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Sondaggio dell'UE - di Giulietto Chiesa



  Sul sondaggio dell'Unione Europea
  di Giulietto Chiesa

  Risulta che quasi il 60% degli europei ritiene che lo stato d'Israele
rappresenti una minaccia per la pace maggiore di quella della Corea del
Nord, dell'Iran o dell'Afghanistan. Lo dice un sondaggio effettuato per
conto dell'Unione Europea e reso noto il 30 ottobre scorso. Il sondaggio è
stato condotto su 7500 persone dei quindici paesi dell'Unione, circa 500
per paese. Un campione di tutto rispetto. E la domanda era così formulata:
"Dica se ritiene che questo stato Š. rappresenti, oppure no, una minaccia
alla pace mondiale".

  Ogni sondaggio, si sa, può essere discusso. Si può dissentire sulle
domande che vengono poste, sulle modalità con cui è stato costruito il
campione, sui margini di errore che contiene. Ma, se si tratta di un buon
campione, non resta che riflettere sui risultati. E, se il campione
fornisce risultati inattesi, o addirittura sgradevoli, il compito dei
politici, ma anche della collettività, è riflettere sul perché certe cose
non erano state previste, se la società manifesta sintomi di malattia, e
tante altre considerazioni utili a migliorare le cose.

  I sondaggi servono anche a questo. Anche un'elezione è un sondaggio, e
talvolta porta sorprese, e nessuno si sogna, di regola, di contestarne
l'opportunità, poiché contestare l'opportunità di un'elezione significa -
di regola - essere contro la democrazia, cioè contro l'espressione della
volontà popolare. Ovviamente un sondaggio è cosa diversa da un'elezione ma,
se è fatto bene, contiene informazioni utili per chi governa.

  Nel caso in questione i governanti europei hanno deciso che era utile
avere un'idea quantitativa di quello che i cittadini europei pensano di una
data questione. La risposta che ne è derivata è chiara e, a ben pensarci,
neanche troppo sorprendente. Per alcuni sicuramente sgradevole. Ma questa è
altra faccenda.

  Invece in Italia è scoppiato il putiferio. Il presidente della Camera dei
deputati si è spinto fino al punto di definire il sondaggio "inopportuno".
E perché mai? Pierferdinando Casini desidera qualificarsi come
sociologo-statistico, oltre che come statista? Il campione non era buono?
La domanda non era giusta? Non risulta che siano stati contestati i criteri
scientifici. Se ne può dedurre che Casini non ha gradito i numeri? E non è
utile sapere cosa pensano gli europei su una materia così importante per
decidere democraticamente la politica estera europea?

  Oppure è bene che non si sappia che la politica dello stato d'Israele è
ritenuta da un schiacciante maggioranza degli europei una grave minaccia
per la pace mondiale? Certo è sommamente sgradevole scoprire che,
nonostante i media europei, in grande maggioranza (in Italia in stragrande
maggioranza), parteggino per Israele (e gli Stati Uniti), l'opinione
pubblica europea è in grado di distinguersene (per ora) in modo
significativo. Ma che ci vuoi fare? Forse sarebbe utile farci un pensierino
sopra.

  Invece ecco che si scatena la bagarre. "Inopportuno", scrive lo
statista-statistico, ma ecco alzarsi il coro dei soliti noti, a gridare che
questo è antisemitismo. Vecchio trucco, che gli amici dello stato d'Israele
farebbero bene a respingere. Perché significa affermare che la maggioranza
degli europei sarebbero antisemiti nel momento in cui criticano la politica
di Sharon. Sarebbe un bel guaio. Per fortuna le cose non stanno così e gli
europei sono più intelligenti di questi untori italiani.

  Comunque vale la pena di registrare, tra gli untori di turno, ancora una
volta il Clemente Mimun che dirige il TG1. Al quale propongo di assegnare
seduta stante il Premio Ignobel per il mese di Novembre (a meno che non si
superi nei prossimi giorni) per avere mandato in onda un telegionale della
sera di domenica 2 novembre dove la deontologia professionale del
giornalismo è stata calpestata reiteratamente. Servizio dove l'unico
intervistato era il portavoce di Israele, che inveiva - appunto - contro
l'antisemitismo; dove veniva mostrato un presidente del Senato deplorante e
veniva citato lo statista-statistico nel passaggio sull'"inopportunità";
infine appariva il corrispondente da Tel Aviv che, con aria spiritata
raddoppiava lo sconcerto e l'esecrazione, intervistando il ministro
Sharanskij e altri cittadini israeliani, tutti dello stesso parere
"antieuropeo" e sdegnato. Lo stesso corrispondente, quello che è stato
mandato laggiù da Mimun per sostituire i noti "faziosi" Longo e Innaro, e
che, quando fa le sue corrispondenze chiama il muro di Sharon "muro di
difesa", dimostrando così che essere "embedded" è una categoria dello
spirito. Il suo e quello di Clemente.

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