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Natale 2004 a Kivuli. Un articolo di padre Kizito
- Subject: Natale 2004 a Kivuli. Un articolo di padre Kizito
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Wed, 15 Dec 2004 10:52:33 +0100
Questo articolo è scritto dal missionario Renato Kizito Sesana.
Uscirà dopodomani su Famiglia Cristiana.
Ce l'ha inviato da Nairobi e ve lo offriamo per questo Natale.
Stampatelo e diffondetelo.
Leggetelo a scuola!
A. M.
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Vivo a Kivuli, un centro al servizio dei giovani e dei bambini di strada
della periferia di Nairobi. La mia è una delle poche case a due piani di
tutta la zona. Stamattina guardo dalla finestra e vedo che la pioggia, che
ha imperversato tutta la notte, com’è normale per il mese di dicembre, sta
per finire. Mi decido ad andare a comperare pane e latte per la colazione
di due ospiti arrivati ieri sera.
Una buona metà della strada è trasformata in torrente. Eppure, nonostante
non siano ancora le sette e il sole faccia fatica a farsi vedere fra
nuvoloni neri, Kabiria Road è già affollata. I poveri si alzano presto, in
cerca di lavoro.
Irene ha forse trent’anni, non ha marito ma ha due figli. Protegge le
rotonde e abbondanti forme con un impermabile di plastica trasparente, e
saltella per evitare le pozzanghere. Sorride felice, e mi annuncia “Padre,
ho trovato lavoro in un supermercato per queste due settimane prima di
Natale. Sto vicino alla cassa a mettere nei sacchetti di plastica la spesa
dei clienti. Potrò fare un regalo ai miei bambini”.
Anche Chandaria è contento. Lo noto già quando è ancora molto lontano
perchè volteggia sulle stampelle con la disinvoltura di un trapezista.
Chandaria è un Nuba del Sudan di poco piu di vent’anni. Da piccolo è stato
colpito da una poliomielite che gli ha completamente atrofizzato le gambe.
Quattro anni fa, trascinandosi con le mani per i sentieri rocciosi, ha
cominciato a frequentare la scuola che Koinonia ha aperto nel suo
villaggio. Appena possibile l’ho portato a Nairobi e fatto operare da un
dottore italiano che è riuscito a metterlo in condizione di camminare con
le stampelle. “Ma dove vai Chandaria a quest’ora e con questo tempo?” “Beh,
non vado da nessuna parte, sto solo facendo pratica per come usare le
stampelle su una strada fangosa”. E’ felice, perche riesce finalmente a
camminare eretto, e da solo.
Schivo un’enorme pozzanghera, e incontro Pierre, rwandese. E’ fuggito dal
suo paese dieci anni fa, durante il genocidio. Non ha documenti, tanto meno
un permesso di lavoro, ma la sua arte di scultore del legno gli permette di
vivere decorosamente. Nelle ultime settimane ha preparato e venduto
moltissimi presepi. Mi saluta e mi dice che sta andado alla stazione
dell’autobus, a ricevere un nipote che “dovrebbe arrivare oggi dal Rwanda”.
Un altro? “Certo, come potrei non aiutare i miei familiari!”
Arrivo finalmente alla baracca di Joan, che serve da casa e da negozio.
Tutte le merci esposte, protette da un telo di plastica perchè il tetto non
è affidabile, avranno un valore complessivo di 30 euro. Ma c’è anche quello
che cerco, pane e latte. Joan non c’è, c’è il marito, Tony, che mi saluta
affabile come sempre, ma ha l’aria stanca. Sono una coppia giovanissima,
entrambi poco piu che ventenni. Solo alla mia domanda se c’è qualcosa che
non va, Tony bisbiglia “Joan è all’ospedale. Il nostro secondo figlio è
morto tre giorni dopo il parto. Ci hanno chiesto di fare l’esame del sangue
e han trovato che siamo entrambi sieropositivi. Padre, prega per noi.”.
Sulla via del ritorno, col pane e il latte, incrocio dei bambini di strada
che sono arrivati da poco nel nostro quartiere. Sono un decina, dagli otto
ai dodici anni, vestiti di stracci, e molti hanno in mano la bottiglietta
di colla da sniffare. Dove avranno dormito stanotte con quella pioggia
battente? Avranno mangiato qualcosa? Ma loro non mi chiedono niente, mi
sorridono, mi salutano per nome, alcuni mi danno la mano, e continuano la
loro strada, come se avessero un importante impegno da mantenere.
E’ un giorno come tanti altri per la gente di Kabiria Road. La vita
quotidiana di migliaia di persone come me, con lo stesso diritto che ho io
alla salute, alla dignità, alla vita.
A Kivuli i bambini sono già tutti alzati.. Stanno facendo le pulizie. Oggi
si faranno le prove dei canti natalizi e si comincerà ad allestire il
presepio, con le grandi statue di legno scolpite da Pierre apposta per noi.
Oscar, che è ospite di Kivuli da sette anni - metà della sua vita - viene
verso di me, mentre metto il latte sul fuoco e mi domando: Signore, come
annunciare il tuo Natale a questi miei vicini di casa? Poco piu di un mese
fa il Papa ha detto che vorrebbe convocare un secondo Sinodo africano. Il
primo, tenutosi dieci anni fa, dobbiamo avere l’onestà di ammetterlo, non
ha cambiato molto il volto della Chiesa africana. Abbiamo sempre piu
urgente bisogno di una Chiesa che esca di casa, che cammini per il
quartiere, che si confronti con la povertà, le guerre, i rifugiati, l’AIDS.
La gente di Kabiria Road ha bisogno di incontrare un Gesù capace di parlare
del mistero di Dio, della Sua paterntià e della Sua misericordia, della
fame e sete di giustizia. Io certamente non ne sono capace.
Oscar mi guarda così come solo i bambini sanno fare, con negli occhi tutta
la fiducia del mondo. “Padre, per Natale perché non prendiamo con noi quei
bambini che sono appena passati?”
Posso dire ad Oscar che non ci sono piu’ fondi? O gli racconto le teorie
sulla globalizzazione e sul progressivo impoverimento dei poveri? O
istituiamo a Kivuli un corso sulla dottrina sociale della Chiesa? Un
seminario sul rapporto fra debito estero e corruzione in Kenya? Tutte cose
belle, da fare, magari alcune le facciamo già, ma che non risponderebbero
alla domanda di Oscar.
Forse è meglio restare in silenzio, e leggere ad Oscar il racconto del
Natale e di Erode, lasciare che sia la sapienza del vangelo a fargli capire
il gioco della vita e della morte, dell’impegno e della vigliaccheria,
delle carezze e delle armi, dell’amore e dell’odio.
Ma non può essere un silenzio vuoto. Dopo, insieme a Oscar, devo ritrovare
quei bambini e portarli qui.
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Padre Kizito ha fondato l'associazione Amani (che vuol dire "pace" nelle
lingue africane).
Il sito internet di Amani è http://www.amaniforafrica.org