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SCOOP! Ken si confessa: "ecco perche' ho lasciato Barbie"



SCOOP! Ken si confessa, e svela i retroscena della crisi.

Perche' ho lasciato Barbie

I media hanno parlato di "separazione consensuale" tra la bambola bionda e 
il suo fidanzato storico, ma la realta' e' ben diversa, e dietro il candore 
di Barbie si nascondono storie di tradimenti, sfruttamento dei minori, 
militarismo e inquinamento chimico. Dopo 43 anni di fidanzamento, Ken si 
scopre pacifista e "no-global", e non riesce piu' a vivere con una donna di 
plastica senza ideali.

Una confessione di Ken raccolta da Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>

Mi chiamo Ken, e sono un pupazzo di plastica, uno dei tanti che compaiono 
sui vostri giornali e sui vostri teleschermi. A differenza di Maurizio, 
Gad, Bruno e Giuliano, io SO di essere un pupazzo, e questa autocoscienza 
mi da' un vantaggio in piu' sui pupazzi che si credono uomini. Anche se noi 
pupazzi non siamo molto credibili, datemi fiducia per un momento: vi 
garantisco che sto per raccontarvi solo cose vere.

Dopo quarantatre' anni ho lasciato la mia fidanzata Barbie, e all'inizio 
non credevo che la cosa avrebbe fatto tanto scalpore. Poi ho visto la mia 
faccia in televisione, perfino telegiornali importanti come il Tg1 e il Tg5 
hanno parlato della mia vita privata, come se non avessero cose piu' 
interessanti da dire. L'agenzia Reuters, una delle piu' prestigiose al 
mondo, ha scritto che io e Barbie "abbiamo deciso di trascorrere del tempo 
separati", ma "continueremo ad essere buoni amici" [1]. Nulla di piu' falso.

Quella che sto per raccontarvi e' una storia dolorosa, che mi ha portato a 
scegliere tra l'amore e la mia coscienza, tra una bella bugia e una brutta 
verita'. Ho lasciato Barbie perche' non potevo piu' assistere in silenzio 
alle malefatte che circondavano il nostro rapporto. Non potevo piu' girare 
la testa dall'altra parte, illudendomi che tutto fosse perfetto, e che 
davanti a me ci fosse ancora la persona pulita e onesta che avevo 
conosciuto quarantatre' anni fa.

La mia non e' stata una scelta improvvisa, ma un lungo tormento durato 
quasi tre anni. Tutto comincia nel luglio del 2001, quando io e Barbie 
decidiamo di fare vacanze separate: lei mi aveva tradito con Big Jim alla 
fine di giugno e io l'avevo perdonata, ma avevo bisogno di stare un po' da 
solo per rimettermi in sesto dopo quell'esperienza. Non riuscivo a capire 
come avesse potuto invaghirsi di Jim, cosi' intollerante, razzista e 
militarista, tutto impregnato di retorica sulle "guerre umanitarie", come 
se non avesse visto anche lui l'orrore del Vietnam. Credevo che la mia 
Barbie fosse un angelo della pace, e mi risultava incredibile immaginarla 
accanto ad un uomo con le mani sporche di sangue, anche se solo per 
un'avventura estiva.

Quell'anno, per la prima volta nella storia, noi pupazzi avevamo una grande 
opportunita' per immergerci nel mondo e capire la realta' complessa e 
articolata che ci aspettava fuori dalla scatola dei giocattoli. Centinaia 
di migliaia di persone si erano date appuntamento a Genova per ragionare 
assieme sui problemi del mondo, chiedendo l'attenzione di otto governanti 
che invece avevano scelto di decidere da soli il destino del mondo, 
rinchiusi dietro le grate di una citta' blindata.

I giocattoli non avevamo mai potuto partecipare a eventi del genere, 
perche' fino a quel momento le manifestazioni di protesta erano popolate 
solamente da adulti, mentre a Genova quell'anno le strade si riempiono 
anche di famiglie, gruppi parrocchiali, studenti e bambini che avevano 
deciso di portare con se' i loro giocattoli preferiti. Tra quei bambini 
c'era anche Luigino, e c'ero anch'io che sporgevo dal suo zainetto 
multicolore, stordito da tutti quegli striscioni, quei colori e quelle 
persone che sfoggiavano il piu' vario campionario di slogan, acconciature, 
magliette e cartelli che avessi mai visto in vita mia. Oggi qualcuno 
vorrebbe proibire ai bambini di partecipare alle manifestazioni, ma senza 
Luigino io non avrei mai potuto entrare nel mondo reale, e lui sarebbe 
rimasto in casa a subire gli effetti devastanti della televisione. Molto 
meglio l'esperienza di un corteo, ve lo dico io che di pubblicita' per 
bambini me ne intendo.

Io ero cresciuto in un mondo felice, dove non esistevano vecchiaia e 
tristezza, poverta', malattie, manipolazioni genetiche, guerre e 
ingiustizie. Affacciato allo zainetto di Luigino ho scoperto che lui viveva 
in un mondo dove quarantamila bambini al giorno muoiono di fame. La cosa 
piu' utile che avevo fatto fino a quel momento era cambiare una ruota al 
camper di Barbie durante una delle nostre eterne vacanze. Le bambole non 
sono costrette a lavorare, e quindi io e Barbie eravamo sempre in giro, 
senza conoscere l'esistenza e il significato di parole come precariato, 
licenziamento, flessibilita', caporalato, carovita e svalutazione.

Dopo essere stato a Genova ho deciso che la situazione del mondo era 
talmente grave da richiedere anche il mio aiuto, e quello di tutti gli 
altri pupazzi. Le bambole come me sono i migliori amici dei bimbi piccoli, 
e noi avremmo potuto aiutarli a diventare degli adulti responsabili e 
coscienti, che non avrebbero tollerato la morte per fame di altri bambini 
come Luigino.

Ma non ero ancora abbastanza preparato, volevo capire di piu' la realta' 
che mi circondava, e allora ho provato a cercare informazioni su Internet, 
e quello che ho trovato mi ha cambiato la vita per sempre.

Ho scoperto che qualcuno stava usando me e Barbie per lanciare dei messaggi 
che avrebbero potuto danneggiare le giovani generazioni. Nel libro "Adios, 
Barbie", scritto da Ophira Edut e Rebecca Walker, le autrici hanno raccolto 
le storie di alcune giovani donne che hanno scelto di contrastare il 
messaggio "se vuoi essere amata allora devi essere bianca, magra, 
abbronzata e bella". Ma il libro e' stato oggetto di una azione legale 
portata avanti da Barbie o chi per lei, e adesso e' pubblicato con il 
titolo "Body Outlaws". [2]

Non mi ero mai fermato a riflettere sulla provenienza dei miei vestiti e di 
quelli di Barbie, ma dopo essermi interessato ai problemi del mondo di 
Luigino ho scoperto che qualche anno fa a Medan, in Indonesia, un gruppo di 
avvocati per i diritti del lavoro ha indagato sulle modalità di impiego del 
lavoro minorile nell’industria locale di giocattoli. [3] Nelle fabbriche 
indonesiane che producevano i nostri vestiti c'erano dei bambini come 
Luigino, che avrebbero dovuto giocare con noi anziche' cucire i miei abiti 
con le loro piccole dita. Chi si occupava del nostro guardaroba stava 
violando tutti gli standard internazionali sul lavoro minorile e delle 
stesse leggi indonesiane sul lavoro. In quella fabbrica lavoravano bambini 
sotto i quindici anni, divisi in due turni: dalle 8 alle 15.30 e dalle 16 
alle 23. Ognuno dei due turni aveva solamente 30 minuti di pausa durante il 
lavoro.

Quando ho scoperto questa cosa mi sono sentito sporco e colpevole, e mi 
sono chiesto come mai fino a quel momento nessuno mi aveva fatto aprire gli 
occhi sulla violenza che c'era fuori dall'innocente mondo dei pupazzi.

I nostri vestiti nascondevano anche un altro pericolo: in un articolo 
pubblicato sul sito di informazione medica webmd.com ho scoperto 
l'esistenza di un rapporto di Yvonne Shashoua, una scienziata di 
Copenhagen, che nell'agosto 2000 ha analizzato gli abiti di Barbie 
presentando i risultati alla American Chemical Society. Secondo Yvonne 
alcuni vecchi vestiti di Barbie contengono PVC (cloruro di polivinile), un 
polimero plastico che puo' rilasciare sostanze chimiche pericolose, in 
grado di danneggiare l'apparato riproduttivo dei bambini molto piccoli. [4] 
Sono andato nell'armadio e ho bruciato tutti i vecchi abiti, e mi sentivo 
in colpa per il rischio inutile a cui avevo sottoposto Luigino. Perche' 
nessuno ci aveva avvisato?

Navigando su Internet ho anche scoperto perche' Barbie mi aveva tradito con 
Big Jim. I militari stavano cercando di entrare nella nostra vita, e Barbie 
cercava nuove emozioni, ricchezza e successo che io non ero in grado di 
offrirle. L'azienda che costruisce me e Barbie ha affidato a Ralph 
Osterhout il compito di progettare nuovi giocattoli per bambini, ma i 
messaggi di guerra e di morte portati da questi giocattoli erano totalmente 
diversi da quelli che io cercavo di trasmettere a Luigino.

Osterhout non e' ne uno psicologo, ne' un pediatra, ne' un esperto di 
giocattoli. Prima di farsi assumere dai miei costruttori progettava e 
realizzava equipaggiamento "hi-tech" per l'esercito statunitense, 
utilizzato con successo anche durante la Guerra del Golfo. La sua 
esperienza in questo campo e' stata giudicata fondamentale dai produttori 
di giocattoli per creare i giochi dei bambini di oggi e di domani, giochi 
che sappiano unire capacita' distruttiva e nuove tecnologie.

La rivista "New Scientist" ha intervistato Osterhout, e dopo aver letto 
questa intervista, la rabbia che provavo verso questo progettista di 
giocattoli malvagi si e' trasformata in tenerezza. Probabilmente anche lui 
da bambino ha subito l'effetto di giochi cattivi, e non era colpa sua se 
adesso voleva inventarne altri. Parlando con i giornalisti, Osterhout ha 
descritto un'infanzia trascorsa a costruire pistole, bombe e missili, e la 
sua ambizione di offrire ai bambini strumenti simili a quelli utilizzati 
oggi dai militari. [5]

Dopo aver scoperto l'infamia del mondo dei grandi, ho deciso di fuggire: 
non volevo piu' essere uno strumento utilizzato per danneggiare bambini e 
bambine come Luigino, e volevo che Barbie fuggisse con me, ma ormai c'erano 
troppe cose che ci separavano. Lei era sempre piu' accecata dal successo, 
ed e' arrivata a dirmi che io volevo strapparla dalla sua vita perche' ero 
invidioso di essere un personaggio secondario, mentre lei era la vera star. 
Ho cercato di spiegarle come stavano le cose, ma lei e' diventata sempre 
piu' fredda e distante. Fino a pochi giorni fa mi ero illuso di poterla 
riconquistare, ma piu' io le parlavo di Pace, di diritti dei bambini, di 
rispetto dell'ambiente, e piu' lei mi urlava in faccia che queste erano 
cose per gli illusi e gli utopisti, che la pace si costruisce con le guerre 
umanitarie degli "uomini veri" come Big Jim, e non con le mie fantasie 
astratte sull'educazione dei bambini. Piangeva, e mi diceva che la gente 
come me avrebbe rovinato tutto e che lei meritava qualcosa di meglio per la 
sua vita di un sognatore senza arte ne' parte.

Non ce l'ho fatta piu'. Mi sono sentito come se mi strappassero un pezzo di 
cuore, ma alla fine ho accettato il fatto che le persone cambiano, e che 
era meglio dividere le nostre strade. Con Barbie ho passato quarantatre' 
meravigliosi anni di fidanzamento, e sognavo che un giorno ci saremmo 
sposati per dare ancora piu' gioia a Luigino e agli altri bambini che 
avrebbero giocato con noi. Ma anche questo faceva parte dei sogni che ho 
abbandonato quando mi sono affacciato sul mondo reale.

Qualche giorno fa ho visto Barbie in televisione. Si e' rifatta una vita in 
California, era bellissima e abbronzata, ora la chiamano "Cali girl". Ma io 
la conosco da tempo, e nei suoi occhi non c'e' piu' la stessa gioia ingenua 
di quando ci siamo conosciuti. Spero che anche lei stia pensando ai bambini 
dell'Indonesia, e forse un giorno trovera' il coraggio di lasciarsi alle 
spalle la sua vecchia vita per raggiungermi nel mondo reale, piu' faticoso 
ma anche piu' bello.

Quanto a me, non cercatemi piu' negli scaffali dei negozi di giocattoli, 
gli "ex" e i "perdenti" non sono molto quotati sul mercato, e temo che ben 
presto usciro' fuori produzione. Luigino ormai e' cresciuto, e gli ho 
chiesto di mettermi in un sacco della Caritas, per poter giocare con i 
bambini poveri. Se avro' fortuna mi spediranno dai missionari in Indonesia, 
e li' potro' farmi perdonare da tutti quei bimbi che cucivano i miei 
vestiti. Giochero' con loro, gli raccontero' tutte le cose belle che ho 
visto nel mondo assieme a Luigino e gli diro' che non sono soli: a Genova 
ho visto tante persone di buona volonta' che si interessavano a loro.

Prima di partire, pero', ho voluto mettere i miei ricordi nero su bianco 
per smentire tutte le menzogne che ho sentito dire in giro sulla storia tra 
me e Barbie. Non so a cosa servira' questo sfogo, e temo di scatenare l'ira 
dei miei costruttori sul giornalista che ha deciso di raccogliere questa 
confessione. Ma davanti a tutte queste menzogne e a questa violenza 
nascosta ho deciso che non potevo piu' continuare a fare il pupazzo, e se 
fossi stato zitto sarei stato anch'io complice di tutte le malefatte 
compiute a nome del mio amore biondo con l'anima nera, plagiato da 
commercianti senza scrupoli.

Oggi e' tempo di morire per rinascere. Ciao Barbie, abbi cura di te.

Tuo Ken

[1] Cfr, 
http://www.reuters.com/locales/newsArticle.jsp?locale=it_IT&storyID=4348797
[2] Cfr. http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/1580050433/sorehandscom-20
[3] Cfr. http://www.promiseland.it/inchieste/giocattoli.php - Cfr. anche 
"Boycott", suppl. al n. 343 di "Mani Tese" (ottobre ’97).
[4] Cfr. http://my.webmd.com/content/article/27/1728_60731
[5] Cfr. http://www.ttivanguard.com/sjreconn/childplay.pdf