abbiamo campagne contro le armi, sulle mine, la 865, le banche armate, controllarm, l'obiezione alle spese militari, ma direi piu' prudenti, piu' "realistiche" o, come dire, piu' di nicchia. * L'intuizione felice di questo referendum, al di la' del suo positivo esito in Brasile, e' di smascherare il mito della difesa armata con le sue pesanti contraddizioni, e di porci il problema nella nostra vita quotidiana. Su questo dobbiamo lavorare a farci fecondamente "impollinare". 5. 23 OTTOBRE. ANTONIO PARISELLA: SI' [Ringraziamo Antonio Parisella (per contatti: antonio.parisella at unipr.it) per questo intervento. Antonio Parisella (Roma 1945), professore di storia contemporanea e storia dei movimenti e dei partiti politici all'Universita' degli studi di Parma e di storia sociale urbana alla Lumsa di Roma, vicepresidente dell'Istituto nazionale di sociologia rurale e presidente del Museo storico della liberazione (via Tasso 145, Roma). Gia' impegnato nei movimenti terzomondisti e in esperienze di solidarieta' sociale ed educativa nella periferia romana e nei movimenti studenteschi e politici universitari degli anni '70. Ha partecipato a incontri e confronti internazionali sulle riforme agrarie e sulla questione contadina. Ha fatto parte della segreteria nazionale del movimento dei Cristiani per il socialismo. E' stato collaboratore della rivista interconfessionale "Com-nuovi tempi", de "Il tetto", "Testimonianze", "Idoc-internazionale". Dagli anni '80 si e' impegnato nelle iniziative culturali, educative e d'aggiornamento didattico dell'Istituto romano per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza (Irsifar) e della rete degli istituti federati con l'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione (Insmli) sui temi della Resistenza, dei diritti civili e della pace. Dal 1993, con Giorgio Giannini, Anna Bravo, Tonino Drago, Lidia Menapace ed Enrico Peyretti, e' stato tra i promotori - inizialmente inascoltati ed ostacolati - dello studio e della ricerca in Italia sulla lotta non armata nella Resistenza (detta anche Resistenza civile), oggi divenuta elemento imprescindibile dei nuovi orientamenti scientifici e didattici sul tema. Suoi scritti al riguardo sono in vari volumi con atti di convegni promossi dal Centro studi difesa civile e dal Comitato scientifico della Difesa popolare nonviolenta. Come presidente del Museo storico della Liberazione, ha promosso in Italia con Amnesty International la campagna contro la tortura "Mai piu' un'altra Via Tasso". Tra le opere di Antonio Parisella: Sopravvivere liberi. Riflessioni sulla storia della Resistenza a cinquant'anni dalla Liberazione, Gangemi, Roma 1997; Cattolici e Dc in Italia. Analisi di un consenso politico, Gangemi, Roma 2000; Resistenza e cultura cattolica nell'Italia repubblicana, Ave, Roma in corso di pubblicazione] Il referendum brasiliano sul commercio delle armi leggere e delle munizioni e' un atto di grande civilta', al pari dell'Italia dopo la Resistenza e del Nicaragua dopo la rivoluzione che abolirono la pena di morte. Non vi e' dubbio che se il problema si ponesse in Italia, voterei come Giuliano Pontara, prima che per le considerazioni precise e puntuali da lui esposte in maniera convincente o per le motivazioni politiche espresse da Domenico Jervolino (con il quale - per antica amicizia e sodalita' - concordo persino nel linguaggio e nelle argomentazioni), per la stessa ragione di fondo e di civilta' per la quale nel XXI secolo si e' contro e si lotta contro la pena di morte, la tortura, la detenzione politica, le violenze istituzionalizzate sugli inermi, gli sfruttamenti, la guerra. * Ma questo non puo' farmi ignorare due grossi problemi politici aggiuntivi e conseguenti. Il primo e' quello dell'eventuale disarmo reale di quel gran numero di privati che in Brasile detiene il 90% delle armi leggere: certo, lo Stato ha il monopolio delle armi pesanti, ma la mobilitazione di carri armati e dei corpi speciali darebbe alle forze armate un evidente ruolo politico che (in un momento non proprio felice del governo democratico di Lula) potrebbe anche rivelarsi preoccupante. Ne', nelle condizioni attuali, e' pensabile e ipotizzabile che tale ruolo, nel caso, possa essere dalle autorita' brasiliane delegato e affidato ad una forza di polizia internazionale messa in piedi in ambito Onu o Osa da stati terzi. Occorre non dimenticare che in paesi nei quali le forze armate e di polizia, fino ad epoca molto recente, sono state parte attiva di un conflitto politico e sociale non spento, schierata non a difesa degli interessi della collettivita' nazionale e dei diritti dei cittadini, il principio del monopolio statale della forza (sul quale si basa lo Stato di diritto), per una quota consistente della popolazione, assume un carattere molto diverso che in Europa. Il secondo e' quello del "disarmo delle culture e degli spiriti", cioe' dei problemi e degli ostacoli che, in Brasile e altrove (compresi la nostra societa' e il nostro ordinamento, che hanno ampliato oltre ogni limite ragionevole il principio dell'uso legittimo delle armi e della legittima difesa) incontra l'affermazione della cultura della legalita' prima ancora di quella della nonviolenza. Primo fra tutti quello, di recente drammaticamente emerso, della praticabilita' reale dell'alternativa ai regimi politici nei quali storicamente la violenza sulle masse e la corruzione diffusa erano aspetti della stessa realta' e si sostenevano reciprocamente. A questo si potrebbero aggiungere - se se ne avesse lo spazio - alcune riflessioni convergenti (facilmente comprensibili) sulla corsa alle armi che ha visto correre a saccheggiare le armerie i disperati di New Orleans. 6. 23 OTTOBRE. BRUNO SEGRE: SI' [Ringraziamo Bruno Segre (per contatti: linc at marte.aerre.it) per questo intervento. Bruno Segre, giurista, storico avvocato difensore di obiettori di coscienza al servizio militare, direttore del mensile "L'incontro", e' fortemente impegnato nella difesa dei diritti umani, della liberta' di coscienza, dei valori della Resistenza e della Costituzione] Il presidente degli Usa, Bush, conosce bene la Bibbia, spesso citata nei suoi discorsi, ma ignora i principii della nonviolenza (ahimsa) proclamati da Gandhi. In particolare, dovrebbe conoscere il seguente pensiero del Mahatma: "Non c'e' una via di mezzo fra la verita' e la nonviolenza da un lato e la falsita' e la violenza dall'altro. Forse non saremo mai abbastanza forti da essere del tutto nonviolenti nel pensiero, nella parola, nell'azione. Tuttavia dobbiamo continuare ad avere come meta la nonviolenza. E progredire costantemente nella sua direzione. Il conseguimento della liberta', sia essa quella di una persona, di una nazione o del mondo intero, e' direttamente proporzionale al conseguimento della nonviolenza da parte di ciascuno". Bush, se avesse ascoltato questo insegnamento, non avrebbe mentito per giustificare l'invasione dell'Iraq (come i suoi predecessori per il Viet-Nam) e non proseguirebbe una guerra che aumenta i lutti e non assicura una civile convivenza. Ne' le madri dei soldati caduti nell'Iraq, ne' le grandi manifestazioni popolari a Washington, Parigi, Londra, riescono a indurre Bush ad una riflessione sul conflitto iracheno, ne' sul turpe commercio delle armi da fuoco. Questa attivita', assai fruttuosa per industrie e governi, alimenta il terrorismo in Palestina, in Cecenia, in Afghanistan e in Occidente. Il disarmo degli Stati - gia' predicato dalla vecchia Societa' delle Nazioni a Ginevra - comincia dal proibire la vendita di armi soprattutto a gruppi e a privati per sostituire alla forza della violenza il ricorso al dialogo e l'applicazione delle leggi. 7. TESTIMONI. PATRICIA LOMBROSO INTERVISTA JIMMY MASSEY [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 settembre 2005. Patricia Lombroso e' corrispondente da New York del quotidiano; ha pubblicato in volume una raccolta di sue interviste a Noam Chomsky dal 1975 al 2003: Noam Chomsky, Dal Vietnam all'Iraq. Colloqui con Patricia Lombroso, Manifestolibri, Roma 2003. Jimmy Massey, marine reduce dalla guerra in Iraq e testimone delle atrocita' li' commesse, e' autore del libro Cowboys from hell] "A tutt'oggi i nostri superiori del Pentagono continuano a dichiarare che e' 'inumano' usare armi chimiche e di distruzione di massa in Iraq, perche' 'si uccidono dei civili'. Di fatto noi abbiamo usato e continuiamo a usare fosforo bianco e uranio impoverito. Siamo responsabili del massacro continuo di civili iracheni". E' con questa dichiarazione che il marine Jimmy Massey, rientrato dal fronte, disabile, autore di "Cowboys from hell", inizia l'intervista al "Manifesto" durante il tour in 27 stati e 40 citta' dell'organizzazione "Iraq veterans against the war" che ieri ha partecipato alla manifestazione di Washington. * - Patricia Lombroso: Lei ha dichiarato di essere stato testimone oculare dell'impiego di fosforo bianco durante i bombardamenti americani in Iraq. - Jimmy Massey: Si'. Lo utilizziamo nelle ogive dei missili lanciati dagli elicotteri e nei proiettili sparati da terra dall'artiglieria. * - Patricia Lombroso: Il fosforo bianco e' un agente chimico utilizzato, durante il conflitto in Vietnam, nelle bombe al napalm. E' la stessa sostanza - bandita nel 1980 - che viene usato in Iraq? - Jimmy Massey: Si'. E' quello che impieghiamo nelle ogive dei missili. * - Patricia Lombroso: E quale effetto provoca dopo l'impatto con l'obiettivo colpito? - Jimmy Massey: Quest'arma di sterminio ha la capacita' di ridurre in cenere un intero veicolo militare. * - Patricia Lombroso: Lei ha assistito agli effetti di queste bombe al fosforo bianco? - Jimmy Massey: Si'. Ed ho visto tanti civili innocenti colpiti morire bruciati vivi: scene d'orrore che ricordero' per tutta la vita. In Iraq sono stato testimone oculare delle conseguenze dell'uso delle armi al napalm, proprio come quelle utilizzate in Vietnam. * - Patricia Lombroso: Il Pentagono sostiene che non si tratta di bombe al napalm, ma di "una versione simile che non inquina l'ambiente". - Jimmy Massey: Ho visto incenerire tanti civili. * - Patricia Lombroso: Queste armi venivano utilizzate per colpire specifici obiettivi o in maniera indiscriminata? - Jimmy Massey: Le bombe al fosforo bianco sono state impiegate di notte e di giorno, continuamente, ed ho assistito alla morte di tanti civili innocenti - donne e bambini inclusi - bruciati vivi: immagini impossibili da raccontare. * - Patricia Lombroso: Siete stati informati dai vostri superiori che durante l'invasione sarebbero state usate queste armi di sterminio? - Jimmy Massey: No. Nessuno ci ha messo al corrente. Poi ho cominciato a fare domande ai miei superiori: la risposta e' stata il mio licenziamento dai marines. * - Patricia Lombroso: Ma non si parla di bombe "di precisione e ad alta tecnologia" nel colpire il bersaglio? - Jimmy Massey: Si'. Vengono chiamate bombe di precisione, ma io ho visto i missili al fosforo bianco e all'uranio impoverito colpire tanti veicoli, autobus e auto pieni di civili. Ho visto tanti civili inceneriti, carbonizzati, bruciare vivi con gli effetti del fosforo bianco. Si tratta di bombe da 44 pounds di polysterene-like gel e 63 galloni di propellente. * - Patricia Lombroso: Le bombe al fosforo bianco vengono denunziate dagli esperti della Global security organization come "bombe al napalm", sostanza che in Vietnam serviva per distruggere la giungla. In Iraq dove e' stata utilizzata? - Jimmy Massey: In Iraq, a terra, viene usata dall'artiglieria: reduci giovanissimi da Falluja dichiarano che il fosforo bianco e' stato usato nel massacro di Falluja, nell'aprile del 2004. * - Patricia Lombroso: Ma le armi di distruzione di massa non sono state il movente addotto da Bush per intervenire in Iraq? - Jimmy Massey: Gia'. E invece proprio noi americani siamo quelli che abbiamo impiegato armi di distruzione di massa contro la popolazione irachena. Ci stiamo rendendo responsabili di un genocidio in Iraq. * - Patricia Lombroso: Veniamo all'uranio impoverito, e' stato usato anche in questa seconda invasione dell'Iraq da parte degli americani? - Jimmy Massey: Certamente, e il quantitativo di uranio impoverito gia' impiegato in Afghanistan ed ora in Iraq e' il doppio delle tonnellate impiegate per la prima guerra del Golfo. * - Patricia Lombroso: Voi soldati americani sapevate anche che in Iraq l'impiego di armi di sterminio viola non soltanto le leggi in vigore a livello internazionale, ma anche le norme di protocollo del codice penale di guerra Usa? - Jimmy Massey: Io sapevo che tutto quanto stiamo facendo per quanto riguarda l'uso della violenza e l'utilizzo delle armi di sterminio contro gli iracheni rappresenta una violazione della convenzione di Ginevra, ma i nostri superiori operavano su ordini del presidente e dei suoi legali (Alberto Gonzales, attuale ministro della giustizia Usa). In Iraq, i nostri superiori ci dissero che, poiche' lottavamo contro "terroristi", la convenzione di Ginevra non trovava applicazione. 8. ESPERIENZE. ORESTE BENZI: UN APPELLO A LENIRE FERITE E COSTRUIRE PONTI DI PACE CON L'"OPERAZIONE COLOMBA" [Da Antonio De Filippis, responsabile dell'Operazione Colomba (per contatti: operazione.colomba at apg23.org) riceviamo e volentieri diffondiamo. Su don Oreste Benzi riproduciamo questa scheda redatta qualche anno fa: sacerdote cattolico, animatore della "Comunita' Papa Giovanni XXIII", infaticabile promotore di iniziative di pace e di solidarieta'. La Comunita' ha attualmente 1.310 membri, e' presente in 16 regioni italiane e in 13 stati esteri, ha promosso 163 case-famiglia che accolgono 551 minori e 350 adulti; 27 comunita' terapeutiche per il recupero di tossicodipenti che accolgono 450 giovani; 15 cooperative sociali in cui sono inserite circa 300 persone con handicap o disagio; 8 case della fraternita' e 4 case di preghiera; l'azione della Comunita' ha liberato circa 1.200 ragazze straniere dal racket della prostituzione. Ha promosso l'"Operazione Colomba" di interposizione nonviolenta, condivisione e riconciliazione in aree di conflitto. Pubblica il mensile "Sempre". Opere di Oreste Benzi e della Comunita' Papa Giovanni XXIII: di Oreste Benzi: Per la famiglia, Guaraldi, Rimini 1992; Contro l'ovvio dei popoli, Guaraldi, Rimini 1992; Il meraviglioso dialogo della vita, Esperienze, Fossano 1995; Dietro l'angolo... Gesu', Esperienze, Fossano 1997; Con questa tonaca lisa, San Paolo, 1997; Una nuova schiavitu', Paoline, Milano 1999. Alcuni libri di membri della comunita' o scaturiti da esperienze della comunita': G. P. Ramonda, Una comunita' che condivide, Esperienze, Fossano 1992; G. P. Ramonda, Terapia della realta', Esperienze, Fossano 1994; Comunita' Papa Giovanni XXIII, Operazione Colomba: abitare il conflitto, Alfazeta, Parma 1994; Ambrogio Amati, Maddalena, Maddalena, San Paolo, 1996; Ambrogio Amati, Meretrici, Esperienze, Fossano 1996] Kossovo: Serbi ed Albanesi si combattono. La pace non e' impossibile. Ci vuole chi con intelligenza e amore li "costringa" a fare passi in avanti. Palestina: tra settlers, i coloni, ed i pastori arabi incomprensioni e violenza. Ci vuole chi protegga dagli attacchi dei coloni i bambini arabi quando vanno a scuola ed i pastori arabi quando portano le greggi al pascolo nelle loro terre. Ci vuole chi provi ad aprire spazi di dialogo tra i coloni israeliani ed i pastori palestinesi. Uganda del Nord: il mondo sta a guardare: 1.500.000 sfollati in condizioni disumane, 30.000 bambini rapiti e trasformati in soldati dai ribelli. Questi bambini se fuggono vengono uccisi, e quelli che rimangono devono uccidere coloro che hanno tentato la fuga. Ci vuole chi "abiti" questo conflitto per immettervi semi di riconciliazione. In Italia la mafia uccide. Ci vuole chi provi ad abbassare il livello di virulenza di questo fenomeno. Ho chiesto una volta a monsignor Romero se aveva paura, e lui mi rispose: "si', tanta, ma non fino al punto di abbandonare i miei campesinos". Il coraggio non sta nel non aver paura ma nel vincere la paura per un amore piu' grande. Dai: ci stai anche tu? Unisciti allora ai giovani dell'Operazione Colomba per lenire le ferite, gettare ponti, e costruire cosi' una nuova umanita'. * L'Operazione Colomba L'operazione Colomba nasce nel 1992 con la guerra jugoslava dal desiderio di provare a vivere la nonviolenza in zone di guerra e di condividere la vita di chi e' costretto a subire la violenza dei conflitti. I volontari che ne fanno parte hanno vissuto sui diversi fronti, riunendo le famiglie, proteggendo con la nostra presenza le minoranze etniche, provando a guarire le ferite e gettando ponti. Dopo la guerra nei Balcani, questa modalita' di "abitare il conflitto", e' stato esportata anche in Chiapas, in Kossovo, in Cecenia, in Congo, in Sierra Leone, in Albania, con la convinzione che dal vivere con le vittime delle guerre nascano delle strade per la pace inaspettate. Attualmente i volontari dell'Operazione Colomba sono presenti in Kossovo, in Israele/Palestina e in Nord Uganda. L'Operazione Colomba nasce dalla Comunita' Papa Giovanni XXIII e accoglie al suo interno credenti e non credenti, nel rispetto reciproco, nella comunanza di valori condivisi, uniti nella ricerca concreta di cammini nonviolenti di pace, di dialogo e di perdono. In un messaggio al congresso "Uomini e religioni" svoltosi in questo periodo a Lione il papa Benedetto XVI chiede "agli uomini del nostro tempo, e in particolare ai giovani, di avere il coraggio di impegnarsi sempre piu' attivamente a favore della pace e del dialogo, gli unici che possono permettere di guardare con speranza al futuro del pianeta". * Nota tecnica sul training formativo per i candidati volontari dell'Operazione Colomba Per i candidati volontari dell'Operazione Colomba il training e' di cinque settimane di intensa formazione che hanno come obiettivo di presentare, far conoscere e far sperimentare le modalita' dell'intervento nonviolento in zona di guerra, l'esperienza diretta di un progetto in zona di guerra, l'incontro con culture differenti, la costruzione e la gestione di un gruppo e la quotidianita' della vita in zona di guerra. Il training prevede: - 2 settimane di partecipazione concreta ai nostri progetti all'estero (subito prima o subito dopo la formazione teorica); - 3 settimane di lavoro su: linee guida e stile dell'Operazione Colomba e della Comunita' Papa Giovanni XXIII, dinamiche di gruppo, vivere in zone di conflitto, spiritualita' e fondamenti della nonviolenza, metodi decisionali e nozioni generali. Il periodo: per le due settimane di esperienza, possibilmente prima del training o subito dopo; per le tre settimane settimane di formazione teorica e addestrativa, dal 14 novembre al 3 dicembre 2005. * Per saperne di piu' Per maggiori informazioni: sito: www. operazionecolomba.org, e-mail: operazione.colomba at apg23.org, tel. 0541751498, fax: 0541751624, cell. 348 2488102. 9. LIBRI. MARINA ZENOBIO: LE VOCI DEI DESAPARECIDOS NELLA MEMORIA DEI FIGLI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 settembre 2005. Marina Zenobio, giornalista, segretaria di redazione del quotidiano "Il manifesto", scrive particolarmente su ambiente, diritti umani, America Latina. Lino Gambacorta vive e lavora a Firenze dove e' docente di filosofia e storia; dopo la laurea in filosofia all'universita' di Firenze ha conseguito il d.e.a. all'Ehess di Parigi. Opere di Lino Gambacorta: Corpo sacro, occidente, modernita', 1995; Il vino nuovo, 2001; Storia di un hijo, 2005] Gli orrori che hanno devastato il Cile e l'Argentina durante le dittature militari sono al centro di Storia di un hijo. La voce di un figlio di desaparecidos tra presente e memoria (Citta del sole, pp. 158, euro 10), un saggio con cui Lino Gambacorta, docente di storia e filosofia a Firenze, porta all'attenzione dei lettori sofferenze che sembrano rifuggire la comprensione umana ma che proprio per questo - per il peso di avvenimenti storici che hanno colpito al tempo stesso collettivita' e individualita' - non si devono ne' si possono rimuovere. Attraverso la voce dei protagonisti, il lavoro di Gambacorta ripercorre avvenimenti fatti di lacerazioni improvvise e radicali, componendo il resoconto di "una esperienza individuale immersa in una vicenda storica complessiva". Il volume ricostruisce cosi' la sorte di Hugo Silva Soto, maestro elementare che, "tornato al mondo" dopo la detenzione e le torture nello stadio di Santiago del Cile, non perde occasione per ricordare. O quella di Andrea, studentessa argentina costretta per mesi a nascondersi in uno stato di panico crescente mentre i suoi compagni sparivano nel nulla, che rievoca l'oscenita' dei mondiali di calcio tenutisi in Argentina nel 1978, in piena mattanza. L'ultima parte del volume e' dedicata a Lucio, venticinquenne argentino attualmente residente in Francia e membro dell'associazione "Hijos-Paris", la cui storia e' pero' atipica: i suoi genitori non sono desaparecidos, ma appartenevano ai montoneros, gruppo guerrigliero di tendenza peronista. La madre, assassinata nel 1978, fu tra le poche persone uccise in casa propria, in un agguato che veniva definito "eliminazione diretta". Il padre, arrestato pochi mesi prima, subi' le fasi tipiche della detenzione all'Esma (la Scuola di meccanica della marina militare argentina ora Museo della memoria a Buenos Aires) ma sopravvisse e riusci' a ricongiungersi con il figlio. All'epoca dei fatti Lucio aveva due anni: "Ricordo una vecchia foto di mia madre che mia sorella aveva accanto al suo tavolo da studio ma non ho piu' chiesto di vedere la sua immagine". Un vuoto che reclamava il bisogno di ricucire una storia, ricostruita con fatica da Lucio, grazie ai racconti dei parenti e a quelli (molto reticenti, forse per la rimozione della sofferenza vissuta) del padre. Oggi pero' il giovane hijo manifesta amarezza per le distinzioni che separano le associazioni dei parenti dei desaparecidos: madri, nonne, figli, "una montagna di persone che hanno esattamente le stesse idee ma che si dividono per niente... Il fatto di aver distrutto una generazione ha creato un vuoto che si e' allargato in questa epoca". Ed esprime un desiderio: "riunificare questo movimento". In una recente presentazione del volume all'Istituto Italo-Latinoamericano di Roma (cui hanno partecipato, fra gli altri, Hugo Silva Soto, ora rappresentante in Italia del Comitato lavoratori cileni esiliati, e l'argentino Giovanni Miglioli, autore di Desaparecidos, edito nel 2002 da Manifestolibri), il console italiano in Argentina all'epoca del golpe Enrico Calamai ha ricordato come l'Italia in quegli anni si sia preoccupata solo dei suoi interessi economici in Argentina, mentre la politica restava muta e cieca davanti alla tragedia in atto. 10. LIBRI. MAURIZIO MATTEUZZI PRESENTA "MONTEVIDEO-STOCCOLMA" DI LUISA DI GAETANO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 settembre 2005. Maurizio Matteuzzi, giornalista e saggista, e' un profondo conoscitore della realta' latinoamericana. Luisa Di Gaetano, delle Donne in nero di Roma, e' intellettuale e artista multimediale, fotogiornalista e performer teatrale, ha preso parte a molte iniziative di solidarieta', per i diritti e la pace] Zulma, Armonia e Maria Emilia, dice Luisa Di Gaetano nella premessa, "non hanno nulla in comune, se non la lingua, il genere femminile e il luogo d'appartenenza". Armonia Silvera, Maria Emilia Parola e Zulma Martinez sono tre donne uruguayane costrette all'esilio in Svezia dalla violenza della dittatura militare che fra il '73 e l'85 sprofondo' nell'orrore e nel sangue anche quella che era conosciuta come "la Svizzera dell'America latina". Poi, le vicende di una vita difficile - ma loro sono fra chi, come dice Armonia verso la fine del suo racconto-testimonianza, ha "avuto fortuna" e sono sopravvissute - le hanno portate a una condizione per molti versi angosciosa: quella di persone scisse fra due mondi diversi. Non a caso Luisa Di Gaetano, che ha raccolto le loro testimonianze, ha intitolato il suo libro Montevideo-Stoccolma A/R (Editrice Filef, pp. 99). Andata e ritorno fra l'Uruguay e la Svezia, perche', anche quando l'incubo e' finito e le donne sono potute tornare in un Uruguay formalmente democratizzato prima (ma ridotto a una "Repubblica delle banane", come dice Rodolfo Panfilio nella introduzione storica), e ora con il governo progressista del presidente Tabare' Vazquez, non sono piu' riuscite a staccarsi del tutto dalla Svezia che le aveva accolte (bene), in cui i loro figli erano cresciuti e di cui loro stesse ormai si sentivano parte. Una condizione di scissione e straniamento che tante migliaia di esuli in fuga dall'Argentina, dal Cile, dal Brasile, dall'Uruguay e dagli altri paesi dell'America latina negli anni delle dittature militari fasciste (anche se erano filo-americane) hanno vissuto con esiti sempre traumatici e a volte tragici. Anche le tre madri coraggio uruguayane hanno sofferto a lungo gli effetti della contraddizione e dello sradicamento. La loro storie, che idealmente nella loro unicita' rappresentano quelle di migliaia e migliaia di esuli, sono piccole e grandiose nello stesso tempo. Fatte di ideali e militanza personale o per interposti figli (come nel caso di Zulma), di dedizione alla causa e prezzi spaventosi: arresti, fughe, torture, anni di carcere, l'angoscia per i figli, i mariti, i fratelli. Per questo le loro storie sono storie personali ma anche generali, e qui sta il senso vero del libro di Luisa Di Gaetano. Storie diverse che poi diventano un'unica grande storia, anche se, ad esempio, Armonia e Maria Emilia militavano nella lotta armata e nel caso di Zulma i militanti erano i suoi quattro figli, i suoi generi e le nuore, suo marito. 11. INCONTRI. UN CORSO DI ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA A NARNI [Dagli amici di "Narni per la pace" (per contatti: narniperlapace at cesvol.net) riceviamo e volentieri diffondiamo] L'associazione Narni per la pace, in collaborazione con Arciragazzi e Associazione Freelife, organizza il primo corso di educazione alla nonviolenza. Venerdi' 30 settembre con inizio alle ore 18 si terra' il primo incontro, dedicato alle premesse metodologiche. Il corso prevede dieci incontri di due ore ciascuno (orario: 18-20) tutti i venerdi' fino al 2 dicembre, e un incontro finale di un'intera giornata (sabato 17 dicembre). Il corso e' aperto a tutte le persone interessate ed e' rivolto in particolare ad insegnanti e a volontari di associazioni che operano sulle tematiche della pace e della giustizia sociale ed economica; si svolge presso la sede universitaria di Narni, in via Mazzini 30 ed e' gratuito; ai partecipanti verra' rilasciato un attestato di partecipazione. Tra i relatori e le relatrici che prenderanno parte via via ai diversi incontri: Giancarla Codrignani, Andrea Morinelli, Antonio Papisca, Lidia Menapace, Maurizio Spedaletti, Alberto Castagnola, Valentina Galluzzi, Giovanna Pagani, Massimo De Santi, Michele Prospero, Natalia Biffi, Ruben Dario Pardo Santa Maria, Marisa Galli, Anna Maria Civico. Per informazioni: e-mail: narniperlapace at cesvol.net - o telefonare all'Arciragazzi di Narni (Consuelo): 3395795901. 12. DOCUMENTAZIONE. DALLO STATUTO DELL'ASSOCIAZIONE "MANI SPORCHE" [Dal n. 652 di questo stesso foglio riprendiamo e riproponiamo il seguente documento] 1. E' costituito, col patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri di questa imperial-regia repubblica, il sodalizio denominato Associazione '"Mani sporche". 2. Ad essa associazione possono aderire tutte le persone di dimostrata larghezza di vedute in campo morale, civile e penale, di provata attitudine ai giochi di destrezza, di spiccata propensione ad emergere costi quel che costi, di serena disponibilita' alla commissione e all'avallo di ogni sorta di azione giovevole al progresso e alle fortune del sodalizio, dei suoi associati, e massime del leader suo. 3. Ragione sociale dell'Associazione "Mani sporche" e': a) redigere ed emanare leggi che depenalizzino i crimini commessi da aderenti al sodalizio; b) ottenere in appalto funzioni legislative, agenzie di diporto, traffici di spezie psicoattive e di strumenti (anche NBC) per la security, milizie private, commerci con le Indie, encomiendas nelle Americhe, colonie in Africa ed Asia, concessioni di schiavi, grandi opere (costruzione di nuove piramidi ed altre meraviglie del mondo), servizi pubblici privatizzati, reti televisive e tranci di pubblicita'; c) abolire i codici residuo della sovversione illuministica e napoleonica e sostituirli con la legge dei signori Colt, Lynch, Clint & Bush; d) confezionare e propalare barzellette aventi ad oggetto la magistratura cosi' da rendere questa - che e', la sciagurata, una abominevole congrega sovversiva di scellerati persecutori della piu' nobile figura oltre che piu' generoso figlio ed illuminato statista e sublime procacciatore d'affari e provvidenziale riformatore dei costumi e inarrivabile bricoleur della nostra terra - piu' simpatica al pubblico, come gia' avviene con altri corpi dello stato; e) ripristinare il culto dovuto all'imperatore in carica; f) e per quanto non previsto dal presente articolo valga la volonta' e l'ingegno del grazioso sovrano del sodalizio. 4. E' compito di ogni aderente al sodalizio partecipare alla cerimonia quotidiana dei Due Minuti d'Odio (il kit specifico con tutte le facili istruzioni e l'onomastica gia' calendarizzata con relativi epiteti puo' essere richiesto alla sede centrale). 5. Inno ufficiale dell'Associazione "Mani sporche" e' La societa' dei magnaccioni; in particolari ricorrenze sono tuttavia ammessi altri inni, quali Giovinezza, Padania ueber alles, la sigla di Beautiful, Nessuno mi puo' giudicare; e' invece in ogni caso tassativamente vietata la Canzone di Mackie Messer, essendosi appurato che gli autori di essa erano mostri comunisti e che e' stata sovente interpretata da tal Armstrong di origine non ariana (sebbene americano e in quanto tale grande amico del nostro paese). 6. Motto ufficiale (cosa tocca fare per darsi un tono culturale) sono i versi 11-12 della scena prima dell'atto primo del Macbeth di tal William Shakespeare (N. B.: trovandosi in un libro e' probabile che essi siano inaccessibili a gran parte degli aderenti al sodalizio; si potra' provvedere a un'adeguata diffusione tramite messaggino su cellulare, musicato con apposito jingle - ricordarsi di cercare uno sponsor); motto ufficioso, di piu' facile memorizzazione e di non minor spessore storico e di recupero delle tradizioni popolari: "Me ne frego". 7. Per adesioni inviare apposita richiesta con allegata fedina penale sporca e mazzetta di banconote (N. B.: non contraffatte) all'apposito ufficio di reclutamento presso l'imperial-regia Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sono previsti sconti speciali per chi e' gia' iscritto alla loggia Propaganda 2, al Ku klux klan, ai fasci di combattimento (iscrizione gratuita per gli antemarcia), o possa esibire un attestato di benemerenza della Cupola, un autografo di uno o piu' membri del Caf, o possa vantare una passata appartenenza alla sinistra storica o rivoluzionaria allegando dichiarazione di abiura debitamente autenticata con atto notarile (o videocassetta amatoriale del richiedente l'iscrizione mentre e' scosso da conati di vomito dinanzi a riproduzione dell'opera d'arte degenerata denominata Il quarto stato del noto sovversivo Pellizza da Volpedo). Che domineddio salvi l'imperatore. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1069 del 30 settembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 31
- Previous by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 31
- Indice: