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La nonviolenza e' in cammino. 723



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 723 del 5 novembre 2003

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: un attentato
2. Con Lidia Menapace a Verona l'8 novembre per un'Europa neutrale e attiva,
disarmata e smlitarizzata, solidale e nonviolenta
3. Luciano Capitini: mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
4. Elettra Deiana, Silvana Pisa: un'interpellanza parlamentare sulle armi di
sterminio di massa
5. Adriana Bottini: quattro novembre
6. Francesco Comina: quattro novembre
7. Commissione diocesana "Giustizia e pace" di Alba: quattro novembre
8. Alessandro Marescotti: quattro novembre
9. Enrico Peyretti: quattro novembre
10. Da Viterbo un quattro novembre per la pace e la nonviolenza
11. Solidarieta' con gli obiettori di coscienza israeliani
12. Lidia Menapace: Dopo Ofena, in dialogo
13. Vittorio Rapetti: Dopo Ofena, in dialogo
14. Federica Tourn: dopo Ofena, in dialogo
15. Letture: Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: UN ATTENTATO
Appena poche righe, che scriviamo poco prima di chiudere questo numero del
nostro giornale.
E' gia' notte quando mi giunge la notizia di un pacco bomba arrivato alla
questura di Viterbo e fortunatamente disinnescato prima che potesse far male
a qualcuno. Apprendo dai mezzi d'informazione radiotelevisivi che un altro
pacco bomba ha invece ferito un appartenente alle forze dell'ordine a Roma.
Prima di ogni altra cosa voglio esprimere la solidarieta' mia e di questo
foglio alle vittime di questi attentati; ed in particolare agli amici molto
cari che lavorano presso la questura di Viterbo vorrei dichiarare la
vicinanza mia e nostra in questo momento che immagino possa essere di sbigot
timento, di tensione e paura.
Nel notiziario di domani aggiungeremo qualche riflessione.

2. INCONTRI. CON LIDIA MENAPACE A VERONA L'8 NOVEMBRE PER UN'EUROPA NEUTRALE
E ATTIVA, DISARMATA E SMILITARIZZATA, SOLIDALE E NONVIOLENTA
Si avvicina l'8 novembre, il giorno in cui a Verona, su invito di autorevoli
personalita' come Lidia Menapace, Mao Valpiana e Giovanni Benzoni, si
svolgera' un incontro aperto a tutte le persone amiche della nonviolenza
sulla proposta promossa da Lidia Menapace e dalla Convenzione permanente di
donne contro le guerre "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e
smilitarizzata, solidale e nonviolenta", per tradurla in un appello e
un'iniziativa, la cui necessita' e urgenza e' a tutti evidente.
Il luogo dell'incontro dell'8 novembre a Verona e' Casa per la nonviolenza,
in via Spagna 8 (vicino alla Basilica di San Zeno); l'orario dell'incontro
e' dalle ore 11 alle ore 16. Lidia Menapace sara' li' fin dalle ore 10, per
poterci parlare insieme anche di altro.
Per arrivare alla Casa per la nonviolenza: dalla stazione ferroviaria
prendere l'autobus n. 61, direzione centro, scendere alla fermata di via Da
Vico, subito dopo il Ponte Risorgimento; chi arriva in macchina deve uscire
al casello di Verona Sud, seguire la direzione centro fino a Porta Nuova,
poi a sinistra lungo la circonvallazione interna fino a Porta San Zeno.
Per ulteriori informazioni e contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: azionenonviolenta@sis.it

3. MEMORIA E PROPOSTA. LUCIANO CAPITINI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento
fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per
tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario sul conto corrente n. 9490570 presso la Banca Unicredito,
agenzia di Borgo Trento, Verona, abi 2008, cab 11718, intestato ad "Azione
nonviolenta", via Spagna 8, 3712 Verona, specificando nella causale:
abbonamento ad "Azione nonviolenta". Avvicinandosi la fine dell'anno,
abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici della nonviolenza di motivare
l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a tutti i lettori del nostro
notiziario - a  rinnovare (o sottoscrivere per la prima volta) l'abbonamento
ad "Azione nonviolenta". Oggi risponde Luciano Capitini (per contatti:
capitps@libero.it). Luciano Capitini e' impegnato nel Movimento Nonviolento,
nella Rete di Lilliput e in numerose altre esperienze e iniziative
nonviolente; persona di straordinaria mitezza e disponibilita' all'ascolto e
all'aiuto, ha condotto a Pesaro una esperienza di mediazione sociale
nonviolenta; e' tra i coordinatori della campagna "Scelgo la nonviolenza"]

Voglio dire due parole che riescano, se possibile, a convincere qualcuno ad
abbonarsi alla rivista fondata da Aldo Capitini.
Il primo motivo che sottolineo sta esattamente in questo: e' stata fondata
nel 1964 e da allora e' uscita regolarmente, senza perdere un numero.
Nel panorama delle pubblicazioni specialistiche italiane credo si tratti di
un primato: dovuto alla passione di tanti, dovuto certamente anche alla
corretta impostazione, dovuto certamente alla sua costante attualita'.
L'attualita' di "Azione nonviolenta" e' l'attualita' del pensiero di Aldo:
chi legge i suoi libri, ancora oggi (e certamente anche domani) resta
stupito da quanto questo nostro pensatore fosse in avanti rispetto ai suoi
tempi; lo e' ancora.
Nella difficolta' che tutti viviamo nel procurarci i testi di Aldo, resta
ancor piu' preziosa l'esistenza della sua rivista, ispirata al suo pensiero,
e, per quanto possibile ed accettabile, mezzo di diffusione  e di cultura.
Cosi' reputo necessario che questa rivista continui a vivere - in effetti
non corre al momento alcun pericolo - e chiedo a tutti di sostenerla.
Il primo passo, possibile per ognuno, e' quello di abbonarsi, ma poi esiste
la possibilita' di collaborare, ad esempio inviando degli articoli; ma poi
e' aperta la porta a chi volesse avvicinarsi ulteriormente ed entrare nel
comitato redazionale.
Cio' di cui abbiamo bisogno, oggi, e' fondamentalmente questo: nuove forze,
nuovi amici della nonviolenza che ci sostengano, ognuno con il suo piccolo o
grande contributo.
Abbiamo bisogno di poter contare su una lunga prospettiva di vita per
"Azione nonviolenta"; chiunque legga queste righe si senta interpellato:
possiamo fare tante nuove e buone cose insieme.

4. CRIMINI. ELETTRA DEIANA, SILVANA PISA: UN'INTERPELLANZA PARLAMENTARE
SULLE ARMI DI STERMINIO DI MASSA
[Dal Forum delle donne (per contatti: forumdonne.prc@rifondazione.it)
riceviamo e  diffondiamo questa interpellanza presentata da Elettra Deiana e
Slvana Pisa il primo agosto 2003 che sara' discussa nell'aula parlamentare
della Camera dei Deputati il 6 novembre. Sia Elettra Deiana (per contatti:
deiana_e@camera.it) che Silvana Pisa (per contatti: pisa_s@camera.it) sono
parlamentari, impegnata per la pace e i diritti]

Interpellanza 2-00874 presentata da Elettra Deiana e Silvana Pisa il primo
agosto 2003 nella seduta n. 351.
Le sottoscritte chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per
sapere:
*
premesso che:
- nel supplemento ordinario 119 della Gazzetta Ufficiale n. 171 del 25
luglio concernente il nuovo elenco dei materiali d'armamento aggiornati alle
intese internazionali intercorse in merito alla legge 185 del 9 luglio 1990,
di cui saranno dotate le forze armate e le forze dell'ordine, sono compresi,
tra gli altri, materiali, sostanze e apparecchiature la cui natura non
sembra corrisponde alla natura che il nostro ordinamento costituzionale
attribuisce all'esercito della Repubblica italiana;
- tra questi materiali ed armamenti sono inclusi, infatti, agenti biologici
e sostanze radioattive adatte per essere utilizzati in scenari di guerra e
comunque per produrre danni alle popolazioni, agli animali, per degradare
ambiente e colture e dunque sostanze e agenti funzionali ad uno scenario di
guerra chimica piuttosto che alla evenienza della difesa del territorio o di
missioni umanitarie;
- tra questi nuovi materiali di armamento sono presenti, tra gli altri, il
Sarin - il terribile gas nervino utilizzato nel noto attentato alla
metropolitana di Tokyo a opera della setta Aum Shinrikyo nel 1995 -, una
delle sostanze piu' velenose e letali prodotte in laboratorio e capace di
uccidere al solo contatto con la pelle, considerata tra le armi segrete di
Al Qaeda, come aveva denunciato sul "Corriere della Sera" del 20 novembre
2001, in un suo reportage, la giornalista Maria Grazia Cutuli; e altre
sostanze come il Soman, il Tabun, il VX, anch'esse appartenenti agli
aggressivi chimici ad altissimo livello di tossicita' che su uno dei
principali siti Internet per l'informazione sanitario-farmaceutica - Giofil
Banca Dati Sanitaria Farmaceutica -, vengono considerati relativamente
facili da sintetizzare e per questo ritenuti particolarmente "interessanti"
per attivita' terroristiche; e anche l'Agent Orange, il famigerato erbicida
noto per l'uso intensivo con cui gli Stati Uniti combatterono la resistenza
delle popolazioni del Vietnam, e che inquino' il paese negli anni Sessanta
con oltre 200 kg di diossina le cui conseguenze sull'ambiente e sulle
popolazioni, oltre che sui militari americani che ne fecero uso, continuano
a provocare tumori, malformazioni e morti, e' fra le sostanze inserite in
questo nuovo elenco;
- oltre a questi e altri aggressivi chimici e sostanze tossiche, come gas
lacrimogeni antisommossa e gas urticanti di ultima generazione, e' prevista
l'acquisizione di apparecchiature e tecnologie progettate o modificate per
la disseminazione e la produzione di agenti tossici:
*
- quali siano le finalita' di utilizzazione di tali materiali e in quali
siti siano destinati;
- se non ritenga estremamente nocivo e rischioso per la sicurezza della
popolazione e dell'ambiente la permanenza, lo stoccaggio e l'utilizzazione
di siffatte sostanze e materiali sul territorio nazionale;
- se non ritenga che, nell'acquisizione, nel possesso e nella disponibilita'
di tali sostanze e materiali, non esistano elementi di evidenti e gravi
contraddizioni in ordine ai profili costituzionali della funzione di difesa
delle Forze armate e in ordine agli impegni internazionali dell'Italia a
promuovere in tutte le sedi il disimpegno per quanto riguarda le armi di
distruzione di massa.

5. RIFLESSIONE. ADRIANA BOTTINI: QUATTRO NOVEMBRE
[Ringraziamo Adriana Bottini (per contatti: adrialis@iol.it) per questa
limpida, tenera, luminosa testimonianza. Adriana Bottini e' impegnata nel
"Comitato Valdimagra per la pace contro la guerra" ed in numerose iniziative
di pace, di solidarieta', per i diritti]

Anche quest'anno noi del Comitato Valdimagra per la pace contro la guerra,
ridotto purtroppo a poche testarde irriducibili, abbiamo testimoniato il
nostro lutto, dopo la manifestazione ufficiale al monumento dei caduti.
Abbiamo steso davanti ai gradini del monumento una lunga striscia di cartone
con scritta una frase tolta dal comunicato del Mir e del Movimento
Nonviolento di Torino: "Rende vero onore alle vittime soltanto chi lavora
tenacemente per rendere illegittima ogni guerra". Si leggeva bene da tutta
la piazza del municipio, che a Sarzana e' un luogo molto, come dire,
amichevole e vissuto. Accanto abbiamo fissato un'asta con la bandiera della
pace. Questo a mezzogiorno.
Dopo meno di due ore, tutto era scomparso, senza segni di distruzione,
semplicemente scomparso, bandiera compresa. Qualcuno dei bighelloni che
stazionano al bar ha detto di avere visto "tre tizi" che toglievano il
tutto.
Noi abbiamo rifatto tutto daccapo e adesso, a sera, la scritta e' ancora
li'.
Anche l'anno scorso la nostra bandiera della pace era stata rimossa, dai
vigili che ispezionavano il posto prima della cerimonia, mentre il drappo
bianco con i versi della Bachmann era appeso troppo in alto perche' lo
potessero rimuovere. Pero' allora la bandiera era stata semplicemente
deposta dietro il monumento, dove non si vedesse. In quel caso ci aveva
disturbato la meccanicita' del gesto di rimozione, fatto per dovere
burocratico, senza passione. Nel caso di quest'anno invece ci sembra
sinistra l'anonimita'.
Cosi' adesso siamo un po' mogie.
Con affetto,
Adriana Bottini

6. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA: QUATTRO NOVEMBRE
[Questo editoriale di Francesco Comina e' apparso su "L'Adige" del 4
novembre 2003. Francesco Comina (per contatti: f.comina@tiscali.it),
giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di
Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimon
(Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina:
Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; ha
contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia -
Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV., Giubileo purificato, Emi,
Bologna]

Nemmeno lo squillo di una tromba dovrebbe risuonare oggi, 4 novembre, giorno
del ricordo di tutte le vittime della grande guerra. Solo un pensiero
silenzioso puo' rendere onore ai giovani che furono costretti a morire per
l'ordine disumano di uccidere ed essere uccisi.
Questa e' la vittoria che glorifica la guerra, l'"estasi laica per il
massacro", un'estasi che oggi ci viene propugnata come un evento festoso da
ricordare con il presentat'arm.
Festeggiare la vittoria significa onorare la guerra, perche' la vittoria non
e' la fine della battaglia, ma l'epilogo che ritorna nel suo inizio furioso
e conflittuale. La vittoria non conduce mai alla pace perche' gia' nelle sue
premesse simboliche essa ci riporta alla visione macabra della sconfitta
dell'altro, del suo annientamento, della carneficina. E quindi e' ancora un
momento terribile della guerra, e' il disvelamento agghiacciante dei
cadaveri che sono rimasti a terra su entrambi i fronti, uomini con i loro
sogni, giovani con i fiori per le loro fidanzate lontane, ragazzi poco piu'
che adolescenti mandati al macello per difendere una patria tanto estranea
alla loro vita.
Oggi a torto li chiamano martiri. Ma in loro non c'era alcuna vocazione al
martirio, c'era solo un atto di obbedienza dovuto al volere del capo. Il
martirio e' un'altra cosa: e' la scelta sofferta, meditata, forte e
coraggiosa di difendere la vita degli altri dall'usurpazione del potere
ingiusto, cattivo, spietato, contrario ai valori della fede e della
coscienza.
*
Ho avuto il grande privilegio di avere un nonno che ha combattuto per
l'esercito austro-ungarico sul fronte russo durante tutta la prima guerra
mondiale. E' ritornato a casa ferito, ma vivo. Quando ricordava gli anni
della sua terribile esperienza, rivelava il volto assurdo della guerra, il
volto bifronte di una istituzione stupida e insensata.
"Quando i nostri ufficiali si allontanavano per un momento - mi raccontava
con la cartina dell'Europa orientale davanti agli occhiali - da entrambi i
fronti si alzavano fazzoletti bianchi in segno di cessazione delle
ostilita'. E subito uscivamo dalle nostre trincee per scambiarci tabacco,
cioccolata, the o caffe'. Eravamo giovani della stessa eta', impauriti e
infreddoliti. I nostri superiori ci dicevano che eravamo nemici e
insistevano con l'inculcarci la cultura dell'odio. Ma i nostri nemici erano
come noi, figli di una assurda guerra".
Oggi mi pento mille volte di non avere raccolto e archiviato le storie del
nonno, che aveva l'indice storto per via di una pallottola che gli aveva
attraversato la mano, ed aveva vissuto gli anni della sua giovinezza nelle
terre minate della Russia e che da quella esperienza era uscito con un senso
di rigetto totale della guerra rifiutando in seguito di aderire al fascismo,
"un'ideologia - diceva spesso quando si parlava del duce- infarcita di
violenza e di prepotenza".
*
Ricordare quell'inutile strage che fu la vittoria della prima guerra
mondiale ha senso solo nella dimensione del silenzio per cui e' importante
uscire dalla subalternita' alle cerimonie solenni delle forze armate
attraverso piccole cerimonie nonviolente che tornino a rileggere le memorie
dei condannati a morte, degli obiettori di coscienza, dei deportati, dei
resistenti, dei costruttori di pace. Per dire oggi che la guerra non puo'
piu' appartenere alle modalita' della politica, alle regole della vita
civile, che non puo' piu' essere un modo legittimo per risolvere le
controversie fra i popoli. Perche' ogni vittoria e' una sconfitta e ogni
guerra e' uno sterminio.
*
Ce ne accorgiamo in questi giorni in cui la vittoria americana su Saddam
Hussein sta rivelandosi per quello che e': un fallimento politico e
strategico, un incubo militare, che rischia di impantanare gli eserciti in
un nuovo Vietnam, in una palude infinita e permanente. Senza vittoria e
senza grandi onori.

7. RIFLESSIONE. COMMISSIONE DIOCESANA "GIUSTIZIA E PACE" DI ALBA: QUATTRO
NOVEMBRE
[Dai carissimi amici Maria Chiara e Alvise Alba (per contatti:
a.alba@areacom.it) riceviamo e diffondiamo questo intervento della
commissione diocesana "Giustizia e pace" di Alba apparsa nella "Gazzetta
d'Alba" del 4 novembre 2003 (intervento che valorizza anche alcuni passi di
un documento del Movimnto Internazionale della Riconciliazione e del
Movimento Nonviolento che abbiamo presentato alcuni giorni fa)]

La Commissione diocesana "Giustizia e pace" esprime preoccupazione per la
rinnovata enfasi con la quale si celebra la "festa della vittoria", non solo
nelle cerimonie nazionali diffuse dalle reti televisive, ma anche ad Alba e
nei paesi della diocesi.
Occorre che almeno qualche voce si levi a ricordare ai giovani e ai meno
giovani che non di una vittoria si tratto', ma di una "inutile strage", come
gia' allora ebbe a dire il papa Benedetto XV.
Inutile perche' le terre di popolazione italiana si sarebbero potute
ottenere per via diplomatica, come voleva Giolitti. Fu una guerra decisa in
segreto (Patto di Londra), contro la volonta' del Parlamento (450 su 508
deputati erano contrari), per conquistare all'Italia non solo "Trento e
Trieste", ma anche terre con popolazione di lingua tedesca, come il
Sudtirol.
Strage perche' i suoi costi umani furono altissimi: l'Italia ebbe 680.000
morti e 1.050.000 feriti di cui 675.000 mutilati; l'Austria-Ungheria
1.200.000 morti e 3.620.000 feriti. I morti di tutti i paesi furono quasi 10
milioni.
La "Grande Guerra" 1914-1918 creo' condizioni di instabilita' politica ed
economica che ebbero tra le conseguenze per l'Italia venti anni di fascismo
e per la Germania il regime nazista, cioe' le premesse per una ulteriore e
peggiore guerra.
Nelle cerimonie del 4 novembre le autorita' civili ripetono di voler rendere
onore ai caduti. Ma bisognerebbe avere il coraggio di dire che quei
poveretti sono stati ammazzati da chi ha voluto la guerra; sono vittime dei
loro governi; sono stati ingannati, traditi, costretti ad uccidere altri
poveretti come loro e a morire per le pretese di chi li dominava.
Questo e' avvenuto allora e si ripete nelle guerre d'oggi, come il copione
di una tragedia, con l'unica differenza che aumentano sempre piu', in
proporzione, le vittime civili.
Mentre ricordiamo con rispetto e con pena profonda i morti di tutte le
guerre, affermiamo con forza che non si rende vero onore alle vittime se si
continuano a preparare guerre o a giustificarle.
Il ricordo delle tragedie passate deve invece essere una spinta a lavorare
tenacemente per rendere illegittima ogni guerra ed escluderla dai mezzi
della politica, per sciogliere tutti gli eserciti e istituire i corpi civili
di pace per interventi di mediazione civile e nonviolenta nei conflitti, per
riformare e democratizzare l'Onu e dotarla dei mezzi necessari per dirimere
le controversie internazionali e difendere i diritti dei popoli,
sottraendoli alla propaganda menzognera di chi li trascina nelle guerre.
La Commissione diocesana "Giustizia e pace" intende infine ricordare il
carattere civile e non religioso della ricorrenza del 4 novembre, onde pare
chiaro che le liturgie domenicali non dovrebbero essere trasformate o
snaturate per dare ingresso, a fini celebrativi, alla "festa della
vittoria". Il riferimento alla ricorrenza civile potrebbe semmai essere
l'occasione per ribadire i contenuti del messaggio evangelico e del
significativo magistero della Chiesa sul tema della guerra, della soluzione
dei conflitti, della cooperazione tra i popoli, per un presente ed un futuro
di pace.

8. RIFLESSIONE. ALESSANDRO MARESCOTTI: QUATTRO NOVEMBRE
[Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo questo intervento di
Alessandro Marescotti (per contatti: a.marescotti@peacelink.it). Alessandro
Marescotti, insegnante, amico della nonviolenza, e' presidente di Peacelink,
ed autore di varie pubblicazioni]

Ci dissociamo dalle celebrazioni ufficiali del 4 novembre. Ci dissociamo in
nome della pace e della Costituzione. Ci dissociamo in nome di tutti quegli
italiani pacifici che furono condotti a combattere e a morire perche'
costretti. Ci dissociamo in nome di tutti i disertori che non vollero
partecipare a quella che il papa defini' "un'inutile strage". Ci dissociamo
da ogni retorica celebrazione di eroismo. Ci dissociamo da ogni ipocrisia.
Vogliamo ricordare che chi non combatteva veniva fucilato... Il sentimento
di pace degli italiani venne violentato da un militarismo che avrebbe poi
portato l'Italia al fascismo.
Occorre ricordare che la prima guerra mondiale fu uno spaventoso massacro.
Occorre trasformare il 4 novembre in una giornata di studio e di memoria, in
una giornata di ripudio della guerra.
Si leggano le strazianti poesie di Giuseppe Ungaretti scritte in trincea. Si
legga il Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda in cui
emerge l'ottusita' di ufficiali arroganti e l'insipienza criminale degli
alti comandi. Si legga Addio alle armi di Ernest Hemingway e Un anno
sull'altopiano di Emilio Lussu, grandi testimonianze del fanatismo di quella
guerra.
Si diffondano le lettere dei soldati che mandavano al diavolo la guerra e il
re. Furono censurate. Perche' censurarle oggi nelle cerimonie ufficiali e
non farne mai la minima menzione?
Per questo PeaceLink sta facendo un volantinaggio telematico in tutt'Italia
dal sito www.peacelink.it Stiamo diffondendo la voce di chi ha maladetto la
guerra perche' voleva la pace.
Oramai in tutte le scuole i libri di storia hanno rivisto il tradizionale
giudizio positivo sulla prima guerra mondiale e oggi prevale una netta
disapprovazione di una guerra che - come sostenne Giolitti - poteva essere
evitata portando all'Italia Trento e Trieste mediante una neutralita'
concordata con l'Austria.
Non comprendiamo come mai oggi venga celebrata in piazza nella sua "giornata
vittoriosa" una guerra che a scuola i libri disapprovano. Ci chiediamo per
quale oscura ragione il livello di consapevolezza raggiunto dalla cultura
venga demolito dalla retorica.
Ecco perche' ci dissociamo dalle cerimonie ufficiali: quella guerra fu
terrorismo e non va celebrata.
Il popolo della pace in nome della nonviolenza dice ancora una volta no alla
guerra.

9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: QUATTRO NOVEMBRE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscali.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo
foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace
e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, di cui abbiamo pubblicato il
piu' recente aggiornamento nei numeri 714-715 di questo foglio, ricerca una
cui edizione a stampa - ma il lavoro e' stato appunto successivamente
aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario
della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001. Una
piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n.
477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario]

Ancora una volta, persino in tempo di "guerra infinita", l'ufficialita' del
sistema politico festeggia senza vergogna ne' pentimento una vittoria
militare, l'unica propria della storia dell'esercito italiano, piu'
sanguinosa e storicamente disastrosa di tutte le sconfitte.
"Verra' il giorno che gli uomini si vergogneranno di avere fabbricato le
armi", profetizzava Ernesto Balducci, eco di Isaia 2,4: "Muteranno le loro
spade in zappe e le loro lance in falci". Per questo i nonviolenti
organizzati portano come distintivo un fucile spezzato.
Questa e' la passione inestinguibile, che spinge i cercatori di pace a
costruire rapporti, anche nei conflitti, liberi dal crimine comandato del
dare la morte. Questo per la ritrovata dignita' di tutti, anche dei militari
di oggi.
Cio' che oggi alcuni festeggiano - le armi, gli eserciti, le vittorie
mortifere - sono vergogne dell'umanita', creazione di dolori infiniti. Noi
ci dissociamo dalla festa macabra e incosciente, serenamente malediciamo le
armi, e prepariamo i tempi e le generazioni che le cacceranno nella memoria
triste dei delitti e delle vergogne oggi onorate, da cui saranno liberi.
Verra' un tempo che giudichera' questo tempo e le sue criminali cecita'. Noi
gettiamo il cuore, la volonta', l'azione costruttiva e attivamente
nonviolenta, in quel tempo che vogliamo anticipare.

10. INCONTRI. DA VITERBO UN QUATTRO NOVEMBRE PER LA PACE E LA NONVIOLENZA
Come gia' lo scorso anno, il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo la
mattina del 4 novembre alle ore 8 (in orario distinto e distante dalle
chiassose esibizioni di chi in questo giorno oscenamente festeggia gli
apparati assassini della guerra, nuovamente offendendo fin la memoria delle
persone dalla guerra uccise) ha realizzato una essenziale, austera,
silenziosa cerimonia che ha recato un omaggio floreale ai monumenti che
ricordano le vittime di guerra in piazza del Sacrario a Viterbo.
Con tale iniziativa si e' realizzato un momento di memoria e pieta' verso le
vittime di tutte le guerre e di affermazione del dovere di opporsi a tutte
le uccisioni e alle guerre tutte, nell'inveramento di quanto sancito dalla
Costituzione della Repubblica Italiana all'art. 11, laddove si afferma
nitidamente che "L'Italia ripudia la guerra".
*
Dopo la conclusione della cerimonia il responsabile del Centro ha
dichiarato: "Abbiamo voluto ancora una volta ricordare questa decisiva
verita': che 'ogni vittima ha il volto di Abele' (Heinrich Boell), e che un
sentimento di solidarieta' unisce tra loro tutti gli esseri umani poiche'
tutti fanno parte di una medesima famiglia, condividono una medesima storia,
sperimentano una medesima vicenda, e sono tutti ugualmente preziosi. Abbiamo
voluto ancora una volta ricordare questa decisiva verita': che tutte le
grandi tradizioni di pensiero, come il piu' intimo sentire di ciascuna
persona, affermano che ogni essere umano ha diritto di vivere, che nessuno
deve essere ucciso.
Ricordare e onorare degnamente le persone uccise dalle guerre esige ed
afferma l'impegno ad opporsi a nuove guerre, a salvare altre possibili
vittime. Tutti siamo chiamati a impegnarci a costruire la pace, condizione
necessaria per la civile convivenza, per il riconoscimento della dignita'
umana di tutti gli esseri umani.
La guerra e' nemica dell'umanita', e dopo Auschwitz ed Hiroshima tutti
sappiamo che qualunque guerra puo' provocare la distruzione della civilta'
umana. E quindi tutti siamo chiamati ad opporci ad ogni omicidio, e a quel
cumulo di omicidi di cui la guerra consiste, e agli strumenti di morte e
agli apparati assasssini ad essa ordinati.
Mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' eserciti, mai piu' armi: ogni
vittima ha il volto di Abele".

11. APPELLI. SOLIDARIETA' CON GLI OBIETTORI DI COSCIENZA ISRAELIANI
[Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo il seguente appello]

In Italia avrebbero semplicemente compilato un modulo per svolgere un
servizio civile sostitutivo, ma in Israele li attende il tribunale militare.
E' questo il destino dei "refusenik" Haggai Matar, Matan Kaminer, Noam
Bahat, Shimri Tsameret e Adam Maor, cinque studenti delle superiori
processati per aver rifiutato di prendere servizio nell'esercito israeliano
(in sigla Idf: Israeli Defense Force).
I cinque ragazzi, tutti allievi della scuola superiore, proseguono
l'attivita' degli "Shministim", un nome che in ebraico indica la scuola
superiore ma anche un movimento nato nel 2001 da un gruppo di 62 studenti di
Tel Aviv, che hanno inviato una lettera al primo ministro Sharon dichiarando
di dover "obbedire alla propria coscienza rifiutando di prendere parte
all'attacco contro la popolazione palestinese".
La vicenda legale che coinvolge i cinque obiettori, iniziata nel marzo
scorso, proseguira' il prossimo 4 novembre con le testimonianze dell'accusa.
Il 30 novembre, invece, si attende una sentenza definitiva per Yoni Ben
Artzi, un altro studente israeliano accusato di aver compiuto una "obiezione
politica", e non una vera e propria obiezione di coscienza, dal momento che
Artzi ha dichiarato di rifiutare il servizio nell'esercito come forma di
protesta contro l'occupazione dei territori palestinesi, descritta come "un
brutale atto militare".
Poiche' il tribunale puo' solo emanare delle raccomandazioni non vincolanti,
anche nell'eventualita' di un'assoluzione da parte della corte marziale,
sara' di fatto l'esercito israeliano a decidere se rimettere in liberta' o
meno i sei giovani, che rimarranno in ogni caso a disposizione delle
autorita' militari. In caso di condanna, invece, la pena prevista puo'
arrivare fino a tre anni di reclusione. In Israele la collocazione nelle
carceri avviene in base alla lunghezza della pena, e pertanto i sei
"refusenik" dovranno scontare la loro eventuale carcerazione accanto a
persone condannate per violenza e traffico di droga.
Il 19 ottobre, durante l'interrogatorio di tre degli imputati, 150 pacifisti
israeliani si sono presentati davanti alla sede del Ministero della Difesa a
Tel Aviv per richiedere il rilascio immediato dei "refusenik". Dopo le
conclusioni dell'accusa, che verranno presentate martedi', il processo
proseguira' l'11 novembre con l'udienza dell'avvocato della difesa Dov
Khanin.
Reuven Kaminer, il nonno di uno dei ragazzi sotto processo, ha dichiarato
che "sei giovani uomini sono sotto processo perche' stanno tentando di
scongiurare il completo tracollo morale del loro paese. L'occupazione li ha
messi sotto processo, ma davanti a tutto il mondo e' l'occupazione ad essere
processata".
In Italia l'associazione Pax Christi, la comunita' Papa Giovanni XXIII e
l'associazione PeaceLink, che da tempo sono impegnate nel sostegno ai
refusenik israeliani, invitano la societa' civile ad esprimere la propria
solidarieta' con gli obiettori di coscienza israeliani e la loro lotta
nonviolenta.
I messaggi possono essere inviati via posta elettronica all'indirizzo:
eilatmaoz@hotmail.com
Due "caschi bianchi" dell'associazione "Papa Giovanni XXIII", obiettori di
coscienza in servizio in Israele e nei Territori occupati, seguiranno di
persona gli sviluppi del processo.
Per informazioni:
- sito ufficiale degli "shministim": www.shministim.org
- Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII: www.apg23.org
- Pax Christi: www.paxchristi.it
- Associazione PeaceLink: www.peacelink.it

12. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: DOPO OFENA, IN DIALOGO
[Dal quotidiano "Liberazione" del 30 ottobre 2003. Lidia Menapace (per
contatti: llidiamenapace@virgilio.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa
alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]

Molti mi sembrano i segni inquietanti di un progressivo scivolamento fuori
dalla legalita' costituzionale democratica.
Cito alla rinfusa: la consuetudine - vere prove generali di
presidenzialismo - da parte di Berlusconi di interloquire direttamente e
senza possibilita' di contraddittorio, dagli schermi televisivi, in
questioni ancora da decidere: con cio' si cancella il parlamento, le varie
giurisdizioni dei poteri e la formazione dell'opinione pubblica, alla faccia
dello sbandierato principio di sussidiarieta' e l'importanza dei corpi
intermedi, non parliamo poi di federalismo.
Ancora a caso: la assoluta mancanza di proporzioni tra le notizie. Dieci
milioni di lavoratori e lavoratrici che scioperano sono subito cancellati e
nessuno li intervista o rappresenta, perche' scoppia la questione del
crocefisso e del resto anche la puntualissima inchiesta sulle nuove Br (a
una appassionata lettrice di gialli - come sono - le coincidenze sono sempre
un po' sospette). Infine il voto di fiducia posto su una questione cruciale
come la finanziaria, che strangola il dibattito parlamentare, alla faccia
del proclamato "liberalismo" del presidente.
Per capire la faccenda del crocefisso bisogna tenere conto di un processo
che vuole e per il quale e' necessario suscitare ondate di nazionalismo, di
fondamentalismo religioso e di emozioni inconsulte allo scopo di favorire
sia leggi restrittive sia un diffuso malessere e sentimento di insicurezza,
cancellare le facce dei veri crocefissi contemporanei: uomini, donne,
bambine bambini immigrati: insomma intorbidire le acque. Se Bush chiedera'
armi e soldi e uomini per la sua illegale guerra e occupazione dell'Iraq
l'opinione teledipendente gia' allenata ai condoni fiscali ed edilizi
sarebbe forse abbastanza incline a dire di si' al condono bellico.
Si tratta peraltro di uno scontro di "incivilta'": la prova pericolosamente
evidente e' l'appoggio che il "fronte cattolico libanese" da' alla crociata
a favore del crocefisso. Come e' noto i falangisti cattolici libanesi sono
violenti terroristi e fondamentalisti. Averne la solidarieta' e' pura
vergogna.
*
Cio' detto veniamo ai fatti: su richiesta di un signore musulmano noto per
essere un vero provocatore e assai poco rappresentativo degli islamici che
vivono nel nostro paese, ma molto intervistato nelle tv, il magistrato
ordina che sia rimosso il crocefisso in un'aula di scuola elementare di un
piccolo centro abruzzese, aula frequentata dal figlio del citato signore.
Non invidio il bambino, costretto a sopportare le bizze del padre e
probabilmente oggetto di curiosita' indiscrete e pesanti: il primo dovere
delle autorita' scolastiche e amministrative e' di garantire il massimo di
serenita' ai bambini, il che si fa, tra l'altro, non sbandierando per giorni
a ogni telegiornale meriti e virtu' dei crocefissi.
Tuttavia la vicenda illustra bene la "cultura" del nostro paese. L'ultima
scoperta non e' che bisogna ristabilire un clima di convivenza e amicizia
nelle scuole, ma che forse il crocefisso e' di proprieta' del Vaticano e
quindi non si potrebbe rimuoverlo senza il benestare del confinante stato
confessionale. Ma come mai le leggi di uno stato confessionale hanno vigore
e applicazione in uno stato laico? Resta vera la rabbiosa definizione
dell'Italia che dava un noto laico d'altri tempi: "Questa repubblica
monarchica di preti".
Trovo di esemplare equilibrio la parola di Scialoja che rappresenta molti
musulmani del nostro paese quando dichiara che non avrebbe sollevato la
questione, ma adesso una risposta gli e' dovuta.
Le risposte sono arrivate, ma non capisco perche' tutti quelli e quelle che
sono a favore della laicita' dello stato italiano e vorrebbero cogliere
l'occasione per levare i crocefissi dalle aule delle scuole pubbliche magari
su richiesta, gradualmente, con discussione e non d'imperio, arrivino tutte
e solo a me, anche quelle che portano in cima la dizione "comunicato
stampa", tanto da intasarmi la e-mail e nessuna, nemmeno mezza, arrivi ai
Tg. Mah! sembrerebbe una censura, o no?
E dire che i piu' indignati sono credenti, associazioni cattoliche, gruppi
di insegnanti cristiani della scuola repubblicana, cattolici singoli,
giuristi, teologi, personaggi di fede, mentre persone sulla cui conformita'
alle norme piu' note ed elementari della morale cattolica si puo' dubitare
perche' le loro posizioni sono note, si stracciano le vesti e piangono calde
lacrime di coccodrillo a tutela dell'esposizione dei crocefissi.
*
Da un po' di tempo l'ostentazione di croci d'oro e diamanti (o similoro e
cristalli) sul petto di signore dedite all'intrattenimento mi dava un po'
fastidio, meno le croci e crocette appese a un orecchio a mo' di ornamento,
magari insieme a mezzalune o a simboli magici, da una cultura giovanile che
esprime simbolicamente indifferenza o curiosita' generica per il fenomeno
religioso. Tutto cio' dimostra una progressiva laicizzazione e
banalizzazione dei simboli religiosi, fenomeno cui non si risponde con
superstizione, rilanci di integrismi e altre sciocchezze pericolose, o
ordinanze e rilanci a comando.
Diro' allora che in uno stato laico i luoghi pubblici non debbono mostrare
nessun simbolo religioso di nessuna religione (o senno' di tutte), che
informazioni religiose di tipo storico e' giusto che vengano trasmesse con
atteggiamento critico e non catechistico. Ad esempio la lettura e conoscenza
dell'Antico Testamento, un libro di grandissimo valore storico, estetico,
religioso, e' scarsa in Italia perche', secondo la tradizione cattolica, non
era ammessa la lettura diretta e il "libero esame" del testo. Sarebbe ora di
avviare un liberissimo esame, che allargherebbe gli orizzonti e le
cognizioni.
*
In ogni caso mi auguro che riusciamo a fare argine alle ondate di
fondamentalismo che ci arrivano e che albergano anche dentro di noi. Il
fondamentalismo e' molto infettivo e bisogna difendersene fin da subito, mai
rispondendo sullo stesso piano.
E' meglio cogliere il tono conciliante e critico di Scialoja, imparare che
nell'Islam, come nel Cristianesimo, che sono fenomeni di proporzioni e
durata millenarie, vi sono moltissime varianti e sfumature, per trovare
ambiti di discorso e di comprensione. Altrimenti si rischia di rimanere
travolti da una irrazionalita' crescente che produce minacce, razzismi,
esclusioni. Insomma davvero: evitiamo scontri di incivilta'.

13. RIFLESSIONE. VITTORIO RAPETTI: DOPO OFENA, IN DIALOGO
[Ringraziamo Vittorio Rapetti (per contatti: vittorio_rap@libero.it) per
questo intervento. Vittorio Rapetti e' delegato regionale del Piemonte
dell'Azione Cattolica e cura un servizio di informazione e documentazione di
grande utilita']

Penso di non esser l'unico colpito e preoccupato del modo in cui i
mass-media hanno presentato il fatto e le sue implicazioni. Certamente hanno
fatto centro, intercettando ancora una volta "la pancia" della gente, una
sensibilita' che circola e che viene alimentata ad arte da alcuni giornali e
tv: ogni occasione e' buona per alzare muri e alimentare l'intolleranza o
semplicemente per far sfogare tensione repressa. E magari per distrarre
l'opinione pubblica da altri problemi che disturbano i manovratori (vedi
pensioni e finanziaria), o per mescolare malamente le carte sul tema
dell'immigrazione.
Dovremmo dirci con piu' schiettezza che tutta questa indignazione rispetto
al crocefisso in classe non ha come oggetto principale il rispetto reale
della religione cristiana, bensi' la paura verso la presenza islamica in
Italia, la paura che "comandino a casa nostra", che "impongano le loro
regole". E' sconcertante che tutte queste persone "dimentichino" che e' un
giudice italiano, applicando la legge italiana, ad aver emesso una tale
sentenza. Che poi si possa non condividere la sentenza del giudice e' piu'
che legittimo (anche in questo caso si dovrebbe comunque considerare con un
po' piu' di rispetto e conoscenza le motivazioni del magistrato, invece di
usare subito la "clava" dell'ispezione ministeriale).
Quante persone, che oggi si stracciano le vesti o si sentono toccate da
questo fatto, si ricordano se nella loro classe quando erano studenti c'era
o no il crocefisso? Non e' un rimprovero, ma solo un motivo di riflessione.
Una sana laicita' dello stato non contrasta con la religione, ne' con la sua
espressione pubblica, semplicemente garantisce il fatto che viviamo in una
societa' pluralista: e proprio il cristianesimo ci insegna il rispetto e ci
sollecita ad una adesione libera, non fatta di obbligo o di semplice
osservanza di una tradizione esteriore. Anche la chiesa e i praticanti non
devono farsi trascinare in questa trappola.
*
Ma allora di che stiamo parlando? Penso che occorra dare un nome preciso
alle nostre paure e timori, che in parte possono pure essere legittime o
giustificabili, proprio per affrontarle seriamente. Non e' alzando altri
muri che si facilitera' il dialogo con una comunita' islamica che in Italia
e' assai composita: vogliamo anche noi contribuire ad alimentare il
fondamentalismo altrui con atteggiamenti superficiali e intolleranti? I
problemi ci sono, sono reali: quale integrazione stiamo promuovendo?
riteniamo possibile e auspicabile una semplice "assimilazione" di chi viene
ad abitare in Italia (chiedendogli di rinunciare alla propria identita'),
oppure immaginiamo una societa' fatta di "isole",  che non comunicano tra
loro e vivono nell'indifferenza (e magari nel timore reciproco); oppure
avviamo un percorso, certo piu' difficile ma anche piu' rispettoso e ricco,
che getti le basi di una convivenza tra culture diverse e tra religioni
diverse?  E' questa la scomessa piu' difficile: non e' per nulla un
"rinunciare" ai valori dell'occidente, anzi forse il modo migliore per
applicarli nel concreto della nostra storia e non solo proclamarli in
astratto.
*
I toni di questa polemica sono assai piu' gravi perche' la discussione degli
adulti attraversa e usa i luoghi in cui  bambini e ragazzi vivono una delle
piu' importanti esperienze di socializzazione, cioe' la scuola. E'
sconvolgente che chi lavora nell'informazione (e magari si dice anche
cattolico e vuol difendere le ragioni della religione) non  percepisca
questa necessita' di un'attenzione educativa e del modo in cui i piu'
piccoli possono vivere questo dibatitto. Non si tratta di addolcire la
pillola o di ammorbidire ad arte i toni, ma di essere seri, di non educare
alla violenza e alla superficialita', ricordando che "i ragazzi ci guardano"
e assimilano i nostri atteggiamenti di adulti assai piu' di quanto sembri.
*
La vicenda forse si puo' vedere anche da un altro punto di vista: se la
polemica sul crocefisso e' un'occasione per tante persone che non
frequentano la chiesa e non praticano la religione per ripensare al
significato della fede, e della espressione pubblica della fede stessa,
allora ben venga. In tal caso pero' dovremmo entrare nel merito. Ed allora
che cosa vuol esprimere il crocefisso?
Come dice tutta l'esperienza cristiana (riconosciuta e stimata anche da
tanti che cristiani non sono) esso e' il segno della sofferenza dell'uomo
giusto, dell'abbassamento e della condivisione di Dio con l'uomo, del dono,
del sacrificio per la vita: l'espressione piu' radicale (e non certo
"buonista") del Dio-misericordia. Di fronte al crocefisso, credenti o laici,
penso che tutti dobbiamo metterci in ascolto, magari muto, perche' Cristo in
croce non e' "nostro", semmai possiamo tentare di essere noi "in lui". Non
possiamo appropriarcene. Tantomeno brandirlo sulle bandiere e sugli scudi
per sostenere idee e convinzioni contro altri, ancor peggio se i motivi
della polemica non sono religiosi, ma politici o economici. E' una vera e
propria contraddizione con il segno che si dice di voler difendere: non mi
par proprio che questa sia la logica del vangelo.

14. RIFLESSIONE. FEDERICA TOURN: DOPO OFENA, IN DIALOGO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 novembre 2003. Federica Tourn e'
giornalista, collabora a varie testate e scrive sovente di argomenti
concernenti le chiese evangeliche, il pensiero delle donne, questioni di
grande rilevanza morale e civile]

"La polemica scatenata sul crocifisso dimostra come si sia ridotta al minimo
l'area laica del nostro paese: la questione va affrontata in termini meno
emotivi e teologicamente piu' ponderati", e' il commento del presidente
della Federazione delle chiese evangeliche italiane, il giurista Gianni
Long, appena rieletto a capo dell'organo piu' rappresentativo del
protestantesimo italiano.
Convocata dal 30 ottobre al 2 novembre a Torre Pellice per la consueta
assemblea triennale, la Fcei - che raccoglie una popolazione evangelica di
circa 65.000 persone, dalla chiesa valdese ai luterani, all'Esercito della
salvezza e ad alcune comunita' pentecostali - ha approvato un documento nel
quale rivolge un appello alla Conferenza Episcopale Italiana e alla Sacra
Arcidiocesi Ortodossa d'Italia per valutare insieme l'opportunita' di
affrontare la materia nell'ambito di un aperto confronto ecumenico.
E' indubbio che il crocifisso non e' un semplice oggetto di arredo che
esprime valori culturali o civili: richiamando il sacrificio di Cristo e la
sua resurrezione - si legge nel documento - e' un simbolo che esprime
indiscutibilmente la fede cristiana. Tuttavia la sua esposizione nei luoghi
pubblici entra in conflitto con il principio di laicita' dello Stato, cui e'
informato l'ordinamento giuridico italiano, e puo' suscitare "sentimenti di
estraneita' che contrastano con la costruzione di una collettivita'
solidale, tesa ad includere tutti coloro che rispettano i fondamentali
principi posti alla base della civile convivenza".
"Senza dimenticare che l'uso della croce come strumento di identificazione
nazionale, sociale o politica, ha portato a guerre e a conflitti violenti -
ha spiegato Gianni Long - per questo motivo e' importante ridimensionare i
toni: colpisce infatti che a un integralismo di minoranza si sia risposto
non con moderazione e laicita' ma con un preoccupante integralismo di
maggioranza". E precisa: "Sono convinto che anche larga parte della chiesa
cattolica sia in imbarazzo, perche' molti di quelli che oggi si ergono a
grandi difensori del cattolicesimo, fino a ieri attaccavano i preti amici
degli immigrati".
Il recente provvedimento sul crocifisso a scuola, ampiamente
strumentalizzato da politica e informazione, non e' certo il punto focale
dell'intricata questione della laicita' dello Stato, che da sempre vede i
protestanti in prima linea. "Le urgenze sono ben altre - ha detto Gianni
Long - abbiamo ribadito un fermo no al progetto di legge sulla liberta'
religiosa cosi' come si e' andato configurando, mentre continuiamo a
sostenere che debba essere data piena attuazione all'articolo 8 della
Costituzione e alle Intese". A proposito della Costituzione europea, invece,
in un recente incontro con il governo una delegazione della Fcei, in
rappresentanza della Conferenza delle chiese europee (Kek), si e' espressa
sostanzialmente a favore della menzione delle radici cristiane nel preambolo
storico. Con una precisazione: "Non esiste un'unita' di vedute
sull'argomento, ma su una cosa i protestanti e gli ortodossi si sono
dichiarati d'accordo: il richiamo al cristianesimo non puo' essere fra i
principi comuni e fondanti dell'Europa, perche' significherebbe escludere
chi in questi valori non si riconosce", ha spiegato Gianni Long, e ha
aggiunto: "Personalmente sono convinto che sia meglio una buona costituzione
senza preambolo che un buon preambolo e una cattiva - o addirittura
nessuna - costituzione".
La laicita' non e' solo pluralismo ma il pluralismo ne e' una premessa per
non muoversi su posizioni preconcette: una premessa indispensabile per
attuare l'impegno preso dalla Fcei per il prossimo triennio, la prosecuzione
del dialogo ecumenico ed interreligioso.
Da registrare in questa linea la presenza a Torre Pellice di Mohammed Nour
Dachan, presidente dell'Unione delle comunita' e organizzazioni islamiche in
Italia (Ucoii) e del segretario generale della stessa organizzazione, Hamza
Piccardo. L'assemblea della Fcei, con una mozione votata all'unanimita', ha
invitato tutte le chiese che ne fanno aprte ad aderire alla giornata del
dialogo cristiano-islamico che si terra' l'ultimo venerdi' di Ramadan.
I delegati infine si sono rivolti direttamente a quanti hanno in Italia
responsabilita' politiche, in una lettera che ribadisce l'urgenza
dell'accoglienza e del riconoscimento dei diritti degli immigrati, non solo
per ragioni di fede e di solidarieta', ma soprattutto in un'ottica di
stabilita' e sicurezza, oltre che di una necessaria condivisione di risorse
tra paesi ricchi e paesi poveri.
A questo si e' aggiunto un appello per una convinta iniziativa di pace del
governo, che investa di piu' "nel campo educativo, nella cooperazione allo
sviluppo, nella mediazione diplomatica e nel sostegno alle Nazioni Unite,
perche' non prevalga l'idea che la guerra possa servire alla democrazia".

15. LETTURE. MARIANELLA SCLAVI: ARTE DI ASCOLTARE E MONDI POSSIBILI
Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori,
Milano 2003, pp. 352, euro 18. Raccomandiamo vivamente questo nuovo bel
libro di Marianella Sclavi, un prezioso volume che tra altre cose e' anche
una sorta di utile manuale di accostamento a modalita' relazionali
nonviolente.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 723 del 5 novembre 2003