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La nonviolenza e' in cammino. 734
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 734
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Tue, 18 Nov 2003 19:04:39 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 734 del 19 novembre 2003
Sommario di questo numero:
1. Giobbe Santabarbara: un lunedi'
2. Lidia Menapace: per non perdere la speranza
3. Maria G. Di Rienzo: analizzare le radici dei problemi. La tecnica "come
mai"
4. Giuseppe Barone: mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
5. Antonio Savino: dopo le stragi
6. Bruno Forte: dopo le stragi
7. Luisa Morgantini: dopo le stragi
8. Angelo Gandolfi: dopo le stragi
9. Bruno Giaccone: dopo le stragi
10. Associazione Giovani musulmani d'Italia: dopo le stragi
11. Sergio Paronetto: lettera a un giovane europeo (un contributo alla
proposta di Lidia Menapace)
12. Giovanna Ricoveri: e' in rete il nuovo fascicolo di "Ecologia politica"
13. Riletture: Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo
14. Riletture: Edith Bruck, Signora Auschwitz
15. Riletture: Lia Levi, Che cos'e' l'antisemitismo? Per favore rispondete
16. Riletture: Gadi Luzzatto Voghera, L'antisemitismo
17. Riletture: Jean-Paul Sartre, L'antisemitismo
18. Riletture. Annette Wieviorka, Auschwitz spiegato a mia figlia
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: UN LUNEDI'
Lunedi', a scuola.
In una classe ci diciamo alcune impressioni, di dolore e pieta', di amore al
vero e al buono, ma soprattutto di umana solidarieta' per le vittime tutte
della strage di Nassiriya, della strage di Istanbul. Poi ci alziamo in piedi
ed osserviamo un minuto di silenzio. Poi leggiamo L'obbedienza non e' piu'
una virtu', gli atti del processo a don Milani, la sua lettera ai
cappellani, la sua lettera ai giudici. Due ore filate, e non un brusio, non
un sussurro, non un distrarsi. E questa a me sembra sia buona scuola.
*
In un'altra classe, le due ore successive: anche qui la riflessione muove
dalle stragi, e subito in molte e molti urge il bisogno di dire, di capire,
di proporre, di cercare. Due ore di fervida concentrazione, di ascolto
reciproco: mi commuovono queste giovani persone cosi' lucide e cosi'
empatiche, e le loro parole cosi' fragranti, e cosi' diverse, cosi'
sideralmente distanti dalla retorica tronfia e bolsa, ipocrita e
sciacallesca, dei prominenti di tutte le bande che in questi giorni stanno
facendo scempio di ogni verita' e dignita' oltraggiando con i loro laidi
sguaiati schiamazzi il reverente silenzio, l'addolorata memoria, il rispetto
profondo che alle vittime e' dovuto. Questi ragazzi, questi miei amici,
invece, cosi' seri, cosi' appassionati, che avrei desiderio di baciarli in
fronte, e di inchinarmi loro innanzi. Ed alla fine di due ore intense di
corale dialogo ci alziamo in piedi e ai nostri ragionamenti diamo
conclusione osservando un minuto di silenzio, il nostro omaggio sincero e
non vanesio alle vittime tutte, il nostro meditato e non superficiale
impegno ad opporci a tutte le uccisioni. E questa a me sembra sia buona
scuola.
*
Sulle lavagne di entrambe le classi ho scritto due parole, e le ho tradotte
ai miei giovani amici (un non breve esercizio di traduzione, provengono da
una densa antica lingua, hanno un campo semantico vasto, richiedono un
accostamento consapevole e colto): ahimsa, satyagraha.
2. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: PER NON PERDERE LA SPERANZA
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace@virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Cari e care,
per non perdere le speranze credo dobbiamo fare molto e presto e bene, il
che "raro avviene", ma puo' avvenire.
Comunque sono appena tornata dal Forum di Parigi e ne scrivero' piu' avanti.
Intanto mi dichiaro d'accordo con la proposta di Peyretti di provare a
rivolgerci a Prodi per fargli conoscere la nostra proposta.
Vorrei poi che dessimo spazio a dichiarazioni del tipo di quelle rilasciate
dal delegato del nostro ministero degli esteri in Iraq, che si e' dimesso e
non vorrei sparisse dalle cronache.
Ancora: ho visto riportare da varie mailing list dichiarazioni di
carabinieri, di associazioni e periodici di appartenenti all'Arma, molto
critiche verso la spedizione.
A mia volta ho sentito con le mie orecchie donne di Pietrogrado raccontare
come avviene la distruzione dell'umanita' nei loro figli che fanno il
servizio militare in Russia (avviliti, umiliati, isolati, sottoposti a
durissime prove) per essere poi mandati in Cecenia dove fanno quasi ogni
cosa venga loro ordinata: le madri di Pietrogrado si stanno organizzando per
la diserzione dei loro figli.
Vorrei che quando cominceranno a distribuire medaglie alla memoria qualche
madre o vedova la rifiutasse, e anche in Italia secondo me sarebbe giusto
organizzare la diserzione, poiche' anche un volontario puo' voler disertare
se si accorge che gli vengono ordinate azioni criminali.
*
Comumque ero a Parigi quando e' arrivata la prima notizia di Nassiriya, anzi
ero alla tribuna per l'intervento che mi era stato richiesto e ho espresso a
nome di tutte (era la giornata dei diritti delle donne) naturalmente la
pieta' e il compianto per i morti, tutti ovviamente; e poi ho detto sotto
mia responsabilita' che il nostro governo aveva mandato una spedizione del
tutto incostituzionale ed era propriamente colpevole di assassinio.
Che la guerra illegale tale rimane anche dopo la sanatoria Onu: se
rifiutiamo il condono edilizio e quello fiscale potremmo mai accettare il
condono bellico?
Ho dichiarato inoltre che gli eventi tremendi non mutavano la nostra
decisione "riportiamoli tutti a casa subito vivi". Sulla stessa onda abbiamo
anche scritto e distribuito un volantino.
*
A questo punto vorrei fare alcune riflessioni mie: l'attacco di Nassiriya e'
il primo contro installazioni militari dopo la "fine" della guerra: dal
maggio in qua sono state attaccate pattuglie in perlustrazione, mezzi per
strada direttamente o con mine, edifici civili, mai installazioni militari
stabili; c'era da aspettarselo, l'atroce escalation bellica e' evidente.
Poiche' a Nassiriya non era mai successo nulla era statisticamente
prevedibile che succedesse la'. Poiche' il nostro governo e' il piu'
importante politicamente dei non molti che hanno accettatto di mandare
truppe in Iraq al seguito degli angloamericani era anche prevedibile che
attaccassero i soldati italiani.
Se tutto cio' non e' stato previsto o sono stupidi o - peggio - continuano
la tradizione militare italiana che e' molto prodiga di vite. Come si sa i
paesi poveri sprecano vite ed economizzano munizioni, i paesi ricchi
risparmiano vite (proprie) e sprecano bombe, vite di alleati e vite
"nemiche". Noi che non siamo piu' un paese povero, pero' siamo un paese di
nuovi ricchi, sprechiamo vite e munizioni.
*
Non mi intendo di cose militari ma ricordo che durante la Resistenza quando
le formazioni volevano armi o vettovaglie o munizioni o altro non si
sognavano di avvicinarsi a una postazione tedesca perche' le sentinelle
sparavano anche a un gatto appena vedevano o sentivano qualcosa muoversi.
Con loro bisognava fare una trattativa politica (tra gli austriaci quelli
ostili a Hitler erano abbastanza numerosi) oppure di corruzione economica
(ai soldi erano sensibili anche i rigidi tedeschi).
Se invece si trattava di casermette o posti di blocco tenuti dai
repubblichini si poteva cercare di distrarre la sentinella - che comunque
c'era sempre - e poi tutto procedeva anche li' a trattativa promettendo
salvacondotti dopo la fine della guerra, aiuto a disertare, soldi ecc.
Insomma bisogna sapere con chi si ha a che fare e non credere di essere
simpatici: un invasore non lo e' mai.
Se la caserma e' stata saccheggiata dalla popolazione dopo che i soldati
l'avevano abbandonata perche' inservibile, e il saccheggio e' terminato
all'ordine dato dal partito religioso, bisogna sapere che con quello
bisognava trattare le condizioni di uso del territorio, se eravamo li' in
missione di pace.
Non posso pensare tuttavia che una caserma piena di soldati e di munizioni
sia aperta a chi arriva. Insomma la conduzione e' stata criminalmente
inefficente.
Bisogna usare tutti questi argomenti e non accettare che il segreto militare
copra tutto.
Non voglio essere complice di niente di tutto cio', e voglio che se anche
uno solo dei superstiti ha qualche dubbio possa sapere che vi e' chi lo
ascolterebbe e gli darebbe appoggio.
*
Credo che sia anche il momento di avviare la proposta di Capitini per
sfiduciare il governo con obiezione politica.
Se adesso pubblichiamo il testo dell'obiezione e lo facciamo girare e'
possibile raccogliere molte adesioni.
Abbracci,
Lidia
3. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: ANALIZZARE LE RADICI DEI PROBLEMI. LA
TECNICA "COME MAI"
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Ci commuove
vieppiu' questo intervento perche' d'un lampo ci ha rammemorato quella
pagina di Silone, sul finire di Fontamara, in cui i cafoni presa coscienza
della propria condizione di oppressi e dignita' di persone decidono di fare
un loro foglio di riflessione e di lotta, e su ogni cosa che vi scrivono
appongono la stessa domanda, che fu di Cernysevskij e Ulianov; ci scuseranno
i lettori se qui abbiamo voluto dichiararlo (p. s.)]
Le cosiddette "radici" sono le ragioni base che stanno dietro al problema o
all'istanza di cui come gruppo avete deciso di occuparvi.
Tentare di visualizzare come il problema potrebbe essere risolto e' una
parte fondamentale del vostro lavoro: perche' le risposte devono essere
adeguate, e perche' la comunita' deve, insieme con voi, farsi carico della
questione. Trovare risposte efficaci ad un problema significa sapere quali
sono le sue origini reali; implementare un'azione senza conoscerle puo'
risultare in uno sforzo inutile o fallimentare, e nella perdita di tempo e
risorse.
La tecnica "come mai" e' un metodo molto semplice, usato per identificare le
ragioni che hanno prodotto il problema.
Per esempio, se la questione di cui vi state occupando e' la diffusione
dell'alcolismo nei gruppi piu' economicamente deboli di vostri concittadini,
prima di sviluppare qualsiasi tipo di intervento dovreste porvi la domanda
"come mai", e giunti a darvi una risposta dovreste farvela una volta ancora,
e poi un'altra, fino a che arriverete a vedere le radici del problema.
*
1. Quando usare questa tecnica
Naturalmente, non si tratta della vostra miglior opzione nel 100% dei casi,
ma e' assai efficace perche' e' rapida, non dispendiosa, semplice, e puo'
essere usata da chiunque. Per avere informazioni piu' dettagliate
sull'istanza e' chiaro che userete anche altri "attrezzi": ricerche,
interviste, articoli di giornale, ecc.
Funziona particolarmente bene quando le soluzioni all'opera non sembrano
arrivare a mettere in discussione le vere cause del problema (ad esempio: ci
sono gruppi di persone che patiscono la fame, e la soluzione all'opera e'
offrire loro la cena di Natale... che purtroppo lascia scoperte 364 cene e
365 pranzi per il resto dell'anno), o quando nella comunita' vi e' non
conoscenza o negazione del problema.
*
2. Per cosa usare questa tecnica
Per portare alla luce i fattori individuali che possono provvedervi
suggerimenti su cio' che deve cambiare: come il livello di consapevolezza e
conoscenza, le attitudini, i comportamenti, il linguaggio, ecc.
Per esplorare le cause sociali del problema: fattori culturali, come le
credenze e i valori; fattori economici, come il denaro e le risorse; fattori
politici, come i sistemi con cui le decisioni vengono prese.
Per trovare soluzioni multiple e alternative, giacche' permette di vedere
molti aspetti del problema.
*
3. Come usare questa tecnica
Cosi': un gruppo esamina un problema della comunita' chiedendosi cosa lo ha
causato. Ogni volta in cui una risposta viene trovata, ci si chiede di nuovo
"come mai", oppure "come questo poteva essere prevenuto".
Problema: Nella tal zona della nostra citta' accade questo. Come mai?
Perche'...
Poteva essere prevenuto? Come?
Si', mediante...
Come mai non e' stato prevenuto?
Perche'... (e cosi' via).
Esempio: Il vostro gruppo si occupa di salute pubblica e inquinamento. E'
stato portato alla vostra attenzione un "caso" che non sapete bene come
affrontare, perche' sembra molto particolare: ovvero vi e' stato richiesto
un intervento in una zona in cui i bambini sembrano ferirsi con facilita'
con vetri rotti, siringhe abbandonate, eccetera.
Prima fase dell'esame: La bambina di cui parliamo ha una brutta infezione ai
piedi. Come mai?
Ha camminato su una bottiglia rotta.
Ma come mai? Poteva essere prevenuto?
Si', se avesse avuto le scarpe.
Ma come mai non le aveva?
La famiglia non puo' permettersi di comprarle.
Come mai?
I genitori sono senza lavoro. (eccetera).
Seconda fase: La zona di cui parliamo e' degradata. Come mai? (eccetera).
*
4. Con chi usare questa tecnica
Oltre che fra di voi come gruppo, potreste usarla durante un incontro con i
portatori di interesse diretto (i genitori dei bambini feriti, gli abitanti
della zona) e con coloro che potrebbero contribuire alla soluzione del
problema (gli amministratori del Comune, le altre organizzazioni di
attivisti). Piu' rappresentativo e' il tavolo che decide di affrontare il
problema, piu' facilmente le radici di esso verranno alla luce.
La tecnica finira' per offrirvi molteplici soluzioni, percio' spetta a voi
scegliere poi la migliore in termini di efficacia, corrispondenza fra mezzi
e fini, risorse disponibili, consenso fra i partecipanti.
4. MEMORIA E PROPOSTA. GIUSEPPE BARONE: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento
fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per
tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso
BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB
11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona,
specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta".
Avvicinandosi la fine dell'anno, abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici
della nonviolenza di motivare l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a
tutti i lettori del nostro notiziario - a rinnovare (o sottoscrivere per la
prima volta) l'abbonamento ad "Azione nonviolenta". Oggi risponde Giuseppe
Barone (per contatti: ester.paone@cirass.unina.it). Giuseppe Barone e' stato
collaboratore e amico di Danilo Dolci, ed e' acuto studioso e promotore
della nonviolenza, e autore di vari articoli e saggi. Tra le opere di
Giuseppe Barone: La forza della nonviolenza, Libreria Dante & Descartes,
Napoli 2000]
Tutti sappiamo che il lavoro per l'affermazione delle idee della nonviolenza
non e' facile: e' un impegno arduo, controcorrente, faticoso. Necessario. Le
cose non cambiano da sole: la cronaca e la storia di questi anni ce lo
confermano, in modo spesso drammatico, se di conferme ancora avevamo
bisogno. Piu' che un tempo la costruzione della pace, per non ridursi a uno
slogan o a un vago auspicio, ha bisogno di persone, di gambe, di mani, di
teste, di sudore, di sorrisi, di buona volonta'. E ha bisogno di strumenti.
Dal 1964 le pagine di "Azione nonviolenta" fanno risuonare le parole di
Gandhi, Capitini, Dolci, King, Milani, Lanza del Vasto. Alimentano la
riflessione e il dibattito sulla nonviolenza. Danno spazio a gruppi,
associazioni, donne e uomini e alle mille iniziative, grandi e piccole, che
nel segno della nonviolenza si organizzano in Italia e nel mondo.
Danno voce - pur avendo chiaro il proprio punto di vista - ai punti di vista
altrui, fedeli a quell'idea di apertura che ha ispirato il percorso tutto di
Aldo Capitini e che ogni giorno dovremmo sforzarci di fare nostra.
Rappresentano uno strumento essenziale per chiunque si occupi di educazione
alla pace, multiculturalismo, tutela dei diritti.
Cosi', nel 1985, Italo Calvino concludeva il suo capolavoro Le citta'
invisibili: "L'inferno dei viventi non e' qualcosa che sara'; se ce n'e'
uno, e' quello che e' gia' qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che
formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce
facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non
vederlo piu'. Il secondo e' rischioso ed esige attenzione e apprendimento
continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non
e' inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
Dare spazio a tutto cio' che non e' inferno e' uno dei compiti assolti da
circa quarant'anni, con mitezza e tenacia, da questa rivista bella e
preziosa. L'abbonamento ad "Azione nonviolenta" dovrebbe rappresentare un
piccolo, concreto impegno per tutti coloro che all'inferno non si sono
rassegnati.
5. RIFLESSIONE. ANTONIO SAVINO: DOPO LE STRAGI
[Da varie persone amiche riceviamo copia di questo intervento, di profonda
verita' e commovente umanita'. L'autore e' il maresciallo dei carabinieri
Antonio Savino, direttore de "La rivista dell'Arma", segretario generale
dell'Unione Nazionale Arma Carabinieri]
Dopo americani ed inglesi, non poteva che toccare ai nostri carabinieri e
soldati italiani in Iraq.
Ragazzi spinti alle missioni estere non solo da senso umanitario di aiuto a
quelle popolazioni, non solo da senso di patriottismo o contributo alla
lotta al terrorismo, ma anche e spesso soprattutto per portare a casa
qualche soldo in piu' e vivere una vita con maggiore dignita'. Per questo,
per essere assegnati alle missioni estere, tra i carabinieri vi e' una
concorrenza spietata a suon di raccomandazioni.
In termini economici, sei mesi di missione estera soprattutto in zone
belliche, contribuisce a comprarsi almeno meta' della tanto agognata casa.
La miseria economica, in cui versano tutti i carabinieri, poliziotti e
militari italiani, non puo' essere sottaciuta, come non puo' essere
sottaciuto il mancato impegno degli attuali governanti alle tanto
evidenziate (solo in campagna elettorale) situazioni migliorative per tutto
il comparto sicurezza, in cui i Carabinieri, parte integrante, vivono con
regolamenti da prima guerra mondiale e con stipendi da fame.
*
Non siamo guerrafondai, siamo solidali con quelle popolazioni, ma costretti
a combattere una guerra che non tutto il popolo Italiano e non tutto il
Parlamento hanno voluto, perche' non avallata dall'Onu.
I nostri Carabinieri non sono affatto preparati ne' psicologicamente ne'
professionalmente a combattere una simile guerra civile come quella in Iraq,
questo va detto a chiare lettere. Chi ritiene il contrario, per motivi di
opportunismo, non dice il vero.
*
Piangiamo i nostri morti, i nostri colleghi ed assistiamo all'ennesima farsa
di lacrime di coccodrillo da parte di chi una certa responsabilita'
nell'invio di quel contingente deve pur averla.
L'Unione Nazionale Arma Carabinieri, si stringe attorno alle mogli ed ai
figli dei colleghi caduti, ed invita i governanti ad esaminare seriamente la
possibilita' di un ritiro immediato dei nostri uomini da tale situazione che
potrebbe costare ancora vittime al nostro popolo che ha gia' fin troppi
problemi in Patria.
6. RIFLESSIONE. BRUNO FORTE: DOPO LE STRAGI
[Dal quotidiano "Il mattino" di Napoli del 16 novembre 2003 riprendiamo
questo intervento li' apparso col titolo Quella voce inascoltata. Bruno
Forte e' uno dei piu' influenti teologi cattolici viventi; su di lui, dal
sito www.emsf.rai riportiamo la seguente scheda: "Nato nel l949 a Napoli,
ordinato sacerdote nel l973, dottore in teologia nel l973 e in filosofia nel
l977, Bruno Forte e' ordinario di teologia dogmatica nella Pontificia
facolta' teologica dell'Italia meridionale, di cui e' preside. Ha trascorso
lunghi periodi di ricerca a Tuebingen e a Parigi. E' stato il primo relatore
al convegno della Chiesa italiana a Loreto (l985) e all'assemblea delle
Chiese europee a Erfurt (l988). E' consultore del Pontificio consiglio per
l'unita' dei cristiani. L'opera di Bruno Forte e' articolata in tre campi,
che corrispondono, nelle sue intenzioni, alle tre virtu' teologali. Al
primo, Simbolica della fede, appartiene una Simbolica ecclesiale in otto
volumi: 1. La parola della fede. Introduzione alla simbolica ecclesiale, San
Paolo, Milano, s. d.; 2. La teologia come compagnia, memoria e profezia.
Introduzione al senso e al metodo della teologia come storia, San Paolo,
Milano, l987; 3. Gesu' di Nazareth, storia di Dio, Dio della storia. Saggio
di una cristologia come storia, San Paolo, Milano, l981; 4. Trinita' come
storia. Saggio sul Dio cristiano, San Paolo, Milano, l985; 5. Il mistero
della Chiesa, comunione e missione. Saggio di ecclesiologia trinitaria, San
Paolo, Milano, s. d.; 6. L'eternita' nel tempo. Saggio di antropologia e di
etica sacramentale, San Paolo, Milano, l993; 7. Teologia della storia.
Saggio sulla Rivelazione, l'inizio e il compimento, San Paolo, Milano, l99l;
8. Maria, la donna icona del Mistero, San Paolo, Milano, l989. Al secondo
Dialogica dell'amore, si ascrivono: La Chiesa nell'Eucarestia, D'Auria,
Napoli, l975; La Chiesa, icona della Trinita', Queriniana, Brescia, l984;
Laicato e laicita', Marietti, Genova, l986. Al terzo, Poetica della
speranza: Corpus Christi, D'Auria, Napoli, l982; Sul sacerdozio
ministeriale. Due meditazioni teologiche, San Paolo, Milano, l989; Piccola
introduzione alla fede, San Paolo, Milano, l992; Piccola introduzione ai
sacramenti, San Paolo, Milano,l994; Piccola introduzione alla vita
cristiana, San Paolo, Milano, l995. Forte e' inoltre coautore, insieme con
Massimo Cacciari e Sergio Givone di Trinita' per atei, Cortina , Milano,
l997. Di fronte al tramonto della ragione totalizzante, Bruno Forte apre la
sua meditazione filosofica teologica e poetologica sulla crisi
dell'io-soggetto all'ascolto dell'altro. La parola dell'altro e' al centro
del suo costante colloquio con le voci piu' significative della filosofia e
della teologia del nostro tempo: da Heidegger a Bultmann e a Rahner, da
Jaspers a Levinas e a Mounier. La questione dell'altro si articola per Bruno
Forte essenzialmente su cinque livelli: come evento di linguaggio interessa
l'ermeneutica; come rivelazione appartiene alla teologia; come nominazione
alla metafisica; come deterritorializzazione o esodo e' un problema
antropologico; e infine sotto il segno della storia si manifesta come
resistenza, che ha trovato nel martirio di Dietrich Bonhoeffer la sua forma
piu' alta"]
"Se avessero dato ascolto alle parole del papa che scongiurava di non fare
la guerra, oggi non piangeremmo tante vittime": sono parole, aggiunte a
braccio a un intervento di dura condanna alla barbarie terrorista, del
cardinale Renato Martino.
Il presidente del Consiglio "Iustitia et Pax" della Santa Sede, cosi' chiude
la sua dichiarazione ufficiale, dopo aver appreso della ennesima strage
terroristica che ha ucciso tanti innocenti in due sinagoghe di Istanbul.
Siamo nel pieno dei lavori di un colloquio organizzato in Vaticano su "Leone
XIII e la pace", che vede accanto alla partecipazione di storici e teologi
quella di rappresentanti delle Nazioni Unite e di vari organismi
internazionali. L'attualita' delle sfide ha segnato sin dall'inizio i nostri
lavori: gli eventi tragici di ieri mattina mostrano ancor piu' l'urgenza
delle riflessioni che andiamo facendo.
Peraltro, un'analoga urgenza avevo percepita l'altro giorno quando la
notizia della strage di Nassiriya ci raggiunse durante il Consiglio
scientifico dell'Enciclopedia Italiana per bocca del presidente, Francesco
Paolo Casavola: in un contesto del tutto diverso da quello dell'incontro in
Vaticano, fra voci che rappresentano le anime piu' diverse della cultura
italiana, il dolore e la costernazione erano gli stessi, coniugati a una
riflessione che emergeva in tutti, piu' o meno immediatamente, dalla ferita
degli eventi in corso.
*
Deplorare il terrorismo e' dovere indiscutibile, che esige la fermezza piu'
grande, l'unica adatta a condannare la follia vigliacca di chi fa vittime
innocenti in nome di un progetto ideologico, che nulla ha a vedere con
l'anelito religioso del cuore umano e l'apporto etico-spirituale delle
grandi religioni dell'umanita'.
Piangere i morti, esprimere solidarieta' ai loro cari e alle collettivita'
colpite - in questo caso l'Italia e Israele - e' non meno urgenza avvertita
da tutti, esigenza umana e spirituale unanimemente condivisa. Tornano pero'
le grandi domande che sin dall'11 settembre 2001 erano state sollevate da
molti e che hanno ricevuto purtroppo la peggiore delle risposte da chi ha
preferito la legge della forza a ogni altra via per sconfiggere il veleno
terroristico e costruire la pace.
*
Queste domande toccano anzitutto l'analisi delle cause di quanto sta
avvenendo e, di conseguenza, il tipo di risposta che si sta dando e che si
dovra' dare: se fosse vera la tesi di Samuel Huntington sul conflitto
inevitabile delle civilta' come conflitto dei mondi religiosi ad esse
sottesi, dovremmo tutti rassegnarci a una lotta senza quartiere fra
l'Occidente cristiano e l'Islam sempre piu' emergente. La risposta bellica a
chi attacca in maniera selvaggia e vigliacca la convivenza civile delle
democrazie piu' avvedute sarebbe la sola plausibile, e la lotta in atto
andrebbe semplicemente proseguita senza risparmio di decisione e di mezzi.
In questa luce, gli italiani morti in Iraq sarebbero vittime sacrificate
alla grande causa della pace e del futuro ordine mondiale, come anche le
vittime ebraiche in Turchia rappresenterebbero nient'altro che un'appendice
tragica del gia' infinitamente tragico olocausto del popolo d'Israele.
Ebbene, e' questa la lettura che va rifiutata.
I morti italiani in Iraq come quelli ebrei in Turchia non sono semplicemente
vittime di una follia ideologica che falsamente si appella a ragioni
religiose; essi pagano purtroppo anche il prezzo di scelte culturali e
politiche sulla cui infondatezza storica, morale e religiosa si era levata
fra tante la voce altissima di Giovanni Paolo II.
Quando la Santa Sede insisteva nel considerare la guerra in Iraq immorale,
illegale, inutile e dannosa, la sua voce e' stata disattesa da tanti in nome
della "realpolitik" necessaria per abbattere il dittatore spietato e
smascherare le sue trame perverse. In realta', la guerra-lampo si e'
rivelata una menzogna, costruita su oramai altrettanto manifeste menzogne
relative alla presenza di armi di distruzione di massa in quel Paese
martoriato da decenni di violenza e di embargo, e la sua fine si e' rivelata
un'illusione ancora piu' grande, perche' il quotidiano stillicidio di
vittime mostra come la guerra non sia mai finita, ma si sia semplicemente
trasformata da conflitto di "bombe intelligenti" - facilmente vinto dallo
strapotere americano - in conflitto sul terreno, fatto di insidie,
guerriglia, ostilita' diffusa e incapacita' di trovare convincenti vie di
uscita.
*
A questo punto due convinzioni vanno urgentemente ribadite: la prima e' che
la pace non si costruira' senza un efficace intervento delle Nazioni Unite,
cui occorre restituire tutta l'autorita' e la credibilita' cosi'
rovinosamente calpestate dai "grandi della guerra", anche riformando lo
Statuto del consesso delle nazioni, perche' sia veramente tale e possa
esprimere e salvaguardare gli interessi generali dell'umanita' intera e non
solo di una parte di essa.
In secondo luogo, va detto con chiarezza che la pace non si costruira' senza
l'apporto decisivo delle coscienze e dei mondi religiosi cui esse
appartengono, perche' la religione - liberata dalle sempre possibili
strumentalizzazioni ideologiche - non puo' che essere il piu' profondo
fattore di pace e di rispetto per tutti, in quanto vincola la
responsabilita' morale di ciascuno davanti all'unicita' del mistero di quel
Dio, che e' Padre-Madre di tutti.
Attesa la sordita' dei poteri forti della terra a questo duplice appello,
non resta che rilanciarlo alle coscienze dei singoli, perche' un movimento
universale di opinione scardini dalle fondamenta la violenza terroristica e
la risposta esclusivamente bellica data ad essa, a favore di processi di
pace attenti a promuovere la giustizia per tutti, per il popolo dell'Iraq,
come per quello della Palestina, per Israele come per il popolo cosi'
largamente rappresentativo dei vari volti della famiglia umana che sono gli
Stati Uniti d'America.
Allora, le vittime di Nassiriya e di Istanbul non saranno cadute invano:
allora il loro sangue sara' seme benedetto di vita per i loro cari, per le
loro nazioni e per tutte le genti della terra, assetate come mai di pace
nella giustizia e nella riconciliazione reciprocamente ricevuta e donata.
7. RIFLESSIONE. LUISA MORGANTINI: DOPO LE STRAGI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 novembre 2003. Luisa Morgantini (per
contatti: lmorgantini@europarl.eu.int), parlamentare europea e presidente
della delegazione del Parlamento Europeo al Consiglio legislativo
palestinese, fa parte delle Donne in nero e dell'Associazione per la pace;
il seguente profilo di Luisa Morgantini abbiamo ripreso dal sito
www.luisamorgantini.net: "Luisa Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5
novembre 1940. Dal 1960 al 1966 ha lavorato presso l'istituto Nazionale di
Assistenza a Bologna occupandosi di servizi sociali e previdenziali. Dal
1967 al 1968 ha frequentato in Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove
ha studiato sociologia, relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971
ha lavorato presso la societa' Umanitaria di Milano nel settore
dell'educazione degli adulti. Dal 1970 e fino al 1999 ha fatto la
sindacalista nei metalmeccanici nel sindacato unitario della Flm. Eletta
nella segreteria di Milano - prima donna nella storia del sindacato
metalmeccanico - ha seguito la formazione sindacale e la contrattazione per
il settore delle telecomunicazioni, impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata
responsabile del dipartimento relazioni internazionali del sindacato
metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha rappresentato il sindacato italiano
nell'esecutivo della Federazione europea dei metalmeccanici (Fem) e nel
Consiglio della Federazione sindacale mondiale dei metalmeccanici (Fism).
Dal novembre del 1980 al settembre del 1981, in seguito al terremoto in
Irpinia, in rappresentanza del sindacato, ha vissuto a Teora contribuendo
alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha fondato con un gruppo di donne di
Teora una cooperativa di produzione, "La meta' del cielo", che e' tuttora
esistente. Dal 1979 ha seguito molti progetti di solidarieta' e cooperazione
non governativa con vari paesi, tra cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa,
Mozambico, Eritrea, Palestina, Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata
in luoghi di conflitto entro e oltre i confini, praticando in ogni luogo
anche la specificita' dell' essere donna, nel riconoscimento dei diritti di
ciascun essere umano: nelle rivendicazioni sindacali, con le donne contro la
mafia, contro l'apartheid in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e
israeliane per il diritto dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza
con lo stato israeliano, con il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la
guerra e i bombardamenti della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo
all'autonomia, per la cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra.
Attiva nel campo dei diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in
Cina, Vietnam e Siria, e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si
occupa di questioni riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del
conflitto Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di
relazioni e networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare
con associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino
del Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel
dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e
dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la
nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le
fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne
contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo, eletta come
indipendente nelle liste del Prc e aderente al gruppo Gue-Ngl. Presiede la
delegazione parlamentare per i rapporti con il consiglio legislativo
palestinese, oltre ad essere membro titolare nella commissioni diritti della
donna e pari opportunita' ed in quella per lo sviluppo e la cooperazione,
membro della delegazione per le relazioni con il Sud Asia e membro sostituto
della commissione industria, commercio estero, ricerca ed energia. In Italia
continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la
pace"]
L'orrore continua.
Voglio esprimere cordoglio per i familiari e dolore per le vittime, sempre
piu' numerose, che si contano tra le forze d'occupazione e i civili
iracheni, che continuano a pagare il prezzo di questa guerra ingiusta, fatta
in nome della liberta' e della democrazia, ma che nasconde solo interessi
economici e volonta' di dominio.
Una guerra che l'opinione pubblica in Italia e nel mondo ha condannato fin
da principio.
Oggi ci troviamo davanti ai frutti di una tragedia annunciata, "i rischi cui
si sapeva di andare incontro", come affermato dal generale Cabigiosu,
consigliere militare italiano per l'Iraq.
E' inaccettabile che il governo pensi di andare avanti nella missione.
Dovrebbe piuttosto richiamare in patria i nostri soldati e rispondere
dell'accaduto di fronte al parlamento e al popolo italiano. Cosi' come
dovrebbero fare gli altri capi di stato e di governo che hanno deciso di
inviare le loro truppe.
L'Unione europea, da parte sua, deve essere unita in una politica estera
comune che preveda il ripudio della guerra e si opponga alle scelte militari
di Bush, che con il suo fondamentalismo sta facendo di questo mondo un
arsenale militare e un cimitero, dove insieme ai corpi straziati delle
vittime si sotterra il diritto internazionale.
Faccio appello a tutte le donne, in particolare alle madri, per impedire ai
nostri soldati di partire, e ribadisco la necessita' del ritiro di tutti gli
eserciti d'occupazione e di un contestuale invio di forze di pace delle
Nazioni Unite, che non comprenda pero' quegli eserciti che hanno fatto parte
della coalizione per la guerra e di quei governi che l'hanno appoggiata.
8. RIFLESSIONE. ANGELO GANDOLFI: DOPO LE STRAGI
[Ringraziamo Angelo Gandolfi (per contatti: angelo.gan@libero.it) per questo
intervento. Angelo Gandolfi e' impegnato nell'esperienza dei "Berretti
bianchi", organizzazione umanitaria di intervento nonviolento in aree di
conflitto, e nella promozione dei Corpi civili di pace; e' stato
recentemente in Iraq per verificare la possibilita' di realizzare a Baghdad
una "ambasciata di pace" nonviolenta]
La mia patria e' il genere umano.
Non ha confini, non ha capitali, non ha bandiere, ne' inni nazionali.
Sopporta forse una sola bandiera, che ha i colori di tutte le altre. Non ha
religioni ufficiali, non ha bisogno di documenti che certifichino il nostro
diritto di appartenenza, ammette soltanto il potere di tutti. Non ha nemici
da cui difendersi, ma avversari da cui guardarsi. Non pretende di essere
sacra, non ha bisogno di maiuscole.
La mia patria riconosce a chiunque rispetto e dignita', non ha bisogno di
tributare ne' onore ne' gloria a qualcuno soltanto. Mi chiede di essere
umile, mai superbo. Mi chiede di vivere e di lottare, non di morire e
combattere per difenderla. Usa strumenti, non armi. Ha bisogno di uomini e
donne che affrontano con coraggio la quoditianita', non di eroi, di santi,
angeli e martiri che compiono gesti eccezionali. Mi chiede di condividere la
mia vita e le cose che ho, non di donarle in sacrifici estremi piu' o meno
vani e inutili.
MI chiede di usare ogni mia energia per costruire, mai per distruggere. Mi
chiede di accettare le difficolta' della cooperazione, non di scegliere le
scorciatoie della concorrenza e della competitivita'. Mi chiede la pazienza
e la costanza della proposta, non l'imposizione della decisione. Mi chiede
di essere rivoluzionario, non riformista, di fronte alle tragedie. Mi chiede
il coraggio della verita', piuttosto che l'opportunismo della menzogna. Mi
chiede la lungimiranza di guardare l'orizzonte, piuttosto che la finta
pragmaticita' di limitare lo sguardo al mio naso.
Mi ricorda che una guerra non e' mai ne' vinta, ne' persa da questa o da
quella parte, ma quando scoppia e' un danno per tutta l'umanita'. Mi ricorda
che una guerra e' sempre una scelta criminale, non mi permette mai di
considerarla un'inevitabile necessita'. Mi ricorda che nessuna strage puo'
essere considerata "umanitaria".
Fonda le sue leggi sulla persona umana, non pretende che la persona umana si
adegui alle sue. E' fondata sulla pace e sulla giustizia.
9. RIFLESSIONE. BRUNO GIACCONE: DOPO LE STRAGI
[Ringraziamo Bruno Giaccone (per contatti: brunogiaccone@tin.it) per questo
intervento. Bruno Giaccone e' pastore, da sempre impegnato nella
solidarieta', per la pace e i diritti]
Lacrime italiane, lacrime irachene, che nazionalita' hanno le lacrime? Ci
possono essere lacrime clandestine? Si puo' piangere solo per i nostri? E
chi sono "i nostri"? E le altre lacrime?
Le lacrime cecene, le lacrime dei paesi africani che non conoscono che
guerra, le lacrime dei nativi del Sud America, le lacrime argentine, le
lacrime cattoliche e protestanti dell'Irlanda. Le lacrime di chi non ha da
mangiare, le lacrime di chi non ha acqua, le lacrime dei malati di hiv che
non hanno soldi per pagarsi le medicine. Le lacrime dei lavoratori edili che
muoiono nei cantieri, le lacrime degli operai immigrati in Svizzera che
muoiono dopo aver pulito le centrali atomiche, le lacrime dei pescatori ai
quali le petroliere hanno ucciso il mare. Le lacrime degli oppositori
cinesi, le lacrime dei poveri di New York che non hanno un ospedale dove
farsi curare, lacrime israeliane, lacrime palestinesi. Le lacrime dei
pensionati che non ce la fanno a tirare avanti, le lacrime dei giovani
disoccupati, le lacrime di quelli che non piu' giovani vengono esclusi dal
mondo del lavoro. Le lacrime degli innumerevoli esseri umani che ogni giorno
muoiono di fame a causa del nostro tenore di vita che sottrae loro il pane
quotidiano.
Quante lacrime. Troppe lacrime.
*
Chi e' il nemico?
Non preoccupiamoci di trovare il nemico, c'e' sempre un nemico a portata di
mano. Perso un nemico ne troviamo subito un altro. E' importante avere un
nemico, su di lui possiamo scaricare tutte le nostre tensioni, tutte le
nostre frustrazioni, tutta la nostra aggressivita'...
Ma chi e' veramente il nemico? Per l'Occidente e' Bin Laden, e anche Saddam
Hussein; per Bin Laden, e anche per Saddam Hussein, e' l'Occidente. Siamo
nemici gli uni agli altri.
Gesu' ha detto: "amatevi gli uni gli altri", e l'amore di Gesu' non chiede
reciprocita'. Non serve esporre i crocifissi nelle scuole o nelle banche,
"amatevi gli uni gli altri, da questo riconosceranno che siete miei
discepoli". "Amate i vostri nemici": troppo facile amare chi ci vuol bene,
questo lo sanno far bene anche i pagani.
*
Ma dov'e' il nemico?
Il nemico e' dentro di noi, alloggia nel nostro egocentrismo, nel nostro
egoismo, nella nostra sete di potere che esercitiamo tanto se siamo un
piccolo piccolo capoufficio o caporeparto, un ecclesiastico, oppure un capo
di stato, o un magnate dell'economia.
Il nemico e' dentro di noi, nella nostra vanita', nell'invidia che ci
tormenta, nell'orgoglio che ci acceca, nella sete di vendetta, nel complesso
di superiorita', nella nostra patologica sete di possesso, tanto di persone
come di beni.
E' da ipocriti stracciarsi le vesti per i nostri morti se non abbiamo
compassione anche per i morti degli altri. E' da ipocriti cercare ancora
nemici se non vediamo il nemico che e' in noi e chiudiamo gli occhi di
fronte alla vera causa di tante lacrime che e' l'immensa ingiustizia sociale
che regna sul nostro pianeta.
*
Non siamo migliori degli altri. Vogliamo dare un esempio della nostra
civilta', ma sappiamo anche che uno dei primi prigionieri statunitensi in
Iraq, poi liberata, era una donna che si era arruolata per poter mantenere
la sua bambina, cosi' come molti altri e per altri motivi, come poter
studiare, o avere il permesso di soggiorno: e' questa la civilta' che
vogliamo insegnare?
Anche tra i militari italiani, che avevano senza dubbio buone intenzioni e
una buona disposizione verso la popolazione irachena, vi era chi, in
aggiunta, cercava di migliorare la sua situazione economica. Quanto e'
difficile trovare un ricco in prima linea. E' piu' facile per un cammello...
Apriamo gli occhi, apriamo il cuore, apriamo la nostra coscienza ad una
severa revisione critica dei nostri comportamenti e dei nostri sentimenti.
A tutti e a tutte coloro che si dicono cristiani, io chiedo, in segno di
lutto e di solidarieta' con tutte le vittime di ogni forma di terrorismo e
di violenza, sia essa, fisica, morale o economica, di dedicare quattro sere
ad una seria riflessione leggendo ogni sera un vangelo.
10. RIFLESSIONE. ASSOCIAZIONE GIOVANI MUSULMANI D'ITALIA: DOPO LE STRAGI
[Dal sito di Peacelink (www.peacelinl.it) riprendiamo questo intervento
dell'associazione Giovani musulmani d'Italia a firma del presidente Khalid
Chaouki (per contatti: e-mail: presidente-gmi@libero.it. sito:
www.giovanimusulmani.it)]
L'associazione Giovani musulmani d'Italia si unisce a tutti gli italiani nel
dolore, nel cordoglio e nella solidarieta' alle famiglie dei caduti dei
nostri ragazzi, in servizio per la missione di pace in Iraq.
Come giovani musulmani vogliamo sottolineare il valore supremo, comune ed
universale della vita umana, ce lo insegna la nostra religione, e dobbiamo
confermarlo nelle nostre azioni. Alle vittime, civili e militari, va tutto
il nostro rispetto.
A Nasseriya capi religiosi cristiani e musulmani di varie confessioni hanno
espresso solidarieta' e cordoglio alle famiglie delle vittime militari e
civili dell'attacco di ieri.
Leggiamo questo come uno dei segnali indicativi del fatto che le nostre
truppe hanno svolto e svolgeranno un buon lavoro, a favore e non contro la
popolazione locale, per riportare sicurezza e stabilita'.
I Giovani musulmani d'Italia non sono d'accordo con la guerra in Iraq, ne'
per le motivazioni iniziali, ne' per i metodi. Oggi pero' la situazione e'
critica, chiediamo e appoggiamo una soluzione multilaterale, come quella
delle Nazioni Unite, che dia al piu' presto giustizia, liberta' e democrazia
alla popolazione irachena, che ha subito due guerre nei soli ultimi dieci
anni, oltre ad una feroce dittatura.
11. RIFLESSIONE. SERGIO PARONETTO: LETTERA A UN GIOVANE EUROPEO (UN
CONTRIBUTO ALLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE)
[Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto@yahoo.com)
per questo intervento. Sergio Paronetto e' impegnato nel movimento di Pax
Christi ed in molte iniziative di pace, di solidarieta', di e per la
nonviolenza]
Ragazza o ragazzo che cammini, giovane europeo e delle Nazioni Unite, prendi
l'Europa nelle tue mani.
Plasmala secondo il tuo desiderio di pace, di liberta', di giustizia e di
fraternita'. Secondo il sogno dell'umanita'.
Non rassegnarti mai alle guerre. Non arrenderti allo scatenarsi della
violenza. Non lasciarti abbattere dal male. Non farti travolgere dal senso
di fallimento che ogni guerra trascina con se'.
Quando si parla di pace, di nonviolenza, di Europa da costruire, di un mondo
da cambiare, non credere a chi ti invita a stare fermo, a chi ti dice che
non c'e' nulla da fare, che e' inutile protestare, manifestare, o che non
cambiera' mai nulla.
Non dare ascolto ai maestri della disperazione e della resa di qualunque
colore. A chi pensa che la storia sia conclusa.
Tieni alta la testa e ardente il cuore. Sei e sarai protagonista dell'Europa
che vorrai.
Anche tu sei storia. Il futuro sta nelle tue mani.
Difendi la tua dignita' umana. Mettiti in movimento. Ognuno e' importante e
vale. Anche tu sei importante e vali. Anche tu puoi fare qualcosa.
Guardati dentro. Guardati attorno. Guarda lontano. Anche nei momenti piu'
tristi, e' possibile pensare e fare il bene.
Opponi al buio dell'odio e delle guerre l'alternativa luminosa della pace.
Disobbedisci al sistema di guerra per obbedire al valore primario della
pace. Resisti alle tentazioni della violenza per progettare la novita' della
tua vita.
Attenta o attento ai ladri di sogni. Non farti rubare la speranza della
pace. La pace puo' dare un senso alla tua vita. Non si puo' conquistarla o
perderla una volta per tutte. Non e' un traguardo ma un cammino. Non e' solo
un diritto da rivendicare, e' anche un compito da assumere. Non e' solo un
dovere, puo' essere un piacere. Non e' solo responsabilita', e' anche gioia.
Prendi il potere della pace. Se vuoi la pace prepara la pace. La pace
robusta e forte dei miti. La pace con mezzi pacifici. La pace come
rivoluzione nonviolenta.
Scegli la forza buona, bella, sapiente, utile, concreta e creativa della
nonviolenza.
Sii il cambiamento che desideri realizzare. Sii la pace che vuoi costruire.
Pensa col cuore, anzi: sii il cuore pensante degli ambienti in cui vivi,
dell'Europa che vuoi.
Abituati a vedere il mondo con gli occhi delle vittime, dei violentati,
degli uccisi, degli impoveriti e degli oppressi. Prenditi cura di chi e'
piu' debole.
Contro le guerre e le violenze cerca di cambiare la vita. Il futuro che
desideri comincia a vivere nelle cose che fai, nel tuo stile quotidiano.
Cura ogni seme di vita. Custodisci la fragile bellezza del mondo.
Mettiti in cammino, preoccupato e tormentato certo, ma pronto ad accendere
la fiducia nel cuore delle persone facendo loro scoprire, al di la' di tutte
le divisioni e frontiere, dei volti di fratelli, dei volti di amici.
La novita' della pace puo' vivere nell'ardente pazienza della tua speranza.
Come la ginestra leopardiana, fiore nel deserto. Mettiamoci in cammino.
Tonino Bello, vescovo della pace, morto pochi mesi dopo la marcia conviviale
a Sarajevo del dicembre 1982, a proposito della costruzione dell'Europa,
elencava un giorno gli strumenti che i cristiani dovrebbero portare con loro
nella casa comune europea: il bastone del pellegrino (un'identita' nomade
aperta), la bisaccia vuota del cercatore (la disponibilita'
all'accoglienza), un ciottolo del lago di Tiberiade (la solidarieta' di
Cristo con gli uomini), un ciuffo d'erba del monte delle Beatitudini (la
novita' sconvolgente del messaggio cristiano), un frustolo di pane della
moltiplicazione (la cooperazione internazionale), una scheggia della croce
(l'"onnidebolezza" divina che salva), un calcinaccio del sepolcro vuoto (la
speranza teologale).
David Maria Turoldo un giorno ha scritto: "Anima mia, canta e cammina. /
Anche tu, o fedele di chissa' quale fede, / oppure tu, uomo di nessuna fede.
/ Camminiamo insieme! / E l'arida valle si mettera' a fiorire. / Qualcuno,
Colui che tutti cerchiamo, / ci camminera' accanto".
Cantiamo e camminiamo. Molti cammineranno con noi. La pace ci accompagni
sempre.
12. RIVISTE. GIOVANNA RICOVERI: E' IN RETE IL NUOVO FASCICOLO DI "ECOLOGIA
POLITICA"
[Ringraziamo Giovanna Ricoveri (per contatti: g.ricoveri@libero.it) per
questa notizia. Giovanna Ricoveri, direttrice responsabile e principale
animatrice di "CNS - Ecologia Politica", intellettuale della sinistra
critica, collaboratrice di James O'Connor, particolarmente impegnata sui
temi dell'ecologia e della critica del modello di sviluppo dominante, e' tra
le studiose e militanti piu' rilevanti della riflessione e dell'impegno
ecologista]
Carissimi,
vi informo che da oggi e' in rete il numero doppio (3-4, agosto-dicembre
2003) di "CNS - Ecologia Politica". La rivista e' sul solito sito,
www.ecologiapolitica.it
Speriamo che il numero vi piaccia, che ci facciate avere le vostre
valutazioni anche critiche e che ci aiutate a diffonderlo, inviandone
notizia alle persone della vostra rete di conttti e con gli altri strumenti
a vostra disposizione.
Vi ringraziamo, e restiamo in attesa di sentirvi presto.
13. RILETTURE. HANNAH ARENDT: LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO
Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano
1967, 1996, pp. LIV + 714. Un testo classico della piu' grande pensatrice
della politica del Novecento.
14. RILETTURE. EDITH BRUCK: SIGNORA AUSCHWITZ
Edith Bruck, Signora Auschwitz. Il dono della parola, Marsilio, Venezia
1999, pp. 96, euro 9,30. Una intensa testimonianza della grande scrittrice e
testimone della Shoah.
15. RILETTURE. LIA LEVI: CHE COS'E' L'ANTISEMITISMO? PER FAVORE RISPONDETE
Lia Levi, Che cos'e' l'antisemitismo? Per favore rispondete, Mondadori,
Milano 2001, pp. 84, euro 6,20. Un libro particolarmente destinato ai
giovani e ai giovanissimi, dell'autrice di Una bambina e basta.
16. RILETTURE. GADI LUZZATTO VOGHERA: L'ANTISEMITISMO
Gadi Luzzatto Voghera, L'antisemitismo. Domande e risposte, Feltrinelli,
Milano 1994, pp. 158, lire 10.000. Una chiara e acuta monografia
particolarmente utile per studenti e insegnanti.
17. RILETTURE. JEAN-PAUL SARTRE: L'ANTISEMITISMO
Jean-Paul Sartre, L'antisemitismo, Comunita', Milano 1982, Mondadori, Milano
1990, pp. 128, lire 9.000. Il giustamente celebre saggio sartriano del 1946.
18. RILETTURE. ANNETTE WIEVIORKA: AUSCHWITZ SPIEGATO A MIA FIGLIA
Annette Wieviorka, Auschwitz spiegato a mia figlia, Einaudi, Torino 1999,
pp. 94, lire 10.000. Un limpido prezioso libro dell'illustre studiosa.
19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: luciano.benini@tin.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 734 del 19 novembre 2003