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dal Guatemala: testimonianza di una giornata elettorale



FIESTA CIVICA. Cronaca.


Nebaj, Guatemala. 9 novembre 2003

Sono da poco passate le 5 del mattino, e`ancora buio e sta piovendo. I seggi
dovrebbero aprire fra poco piu' di un'ora, ma le persone in fila davanti
alle 33 "mesas de votaciones" sono gia' tantissime.E continuano ad arrivare
in paese camion stracarichi di gente. I camion li pagano i partiti che cosi
possono trasportare affiliati vecchi e dell'ultima ora fino ai centri di
votazione, ricordando a tutti, durante il tragitto, per chi dovranno votare.
Le mesas sono disposte un po' ovunque. La maggioranza nella piazza centrale,
al riparo sotto improvvisate tettoie di lamiera; i piu' fortunati all'
interno del salone comunale. Le persone in coda, pero', sono ancora tutte
sotto la pioggia: chi si ripara con teli di plastica, chi con cappelli, ma
la maggior parte se ne sta li ferma a prendersi l'acqua. Ci sono pochissimi
ombrelli.
Le code sono serratissime, tanto che le persone sono letteralmente una
appiccicata all'altra. Un'impresa passarci attraverso per raggiungere i vari
centri di votazione e controllare le operazioni di apertura dei seggi. Le
persone a cui chiedo il permesso di passare mi guardano di traverso e gli si
legge negli occhi il timore di perdere il posto faticosamente conquistato,
spostandosi. Da parte mia la paura e' che togliendo un componente da quello
che sembra essere un'unico, lungo corpo, tutti gli altri cadano a terra,
come tessere di un domino.
Intanto alla luce delle pile si controlla che gli scatoloni arrivati dagli
uffici del Tribunale Supremo Elettorale (TSE) contengano tutto il materiale
necessario. Piu' di tutto sembra preoccupare la presenza e il funzionamento
del famoso inchiostro indelebile con cui si dovra' segnare il dito dei
votanti.
Un'ora, poco piu', ed iniziano ad aprire i primi seggi. Scelgo la mesa n. 23
e mi metto ad osservare, dato che sono qui per questo. Il primo della fila
si avvicina al tavolo, documenti alla mano e sorriso vittorioso stampato in
viso. Il segratario prende i documenti, li controlla, controlla il
registro...ricontrolla i documenti e di nuovo il registro. Inizia a
parlottare con il presidente del seggio, si avvicinano i delegati di
partito... Chiedo cosa stia succedendo e mi rispondono un po' imbarazzati
che nonostante i documenti del signore sembrino in regola, il suo nome non
compare nel registro. "deve esserci stato un errore" aggiunge il segretario
e riconsegna i documenti al proprietario, che nel frattempo aveva perso il
sorriso, invitandolo a recarsi presso gli uffici locali del TSE,
riscriversi, e ritornare in coda per votare. Di che scoraggiarsi dopo ore di
fila sotto la pioggia. Il poveretto si allontana senza una parola, troppo
afflitto per replicare qualsiasi cosa.
Due, tre, quattro... Sui primi 15 votanti la storia si ripete per 7. Faccio
un giro fra i tavoli e mi rendo conto che il problema e' generale; in tutti,
chi piu' chi meno, sta succedendo la stessa cosa.
Inizia a serpeggiare un po' di, comprensibile, malumore e a circolare una
serie varia e diversificata di spiegazioni dell'accaduto.  In realta'
nessuno, nemmeno i rappresentanti del TSE sa spiegare il perche' del
problema e chiunque cerca di suggerire verita' e soluzioni.
Sempre con la stessa modalita', passando di bocca in bocca, (mi sorprende
sempre la velocita' di circolazione delle notizie) verso le 9 arriva la
notizia che a Chajul e' successo qualcosa di grave. Disordini, feriti,
morti, la PNC (Policia Nacional Civil)... Come in un telefono senza fili la
notizia si accresce di nuovi particolari a ogni passaggio. Decido di andare
negli uffici di Minugua (la missione Onu per il Guatemala) per capirci
qualcosa.
Un incidente e una negligenza da parte della PNC: 2 morti. (una terza
persona morira' piu' tardi in ospedale). Due donne sono rimaste travolte e
schiacciate dalla folla che cercava di entrare in uno dei due centri di
votazione. La polizia non aveva previsto e pensato di organizzare l'accesso
dall'unica porta d'ingresso, limitandosi ad aprire imporvvisamente il
portone. Le persone che si trovavano in cima alla fila, praticamente
attaccate al portone erano cadute a terra e il resto della folla gli era
passato sopra.
Quando arrivo sul posto, verso le 10, un poliziotto commenta l'accaduto
dicendo che le due signore erano vecchie, e non avrebbero dovuto andare a
votare. Una di loro aveva 45 anni, l'altra circa 60.
Non c'e' traccia della tragedia. La scena che mi si presenta davanti agli
occhi e la stessa lasciata a Nebaj, con l'unica differenza che qui le donne
e gli uomini sono disposti su file differenti. Salta subito agli occhi la
stragrande maggioranza di presenze maschili. Anche il malumore e' lo stesso
di Nebaj ed e' dovuto agli errori nei registri dei votanti. Se ogni tanto un
coro di voci sembra farsi piu' minaccioso ed alza la voce e' solo per
gridare "Cola! Cola!" quando qualcuno cerca di fare il furbo e passare
davanti agli altri.
Rimango perplessa.
Come se fosse normale morire cosi; come se fosse normale uscire al mattino
per andare a votare e finire schiacciata dalla folla delle persone che come
te, sono li per quello. "Morta nell'esercizio del diritto di voto":
Nel corso della giornata il panorama non cambia molto nei tre comuni del
cosiddetto triangolo Ixil, la zona che mi e' stata "assegnata" per la mia
osservazione elettorale. Tutto si svolge lentamente, con una lentezza che io
trovo esasperante ma che la folla sembra saper sopportare molto meglio di
me.
Ci sono incidenti, qua e la', soprattutto fra simpatizzanti di partiti
rivali. A Cotzal, passando davanti alla sede del Frg (Frente Republicano
Guatemalteco) vengo insultata per rappresentare la Fondazione Menchu', che
notoriamente non ha buoni rapporti con il partito ufficiale.
Ricevo varie segnalazioni di irregolarita': rappresentanti del Frg che
distribuiscono soldi in cambio di voti; persone decedute che appaiono nei
registri; la presidentessa di un seggio che distribuisce ad alcuni votanti 2
schede per il voto presidenziale invece che una... Passo, chiedo, per quanto
possibile controllo, ma alla fine l'unico strumento che possiedo per
valutare la fondatezza o meno delle segnalazioni ricevute e' la faccia piu'
o meno contenta che mi fanno quando mi vedono apparire, quando entro ai
seggi. E non posso certo farla passare per una forma di valutazione o
giudizio infallibile!
Alle 18, orario previsto per la chiusura dei seggi, la gente in attesa e'
ancora tanta e i rappresentanti del TSE decidono di continuare almeno fino a
smaltire le cose gia' esistenti. Ancora un'ora, per alcune mesas due.
Per lo spoglio dei voti e' stata richiesta la mia presenza a Chajul, dove si
temono disordine nella notte.
Quando arrivo il piazzale antistante i centri di voto e' ormai deserto e lo
scenario, al buio, sotto la pioggia, mi sembra quasi surreale. Il piazzale e
' pieno di oggetti: cappelli (sombreros bianchi, da uomo), resti di cibi
vari, gli immancabili sacchetti di plastica con cui avvolgono e contangono
tutto da queste parti. E scarpe, tantissime scarpe di gomma, quelle che
usano le donne delle comunita' rurali e che a me ricordano quelle delle
bambole della mia infanzia.
Potrebbe sembrare l'immagine di un dopo festa, come dopo un concerto. Non
fosse che no riesco a dimenticarmi che li, quella stessa mattina, hanno
perso la vita tre persone.
Lo operazioni di spoglio dei voti si svolgono con lo stesso ritmo lento di
quelle di voto, ma in modo regolare e tranquillo. Si comincia dal conteggio
dei voti per il sindaco, il risultato sicuramente piu' atteso nei comuni.
Verso l'una del mattino a Chajul viene comunicata la vittoria del candidato
del Frg. Gli avversari, dell'alleanza Gana, ricevono la notizia manifestando
delusione, ma senza atti violenti.
In albergo, davanti alla televisione, vengo a conoscenza di quanto accaduto
nel resto del paese. L'affluenza alle urne e' stata massiccia, almeno per un
paese abituato al forte astensionismo.  Il problema degli errori nei
registri si 'e presentato a livello nazionale. In alcune parti del paese,
pero', la gente doveva essere un po' meno paziente che in altre, e ha
reagito dando fuoco alle urne. Altre urne sono state bruciate, ma, pare, per
scongiurare una vittoria non gradita. Un rappresentate del partito della Une
(Unidad Nacional de la Esperanza) e' stato assassinato. Il generale Rios
Montt e' stato accolto da fischi e insulti mentre si recava a votare.
Berger, invece, ha ricevuto abbracci e richieste di autografo.
Il TSE non riesce ancora a fornire una spiegazione plausibile alla numerosa
presenza di errori, ma tutti minimizzano l'accaduto, sottolineando che si e'
trattato semplicemente di errori di organizzazione.
Tutti, in effetti, sembrano aver voglia di lodare piu' che di recriminare.
La paura che queste votazioni potessero scatenare chissa' quali probemi,
paura suffragata da una campagna elettorale problematica e violenta,  e'
stata tanta e tale che ora tutto viene coperto da un velo di ottimismo
incontenibile.
Una fiesta civica quella do oggi, ripetono tutti, sorridendo.



A una settimana dalle votazioni i toni esaltati si sono andati smorzando,
via via che arrivavano le notizie anche dalle parti piu' remote del paese.
In molti luoghi i risultati sono stati contestati, denunciate frodi e
irregolarita'. In circa una decina di comuni il TSE ha deciso che si
ripetera' il voto.
Tutto sommato, pero', l'atmosfera rimane di ottimismo. Il generale Efraim
Rios Montt, l'ex dittatore accusato di genocidio, non e' riuscito ad andare
al ballottaggio (fino a pochi giorni prima delle votazioni affermava
convinto, o tentando di convincere, che avrebbe vinto alla "primera
 vuelta"). Da lui ancora nessuna dichiarazione.  Ci si chiede chi appoggera'
il suo partito  per il  ballottagio. Ma, soprattutto, ci si chiede come si
comporera' lui ora che perdera' l'immunita'.
Per il resto la campagna elettorale e' ripresa per i due contendenti
rimasti, Berger e Colom. Ora che si sono liberati dall'ombra, a volte
comoda, del vecchio generale, sbandierata come l'emblema di tutti i mali
(come se fosse difficile sparare a zero su un ex dittatore genocida, e un
governo notoriamente corrotto) hanno cominciato ad insultarsi fra loro.
Non mi pronuncio personalmente sui due candidati rimasti, ma voglio
riportare il commento di un signore, conosciuto in autobus al ritorno da
Nebaj.
"Ho votato Berger", mi spiegava convinto, " perche' e' cosi ricco che di
sicuro non avra' bisogno di rubarsi anche i soldi dello Stato".


Fabiana Maffeis
Osservatrice elettorale internazionale per la Fondazione Rigoberta Menchu'