Nonviolenza. Femminile plurale. 11



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 11 del 12 maggio 2005

In questo numero:
1. Pilar Trenas intervista Maria Zambrano (1988)
2. Maria Zambrano: Per la pace (1990)
3. Una bibliografia essenziale delle opere di Maria Zambrano (1997)

1. MAESTRE. PILAR TRENAS INTERVISTA MARIA ZAMBRANO (1988)
[Dalla rivista telematica "Per amore del mondo", n. 3 (nel sito
www.diotimafilosofe.it) riprendiamo questa intervista televisiva del 1988 a
Maria Zambrano andata in onda nel programma "Muy personal" della Television
Espanola; la trascrizione, di Maria Milagros Rivera Garretas, e' stata
pubblicata sulla rivista "Duoda. Revista de Estudios Feministas", n. 25,
2003; la traduzione e' di Clara Jourdan.
Pilar Trenas (1950-1996), giornalista, conduttrice televisiva, autrice di
rilevanti programmi culturali.
Maria Zambrano, insigne pensatrice spagnola (1904-1991), allieva di Ortega y
Gasset, antifranchista, visse a lungo in esilio. Tra le sue opere tradotte
in italiano cfr. almeno: Spagna: pensiero, poesia e una citta', Vallecchi,
Firenze 1964; I sogni e il tempo, De Luca, Roma 1964; Chiari del bosco,
Feltrinelli, Milano 1991; I beati, Feltrinelli, Milano 1992; La tomba di
Antigone. Diotima di Mantinea, La Tartaruga, Milano 1995; Verso un sapere
dell'anima, Cortina, Milano 1996; La confessione come genere letterario,
Bruno Mondadori, Milano 1997; All'ombra del dio sconosciuto. Antigone,
Eloisa, Diotima, Nuova Pratiche Editrice, Milano 1997; Seneca, Bruno
Mondadori, Milano 1998; Filosofia e poesia, Pendragon, Bologna 1998.
L'agonia dell'Europa, Marsilio, Venezia 1999. Dell'aurora, Marietti, Genova
2000; Delirio e destino, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Persona e
democrazia. La storia sacrificale, Bruno Mondadori, Milano 2000; L' uomo e
il divino, Edizioni Lavoro, Roma 2001; Le parole del ritorno, Citta' Nuova,
Roma 2003. Opere su Maria Zambrano: un buon punto di partenza e' il volume
monografico Maria Zambrano, pensatrice in esilio, "Aut aut" n. 279,
maggio-giugno 1997, e il recente libro di Annarosa Buttarelli, Una filosofa
innamorata. Maria Zambrano e i suoi insegnamenti, Bruno Mondadori, Milano
2004; ci permettiamo di segnalare anche, nel nostro stesso notiziario, i
testi di Elena Laurenzi e di Donatella Di Cesare riprodotti nei nn. 752, 754
e 805]

- Pilar Trenas: Buona sera. E' una grande soddisfazione per tutti noi avere
oggi nella trasmissione questa donna, Maria Zambrano. Di Malaga, filosofa,
pensatrice e poeta. Octavio Paz ha detto di lei che ha sempre vissuto al
confine tra la poesia e la filosofia, e che per questo i concetti diventano
in lei immagini. Cioran, che subi' il suo fascino una sera in un caffe' di
Parigi, ha parlato del prodigio di questa donna che mai ha venduto l'anima
all'idea. E oggi tutti riconoscono la ragione poetica che illumina tutte le
pagine di Maria Zambrano. Maria, buona sera.
- Maria Zambrano: Piacere, Pilar.
- P. T.: Grazie mille di riceverci qui nella sua casa.
- M. Z.: Felice di averti a casa mia.
- P. T.: Maria, adesso che ha appena compiuto 84 anni, come si sente?
- M. Z.: Oh, be', non lo so, perche' io ho sempre avuto un'eta' indefinita.
A volte mi sono sentita molto giovane, a volte infinitamente... no, niente
di infinito conviene alla vita umana, a volte... ormai, di troppo.
- P. T.: No, di troppo mai, Maria.
- M. Z.: Si'.
- P. T.: Stanno per compiersi, fra poco, i quattro anni dal suo ritorno in
Spagna, dopo il lungo esilio...
- M. Z.: In effetti, del lunghissimo esilio.
- P. T.: Maria, e' stato difficile questo processo di riadattamento, essere
di nuovo in Spagna?
- M. Z.: Be', io direi di no, perche' ho portato con me la Spagna nel cuore,
e inoltre ho sempre avuto rapporti con spagnoli, sia con gente illustre che
con studenti, con operai, con... Io non... in un certo modo, come credo di
aver detto all'aeroporto, non sono uscita dalla Spagna; non solo per averla
portata, ma perche' venivano da me, come la ragazza che faceva la commessa
in un negozio dell'Avana e si sentiva sola, e mi telefonava, non osava, e
veniva a trovarmi a casa. Non ho fatto distinzioni di classe, ma di persone.
- P. T.: Ha scelto, ma solo per altre ragioni, non per la classe...
- M. Z.: Come dice?
- P. T.: Ha scelto per ragioni di amicizia e per altre ragioni, ma mai...
- M. Z.: Si', per ragioni d'amore, se si puo' dire. E a volte per ragioni di
necessita' anche. Ma questa necessita' io la facevo diventare amore, perche'
se no non lo potevo fare, non veniva, non funzionava.
- P. T.: Ha sempre funzionato bene, Maria. Per molti anni la sua opera e'
stata un po' tenuta lontana, sconosciuta, e' stata sconosciuta in Spagna,
ignorata. Maria, lei crede che l'unica ragione sia stata quella distanza
fisica che lei aveva dalla Spagna?
- M. Z.: Be', io non direi, no. Perche' in questo stesso tempo la Spagna
stava come stava, e quelli che vivevano in Spagna rimanevano anche loro
sconosciuti. A parte il fatto che le vie del pensiero sono molto difficili
da tracciare, lei lo sa.
- P. T.: Maria, lei ha detto di essere stata vittima dell'antiorteghismo [da
Jose' Ortega y Gasset, n.d.t.]. Come ha sentito lei questo antiorteghismo?
- M. Z.: Be', questo antiorteghismo, in effetti gia' cominciava in Spagna.
Perche' questo antiorteghismo... perche' ogni figura luminosa, ogni figura
preponderante genera sempre il suo contrario. Don Jose', ai suoi tempi
migliori, quando io lo incontravo, quando lo frequentavo, mi riceveva cosi'
umilmente, me e alcuni discepoli, tremava per quello che diceva di lui
l'ultimo giornalista. Tremava. Non l'hanno mai creduto.
- P. T.: Maria, pero' lei si e' sempre dichiarata anche una fedele
discepola, pur non essendo orteghiana, no?
- M. Z.: No, orteghiana no, perche' se fossi orteghiana non sarei discepola.
Anche lei, questo lo capisce molto bene, no? Sarei una seguace, non
discepola, il contrario che essere discepola.
- P. T.: Maria, cosa ne dice se viaggiamo un po' insieme fino alla sua
infanzia? A Velez Malaga? Andiamo a ricordare quelle prime immagini della
sua infanzia?
- M. Z.: Si', sono immagini e sono sensazioni. Una cosa talmente evanescente
e che pare destinata a consumarsi all'istante, risulta poi che mentre uno ha
una vita qui, e non sappiamo se da un'altra parte, sono rimaste attaccate:
l'albero di limoni dell'orto.
- P. T.: Quell'odore che non ha mai potuto dimenticare, no?
- M. Z.: Si', e l'asprezza. Il profumo della sera. Il mio primo viaggio in
braccio a mio padre quando io non sapevo cosa fosse essere propriamente
padre, non potevo saperlo. La ninna nanna del mare, il calare della sera, il
profumo, la stella, il giglio... no, la' non c'erano gigli, c'erano vasi che
non so che fiori avessero, perche' io non sapevo il nome dei fiori, non
sapevo nominarli.
- P. T.: Ma li sentiva.
- M. Z.: Li sentivo per sempre. E il sapore della canna da zucchero, che
facevano succhiare allora ai bambini, pezzetti di canna da zucchero, mi e'
rimasto il gusto in bocca, mi e' rimasto per sempre, e il pane di fichi, che
dopo arrivava a Segovia mandato da alcuni discepoli di mio padre. Ah, che
cosa meravigliosa! Persino il vino ho bevuto. Aveva 108 anni quel vino. Ah,
che cosa meravigliosa! Non si sapeva che cos'era. E dopo, be', io il vino
non lo posso bere.
- P. T.: Maria, lei parla di suo padre, suo padre fu il suo primo maestro,
vero? Che cosa le ha insegnato?
- M. Z.: Certo, certo che mi ha insegnato, ma come dire quello che mio padre
mi ha insegnato! Un calore, una giustezza, un'armonia, una bellezza, una
certa rigidita', come puo' essere quella di un albero con le radici
affondate nella terra e la chioma altissima che arriva al cielo.
- P. T.: E di sua madre, Maria, di sua madre?
- M. Z.: Di mia madre, come non ricordarla, con il suo sorrisetto, con il
suo sorrisetto accogliente, con la sua dolce ironia, e con quel dire:
bravina, bravina, quando le lodavano sua figlia.
- P. T.: Non voleva che fosse vanitosa.
- M. Z.: No, no.
- P. T.: Maria, pero' presto lei abbandono' questa terra, di cui ha cosi'
bei ricordi, e la sua seconda terra fu Segovia, no?
- M. Z.: Si', passando prima per Madrid, si', per Madrid. Dove ho sofferto
il fatto che la casa in cui i miei genitori vivevano, ebbene non aveva
terrazzo, non aveva il tetto a terrazza; e io andavo sulla scala; e questo
di avere una strada, di vivere in una strada e non in tutto il paese,
appunto mi dispiaceva.
- P. T.: Maria, e fu a Segovia che scopri' l'acqua? Questo elemento che e'
stato sempre...
- M. Z.: L'acqua. Be', l'acqua credo sia stata sempre dappertutto, e' stata
nei miei sogni, ma a Segovia la scoprii nella Fuencisla, goccia a goccia.
- P. T.: Maria, nella sua, in quella specie di autobiografia che lei ha
scritto, dice che prima volle essere un carillon, poi volle essere un
cavaliere templare, e alla fine, piu' tardi, una sentinella. Lei...
- M. Z.: E una serva.
- P. T.: Anche una serva. In qualche modo, nel corso della sua vita, questi
desideri si sono realizzati o si sono...
- M. Z.: Io credo di si'. Soprattutto quello di serva.
- P. T.: Perche'?
- M. Z.: Perche' sono qui per servire a cio' che mi si comanda.
- P. T.: Si'?
- M. Z.: E quello di cavaliere, pure. Il cavaliere porta una cappa, una
croce sulla cappa, ed e' anche lui per servire; e il carillon... be' questo
non ho potuto esserlo, pero' me ne hanno regalati. Ho fatto in modo, senza
imparare il canto, che la mia voce, che il mio dire avesse un po' di incanto
musicale.
- P. T.: Di musica. E sentinella? Di che cosa e' stata sentinella?
- M. Z.: Oh, sentinella! La sentinella nella notte che udivo io a Madrid,
che andava da una caserma all'altra: "Sentinella all'erta, all'erta sta!".
Stare nella notte svegli, questo mi e' rimasto.
- P. T.: E poi l'esilio. Anche se si vieto' la nostalgia, furono anni duri.
Peregrinare dall'Avana a Puerto Rico, e dal Messico a Buenos Aires, da
Parigi a Roma e da Roma a Ginevra. La morte di sua madre a Parigi, la
separazione dal marito, le conferenze. La solitudine. E sempre alcune idee e
alcune parole sacre su cui Maria Zambrano e' scesa in profondita' tentando
di sviscerarne il piu' intimo significato: Spagna, Cristianesimo, Cultura,
Anima, Filosofia, Morale, Dio, Pensiero, Acqua, Luce, Fuoco, la Fiamma,
l'Aurora, i Chiari del Bosco, il Sogno, l'Amore, la Verita'. E sempre con il
medesimo bisturi come strumento, la ragione poetica che muove la sua vita.
Per questo, quel 20 novembre 1984 quando ritornava a Madrid, come l'ultima
vittima dell'atroce naufragio spagnolo del 1939, pote' dire, rispondendo
alla domanda: Maria, lei pensava che sarebbe tornata in Spagna dopo
cinquant'anni?
- M. Z.: Cinquanta? Oh! Io credevo di non essere mai stata via.
- P. T.: E, Maria, come e quando scopri' il pensiero e seppe che avrebbe
dedicato tutta la vita a pensare?
- M. Z.: Be', questo da una parte e' difficilino, da un'altra parte non
tanto. Perche' io avevo uno stipetto per me, nella mia stanza, il mio
nascondiglio, e li' custodivo un libro che avevo sottratto a mio padre,
della biblioteca filosofica pubblicata da Zozaya - glielo dico adesso - e
questo libro lo custodivo per quando avrei potuto leggere e studiare. E
questo libro, poi ho visto che era Leibniz. E anche sentivo mio padre dire,
perche' lui era un filosofo, ripetere il motto dell'accademia platonica:
"Nessuno entri qui senza aver imparato la geometria"; e io gli chiedevo:
papa', quando mi insegnerai la geometria perche' io possa pensare?
- P. T.: Maria, a ventidue anni lei sta a Madrid.
- M. Z.: E' cosi', si'.
- P. T.: E a Madrid, come fu la scoperta di Madrid? Dato che ci era passata
da piccola, ma con l'universita'...
- M. Z.: Arrivai a Madrid nel '26, ma il fatto e' che prima ci ero andata
molte volte da Segovia a fare esami da esterna in ardue materie, in cui
cominciavano dicendo: "no, senza frequentare qui non si puo'"; "be' allora
mi dica lei quello che devo fare", e dopo potevo. Tranne in una, se vuol
sapere quale gliela dico.
- P. T.: Quale? Si'.
- M. Z.: In Storia della letteratura. Li' mi sono bruciata.
- P. T.: E quando arrivo' all'universita', qui a Madrid, qual e' la prima
visione che ricorda di Ortega e delle sue lezioni? Com'erano le sue lezioni?
- M. Z.: Oh, mio Dio! Io Ortega lo conoscevo gia', certo, per averlo letto,
ma questa cosa di entrare in una sua lezione... Io cominciai a studiare
l'anno ufficiale del dottorato, un anno prima, per abituarmi, e per non
perdere tempo. Entravo piano piano, lontano, e poi andavo sempre piu'
vicino, sempre piu' vicino, e credevo che aveva gli occhi verdi, e che era
un po' imponente, ma quando poi mi e' toccato stare in prima fila per farmi
interrogare, ebbene mi sono resa conto che non aveva gli occhi verdi, ma che
era lo stesso, mi faceva tremare.
- P. T.: Ma ci fu un momento in cui la sua vocazione filosofica vacillo',
vero, Maria?
- M. Z.: Ebbene si', perche' ogni vocazione autentica credo che vacilli un
pochino, perche' io mi sentii incapace di studiare filosofia, mi sentii
negata. Perche' tra il rigore di Zubiri, che ritornava, e la chiarezza
orteghiana, io non ce la facevo, ne' con la chiarezza ne' con il rigore. Non
ce la facevo proprio; e decisi di non studiare filosofia; e cosi'
quell'estate che dovevo studiare filosofia, be' ho fatto quello che volevo,
e cioe' leggere la terza Enneade di Plotino e l'etica di Eschilo.
- P. T.: E questo l'animo' ad andare avanti?
- M. Z.: Be' certo, se mi sono trovata a studiare filosofia mentre ero in
vacanza... un giorno me ne resi conto, scoppiai a ridere e continuai.
- P. T.: Cioe' i maestri l'avevano spaventata un po'.
- M. Z.: Be', i maestri no, la maestria, la filosofia. E' che fa molta
paura. Come tutto cio' che si ama davvero.
- P. T.: Maria, lei quando era all'universita', dato che per finire studio'
filosofia e concluse, non era un fatto molto abituale che donne... be',
che...
- M. Z.: No, no.
- P. T.: Non era molto frequente. E lei notava che sia i professori sia i
suoi compagni la trattavano in un altro modo per il fatto di essere donna?
- M. Z.: Be', a volte, ma io non mi lasciavo...
- P. T.: Non si lasciava, si difendeva da questo.
- M. Z.: Allora, non fui femminista, fui femminile: non cedetti. Allora io
fui subito assistente di Storia della filosofia e li' fu lei, perche' come
fu, perche' il professor Zubiri era in Germania, e l'assistente era non so
dove, e' toccato a me, in mancanza di meglio, e il mio compagno... si
dimise, non ha voluto. Ebbene qui ci sono io.
- P. T.: E come l'accettavano gli allievi?
- M. Z.: Felici, mi chiamavano come hanno sempre continuato a chiamarmi gli
alunni dappertutto: Maria.
- P. T.: E a lei piaceva questo di stare in contatto con questa gente
giovane?
- M. Z.: Certo, certo. Ero anch'io tanto giovane allora, piu' di alcuni di
loro. Ma dopo, per il mondo, quando sono stata professoressa e mi hanno
chiamato in certi posti dottora, perche' era il titolo, in altri dottoressa,
in altri non so cosa, allora io non dicevo niente, non scendevo dalla
predella, continuavo a parlare tranquilla, sicura che dopo quindici giorni
mi avrebbero chiamata Maria.
- P. T.: Prima diceva di aver sostituito Zubiri alle lezioni, ma a
quell'epoca conobbe anche Maravall, Garcia Morente, e...
- M. Z.: Ma Maravall era un compagno, e non di filosofia, di diritto, e
Garcia Morente era professore di etica, che ho superato senza frequentare,
ho avuto l'ardire di farlo.
- P. T.: E tutto questo gruppo di gente che conosceva all'epoca, com'erano?
Con chi lei si identificava di piu'?
- M. Z.: Be' e' difficile da dire, perche' non era un gruppo, era un po'
come... come la Grecia, un arcipelago, sai? La vita non era cosi' semplice,
cosi' a compartimenti come schematicamente la si vede quando sono passati
tanti anni.
- P. T.: Maria, subito lei gia' pubblica il suo primo libro.
- M. Z.: Libretto.
- P. T.: "Nuovo liberalismo"...
- M. Z.: Si', si', Orizzonte del liberalismo, editore Morata. E questo
avvenne mentre ero ammalata, alla fine della mia malattia.
- P. T.: Come visse la malattia, Maria, questa...?
- M. Z.: Tubercolosi. Be', come si faceva allora, stando molto ferma,
mangiando molto, e senza fare nulla. Il tempo. Mi trovai da sola con il
tempo immenso; e allora la prima cosa che dovevo fare era nuotare nel tempo.
- P. T.: Questo a volte e' anche un privilegio, essere padrone del proprio
tempo, vero?
- M. Z.: Be', pero' e' terribile. Io non ero padrona, era il tempo padrone
di me.
- P. T.: Maria, e mentre le capita tutto questo, lei fa lezione, pubblica...
- M. Z.: No, mi riferisco, scusi, al tempo, ai due anni di cura di riposo,
che ho fatto a casa mia invece di andare in una clinica, perche' casa mia
era esposta al sole, c'era aria, c'era mia madre, mio padre, mia sorella
Araceli, che quando era molto piu' giovane e piu' vitale di me fu anche lei
un po' tubercolotica, e il suo promesso, con cui si sposo', era medico.
- P. T.: Maria, cosa ricorda lei di quelle missioni pedagogiche portate
avanti all'epoca della seconda Repubblica?
- M. Z.: Meraviglioso!
- P. T.: Come era la cosa?
- M. Z.: Partecipai a qualcuna di esse. Quello che ci davano bastava solo
per... per i sandali. Se volevamo andare per conto nostro in qualche altro
paese, ce lo pagavamo, e a volte ci trovavamo di fronte a spettacoli... be',
non era spettacolo. Realta' meravigliose, di una Spagna... devo fare uno
sforzo per non piangere... di una Spagna che si risvegliava alla vita, di
una Spagna in cui si univa l'antica cortesia, per un intero chilometro, di
gente che ci aspettava, vestiti con la cappa, con il costume tradizionale e
con il presidente che portava la bandiera della Repubblica. Ci fecero
passare in mezzo come se fossimo stati santa Teresa, con lo stesso rispetto.
E quegli uomini del popolo che entravano, per esempio, per vedere don
Fernando de los Rios, che era una grande figura del partito socialista e
della Spagna, a Yuste. E portandosi una mano al..., come se fosse un
copricapo militare, dicevano: "Compagno don Fernando, Dio la protegga".
Meraviglioso!
- P. T.: Maria, si commuove. Fu a quell'epoca, vivendo questo, questi
momenti cosi' importanti e significativi anche della storia della Spagna,
che si ando' formando il suo pensiero?
- M. Z.: Non so se si ando' formando, non lo so. Perche' io non pensavo a
me, come succede quando uno si da' veramente; io si' sentivo che dovevo
approfittare di questi momenti perche' sarebbero stati brevi, perche'
sarebbero durati poco.
- P. T.: Maria, nel '36 lei si sposa, si sposa con lo storico Alfonso
Rodriguez Aldave, e andate in Cile dove lui e' nominato segretario
dell'ambasciata spagnola.
- M. Z.: Si', ci andammo perche' fu nominato secondo segretario
dell'ambasciata.
- P. T.: E come fu questo primo contatto con l'America, questo incontro, la
prima volta che si incontrava con l'America?
- M. Z.: Be', meravigliosa. E soprattutto perche' dovemmo fare un
lunghissimo viaggio, dato che la Spagna era mal considerata in alcuni posti.
Dovemmo passare prima per l'Avana, dove mi avevano anche invitata, me, ma io
zitta. Allora mi chiesero una conferenza al Lyceum Club, il piu' elegante
che c'era, e chiesi permesso all'ambasciatore e mi disse che sarebbe stata
un'ottima cosa, e la feci, su Ortega y Gasset, ed era tutto cosi'... credo
che ando' molto bene, dico. E poi subito dovemmo andare a Panama, passammo
il canale di Panama a piedi, per cosi' dire, cioe' attraverso le chiuse.
Meraviglioso! E arrivare a Balboa nel momento in cui il sole tramontava nel
Pacifico, nel Nuovo Mondo; e poi passare per... il Peru', per citta' come
Antofagasta, fino a fare il giro..., verso dove, mio Dio...
- P. T.: Per arrivare fino in Cile.
- M. Z.: Fino in Cile.
- P. T.: Lei ha detto molte volte che il pensiero spagnolo e' carente di
sistema filosofico. Ci spieghi un pochino di piu' questo, su che cosa lo
fonda...
- M. Z.: Si', be', vedra' lei, leggendo La scienza spagnola di Menendez
Pelayo, che io rispettavo e rispetto perche', pur essendo reazionario, era
pero' un uomo di fede e di verita'. Il fatto e' che in Spagna ci sono stati
precursori, c'e' stato soprattutto questo, ma quello che non c'e' stato e'
continuita' e vigenza, che sono le note di una tradizione filosofica. Il che
va d'accordo con cio' che poi si e' osservato, che in Spagna bisogna stare
cominciando sempre.
- P. T.: E' vero.
- M. Z.: Sempre, ogni giorno bisogna cominciare.
- P. T.: Maria, nel '37 eravate in Cile e nonostante la guerra si stesse
perdendo, siete tornati in Spagna.
- M. Z.: Be', pero' non e' nonostante, ma per questo. Ci dicevano: se la
guerra e' perduta... Appunto per questo ritorniamo in Spagna. Se fosse vinta
resteremmo qui.
- P. T.: E voi partecipaste a tutte le vicende della Repubblica,
appoggiaste, aiutaste, faceste tutto quello che era in vostro potere. Maria,
a Valencia lei fece l'avventura della rivista "Hora de Espana", conobbe
Emilio Prados. Che cosa ricorda di quella...?
- M. Z.: Be', pero' conobbi Emilio un pochino prima. E inoltre "Hora de
Espana" mi mando' in Cile. Si', a Valencia. Allora, non so bene, mio marito
di allora... Non ne ho avuto nessun altro; dopo mille anni non sono
divorziata, perche', non so, non perche' non voglia...
- P. T.: Non e' divorziata perche' non sa.
- M. Z.: No, non c'e' modo.
- P. T.: Non c'e' modo.
- M. Z.: Pero' non ho avuto nessun altro marito. Allora, che e' successo a
Valencia? Siccome ci restammo un po' di tempo perche' il governo stava la'.
Quando si trasferisce a Barcellona, ebbene andiamo a Barcellona. A
Barcellona... c'erano gia' i miei genitori. A Barcellona, e anche a
Valencia, io collaboro con le..., non mi ricordo. Come si chiama? Con il
Patronato dell'infanzia sfollata. Sono del Patronato Nazionale, nientemeno.
E dovevo visitare i posti in cui erano alloggiati i bambini che venivano
trasferiti da altre parti della Spagna bombardate. E io andavo a visitarli.
Non era facile. C'erano molti problemi. Questioni molto delicate, perche'
allora, fascisti, comunisti, repubblicani, erano tutti mescolati. Non si
sapeva. Io mi attenevo a quello che dovevo fare. C'era a volte un
battaglione russo, uno solo, perche' l'azione della Russia in Spagna fu
piu'...
- P. T.: Di facciata.
- M. Z.: E allora io andavo a nome della Repubblica, e mi tributavano onori,
e dovevo fare un discorso, che dovevo improvvisare a stomaco vuoto, avendo
viaggiato in un taxi che andava a scossoni. Ma non lo ricordo con amarezza,
lo ricordo con gioia. Se si puo' sapere...
- P. T.: Alla fine del '38 suo padre muore...
- M. Z.: Muore a Barcellona.
- P. T.: E un pochino dopo, all'inizio del '39, lei va verso il lungo
esilio. Sono due colpi vicini molto forti.
- M. Z.: Si', persi mio padre, persi la patria, ma mi rimase la madre, la
matria, la sorella, i fratelli. Mi rimase tutto, e perfino mio padre, che
sentii che veniva con noi. Pero' che gioia, padre, che tu non debba soffrire
le vicende dell'esilio!
- P. T.: Quando lei passo' la frontiera, si proibi' la nostalgia? Si proibi'
di avere nostalgia?
- M. Z.: Si', certo. Dovevo assumermi la responsabilita' della nuova
situazione, e non fare come ho poi visto fare a certi profughi, che non
disfacevano le valige, in attesa, in attesa, in attesa. Io, in primo luogo,
di valige non ne avevo, perche' sono sempre stata abbastanza povera, grazie
a Dio, ma vivevo alla giornata: adesso e' questo, il presente quanto piu'
possibile.
- P. T.: E viverlo quanto piu' intensamente.
- M. Z.: Quanto piu', certo.
- P. T.: Maria, in questo lungo esilio, la prima stazione, la prima tappa e'
l'Avana, no? All'Avana aveva conosciuto un altro di quelli che sarebbero
stati i suoi grandi amici, no? Lezama Lima. Che cosa ricorda di lui? Lei ha
sempre parlato della sua trasparenza, no? Della trasparenza nella sua opera.
Come la ricorda?
- M. Z.: Io l'ho tenuto, mi sono scritta con lui finche' ho potuto. E' stata
un'amicizia che e' sempre rinata; sono stata collaboratrice della sua
rivista. E io ricordo quel giovane silenzioso che era seduto accanto a me
senza dire una parola. E mancando, lui e io, alla buona educazione, ci
assorbimmo in una conversazione tra noi due. E allora, senza rendercene
conto, la cena era finita.
- P. T.: In tutto quell'andare per il mondo che e' stato il suo lungo esilio
di tanti anni, ci fu sempre al suo fianco, a partire da un certo momento,
sua sorella Araceli...
- M. Z.: Finche' ha potuto. Perche' arrivo' un momento in cui lei resto' in
Francia con mia madre e io dovetti andarmene. Si'.
- P. T.: Che cosa ha significato Araceli? Che cosa e' stata Araceli per la
sua vita, Maria?
- M. Z.: Che cosa faceva Araceli?
- P. T.: Che cosa e' stata Araceli per la sua vita?
- M. Z.: Ah! E' mia sorella. La mia unica sorella. Scrivendo Antigone, io
andai al termine greco "autoadelfos", perche' adelfa [oleandro - ndt]
significa sorella. E curiosamente, nei giardini di Segovia se ne piantavano
sempre due, una rossa e una bianca. Mia sorella, mia sorella unica. Come
l'ho aspettata! Perche' nacque quando io avevo sette anni. Che gioia avere
una sorella; con lei scoprii cio' che e' piu' importante nella mia vita, la
sorellanza, la sorellanza, piu' della liberta', la sorellanza.
- P. T.: In tutti questi anni lei, nonostante i viaggi, pubblica libri,
scrive articoli, saggi, fa conferenze; lei ha sempre detto che il lavoro e'
stato a volte la sua maggior felicita' e altre volte un tormento.
- M. Z.: Certo. Come deve dire, come deve essere quello di qualcuno che si
vede costretto a creare. A volte, un'agonia, a volte, un parto impossibile,
a volte una felicita'.
- P. T.: E durante tutti questi anni vanno sorgendo i suoi libri piu'
importanti. Maria, si e' detto che l'originalita' del suo pensiero sta nel
fatto che, partendo da Ortega, torna alle origini della filosofia.
- M. Z.: Si', certo.
- P. T.: Per cercare di apprendere la realta', ma in un altro modo, in
un'altra maniera.
- M. Z.: Si, certo.
- P. T.: Lei e' d'accordo che sia in questo l'originalita' del suo pensiero?
- M. Z.: L'originalita' viene da origine. La filosofia doveva nascere dentro
di me. Non solamente dalle parole cosi' ricche di Ortega e prima da quelle
di mio padre.
- P. T.: Si e' detto che lei e' riuscita a riconciliare due tradizionali
nemici, la filosofia e la poesia. Come l'ha ottenuto? Come lo ha reso
possibile?
- M. Z.: L'ho reso possibile senza accorgermene. L'espressione "ragione
poetica" figura in uno dei miei primi saggi, pubblicato, pensi, in "Hora de
Espana", a proposito della "guerra", la guerra tra virgolette, un libro di
Antonio Machado che lui mi disse essere solo degli articoli, degli
articoletti senza unita'. Uso li' la ragione poetica; anche prima, ma li' la
riconosco; no, non vedo che questo sia la ragione poetica, mi si va
imponendo.
- P. T.: Quando si rende conto che ormai c'e' la ragione poetica?
- M. Z.: Quando mi fanno rendermene conto. Abellan, in un libro, La
filosofia spagnola fuori di Spagna, mette: Maria Zambrano, la ragione
poetica.
- P. T.: E qual e' l'importanza del sogno e il potere del sogno?
- M. Z.: Ah, questo si' che e' mio. Perche' scoprii l'atemporalita' del
sogno; e poi, in scala, i sogni della persona, i sogni dove si appare in un
istante, una profezia, un destino unico. E allora scrivo I sogni e il tempo
molto in fretta perche' avevano annunciato sulla rivista "Diogenes"
dell'Unesco che avrebbero dato un premio a un artista, a un pensiero, capace
di rinnovare le scienze umane. E io l'ho mandato in busta aperta, perche'
era cosi', a Roger Callois, che mi rispose una lettera piena di entusiasmo.
E si era tanto entusiasmato lui che allo stesso tempo stava scrivendo, e poi
si diede un anno, e il mio usci' con una menzione tra i primi dieci. Pero'
da la' viene, dopo, il convegno a Rogemont sui sogni e le societa' umane.
- P. T.: Maria, e quando lei volle scrivere un libro su filosofia e
cristianesimo, nacque L'uomo e il divino. Come concepisce il rapporto della
divinita' con l'uomo?
- M. Z.: Be' ecco io, questo di Dio detto cosi', come se a una tirassero una
pietra in faccia, no. Ne' che mi dicano Dio e' Dio. Bensi' il divino
nell'uomo: Emmanuel, Dio nell'uomo, in un modo o nell'altro. Lui sapra'.
- P. T.: Lei intende la filosofia come la trasformazione del sacro nel
divino.
- M. Z.: Si', e' una delle definizioni che mi sono venute della filosofia:
la trasformazione del sacro nel divino. Perche' il sacro e' ascritto a un
luogo; delle pietre possono essere sacre, un luogo, un ditale, un oggetto,
ma non divino. E allora il pensiero e' quello che fa la trasformazione,
pensando veramente.
- P. T.: Ma come si puo' scoprire il sacro, Maria, dove si scopre?
- M. Z.: Si impone. Il sacro si impone.
- P. T.: Quando era ormai nel Jura francese, a La Piece, in quella casa
vicina al lago Lemano, che e' lo scenario di uno dei suoi libri
fondamentali...
- M. Z.: Be', e' qualcosa di piu'. E' uno dei luoghi meravigliosi in cui mi
e' toccato vivere nella vita. Vicino a Ginevra, nel Jura francese, in un
villaggio che aveva tre case. Che meraviglia quel bosco, quel sentiero! Mia
sorella e' rimasta la', perche' la' mori'; e poi io, ormai sola, ma sempre
accompagnata da qualcuno della mia famiglia, perche' ho sempre avuto accanto
qualcuno della mia famiglia, che mi protegge.
- P. T.: Maria, la' e' dove nasce Chiari del bosco.
- M. Z.: Si', lo stavo scrivendo quando mori' mia sorella.
- P. T.: Questa e' stata una delle tappe migliori della sua vita? In quel
luogo?
- M. Z.: Si', e non posso parlarne senza piangere.
- P. T.: Senza emozionarsi, vero? Maria, e l'Aurora, l'aurora e' un altro
degli elementi che sempre appaiono. Come le si rivelo' l'Aurora?
- M. Z.: Mi si rivelo' in molte maniere, come succede con ogni rivelazione.
Prima, alla fine della guerra di Spagna, in cui vidi un'aurora di sangue,
con un'immagine terribile, e dopo, "quella dell'alba sarebbe" del nostro
signor Don Chisciotte, secondo il libro esemplare di Cervantes. Dopo,
l'alba: io scappavo dalla notte, dalle prime ore del mattino per, sdraiata
per terra, all'Avana, sorprendere l'alba. Ho camminato sempre verso l'alba,
non verso il tramonto; ma ho sofferto per tanta alba gettata al tramonto,
come si e' dato in Spagna, e senza dubbio nel mondo. Un'alba, questo e'
stata la Repubblica: un'alba gettata al tramonto. Ma poi rigermoglia e torna
la luce del giorno.
- P. T.: Come sempre, si torna a cominciare.
- M. Z.: Torna a cominciare.
- P. T.: Maria, verso questi anni, gli anni sessanta, quando lei sta gia'
nel Jura, la sua opera si comincia a conoscere in Spagna, comincia ormai a
diffondersi.
- M. Z.: Si', o prima. Mi arrivavano richieste di collaborazione. Amici,
si'...
- P. T.: E lei crede di aver lasciato un'impronta nei giovani pensatori
spagnoli?
- M. Z.: Questo dovrebbero dirlo loro.
- P. T.: Ma una anche lo nota, lo sente; sono molti i giovani, immagino, che
si avvicinano a lei, che fanno lavori sul suo pensiero, che...
- M. Z.: Si', pero' e' da tempo.
- P. T.: E' da tempo.
- M. Z.: Anche se sono presente, non ho smesso di essere assente in buona
maniera.
- P. T.: Maria, comunque, lei sembra che si sia sempre trovata meglio con i
poeti che con i filosofi, no? Che sempre...
- M. Z.: Be', a volte si', tra l'altro perche' di filosofi ce n'e' pochi
e...
- P. T.: Ci sono piu' poeti.
- M. Z.: Si'. Pero' mi sono intesa molto bene anche con i pittori.
- P. T.: Anche la pittura e' stato un punto di riferimento.
- M. Z.: Oh, quanto! In Italia e in Spagna, quando tornai dall'Italia e
scoprii Zubaran in Luis Fernandez, che era passato tanto tempo e lui non lo
conosceva perche' era venuto a Parigi negli anni venti. E gli diedi la
rivelazione, Il mistero della pittura spagnola in Luis Fernandez.
- P. T.: Stavamo parlando un po' dei poeti, del modo di scrivere dei poeti,
che lei pensa che in qualche maniera i poeti debbano scrivere senza sapere
molto bene di cosa scrivono.
- M. Z.: Certo, perche' corrono il rischio di diventare retorici, di
ascoltare se stessi. E i filosofi, quando si danno tanta importanza, corrono
il rischio di diventare sciocchi.
- P. T.: Cioe', anche il suo metodo di indagine nel pensiero, assomiglia un
po' a quello dei poeti.
- M. Z.: Certo.
- P. T.: Maria, come si puo' percepire l'invisibile?
- M. Z.: Ahi, che cose mi domandate, signora! L'invisibile, se si
percepisce, e' perche' esso ci visita e non lo sappiamo classificare. Si'.
Lei mi fa delle domande molto ben fatte: troppo buone.
- P. T.: Che cose sono quelle che l'hanno fatta soffrire di piu'?
- M. Z.: Di piu'? Ebbene mi ha fatto soffrire molto quello che succedeva in
Spagna quando io non c'ero, quello che succedeva in Europa quando io non
c'ero. Mi ha fatto soffrire molto l'assenza. Non dico, non mi paragono a
quelli che in Spagna facevano la fame, pativano miseria e persecuzione, ma
ve lo dico ancora una volta, come mi siete doluti, nel fondo della mia
anima, come ho avuto davanti a me piatti squisiti che non ho potuto mangiare
perche' io avevo da mangiare e voi, figli miei, fratelli miei, non avevate
neanche un pezzo di pane da mettere in bocca. Questo e' cio' che piu' mi ha
fatto soffrire, credo.
- P. T.: E che cosa ha imparato dal dolore, Maria?
- M. Z.: Ah! Dicono che il dolore sia un grande maestro; ma mio padre, che
era un grande educatore e pertanto molto ironico, diceva: tanto maestro non
serve.
- P. T.: Lei ha parlato anche di quello che e' stato chiamato lo stoicismo
spagnolo. Da dove viene questo atteggiamento?
- M. Z.: Be', questo atteggiamento viene... dal fatto che e' quello che
persiste di piu' nella filosofia antica, quello che trascende di piu',
quello che e' rimasto di piu' fino ad arrivare, per esempio, a luoghi come
l'Avana, quando un nero diceva: io sono "etronco". E cosa vuol dire
essere... Be', che mi pestano il piede e io faccio finta di niente.
- P. T.: Maria, e la morte, cos'e' per lei la morte?
- M. Z.: Per me no, io sono per lei. Ma neanche: la morte, Dio la sa, io no.
Pero' si' mi e' successo che, per esempio, all'Avana, una ragazza di
societa' voleva fare lezioni private con me, cosa che a me non e' mai
piaciuta, dare lezioni private, anche se mi portavano un po' di cio' di cui
avevo tanto bisogno, non lo nomino. Allora le chiesi: e lei, perche' vuole
studiare filosofia? Dice: perche' io voglio - era giovane, era bella, era
facoltosa, piu' che ricca, aveva un futuro, aveva tutto - dice: perche' ho
sentito, l'unica volta che l'ho sentita parlare, che lei mi potrebbe
insegnare a cominciare a morire, a morire.
- P. T.: La morte e' il passaggio alla vera vita, Maria?
- M. Z.: Credo di si', se non lo credessi...
- P. T.: Non ci sarebbe altra speranza.
- M. Z.: Si'. Che domandine mi fai, Pilar.
- P. T.: Ma io gliele faccio perche' so che le ha pensate, che le sente...
- M. Z.: Si', lo so, lo so, lo so; non giustificarti con me.
- P. T.: Maria, e come si ottiene la serenita'? Quella serenita' che lei ha
sempre, o per lo meno sembra avere?
- M. Z.: Oh mio Dio! A prezzo di sofferenze. Io sono stata molto timida,
molto timida; mia sorella no. E quando stavamo ormai insieme e io dovevo
fare qualche conferenza, lei dietro di me mi spingeva, perche' io non osavo
entrare; ed era lo stesso andare timida rispetto a un solo alunno che ci
fosse in classe, che, a Parigi, davanti alla piu' brillante
intellettualita'. Era, non so, dovermi scoprire.
- P. T.: Questo le dava un certo pudore?
- M. Z.: Un po' di pudore si'; ma anche tremore e timore.
- P. T.: Maria, e adesso che lei sente che in Spagna la trattano con
affetto, la amano, la sua opera si diffonde, si studia, la fanno figlia
adottiva della sua terra natale, la fanno...
- M. Z.: Direttrice dell'istituto, figlia prediletta, scuole di bambine che
portano il mio nome...
- P. T.: Anche una fondazione.
- M. Z.: La Fondazione.
- P. T.: Come vede tutto questo adesso?
- M. Z.: Ebbene lo vedo come una grazia, come qualcosa che non mi merito e
che aspiro a poter adempiere, sia pure minimamente, a tutto cio'.
- P. T.: E oggi, qual e' la sua speranza?
- M. Z.: La mia speranza, ebbene credo di averla appena enunciata:
adempiere, adempiere come Dio comanda.
- P. T.: Maria, e quale e' stata la sua grande liberta'?
- M. Z.: L'obbedienza.
- P. T.: Sembra incredibile, vero? Sembra un paradosso.
- M. Z.: E' che la vita si nutre di paradossi. E io credo piu' nei paradossi
della vita che nelle antinomie del pensiero.
- P. T.: In quel suo testo, Due frammenti sull'amore, dice che l'amore e' un
fuoco senza fine che anima ogni vita, la speranza di ogni vita, il segreto
di ogni vita. E' stato questo il suo segreto, l'amore?
- M. Z.: Be', credo che sia il grande segreto. La' dove anima.
- P. T.: Maria, abbiamo finito. E la lasciamo riposare. Ci resta solo da
ringraziarla di averci ricevuto, di averci aiutato a sviscerare la sua vita,
la sua opera, un'opera che ci lascia sempre pensosi; ma forse e' questo il
proposito, no?
- M. Z.: Be', e io voglio ringraziarvi, lei, Pilar, e tutti quelli che hanno
promosso e tutti quelli che ascoltano questa trasmissione; la mia grande
emozione perche' e' proprio in Spagna, perche' mi si ama, soprattutto
questo, perche' mi si ama. Io rendo grazie al tempo e all'amore.
- P. T.: Molte grazie, Maria.
- M. Z.: Grazie a voi.

2. MAESTRE. MARIA ZAMBRANO: PER LA PACE (1990)
[Nuovamente proponiamo questo testo gia' apparso su "La nonviolenza e' in
cammino" n. 711 del 22 ottobre 2003. E nuovamente ringraziamo di tutto cuore
Elena Laurenzi (per contatti: laurenzi_elena at dada.it) per averci messo a
disposizione la sua traduzione di questo testo di Maria Zambrano, scritto a
Madrid nel novembre 1990, dal titolo "I pericoli per la pace", ora edito in
Maria Zambrano, Le parole del ritorno, Citta' Nuova, Roma 2003. Scrive
nitidamente Elena Laurenzi nella sua lettera di accompagnamento: "segnalo
questo saggio sulla pace scritto da Maria Zambrano nel novembre del 1990,
sei mesi prima della sua morte, di fronte all'orrore della guerra del Golfo
Persico. E' la sua ultima testimonianza, il suo appello estremo. L'ultimo
atto di quel suo 'stare nel mondo' cui non aveva mai saputo ne' voluto
rinunciare. Lette oggi, le parole di Maria Zambrano acquistano un valore
quasi profetico"]

Nessuno oserebbe oggi manifestare dubbi sulla guerra: nessuno, in nome di
niente,  puo' difenderne la causa. E nessuno, di conseguenza, puo'
tralasciare di deporre il suo voto per la pace  nell'urna invisibile che
raccoglie le umane volonta'. Ma in molti casi non si sa con certezza se il
voto per la pace sia accompagnato dalla coscienza, o almeno dal
presentimento,  dei problemi seri e profondi che lo "stato di pace"
comporta.
Perche' la questione non e' semplicemente che non ci sia guerra - una guerra
che sarebbe certamente l'ultima di tutta una storia - bensi' stabilire la
vita in vista della pace. E se la pace e' innanzi tutto l'assenza di guerra,
e' qualcosa di piu', molto di piu'. La pace e' un modo di vivere, un modo di
abitare il pianeta, un modo di essere uomini; e' la condizione primaria per
la realizzazione dell'uomo nella sua pienezza, perche' la creatura umana e'
una promessa.
Entrare nello "stato di pace" significa oltrepassare una soglia: la soglia
tra la storia, tutta la storia fino a oggi, e una nuova storia. Si tratta,
dunque, di una autentica "rivoluzione", il duplice compimento di quel sogno
di rivoluzione pacifica che hanno sognato tanti spiriti grandi. Compimento
duplice, perche' oltre ad essere una rivoluzione pacifica, avrebbe come
contenuto, appunto, la pace.
Retrocedere davanti a questa soglia non e' possibile. "Essere o non essere",
vivere in pace o cessare di vivere, questo e' il problema. Perche' in questa
circostanza la necessita' obbliga alla morale. E, per nostra vergogna, la
pace non e' imposta in considerazione della coscienza morale, ne' della
ripugnanza che il nostro cuore prova di fronte agli orrori e alla esistenza
stessa della guerra, ma dalla certezza che la guerra provocherebbe, in un
breve lasso di tempo, la distruzione di quello che chiamiamo il mondo
civilizzato, del nostro mondo.
Ma questa situazione non rappresenta ancora uno stato di pace, almeno
finche' e' il timore a determinare l'assenza della guerra. E',
semplicemente, uno stato di non guerra. Uno stato ambiguo e pericoloso.
Poiche' la storia ha dimostrato che i timori piu' fondati sono stati
cancellati in un istante di follia. Il fatto che qualcosa non si realizzi
per paura, se e' solo per paura, non significa che non si realizzera', anche
perche' l'uomo tende a liberarsi dalla paura e dimentica. La creatura umana
puo' trovare rifugio nelle situazioni piu' assurde e pericolose, e questo ha
reso possibile tanto sublime eroismo e anche tanto terrore e tanta vilta',
finche' un giorno la catastrofe si presenta implacabile.
E d'altra parte, una situazione che si sostiene solo sulla paura e' priva di
sostanza morale, di quella sostanza morale cui l'uomo non puo' rinunciare,
visto che ha cercato e cerca di farlo senza riuscirci.
Percio' non ci sara' uno stato di vera pace finche' non sorga una morale
vigente ed effettiva indirizzata alla pace, finche' le energie assorbite
dalla guerra non si incanalino, finche' l'eroismo di quelli che simbolizzano
nella guerra il compimento della propria vita non incontri vie nuove,
finche' la violenza non sia cancellata dai costumi, finche' la pace non sia
una vocazione, una passione, una fede che ispira e illumina. E certamente,
per tutto cio', alla nostra cultura occidentale non mancano i fondamenti
religiosi e morali.

3. MATERIALI. UNA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE DELLE OPERE DI MARIA ZAMBRANO
(1997)
[Riprendendola dal n. 412 dell'11 novembre 2002 de "La nonviolenza e' in
cammino", riproduciamo nuovamente qui la seguente bibliografia delle opere
apparse in volume di Maria Zambrano estratta - senza apportare alcun
aggiornamento - dall'assai piu' ampia bibliografia (cui rinviamo per
l'indicazione di prefazioni e articoli della Zambrano) a cura di Rosella
Prezzo apparsa nelle pp. 151-160 del volume monografico della rivista
filosofica "aut aut", n. 279 del maggio-giugno 1997, interamente dedicato a
"Maria Zambrano, pensatrice in esilio"]

- Horizonte del liberalismo, Morata, Madrid 1930.
- Los intelectuales en el drama de Espana, Panorama, Santiago de Chile 1937;
seconda edizione ampliata con "Ensayos y Notas (1936-1939)", Hispamerica,
Madrid 1977; in Senderos, Anthropos, Barcelona 1986.
- Pensamiento y poesia en la vida espanola, La Casa de Espana, Mexico 1939;
in Obras reunidas, Aguilar, Madrid 1971. In versione italiana (parziale):
Pensiero e poesia, "In forma di parole", II, 2, 1991, trad. di Antonio
Melis.
- Filosofia y poesia, Publicaciones de la Universitad Michoacana, Morelia
(Mexico) 1939; in Obras reunidas, Aguilar, Madrid 1971.
- El freudismo, testimonio del bombre actual, La Veronica, La Habana 1940;
in Hacia un saber sobre el alma, Losada, Buenos Aires 1950. In versione
italiana: Il freudismo, testimone dell'uomo contemporaneo, "Settanta", IV,
34, 1973; e in Verso un sapere dell'anima, a cura di Rosella Prezzo, trad.
di Eliana Nobili, Cortina, Milano 1996.
- Isla de Puerto Rico (Nostalgia y esperanza de un mundo mejor), La
Veronica, La Habana 1940.
- La confesion, genero literario y metodo, Luminar, Mexico 1943; Mondadori,
Madrid 1988. In versione italiana (parziale): La confessione come genere
letterario, trad. di Federico Ziberna, "aut aut", 265-266, 1995;
(integrale): La confessione come genere letterario, trad. di E. Nobili,
introduzione di Carlo Ferrucci, Bruno Mondadori, Milano 1997.
- El pensamiento vivo de Seneca (Presentacion y antologia), Losada, Buenos
Aires 1944, 1975; Catedra, Madrid 1987.
- La agonia de Europa, Sudamericana, Buenos Aires 1945; Mondadori, Madrid
1988.
- Hacia un saber sobre el alma, Losada, Buenos Aires 1950; Alianza, Madrid
1987. In versione italiana: Verso un sapere dell'anima, a cura di R. Prezzo,
trad. di E. Nobili, Cortina, Milano 1996.
- El bombre y lo divino, F. C. E., Mexico 1955; seconda edizione aumentata
del saggio "El libro de Job y el pajaro", 1973; Siruela, Madrid 1992.
- Persona y democracia. La historia sacrifical, Departamento de Instruccion
Publica, San Juan de Puerto Rico 1958; Anthropos, Barcelona 1988.
- La Espana de Galdos, Taurus, Madrid 1960; La Gaya Ciencia, Barcelona 1982;
terza edizione corretta e ampliata, Endymion, Madrid 1989.
- Espana, sueno y verdad, Edhasa, Barcelona 1965; seconda edizione ampliata,
1982. In versione italiana (parziale): Spagna: pensiero, poesia e una
citta', trad. di Francesco Tentori, Vallecchi, Firenze 1964.
- El sueno creador, Universitad Veracruzana, Xalapa (Mexico) 1965; in Obras
reunidas, I, Aguilar, Madrid 1971; Turner, Madrid 1986 (edizione corretta e
ampliata con gli articoli "Los suenos y el tiempo", "Lugar y materia de los
suenos" e "Sueno y verdad"). In versione italiana (parziale): I sogni e il
tempo, trad. di Elena Croce, De Luca, Roma 1964.
- La tumba de Antigona, Siglo XXI, Mexico 1967; in Senderos, Anthropos,
Barcelona 1986; Mondadori, Madrid 1989; pubblicato con "Diotima de
Mantinea", "Litoral", Malaga 1989. In versione italiana: La tomba di
Antigone.  Diotima di Mantinea, trad. e introduzione di C. Ferrucci, con un
saggio di R. Prezzo, La Tartaruga, Milano 1995.
- Obras reunidas, I, (contiene: El sueno creador, Filosofia y poesia,
Apuntes sobre el lenguaje sagrado y las artes, Poema y sistema, Pensamiento
y poesia en la vida espanola, Una forma de pensamiento: "la guia"), Aguilar,
Madrid 1971.
- Claros del bosque, Seix Barral, Barcelona 1977. In versione italiana:
Chiari del bosco, trad. di C. Ferrucci, Feltrinelli, Milano 1991.
- El nacimiento (Dos escritos autobiograficos), Entregas de la Ventura,
Madrid 1981.
- Dos fragmentos sobre el amor, Imprenta Dardo, Malaga 1982.
- Andalucia, sueno y realidad, seguito da Teoria de Andalucia di Jose'
Ortega y Gasset, Ed. Andaluzas Unidas, Granada 1984.
- De la Aurora, Turner, Madrid 1986. In versione italiana i capitoli:
L'aurora della parola, trad. di A. Melis, "In forma di parole", II, 2, 1991;
e Il tracciato della scrittura, trad. di E. Nobili, "Il gallo silvestre", 8,
1996.
- Senderos, Anthropos, Barcelona 1986.
- Maria Zambrano en Origines, El Equilibrista, Mexico 1987.
- Notas de un metodo, Mondadori, Madrid 1989.
- Delirio y destino (Los viente anos de una espanola), Mondadori, Madrid
1989.
- Para una historia de la piedad, Torre de las Palomas, Malaga 1989.
- Algunos lugares de la pintura, Acanto, Espasa Calpe, Madrid 1989.
- Los bienaventurados, Siruela, Madrid 1990. In versione italiana: I beati,
trad. di C. Ferrucci, Feltrinelli, Milano 1992.
- El parpadeo de la luz, Rayuela, Malaga 1991.
- Los suenos y el tiempo, Siruela, Madrid 1992.
- La razon en la sombra. Antologia del Pensamiento de Maria Zambrano, a cura
di Jesus Moreno Sanz, Siruela, Madrid 1993.
- Nacer por si' misma, Horas, Madrid 1995. In versione italiana: All'ombra
del dio sconosciuto, a cura di E. Laurenzi, Pratiche, Milano 1997 (contiene
i saggi La donna nella cultura di Occidente; Delirio di Antigone; Eloisa o
l'esistenza della donna, Diotima di Mantinea).

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 11 del 12 maggio 2005