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LETTERA DA KANDAHAR
Una lettera vecchiotta (e' del 2003) ma sempre attuale per capire l'orrore
della Guerra.
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LETTERA DA KANDAHAR
Io sono nata a Kandahar 22 anni fa, sono stata in Italia per quasi tutta
l'infanzia e di questo non smetterò mai di ringraziare mio padre che ha
voluto che io vedessi un mondo diverso di pace, poi sono tornata in
Afghanistan, dove c'era tutta la mia gente. Ho conosciuto gli italiani,
sono come noi. Ho amato la capacità degli italiani di capire, di non
giudicare, di commuoversi. Così a questo popolo che ho amato invio la mia
preghiera.
In Italia c'è la mafia che si è diffusa come un cancro in tutto il mondo,
facendo male e tanto. Sono felice che nessuno per questo abbia mai pensato
di bombardare l'Italia, di darla da governare a stranieri, di riempirla di
bombe, mine e pianto. Sono felice perché la mafia non avrebbe perso mentre
gli italiani avrebbero visto i loro sogni trasformarsi in orrore e incubi.
Ero a Kandahar quando sono cominciati i bombardamenti occidentali. Ero là
con il mio bimbo e il mio giovane uomo. E così il mio giovane uomo è andato
a combattere. Non volontario, non terrorista. E' partito perché i giovani
ragazzi vengono arruolati dagli eserciti in tutto il mondo quando c'è
guerra. Aveva 20 anni e se n'è andato senza guardare il suo bimbo che
piangeva. Forse immaginava che non l'avrebbe visto più, non voleva
ricordarlo in lacrime. Cadevano le bombe l'ultima volta che l'ho visto
vivo, il rumore era assordante e la gente gridava e correva in cerca di
rifugi che non ci sono. Così non so se ha sentito il mio saluto. L'ho
accompagnato per alcuni metri lungo la strada e per una volta ho gioito di
indossare il burqa. Non ha visto lacrime ed erano tante, ha portato il mio
ricordo mentre gli dicevo che nessuna bomba e nessun nemico può uccidere
chi è protetto da un amore grande, come il mio per lui. Ma l'amore in
Afghanistan ha perso da tempo. E il mondo è piccolo e se l'amore perde,
perde per tutti. La notte ho stretto forte il mio bimbo che non dormiva
più. Chiedeva perché ma io non so che rispondergli. Non si può dire a un
bimbo che il mondo odia il terrorismo che significa uccidere gli innocenti
e così, per risposta, bombarda noi. Tutto quello che quella notte, quella
dopo e quelle prima gli dicevo era "mamma è qui con te, non piangere, mamma
è qui con te". E ora vorrei morire perché in una di quelle notti da incubo
la casa è esplosa su noi abbracciati. E che ha potuto fare mamma per il suo
bimbo? Gli avevo promesso protezione, la bomba è caduta e lui nel terrore
mi ha guardata come a ricordarmi la promessa. Non ha urlato, questo lo
ricordo. Io l'ho fatto ed era un grido animale che mi risuona nelle
orecchie in ogni istante, sono saltata sul corpo del mio piccolo come
un'aquila sulla preda. Sentivo del sangue scivolarmi lungo le gambe e tra
il dolore e l'angoscia non capivo di chi fosse, continuavo a pregare Dio
che fosse il mio, a implorarlo che fosse il mio. Non lo era. Come vorrei
spiegare a tutte le mamme... ma le mamme, lo so, non hanno bisogno di altre
spiegazioni. Alzi gli occhi al cielo e vorresti solo morire, perché tutto
il resto non importa, perché non c'è niente che può consolarti, perché la
morte è nulla per una madre quando ha suo figlio che grida tra le braccia.
Ho chiesto a Dio di mandare un'altra bomba a uccidermi, sentivo di non
farcela. Invece stavo già correndo, cercando aiuto, tra le bombe e le
fiamme e altre mamme con fagottini sanguinanti tra le braccia. Il mio bimbo
vivrà senza le gambe, urla tutto il giorno, si lamenta tutta notte. Ho
affidato la mia lettera a un'amica che è corsa via per salvare i suoi, io
da qui non posso scappare, il mio bambino è steso in un letto. Aspettiamo
la fine, le bombe continuano a cadere e io spesso chiedo ad una di colpirci
per non vedere il resto, per non dover dire a lui che gli ho dato una vita
senza futuro, per non dovergli dire che lo aspetta solo il dolore. Spero
che ci colpisca e ci porti via insieme, in un posto nel quale io possa
proteggerlo, solo questo sarebbe il mio Paradiso. Ho affidato così la
lettera ad un'amica che è scappata in Europa. E' per gli italiani, popolo
che ho amato e nel quale credo ancora.
Non credo che nessuna delle belle persone, che ho incontrato lì da voi
avrebbe voluto pagare con le sue tasse la bomba che ha tolto le gambe e la
speranza a mio figlio. Eppure quella bomba l'avete pagata voi, tutti voi,
togliendo i soldi alle pensioni dei vostri vecchi o i soldi per i vostri
malati e dandoli invece per colpire i nostri bimbi. Se favorire
involontariamente chi uccide innocenti è terrorismo allora gli italiani
sono terroristi? Non lo sono, come non lo sono io. Siamo le vittime di
questa guerra.
Non cestinate la mia preghiera, voglio immaginare che esiste una speranza,
che chi non ha soldi o interessi possa dire non uccideteci più. Non
cestinate la mia speranza. Penso che magari se ci stringiamo tutti potrebbe
non succedere più e altri bimbi come il mio correranno ancora, con le loro
gambe, davanti ai loro genitori orgogliosi. Vi prego mandate a tutti questa
mia. Spedite a tutti la mia storia, che almeno a qualcun altro possa
servire, ho in mente questa lettera mentre sto vicino a mio figlio aspettando.
Quando cadrà Kandahar pensate anche a noi.
Anna