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La nonviolenza e' in cammino. 1029
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1029
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 21 Aug 2005 00:18:59 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1029 del 21 agosto 2005 Sommario di questo numero: 1. Giacomo Alessandroni ricorda frere Roger 2. Da Gerusalemme le Donne in nero solidali con Cindy Sheehan 3. Marco Deriu: Il dono in una societa' di mercato 4. Margarete Durst presenta "Le filosofie femministe" di Franco Restaino e Adriana Cavarero 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. GIACOMO ALESSANDRONI RICORDA FRERE ROGER [Ringraziamo Giacomo Alessandroni (per contatti: g.alessandroni at peacelink.it) per questo ricordo di Frere Roger. Giacomo Alessandroni, amico della nonviolenza, ingegnere, docente, da sempre impegnato in iniziative di pace e di solidarieta', collaboratore di Peacelink, del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo e di altre esperienze nonviolente, e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario. Roger Schutz, per tutti "frere Roger", una delle grandi figure della nonviolenza del XX secolo, nato nel 1905, fondatore della Comunita' di Taize', infaticabile animatore dell'incontro ecumenico e della solidarieta' con gli oppressi, e' stato ucciso alcuni giorni fa] La sera del sedici agosto durante la preghiera vespertina una persona squilibrata si e' fatta breccia tra le migliaia di fedeli che vi assistevano ed ha ucciso fratello Roger, il novantenne fondatore della comunita' ecumenica di Taize'. * Tutto ebbe inizio in quel lontano 1940 quando, l'allora venticinquenne frere Roger, lascio' la Svizzera, suo paese natale, per trasferirsi Francia. Per diversi anni aveva sofferto di tubercolosi polmonare, durante i quali aveva maturato in se' il richiamo a creare una comunita' in cui la semplicita' e la benevolenza del cuore potessero essere vissute come realta' essenziali del Vangelo. Quando comincio' la seconda guerra mondiale comprese che - come aveva fatto sua nonna durante il precedente conflitto - doveva senza indugio aiutare le persone che attraversavano la difficolta' maggiori. Il piccolo villaggio di Taize' - dove si stabili' - era prossimo alla linea di demarcazione che divideva in due la Francia: ben collocato per accogliere i rifugiati che fuggivano dalla guerra. Alcuni amici di Lione furono riconoscenti di poter indicare l'indirizzo di Taize' a chi aveva bisogno di asilo. A Taize' - grazie a un modico prestito - frere Roger acquisto' una casa abbandonata con degli edifici adiacenti. Propose ad una sorella, Genevieve, di venire ad aiutarlo nell'accoglienza. Le disponibilita' economiche erano povere. I genitori di frere Roger, sapendo il figlio con sua sorella in pericolo, chiesero aiuto ad un amico di famiglia - un ufficiale francese in pensione - il quale veglio' su loro. Nell'autunno 1942, li avverto' che erano stati scoperti e che tutti dovevano andarsene immediatamente. Frere Roger pote' tornare nel 1944: non piu' solo, nel frattempo era stato raggiunto da alcuni fratelli iniziando insieme una vita comune che continuarono in Taize'. * Poco alla volta qualche altro giovane si uni' ai primi fratelli, di diverse confessioni cristiane, provenienti da oltre venticinque nazioni. La comunita' - per il semplice fatto di esistere - e' da sempre stata un segno concreto di riconciliazione tra cristiani divisi e popoli separati. Inoltre i fratelli vivono unicamente del loro lavoro. Non accettano nessun regalo. Non accettano per se stessi nemmeno le proprie eredita' personali: la comunita' ne fa dono ai piu' poveri. Questo punto non e' di secondaria importanza. La novita' introdotta da frere Roger e' l'aver riscoperto quella che San Francesco d'Assisi chiamava "sorella". Naturalmente San Francesco - come ci ricorda Oscar Arnulfo Romero - non avrebbe mai chiamato sorella la miseria. Ma questa e' un'altra storia. * Dagli anni '50, dei fratelli andarono a vivere nei luoghi piu' svantaggiati del mondo per essere testimoni di pace stando accanto a quanti soffrono. Oggi, piccole fraternita' sono presenti nei quartieri poveri dell'Asia, Africa, America Latina. Cercano di condividere le condizioni d'esistenza di coloro che li circondano, sforzandosi d'essere presenza d'amore accanto ai piu' poveri, ai bambini di strada, ai carcerati, ai moribondi, a chi e' ferito nel piu' profondo per le lacerazioni affettive, gli abbandoni umani. A partire dal 1962, fratelli e giovani, mandati da Taize', hanno iniziato un "pellegrinaggio" verso i paesi dell'Europa dell'Est, per incontrare chi - rinchiuso all'interno dei propri confini - non poteva recarsi presso la comunita'. Ora che i muri sono caduti e che i viaggi tra l'Europa dell'Est e dell'Ovest sono diventati piu' facili, i contatti con i cristiani d'Oriente, che erano sempre stati importanti, sono cresciuti in modo significativo. * A Taize', i giovani vengono accolti da una comunita' di fratelli che si sono impegnati per tutta la vita alla sequela di Cristo. Ogni giorno, dei fratelli della comunita' propongono catechesi bibliche seguite da momenti di riflessione, scambio e partecipazione delle persone a lavori pratici di comune utilita'. Perseguendo un "pellegrinaggio di fiducia sulla terra", Taize' non organizza un movimento intorno alla comunita'. Ciascuno e' invitato - dopo il suo soggiorno - a vivere cio' che ha scoperto nel suo quotidiano, con una maggiore coscienza della vita interiore che lo abita e dei suoi legami con tante altre persone, anche loro impegnate nella stessa ricerca dell'essenziale. * Frere Roger lascia una grande eredita', me lo immagino col suo sorriso che lo ha accompagnato in tutti i suoi giorni. Forse in questi anni avra' spesso pensato alle parole del salmo 89 "Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i piu' robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo", e ringraziato per la sua lunga vita. Piu' di ogni altra cosa, penso anche che il suo ultimo pensiero sia stato di perdono "Padre, perdona loro, perche' non sanno quello che fanno" (Luca 23, 34). * Postilla: una bibliografia essenziale delle opere di e su frere Roger e la comunita' di Taize' disponibili in lingua italiana. Opere di frere Roger: Una fiducia molto semplice, Edizioni San Paolo, Milano 2004 (antologia dagli scritti, a cura di Marcello Fidanzio); Dio non puo' che amare, Elledici, Leumann (To) 2003; In te la pace del cuore. Meditazioni per ogni giorno dell'anno, Elledici, Leumann (To) 1999; Le Fonti di Taize', Elledici, Leumann (To) 1998; Quel fuoco non si spegne mai. Preghiere di frere Roger, Elledici, Leumann (To) 1990. Opere di frere Roger e madre Teresa: La Preghiera, freschezza di una sorgente, Edizione Messagero Padova, 1993; Maria, Madre delle riconciliazioni, Edizione Messagero Padova, 1987. Opere sulla comunita' di Taize': Chantal Joly, Ritratto di Taize', Elledici, Leumann (To) 2000; Kathryn Spink, Frere Roger, fondatore di Taize', Edizioni Dehoniane, Bologna 1998; Olivier Clement, Taize'. Un senso alla vita, Edizioni San Paolo, Milano 1998 (con una lettera-prefazione di frere Roger). 2. SOLIDARIETA'. DA GERUSALEMME LE DONNE IN NERO SOLIDALI CON CINDY SHEEHAN [Ringraziamo Doriana Goracci (per contatti: doriana at inventati.org) per averci trasmesso la seguente dichiarazione a sostegno di Cindy Sheehan promossa il 17 agosto a Gerusalemme delle partecipanti all'incontro internazionale delle Donne in nero. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey in Iraq; dal 6 agosto staziona con una tenda a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush sta trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli] Cara Cindy, noi, partecipanti all'Incontro Internazionale delle Donne in nero, ci congratuliamo con te per la tua coraggiosa veglia a Crawford, Texas. Tu sei la dimostrazione che una madre addolorata ha piu' potere del presidente Bush e della sua macchina di guerra. Tu sei un simbolo per tutte le mogli, madri e sorelle che hanno perduto i loro cari in guerre assurde e brutali occupazioni. Noi piangiamo la perdita di tuo figlio e vogliamo che tu sappia che la tua voce e' diventata la nostra speranza, e ci incoraggia a continuare l'impegno per la pace. Tu hai riaffermato che il potere di una sola donna puo' essere il segnale per cambiare. Noi, 750 donne provenienti da 44 paesi, rappresentanti di migliaia di familgie del mondo, ti ringraziamo dal profondo del cuore. Sappi che noi ti sosterremo con le nostre voci fino a che la pace diventi l'unica scelta. 3. RIFLESSIONE. MARCO DERIU: IL DONO IN UNA SOCIETA' DI MERCATO [Da "Missione oggi", aprile 2004 (sito: www.saveriani.bs.it/missioneoggi). Marco Deriu, sociologo e saggista, docente universitario, e' stato direttore della rivista "Alfazeta" dal 1996 al 1999; consulente culturale per diversi enti pubblici e privati, segue in particolare la progettazione e le attivita' del "Laboratorio per la cultura della pace" dell'assessorato ai servizi sociali della Provincia di Parma. Tra le opere di Marco Deriu: (a cura di), Gregory Bateson, Bruno Mondadori, Milano 2000; (a cura di), L'illusione umanitaria. La trappola degli aiuti e le prospettive della solidarieta' internazionale, Emi, Bologna 2001; (a cura di, con Pietro Montanari e Claudio Bazzocchi), Guerre private, Il ponte, Bologna 2004; La fragilita' dei padri. Il disordine simbolico paterno e il confronto con i figli adolescenti, Unicopli, Milano 2004; Dizionario critico delle nuove guerre, Emi, Bologna 2005] L'antropologo Louis Dumont era solito sottolineare che la differenza fondamentale tra le societa' tradizionali e la societa' moderna sta nel fatto che nelle prime i rapporti piu' importanti sono quelli tra esseri umani, mentre nella societa' moderna - e in particolare in quella che convenzionalmente e in maniera un po' approssimativa chiamiamo la moderna societa' occidentale - i rapporti tra esseri umani sono subordinati ai rapporti tra uomini e cose. In altre parole, il valore che orienta l'agire non e' piu' identificato nelle relazioni tra persone, anche quando si scambiano cose, ma e' localizzato proprio nelle cose prodotte in se stesse. * La societa' di mercato e i suoi valori Nei lavori di Karl Polanyi e di Louis Dumont e' possibile rintracciare la genesi della societa' di mercato e dell'ideologia economica moderna. Questi autori hanno mostrato come la moderna societa' di mercato si sia andata costituendo attraverso una separazione radicale, una "scorporazione" degli aspetti economici dal piu' ampio tessuto sociale e quindi una loro costituzione in un ambito a se stante. L'economia si e' costituita come ambito relativamente autonomo rispetto alla societa' o alla politica. Nelle societa' tradizionali gli aspetti economici erano innestati o incorporati (embedded) nel sociale, e dunque una distinzione tra l'economico e il politico non era nemmeno comprensibile. Il liberalismo economico, che ha accompagnato questa trasformazione, e' stato innanzitutto una "rivoluzione nei valori" come l'ha chiamata Dumont; e' stato cioe' l'invenzione e la legittimazione di un sistema di valori emancipato dalla morale e dalle forme di solidarieta' tradizionali. In particolare, a partire da Adam Smith, si inizio' a pensare che nel campo economico, e inizialmente solo in quello, il motore della ricchezza e del benessere fosse l'interesse individuale, il puro e semplice egoismo. Ai fini del benessere economico collettivo non conterebbe la solidarieta' o l'altruismo, quanto quell'"armonia naturale degli interessi" che agisce come una "mano invisibile" dando forma al bene comune. Da allora il processo a cui abbiamo assistito e' stato un vero e proprio ribaltamento, tale per cui sono il sociale e il politico che in gran parte sono stati incorporati nell'economico, e non viceversa. Allo stesso tempo, il primato dell'interesse individuale - dell'utilitarismo - uscendo dall'isolamento del puro ambito economico, si e' andato talmente affermando che si e' addirittura imposto come ideologia globale e pervasiva della societa' contemporanea. Come ha sottolineato Dumont, il risultato di queste trasformazioni e' che noi oggi siamo abituati a pensare alla societa' come qualcosa che si risolve essenzialmente nelle sue dimensioni economiche e materiali, e al bene sociale come qualcosa di connesso alla crescita e allo sviluppo. Lo stesso benessere dei cittadini, e' misurato in termini economici e monetari proprio perche' le persone sono concepite come individui, ovvero esseri umani privati di ogni caratteristica sociale. Oggi non siamo abituati a chiederci, da questo punto di vista, se la prosperita' individuale, raggiunta a prezzo del degrado sociale generale, sia in se' un fatto positivo o socialmente accettabile. Quello che la modernita' ci ha consegnato, dunque, e' un'idea di prosperita' che e' al contempo materiale, economica, utilitaristica ed individualistica. La prosperita', il benessere, sono diventati sinonimo di ricchezza. * Il filo che tesse la relazione La centralita' dell'ideologia economica attuale, e' tale da proporsi come il vero universalismo nei nostri rapporti con altre culture e civilta'. Noi siamo convinti che l'unico modo di guardare le cose, quello "realistico", sia attraverso la lente dell'interesse e dell'utile. "L'utilitarismo - scriveva Alain Caille', il principale animatore del Mauss (Movimento Antiutilitarista nelle Scienze Sociali) - non rappresenta un sistema filosofico particolare o una componente fra le altre dell'immaginario dominante nelle societa' moderne. Piuttosto, esso e' diventato quello stesso immaginario; al punto che, per i moderni, e' in larga misura incomprensibile e inaccettabile cio' che non puo' essere tradotto in termini di utilita' e di efficacia strumentale. Nel migliore dei casi, quel che appartiene al campo peraltro enorme del non-utilitario, e' pensato nel registro del lusso, piu' o meno del superfluo, o dell'ideale inaccessibile, perche' non di questo mondo". Eppure negli anni venti, l'antropologo francese Marcel Mauss scrisse un saggio, il celebre "Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle societa' arcaiche" (1923-24) destinato a diventare un punto di riferimento per tutti i successivi studi antropologici e sociologici sul dono che poneva, a questo proposito, alcune questioni chiave. Non solo studiando materiali sulle tribu' indigene sia americane che del Pacifico, metteva in luce la centralita' del dono e della reciprocita' nelle loro societa' seppure in forme diverse (il Potlac delle tribu' indiane del Nord ovest americano, o il Kula diffuso attorno alle isole Trobriand, vicino alla Nuova Guinea); non solo Mauss sottolineava - prima ancora di Polanyi e Dumont - che l'idea dell'uomo come "animale economico" era in realta' un'invenzione recente e tipica delle societa' occidentali ovvero che l'homo oeconomicus non e' inscritto nella nostra storia e nella nostra antropologia, ma e' una creazione artificiale: "L'uomo e' stato per lunghissimo tempo diverso, e solo da poco e' diventato una macchina, anzi, una macchina calcolatrice". Ma soprattutto sottolineava per primo, che il perseguimento brutale degli scopi individualistici nuoce al benessere dell'insieme e "di rimbalzo" all'individuo stesso, e che la logica del dono, per fortuna, e' ancora presente nella nostra societa'. Essa ha ancora a che fare con un intramontabile principio di saggezza, quello dell'uscire da se stessi, del dare assieme "liberamente e per obbligo". Lo spirito del dono, infatti, si basa su una triplice obbligazione: l'obbligo di dare, l'obbligo di ricevere, l'obbligo di ricambiare. Il dono e' un circolo. Il dono e' il filo che tesse la relazione, che costruisce l'amicizia, il legame sociale, perche' "obbliga" nel tempo, ci rende costantemente e irrinunciabilmente dipendenti gli uni degli altri. Noi moderni, tuttavia, sembriamo non essere attrezzati culturalmente per riconoscere l'importanza, e tanto meno la presenza del dono nella nostra vita reale. In un certo senso, per noi il dono non esiste, poiche' ogni forma di gesto gratuito non sarebbe altro che egoismo mascherato, oppure qualcosa che si da' solo come caso eccezionale, come parziale trasgressione alla normalita' degli scambi basati generalmente sul principio dell'utilita'. Sarebbe facile concludere, dunque, che il dono non e' altro che un residuo di una mentalita' del passato, di un modo di concepire le cose adeguato a societa' tradizionali e oggi del tutto anacronistico nell'epoca della globalizzazione e dei flussi finanziari. Da questo punto di vista, si pongono immediatamente due questioni. La prima questione fondamentale e' dunque comprendere se una societa' puo' tenersi insieme solamente grazie al perseguimento di obiettivi economici privati ed individualistici di imprenditori, lavoratori e consumatori, oppure se l'erosione della concezione sociale sottostante ad ogni societa', non coincida in qualche modo con l'erosione della societa' stessa e delle possibilita' di una reale convivenza. La seconda questione, connessa alla precedente, e' se effettivamente il dono sarebbe un residuo destinato via via ad esaurirsi man mano che si diffonde l'economicizzazione del mondo. O piuttosto, se il principio del dono rappresenta un altro senso delle cose, un altro spirito che continua a essere presente - anche se scarsamente riconosciuto - anche nelle nostre societa' moderne - e qualcosa, per giunta, che continua a riprodursi e a confrontarsi dialetticamente con altre forme di scambio. Nell'ipotesi di Karl Polanyi, per esempio, esistono diverse forme di scambio - reciprocita' (dono), redistribuzione (stato) e mercato - e ogni societa', compresa quella contemporanea, conterrebbe in se tutte queste forme, in misura maggiore o minore. Molti degli studiosi contemporanei che fanno riferimento al movimento antitutilitarista sostengono, da questo punto di vista, che il dono e' tanto arcaico quanto moderno. Che non solo non e' scomparso dalle nostre societa', ma costituisce ancora oggi il fondamento implicito e dato per scontato del vivere comune. Certo, un fondamento che e' necessario riconoscere se non si vuole mettere in crisi le condizioni stesse della convivenza. * Il dono alla base della societa' Per Jacques T. Godbout il dono - ovvero, secondo la sua definizione, ogni prestazione di beni o servizi effettuata, senza garanzia di restituzione, al fine di creare, alimentare o ricreare il legame sociale - "non concerne soltanto momenti isolati e discontinui dell'esistenza sociale, ma la sua stessa totalita'. Ancor oggi non e' possibile avviare o intraprendere alcunche', niente puo' crescere e funzionare se non nutrito dal dono". Il dono e' assolutamente presente nelle societa' contemporanee: c'e' il dono in famiglia, nel gesto della madre verso il bambino, o negli innumerevoli servizi, aiuti e gesti quotidiani compiuti da membri della rete familiare verso altri membri, o anche nelle famiglie che adottano un bambino. C'e' il dono in amore: donarsi tempo, emozioni, felicita'; il dono in amicizia, gli aiuti e il sostegno, le cose e gli oggetti che circolano fra amici; il dono in occasione di eventi: nascita, compleanni, esami, fidanzamenti, matrimoni, ecc.; il dono in occasione di festivita' come il Natale, la Befana, la Pasqua, e le varie feste della donna, degli innamorati; il dono agli ospiti e agli stranieri, il dovere dell'accoglienza, dell'offrire cibo, vino, ospitalita' che in molti posti e' ancora molto forte. C'e' il dono nella forma del volontariato sociale, volontariato con anziani, bambini, immigrati, poveri, persone vittime di violenza; il dono in gruppi di aiuto reciproco, i gruppi di autoaiuto, gli alcolisti anonimi, basati sul principio che non si puo' riuscire da soli, che c'e' bisogno dell'aiuto degli altri e del dono di una forza superiore che si riceve e si trasmette ad altri; il dono agli sconosciuti, ovvero quel dono senza legame tra donante e ricevente, che e' in gran parte una specificita' moderna e che si ritrova per esempio nel dono del sangue, degli organi, nella beneficenza, nelle sottoscrizioni; il dono. C'e' il dono perfino nello spazio del lavoro, nel tempo e nel sostegno che si rivolge ai colleghi, alla ditta o all'impresa. Dunque, il dono e' estremamente diffuso anche tra di noi, seppure non trova spesso un adeguato riconoscimento simbolico. Il dono e' alla base della nostra societa' moderna, molto piu' di quanto non pensiamo. L'importante e' saper riconoscere la presenza del dono nelle nostre societa'. Da questo punto di vista, la sfida e' rompere lo schermo dell'utile, dell'interesse come criterio di riconoscimento, interpretazione, valorizzazione della realta' ambientale e sociale, e della definizione delle priorita' politiche e sociali. E' importante portare alla luce le dimensioni dello scambio sociale e dell'azione individuale e sociale non dettate principalmente dall'interesse. Si tratta infatti di un passaggio fondamentale nel tentativo di limitare e contrastare il dominio dei criteri del profitto e della competizione economica. Si deve continuare a interrogarsi su cosa tiene insieme una societa', su cosa costituisce il benessere reale o la qualita' della vita delle persone e anzi risottolineare l'importanza delle persone, delle relazioni in quanto tali, e non come strumenti o scopi per qualcos'altro. * Scheda: Il Mauss (Movimento Antiutilitarista nelle Scienze Sociali) Il Movimento Antiutilitarista nelle Scienze Sociali (Mauss) nasce a Parigi nel 1981. Ne fanno parte numerosi intellettuali di spicco francesi, ma non solo, tra cui Alain Caille', Gerald Berthoud, Serge Latouche, Jacques Godbout, Jean-Luc Boilleau. Caille' in particolare e' l'animatore del movimento, il direttore della rivista "La revue de Mauss" e autore del manifesto dell'antiutilitarismo "Critica della ragione utilitaria". Il nome del movimento rappresenta anche un chiaro riferimento all'antropologo Marcel Mauss, il cui saggio sul dono come "fenomeno sociale totale" costituisce un punto di riferimento cruciale. Per la divulgazione del pensiero antiutilitarista in Italia un ruolo importante e' stato giocato da Alfredo Salsano che fa parte del Mauss e ha fatto pubblicare per Bollati Boringhieri vari autori e testi antiutilitaristi. Recentemente e' stata fondata anche un'associazione italiana - autonoma ma in accordo con il Mauss internazionale - denominata "Associazione anti-utilitarista di critica sociale". Per contatti: deriumarco at tin.it 4. LIBRI. MARGARETE DURST PRESENTA "LE FILOSOFIE FEMMINISTE" DI FRANCO RESTAINO E ADRIANA CAVARERO [Dalla rivista "Babel. Voci e percorsi della differenza", n. 5, giugno 2004 (sito: www.babelonline.net) riprendiamo la seguente recensione del libro di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Le filosofie femministe, Bruno Mondadori, Milano 2002. Margarete Durst e' docente universitaria e saggista; tra i suoi temi di ricerca degli ultimi anni: affettivita' e cognizione: paradigma dialogico e comunicazione empatica; genealogie e generazioni nelle filosofie della differenza di area femminista; e' autrice di numerosi saggi pubblicati in volume e in rivista. Ha scritto del suo lavoro: "I miei studi si polarizzano su due indirizzi tra loro convergenti: uno teoretico-epistemologico e uno storiografico, entrambi caratterizzati da una spiccata apertura al rapporto interdisciplinare tra filosofia e scienze umane, in particolare psicologia/psicoanalisi. Per quanto riguarda la prima direttrice mi sono concentrata soprattutto sull'interazione tra le forme della razionalita' e quelle dell'affettivita', con particolare riferimento ai concetti di narcisismo e di empatia, che sono alla base della comunicazione tacita e degli assetti motivazionali profondi. Lungo la seconda direttrice ho affrontato alcuni aspetti problematici della filosofia itialiana del Novecento, inerenti in particolare all'attualismo gentiliano e ai suoi sviluppi in alcuni seguaci di Gentile, in particolare in Guido Calogero. Il mio interesse per l'interazione tra le forme della razionalita' e dell'affettivita' e per l'incidenza che essa ha sul piano cognitivo, motivazionale e relazionale, mi ha portato ad analizzare - avvalendomi dei miei studi di area psicologico-psicoanalitica - gli aspetti dell'ideazione creativa, dell'euristica scientifica e dell'orientamento etico-valoriale. Sugli stessi temi mi sono inoltre confrontata con gli apporti teorici provenienti dall'area femminista, anche indagando il piu' ampio territorio dell'attivita' filosofica al femminile sotto il profilo sia epistemologico che storiografico". Tra le opere di Margarete Durst: Dialettica e Bi-logica. L'epistemologia di Ignacio Matte Blanco, Marzorati, Milano 1988; Gentile e la filosofia nell'Enciclopedia italiana. L'idea e la regola, Pellicani, Roma, 1998; Guido Calogerero. Dialogo, educazione, democrazia, Seam, Roma 2002. Franco Restaino, nato ad Alghero (Sassari) nel 1938, docente universitario prima a Cagliari e poi a Roma; "i suoi interessi di ricerca hanno riguardato prevalentemente le filosofie inglese, scozzese, francese e statunitense degli ultimi tre secoli. Ha intrapreso anche studi sull'estetica (avendola insegnata per dieci anni) e negli ultimi anni ha ripreso ed esteso le sue ricerche (iniziate negli anni Sessanta su Vailati) sull'area italiana, occupandosi degli sviluppi del positivismo. Attualmente continua le sue ricerche sulla recente filosofia inglese e statunitense, sui rapporti tra filosofia di lingua inglese e filosofie europeo-continentali e sul pensiero femminista". Tra le opere di Franco Restaino: La fortuna di Comte in Gran Bretagna. I. Comte sansimoniano, in "Rivista critica di storia della filosofia", XXIII, 1968, 2; II. Comte scienziato, ibidem, XXIII, 1968, 4; III. Comte filosofo, ibidem, XXIV, 1969, 2; IV. Comte pontefice, ibidem, XXIV, 1969, 4; J. S. Mill e la cultura filosofica britannica, La Nuova Italia, Firenze 1968;Scetticismo e senso comune. La filosofia scozzese da Hume a Reid, Laterza, Roma-Bari 1974; Note sul positivismo italiano (1865-1908). Gli inizi (1865-1880), in "Giornale critico della filosofia italiana", LXIV, 1985, 1; Il successo (1881-1891), ibidem, LXIV, 1985, 2; Il declino (1892-1908), ibidem, LXIV, 1985, 3; David Hume, Editori Riuniti, Roma 1986; Filosofia e postfilosofia in America. Rorty, Bernstein, MacIntyre, Angeli, Milano 1990; Storia dell'estetica moderna, Utet, Torino 1991; Storia della filosofia, fondata da N. Abbagnano, in collaborazione con G. Fornero e D. Antiseri, vol. IV, tomo II, La filosofia contemporanea, Utet, Torino 1994, poi Tea, Milano 1996; "Esthetique et poetique au XVIIIe siecle en Angleterre", in Histoire des Poetiques, a cura di J. Bessiere, E. Kushner, R. Mortier, J. Weisberger, Presses Universitaires de France, Paris 1997; "La filosofia anglo-americana", in La filosofia della seconda meta' del Novecento, a cura di G. Paganini, Piccin-Vallardi, Padova 1998; in collaborazione con A. Cavarero, Le filosofie femministe, Paravia Scriptorium, Torino 1999; Storia della filosofia, 4 voll., Utet Libreria, Torino 1999; La rivoluzione moderna. Vicende della cultura tra Otto e Novecento, Salerno Editrice, Roma 2001. Adriana Cavarero e' docente di filosofia politica all'Università di Verona; dal sito "Feminist Theory Website: Zagreb Woman's Studies Center" ospitato dal Center for Digital Discourse and Culture at Virginia Tech University (www.cddc.vt.edu/feminism), copyright 1999 Kristin Switala, riportiamo questa scheda bibliografica delle sue opere pubblicate in volume: a) libri: Dialettica e politica in Platone, Cedam, Padova 1974; Platone: il filosofo e il problema politico. La Lettera VII e l'epistolario, Sei, Torino 1976; La teoria politica di John Locke, Edizioni universitarie, Padova 1984; L'interpretazione hegeliana di Parmenide, Quaderni di Verifiche, Trento 1984; Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma1990. (traduzione tedesca: Platon zum Trotz, Rotbuch, Berlin 1992; traduzione inglese: In Spite of Plato, Polity, Cambridge 1995, e Routledge, New York 1995); Corpo in figure, Feltrinelli,Milano 1995; Platone. Lettera VII, Repubblica: libro VI, Sei, Torino 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997; Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999. b) saggi in volumi collettanei: "Politica e ideologia dei partiti in Inghilterra secondo Hume", in Per una storia del moderno concetto di politica, Cleup, Padova 1977, pp. 93-119; "Giacomo I e il Parlamento: una lotta per la sovranita'", in Sovranita' e teoria dello Stato all'epoca dell'Assolutismo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1980, pp. 47-89; "Hume: la politica come scienza", in Il politico. Da Hobbes a Smith, a cura di Mario Tronti,Feltrinelli, Milano 1982, vol. II, pp. 705-715; "Il principio antropologico in Eraclito", in Itinerari e prospettive del personalismo, Ipl, Milano 1987, pp. 311-323; "La teoria contrattualistica nei Trattati sul Governo di John Locke", in Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, a cura di Giuseppe Duso, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 149-190; "Per una teoria della differenza sessuale", in Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, pp. 43-79. (traduzioen tedesca: "Ansatze zu einer Theorie der Geschlechterdifferenz", in Diotima. Der Mensch ist Zwei, Wiener Frauenverlag, Wien 1989); "L'elaborazione filosofica della differenza sessuale", in La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp. 173-187. (traduzione inglese: "The Need for a Sexed Thought", in Italian Feminist Thought, ed. by S. Kemp and P. Bono, Blackwell, Oxford 1991); "Platone e Hegel interpreti di Parmenide", in La scuola Eleatica, Macchiaroli, Napoli 1988, pp. 81-99; "Dire la nascita", in Diotima. Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, pp. 96-131. (traduzione spagnola: "Decir el nacimiento", in Diotima. Traer al mundo el mundo, Icaria y Antrazyt, Barcelona 1996); "Die Perspective der Geschleterdifferenz", in Differenz und Gleicheit, Ulrike Helmer Verlag, Frankfurt 1990, pp. 95-111; "Equality and Sexual Difference: the Amnesias of Political Thought", in Equality and Difference: Gender Dimensions of Political Thought, Justice and Morality, edited by G. Bock and S. James, Routledge, London 1991, pp. 187-201; "Il moderno e le sue finzioni", in Logiche e crisi della modernita, a cura di Carlo Galli, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 313-319; "La tirannia dell'essere", in Metamorfosi del tragico fra classico e moderno, a cura di Umberto Curi, Laterza, Rma-Bari 1991, pp. 107-122; "Introduzione" a: B. Head, Una questione di potere, El, Roma 1994, pp. VII-XVIII; "Forme della corporeita'", in Filosofia, Donne, Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp. 15-28; "Figures de la corporeitat", Saviesa i perversitat: les dones a la Grecia Antiga, coordinacio de M. Jufresa, Edicions Destino, Barcelona 1994, pp. 85-111; "Un soggetto femminile oltre la metafisica della morte", in Femminile e maschile tra pensiero e discorso, Labirinti 12, Trento, pp. 15-28; "La passione della differenza", in Storia delle passioni, a cura di Silvia Vegetti Finzi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 279-313; "Il corpo e il segno. Un racconto di Karen Blixen", in Scrivere, vivere, pensare, a cura di Francesca Pasini, La Tartaruga, Milano 1997, pp. 39-50; "Schauplatze der Einzigartigkeit", in Phaenomenologie and Geschlechterdifferenz, edd. Silvia Stoller und Helmuth Vetter, WUV-Universitatsverlag, Wien 1997, pp. 207-226; "Il pensiero femminista. Un approccio teoretico", in Le filosofie femministe, a cura di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Paravia, Torino 1999, pp. 111-164; "Note arendtiane sulla caverna di Platone", in Hannah Arendt, a cura di Simona Forti, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 205-225] Al primo approccio questo libro appare abbastanza insolito perche' ha un'impostazione per un verso tradizionale e, per altro verso, inconsueta fino a risultare quasi provocatoria. Il testo segue infatti uno schema tipico delle opere mirate a fare il punto su una problematica, affidando a due autori uno stesso tema ripartito in due parti: una storica e una teoretica, cui si aggiunge una sezione antologica e bibliografica (ampliata, anche da un saggio critico, rispetto alla prima edizione con Paravia, Torino 1999). Il tema proposto e gli autori che ne trattano lasciano pero' stupiti gia' a partire dal titolo: Le filosofie femministe, che presenta come un dato, espresso in forma assertiva, la congiunzione tra filosofia e femminismo, il che non risulta ovvio nel contesto filosofico; inoltre di tali filosofie ci parlano un filosofo e una filosofa legati ciascuno a tradizioni diverse, il primo a quella analitica di matrice anglosassone, la seconda a quella femminista di area italiana e francese. Il libro rappresenta dunque un fatto nuovo nel panorama della filosofia italiana in quanto elude, e percio' stesso da' come risolto, il problema relativo al valore che puo' avere, da un punto di vista precipuamente filosofico, il pensiero delle donne; problema che ha impegnato la riflessione filosofica, soprattutto continentale, di per se' restia a riconoscere uno spessore teoretico e una effettiva portata argomentativa ad un dire filosofico intenzionato a proporsi come individuale e sessuato. Il soggetto de Le filosofie femministe - le donne che si sono occupate in prima istanza della "questione donna" in un mondo socialmente e culturalmente determinato dagli uomini, accompagnando al loro appassionato impegno pratico un non meno intenso impegno teorico - e' trattato alla stregua di ogni altro oggetto di studio, con lo stesso metodo utilizzato per esaminare pensieri ed azioni degli uomini. Il che inscrive automaticamente la riflessione delle donne nella storia della filosofia, avallandone insieme l'originalita' e la peculiarita', cioe' la cifra particolare e diversa nel contesto di un discorso riconosciuto come autorevole. Le varie teorie che le donne hanno espresso nella modernita' e nell'epoca contemporanea ci vengono presentate come qualcosa che per il suo semplice esserci non puo' venire ignorato, e, percio' stesso, la riflessione delle donne e' riscattata dall'insignificanza in cui l'aveva relegata il giudizio della maggior parte degli studiosi di mestiere. I materiali offerti, nella rielaborazione sia storica che teorica, servono dunque a far conoscere quanto e' stato detto e fatto, e si va dicendo e facendo, in ambito femminista, cosi' da motivare condivisioni o rifiuti piu' o meno parziali. E' soprattutto all'attuale generazione giovanile che, almeno in Italia, risulta in continuita' con i ragazzi e ragazze "senza ricordi" della fine degli anni '80 (L. Sciolla e L. Ricolfi, Vent'anni dopo. Saggio su una generazione senza ricordi, Il Mulino, Bologna 1989), generazione che l'indagine sociologica ha definito "femmina" (Ivi, p. 149), che il libro in esame si rivolge proponendosi come "storia possibile del pensiero femminista" (Le filosofie femministe, p. 11). Piu' che "consegnare alla memoria" le figure "isolate" di donne che sono all'origine del "movimento" femminista, il libro offre dei materiali per la ricerca, che sollecitano, anche per lo stile partecipato con cui sono trattati, a ulteriormente ricercare. * Documentato e' il cammino articolato e accidentato che le donne hanno compiuto e vanno percorrendo praticando la filosofia a modo loro, cioe' ognuna alla propria maniera ma, nel contempo, in affinita' con la pratica di tutte le altre, e che si tratti di un'affinita' di tipo elettivo e' provato dall'intensita' del legame e del contrasto. Il parlarsi anche urlandosi contro, il prestarsi attenzione quasi senza badare l'una all'altra, l'ascoltarsi nella sovrapposizione delle voci, l'eterogeneita' e la rapsodicita' di molte iniziative progettate e messe in atto, teoriche e pratiche, certo disordine e certa confusivita' espressiva: in sintesi i tratti del femminismo piu' fatti oggetto di scherno dalla cultura scientifica ufficiale, e che sono costitutivi della dinamica di ogni autentico movimento, non traspaiono dalle pagine de Le filosofie femministe, tanto che chi conosce il femminismo dall'interno ha l'impressione di trovarsi di fronte un'immagine complessiva del fenomeno inusitatamente composta. I brani in sequenza fanno pero' ben risaltare l'impronta di denuncia che segna indelebilmente il pensiero femminista e ne motivano l'impellenza e la radicalita'. La denuncia dell'ingiusta disuguaglianza che grava sulle donne in un mondo determinato dagli uomini modella l'elaborazione teorica delle femministe, mirata a far guadagnare terreno a tale denuncia nei confronti di un nemico mimetizzato e quasi invisibile, per di piu' refrattario a riconoscere perfino l'esistenza di tale pensiero. E va dato merito al filosofo autore della parte storica e della sezione antologica e bibliografica, di aver saputo rendere l'istanza innovatrice della riflessione delle donne e rispettare l'esigenza femminista della non riconduzione all'unita'. Legate ad una pratica di rapporti e ad un'operativita' volutamente partigiana e consapevolmente ostile alla ricapitolazione concettuale, le femministe avrebbero rifiutato una ricostruzione storiografica "neutra", che avesse messo in fila, ciascuna sotto il medaglione della propria sintetica biografia, donne che hanno speso la vita cercando di pensare e agire con autenticita'. L'antico problema dell'inconsistenza spazio/temporale della creativita' femminile, destinata a rapidamente disperdersi nei vissuti e a non lasciare di se' durevole traccia, non si risolve ne Le filosofie femministe in un'opera di musealizzazione che salva le memorie incastonando l'oggetto in cornice. Merito forse questo anche dell'opposizione femminista alla costrizione dei ruoli e alla riduzione della vita in termini di figura. Consapevoli di come il pensiero si dipani intrecciandosi ai pensieri altrui e di come vada snodandosi all'unisono dei gesti, le donne presentate in Le filosofie femministe appaiono concentrate sui temi del corpo e della materialita', interessate quindi a captare gli affetti primari, e, nel contempo, a valorizzare una spiritualita' alta, nella ricerca della massima espressione del desiderio che e' per loro alla radice di pensiero e sentimento. Accomunate dal porre l'accento sull'istanza morale e sull'irriducibile unicita' di ogni persona, esse hanno sviluppato una rete di teorie per certi aspetti parassitaria, dato il loro riflettere a ridosso del pensiero dell'altro che s'intende demistificare, per altri aspetti quasi ferocemente autonoma e originale. La loro pratica della filosofia, contemporaneamente individuale e comune, per quanto ruoti su alcune assi portanti e' molto eterogenea, e ne Le filosofie femministe, pur non essendo rappresentata in tutte le sue diramazioni, se ne delinea una mappa con tracciati ben individuabili. La dimensione plurale di pensiero e discorso, la messa in primo piano di "chi" pensa e parla, la fluidita' del dire e del pensare, il rilievo dato alla relazionalita' e la focalizzazione sulle forme empatiche della comprensione e della comunicazione: questi temi ed altri (tutti piu' o meno noti) che ricorrono nella riflessione femminista emergono dalle pagine del libro; temi propositivi che si affiancano a quelli piu' critici e demistificatori con cui s'insiste sull'ipocrisia del dire maschile in forma neutra, o del pensare maschile in forma universale. * Il libro vuole innanzitutto far conoscere l'innovazione che il femminismo ha introdotto nella filosofia, e documenta, con tono anche complice, la portata dello sguardo femminista sul mondo sociale, politico, culturale, ecc. I vari ritratti, delineati in forma di schizzo, sollecitano ad approfondire la ricerca perche' la storia di queste donne non risulta compiuta ne' conclusa. Leggere significa in questo caso avventurarsi in una serie di storie dalle trame variamente intrecciate, il cui ordine cronologico e' finalizzato a contestualizzare la fatica con cui ciascuna donna ha fatto sentire la propria voce. La ripartizione dei compiti tra Restaino e Cavarero mi sembra quindi valida, in quanto il primo guardando al femminismo dall'esterno e' facilitato nella ricostruzione storica, laddove la seconda si muove agilmente tra le maglie di reti teoriche in cui lei stessa si e' formata. Le femministe la loro storia sono troppo prese dal viverla per impegnarsi a descriverla in forma storica, si tratta per loro di res gestae che patiscono a considerare historia. E si sa che patire richiede i suoi tempi di elaborazione per arrivare a sfociare nel narrare. Ogni donna che, anche in quanto filosofa, abbia avuto e/o abbia una qualche pratica di femminismo riconosce nelle altre donne con le quali si e' confrontata e si confronta, pur talvolta da loro ferocemente dissentendo, delle parti troppo significative di se' per riuscire a rappresentarle come fotografandole. Anche le donne, a volte poco consonanti col femminismo, che a piu' riprese si sono occupate di alcuni spaccati della storia di tale movimento avvertono troppo, a mio avviso, il pericolo di una ricaduta nella neutralita' per cimentarsi in un affresco storico ad ampio raggio. Ritengo quindi che chiunque s'interessi di filosofia e piu' in generale di cultura comprendera' con questo libro le potenzialita' e la ricca articolazione della riflessione delle donne. E ritengo sia bene che le filosofe femministe o impegnate nel confronto con il femminismo si cimentino soprattutto nell'elaborazione teorica, ovviamente in rapporto alle pratiche, perche' e' su tale piano che piu' si e' penalizzata la creativita' femminile. Anche per questo mi sembra quanto mai positivo l'affidamento della parte teorica a Cavarero. * Proprio l'esigenza di dare spazio e riconoscimento al versante teoretico del femminismo potrebbe suscitare un primo rilievo critico a Le filosofie femministe, data la limitatezza dei riferimenti circostanziati all'impegno femminista nell'ambito epistemologico, della storia e filosofia delle scienze, come anche nel settore teologico, ambiti in cui il contributo specifico delle donne, dichiaratamente femministe e' ormai nutrito e non puo' essere considerato marginale rispetto a quello dimostrato in altre aree. Ma come si specifica nell'introduzione del testo quella proposta e' solo una "storia possibile", che evidentemente privilegia il versante filosofico/politico della riflessione femminista. Un altro rilievo critico riguarda la mancanza assoluta di riferimenti al femminismo tedesco, che e' stato all'avanguardia sul piano dell'elaborazione teorica, in particolare di taglio politico, e che ha messo in atto una serie di iniziative educative, ad esempio per la prima infanzia, mirate all'incentivazione delle potenzialita' creative di donne e uomini, in specie in campo artistico e nelle modalita' della vita quotidiana. E' pero' vero che i testi di queste autrici circolano quasi esclusivamente in originale. Anche la voce Femminismo dell'Enciclopedia delle scienze sociali (C. Saraceno, "Femminismo", in Enciclopedia delle scienze sociali, IEI, Roma 1994, vol. IV, pp. 54-63), menziona solo uno di questi titoli (tradotto in italiano), sebbene le femministe tedesche siano state tra le prime ad affrontare il discorso sulle modalita' della "cura", intesa quale parametro di relazionalita' diversa da quella impostata sul concetto di rapporto che predomina nella tradizione maschile. Il se' relazionale, cui Cavarero fa riferimento verso la fine della parte teorica, molto deve alle riflessioni delle femministe tedesche, prevalentemente impegnate sulla ridefinizione dei ruoli, in particolare nel contesto primario, maternita'/paternita', nascita, accudimento e educazione. Questa problematica, in certo modo anticipata dal femminismo tedesco e da esso riassorbita nel politico, e' molto viva nel femminismo americano contemporaneo, soprattutto per i problemi prodotti dalla gestione degli spazi da esso acquisiti nelle strutture educative (nidi, scuole primarie e secondarie, colleges, luoghi vari di aggregazione giovanile). * Le filosofie femministe potrebbe per tale verso dare il via ad altri testi che approfondiscano alcuni spaccati poco noti della storia del femminismo, anche perche' propone un concetto di filosofia allargato, in cui teorico non e' solo il pensiero che utilizza i concetti filosofici; la filosofia vi compare infatti non solo intrecciata agli altri saperi ma anche fruttuosamente ibridata da linguaggi diversi. Ancora si potrebbe dar conto di autrici, spesso tra le piu' amate e citate dalla femministe, come ad esempio Hannah Arendt, non legate al femminismo per cercare di cogliere la valenza femminista del loro pensiero, come si e' gia' fatto nell'ambito anglo-americano. E' lo stesso libro qui in esame che nel proporci la congiunzione tra filosofia e femminismo sollecita a pensarne ulteriori approfondimenti. Come e' di stimolo il lavoro a doppia mano di un uomo e di una donna sulla problematica teorica del femminismo in cui proprio la filosofia risulta la maggior imputata di logofallocentrismo. L'immediato ricordo del Nonostante Platone di Cavarero fa sospettare che la filosofia, pure nella sua veste piu' classica, puo' non avere troppo inibito le potenzialita' teoretiche delle donne se la loro riflessione critica risulta cosi' efficace proprio nei confronti della stessa filosofia. Forse anche il lavoro sui concetti, l'hegeliana fatica del concetto, e' servito da palestra per l'esercizio delle capacita' teoriche di cui le femministe danno prova. Le donne che muovendo dall'interno della filosofia si sono riconosciute in chi riteneva necessario "sputare su Hegel" (altro titolo di libro femminista), non hanno di certo abbandonato agli uomini l'esercizio di un sapere declinato al maschile ma la cui identita' ha una chiara radice femminile. La denuncia dell'impronta maschilista del sapere filosofico portata avanti dalle femministe (attraverso sia la decostruzione di tale sapere sia l'assemblaggio dei materiali prodotti dai filosofi sulle donne) e' servita non solo a dissacrare una riflessione in certo modo sacrale, scoprendone la partigianeria dietro il velo dell'apparente oggettivita', ma anche a dimostrare come tale modo di fare filosofia sia castrante per l'una e l'altra meta' del cielo, cioe' per entrambi i generi e per quanti e quante considerano obsoleto lo stesso discorso sull'identita' di genere, e rivendicano quindi il diritto a un pensare e dire diverso. Diverso perche' volto a percorrere itinerari nuovi in quanto ignorati dalla cultura filosofica dominante e in quanto ancora tutti da scoprire, visto il potere inibitorio esercitato da una cultura univoca e originata dalla scissione. Forse l'arendtiano "chi" ha veramente avviato i suoi passi da un punto di non ritorno: la demistificazione dell'oggettivita' "neutra" e la rimessa in circolo di azioni e discorsi emarginati e marginalizzati. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1029 del 21 agosto 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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