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Documento Tavola della pace/Iraq



Iraq: l'Italia investa sull'Onu


C'e' una cosa piu' utile, saggia e lungimirante che l'Italia puo' fare per 
aiutare il popolo iracheno a ritrovare rapidamente il proprio futuro: 
sostenere l'intervento diretto e imparziale delle Nazioni Unite. Invece di 
prolungare la costosissima missione dei nostri tremila soldati a Nassiriya 
a fianco delle truppe d'occupazione, l'Italia deve destinare tutte le 
proprie risorse umane e finanziarie per rafforzare il "ruolo vitale" 
dell'Onu in Iraq. Invece di restare agli ordini del comando americano, 
l'Italia deve mettersi a disposizione e agire di concerto con il Segretario 
Generale dell'Onu. Invece di sprecare ulteriori soldi in una missione 
militare dai contorni confusi e discutibili, l'Italia deve investire nel 
ridare credibilita' all'unica autorita' sopranazionale che puo' rispondere 
ai bisogni vitali di una popolazione stremata da decenni di guerre e 
dittature e che puo' aiutare gli iracheni a recuperare velocemente 
capacita' di autogoverno e autodeterminazione. Invece di agire ancora una 
volta da sola, l'Italia -anche in qualita' di Presidente di turno 
dell'Unione Europea- deve lavorare perche' questa diventi la posizione e 
l'iniziativa comune dell'Europa: un'Europa che si impegna a ricostruire 
l'Iraq e la pace in Medio Oriente ma anche il diritto e la legalita' 
internazionale violate.

La Risoluzione 1511 adottata dal Consiglio di Sicurezza sull'Iraq affida 
alle Nazioni Unite un ruolo ancora limitato e insufficiente. E' questo il 
limite piu' profondo del debole compromesso raggiunto lo scorso 16 ottobre 
al Palazzo di Vetro. Al punto che, in ben tre paragrafi della Risoluzione, 
l'azione dell'Onu viene esplicitamente subordinata all'esistenza di 
"circostanze favorevoli". Segno che, allo stato attuale, le potenze 
occupanti non sono nemmeno disponibili a garantire quel minimo di 
agibilita' necessaria per un ritorno significativo dell'Onu sul campo.

Da qui la necessita' di dare una mano all'Onu. Nonostante tutti i suoi 
limiti la Risoluzione 1511 apre degli spazi ad una ripresa di iniziativa 
della comunita' internazionale e noi abbiamo la responsabilita' di usarli 
per dare una mano concreta al popolo iracheno. Impossibile chiamarsi fuori. 
Nessuno puo' permettersi di lasciare gli iracheni in balia delle forze 
d'occupazione, dei colpi di coda degli amici di Saddam Hussein o del caos 
che oggi sembra trionfare. Cosi' come nessuno puo' illudersi di costruire 
ordine e sicurezza in Iraq trasformando con una risoluzione le truppe 
d'occupazione in una forza di pace e di stabilizzazione. Nessuno puo' 
illudersi di venire a capo della guerriglia irachena con strumenti 
militari. Servirebbero molti piu' soldati sul campo (che nemmeno gli 
americani possono permettersi di mantenere e che nessuno per ora sembra 
seriamente intenzionato a prestare). E anche se ce ne fossero abbastanza 
non basterebbero. Perche' non esiste uno strumento militare capace di 
risolvere quel groviglio di problemi politici che affliggono l'Iraq.

Per questo l'Italia e l'Europa devono innanzitutto porsi l'obiettivo di 
mettere in atto tutti quegli interventi concreti che sono necessari per 
favorire il rapido rientro delle Nazioni Unite in Iraq e la realizzazione 
di quelle missioni che la stessa Risoluzione 1511 elenca: assicurare la 
necessaria assistenza umanitaria alla popolazione, promuovere la 
ricostruzione economica, favorire una rapida transizione politica in modo 
che "il popolo iracheno possa determinare liberamente il proprio futuro 
politico e controllare le proprie risorse naturali", favorire "il dialogo 
nazionale e la costruzione del consenso" che dovra' portare alla stesura 
della nuova costituzione e alla convocazione di elezioni democratiche, 
accelerare gli sforzi per costruire istituzioni locali e nazionali 
democratiche e rappresentative, promuovere la protezione dei diritti umani 
in tutto il paese, favorire lo sviluppo di media indipendenti, sostenere lo 
sviluppo della societa' civile irachena e delle sue organizzazioni 
indipendenti, etc...

Queste missioni non sono meno impegnative o rischiose di quella sin qui 
affidata ai soldati italiani che presidiano le strade di una provincia 
meridionale dell'Iraq ma hanno il pregio di portare un sollievo concreto 
alle donne, agli uomini e ai bambini che continuano a patire le conseguenze 
della guerra e della dittatura e di avvicinare il giorno in cui gli 
iracheni potranno governarsi da soli.

Per aiutare le Nazioni Unite a raggiungere questi obiettivi l'Italia deve 
inoltre impegnarsi per aprire le porte dell'Iraq a tutte quelle 
organizzazioni internazionali della societa' civile che hanno dimostrato di 
saper intervenire con efficacia anche laddove i governi non osano 
avventurarsi e alle quali ancora oggi viene sostanzialmente impedito di 
agire. Queste organizzazioni sono una risorsa insostituibile della 
comunita' internazionale: meritano di essere sostenute, incoraggiate, 
valorizzate.

Naturalmente la decisione di investire sull'Onu dovra' essere accompagnata 
da una importante azione diplomatica di concertazione con tutti i paesi 
della regione e le organizzazioni regionali come la Lega Araba e 
l'Organizzazione della Conferenza Islamica.

Lasciare l'Onu al palo e affidare il futuro dell'Iraq ad una qualsivoglia 
"forza multinazionale sotto comando unificato" puo' portare ad un solo 
prevedibile tragico risultato: la continuazione della guerra e della 
violenza, degli attentati, del terrorismo, del caos politico e delle 
vittime innocenti. Se vogliamo discutere del contributo dell'Italia e 
dell'Europa per la pace in Iraq non possiamo ignorarlo. Non ci ha insegnato 
nulla l'Afganistan?

Tavola della pace, 23 ottobre 2003