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La nonviolenza e' in cammino. 691
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 691
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Wed, 1 Oct 2003 21:03:34 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 691 del 2 ottobre 2003
Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace: storia umana e principio speranza
2. Lanfranco Mencaroni: Europa nonviolenta e liberalsocialista (un
contributo alla proposta di Lidia Menapace)
3. Severino Vardacampi: sulla proposta di Lidia Menapace e sull'urgenza di
tradurla in un'ampia campagna politica
4. Rete "Ebrei contro l'occupazione": un appello per la pace
5. "Azione nonviolenta" di ottobre
6. Mao Valpiana: il sentiero, lungo e bello, della politica nonviolenta
7. Aggiornamento del sito de "Il paese delle donne"
8. Maria D'Amico: costruire ponti di pace
9. Teologhe in Europa
10. Angelo Baracca: il riarmo atomico
11. Laura Moschini presenta "Mary Wollstonecraft. Diritti umani e
rivoluzione francese" di Roberta Modugno
12. Letture. Amelie Nothomb, Igiene dell'assassino
13. Riletture: Albert Camus, L'uomo in rivolta
14. Riletture: Francoise Sironi, Persecutori e vittime
15. Riletture: Franco Venturi, Il populismo russo
16. Riletture: Vera Zasulic, Olga Ljubatovic, Elizaveta Kovalskaja, Memorie
di donne terroriste
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: STORIA UMANA E PRINCIPIO SPERANZA
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace@virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Ringrazio tutti/tutte quelle che prendono la parola sulla proposta di
un'Europa neutrale attiva ecc.
La proposta che avanzai anni fa nella forma odierna, solo un po' meno ricca
e corposa, parte dal desiderio di avere una ipotesi da mettere avanti di
fronte alla disperante ripetitivita' dei discorsi di chi si occupa di
Europa.
Il testo del Trattato (che non e' ancora una Costituzione ma tende a
diventarla e ad essere vincolante come gia' vincolanti sono stati tutti i
Trattati europei - Maastricht, Schengen ecc. - e che presenta procedure di
modifica pressoche' impossibili a percorrersi) e' collegato con il peggio
della storia europea, la storia del continente piu' aggressivo e cruento
dell'intero pianeta (io pure ho proposto che l'Europa faccia una pubblica e
solenne autocritica e cesura col suo passato).
Noi cerchiamo di vedere se in quella storia terribile non vi sia nulla da
salvare: e a noi pare che due movimenti (quello operaio e quello delle donne
nati in Europa) abbiano sempre e solo usato tutti gli strumenti dell'azione
nonviolenta e con cio' abbiano pero' cambiato la faccia della terra.
Gli e le aderenti a tali movimenti sono stati per lo piu' neutralisti e non
interventisti in occasione della prima guerra mondiale e resistenti
nonviolenti nel corso della seconda.
La storia e' tutta da rileggere: quella di Hitler fu una "resitstibile
ascesa" come diceva Bert Brecht, e la Societa'delle Nazioni fu scavalcata
dall'alleanza tra Mussolini e Hitler, uno dei segni funesti dell'arrivo
della seconda guerra mondiale, e non poco e' da sottolineare l'inerzia degli
altri paesi. Poi gli Usa intervennero, ma prima non fecero nulla per
prevenire l'avvento del nazismo.
Se oggi ci si mette in concorrenza militare con gli Usa la quarta guerra
mondiale e' gia' vinta dagli Usa stessi che gia' hanno vinto la terza
appunto inducendo l'Urss all'antagonismo militare invece che all'alternativa
politica, sociale e morale.
*
Da due anni chiedo che mi si dica come debbo chiamare una posizione che
rifiuta la guerra, se nel diritto internazionale chi rifiuta la guerra viene
definito neutrale.
Non e' detto che sia sempre una posizione nobile; e la Svizzera non e'
simpatica: ma la Svezia e la Finlandia sono certo meglio e anche l'Austria.
Non possiamo studiare i loro modelli di difesa e collocare l'Europa al
livello piu' basso a scendere?
Non riesco a stare zitta e inerte (questa non sarebbe neutralita' bensi'
accidia) mentre il mondo sta andando verso la guerra.
Credo che nemmeno gli Usa possano comprare tutto e si sono gia' trovati in
difficolta' al Consiglio di sicurezza; e a Cancun una inedita alleanza tra
paesi poveri e movimenti alternativi dei paesi ricchi rivela di avere una
qualche possibilita' di azione efficace.
A Riva del Garda si e' molto discusso e anche efficacemente. Non e' colpa
nostra se i giornalisti erano tutti li' ad aspettare gli scontri, e li
avrebbero inventati se non ci fossero stati, nell'indifferenza di quelli che
discutevano. E non si sono nemmeno accorti che la "Commissione giustizia e
pace" dell'archidiocesi di Trento aveva aderito al forum e vi prendeva
parte.
*
Un paese neutrale non fa guerre e nemmeno politiche aggressive, e si
sottopone al giudizio della comunita' internazionale se ne avvia; non offre
il suo territorio ne' il suo spazio aereo al passaggio di truppe o di
velivoli, non ospita basi militari sul suo territorio: questa sarebbe una
base giuridica per avviare un contenzioso con la Nato, ad esempio.
Dico una cosa per me pregiudiziale: la democrazia e' fondata su una idea
positiva della specie umana, cioe' che nell'ambito delle cose probabili (che
sono appunto il terreno sul quale si prendono decisioni politiche) le
persone, se correttamente informate, tendono a scegliere per il meglio; e
se si accorgono, o viene loro dimostrato, di avere sbagliato sono disposte a
correggere le loro decisioni alla prima scadenza utile.
Se si crede che non vi sia rimedio e che il mondo vada al peggio "per
natura" e tutto e' perduto, meglio fare novene perche' una qualche divinita'
trovi un buon tiranno che prenda le decisioni indiscutibili per tutti e
tutte.
Senza una qualche fiducia nella ragione - in una certa luce che si puo' fare
in qualsiasi coscienza - e, insomma, senza speranza, non vi puo' essere
democrazia.
2. RIFLESSIONE. LANFRANCO MENCARONI: EUROPA NONVIOLENTA E LIBERALSOCIALISTA
(UN CONTRIBUTO ALLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE)
[Ringraziamo Lanfranco Menacaroni (per contatti: capitini@tiscalinet.it) per
averci inviato come contributo alla riflessione sulla proposta di Lidia
Menapace questo intervento gia' apparso sul "Cos in rete" di giugno.
Lanfranco Mencaroni, amico e collaboratore di Aldo Capitini, e' infaticabile
prosecutore dell'opera comune, animatore dell'Associazione nazionale amici
di Aldo Capitini (per contatti: capitini@tiscalinet.it) e curatore del sito
del "Cos in rete" (www.cosinrete.it) che mette a disposizione una
ricchissima messe di testi di e su Capitini, ed e' un fondamentale punto di
riferimento per amici e studiosi della nonviolenza]
Andrew Moravcsik, direttore dei programma Unione Europea all'Universita' di
Harvard, ha espresso, in un articolo sulla "Stampa" del 3 maggio 2003, la
sua opinione contraria alla costituzione di una forza militare europea e
favorevole all'importante presenza che l'Europa ha gia' conquistato nel
campo civile, dell'assistenza allo sviluppo e delle operazioni di
peace-keeping.
*
La espone con argomentazioni concrete e in buona parte condivisibili, come:
"Una forza militare coordinata, capace di combattere una guerra ad alta
tecnologia e bassa mortalita', richiederebbe dagli europei un aumento della
spesa militare - attualmente intorno al 2 per cento del prodotto interno
lordo - fino a oltre la percentuale Usa del 4 per cento. Nessuna opinione
pubblica europea accetterebbe una scelta del genere... Una forza europea di
reazione rapida potrebbe essere utile per operazioni di peace-keeping ma non
sarebbe mai in grado di rovesciare un deciso unilateralismo americano.
C'e' poi anche un problema di coerenza: Questo modo di vedere le cose
distrae l'Europa dal suo autentico vantaggio nella politica mondiale: un
potere civile e semi-militare. L'Europa e' la 'superpotenza tranquilla'.
Sono almeno cinque i modi in cui l'Europa puo' influenzare la pace e la
guerra tanto quanto gli Stati Uniti.
Primo: l'accesso all'Unione europea - forse il singolo strumento politico
piu' potente per decidere la pace e la sicurezza nel mondo l'oggi.
Secondo: gli europei forniscono piu' del 70 per cento di tutta l'assistenza
allo sviluppo. E quattro volte piu' di quanto diano gli Stati Uniti ed e'
molto piu' equamente erogata, spesso da organizzazioni multilaterali.
Terzo: le truppe europee, in genere sotto auspici multilaterali, aiutano a
mantenere la pace nei piu' disparati punti caldi, come il Guatemala o
l'Eritrea.
I membri dell'Unuone Europea o gli aspiranti tali contribuiscono alle truppe
di pace dieci volte piu' degli Stati Uniti.
Quarto: il controllo da parte di istituzioni internazionali, appoggiate
dall'Europa, costruisce la fiducia globale che serve per gestire le crisi.
La crisi irachena si sarebbe svolta in modo assai diverso se gli europei
avessero potuto offrire l'opzione di mandare in Iraq, ad esempio, dieci
volte piu' ispettori dieci mesi prima.
Gli americani non solo non hanno la volonta' ma sono anche incapaci per
complesse ragioni interne, culturali e istituzionali di dispiegare davvero
una forza civile. Questa e' l'autentica debolezza dell'attuale strategia
Usa, perche' senza commercio, aiuti, peacekeeping, controlli e legittimita',
nessun esercito unilaterale puo' stabilizzare un mondo turbolento...
L'Europa farebbe meglio a investire il suo capitale politico o economico in
azioni apertamente complementari: il potere civile europeo, se dispiegato in
modo piu' coerente, potrebbe essere lo strumento efficace e credibile di una
moderna arte di governo europea, che magari otterrebbe una maggiore
comprensione americana.
L'Europa potrebbe riuscire a farsi sentire piu' spesso e senza bisogno di un
esercito piu' grande".
*
Naturalmente non siamo d'accordo sulla rassegnata accettazione del dominio
militare americano ne' sulla impossibilita' di contrastarlo con le tecniche
della nonviolenza, anche se Moravcsik stesso suggerisce che un'Europa unita
e compatta nelle iniziative umanitarie avrebbe un notevole influenza
politica sullo scacchiere mondiale.
Moravcsik non e', che si sappia, un amico della nonviolenza, ma le sue
proposte sono tutte basate sulle tecniche della nonviolenza che ormai girano
per il mondo.
Anche l'uso delle forze militari per compiti di peace-keeping e' accettato
da molti nonviolenti purche' sia alle dipendenze di organismi
internazionali, come l'Onu.
Anzi, uno degli obiettivi dei nonviolenti e' quello di lavorare alla
sostituzione dell'imperialismo americano unilaterale con il famoso corpo di
polizia internazionale previsto dallo Statuto dell'Onu, e un'Europa
nonviolenta sarebbe un mezzo per raggiungere questo scopo.
Non lo pretendiamo da Berlusconi, Bossi e La Russa, ma continuiamo a credere
che la scelta della nonviolenza liberalsocialista darebbe alla sinistra le
energie necessarie per contribuire al cambiamento.
3. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE E
SULL'URGENZA DI TRADURLA IN UN'AMPIA CAMPAGNA POLITICA
[Al chilometrico titolo di questo articolo del nostro amico e collaboratore
Severino Vardacampi si potrebbe forse aggiungere anche la proposizione
seguente: "... e sull'opportunita' di fare titoli piu' corti"]
Mi permetterei di riassumere cosi' quello che ho colto della proposta di
Lidia Menapace per un'"Europa neutrale e attiva, disarmata, smilitarizzata e
nonviolenta" e della vivace polifonica riflessione in corso anche su questo
foglio.
a) che prima che certi giochi siano fatti e certi spazi siano chiusi
(stesura definitiva della cosiddetta "Costituzione europea", rinnovo del
Parlamento europeo e relativa composizione sulla base dei programmi delle
forze che vi concorrono, decisioni poi difficilmente reversibili su quale
modello di difesa e quale politica di sicurezza europea) e' necessario che
il cosiddetto "popolo della pace" si faccia sentire. Il momento e' ora, dopo
sara' troppo tardi.
b) Ed e' necessario che si faccia sentire non solo come coscienza critica e
voce che protesta, ma come soggetto politico e intellettuale collettivo che
avanza una proposta, come dice un nostro noioso amico, "di nonviolenza
giuriscostituente".
c) E questa proposta e' quella che nelle sue linee essenziali (sulle quali
ovviamente la riflessione continua, la ricerca e' aperta, la formulazione e'
in fieri) e' stata elaborata soprattutto dal e nel movimento delle donne, ed
in particolare nella riflessione della Convenzione permanente di donne
contro le guerre, e per merito precipuo di Lidia Menapace.
d) Possiamo discutere su quale sia la formula sintetica migliore (poiche'
anche le formule contano, certo, in una societa' della comunicazione veloce
e che ai ragionamenti tende a sostituire le immagini), ma francamente trovo
poco affascinante disquisire sulle parole quando mi pare che il concetto sia
chiarissimo, e il concetto mi pare che sia il seguente:
I. una Europa che ripudi la guerra come modalita' di gestione e risoluzione
dei conflitti;
II. una Europa che faccia propria fino in fondo la tradizione della
"neutralita' attiva" che si oppone alle guerre e alle violenze strutturali;
III. una Europa che incardini la propria politica comune di difesa e
sicurezza, e di cooperazione internazionale e di costruzione della pace,
sulla scelta della nonviolenza come progetto politico e giuridico oltre che
come metodologia ermeneutica ed operativa;
IV. una Europa che scelga quindi la via del disarmo e della
smilitarizzazione; quindi una Europa che avvii subito la difesa popolare
nonviolenta ed i corpi civili di pace come proposte concrete immediatamente
attuabili;
V. una Europa che, vincolandosi alla neutralita' attiva e operante, sia
sostegno sicuro e forte di un'Onu rinnovata nel segno della fedelta' e
dell'inveramento di quanto nitidamente stabilito nel preambolo della Carta
delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione universale dei diritti umani.
e) Poi certo ci sono anche altre mille cose da fare, ma una campagna sulla
proposta qui sopra frettolosamente e lacunosamente riassunta mi sembra che
sia l'urgenza delle urgenze qui e adesso per tutte le persone di volonta'
buona che non vogliano limitarsi alla protesta o alla testimonianza, ma
vogliano essere anche costruttrici di pace.
4. APPELLI. RETE "EBREI CONTRO L'OCCUPAZIONE": UN APPELLO PER LA PACE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 ottobre riprendiamo questo appello
della Rete "Ebrei contro l'occupazione" (per contatti:
rete.eco@virgilio.it)]
Rosh Hashana e Yom Kippur quest'anno coincidono con l'acuirsi della crisi in
Medio Oriente che a lungo termine non promette nulla di buono per la pace e
la sicurezza in Israele.
Avraham Burg, leader della Knesset dal 1999 al 2003 lo scorso mese ha
scritto: "La nazione israeliana oggi poggia su una struttura fatta di
corruzione e su fondamenta fatte di oppressione ed ingiustizia... cio' che
serve e' una visione nuova di una societa' giusta e la volonta' politica di
farla vivere", ammonendo che "gli ebrei della diaspora... devono prendere
posizione".
Nessuna nuova visione verra' dal governo Sharon. Quel governo sta tradendo
la sua gente minando ogni speranza di pace dalla quale dipende la futura
sicurezza degli israeliani e dei palestinesi. E' difficile interpretare la
sua politica degli ultimi mesi come qualcosa di diverso da un tentativo di
distruggere la Road Map, mentre a parole la si sostiene. La sua politica di
"uccisioni mirate" di leaders di Hamas ha reso inevitabile il collasso della
recente tregua che aveva portato nuova speranza alla gente comune sia
israeliana che palestinese. Il tanto sbandierato smantellamento di alcuni
avamposti colonici e' stato accompagnato dalla costruzione di altri
avamposti e dall'espansione degli insediamenti esistenti. Perdurano immutate
le angherie ai check-points.
Di pari passo procede la costruzione del "muro di separazione",
un'operazione che divora terreni spingendosi in profondita' dentro la
Cisgiordania. Quando sara' completato il proposto muro orientale, ai
palestinesi non restera' che il 42% della Cisgiordania, in un ghetto creato
da Israele. Intanto villaggi palestinesi vengono separati dalle proprie
terre, comunita' divise, distrutti ed espropriati uliveti - ed alimentato il
risentimento.
Sharon ha recentemente affermato di rappresentare tutti gli ebrei. Noi
diciamo: "Non in nostro nome". Ne' in nome degli israeliani di cui salutiamo
il coraggio nel continuare la propria lotta per un percorso diverso: i
refusniks, che pagano un pesante prezzo per seguire le proprie coscienze
rifiutando di servire in un esercito di occupazione; coloro che operano per
i diritti civili e la giustizia sociale all'interno di Bat Shalom, B'Tselem,
Gush Shalom, Israeli Campaign against House Demolitions, MachsomWatch, il
Settlement Watch di Peace Now, Physicians for Human Rights, Rabbis for Human
Rights, Ta'ayush e di altre organizzazioni.
Ci appelliamo a tutti gli ebrei affinche' si uniscano a noi nel sostenere le
comuni richieste del movimento per la pace israeliano e palestinese: per lo
smantellamento del "muro di separazione", il ritiro dai territori occupati e
degli insediamenti; per il riconoscimento della parte di responsabilita' che
Israele ha nella creazione del problema dei profughi palestinesi.
Rete "Ebrei contro l'occupazione"
*
Questo appello e' promosso da European Jews for a Just Peace (Ejjp), una
rete di diciotto gruppi ebraici in nove paesi europei e viene pubblicato
questa settimana in tutta Europa. Per contattare Ejjp: e-mail: ejjp@ejjp.org
oppure scrivere a Eajg, Postbus 59506, 1040 LA Amsterdam. Sito: www.ejjp.org
Per contatti in Italia: rete.eco@virgilio.it
5. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI OTTOBRE
[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti:
azionenonviolenta@sis.it) riceviamo e diffondiamo]
"Azione nonviolenta" e' la storica rivista fondata da Aldo Capitini nel
1964.
Da allora esce regolarmente ogni mese, edita dal Movimento Nonviolento, ed
e' un punto di riferimento per tutti gli amici della nonviolenza.
E' possibile chiedere una copia omaggio inviando una e-mail a:
azionenonviolenta@sis.it, indicando nome, cognome ed indirizzo preciso cui
inviarla.
E' uscito il numero di ottobre 2003.
Questo mese: Il sentiero, lungo e bello, della politica nonviolenta, di Mao
Valpiana; Camminare assieme e' meglio che camminare da soli, di Daniele
Lugli; Incontrare il lupo, dentro e fuori di noi, di Nanni Salio; Realizzare
in Europa una forza di difesa nonviolenta, di Gianni Tamino; Prevenire i
conflitti, gestire le crisi, di Paolo Bergamaschi; Come vede il paesaggio un
albero?, di Loretta Viscuso; Immagini e sapori dal sentiero Assisi-Gubbio
(di Enrico Pompeo, Marco Baleani, Asma Haywood, Franco Perna, Enrico
Peyretti, Pasquale Pugliese); Dopo il fallimento di Cancun, di Gianni
Scotto; Verso un'economia di giustizia, di Alberto Zoratti; Milioni di
drogati di energia elettrica, di Paolo Macina; Le emozioni del conflitto, di
Chiara Manina e Mariella Lajolo; I gesti sinbolici delle comunita' di base,
di Luca Giusti; La lunga lotta contro le precettazioni, di Sergio Albesano;
Canto e suono contro l'imperialismo, di Paolo Predieri; libri; appuntamenti.
In copertina: La nonviolenza e' femminile e giovane.
In ultima: Francesco e il lupo di Gubbio.
*
"Azione nonviolenta" e' una rivista di formazione, informazione e dibattito
sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
A fianco degli articoli di approfondimento dell'attualita' e della teoria
della nonviolenza, vengono mensilmente proposte le rubriche: Educazione,
Lilliput, Economia, Storia, Cinema, Musica, Alternative, L'azione, Libri,
Appuntamenti.
Direttore e' Mao Valpiana.
L'archivio degli ultimi anni della rivista, con possibilita' di ricerca per
parole chiave, ed aggiornamenti quotidiani, e' presente nel sito:
www.nonviolenti.org
Abbonamento annuoò euro 25, da versare sul ccp n. 10250363, intestato ad
"Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
Per informazioni: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta@sis.it, sito:
www.nonviolenti.org
6. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: IL SENTIERO, LUNGO E BELLO, DELLA POLITICA
NONVIOLENTA
[Ringraziamo Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" (per contatti:
azionenonviolenta@sis.it) per averci messo a disposizione il suo editoriale
che apre il numero di ottobre della storica rivista fondata da Aldo
Capitini. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico,
scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n.
435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario]
Questo numero di "Azione nonviolenta" e' dedicato in gran parte al resoconto
dettagliato dell'iniziativa "In cammino per la nonviolenza" che e' stata
preparata nel corso di un anno con le "dieci parole della nonviolenza" e si
e' sviluppata dal 4 al 7 settembre lungo la camminata Assisi-Gubbio, con il
convegno "Al posto della guerra", il laboratorio per bambini "Tra i rami
dell'albero", e la festa per i quaranta anni di "Azione nonviolenta".
Il Movimento Nonviolento ha investito molto in questa proposta, molte
energie fisiche e finanziarie. Ideale e concreto proseguimento della marcia
nonviolenta Perugia-Assisi "Mai piu' eserciti e guerre" del settembre 2000,
pensato e avviato fin dal congresso di Ferrara del 2002, il progetto ha
trovato subito molto consenso tra gli amici della nonviolenza. Il lungo
lavoro e' stato ripagato dal risultato.
Da un punto di vista comune il bilancio politico sarebbe negativo: nemmeno
una riga sui giornali nazionali, nessun interlocutore esterno. Ma noi non
cercavamo questo. Cercavamo un luogo periferico, una dimensione dove poter
sperimentare una politica non urlata, fatta a bassa voce, e quel che
cercavamo l'abbiamo trovato.
Finalmente abbiamo realizzato un evento nel quale siamo davvero riusciti a
mettere in pratica il "piu' lentamente, piu' profondamente, piu'
dolcemente". Ci siamo presi tutto il tempo per fare le cose bene e con
calma. Abbiamo camminato piano per aspettare gli ultimi. Abbiamo
approfondito le ragioni della nonviolenza scavando in fondo al significato
delle dieci parole. Abbiamo apprezzato la bellezza del paesaggio, cercato
relazioni vere, fatto festa con semplicita'. Finalmente un'iniziativa senza
l'ansia di dover conquistare una notizia sul giornale, nessun leader da
intervistare, senza volti noti cui affidare il comizio finale; finalmente
una marcia senza slogan idioti, senza egocentrici pronti all'assalto della
telecamera; finalmente un convegno senza la smania di dover approvare un
documento, senza niente da votare; finalmente un concerto senza primedonne,
big o star; finalmente una volta in cui i bambini partecipano davvero da
bambini; finalmente con pochi soldi si sono fatte tante cose, senza sprechi,
con il bilancio in pareggio (chi ha una minima esperienza di eventi
istituzionali, organizzati da partiti o da associazioni, sa di cosa sto
parlando).
Abbiamo realmente sperimentato un modo nonviolento di condurre un'iniziativa
politica. E questo e' gia' un valore in se'.
Sappiamo di non dover guardare ai numeri, ma alla qualita' della proposta.
Il confronto fra le poche decine del sentiero nonviolento e le migliaia di
una qualsiasi manifestazione pacifista sarebbe schiacciante. Ma non e'
questo. La nostra proposta era circoscritta e limitata e mirava proprio al
coinvolgimento personale di chi vuole intraprendere un cammino nonviolento
particolare e specifico. In questo senso tutti i partecipanti hanno espresso
soddisfazione, si sono sentiti protagonisti di un evento importante per se
stessi e per la crescita del movimento, che ha dimostrato di avere la
maturita', l'autorevolezza e la capacita' di mettere in campo molte risorse
umane per poter realizzare la propria politica della nonviolenza.
Per poter agire ("Azione nonviolenta" e' il titolo della nostra rivista) ci
vuole una coscienza salda, personale e collettiva. Questa iniziativa ha
certamente rafforzato la coscienza del nostro movimento.
7. STRUMENTI. AGGIORNAMENTO DEL SITO DE "IL PAESE DELLE DONNE"
[Dalla redazione de "il paese delle donne" (per contatti: e-mail:
womenews@womenews.net, sito: www.womenews.net) riceviamo e diffondiamo]
Nel sito de "Il paese delle donne" trovate il nuovo numero da cui
segnaliamo:
- La borsa e la vita, di Marta Marsili.
Imprimere una prospettiva di genere alla lotta contro l'Organizzazione
mondiale del commercio: analisi e proposte per uno sviluppo sostenibile che
tenga conto dei fattori sociali e ambientali dal Forum per i diritti delle
donne di Cancun.
- Europa: approvato il rapporto di Luisa Morgantini su commercio e sviluppo.
Il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo dal primo
al 4 settembre, ha approvato il rapporto di Luisa Morgantini (commissione
Sviluppo e cooperazione) su: commercio e sviluppo - come aiutare i Paesi in
via di sviluppo a beneficiare degli scambi.
- L'energia dell'idrogeno, di Alessandra Giannasi.
L'opportunismo mediatico di Jeremy Rifkin gli ha permesso, ancora una volta,
di essere considerato il precursore indiscusso dell'economia del futuro. Il
suo saggio, "L'economia dell'idrogeno", ha contagiato una vasta parte della
societa' che sarebbe normalmente rimasta ai margini dello sviluppo
scientifico, dei laboratori di ricerca, dei congressi specialistici.
- Insieme diverse contro le guerre.
Il Gruppo Donne e Guerra: relazione di Patricia Taught e Imma Barbarossa
dopo le riunioni a Firenze il 18 maggio e il 14 settembre 2003. Il gruppo e'
formato da donne associate o singole che da anni riflettono con pensieri e
pratiche sulla guerra preventiva, permanente, costituente, che oggi
rappresenta il contesto e il testo del nostro presente.
- The wall, di Marcella Mariani.
Un appello arrivato da Ayse Berktay porta alla nostra attenzione la
drammaticita' della decisione israeliana di costruire un muro per separare
territori e popolazioni palestinesi e israeliane.
- Assassinio e dialogo, di Gila Svirsky.
Una testimonianza di azioni di pace da Gerusalemme, nella traduzione di
Laura Bergomi apparsa sulla mailing-list Lisistrata.
- Essere cittadine nei Balcani.
Dall'inizio degli anni novanta, la regione dei Balcani si trova in fase di
profonda trasformazione politica, istituzionale ed economica. Qual e'
l'impatto che questi processi hanno sui diritti socio-economici delle donne?
Che ne e' della parita' di genere?
- Impiccagione per "legittima difesa"?
La pubblicazione della lettera aperta di una giornalista residente in Iran,
Freshteh Ghasi, indirizzata ai capi dei tre poteri (esecutivo, legislativo e
giudiziario) in Iran, ha attirato l'interesse dei mass media al caso di
Afsaneh Noruzi condannata all'impiccagione.
- Prevenire e combattere la violenza.
Nel corso del seminario tenutosi lo scorso 17 settembre a Roma si e' tornate
a parlare nello specifico delle iniziative dell'Aidos in Nepal e Russia in
occasione della presentazione del progetto per prevenire e combattere la
violenza di genere attraverso la rete dei servizi sanitari, lanciato in
dieci paesi da Aidos e Unfpa.
- Il corpo femminile nel disordine mondiale.
Hanno parole per dirlo, le donne, l'attuale disordine mondiale? Hanno
intenzioni, passioni, timori propri a riguardo? E di quali donne stiamo
parlando? A queste domande cerchera' di rispondere il seminario organizzato
dall'Udi il 4 e 5 ottobre a Roma, in via dell'Arco di Parma 15.
8. INCONTRI. MARIA D'AMICO: COSTRUIRE PONTI DI PACE
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo
resoconto dell'undicesimo incontro internazionale delle Donne in nero
svoltosi in agosto a Marina di Massa. Maria D'Amico, con un'ampia esperienza
come responsabile dell'ufficio stampa della Commissione nazionale parita' e
pari opportunita', ha curato con Betta Ramogida l'ufficio stampa
dell'incontro]
Si e' svolto i meeting internazionale delle Donne in nero a Marina di Massa:
"Varcare i confini geografici e delle ideologie per costruire ponti di
pace".
E' questo il filo conduttore dell'attivita' delle Donne in nero, la rete di
donne pacifiste che nelle aree critiche di tutto il mondo lavora alla
costruzione di un processo di pace permanente; Balcani, Medio Oriente, Sud
America, Europa, Giappone, Australia: provenienti da ogni continente nel
corso dell'undicesimo incontro internazionale, che si svolto per la prima
volta in Italia a Marina di Massa a fine agosto.
"Osiamo la pace, disarmiamo il mondo" e' lo slogan scelto dalle Donne in
nero che durante il meeting hanno misurato le loro strategie di pace e messo
al confronto le loro storie.
Storie di donne che in situazioni di guerre e conflitti, sono riuscite a
superare steccati ideologici e politici per tessere relazioni di pace.
Come ad esempio ha raccontato Diana Dolev dell'associazione New Profile, che
a Gerusalemme lavora con le Donne in nero per rafforzare il sempre piu'
urgente e irrinunciabile processo di pace arabo-israeliano. La sua
associazione in particolare lavora per la demilitarizzazione della societa'
e per l'affermazione di una visione di genere. "Ho lavorato molto bene con
donne e uomini palestinesi anche dei Territori occupati - racconta la
pacifista - impegnati insieme a me in progetti realizzati soprattutto per
coinvolgere le forze di occupazione militari di Israele. La militarizzazione
nel mio Paese purtroppo e' diventata un dato di fatto ed e' da li' che
bisogna partire per cambiare lo stato delle cose. Ho condiviso molto del mio
impegno con un pacifista palestinese, e la piu' grande emozione che ho
provato e' stata quando mi ha telefonato per dirmi di aver dato a sua figlia
lo stesso nome di mia figlia".
A questa testimonianza fa eco quello di Rula Saleh, una giovane donna
palestinese da cinque anni in Italia. "Qui sto realizzando il mio sogno:
laurearmi e diventare una brava architetta - racconta seduta faccia a faccia
con la donna israeliana -, ma l'incontro con tante donne palestinesi e di
altri paesi in guerra non puo' far altro che ravvivare i ricordi piu'
dolorosi della mia vita. Le persone a me care morte, i mutilati, i
rastrellamenti e la distruzione delle case. Sono scene che in Palestina ho
vissuto quasi quotidianamente e che non posso ne' voglio dimenticare. Nel
mio paese - prosegue - c'e' bisogno di pace perche' solo cosi' si possono
garantire i diritti negati. Come quello di studiare; io ho provato a
frequentare l'Universita' ma l'isolamento in cui si vive, i tempi
incredibilmente lunghi necessari a spostarsi da una citta' all'altra, le ore
perse ai chek-point mi hanno costretta a rinunciare. Ora non desidero altro
che tornare per lavorare la'".
La rete delle Donne in nero, la cui portavoce in Italia e' Luisa Morgantini,
e' nata proprio in Israele nel 1988 a Gerusalemme, quando un gruppo di donne
ebree israeliane per dissociarsi dalle scelte militari del loro governo, si
vesti' interamente di nero e in silenzio manifesto' per esprimere il
desiderio di pace.
Da la' prese corpo l'idea di lanciare una forma permanente di protesta alla
quale aderirono donne di molti altri paese di ogni continente che seppur non
direttamente toccate dalle guerre, aderirono a questa forma non solo
simbolica ma anche d'azione di ripudio delle guerre.
9. ESPERIENZE. TEOLOGHE IN EUROPA
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo e
diffondiamo]
La European society of women in teological research (Eswtr) e'
un'associazione di teologhe creata nel 1986 e ormai composta da circa 600
teologhe provenienti da tutti i paesi europei (ma piu' di un terzo sono
tedesche).
Il panorama delle posizioni teologiche presenti al suo interno e'
variegatissimo: dalle posizioni postcristiane delle svedesi, all'ansia di
conoscere delle ortodosse, ai dubbi delle protestanti, agli atteggiamenti di
dialogo delle cattoliche.
Per la prima volta e' stata eletta come presidente una italiana, la teologa
e storica Adriana Valerio. La proposta di eleggerla, e poi la conferma in
assemblea, rappresenta proprio la volonta' di ampliare la partecipazione
delle teologhe del Mediterraneo all'interno dell'associazione; Adriana
Valerio intende lavorare non solo in questa direzione ma anche per una
maggior partecipazione delle teologhe dell'Est.
In ogni caso significativa e' stata la presenza delle donne dell'Est alla
decima conferenza internazionale della Eswtr svoltasi in Olanda in agosto
sul tema "Testi sacri: autorita' e linguaggio". Delle italiane era presente
la stessa Adriana Valerio con la relazione "Testi sacri, linguaggio del
corpo e autorita' nella profezia e nella mistica femminili".
Un maggior radicamento di questa rete europea fra le teologhe italiane non
dovrebbe in ogni caso confliggere, anzi dovrebbe essere favorito dalla
recente costituzione di un Coordinamento delle teologhe italiane
(www.teologhe.org).
Riunendo teologhe delle diverse tradizioni cristiane provenienti da facolta'
di teologia o scuole di ordini religiosi, si propone di valorizzare e
promuovere gli studi di genere in ambito teologico, biblico, patristico,
storico, in prospettiva ecumenica.
10. L'ANNICHILISMO AL LAVORO. ANGELO BARACCA: IL RIARMO ATOMICO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 settembre 2003. Angelo Baracca e' un
prestigioso scienziato e docente universitario impegnato per la pace, fa
parte dell'associazione "Scienziate e scienziati contro la guerra"]
Le armi di distruzione di massa rimangono di drammatica attualita'.
Sono state il pretesto per l'attacco all'Iraq, e vengono ora attribuite, a
torto o a ragione, all'Iran e alla Corea del Nord. Invece rimane tabu'
l'arsenale nucleare (ma anche chimico e biologico) di Israele, certamente
fornitissimo e super-moderno, e quelli di India (valutato tra 100 e 200
testate) e Pakistan (tra 25 e 50) sembrano ormai entrati nella normalita'.
E' tempo di denunciare non solo le responsabilita' e le complicita' di
Washington, ma soprattutto lo stato dei suoi piani (e interventi) nucleari.
Nel dopoguerra gli Usa hanno promosso (direttamente o tramite stati
intermediari, soprattutto la Francia, per aggirare i veti del Congresso e le
leggi federali) programmi nucleari militari in tutto il mondo, per vincolare
altri stati alla loro politica: salvo poi denunciare i progetti nucleari di
alcuni di essi quando il vento e' cambiato (come e' successo per le armi di
distruzione di massa fornite al loro pupillo Saddam Hussein negli anni '80).
Il balletto attorno alla centrale iraniana di Busher e' vergognoso, dato che
gli Usa promossero il programma iraniano ai tempi dello shah, per passarlo
poi a Germania e Russia quando Khomeini giunse al potere: se Mosca non
denuncia questi trascorsi e' solo perche' le manovre furono troppo sporche.
C'e' chi sostiene che i test pakistani del '98 sperimentarono anche una
testata iraniana (e quelli indiani una israeliana). Le capacita' nucleari di
molti stati sono fuori discussione, anche se non possiedono concretamente
testate.
Il trattato Ctbt - e l'Onu - riconosce che ben 44 paesi dispongono delle
capacita' tecniche per sviluppare armi nucleari: la maggior parte le ha
ricevute grazie a Washington; ed alcuni - la Germania in Sudafrica - hanno
realizzato testate in altri paesi. L'arsenale di Israele fu il primo voluto
nel dopoguerra dagli Usa (i fisici ebrei erano stati fondamentali per
l'atomica americana): non potevano pero' fornirglielo alla luce del sole,
per cui promossero la bomba francese, e Parigi realizzo' negli anni '60 il
centro di Dimona e l'arsenale israeliano, alimentato poi con le testate piu'
moderne. Nel 1973 Israele gioco' apertamente il ricatto nucleare.
Ma l'aspetto piu' allarmante, ipocrita e ignorato dai media, e' quello dei
programmi e delle azioni nucleari di Washington. Che continua a negare anche
le guerre nucleari mascherate che ha condotto dai primi anni '90 con l'uso
dei proiettili ad uranio depleto, a dispetto degli almeno 300.000 veterani
colpiti con le loro famiglie, e senza contare le ben piu' gravi e diffuse
conseguenze sulle popolazioni di Iraq, Afghanistan e Jugoslavia, i cui
territori non potranno mai essere bonificati: una catastrofe che
"esplodera'".
Piu' di tutto devono allarmare i progressi segreti che gli Usa hanno fatto
nel realizzare nuove testate. Ad ogni rinnovo del Trattato di non
proliferazione le potenze nucleari si impegnano solennemente a disfarsi di
questi armamenti. Dalla meta' degli anni '90 Washington supera
abbondantemente la spesa annua media dei decenni della guerra fredda per le
armi nucleari, sviluppando progetti colossali per la simulazione dei test
(in combutta con Londra e Parigi, che nel '95 esegui' i contestati test
proprio per raccogliere i dati mancanti per la simulazione).
I frutti ci sono. Nel gennaio scorso Bush ha dichiarato, nei preparativi per
l'attacco all'Iraq: "Stiamo realizzando testate nucleari di bassa potenza
per distruggere bersagli sotterranei". Poiche' l'attacco era imminente,
quelle testate erano certo gia' disponibili. E' vero che una legge federale,
abrogata nel maggio scorso, vietava la realizzazione di testate di potenza
inferiore ai 5 chilotoni (un chilotone equivale a mille tonnellate di
tritolo): ma essa non aveva certo impedito ai grandi laboratori militari di
proseguire su quella strada. Del resto, Bush aveva autorizzato il progetto
gia' nel febbraio 2002; e la testata operativa B-61-11 ha una potenza di
0,34 chilotoni (gia' utilizzata in Afghanistan, ha denunciato qualcuno).
Ma si badi bene, le nuove testate nucleari sono qualcosa di completamente
rivoluzionario, che tende a cancellare la fondamentale distinzione tra
guerra "convenzionale" e "nucleare", per superare questa soglia senza
infrangere i trattati esistenti: si parla infatti di testate di potenza tra
le tonnellate e le decine di tonnellate di tritolo, cento o mille volte
inferiori alle potenze tradizionali, dell'ordine dei chilotoni. Se queste
testate esistono, sono state sperimentate, o usate, nelle guerre recenti.
Certi livelli di radioattivita' riportati non sembrano facilmente
attribuibili all'uranio depleto. Anziche' eliminare le armi nucleari, si sta
passando al loro uso, usando il terrorismo o l'Iran come foglie di fico.
11. LIBRI. LAURA MOSCHINI PRESENTA "MARY WOLLSTONECRAFT. DIRITTI UMANI E
RIVOLUZIONE FRANCESE" DI ROBERTA MODUGNO
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo la
seguente recensione.
Laura Moschini fa ricerca presso l'Universita' di Roma Tre.
Roberta Modugno, ricercatrice di storia delle dottrine politiche presso
l'Universita' di Roma Tre, e' autrice anche di Murray N. Rothbard e
l'anarco-capitalismo americano, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997; con Enzo
Di Nuoscio ha curato il libro di AA. VV., Grandi liberali, edito sempre
presso Rubbettino.
Mary Wollstonecraft (1759-1797) e' una straordinaria figura di scrittrice,
di intellettuale e di militante per i diritti; fu anche la compagna di
William Godwin, e la madre di Mary Shelley]
Roberta Modugno ci presenta Mary Wollstonecraft. Chi e' stata veramente
questa figura mitica, come e dove ha vissuto, dove e con chi ha maturato le
sue esperienze, in che ambito culturale si e' formata, perche' infine ha
scritto quello che ha scritto?
Queste forse sono state le domande alle quali Roberta Modugno, ricercatrice
di storia delle dottrine politiche presso l'Universita' di Roma Tre, ha
voluto dare una risposta quando ha pensato di raccontarcela, oltre che per
rendere omaggio alla sua profondita' di pensiero e all'indubbio fascino che
ancora oggi suscita, anche per aver constatato l'esistenza in Italia di una
scarsa letteratura su di lei, letteratura che ne fa, troppo spesso, una
figura isolata di femminista apparentemente avulsa dal contesto
storico-politico-sociale in cui visse.
Nel suo libro Mary Wollstonecraft. Diritti umani e rivoluzione francese,
edito da Rubbettino, l'autrice ci fa notare come in molti casi la vita e il
pensiero di Mary Wollstonecraft siano stati analizzati senza tenere in
debito conto l'ambiente in cui l'autrice viveva, maturava le sue esperienze,
apprendeva, rifletteva e, come vedremo, riusciva a rivedere le sue posizioni
alla luce di nuove esperienze.
Considerarla al di fuori della realta' in cui viveva ed operava puo'
spiegare molte delle critiche che le sono state fatte da ambienti
conservatori e da parte di alcune correnti del femminismo. Il merito della
Modugno e' di offrirci finalmente, grazie anche all'ottica di genere, un
quadro completo della vita della pensatrice, del contesto normativo e
sociale dell'Inghilterra del suo tempo che la porto', grazie anche al
contatto con i radicali ed i repubblicani inglesi del XVIII secolo, e al
pensiero di Mary Astell, Lady Montague, Catherine Macaulay, Olimpia De
Gouges, ad elaborare non solo quelle che spesso vengono definite
riduttivamente "rivendicazioni", dal suo libro piu' famoso A Vindication of
the Rights of Woman, (in italiano I diritti delle donne, a cura di Franca
Ruggeri, Editori riuniti, Roma 1977), ma una vera e propria teoria politica
con proposte di cambiamento per lo sviluppo dell'individuo e della societa'.
*
La Wollstonecraft, vivendo e subendo in prima persona la condizione di donna
inglese del XVIII secolo, finita in poverta' a causa della gestione
dissennata del patrimonio familiare da parte del padre, privata di una
regolare istruzione - riservata solo ai figli maschi - e dell'eredita' del
nonno - lasciata solo al fratello -, e costretta comunque a procurarsi da
vivere col lavoro, seppe sfruttare i suoi studi di autodidatta e riusci' ad
entrare in contatto di collaborazione con le menti piu' aperte del tempo.
Le sue vicende personali e le riflessioni scaturite da esse sulle
consuetudini e sulle leggi che permettevano che certe cose accadessero, la
portarono ad elaborare teorie originali anche rispetto ai suoi piu' famosi
contemporanei con i quali ebbe continui e produttivi confronti.
Fu, infatti, assai apprezzata negli ambienti del radicalismo inglese ed in
particolare da Richard Price, Joseph Priestley, William Goodwin, tutti
pensatori ancora oggi molto noti e sempre nominati dai libri di storia,
filosofia e politica, mentre di lei purtroppo non appare che, a volte,
qualche cenno.
William Godwin, contrariamente ai suoi principi, la volle addirittura
sposare, e l'amo' e stimo' profondamente, anche se le loro idee in alcuni
campi divergevano vistosamente, fino a quando lei non mori' mettendo al
mondo la loro figlia.
Fu la prima a controbattere con enfasi le tesi di Edmund Burke, difendendo
gli ideali della rivoluzione francese e provocando un vivace dibattito tra
gli intellettuali del tempo, ma seppe anche riconsiderare alcune sue
convinzioni dopo aver sperimentato gli esiti della rivoluzione e cioo'
vivendo nella Parigi del Terrore.
Non temette di ricredersi, di rivedere la sua idea, anche se questo la
riavvicino' in parte al soggetto delle sue ardenti critiche, Burke.
*
Sicuramente la fama che circonda Mary Wollstonecraft e' legata al suo libro
A Vindication of the Rights of Woman, ma Roberta Modugno ci fa comprendere
quanto quel libro, pur essendo un caposaldo nelle rivendicazioni dei diritti
delle donne, non sia stato l'unico suo contributo alla causa femminista in
particolare, e di rispetto dei diritti umani in generale.
Basti pensare alle sue battaglie per l'istruzione pubblica per tutti e
tutte, istruzione che doveva essere presentata come un'attivita' piacevole e
passare preferibilmente attraverso esempi e conversazioni, lasciando a volte
da parte i libri perche' i giovani potessero svolgere un ruolo attivo nella
loro formazione; a quelle per l'imprescrittibilita' dei diritti umani di
liberta', proprieta' e resistenza all'oppressione, sanciti dalla rivoluzione
Francese, che sosterra' contro i diritti storicizzati di Burke, e dove per
proprieta' privata intende la proprieta' di coloro che vivono del proprio
lavoro e non solo quella del ricco. Famose le sue tesi contro le Game Law,
per una giusta rappresentanza parlamentare e per migliorare le condizioni
dei piu' poveri.
Si batte' per il cambiamento delle leggi sull'eredita' (con Paine) e contro
i diritti derivati dalla primogenitura. Combattere contro queste leggi
voleva dire anche evitare i matrimoni combinati, visti come prostituzione
legalizzata, e il fatto che le donne venissero educate solo per farne
graziosi ornamenti in vista di matrimoni vantaggiosi.
Per sostenere queste tesi la Wollstonecraft dimostro' come le donne cosi'
educate non potessero, non solo sviluppare le funzioni della loro mente, ma
neanche svolgere bene il loro compito nella societa', mentre con una valida
istruzione "la signora raffinata diventerebbe una donna razionale, potrebbe
sentire il dovere di sovrintendere la propria famiglia e nutrire i propri
figli" (p. 116).
Proprio affermazioni come queste hanno provocato critiche da parte di alcune
femministe alla Wollstonecraft di essere legata ad un ruolo materno per la
donna, favorendo la continuita' delle due sfere contrapposte
pubblico-privato. Si deve pero' tenere presente che alla Wollstonecraft si
deve la teorizzazione del valore pubblico della vita domestica e quindi
dell'attivita' delle donne, anticipando in qualche modo il motto femminista
del "personale e' politico".
Roberta Modugno ci fa riflettere anche sul fatto che "per le prime
emancipazioniste sottolineare il ruolo materno era praticamente
indispensabile al fine di rendere plausibili ed accettabili le proprie
rivendicazioni. In questo modo si potevano esprimere anche le idee piu'
radicali assicurando che le donne pur emancipate non avrebbero trascurato i
loro doveri materni e domestici" (p. 176).
In ogni caso il rivendicare diritti civili e politici per le donne era una
cosa davvero rivoluzionaria tanto che in molte/i si rifiutarono addirittura
di leggere il suo libro ritenendolo sconveniente.
Considerando poi la vita e le esperienze di Mary Wollstonecraft si puo'
facilmente comprendere il vero significato del suo pensiero che vedeva
nell'emancipazione femminile la condizione indispensabile per il
miglioramento e la rigenerazione dell'intera societa' da attuarsi attraverso
l'educazione.
*
Roberta Modugno sgombera quindi il campo dalle critiche che accusano la
Wollstonecraft di essere meno incisiva e meno radicale nelle sue richieste
di Olimpia De Gouges, che si trovo' a fare proposte rivoluzionarie in una
rivoluzione, e che poi [dal potere maschile e terrorista] fu giustiziata.
In realta' come abbiamo detto, Roberta Modugno ci mostra chiaramente che la
Wollstonecraft ritenne, proprio alla luce delle sue esperienze e della sua
formazione, di comportarsi in modo piu' prudente per poter richiedere per le
donne Inglesi i diritti rivoluzionari di cittadinanza e di rappresentanza
politica.
Basti pensare a quanto anche le femministe del XIX e anche del XX secolo,
per cercare di ottenere i diritti civili e politici richiesti, siano state
attente a che non si potesse mettere in dubbio la loro moralita' o che le
loro richieste avrebbero potuto danneggiare l'istituto familiare (americane,
inglesi, italiane).
Un libro bello e completo, quindi, che fa luce su molti aspetti e sgombra il
campo da tanti pregiudizi legati, come ho detto all'inizio, ad una lettura
parziale dell'autrice, considerata come isolata dal contesto sociale,
politico e culturale in cui visse.
Destino purtroppo comune a tante pensatrici che spesso porta a dire che non
esiste una continuita' nel pensiero femminista e che proprio per questa
ragione esso manchi dell'autorevolezza che la continuita' assicura al
pensiero classico (maschile).
12. LETTURE. AMELIE NOTHOMB: IGIENE DELL'ASSASSINO
Amelie Nothomb, Igiene dell'assassino, Voland, Roma 1997, Guanda, Parma
2002, pp.178, euro 6,80. Un brillante testo narrativo della scrittrice
belga, condotto sul filo di uno scintillante dialogo.
13. RILETTURE. ALBERT CAMUS: L'UOMO IN RIVOLTA
Albert Camus, L'uomo in rivolta, Bompiani, Milano 1957, 1976, pp. 344. Un
grande libro di uno dei piu' nitidi pensatori e militanti per i diritti e la
dignita' umana.
14. RILETTURE. FRANCOISE SIRONI: PERSECUTORI E VITTIME
Francoise Sironi, Persecutori e vittime, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 212,
euro 23,24. Ancora una volta segnaliamo e raccomandiamo questo importante
libro della psichiatra e docente universitaria francese, direttrice del
"Centro di etnopsichiatria Georges Devereux" e fondatrice del "Centro Primo
Levi" di Parigi, specializzato nell'assistenza alle vittime di tortura e
violenza collettiva.
15. RILETTURE. FRANCO VENTURI: IL POPULISMO RUSSO
Franco Venturi, Il populismo russo, Einaudi, Torino 1952, 1972, tre volumi
per complessive pp. CXXIV + 1.314. Un capolavoro storiografico che e' anche
una straordinaria occasione per riflettere in profondita' su cruciali
questioni di politica e morale.
16. RILETTURE. VERA ZASULIC, OLGA LJUBATOVIC, ELIZAVETA KOVALSKAJA: MEMORIE
DI DONNE TERRORISTE
Vera Zasulic, Olga Ljubatovic, Elizaveta Kovalskaja, Memorie di donne
terroriste, Savelli, Roma 1979, pp. 192. Tre testimonianze su cui una
riflessione e' ancora ineludibile.
17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 691 del 2 ottobre 2003