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LETTERA APERTA AL MINISTRO CASTELLI



LETTERA APERTA AL MINISTRO CASTELLI

Nei giorni scorsi lei ha dichiarato (in merito alla chiusura delle indagini
su Diaz e Bolzaneto) che "ci tiene a difendere il buon nome degli agenti
della polizia penitenziaria" e, si stupisce perché "nessun magistrato ha
avuto la curiosità di chiederle cosa ha visto", nonostante lei fosse
presente a Bolzaneto nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001.

Ebbene, glielo chiedo io signor ministro, cosa ha visto nella Caserma di
Genova Bolzaneto?

Vuol rispondere di nuovo, come già fece davanti alla commissione d'indagine
il 6 settembre 2001, che "la situazione era tutto sommato normale?" che
"Nelle celle c'erano una decina di ragazzi, da una parte con un agente
della polizia penitenziaria e una ragazza dall'altra parte?".  Che quando
alla sua domanda "come mai si trovassero in quella posizione, rivolti verso
il muro, in piedi" e le è stato risposto che "avevano fatto così per
evitare il pericolo che gli uomini potessero dar fastidio alla ragazza" lei
ci ha creduto?

Risponderebbe di nuovo che "Al di là di casi singoli malaugurati, non si
sono verificati gravissimi
problemi. Qualcuno ha pagato il prezzo di rimanere troppe ore in piedi. Non
so se sia una cosa gravissima.. I metalmeccanici per 35 anni lavorano in
piedi dalla mattina alla sera. E non li ho mai sentiti lamentarsi?"  E di
fronte all'accusa di aver costituito un lager risponderebbe di nuovo che
"Un lager non è un campo di concentramento, e che diverso è costituire un
campo di concentramento, termine che non ha un'accezione negativa di per
sé"?

Vede signor ministro, le conclusioni della procura di Genova, che si
prepara a chiedere il rinvio a giudizio di 42 tra poliziotti, agenti e
medici della penitenziaria e carabinieri, dice cose un po' diverse.  Parla
di violenze e torture, trattamenti inumani e degradanti, sospensione di
diritti umani fondamentali, mancate cure mediche a persone già ferite,
mancate telefonate a familiari, avvocati, consolato per gli stranieri,
tutti i detenuti scomparsi nel nulla, "desaparecidos". E non parla di
"alcuni casi isolati" ma di centinaia di persone che durante quei giorni
passarono molte ore a Bolzaneto e che coraggiosamente hanno poi denunciato
i fatti alla magistratura.

Racconta di mani spezzate a Bolzaneto, di suture senza anestesia, di
ragazze trascinate per la collottola e coperte di sputi ed ingiurie da due
ali di agenti, prese a calci durante il tragitto verso il bagno. Parla di
canzonette fasciste, di ragazze e ragazzi nudi, derisi ed umiliati. (Viva
il duce, bastardi comunisti, ebrei di merda, un due tre viva Pinochet, a
morte tutti gli ebrei, troie, puttane, ne abbiamo ammazzato uno ma dovevamo
ammazzarne cento, manganello, manganello,  ecc, ecc.)

Ci dice che non furono somministrati né cibo, né acqua, che i giovani
furono coperti di pugni e calci, costretti a rimanere per ore in piedi col
volto verso il muro, gambe divaricate, braccia alzate, anche se feriti,
spruzzati da gas urticante, minacciati di morte e di altre violenze.
(Mancava solo l'olio di ricino per completare il quadro)

Vede, signor ministro, quanto descritto dalla procura di Genova non mi è
nuovo. La notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, durante la sua visita a
Bolzaneto, c'era anche mia figlia Sara di 21 anni, di Lecco, come lei. Dopo
essere stata ferita dalle manganellate alla scuola Diaz ed una breve
permanenza in ospedale nonostante un  "trauma cranico" è stata sequestrata
e portata, ammanettata a Bolzaneto e vi è rimasta fino al 23 luglio;  più
di 24 ore nel lager (pardon, campo di concentramento).  Io e mio marito
l'abbiamo cercata ovunque senza trovarla, scomparsa in Italia, per più di
30 ore, forse avremmo dovuto chiedere a lei se l'aveva vista?

Se davvero lei vuol difendere il buon nome degli agenti e dei medici
penitenziari lo dimostri.  Si legga le conclusioni della Procura di Genova
e sospenda tutti quelli che sono indagati per questi gravissimi fatti,
chieda scusa, a nome dello Stato Italiano che lei rappresenta, a tutti
quelli che, italiani e stranieri, hanno vissuto, sulla loro pelle, i giorni
più bui della nostra democrazia negli ultimi anni.

Enrica Bartesaghi -  Presidente comitato verità e giustizia per Genova