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Notizie dal Forum Sociale Mondiale di Mumbai in India
HEADLINES 2004/India WSF 2004, edizione speciale n. 2: Notizie
dall’Apostolato Sociale della Compagnia di Gesù…per scambiare notizie,
condividere la spiritualità e favorire il lavoro in rete ...
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Notizie dal Forum Sociale Mondiale di Mumbai in India
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* Nel cuore della tradizione e della storia della Compagnia
* FSM: dal dibattito all’azione
* Dal Brasile all’India
* Danzando intorno ad un’utopia
* Basta ‘dadagiri’ (prepotenze)
* Una voce critica: quali voci stiamo ascoltando?
* Un’altra Chiesa è possibile
* Per chi non ha potuto esserci
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* Nel cuore della tradizione e della storia della Compagnia
Sotto l’egida del SAPI (Iniziativa per il popolo dell’Asia meridionale), i
quasi 1500 componenti della delegazione della Compagnia di Gesù si sono
ritrovati presso i locali di una scuola gesuita situata vicino alla vecchia
casa di Vinayalaya per un incontro di preparazione alla sessione plenaria
di apertura del FSM. I venerabili muri e i lunghi, bui corridoi di questo
vecchio noviziato sono oggi i silenziosi osservatori di un diverso gruppo
di persone, vivace e animato da molta energia, che si ritrova qui per
partecipare al FSM. La generosità dei gesuiti di Mumbai ha dato a molte
persone la possibilità di vivere le sfide di questo Forum, in un luogo
impregnato di storia e tradizione della Compagnia. Per molti gesuiti si è
trattato di una sorta di ritorno a casa ! Condividendo la sua esperienza,
il padre Jean-Marc Biron S.J.(Montreal) sottolinea: “In quanto gesuita,
sono orgoglioso dei gesuiti indiani e della leadership che hanno dimostrato
nel radunare qui persone da tutti g!
li angoli dell’India”. Altri sono stati colpiti dalla gentilezza e dalla
cordialità della gente. Al ritmo dei tamburi suonati dai Dalit e dagli
Adivasi, l’intero gruppo si impegna a lottare per l’unità degli oppressi.
Il padre Francis de Melo S.J., Provinciale di Bombay, ha espresso in poche,
vigorose, parole, la gioia di ospitare gesuiti e collaboratori da tutta
l’India. Un uomo e una donna indiani, insieme a padre Bernard Lestienne
S.J. in rappresentanza della delegazione internazionale, hanno dichiarato
aperto il raduno SAPI. [HL40107]
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* WSF: dal dibattito all’azione
Tutti gli oratori che hanno preso parte al discorso inaugurale del FSM
hanno un punto in comune : la loro critica nei confronti dell’attuale
ordine politico ed economico internazionale. Gli approcci e le strategie
proposte si possono tuttavia distinguere per alcune divergenze. In
particolare due opinioni contrastanti sono emerse : quella di Francisco
Whitaker, uno dei fondatori del FSM da un lato e il forte richiamo
all’azione della nota scrittrice indiana Arundhati Roy dall’altro.
Whitaker, più conciliatore, concepisce il FSM come uno spazio per il
dibattito, lo scambio di esperienze e la ricerca di alternative. Nel suo
discorso ha sottolineato come esista ad oggi un altissimo numero di
persone, organizzate in diverse forme, dai movimenti sociali alle ONG, che
si oppongono alla globalizzazione e vogliono costruire un mondo più giusto.
La questione centrale, secondo Whitaker, non è dunque tanto una di
quantità, ma di qualità: ovvero come agire insieme, come diventare una for!
za sociale sia a livello nazionale che internazionale. Le difficoltà
nascono dall’enorme numero di movimenti e istituzioni, dalla diversità
delle condizioni di povertà e di esclusione che devono essere affrontate e
dalle diverse strategie di azione (quelle, ad esempio, che agiscono sugli
effetti e quelle che agiscono sulle cause). La sfida di domani sta proprio
nel modo in cui organizzare la società civile cosi’ da poter influire sulle
politiche economiche che governano il mondo.
Contro la concezione del Forum come un semplice spazio di analisi e
riflessione, Arundhati Roy ha fatto un appello ad agire in quanto
movimento. Con uno stile infuocato e molto diretto, che la platea ha molto
apprezzato, il suo intervento ha sferratoun feroce attacco all’attuale
sistema economico che governa il mondo. Per aiutare il numero crescente
delle vittime della globalizzazione e per combattere la loro esclusione, ha
aggiunto, i movimenti sociali non possono solo limitarsi a criticare la
globalizzazione, ma devono con forza dichiarare “questo è troppo” e agire,
iniziando a compiere passi concreti e raggiungere obiettivi precisi. Nel
suo appello alla mobilitazione ha lanciato una proposta, quella di
boicottare le multinazionali che parteciperanno dalla ricostruzione in
Iraq, chiedendo che il FSM renda pubblica una lista con i nomi di queste
multinazionali e dei loro uffici in tutto il mondo. Vi terremo informati
sul seguito di questa proposta: se accettata, potrebbe ca!
mbiare la natura del FSM di semplice spazio di incontro e dibattito.
(Cristina Manzanedo). [HL40108]
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* Dal Brasile all’India
Per i delegati brasiliani Paulo Sergio Vaillant S.J. e Martinho Lenz S.J.,
i ricordi di Porto Alegre e le prime immagini di Mumbai si fondono nei loro
cuori in un’inevitabile confronto. Entrambi sono rimasti colpiti
dall’enorme massa di persone, circa 100.000, che hanno partecipato
all’inaugurazione. Mai una folla così grande si era riunita a Porto Alegre.
Paulo Sergio è rimasto colpito dallo status sociale dei partecipanti:
mentre in Porto Alegre la presenza di ONG, appartenenti alle classi medie e
studenti era chiaramente visibile, in Mumbai li ha colpiti la
partecipazione dei poveri, dei Dalit e degli indigeni. Entrambi sono
rimasti sorpresi dalla capacità mostrata dalla società civile indiana di
preparare questo evento, i cui inconvenienti maggiori sembrano essere
ritardi e mancanza di comunicazione fra gli organizzatori e i partecipanti.
[HL40109]
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* Danzando intorno ad un’utopia
E’ molto difficile catturare e descrivere il clima della cerimonia di
apertura del FSM, padre Jim Stormes ci ha lasciato queste brevi note ispirate:
L’immagine che ho é quella di movimento, di turbinio. Mi ha particolarmente
colpito l’arrivo al luogo dove si teneva la cerimonia di apertura: file di
persone che mostravano con orgoglio i berretti o le magliette del loro
gruppo, si muovevano formando dei cerchi, arrotolandosi e srotolondosi,
muovendosi con un’energia che sembravano prendere l’una dall’altra,
danzando in cerchio intorno all’utopia di cui ha parlato Chico Whitaker.
Danzando al battito dei tamburi e della musica zulu, rock e tribale, tra
colori sgargianti, parlando più linguaggi di quanti ne possiamo contare:
questa immagine di un turbine che cattura le speranze di queste persone, le
loro energie: diverse, inglobanti, forse contraddittorie; energie che,
insieme, potrebbero diventare molto più della loro somma e che mi hanno
fatto muovermi danzando per tutto il giorno. [HL40110]
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* Basta ‘dadagiri’ (prepotenze)
Queste parole sono comparse sulla prima pagina dell’Indian Express, un noto
quotidiano indiano, il 17 gennaio. L’annuncio è rivolto al Presidente degli
Stati Uniti: i riferimenti alla guerra in Iraq e alla lotta del popolo
palestinese hanno abbondato durante tutta la sessione inaugurale. Parlando
del FSM, il quotidiano notava come questa massa di persone non possa in
alcun modo essere data per scontata. Nella stessa colonna il quotidiano
parla della leader storica gandhiana, Lakshmi Segal, che, all’età di 90
anni, ha alzato le braccia al cielo per condannare la situazione delle
donne: “sono le ultime ad essere assunte e le prime ad essere licenziate”.
La folla ha risposto con un applauso roboante che ha colto di sorpresa i
pochi poliziotti presenti. Era ovvio che la “prepotenza” maschile ricevesse
la stessa condanna! [HL40111]
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* Una voce critica: quali voci stiamo ascoltando?
Nel suo ruolo di animatore di una rete di gesuiti che lavorano con le
popolazioni indigene dell’est asiatico e per l’affermarsi di una teologia
indigena, il gesuita Jo-Jo Fung, membro della delegazione internazionale,
ha osservato:
Premesso che queste impressioni sono sorte all’inizio del FSM e che possono
essere successivamente modificate, ritengo che esse siano comunque
importanti. Sono contento di essere tornato in questa terra, teatro di
lotte, e sono felice di sentire che l’identità dei Dalit e gli Adivasi é
cresciuta. Giunti qui da più parti dell’India, la loro presenza massiccia,
come comunità cosciente della propria identità mi ha colpito profondamente.
Mi sarebbe piaciuto vederli suonare insieme i tamburi, come segno della
loro unione nelle lotta al sistema delle caste al fondamentalismo
religioso. La presenza al FSM dei gruppi marginalizzati è stata davvero
impressionante e commovente: nonostante questo, lo stesso Forum, che ha
come obiettivo quello di accrescere la capacità di autodeterminazione dei
poveri, sembra averli messi da parte, relegandoli in piccoli spazi in cui
potevano esibirsi nelle loro danze. Avrei voluto che avessero avuto il
centro, lo spazio principale, in modo che i discor!
si sul rafforzamento dei gruppi ‘emarginati’ potessero essere comunicati
attraverso le loro danze tradizionali. In Asia abbiamo differenti generi di
espressione artistica, e la danza è uno dei più importanti. Il fatto che
fossero ancora “fuori” dal palco centrale sta a simboleggiare che il FSM
non li ha ancora liberati, ma, al contrario, li controlla.
La questione è: il FSM é davvero portatore di libertà per coloro che
intende liberare? La libertà e il rafforzamento dei gruppi deboli sono gli
obiettivi del FSM nel futuro prossimo? Inoltre mi disturba la dissonanza
fra i discorsi ‘elitari’ fatti durante la sessione inaugurale e i discorsi
dei ‘emarginati’ (Adivasi e Dalit) che hanno preso coscienza di sé. E’
giusto che la voce degli “outsiders”, ovvero gli intellettuali, sia scelta
per essere la “voce” dei senza voce? Nessuno fra gli “insiders”, cioé tra
gli intellettuali e i pensatori Adivasi e i Dalits, e ancor meno fra i
contadini, i minatori o le donne delle campagne ha avuto spazio per parlare
di sé o del proprio popolo. Trovo questa dissonanza una grave ingiustizia
commessa contro gli ‘emarginati’. [HL40112]
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* Un’altra Chiesa è possibile?
“Un altro mondo è possibile!” urla la folla presente al FSM. Potremmo anche
noi cristiani dire: “Un’altra Chiesa è possibile?. Questi pensieri mi sono
venuti in mente giovedì, quando ho partecipato ad una conferenza
organizzata dal “Forum Cristiano sulla Solidarietà Globale 2004”, in una
sessione preliminare al FSM, sponsorizzato da Pax Romana. Il teologo
cingalese Tisa Ballasuryia ci ha invitati a interrogarci personalmente su
cosa significhi la globalizzazione per la Chiesa universale. Sia la
teologia che le strutture dovrebbero essere cambiate per accrescere la
capacità della Chiesa, di tutti noi, di promuovere “un altro mondo” di
giustizia, pace e sviluppo. Mentre ascoltavo Tisa discutere sulla nostra
teologia morale, troppo spesso individualista, mi domandavo cosa dovremmo
fare per questo nostro mondo contemporaneo, per un’altra Chiesa, più fedele
al Gesù della Buona Novella.Ho riflettuto anche sulla Compagnia di Gesù e
sulla nostra situazione attuale: venendo da una pr!
ovincia “giovane”, in Africa, con la vitalità fresca di novizi,
scolastici, fratelli e sacerdoti africani, sono felice di vivere
un’esperienza di speranza per il futuro a volte incerto, altre volte
conflittuale, ma sempre pieno di vitalità. Ma abbiamo bisogno di nuovo vino
in nuove otri?
Sento che, come Gesuiti, siamo chiamati a tre cose. Per primo, dobbiamo
rafforzare le fondamenta spirituali della nostra vita e dei nostri
ministeri, una spiritualità della giustizia, che Tisa nella sua allocuzione
ha chiamato “una spiritualità della resistenza”. Secondo, dobbiamo affinare
le nostre capacità analitiche per identificare in modo autentico le cause
profonde di quello che Tisa chiama una situazione di “apartheid globale”.
Terzo, dobbiamo arrivare ad una pratica più realistica di ciò che il Padre
Kolvenbach ci ha recentemente indicato: il nostro contatto e la nostra
solidarietà con i poveri, con quelli che provano il dolore per l’assenza di
”un altro mondo” e che, nella maggior parte delle volte, sentono il bisogno
di “un’altra Chiesa”. (p. Peter Henriot S.J.) [HL40113]
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* Per chi non ha potuto esserci
Sono in molti ad aver desiderato essere qui e non hanno potuto. Ci dispiace
profondamente che il padre Antoine Bérilengar S.J., Coordinatore
dell’Apostolato Sociale dell’Assistenza dell’Africa, non abbia potuto
ottenere, all’ultimo momento, il visto di ingresso dal Ciad (Africa).
Viaggiare non è poi cosa cosi’ facile e normale come a volte ci vien fatto
credere!
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