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kurdistan-turchia-europa: notiziario n. 1




NOTIZIARIO N° 1 - NOVEMBRE 2003





KURDISTAN TURCHIA EUROPA






Sommario

-         Europa Pace Kurdistan  (Emilio Molinari)

-         L'Europa, i Kurdi e la Turchia (Antonio Olivieri)

-         Comunicazione ai parlamentari europei sulla 8° udienza del
processo di Leyla Zana (Luigi Vinci)

-         Notizie dalla Turchia

o       Prigionieri come merce di scambio (L.T.)

o       Stampa turca sotto assedio (E.S.)










EUROPA PACE KURDISTAN




Non so se nel momento in cui scrivo, nel Forum Europeo di Parigi gli
argomenti e il tipo di approccio che abbiamo discusso in due riunioni a
Milano avranno qualche eco.

Non so perciò se si parlerà di Turchia a partire dal suo ingresso in Europa
e del suo ruolo nell'area Medio Orientale, della sua "acqua geostrategica" e
della questione di 20 milioni di kurdi senza diritti, da  collocare in
questo contesto, nel senso che il loro destino è legato alla Pace o
all'estendersi dell'incendio del Medio Oriente.

Non so, se troppo ambiziosamente abbiamo discusso di un diverso approccio
della questione kurda.

Abbiamo pensato che l'ottica della solidarietà con questo popolo e la
denuncia della repressione che subisce, confini l'interesse ai pochi, lo
marginalizzi e lo deleghi ad aree targate "troppo di sinistra".

Se è così dobbiamo cambiare qualcosa.

Dobbiamo pensare che è una questione di molti. Che riguarda direttamente noi
europei, il modo con il quale si forma questa Europa, e la Pace mondiale che
si gioca proprio in quelle contrade.

Pensavamo che questo potesse essere un tema forte per l' ormai prossimo
Forum europeo, ma

Parigi si sta dimostrando una faragginosa macchina centralizzata di
difficili relazioni.

Ciò nonostante penso che dobbiamo comunque ragionare attorno ad alcune cose:

- se la Pace e la Guerra americana sono il tema centrale e lo sfondo per
tutti gli argomenti che verranno trattati in quella;

- se la guerra di cui si parlerà è quella che sta incendiando tutto il Medio
Oriente dalla Palestina all'Irak senza soluzioni di continuità;

- se la costruzione dell'Europa di cui si parlerà a Parigi ha senso, solo se
darà vita ad un soggetto politico indipendente, capace di contrastare
l'unipolarità del disegno imperiale USA, e contrastarlo proprio dove il
fuoco rischia d'incendiare il mondo;

- se tutto questo è vero,.. all'ora la questione dell'ingresso della Turchia
in Europa, i tempi e le modalità di questo ingresso, l'entrata dell'esercito
turco in Irak in accordo con gli USA, diventano questioni più che centrali
nella discussione del movimento sull'Europa e sulla Pace, e la questione
kurda non è più solo questione di solidarietà, ma di politica con la P
maiuscola. Politica nostra, dell'Europa e dei movimenti kurdi, i quali
forse, qualche riflessione la dovrebbero fare.

La Turchia non è un paese qualsiasi, la Turchia è una potenza militare, è
una storia imperiale antica e una storia di oscura recente, è un'area di
influenza politico culturale che va dalla Bosnia all'Uzbekistan.

L'ingresso della Turchia in Europa perciò, cambia tutta la prospettiva
europea.

Ora l'esercito turco entra in Irak, perché nel frattempo gli USA hanno
"comprato" governo e parlamento, allo stesso modo con cui furono comprati i
paesi dell'est all'inizio della guerra.

E anche questo cambia di molto la realtà.

Ma tutto ciò avviene in assenza di una politica Europea.

L'Europa ai paesi dell'est, alle loro domande, ha saputo dire solamente:
"aspettate, mettetevi in lista di attesa, mettete a posto le vostre economie
con i parametri UE".

Privatizzate, regalate i vostri servizi alle mie multinazionali, fate
accettare ai vostri cittadini il rospo di essere europei di serie B
sottoposti al regime extracomunitario dei visti contingentati".

E' politica questa? In questo vuoto infame, l'America arriva con i soldi,
coopta militarmente questi paesi e li colloca nell'UE

E alla Turchia cosa ha detto l'Europa?

La stessa cosa: "aspetta! devi diventare più democratica, rispettare i
diritti umani, avere tribunali e polizia che abbiano a fondamento lo stato
di diritto. Avanzando a questo proposito un timorosissimo monitoraggio.

Sia chiaro..  la richiesta della UE è cosa sacrosanta, doverosa ed
ineludibile.

Però, questa non è una politica.

Non lo è, dopo che l'Europa, piegandosi agli USA e Turchia, ha consegnato
Ocalan nelle mani dei suoi carcerieri e dopo che ha dichiarato terrorista il
PKK.

Non lo è quando non colse quel momento delicato in cui il parlamento turco
votò il non coinvolgimento nella guerra in Irak, non lo è quando si aprì un
conflitto tra governo istituzionale e governo reale dei militari, non lo è
quando per un momento, i militari furono ridimensionati nel loro ruolo
strategico dalla presenza militare USA nell'area.

In quel momento, l'Europa doveva  promuovere l'immediata entrata della
Turchia e monitore pesantemente la sua "democrazia" e porre con forza la
questione dei Kurdi.

Ora l' esercito turco entra in Irak e si aprono nuovi terribili scenari.

Che faranno i kurdi irakeni, per quanto americanizzati?

Che ne sarà sopratutto di quelle migliaia di profughi kurdi - turchi e di
guerriglieri del PKK rifugiati oltre confine?

Cosa innesterà nei kurdi in Turchia, che tra l'altro constatano ogni giorno
l'intensificarsi della repressione e delle provocazioni dell'esercito?

Si stanno creando le basi di nuovi conflitti che allargheranno ancor più
l'area della guerra guerreggiata e delle azioni terroristiche che
inevitabilmente porta con se?

L'oggettiva saldatura tra conflitto Israele -Palestina e conflitto Irakeno
si alimenterà con nuovi soggetti?

D'altro canto anche nel conflitto Israele-Plestina brilla l'assenza di una
politica europea.

Tutto ciò che l'Europa ha saputo dire ai palestinesi  è stato: "Hamas è
terrorista. Combattetela e perciò fate la guerra civile".



E ancora.

Per il potere turco l'acqua è stata concepita come elemento strategico e di
controllo.

Il petrolio è cosa araba, e l'acqua è cosa turca è stato il motto dei
generali turchi.

Da qui il progetto faraonico delle 19 dighe del GAP sul Tigri e
sull'Eufrate.

Ora nei nuovi scenari acqua turca e petrolio irakeno formano un tutto ed
unico elemento geostrategico.

Il petrolio del Kurdistan irakeno e l'acqua del Kurdistan turco, diventano
un unico flusso di energia che viaggia dalla Turchia verso la superpotenza
mediorientale d'Israele, saldando in un unico disegno egemonico l'intera
area.

In tutto ciò, i kurdi rischiano ancora una volta, di essere stritolati.

E' poca cosa nella costruzione dell'Europa?

Ecco io credo di no!

L'Europa, in questo m modo ha perso due guerre nei Balcani, e ha perso se
stessa.

Io credo che parlare d' Europa che ripudia la guerra, per il Movimento dei
Movimenti, debba voler dire fare un passo in più, tentare di misurarsi con
concretissimi problemi, come il rapido ingresso della Turchia in Europa come
fattore di prevenzione di possibili conflitti, il libero ingresso delle
organizzazioni delle Nazioni Unite per l'aiuto ai profughi, il ritiro
definitivo delle imprese europee dal progetto GAP sul Tigri ed Eufrate.

Promuovendo un Osservatorio dei diritti umani con sede in Turchia, e come
Movimento cominciando a praticarlo dal basso, sommando tutte le sinergie di
cui disponiamo: ONG, associazioni, partiti, enti locali, mercato e turismo
alternativo per conquistare sul campo il diritto di libera circolazione dei
cittadini europei e della società civile europea in uno stato europeo.

Chiedendo per prima cosa che venga posto fine al disumano isolamento
carcerario di Ocalan di cui l'Europa venendo meno alla sua storia civile
porta non poca responsabilità.



Emilio Molinari.

( Vice presidente italiano del Contratto Mondiale sull'Acqua )




L'EUROPA, I KURDI E LA TURCHIA




 Oggi abbiamo una ragione in più, per dire che la vicenda dei Kurdi e della
Turchia riguarda anche noi, riguarda l'Europa in costruzione.

L'area del Medio Oriente, oggi al centro della strategia imperiale
americana, così carica di tensioni e di problemi irrisolti, crocevia di
popoli e custode di ricchezze energetiche immense - in primis, i giacimenti
petroliferi e l'acqua dei grandi fiumi biblici che attraversano la
Mesopotamia, - è di nuovo in fiamme; la questione Kurda, insieme a quella di
tanti altri popoli negati, sbarca tutte le notti sulle nostre coste
chiedendo asilo e cittadinanza; ma soprattutto, riguarda quest'Europa che
non c'è; non c'é ad Haifa come a Rammallah, come a Diyarbakir, come a Bagdad
e a Kabul, e prima ancora, come a Sarajevo e a Belgrado, ovunque nel mondo
la politica sia stata ridotta a guerra e macerie.

Dobbiamo ricordare che la Turchia è un Paese sostanzialmente  fascista, non
nel senso classico del termine, governato da un Consiglio di Sicurezza
Nazionale formato dai militari e un esercito              tra i più potenti
del mondo che ha deciso i governi, sospeso il Parlamento, messo fuori legge
partiti e sindacati ( come è avvenuto, ancora recentemente, con Hadep, il
partito filo Kurdo legale, per tre volte sciolto e per tre volte rinato!) un
Paese privo di stato di diritto, con carceri disumane, con 10 - 12000
prigionieri politici ( 112 sono i detenuti lasciati morire durante l'ultimo
sciopero della fame, 500 quelli che hanno subito danni fisici e psicologici
irreversibili), torture, esecuzioni extragiudiziali (semplicemente, persone
che, convocate negli uffici di polizia, poi spariscono e non si ritrovano
più o vengono ritrovate morte; secondo il rapporto dell'IHD, nel corso dei
primi 6 mesi del 2003, le esecuzioni extragiudiziali sono state 43, più che
durante l'intero anno 2002!), un Paese dal nazionalismo esasperato,
razzista, che non riconosce alle minoranze nessun diritto, nemmeno quello di
parlare nella propria lingua, che ha pianificato e pianifica le proprie
pulizie etniche.

Un Paese presente però nelle istituzioni europee che, unico caso al mondo,
ha potuto per quasi vent'anni condurre una guerra "sporca", incendiare e
distruggere 4000 villaggi nel Sud-Est, creare oltre 3 milioni di profughi,
senza che nessuna organizzazione internazionale, governativa o non, abbia
sentito il dovere d'intervenire o sia potuta intervenire.

Ebbene, oggi questo Paese è candidato ad entrare nell'U.E.; tutto questo i
Kurdi lo vogliono e lo vogliamo anche noi.

A questo punto, però, cambia tutto, o meglio, può cambiare tutto, dipende
dalla volontà delle forze politiche e sociali in Europa.

Tutte le questioni che riguardano la democrazia in Turchia - i diritti
umani, i detenuti politici,                                  i processi
farsa,i profughi- entrano ora nella politica e nei tavoli internazionali, ma
possono essere usati come merce di scambio, o al contrario, possono
innestare processi reali di cambiamento.

Non sarà sufficiente per i vari governanti limitarsi ad esprimere il proprio
no all'ammissione della Turchia, non glielo permetteremo: sarebbe un bel
modo per lavarsene le mani, per rendersi complice di guerre e violazione dei
diritti, senza scegliere di svolgere un ruolo attivo.

La Turchia è la cartina di tornasole per capire quale Europa si preparerà
nel futuro prossimo venturo: un'Europa autoritaria, che restringe spazi e
luoghi della democrazia, che nega diritti e politiche sociali, che è
soggetta agli interessi USA e delle multinazionali, (da questo punto di
vista il G8 di Genova,  l'assalto alla scuola Diaz da parte della polizia e
le torture di Bolzaneto sono paragonabili più alla situazione turca, che non
a quella cilena!), oppure un altro tipo d'Europa più solidale, giusta,
garante dei diritti, fattore di pace, accogliente, plurale e sociale.

Per queste ragioni, le forze politiche e sociali italiane ed europee devono
farsi carico della drammatica situazione della Turchia. La strada verso la
pacificazione e la piena integrazione della Turchia nell'U.E. deve prevedere
il riconoscimento delle organizzazioni sociali e politiche del popolo Kurdo,
la libertà per Leyla Zana e per le migliaia di prigionieri politici, la fine
della vergognosa detenzione del presidente Ocalan e il riconoscimento del
suo ruolo di rappresentante politico del popolo Kurdo .

Costruiamo un ponte per Diyarbakir, una via di pace e di giustizia, dove
camminino accanto Kurdi e Turchi, insieme a tutti gli altri popoli del Medio
Oriente, donne e uomini di religioni, etnie e culture diverse.





Antonio Olivieri

(Segretario Provinciale F.I.O.M Alessandria)
COMUNICAZIONE AI PARLAMENTARI EUROPEI



Il 17 ottobre si è tenuta ad Ankara l'ottava udienza del processo a Leyla
Zana e agli altri tre ex parlamentari del DEP.



Quest'udienza si è caratterizzata per la gravità estrema della violazione
dei diritti della difesa. Eccone un breve ragguaglio.



In apertura è stato letto il verbale della deposizione di un testimone
dell'accusa, collaboratore  della polizia. Questa deposizione è stata resa
nelle settimane scorse a Mardin, dove attualmente il testimone risiede. In
questa deposizione egli afferma che Leyla Zana nell'ottobre del 1991 si
trovava in un campo del PKK in Libano. In questo campo era presente anche
lui, in quanto allora militante del PKK. Leyla Zana prese parte in questo
campo a corsi politici ma non militari. Abdullah Öcalan la invitò a darsi da
fare nel contesto della campagna elettorale in corso per il rinnovo del
Parlamento, in modo che fossero eletti in esso rappresentanti di fatto del
PKK stesso. Il testimone infine in questa deposizione dichiara di non aver
mai conosciuto e di non sapere nulla riguardo agli altri tre imputati.



L'avvocato Yusuf Alatas¸, che presiede il collegio della difesa, è
intervenuto chiedendo che il testimone in questione venga a testimoniare in
aula. Ha rilevato come in precedenti deposizioni il testimone avesse
elencato fatti a carico oltre che di Leyla Zana anche degli altri tre
imputati. Ha dichiarato di avere una lettera del prefetto a quei tempi di
Diyarbakžr che dichiara che nel periodo in cui Leyla Zana sarebbe stata nel
campo del PKK ella era invece attivamente impegnata in manifestazioni e
comizi nel quadro della campagna elettorale del DEP, e ha chiesto alla Corte
di mettere agli atti questa lettera. Ha chiesto alla Corte di accertare
presso il Ministero degli Interni se risulti oppure no dalla documentazione
in suo possesso che Leyla Zana stava in quel periodo facendo una quantità di
iniziative elettorali. Ha chiesto alla Corte di accertare presso il
Ministero degli Esteri se risultasse l'espatrio in quel periodo di Leyla
Zana.



Al termine dell'udienza il Presidente della Corte ha comunicato che la Corte
respingeva tutte quante queste richieste della difesa.



Il processo è aggiornato al 21 di novembre.





Luigi Vinci

(Parlamentare Europeo PRC)







NOTIZIE DALLA TURCHIA




Cari Amici

 Ieri ho letto su un giornale che si chiama "Hurriyet" e oggi su "Ozgur
Gundem" che le autorità turche stanno negoziando il processo di deputati di
"DEP" con la Commissione Europea.



Il Governo Turco ha proposto alla Commissione Europea uno scambio tra la
libertà di Leyla Zana e degli altri deputati del "DEP" in cambio
dell'inserimento del "KADEK" nella lista delle organizzazioni terroristiche
e la relativa messa fuori legge in tutta Europa.



Yusuf Alatas, capo del collegio della difesa dei deputati in carcere ha
detto: "Lo stato ha mostrato che la giustizia non é imparziale in Turchia.
Esso fa della libertà di persone innocenti oggetto di un ricatto. Questo é
ignobile per la Turchia. All'udienza del 21 novembre gli avvocati
interverranno su questa vergognosa proposta". (Özgür Gündem 23.10.2003).



Che vergogna. Non posso dire niente.



L.T.





TURKISH DAILY 19/10/03



L'interessante articolo che  riassumiamo è apparso sul Turksih Daily del 19
ottobre  e parla di nuovi metodi per "punire" giornalisti non conformi alle
opinioni dei grandi gruppi mediatici.



Alcuni giornalisti della Sabah e ATV sono stati costretti a dimettersi a
fronte di pressioni ("invii in altre regioni per svolgere funzioni
interinali pur di allontanarli dai loro uffici") volte a fargli rinunciare
ai loro diritti di percepire quella che viene definita una "seniority
compensation" che dovrebbe essere una indennità di anzianità.

In particolare si legge che la pena dell'esilio che è stata popolare nella
storia politica del paese e che generalmente veniva usata dai gruppi di
governo contro l'opposizione, viene applicata anche nei confronti della
stampa turca.

L'articolo riferisce che in Turchia c'è una legge speciale per i giornalisti
diversa da quella generale applicata a tutti gli altri lavoratori, legge con
la quale, almeno sulla carta, i giornalisti godrebbero di diritti
compatibili con quelli dell'Unione Europea. Tale legge prevede il diritto
dei giornalisti di percepire un' indennità di anzianità anche se si
dimettono a differenza di quanto previsto nella legge generale che
disciplina il lavoro dipendente secondo cui i lavoratori godono di questo
diritto solo quando vengono licenziati. In più la legge sui i giornalisti
stabilisce che gli stessi devono ricevere i propri salari in anticipo e che
in caso di ritardo i datori di lavoro devono pagare interessi ad un tasso
alto. Oltre a ciò la legge disciplina altri diritti dei giornalisti inerenti
gli straordinari, le ferie e altri diritti. Tuttavia, si legge
nell'articolo, che in questi anni con il timore di perdere il proprio lavoro
i giornalisti non sono stati in grado di godere dei diritti stabiliti dalla
legge. Pur in presenza di una chiara disciplina legislativa che gli
riconosce il diritto ad una indennità di anzianità anche se si dimettono,
questo diritto è stato invalidato dalle decisioni dei Tribunali.

            In un recente caso un dipendente di una rete televisiva privata
licenziato dopo molti anni di servizio prestato giorno e notte senza che gli
fosse mai stato corrisposto il compenso per gli straordinari ha proposto una
azione davanti al Tribunale e ottenuto una sentenza per il pagamento di
tutti i ritardati corrispettivi, per gli straordinari e per le ferie non
godute.

            Tale sentenza ha creato il panico tra i boss dei media in quanto
creava un precedente. Ciner il proprietario di Sabah e ATV ha deciso quindi
che tutti i giornalisti dipendenti delle predette venivano trasferiti come
staff fondatore della "Central News Agency" da lui costituita. Nel contempo
veniva presentato ai giornalisti un contratto nel quale si stabiliva che la
loro anzianità al fine del calcolo della indennità incominciava a decorre
dalla sottoscrizione del nuovo contratto, in questo modo abbandonando i
diritti acquisiti con Sabah e ATV. Molti giornalisti hanno rifiutato di
sottoscrivere il contratto mentre altri nel timore di perdere il lavoro lo
hanno sottoscritto. A questo punto sono cominciate le minacce da parte dei
dirigenti del gruppo che hanno cominciato a dire ai giornalisti "O firmi o
ti dimetti". 13 giornalisti di Ankara compreso il rappresentante di ATV
Ankara del gruppo da 17 anni e il redattore capo di Ankara si sono rifiutati
di sottoscrivere il contratto. Il datore di lavoro ha mandato in ferie
forzate i giornalisti che si sono rifiutati di firmare, anche per evitare
che potessero influenzare i colleghi sul posto di lavoro. Durante la loro
assenza sono stati sostituiti da giornalisti giovani ed al loro ritorno
dalle ferie forzate questi giornalisti sono stati costretti ad altre ferie
forzate o trasferiti sotto il pretesto di "funzioni interinali" nelle
province dell'est per due o tre mesi. In seguito questi periodi di esilio
venivano prolungati fino ad un anno. Nei casi in cui questo non funzionava e
i giornalisti insistevano nel non volere sottoscrivere il nuovo contratto
venivano licenziati con ragioni finte e create ad arte.

Ai giornalisti che sono stati "esiliati" sono stati risolti unilateralmente
i contratti, e per questo essi hanno promosso azioni giudiziarie a tutela
dei propri diritti. Essa richiederà tempo ma i giornalisti sono fiduciosi.
Inoltre, se non otterranno il risultato che sperano, porteranno il loro caso
davanti alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo. Nel caso in cui la Corte
Europea dovesse dar ragione ai giornalisti, al posto dei "boss dei media"
spetterà alla Turchia di pagare l'indennizzo. Il boss Ciner non ne sarà
certo scocciato, piuttosto ne sarà contento.

Inoltre i media rimasti sinora in silenzio davanti ai giornalisti esiliati
ed alla risoluzione dei loro contratti potrebbero a questo punto muoversi
anche loro.



La traduzione è di E. S.






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