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La nonviolenza e' in cammino. 1034
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1034
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 26 Aug 2005 00:19:19 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1034 del 26 agosto 2005 Sommario di questo numero: 1. Alcuni dati sul referendum per la proibizione del commercio delle armi in Brasile 2. Jan Oberg: Combattere il nuclearismo, terrore supremo 3. Dietrich Fischer: La vera minaccia e' il terrorismo nucleare 4. Renato Solmi: Una breve nota di commento al testo di Dietrich Fischer 5. Paolo Candelari ricorda frere Roger 6. Dacia Maraini: La tua faccia non ha nome 7. Maria Luisa Spaziani: Sanno il volto profondo del rancore 8. Renee Vivien: Il palo della gogna 9. Maria Luigia Casieri: L'educazione fuori dalle gabbie 10. Le desolazioni di Scontentone: Daemmerung 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. ALCUNI DATI SUL REFERENDUM PER LA PROIBIZIONE DEL COMMERCIO DELLE ARMI IN BRASILE [Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) per averci trasmesso la seguente scheda informativa sul referendum contro il commercio delle armi che si svolgera' in Brasile tra poche settimane, ed esprimiamo naturalmente il nostro pieno sostegno alla campagna per il si', campagna che ha bisogno anche del nostro aiuto per contrastare la propaganda della lobby dei produttori di armi (per maggiori informazioni cfr. l'articolo di Ermanno Allegri nel n. 1002 di questo notiziario). Invitiamo tutti i nostri lettori a mettersi in contatto con Francesco Comina in Italia (f.comina at ladige.it), e con Ermanno Allegri in Brasile (sito: www.adital.org.br)] Le tappe che hanno condotto al referendum a) Primo passo: approvazione dello Statuto per il disarmo. E' la legge n.10.826, del 22 dicembre 2003, e' entrata in vigore dopo la firma del presidente Luiz Inacio Lula da Silva e la pubblicazione nella gazzetta ufficiale il 23 dicembre 2003. Il decreto che la regola, n. 5.123 del primo luglio 2004, e' stato pubblicato ed e' entrato in vigore il 2 luglio 2004. Questo decreto pone regole piu' ferree alla circolazione di armi, accessori e munizioni, e irrigidisce il controllo sulla vendita e l'esportazione. b) Secondo passo: Il disarmo volontario, un precedente importante. Il 15 luglio 2004 e' stata lanciata una campagna per la consegna volontaria di armi da fuoco. Prevista, all'inizio, per durare sei mesi, il successo della campagna (piu' di 400.000 armi sono gia' state consegnate) e' stato tale che si e' prorogato il periodo fino al 23 ottobre2005, data del referendum. In che cosa consiste: il cittadino che consegna la sua arma in posti prestabiliti (polizia federale, chiese, sindacati...) non deve spiegare nulla (se era roba rubata, o comprata, o illegale...) e riceve fino a 300 real come compenso. c) Terzo passo: Il referendum Il decreto legge che stabilisce il referendum e il quesito refeendario e' stato approvato dalla Camera Federale il 6 luglio 2005. Chi vota: i cittadini tra i 18 e 70 anni (obbligatorio). Tra i 16 e 18 anni, e oltre i 70, il voto e' facoltativo. Il quesito del referendum: "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere proibito nel Brasile?". Nell'urna elettronica il n. 1 e' per il no; Il n. 2 per il si'. Data del referendum: 23 ottobre 2005. Conseguenze: Se vince il si' il commercio indicato sara' proibito. Se vince il no, resteranno in vigore tutte le restrizioni sul porto d'armi previste nello Statuto per il Disarmo. * Il relatore della Commissione e' stato il deputato federale Luis Eduardo Greenhalgh, del Pt (Partito dei Lavoratori) di Sao Paulo, presidente della Commissione affari costituzionali e giustizia della Camera. Nel n. 7 della Rivista del Conasems, Commissione nazionale dei segretari municipali della salute, egli ricorda l'origine dell'attuale proposta referendaria: "A meta' 2004 il Presidente della Camera Joao Paulo Cunha, del Pt, e il Presidente del Senato, Jose' Sarney, del Pmdb, promossero una commissione mista per analizzare tutti i progetti di legge passati alla Camera e al Senato che trattavano dell'uso e della regolamentazione delle armi da fuoco in Brasile. Il relatore della Commisione fui io, come presidente della Commissione per gli affari costituzionali e la giustizia della Camera. In soli 15 giorni fu necessario analizzare settanta progetti di legge in discussione, alcuni dal 1988". Chi e' il deputato Luis Eduardo Greenhalgh: Fin dagli anni Sessanta come avvocato difese un grande numero di prigionieri politici durante la dittatura militare, affrontando per questo persecuzioni e minacce di ogni tipo. Dal 1974 nel Movimento Democratico Brasiliano (Mdb, il partito non governativo "concesso" dai militari) fino al 1979. Nel Pt dall'80 (uno dei fondatori); parlamentare per il Pt nelle legislature '87-'91; '95-'99; 2003-2007. Per contatti: e-mail: dep.luizeduardogreenhalgh at camara.gov.br Due fronti parlamentari si fronteggiano in vista del referendum nella campagna che si svolgera' dal primo al 23 ottobre: uno ha come leader i deputati Renan Calheiros e Raul Jungmann che sono a favore della proibizione della vendita e distribuzione di armi; e' il "Fronte per un Brasile senza armi" con 22 parlamentari (6 di sinistra, 10 di centro e 6 di destra); un secondo con i deputati Alberto Fraga e Luiz Antonio Flery Filho, che difendera' lo status quo, con la vendita e il commercio di armi e munizioni; e' il "Fronte parlamentare per il diritto alla legittima difesa", con 14 parlamentari (5 di centro e 9 di destra). * Alcuni dati statistici Fonti: Iser (Instituto de Estudos da Religiao), Viva Rio e Small Arms Survey, Desarme, Datasus (Banco de dados do Sistema unico de Saude), DefNet (Banco de dados On Line de Pessoas com Deficiencia), Dfae-Pcrj (Divisao de Fiscalizacao de Armas e Explosivos do Rio de Janeiro), Unesco. * Dati complessivi Ci sono in Brasile quase 18 milioni di armi da fuoco in circolazione. Piu' della meta' non hanno regolare registrazione. Nella decade 1990-2000 le armi da fuoco hanno causato quasi 266.000 morti, che e' il 24% di tutte le morti causate da cause esterne (non naturali). Il Brasile ha il 3% della popolazione mondiale, ma l'8% delle morti per armi da fuoco. E' l'unico paese che non e' in guerra in cui si muore piu' per armi (30,1% delle cause non naturali) che per incidenti stradali (25,9%). Nel 2004 38.000 persone sono state uccise da armi da fuoco: una persona ogni 15 minuti. Sempre nel 2004 il 40,8% delle lesioni invalidanti di pazienti che che hanno fatto ricorso ai centri di riabilitazione negli stati di Sao Paulo, Minas Gerais, Rio Grande do Sul e Pernambuco furono per causa di armi da fuoco. Nel gruppo dei pazienti tra 12 e 18 anni, le armi sono la causa del 61% dei casi di lesioni invalidanti. * Dati con riferimento ai giovani Le armi da fuoco sono la prima delle cause di morte di giovani in Brasile. Ogni giorno tre bambini sono feriti da pallottole in Brasile; due per un tiro accidentale (involontario). Nel 1980 il 30% delle morti di giovani in Brasile sono state uccisioni; nel 2002 questa percentuale e' balzata al 54,5%. Dal 1993 al 2002 gli omicidi tra i giovani tra i 15 e 24 anni sono cresciuti dell'88,6% a una tasso di crescita del 5,5% all'anno. I dati sulle morti per arma da fuoco tra i giovani dai 15 ai 28 anni continuano inalterate (110 omicidi ogni 100.000 abitanti/anno) nonostante che rispetto all'intera popolazione grazie alla campagna del disarmo volontario le morti siano diminuite del 7% in Brasile. * Dati con riferimento alle donne Le armi da fuoco sono responsabili del 57,7% delle morti violente tra le donne nella fascia d'eta' da 10 a 19 anni, del 54% nella fascia tra i 20 e i 29 anni, e del 49,9% tra i 40 e i 49 anni. * Armi in casa Una persona che detiene armi in casa ha il 57% di possibilita' in piu' di essere assassinata che una persona che non ha armi in casa. Il 38% delle lesioni da arma da fuoco sono provocate da persone conosciute, amici o familiari. E nella zona sud di Sao Paulo nel 46% degli omicidi la vittima e l'autore si conoscevano. Per ogni tre persone ricoverate in ospedale per lesioni da arma da fuoco, una e' per incidente involontario. Ogni giorno muoiono in media quattro brasiliani per suicidio con armi da fuoco. Lo stato del Rio Grande del Sud, occupa il secondo posto. * Per disarmare i criminali A Rio de Janeiro tra il 1994 e il 2003 del totale di armi da fuoco che la polizia ha sequestrato l'80% sono pistole. Il 30% di queste erano regolarmente registrate, cioe' i criminali le avevano rubate a persone che le avevano in casa, regolarmente registrate. Nello stato di Sao Paulo ogni anno 11.000 armi legali vengono rubate e passano nelle mani di criminali. In tutto il Brasile, solo nel 2003, sono state rubate 40.000 armi legali. * Cosa costano le armi alla sanita' pubblica Nel 2002 la sanita' pubblica ha speso tra 130 e 140 milioni di Real (tra i 45 e 55 milioni di euro) per curare feriti da arma da fuoco. * Risultati della campagna per il disarmo volontario Il 29 luglio 2005 la Campagna per il disarmo volontario aveva raccolto e ritirato dalla circolazione 400.000 armi. Nello stato del Parana' questa campagna ha ridotto del 20% il numero degli omicidi e del 34% i ricoveri ospedalieri per lesioni da arma da fuoco. Solo nella citta' di Maringa' il numero di assassinii con arma da fuoco e' sceso del 30%. Nello stato di Sao Paulo il numero degli omicidi e' diminuito del 18,5% e la quantita' di armi in circolazione del 24%. Secondo la polizia federale, in Brasile c'e' stata una diminuzione del numero di armi legali rubate: da 40.000 nel 2003 a 15.000 nel 2004. Confrontando i primi sette mesi del 2004 con i primi sette mesi in cui era in vigore la Campagna (da agosto 2004 a febbraio 2005), le statistiche mostrano che c'e' stata una riduzioni di ricoveri ospedalieri. Nella citta' di Rio de Janeiro la riduzione e' stata del 10,5% (da 180 a 160 al mese), e a Sao Paulo del 7% (da 475 a 442 al mese). * Un sondaggio Interessante una inchiesta di opinione, pubblicata dalla "Folha de Sao Paulo" il 21 luglio 2005 (e' uno dei giornali di maggior tiratura e, oggi, apertamente il portavoce della elite brasiliana di destra). L'inchiesta e' stata realizzata dalla Data-Folha in 134 Municipi e ha ascoltato un campione di 2.110 persone. La domanda posta e' stata la stessa del referendum: "Il commercio delle armi da fuoco e munizioni deve essere probito in Brasile?". l'80% dei brasiliani interpellati dal sondaggio hanno risposto si'; il 17% no; il 3% non hanno risposto; il 24% degli intervistati non sapevano del referendum. Dati del sondaggio disaggregati per genere: sono contro la vendita di armi da fuoco: 85% delle donne e 75% degli uomini. Dati del sondaggio disaggregati per Regioni: sono contro la vendita di armi da fuoco: nel Nordest 84% e nel Sud 71%. Dati del sondaggio disaggregati per livello di scolarita': sono a favore della vendita di armi da fuoco: scuola dell'obbligo 16%; scuole superiori 17%; universitari 22%. 2. RIFLESSIONE. JAN OBERG: COMBATTERE IL NUCLEARISMO, TERRORE SUPREMO [Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a disposizione la sua traduzione di questo testo di Jan Oberg estratto dal n. 225 del notiziario della Transnational Foundation for Peace and Future Research (in sigla: Tff; sito: www.transnational.org) che ne detiene i diritti di copia. Jan Oberg (per contatti: oberg at transnational.org), danese, nato nel 1951, illustre cattedratico universitario, e' uno dei piu' importanti peace-researcher a livello internazionale e una figura di riflerimento della nonviolenza in cammino. Tra le sue molte opere: Myth About Our Security, To Develop Security and Secure Development, Winning Peace, e il recente Predictable Fiasco. The Conflict with Iraq and Denmark as an Occupying Power] Sganciare bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e' stato un esempio di terrorismo bello e buono. Le dottrine nucleari di oggi e la dottrina del modo di combattere una guerra nucleare dell'amministrazione Bush in particolare sono espressioni di una filosofia terroristica. Persone innocenti sono prese come bersaglio oggi e potrebbero essere uccise domani al fine di conseguire un obbiettivo politico. Per 50 anni centinaia di milioni di civili sono stati tenuti come ostaggio da minuscole elites nucleariste che non hanno mai avuto il coraggio di indire un referendum sull'esistenza di armi nucleari. I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sono stati terroristi. Insieme a membri piu' recenti del (malvagio) club nucleare, come l'India, il Pakistan e Israele, essi credono che la proliferazione delle armi nucleari (e non la loro esistenza) sia il problema da risolvere. Ma e' il loro rifiuto di aderire al Trattato di non proliferazione e di abolire del tutto le armi nucleari che costituisce il problema essenziale. E' fin troppo facile capire che, finche' alcuni stati possiedono armi nucleari, altri vorranno possederle a loro volta. Nel comunicato stampa 225 [vedi il testo seguente, di Dietrich Fischer] il socio della "Tff" Dietrich Fischer afferma sinteticamente: Il doppio standard ("le armi nucleari vanno bene per noi, ma non sono adatte per voi") e' stupido e non persuadera' mai nessuno. Credere che la tecnologia delle armi nucleari possa essere tenuta segreta per sempre e', d'altra parte, ingenuo. Oggi i cittadini, i media e gli uomini politici sono profondamente preoccupati dall'idea che possa svilupparsi un terrorismo nucleare privato ad opera di piccoli gruppi. Ma una "guerra al terrore" che non cerchi - con la massima urgenza - di abolire il megaterrorismo degli stati nucleari e' autodistruttiva, fallace e totalmente sciocca. Dobbiamo combattere il nuclearismo, il terrore finale. Con la serie di articoli che inizia oggi la "Tff" si propone di contribuire a intensificare questa lotta. Come cittadini sparsi in tutto il mondo dobbiamo creare una massa critica e fare in modo che le armi nucleari se ne vadano prima che i terroristi nucleari, nella loro megalomania, ci facciano sloggiare tutti quanti da esso. 3. RIFLESSIONE. DIETRICH FISCHER: LA VERA MINACCIA E' IL TERRORISMO NUCLEARE [Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a disposizione la sua traduzione di questo testo del 26 luglio 2005 di Dietrich Fischer estratto dal n. 225 del notiziario della Transnational Foundation for Peace and Future Research (in sigla: Tff; sito: www.transnational.org) che ne detiene i diritti di copia. Dietrich Fischer, associato della Transnational Foundation for Peace and Future Research, e' direttore accademico del Centro per gli studi sulla pace dell'Universita' Europea a Stadtschlaining in Austria, e condirettore di Transcend, prestigiosa rete per la pace e lo sviluppo] Le quattro bombe terroristiche che sono esplose a Londra il 7 luglio hanno provocato lutti e sofferenze immense. Questo crimine e' stato giustamente oggetto di condanne pressoche' universali. La violenza non risolve alcun problema, e, al contrario, non fa che aggravarli. E tuttavia bisogna dire che questa tragedia non fa che adombrare, per il futuro, l'avvento di catastrofi molto peggiori, se il mondo in cui viviamo continua nel suo corso attuale. * Le insidie del nuclearismo Finche' le grandi potenze insistono a mantenere le armi di cui sono in possesso, pretendendo di averne bisogno per garantire la propria sicurezza, non possono aspettarsi di impedire ad altri paesi o organizzazioni terroristiche di procurarsi questo genere di armi, e, un giorno o l'altro, di farne uso. La bomba atomica sganciata su Hiroshima ha ucciso piu' di 200.000 persone. Le bombe nucleari di oggi sono di gran lunga piu' potenti di essa. Se anche un solo ordigno nucleare fosse stato fatto esplodere su un'automobile parcheggiata o in un battello sul Tamigi, il centro di Londra sarebbe stato cosparso di rovine fumanti e radioattive, e oltre un milione di persone avrebbero potuto rimanere uccise sull'istante, e un multiplo di questa cifra sarebbero destinate a perire lentamente in seguito alle malattie causate dalle radiazioni. Il doppio standard secondo il quale "le armi nucleari vanno bene per noi, ma non sono adatte per voi" e' intrinsecamente idiota e incapace di convincere nessuno. Credere che la tecnologia della produzione di armi nucleari possa essere tenuta segreta per sempre significa dar prova della massima ingenuita'. Quelli che continuano a credere nella favola della "teoria della dissuasione" farebbero meglio a destarsi, e cioe' ad aprire gli occhi, alla realta' dell'epoca dei bombardieri suicidi. Chiunque sia convinto di finire direttamente in paradiso se si fa saltare per aria non puo' essere "dissuaso" dalla minaccia di una rappresaglia orripilante. I governi che ordinano di far piovere tonnellate di bombe sull'Iraq e sull'Afghanistan non dovrebbero stupirsi di avere impiantato idee analoghe nelle menti di imitatori zelanti. Osama bin Laden, a suo tempo, ha beneficiato di sostegni e di addestramenti finanziati a cura della Cia. Richard Falk, che e' da tempo professore di diritto internazionale presso l'universita' di Princeton, ha giustamente fatto notare che "i piu' grandi utopisti sono quelli che si autodefiniscono 'realisti', dal momento che credono erroneamente di poter sopravvivere all'eta' nucleare con la politica di sempre. I veri realisti sono quelli che si rendono conto della necessita' di un cambiamento". * Quattro cambiamenti che dobbiamo operare Quali cambiamenti dobbiamo operare se vogliamo che l'umanita' sopravviva? Dobbiamo smettere di credere che i problemi a cui ci troviamo di fronte si possano risolvere con l'impiego di una forza militare offensiva. Cio' non fa che incoraggiare altri a ripagarci della stessa moneta. L'adozione di misure di polizia per fermare l'azione di criminali, e la difesa contro un attacco esterno, sono legittime e giustificate, ma non gli interventi militari in altri paesi, fatta eccezione per le operazioni di "peacekeeping" disposte dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu per porre termine a un genocidio o a disastri di carattere umanitario. Trentasette anni dopo aver firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, e' tempo che le potenze nucleari adempiano agli impegni da loro assunti di procedere a un disarmo nucleare. Abbiamo bisogno di vivere in un mondo di gran lunga piu' aperto, dove tutte le armi nucleari siano distrutte in modo verificabile, e dove la fabbricazione di nuove armi dello stesso tipo non possa essere tenuta nascosta. L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (l'Aiea) puo' ispezionare, attualmente, solo i siti che i paesi che ne fanno parte sottopongono volontariamente alla sua supervisione. Se una persona sospettata di contrabbando di armi potesse dire a una guardia confinaria: "Controlli pure sotto il mio sedile, ma non apra il portabagagli", e' chiaro che un'"ispezione" di questo genere sarebbe priva di senso. L'Aiea deve avere la facolta' di ispezionare qualunque impianto nucleare sospetto, in qualunque luogo del mondo, senza alcun preavviso, dal momento che, altrimenti, sarebbe impossibile prevenire la diffusione di armi nucleari. I governi che sono ora in possesso di armi nucleari obbiettano a queste ispezioni di carattere intrusivo che si tratterebbe di una "violazione della loro sovranita'". Ma anche molti passeggeri di aerei protestavano, a tutta prima, contro la richiesta di ispezionare i loro bagagli alla ricerca di armi da fuoco o di esplosivi, quando quelle ispezioni furono introdotte dopo una serie di sequestri calamitosi. Oggi i passeggeri si rendono conto del fatto che quelle ispezioni proteggono la loro propria sicurezza. Quelli che non hanno nulla da nascondere non hanno nulla da temere. Prima o poi i governi finiranno per addivenire alla stessa conclusione. La questione in predicato e' solo se cio' avverra' prima o dopo che sia fatta esplodere la prima bomba nucleare di natura terroristica. Dobbiamo rivolgerci alle cause di fondo del terrorismo, e cioe' ai conflitti irrisolti che suppurano, se cosi' si puo' dire, da parecchio tempo. Specialmente in situazioni caratterizzate da rapporti di forza asimmetrici, la parte piu' debole puo' essere tentata di ricorrere ad attacchi isolati e imprevedibili contro i bersagli vulnerabili di un antagonista piu' potente, come negli anni '70 le Brigate Rosse in Italia, la Raf (Rote Armee Fraktion) nella Germania occidentale e l'Ira (Irish Republican Army) in Gran Bretagna. Piu' di recente le Tigri Tamil hanno fatto esplodere bombe in luoghi pubblici nel quadro della loro lotta contro l'esercito e il governo militarmente superiori dello Sri Lanka. Oggi, poi, in Iraq, le autobombe esplodono quasi quotidianamente. Va da se' che líuccisione di civili con bombe sganciate dall'aria, invece di essere trasportate in automobili o zaini a spalla, rappresenta anch'essa una forma di "terrorismo di stato" che non puo' fare a meno di stimolare una resistenza popolare violenta, che e' poi usata, a sua volta, come giustificazione per l'intensificazione della caccia ai terroristi, e cosi' via, in un circolo vizioso senza fine. L'incontro fra il presidente Franklin Delano Roosevelt e il re Ibn Saud dell'Arabia Saudita che ebbe luogo in Egitto sull'incrociatore americano Quincy il 14 febbraio 1945, e in cui Roosevelt si impegno' ad appoggiare la famiglia reale saudita contro l'opposizione interna in cambio di un accesso garantito alle risorse petrolifere della regione, puo' spiegare, almeno in parte, perche' 15 dei 19 attentatori suicidi dell'11 settembre 2001 a New York e a Washington fossero cittadini sauditi. Le esportazioni di armi a regimi oppressivi e dittatoriali producono inevitabilmente, come risultato, uno stato d'animo di insoddisfazione fra coloro che soffrono sotto di essi. Il conflitto mediorientale, dove i palestinesi hanno vissuto per generazioni in campi di rifugiati e soffrono di un tasso particolarmente elevato di disoccupazione, e' un terreno naturale di cultura di attentatori suicidi. Su un piano piu' generale, un sistema economico mondiale in cui oltre 100.000 persone, per lo piu' bambini, muoiono ogni giorno, senza alcuna necessita', di fame o di malattie potenzialmente prevenibili, mentre nei paesi ricchi si verifica un'enorme quantita' di consumo vistoso e di sprechi, non puo' fare a meno di alimentare il malcontento degli interessati. Il fatto che gli Stati Uniti abbiano intrapreso, dalla seconda guerra mondiale in poi, 67 interventi militari all'estero, in cui sono stati uccisi, secondo stime plausibili, 12 milioni di persone (tre milioni solo nel Vietnam), non ha contribuito a renderli simpatici in molte parti del mondo. Al terrorismo non si puo' porre fine uccidendo i terroristi. Agendo a questo modo non si puo' ottenere altro effetto che non sia quello di mandare in collera i loro ammiratori e di provocarli a cercare di vendicarsi. E' necessario correggere e raddrizzare le cause di lagnanze e di grandi ingiustizie che inducono la gente a sacrificare la propria vita allo scopo di vendicarle. L'Occidente deve entrare in dialogo con quelli che combattono contro di esso, allo scopo di rimuovere le motivazioni che inducono a ricorrere alla violenza, inclusa la violenza indiscriminata contro cittadini innocenti. Nel conflitto in corso nell'Irlanda settentrionale la violenza e' cessata quando il governo britannico ha acconsentito a dialogare coi suoi avversari, invece di contare esclusivamente sull'esercito per mettere a tacere le proteste dell'opposizione. E' del pari importante darsi da fare, con tutti i mezzi disponibili, per trasformare i conflitti in controversie pacifiche prima che essi esplodano in violenza aperta. Questa e' un'abilita' che puo' essere insegnata ed appresa. Per esempio, Johan Galtung, considerato da molti come un pioniere, o come un fondatore, nel campo della "peace research", e' stato capace di porre termine a un conflitto di lunga data sui confini tra Ecuador e Peru', nel corso del quale i due stati avevano combattuto quattro guerre successive, suggerendo di trasformare il territorio oggetto delle loro contese in una "zona binazionale provvista di un parco naturale", amministrata in comune dai due paesi. Questo intervento di carattere pacifico non e' costato quasi nulla rispetto a cio' che sarebbe costata un'operazione di "peacekeeping" di carattere militare. Abbiamo bisogno di un'organizzazione apposita dell'Onu per la mediazione dei conflitti, dotata di centinaia di mediatori ben addestrati che possano contribuire a impedire che i conflitti, e cioe' i contrasti esistenti, possano degenerare in forme violente. Questo e' un investimento di bassissimo costo, ben degno di essere effettuato, in quella che si potrebbe chiamare l'arte della sopravvivenza umana, se lo si confronta col trilione di dollari che il mondo spende ogni anno allo scopo di armare milioni di soldati, che non fanno che rendere il mondo collettivamente meno sicuro (e cioe' meno sicuro per l'umanita' nel suo insieme). Se restiamo ostinatamente legati a modi di pensare obsoleti, come quello secondo il quale ci possiamo rendere sicuri minacciando altri, andremo incontro all'estinzione come specie umana, al pari di altre specie che non sono riuscite ad adattarsi alle nuove condizioni che si erano venute a creare. * E' realistico cercare di liberarsi delle armi nucleari E' una prospettiva realistica quella di liberarsi di tutte le armi nucleari? Certamente piu' realistica, a nostro avviso, che quella di aspettare che esse vengano usate, sia deliberatamente che per mero accidente. Alcuni hanno sostenuto che non possiamo disinventare le armi nucleari e che percio' dovremmo rassegnarci a vivere insieme ad esse per tutto il tempo in cui la civilta' continuera' ad esistere. A cio' si puo' obbiettare che nessuno ha disinventato il cannibalismo, ma che abbiamo semplicemente appreso ad aborrire quell'antica pratica. Non possiamo apprendere ad aborrire ugualmente l'incinerazione di intere citta' per mezzo di bombe nucleari? 4. RIFLESSIONE. RENATO SOLMI: UNA BREVE NOTA DI COMMENTO AL TESTO DI DIETRICH FISCHER [Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per questo intervento. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale] Spero che mi si perdonera' se sento il bisogno di evidenziare ulteriormente, con una breve postilla, la struttura intrinseca di questo scritto, che l'autore ha gia' messo bene in risalto con la quadripartizione della parte centrale del testo, ma che potrebbe anche sfuggire al lettore disattento, come spesso accade nelle scuole anche alle esposizioni piu' chiare e piu' lineari, che i migliori autori di manuali scolastici non mancano di corredare di diciture in margine o di sintesi successive (perche' il loro senso si imprima attraverso una serie di messe a fuoco successive nell'animo dei ragazzi). Purtroppo il mestiere esercitato per trent'anni lascia tracce indelebili sull'animo degli operatori... * Il primo dei cambiamenti da effettuare e' quello di smettere di credere che i problemi a cui ci troviamo di fronte nell'epoca nucleare possano essere risolti con l'uso della forza. Cio' implica la rinuncia a qualsiasi intervento militare all'estero che non sia imposto come indispensabile da circostanze del tutto eccezionali (come un genocidio in atto o grandi calamita' di carattere umanitario). In casi di questo genere si dovrebbe realizzare l'unanimita' nel Consiglio di Sicurezza, cio' che invece, come e' noto, non e' avvenuto in quello dell'Iraq. Trentasette anni dopo la firma del trattato di non proliferazione nucleare le grandi potenze dotate di armi nucleari non hanno tenuto fede al loro impegno di procedere a un disarmo sostanziale in questo campo. Il solo modo possibile di impedire che sempre nuovi paesi accedano al possesso di armi nucleari e' quello di avviare al piu' presto un processo di disarmo universale controllato in questo campo. Si tratta, cioe', di muoversi in una direzione completamente diversa da quella in cui si e' incamminata l'amministrazione Bush negli Stati Uniti, insieme ai governi (sempre meno numerosi) che hanno creduto di doversi accodare ad essa. * Il terzo punto e' quello della necessita' di fronteggiare le cause profonde del terrorismo, che sono rappresentate, per l'appunto, da questo doppio standard, e, piu' in generale, da un sistema economico di sfruttamento e di dissipazione che trova in esso la sua tutela e la sua garanzia, ma, nello stesso tempo, una contraddizione di fondo che non puo' mancare di venire alla luce prima o poi. La conseguenza pratica da tirare da questa constatazione (siamo sempre nell'ambito del terzo punto in questione) e' che le potenze occidentali devono dialogare con quelli che si battono contro di esse e rimuovere le motivazioni che li spingono a ricorrere alla violenza. Un esempio positivo in questo senso puo' essere fornito dal modo in cui e' stata avviata a soluzione, dopo decenni di conflitti ininterrotti, la questione irlandese. * Il quarto punto sviluppa questo tema, e cioe' quello della necessita' di trasformare i conflitti in contrasti suscettibili di soluzioni pacifiche prima che essi si sviluppino in forme di violenza aperta. Dietrich Fischer cita un esempio poco noto ma significativo, e cioe' la soluzione del problema rappresentato dalle zone di confine fra Ecuador e Peru', che avevano dato luogo a frequenti guerre, e che e' stato disinnescato, senza altri inconvenienti, dall'intervento mediatore dell'organizzazione guidata da Galtung. * E' fin troppo chiaro che tutti questi aspetti della questione sono strettamente connessi fra loro, e che possono essere affrontati in modo corretto solo dal punto di vista della nonviolenza creatrice, la cui funzione provvidenziale e benefica e' messa in piena luce proprio dalle aporie apparentemente insolubili della questione nucleare. 5. MEMORIA. PAOLO CANDELARI RICORDA FRERE ROGER [Ringraziamo Paolo Candelari (per contatti: paolocand at libero.it) per questo intervento. Paolo Candelari, presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione, e' una delle piu' conosciute e stimate figure della nonviolenza in Italia. Il Movimento Internazionale della Riconciliazione (in sigla: Mir in Italia, Ifor - International Fellowship of Reconciliation - a livello internazionale) e' uno dei principali e piu' autorevoli movimenti nonviolenti. Roger Schutz, per tutti "frere Roger", una delle grandi figure della nonviolenza del XX secolo, nato nel 1905, fondatore della Comunita' di Taize', infaticabile animatore dell'incontro ecumenico e della solidarieta' con gli oppressi, e' stato ucciso alcuni giorni fa] Mentre mi trovavo in vacanza vengo raggiunto dalla terribile notizia della morte, anzi, dell'assassinio di frere Roger Schutz, priore e fondatore della comunita' di Taize'. Tale notizia mi getta nell'angoscia, sia perche' sento la sua perdita come quella di una guida spirituale a cui tanto devo della mia formazione cristiana e sociale, sia per il modo con cui e' avvenuta, con tanta somiglianza con quella di Gandhi. Andai a Taize' per la prima volta nel 1972; avevo 18 anni, la' trovai una fonte inesauribile per il mio impegno per la giustizia e per la mia vita di fede; era in corso la preparazione del concilio dei giovani, e il tema di quell'anno era "lotta e contemplazione". Per me, impegnato nelle lotte sociali e studentesche di quegli anni e nel contestare un certo modo di vivere il cristianesimo "borghese", radicale nelle scelte politiche ma altrettanto radicalmente contrario alla violenza, che, soprattutto, non riuscivo a capacitarmi dell'antagonismo di fatto tra movimento operaio e studentesco e chiesa, fu una vera illuminazione: trovai allora forza nella fede per l'impegno nel sociale. Ascoltai sempre Frere Roger, con la sua voce profonda, dolce e convinta, come si ascolta un maestro. Lessi i suoi libri, pagine di diario dei suoi mille e mille incontri con i giovani, e soprattutto le sue lettere aperte, e ho sempre trovato in lui un faro che mi ha illuminato fino ad oggi. * Egli e' sempre vissuto per accogliere gli altri, a cominciare da quando, nel 1940, fondo' la comunita' proprio per nascondere e salvare i profughi e i fuggitivi nell'epoca buia dell'occupazione nazista. La sua fede profonda (ricordo quando in un colloquio, un sacerdote chiese notizie della madre morente, lui rispose con un sorriso: "si sta avvicinando alla resurrezione"), la sua semplicita', la sua discrezione (non ha mai "bucato il video" ma ha raggiunto tante coscienze), la sua coerenza, mi hanno sempre colpito, e ne fanno un santo del XX secolo. E non hanno colpito solo me. Quanti giovani sono passati dalla collina di Taize', proprio grazie a questo suo accogliere tutti senza chiedere da dove venissero ne' dove andassero. E di questi quanti hanno trovato fede, forza e coraggio. E quanto e' diffusa la spiritualita' di Taize' con gruppi di preghiera sparsi in tutto il mondo (e tra questi quello di Torino, grazie al quale io stesso ho riscoperto la bellezza della preghiera). Cosi' poco presente nelle pagine dei giornali, rifuggendo da quella visibilita' mediatica che molti oggi rincorrono disposti per essa ai piu' bassi compromessi; sempre rifiutando di costituire un movimento o congregazione che fosse, perche' lo Spirito deve soffiare dove vuole senza strutture o gerarchie che cerchino di imbrigliarlo; Taize', la felice intuizione di frere Roger, ha in realta' inciso nella storia politica e sociale, nelle chiese e nelle societa'. E questo, non temo di esagerare, e' un vero miracolo. * E anche noi del Movimento internazionale della riconciliazione siamo a lui debitori. Non e' stata la sua un'intera vita dedicata alla riconciliazione ed alla nonviolenza? Quel suo "lotta e contemplazione per divenire uomini di comunione" non racchiude per intero il nostro programma? Addio caro frere Roger, tu hai raggiunto lo scopo della tua vita, quel Cristo Risorto, che hai "presentato" col sorriso e la gioia a tanti giovani, dopo esserti fatto simile a Lui, anche col martirio. A noi non rimane che pensarti abbracciato al Risorto e ti preghiamo di chiederGli di donarci la forza per proseguire nelle strade della riconciliazione e della speranza che ci hai indicato. E una preghiera vorrei elevare anche per chi ha compiuto un gesto cosi' tremendo: che possa pentirsi e scoprire il perdono che Dio offre a tutti noi, come frere Roger ci ha sempre insegnato. 6. POESIA E VERITA'. DACIA MARAINI: LA TUA FACCIA NON HA NOME [Da Francesca Pansa, Marianna Bucchich (a cura di), Poesie d'amore. L'assenza, il desiderio, Newton Compton, Roma 1986, 1994, p. 180. Dacia Maraini, nata a Firenze nel 1936, scrittrice, intellettuale femminista, e' una delle figure piu' prestigiose della cultura democratica italiana. Tra le opere di Dacia Maraini: L'eta' del malessere (1963); Crudelta' all'aria aperta (1966); Memorie di una ladra (1973); Donne mie (1974); Fare teatro (1974); Donne in guerra (1975); (con Piera Degli Esposti), Storia di Piera (1980); Isolina (1985); La lunga vita di Marianna Ucria (1990); Bagheria (1993)] La tua faccia non ha nome la tua voce non ha suono il tuo treno non ha numero il tuo viaggio non ha orari ma io so che verrai con quella faccia con quella voce con quel treno alla fine del tuo lungo viaggio. 7. POESIA E VERITA'. MARIA LUISA SPAZIANI: SANNO IL VOLTO PROFONDO DEL RANCORE [Da Maria Luisa Spaziani, Poesie 1954-1996, Mondadori, Milano 2000, p. 255. Maria Luisa Spaziani e' nata a Torino nel 1942 e vive a Roma da molti anni; docente universitaria di letteratura francese, presidente del "Premio internazionale Eugenio Montale", e' una delle piu' intense voci poetiche italiane del secondo Novecento] Sanno il volto profondo del rancore gli uomini che vivono da frutto e mai furono fiore? 8. POESIA E VERITA'. RENEE VIVIEN: IL PALO DELLA GOGNA [Da Guido Davico Bonino, Paola Mastrocola (a cura di), L'altro sguardo. Antologia delle poetesse del Novecento, Mondadori, Milano 1996, pp. 86-87 (traduzione di Paola Mastrocola). Renee Vivien, pseudonimo di Pauline Tarn (1877-1909), poetessa di vibratile sensibilita' e viaggiatrice inesausta, cosmopolita e perennemente all'ascolto della voce della lirica greca - che e' la voce dell'umanita' quando sapeva vedere oltre che guardare, e cogliere il palpitare della vita, e sciogliere in canto la gioia e il dolore] Per lungo tempo, fui inchiodata al palo della gogna, e donne, vedendomi sofrire, hanno riso. Poi uomini hanno preso con le mani una melma che fini' per infangare le mie tempie e la mia guancia. Le lacrime salivano dentro di me, ondose come flutti, ma l'orgoglio mi ha fatto soffocare i singhiozzi. Io li vedevo cosi', come attraverso un sogno spaventoso, il cui orrore s'irrita e si prolunga. Era una piazza pubblica e tutti erano venuti, e le donne gettavano risate ingenue. Si lanciavano tra loro frutti insieme a canti folli, e il vento mi portava il rumore delle loro parole. Ho sentito invadermi la collera e l'orrore. Silenziosamente, ho imparato a odiarli. Gli insulti sferzavano, come fruste d'ortica. Qando infine mi hanno schiodata, me ne sono andata. Me ne sono andata secondando i venti. E da allora il mio viso e' simile alla faccia dei morti. 9. RIFLESSIONE. MARIA LUIGIA CASIERI: L'EDUCAZIONE FUORI DALLE GABBIE [Ringraziamo Maria Luigia Casieri per questo intervento. Maria Luigia Casieri (per contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel 1961, insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali animatrici del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata nel settore educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di ruolo nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi di aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni. Opere di Maria Luigia Casieri: Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta, 5 voll., Viterbo 2004] L'organizzazione disciplinare della conoscenza, il requisito di scintificita' della ricerca, il concetto di evoluzione dei saperi frutto della ricerca e, in primis, della ricerca scientifica, la distinzione tra scienze umane e scienze della natura sono concetti che vanno problematizzati e rispetto ai quali l'analisi e le conclusioni, provvisorie, che se ne traggono impattano piu' o meno esplicitamente sulle scelte di indirizzo che qualificano il sistema di istruzione e formazione di una determinata societa'. Di fatto le discipline, nella loro attuale configurazione, sono determinate da un oggetto di studio, ovvero da un proprio campo di indagine definito in riferimento alla specificita' che ciascuna e' in grado di rivendicare rispetto ad altri campi di indagine, nonche' da un insieme di strategie procedurali, metodologie di indagine e strumenti di ricerca. Una tale definizione necessita di essere letta in una prospettiva dinamica e storicamente connotata, quale frutto e precipitato delle forme e dei modi e dei processi, in continua trasformazione, attraverso cui si sono costruite nel tempo le conoscenze di concreti gruppi umani. La conoscenza che abbiamo del mondo si e' quindi storicamente strutturata attraverso l'organizzazione in sistemi simbolico-culturali definitisi e articolatisi in approcci disciplinari che, pur non essendo in se' necessari ne' universali, si sono imposti come dominanti anche perche' potenti strumenti euristici, efficaci dal punto di vista dell'influenza di trasformazione delle condizioni di vita, economici e coerenti. Diversi gruppi umani e in diversi tempi hanno notoriamente elaborato diverse modalita' di organizzazione dei saperi e diversi sistemi concettuali, che tuttavia non sono stati in grado di universalizzarsi. Nono solo quindi diversi scenari sarebbero stati possibili (come bene evidenzia il recente testo di Bocchi e Ceruti su globalizzazione e educazione), ma lo stesso scenario attuale e' caratterizzato da una relativa fluidita', per cui incessantemente gli "oggetti di studio" si ridefiniscono e si intrecciano, si modificano gli strumenti di indagine e gli assetti metodologici, si approfondiscono le ipotesi interpretative e metainterpretative. * All'interno di questa cornice acquisisce spessore il problema delle relazioni tra strutture della mente e strutture delle discipline. Non si tratta quindi soltanto di trasmettere un corpus di saperi concettuali e procedurali per conservarlo e incrementarlo con l'apporto delle nuove generazioni, quanto di comprendere il ruolo formativo e strutturante dell'assetto culturale, definibile come attuale patrimonio del genere umano. Si pone qui il problema dello sviluppo individuale e delle categorie interpretative dell'evoluzione infantile in riferimento almeno a due aspetti individuabili come fondamentali e relativi alle modalita' di acquisizione della conoscenza e al ruolo del contesto socio-culturale nel processo di crescita della persona. Ineludibili al riguardo sono almeno due riferimenti. Il primo e' a Piaget, che nel porsi il problema epistemologico di fondare sperimentalmente i processi di acquisizione della conoscenza trovo' nella genesi infantile dei concetti le caratteristiche della loro progressiva strutturazione logica. Citiamo per tutti, a questo riguardo, gli esiti che ottenne nelle ricerche di ambito matematico, che conseguirono dal versante psicologico gli stessi esiti che dal versante logico andavano elaborando i gruppi di matematici nell'individuare i fondamenti della disciplina. Mentre questo risultato portava Piaget a ipotizzare una sorta di isomorfismo delle strutture logiche e psicologiche, richiede probabilmente un ulteriore approfondimento del problema, grazie al riferimento alle ricerche bruneriane che consentono di considerare il condiviso tessuto culturale, anche nell'articolazione del suo impianto disciplinare, come mediatore dello sviluppo psicologico. L'apporto bruneriano e, in specie, il contributo rintracciabile nel suo testo La mente a piu' dimensioni, grazie al concetto di conoscenza come costruzione di mondi possibili, riporta l'analisi nel cuore del problema della conoscenza, intesa che sia in modo plurale o unitario, del suo fondamento, della sua evoluzione. * Qui si pongono un grumo di categorie interpretative che tra loro si intrecciano pur derivando da diversi ambiti di riflessione. In primo luogo va collocata la dinamica tra soggetto e oggetto della conoscenza. Nella stessa elaborazione piagetiana il soggetto costruisce le proprie strutture cognitive al tempo stesso in cui costruisce il proprio oggetto di conoscenza che non esiste in quanto "dato" ma in quanto organizzato sulla base di costruzioni teoriche. Del resto l'affermazione della non datita' del reale e del reciproco rimando costitutivo tra oggetto e soggetto ha radici filosofiche che da Kant all'idealismo approdano all'ermeneutica, sebbene attraverso diversi e incomparabili sistemi concettuali. Una seconda categoria interpretativa del problema della conoscenza puo' farsi derivare dall'ambito della riflessione linguistica. In particolare, individuiamo come snodo di passaggio il problema del valore di verita' delle asserzioni linguistiche come definito nel Wittgenstein del Tractatus che si chiude con l'affermazione che di cio' di cui nulla si puo' affermare e' bene tacere, con cui intende risolvere l'attribuzione di senso solo limitatamente alle asserzioni scientificamente fondate. Ebbene, il Wittgenstein delle Ricerche Filosofiche, attraverso la teoria degli usi linguistici, recupera e valorizza una sfera del significato, che costituisce parte consistente del vivere umano e del suo esprimersi linguisticamente. * Approfondendo lo scandaglio e' ineludibile affrontare il problema del fondamento di verita' di una teoria scientifica. Il principio popperiano della provvisoria accettabilita' delle teorie che, e fintanto che, non siano state falsificate sebbene sottoposte ad un intenzionale processo di falsificazione, risulta ridefinito e, in un certo senso, scardinato dalla riflessione di Feyerabend che nega ogni fondamento ontologico alla verita', ma mentre argomenta l'esigenza di un rimando alla metafisica, esclude sia la verifica che la falsificazione empirica dalla natura fondativa della conoscenza. La realta' esterna e' concepita come indeterminata e sostanzialmente inconoscibile: oggetto di conoscenza sono i mondi costruiti da narrazioni e sistemi concettuali, ne' stabili ne' definitivi. Questa riflessione aggetta sulla riflessione elaborata anche nell'ambito delle cosiddette scienze esatte: non solo e' possibile accennare in questo contesto alla teoria della relativita', al mutare delle geometrie e per l'appunto al loro essere plurale, in funzione dei diversi sistemi di riferimento. La stessa fisica quantistica sembra negare l'esistenza di un mondo reale indipendente dal pensiero e dall'azione dell'uomo. * Infine, da una prospettiva nuovamente filosofica e' possibile definire l'epoca presente come l'epoca della postmodernita' e pertanto caratterizzata dall'infrangersi dell'illusione della storia come progresso. Questa reinterpretazione storica, non piu' in termini evolutivi, attraversa trasversalmente una pluralita' di discipline: la storia, che si rivela non piu' il frutto di una concatenazione finalistica quanto lo scenario per l'irruzione di casualita' e involuzioni, di contrasti e perdite (sia in termini di estinzioni che di oppressioni); la storia della scrittura, non piu' interpretata come evoluzione dal concreto all'astratto e quindi dall'iniziale sistema pittografico al piu' astratto sistema alfabetico; l'ecologia, ambito in cui l'incremento delle conoscenze scientifiche e delle potenzialita' tecniche di trasformazione dell'ambiente naturale ha portato ad esiti catastrofici. Dei tre ambiti citati a titolo esemplificativo, non a caso due e l'ultimo in particolare, comportano una precisazione che definisce un ulteriore ambito problematico. Si tratta del costituirsi di discipline di frontiera, di discipline in cui si definisce un nuovo campo di ricerca che richiede l'interagire di una pluralita' di discipline e l'inevitabile modificarsi del loro statuto, fecondate dal reciproco incontro. * La sfida della complessita', ad un tempo portato dello statuto debole del fondamento del sapere, dei processi di mondializzazione dell'economia, dei mercati, delle informazioni, e dei processi di interdipendenza derivanti dal potenziamento dei saperi e delle tecniche, rende la separazione rigida tra discipline non piu' adeguata a trovare risposte ai problemi emergenti in sede pratica come speculativa. La sfida della complessita' pertanto riporta alla centralita' del problema morale, che coniughi l'incertezza del pensiero debole con l'appello del volto dell'altro e con il "principio responsabilita'". La sfida della complessita' interpella la formazione a restituire quella sapienza talvolta espropriata dalla pluralita' dei saperi; a saper costruire quei nessi capaci di dare senso a informazioni disaggregate inadatte in se' a contribuire alla costruzione di un orizzonte culturale, a cogliere quelle interdipendenze che consentano di vedere oltre l'albero anche la foresta. 10. LE DESOLAZIONI DI SCONTENTONE: DAEMMERUNG [Continuiamo a farci del male, caro il mio Scontentone] La guerra terroristica in corso con le sue terroristiche ricadute su scala planetaria, l'aids che sta decimando un continente, il flagello della fame e della distruzione della biosfera, l'Europa che da un decennio ha riaperto i campi di concentramento, la superpotenza americana nelle mani del dottor Stranamore, un'orda di razzisti, neofascisti e giulivi conviventi con la mafia al governo, e questi stanno a fare le primarie. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1034 del 26 agosto 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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