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Come si manipola un sondaggio. Italiani favorevoli alla missione?



Editoriale di PeaceLink del 14/11/2003
Fatelo circolare, grazie.
http://www.peacelink.it
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Italiani favorevoli alla missione in Iraq?

--- Infowar, ossia la scienza della manipolazione l'opinione pubblica ---

Oggi un sondaggio pubblicato su Repubblica è annunciato con un trionfale: 
"L'Italia approva la missione". Ma sarà vero che tutta l'Italia l'approva? 
Tutt'altro. Vi sono anzi i fondati dubbi che, oltre al titolo manipolato, 
anche il sondaggio sia un'operazione di manipolazione dell'informazione. E 
vi spieghiamo il perche'.


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Oggi Repubblica.it pubblica un articolo con il seguente titolo: "Dopo la 
strage di Nassirya l'Italia favorevole alla missione"

Ancora più secco il titolo in home page: SONDAGGIO DOPO LA STRAGE. L'ITALIA 
APPROVA LA MISSIONE.

Siamo in presenza di un nascente fermento di patriottico a sostegno al 
governo Berlusconi?
Gli italiani vorrebbero mandare ancora in Iraq i loro figli a sacrificarsi 
per la causa di Bush?

Le cose non stanno proprio così. E già lo capiamo dall'occhiello 
dell'articolo:"Un sondaggio Demos-Eurisko rivela che rimane il no alla 
guerra. Il 41% degli italiani pronto a scendere in piazza per la pace".

Qualcosa non quadra. Abbiamo approfondito la questione.

E abbiamo scoperto che Repubblica - in un articolo firmato da Fabio 
Bordignon - non svolge un servizio di informazione completo e approfondito. 
Perché?
Repubblica non ci dice infatti "quanti" italiani vogliano "questa" missione 
italiana in Iraq.
Repubblica preferisce dare più spazio alle parole e ai commenti, 
preferendole ai numeri. Repubblica scrive infatti questo: "L'Italia deve 
continuare a fare la propria parte in Iraq: portando assistenza ed aiuti 
umanitari, dando il proprio contributo al mantenimento della sicurezza e 
alla transizione verso la democrazia. E' questo l'atteggiamento espresso, a 
caldo, a poche ore dal tragico attentato di Nassiriya, dai cittadini 
italiani".
Ecco qui Repubblica che si fa voce dell'anima degli Italiani.

Ma i dati quali sono? E da quali domande scaturiscono?

A ben vedere, i dati tirati fuori dal cilindro di Repubblica sono i 
risultati di blande e addomesticate domande a cui era abbastanza scontata 
la risposta; vediamo il responso degli italiani: "Secondo la maggioranza 
delle persone interpellate è giusto che l'Italia partecipi ad azioni 
umanitarie (69%), di mantenimento dell'ordine e della sicurezza (57%); che 
il nostro paese svolga un ruolo attivo nella costruzione di nuove 
istituzioni democratiche (63%)".

Chi è così cinico da non volere azioni umanitarie, sicurezza e democrazia? 
E così la maggioranza degli italiani ha risposto secondo buon senso. Ma 
cosa avrebbero risposto se la domanda fosse stata: "Manderebbe suo figlio 
in Iraq a rischiare la vita?"

La verità è che gli italiani vedono nero nella missione italiana in Iraq: 
"Più di due persone su tre ritengono probabile, nei prossimi mesi, il 
ripetersi di attacchi ai nostri connazionali in Iraq (68%)".
E nonostante questo approvano? Repubblica tenta di addestrare gli italiani 
al contorsionismo mentale.

Ma il brutto deve ancora arrivare. Ed è il dato sul gradimento del governo 
italiano.
Gli italiani appoggiano questo governo che ha mandato questi soldati in Iraq?
La risposta è: "Si conferma negativo il giudizio verso il governo italiano 
(33%)".

Ohibò. Che guaio!

Repubblica in realtà sotto sotto gioisce, ma offre ai suoi contorsionisti 
lettori l'intrigante e schizofrenico piacere di credere che gli italiani 
siano contro Berlusconi ma a favore della sua meritoria missione militare.

Qualcosa non funziona. Il sondaggio - che fino a quel momento aveva 
lisciato il pelo degli italiani dal verso giusto comincia a dare fastidio e 
- accarezzato contropelo - il popolo italiano comincia ad agitarsi.

E se sono pochi quelli che stanno con Berlusconi sono ancor meno quelli che 
sostengono l'intervento militare di Bush: "Gli italiani erano e continuano 
ad essere contrari all'intervento militare statunitense in Iraq (...) Di 
conseguenza solo tre intervistati su dieci (27%) esprimono un appoggio 
esplicito all'iniziativa bellica in Medio Oriente (una quota poco distante 
da quella registrata, lo scorso aprile, all'indomani della caduta del 
regime). Si registra, ciò nondimeno, un atteggiamento pragmatico, realista: 
il 21%, considera l'intervento "utile", in quanto ha portato, quantomeno, 
alla caduta del regime dittatoriale di Saddam Hussein".

Repubblica riconosce l'esistenza di un forte sentimento pacifista (clicca 
su http://lists.peacelink.it/pace/msg06526.html) sfugge chissà perché 
all'orientamento predominante del quotidiano. Ma attenzione, pacifisti, la 
bacchetta piove sulle vostre mani. E per chi vuole il ritiro del 
contingente italiano c'è la sua razione, proveniente nientepopodimenoché 
dalla maggioranza del popolo italiano : "Alla luce dell'attentato di due 
giorni fa, peraltro, una quota minoritaria di opinione pubblica auspica il 
ritiro immediato degli uomini impegnati in Iraq".

I dati?
Quali dati!?
...Non sono riportati. Non sono importanti. Credere, obbedire, morire. E zitti.

Ed è un vero peccato perché così potremmo capire come mai - se solo il 21% 
considera "utile" l'intervento americano - alla fine il 79% che lo ritiene 
per converso inutile debba ritenere utile "non lasciar soli gli americani" 
nel fare una cosa inutile.

Un popolo di sciocchi, questo siamo, almeno a leggere il sondaggio su 
Repubblica.
Poveri italiani!

Ma gli italiani patriottico-contorsionisti - che secondo Repubblica 
reputano utile e giusto essere al fianco degli Usa in Iraq e fare quindi 
una cosa che dal sondaggio è considerata utile solo dal 21% - sono per 
fortuna la maggioranza e Repubblica si salva l'immagine, anche se i dati su 
questo esplicito "sì alla missione italiana" non li pubblica perché forse 
non li ha neppure.

L'importante è che i "pacifisti del ritiro" siano minoritari.

Ilvo Diamanti (sempre su Repubblica) insiste: "La maggioranza degli 
intervistati guarda con favore la missione italiana in Iraq. La diffusa 
domanda di pace, l'ampia critica della società verso l'intervento militare 
guidato dagli Stati Uniti rimangono; ma non smentiscono, agli occhi dei 
cittadini, l'utilità dell'impegno espresso dalle nostre truppe".
(Cfr. http://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/esteri/iraq7/iraq7/iraq7.html)

Basta così, si crede sulla fiducia, non occorrono dati statistici su questa 
fetta di italiani. Di cui però si analizzano percentualmente le 
motivazioni. Imperfezioni di poco conto...

Che le cose - sul ritiro degli italiani - non stiano come dice Repubblica e 
il sondaggio da essa pubblicato lo si può appurare da un altro sondaggio 
dell'Abacus (per l'agenzia Apcom) che ben altra incertezza: "Sul ritiro 
delle truppe la popolazione si divide equamente (44% delle preferenze a 
ciascuna delle due opzioni) tra chi chiede di lasciare l'Iraq e chi 
sostiene l'esigenza di portare a compimento la 
<http://news2000.libero.it/primopiano/pp3310.html>missione", si legge su 
http://news2000.libero.it/primopiano/pp3314.html

Sul sito http://www.turistipercaso.it/sondaggi/default.asp i risultati del 
sondaggio sono i seguenti:


Domanda: "Dopo l'attentato del 12 Novembre i Carabinieri in Iraq devono 
tornare a casa?"

Sì: 56%
No: 41%
Il tutto su 450 voti espressi (in data 14/11/2003).



Un analogo sondaggio ("Gli alpini italiani rimarranno ancora in Iraq. Sei 
d'accordo con questa decisione?") aveva dato questi risultati:

Sì: 25%
No: 69%
Il tutto su 432 voti espressi.

Vista una tale incertezza e considerati i dubbi sul "suo" sondaggio mal 
partorito, Repubblica poteva a questo punto proporre un grande sondaggio on 
line ai suoi lettori, sul suo sito, per verificare quanti italiani vogliono 
veramente - facendo una domanda chiara - il ritiro del contingente.
Proviamo allora ad andare sulla sezione dei sondaggi di oggi 
(http://www.repubblica.it/speciale/poll/pallonedoro.html) ed ecco il 
sondaggio di Repubblica, veramente di grande interesse: "Il Pallone d'oro 
tra i fuoriclasse d'Italia". La domanda che viene posta agli italiani 
sconvolti dall'attentato e dalle morti in Iraq è: "Ecco i calciatori che 
giocano nel campionato italiano selezionati tra i 50 in corsa per il 
Pallone d'Oro 2003 :il trofeo sarà assegnato da France Football. Votate 
anche voi: chi merita il prestigioso riconoscimento della rivista francese?"

Lasciamo il sito di Repubblica e ci dirigiamo sul sito de "Il Giornale dei 
Carabinieri". Clicchiamo su
http://www.nsd.it/index.php?option=news&task=viewarticle&sid=242
E qui troviamo la posizione della redazione, che chiede il ritiro dei 
carabinieri italiani:

"Bisogna ritirare le truppe dall'Iraq? E' l'inquietante interrogativo posto 
dalla redazione. In Iraq vi è ancora una guerra in atto e le nostre forze 
armate non hanno un mandato per fare la guerra! Difendiamo i nostri 
carabinieri e facciamoli rientrare prima di constatare altre vittime".

Il carabiniere Ernesto Pallotta spiega: "Non dovevamo aspettare i morti per 
meditare sull'impegno italiano in Iraq. Contrariamente a quanto affermato 
da Bush, i fatti dimostrano che in Iraq vi è ancora la guerra. L'Italia non 
ha avuto un mandato parlamentare per partecipare ad un conflitto armato. Di 
fronte ai morti diciamo basta e l'Italia deve allinearsi ai comportamenti 
assunti dalla maggior parte dei Paesi europei". (1)

E' l'opinione dell'editorialista de "Il Giornale dei Carabinieri", il Mar. 
Ca. Ernesto Pallotta, ora delegato del Cobar CC. del Lazio, un militare che 
in passato aveva sollevato la questione dell'uranio impoverito e dei 
carabinieri morti in missioni dove il metallo radioattivo era stato 
disperso nell'ambiente 
http://www.repubblica.it/online/mondo/uranio/carabiniere/carabiniere.html

Sarebbe interessante sapere cosa pensano gli iracheni. Ma i sondaggi lì non 
si fanno. Non sono abituati alla democrazia e sbaglierebbero la risposta.

Ma anche gli italiani purtroppo sbagliano risposta: "Il consenso nei 
confronti degli Usa scende, rispetto ad aprile, dal 41% al 33%", conferma 
Repubblica.

Ma per favore, basta con antiamericanismo da quattro soldi.

Diamo la parola a Bush: "Tentare di eliminare Saddam avrebbe comportato 
incalcolabili costi umani e politici. Catturarlo sarebbe stato 
probabilmente impossibile. Saremmo stati costretti ad occupare e a 
governare l'Iraq. Forse gli Stati Uniti sarebbero ancora oggi una forza di 
occupazione in una terra estremamente ostile".

La frase è di George H. Bush: il padre. La disse a New York nel 1998. (2)
Ma, per favore, non andare a riferire queste parole ai nostri soldati in 
Iraq. Lasciate loro le parole di ottimismo del governo e i sondaggi 
consolatori di Repubblica. Tanto a morire sono solo loro.


Alessandro Marescotti


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(1) Liberazione del 13/11/2003
(2) www.unita.it del 14/11/2003