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La nonviolenza e' in cammino. 678
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 678
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Thu, 18 Sep 2003 19:07:26 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 678 del 19 settembre 2003
Sommario di questo numero:
1. Severino Vardacampi: la scomparsa di Sergio Ortega
2. Fausto Concer: sulla proposta di Lidia Menapace per un'"Europa neutrale"
3. I "caschi bianchi" dell'Associazione papa Giovanni XXIII partono in
missione di pace
4. Resoconto della carovana della pace 2003
5. Associazione per i popoli minacciati: un appello ai governi europei per i
profughi in Inguscezia
6. Ellen Siegel: una lettera ai superstiti di Sabra e Chatila
7. Un convegno sulla memoria
8. Il 5 ottobre a Verona incontro del Movimento Nonviolento
9. Pax Christi: con la bandiera della pace alla marcia Perugia-Assisi
10. Maria G. Di Rienzo: per un uso critico dei media
11. Roberto Zanini intervista Lori Wallach
12. Ileana Montini: "martiri", un'analisi sociologica
13. Filippo Gentiloni presenta la rivista "Dharma"
14. Riletture: Aldo Capitini, Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con
Sara Melauri
15. Riletture: Aldo Capitini, Origine, caratteri e funzionamento dei C. O.
S.
16. Riletture: Jean e Hildegard Goss-Mayr, La nonviolenza evangelica
17. Riletture: Sergio Ramirez (a cura di), Racconti nicaraguensi
18. Riletture: Tolstoi verde
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'
1. LUTTI. SEVERINO VARDACAMPI: LA SCOMPARSA DI SERGIO ORTEGA
[E' deceduto lunedi' notte a Parigi a 65 anni, per un cancro fulminante al
pancreas, il compositore cileno Sergio Ortega Alvarado, uno dei grandi
musicisti della "nueva cancion chilena", autore delle piu' famose canzoni
dell'esperienza di Unidad Popular di Salvador Allende, come Venceremos e El
pueblo unido jamas sera' vencido; aveva composto anche musiche per film e
canzoni basate su testi letterari. Nato il 2 febbraio 1938 ad Antofagasta,
studi al Conservatorio nazionale della universita' del Cile, sotto la
direzione di Gustavo Becerra Schmidt e in seguito di Roberto Falabella,
nella stessa classe con Luis Advis Vitaglich; inizio' a lavorare come
funzionario dell'"Instituto de Extension Musical" e per sei anni nel teatro
"Antonio Varas"; professore di composizione del Conservatorio nel 1969 e
1970, tenne poi fino al 1973 la direzione artistica del canale della
televisione della Universidad de Chile; da trent'anni risiedeva a Parigi
dove si era trasferito in esilio dopo il colpo di stato di Augusto Pinochet,
ed era direttore dell'Ecole Nationale de Musique di Pantin]
C'e' una generazione, la mia, che ha conosciuto l'America Latina e se ne e'
innamorata attraverso il Canto general di Pablo Neruda; c'e' una
generazione, la mia, che senti' il golpe cileno come una ferita al nostro
cuore, una ferita non piu' rimarginata. C'e' una generazione, la mia, che
ancora piange ogni volta che intona la Marsigliese o l'Internazionale o El
pueblo unido jamas sera' vencido. C'e' una generazione, la mia, che apri' le
sue case agli esuli cileni cosi' come quegli stessi esuli e i loro genitori
a suo tempo aprirono le case agli esuli di Spagna: Ma non e' della nostra
infranta gioventu' che vogliamo qui parlare.
E' della scomparsa di Sergio Ortega, l'autore appunto di quel "pueblo unido"
che "jamas sera' vencido", una delle voci della nueva cancion chilena che
con Violeta Parra e Victor Jara seppe portare quel sud dolente e coltissimo,
festoso ed austero, in tutto il mondo, all'orecchio ed al cuore
dell'umanita' intera.
Della scomparsa di Sergio Ortega, ma anche della gratitudine per le
magnifiche sue canzoni qui diciamo. Della scomparsa, ma anche della
presenza. E, verrebbe quasi da aggiungere con linguaggio capitiniano: della
compresenza.
Hasta siempre, Sergio.
2. RIFLESSIONE. FAUSTO CONCER: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE PER
UN'"EUROPA NEUTRALE"
[Ringraziamo Fausto Concer (per contatti: faustoconcer@libero.it) per questo
intervento. Fausto Concer e' impegnato in varie esperienze, particolarmente
a Bolzano e a Bologna, per la pace, i diritti dei popoli, la difesa della
Costituzione, un'economia di giustizia e di solidarieta'. Il noto testo
gramsciano cui si fa riferimento e' l'articolo apparso sul "Grido del
popolo" del 31 ottobre del 1914, ora anche in Antonio Gramsci, Le opere,
Editori Riuniti, Roma 1997, pp. 3-7]
Ritengo, a proposito del dibattito per un'"Europa neutrale", che per
rafforzare il concetto e l'ottima proposta di Lidia e per evitare qualsiasi
tipo di ambiguita' e incomprensione, sarebbe utile affiancare al termine
neutrale i termini "attiva" e "operante": ovvero parlare di "neutralita'
attiva e operante", una neutralita' coinvolta sempre e comunque, impegnata
nell'affrontare i conflitti, operante (appunto) per la risoluzione delle
cause che provocano le guerre. L'esatto contrario dell'aberrante "me ne
frego".
Si tenga conto, inoltre, che l'espressione "neutralita' attiva ed operante"
ha un illustre progenitore, ovvero quell'Antonio Gramsci assassinato da quel
regime criminale che lo aveva spedito, in quanto oppositore comunista, in
"vacanza", per dirla con il presidente del consiglio dei ministri, che di
quel regime a molti sembra aspirante epigono.
3. INIZIATIVE. I "CASCHI BIANCHI" DELL'ASSOCIAZIONE PAPA GIOVANNI XXIII
PARTONO IN MISSIONE DI PACE.
[Dagli amici dell'Operazione Colomba e della Comunita' papa Giovanni XXIII
(per contatti: caschi_bianchi.apg23@libero.it) riceviamo e diffondiamo.
Salutiamo con commozione le ragazze e i ragazzi in partenza, che abbiamo
conosciuto quando sono venuti a trovarci a Viterbo durante il loro percorso
formativo]
Quindici ragazzi, tra cui cinque obiettori di coscienza, sette ragazze in
servizio civile volontario, due ragazzi che pur riformati hanno deciso di
svolgere comunque il servizio civile volontario, partiranno nei prossimi
giorni (dal 20 al 26 settembre) per America Latina (Bolivia, Cile), Africa
(Kenia, Zambia), e probabilmente Medio Oriente.
I ragazzi, originari di tutta Italia, dalla Sicilia al Veneto, sono entrati
in servizio il primo luglio e, dopo un articolato percorso di formazione
preparatoria durato due mesi, svolgeranno il proprio servizio civile presso
strutture di accoglienza dell'Associazione Comunita' papa Giovanni XXIII o
presso organizzazioni estere che hanno rapporti di cooperazione con la
comunita'.
La "Papa Giovanni XXIII" e' da tempo impegnata nell'invio di obiettori di
coscienza all'estero in missioni umanitarie e di intervento nonviolento in
aree di conflitto e di crisi strutturale (cosiddetti "Caschi bianchi"). I
primi obiettori in missione infatti risalgono al 1993, e svolsero la loro
attivita' in disobbedienza civile, non esistendo all'epoca nessun
riconoscimento normativo del servizio civile all'estero, riconoscimento
intervenuto in seguito con la legge 230/1998 (art. 9).
Dallo scorso anno al progetto "Caschi bianchi" partecipano anche le donne
che hanno scelto il servizio civile volontario ai sensi della legge 64/2001.
"E' proprio con l'approvazione della legge 64/2001 che istituisce il
servizio civile nazionale, e con la conseguente sospensione della leva
obbligatoria nel 2005, che si e' aperta una nuova fase dove il modello del
servizio civile e' fondato non piu' sull'obbligatorieta', ma sulla
disponibilita' dei giovani al servizio volontario" - afferma don Oreste
Benzi, presidente della Comunita' papa Giovanni XXIII - "ed in questo
contesto le esperienze dei caschi bianchi possono contribuire a rilanciare e
approfodire il tema del servizio civile europeo umanitario, tema inserito
anche all'art. 223 cap. IV sez. III della bozza di Convenzione per una
Costituzione Europea. I giovani che scelgono il servizio civile all'estero
dimostrano di essere pionieri della pace e della ricerca dell'infinito".
Per ulteriori informazioni: Associazione Comunita' papa Giovanni XXIII,
servizio obiezione e pace, tel. 0541752130, sito: www.apg23.org
4. ESPERIENZE. RESOCONTO DELLA CAROVANA DELLA PACE 2003
[Da padre Mose' Mora (per contatti: mosemora@libero.it) riceviamo e
diffondiamo questo resoconto della carovana per la pace 2003. Padre Mose'
Mora e' segretario della Commissione giustizia e pace degli istituti
missionari comboniani]
"Abbiamo osato la strada - afferma Silvia, una dei 15 giovani carovanieri -
mescolandoci con la gente e bussando a molte porte. E' stata una vera
missione popolare ispirata ai quarant'anni della Pacem in Terris e vissuta
tra le periferie di alcune citta' italiane e santuari storici di memoria
profetica. Ci sono state consegnate tante speranze, sogni e sofferenze. Come
giovane mi sento interpellata, non posso piu' tacere e rimanere impassibile
alla realta' che mi circonda. "I care" ancora... mi sta a cuore... Grazie!".
La "Carovana della pace", che nel 2002 ha toccato dieci citta' italiane
proponendo il tema "La pace nelle nostre mani: non solo utopia", si e'
rimessa in cammino e ha concluso il 15 settembre 2003 a Limone sul Garda
(Bs) il suo itinerario costruito sulla sfida dell'"Osare un tempo nuovo".
I quindici giovani insieme ad alcuni missionari comboniani sono partiti il 4
settembre da Assisi. La cittadina di San Francesco e' imponente. Le viuzze
straripano di turisti curiosi. L'appuntamento avviene fuori le mura con il
Movimento Nonviolento in cammino verso Gubbio. Due rappresentanti della
carovana continueranno il cammino con loro, mentre gli altri si sparpagliano
per la citta' incontrando la gente e diverse comunita' religiose. Il vescovo
apre le porte e condivide il suo desiderio di pace.
L'indomani l'invio dalla Porziuncola corona la partenza per Napoli.
L'incontro e l'accoglienza di Rosario e dei suoi ragazzi, della comunita'
"Crescere Insieme", colora la discesa al rione Sanita'. I rumori, la
concentrazione del traffico e il continuo mondo umano che si muove tra i
rioni, sono interrotti dai brevi e intensi momenti di ascolto con gente
della strada, dalle vie dei quartieri spagnoli alle grotte della Sanita'.
Momenti di preghiera ecumenica e piste di riflessione di alcuni testimoni
locali trovano la sintesi nell'affermazione di un ragazzino che, vedendo il
nostro passaggio dal secondo piano di casa sua, grida: "Andate a fare pace?
Vengo anch'io, aspettatemi!".
E' quella pace con giustizia e rispetto dei diritti degli immigrati che la
comunita' comboniana presente in Castel Volturno ci consegna durante
l'eucarestia africana domenicale. Un ulteriore invio verso la tappa
successiva: Roma.
Le giornate sono intense di incontri: dal quartiere Laurentino 38 alla
"Misna", dagli immigrati nei pressi della stazione Tiburtina al Centro
Astalli e Libera, dall'incontro nazionale dell'Azione Cattolica alle tende
del vangelo in piazza, dalla rete di Lilliput alla Caritas, dai comboniani
riuniti in capitolo generale, ai quali si e' consegnato un documento frutto
della scrittura collettiva della carovana, alla saggia giovinezza di fratel
Arturo Paoli, dalle profetiche e lapidarie parole di don Luigi Ciotti e
padre Alex Zanotelli al determinato forte e tenero coraggio di suor Rachele,
missionaria comboniana in Uganda, e di Bienvenu, rifugiato politico
congolese. Sono volti, parole e azioni per dire che e' possibile osare un
tempo nuovo.
E il viaggio continua. L'impegno inizia da ieri, perche' anche le querce
hanno memoria e Montesole e Marzabotto ce lo ricordano. In un momento in cui
alcune istituzioni sembrano negare la memoria storica la carovana ricorda la
figura di don Giuseppe Dossetti, padre della Costituzione, e tutte le
vittime innocenti morte nella strage del 1944. La terra a Montesole e'
ancora intrisa di sangue, ma la preghiera costante e silenziosa delle
comunita' dossettiane urla speranza e riscatto, sa di resurrezione.
Con le piccole fiaccole consegnate nella notte dagli amici di Maranello che
ci hanno guidato sui sentieri della memoria, raggiungiamo l'isolata Barbiana
e invochiamo l'intercessione del priore per motivare, anche con le parole di
Nanni e di altri amici, il nostro "I care".
E con il cuore pieno di vite e di storie, ci immergiamo nel bagno di folla
che si sposta da Agliana a Quarrata, per dire che i diritti o sono di tutti
o non sono di nessuno.
Anche da Korogocho, con padre Daniele raggiunto telefonicamente, l'invito a
continuare a camminare senza confini rafforza l'invio celebrato a Brescia
delle sei nuove missionarie comboniane.
La carovana della pace 2003 si cnclude a Limone sul Garda per fare memoria
attiva e celebrare la profezia del missionario Daniele Comboni. E' osando
che nascera' un tempo nuovo.
Buon cammino.
5. APPELLI. ASSOCIAZIONE PER I POPOLI MINACCIATI: UN APPELLO AI GOVERNI
EUROPEI PER I PROFUGHI IN INGUSCEZIA
[Dall'"Associazione per i popoli minacciati" di Bolzano (per contatti:
info@gfbv.it) riceviamo e diffondiamo]
Mercoledi' scorso il campo di profughi di Bella in Inguscezia, che ospita
fino a 1.186 civili ceceni e' stato isolato dal resto del mondo.
L'"Associazione per i popoli minacciati" rivolge un appello urgente ai
governi europei affinche' si impegnino presso il governo russo a favore dei
profughi ceceni e tentino di evitare il rimpatrio coatto dei profughi.
Gia' durante i controlli dei passaporti i profughi erano stati messi sotto
pressione perche' lasciassero l'Inguscezia; ora si teme che il campo
profughi venga eliminato lontano dagli occhi del mondo e che le persone
vengano costrette a tornare in Cecenia dove corrono seri rischi per la
propria vita.
Secondo i dati forniti dall'Alto commissariato per i profughi dell'Onu
(Acnur), in Inguscezia vivono circa 98.000 profughi ceceni, di cui 17.000 in
tendopoli quali quella di Bella. Secondo l'Ufficio migrazione ingusceto
nella tendopoli di Bella vivono 696 persone, invece secondo i calcoli degli
stessi profughi ci vivono 1.186 persone.
Nonostante il grande impegno dell'Acnur, Ahmed Kadyrov, il burattino di
Mosca in Cecenia, prosegue nel suo intento di eliminare con l'uso massiccio
della forza ogni apparenza di guerra in Cecenia, tra cui appunto anche i
campi profughi.
L'amministratore che difende gli interessi russi in Cecenia nonche' unico
candidato con possibilita' di successo alle elezioni presidenziali cecene
del prossimo 5 ottobre, aveva comunicato gia' il 13 agosto all'agenzia di
stampa "Interfax" che i campi profughi avrebbero dovuto sparire entro il
primo ottobre.
6. MEMORIA. ELLEN SIEGEL: UNA LETTERA AI SUPERSTITI DI SABRA E CHATILA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 settembre 2003 riprendiamo questa
lettera aperta di Ellen Siegel - infermiera ebrea di nazionalita' americana,
volontaria nel 1982 al Gaza Hospital di Sabra - ai sopravvissuti e ai
profughi palestinesi di Sabra e Chatila in occasione del ventunesimo
anniversario del massacro del 1982 nel quale furono uccise oltre tremila
persone. In quanto cittadina ebrea americana Ellen Siegel ha testimoniato
davanti alla Commissione di inchiesta israeliana a Gerusalemme presieduta
dal giudice Kahan; e' vicepresidente del Medical Committee of American Near
East Refugee Aid, ed e' esponente del movimento per la pace ebraico]
Miei cari amici,
per la prima volta, dopo vent'anni, sono recentemente tornata a Beirut, a
Chatila e al Gaza Hospital a Sabra, dove avevo lavorato come infermiera
volontaria quell'estate del 1982.
Sono tornata per ripercorrere quella tragica esperienza. Per ricordare, per
essere li' accanto a voi, per esprimervi la mia solidarieta' e soprattutto
rendere omaggio a voi e alla memoria dei vostri cari.
Il primo giorno, all'alba, mi sono diretta verso il campo e un'auto mi ha
lasciata davanti a quella che era stata l'entrata del Gaza Hospital, la'
dove le milizie falangiste, vent'anni fa, radunarono tutti i sanitari del
nosocomio, medici e paramedici. Quello che una volta era stato il posto dove
le palestinesi e le libanesi del campo venivano per dare alla luce i loro
bambini, dove gli abitanti andavano per operarsi, e dove i sanitari
cercavano di soddisfare le esigenze sanitarie dei rifugiati, e dove allora
sventolava un'enorme bandiera della Croce rossa, e' ora divenuto un posto
quasi inabitabile dove vivono molti palestinesi rimasti, alcuni da allora,
altri dalla meta' degli anni ottanta, senza casa.
L'entrata e' buia, maleodorante, infestata dai topi, coperta di immondizie.
Per arrivare alle scale e per salire ai piani superiori occorre avere una
torcia o dei fiammiferi. Vi abitano molti palestinesi, libanesi e immigrati
da altri paesi arabi che vi si sono istallati alla ricerca di un tetto. Il
pozzo che usavano per prendere l'acqua e' stato recentemente distrutto e
cosi' sono persino costretti a comprare l'acqua potabile. Fili elettrici,
fissati alla meglio, pendono pericolosamente dalle pareti e dai soffitti. Le
condizioni nelle quali sono costretti a vivere sono indegne per qualsiasi
essere umano.
Sono salita fino all'ottavo piano e affacciata al parapetto ho visto di
nuovo sotto di me l'intero campo: le strade, le stradine, i vicoli
strettissimi e a qualche centinaio di metri, in posizione dominante [il
campo sorge in una sorta di avvallamento - ndr] l'edificio dove nel 1982
l'esercito israeliano aveva istallato il suo comando avanzato.
L'ultima volta che mi ero affacciata a quel parapetto dall'ultimo piano
dell'ospedale era una notte di settembre di vent'anni fa. Una notte
illuminata a giorno dai bengala lanciati dall'esercito israeliano che
esplodevano sul campo. Guardando di nuovo da quella stessa posizione, due
decenni dopo, con i miei stessi occhi, mi e' stato chiaro che gli ufficiali
e i soldati israeliani, con i loro potenti cannocchiali, erano perfettamente
a conoscenza di quel che stava avvenendo nei campi.
Scesa in strada, ho proseguito lungo la via principale di Sabra, oggi assai
piu' affollata del 1982, e da li' mi hanno portato a visitare i rifugi dove
molti abitanti tentarono di nascondersi in quei giorni terribili. Ho rivisto
i muri delle esecuzioni di massa con ancora i fori dei proiettili. Il
complesso dei vicoli, dei cortili, delle stradine e' talmente intricato da
rendere assai complesso un massacro sistematico come quello del 1982. Non si
tratto' certo di un evento casuale ma di un'operazione attentamente
pianificata per portare avanti la quale fu necessario uno stretto
coordinamento.
La fossa comune, alla fine della strada principale, e' stata pulita e
risistemata per le commemorazioni e un muro di mattoni sorge sul luogo dove
un plotone di esecuzione allineo' i lavoratori dell'ospedale. Sono passata
poi davanti all'ambasciata del Kuwait e dopo aver attraversato una vasta
rotatoria sono arrivata a quello che allora era un abbandonato edificio
delle Nazioni Unite dove ci interrogarono. La' vicino, in posizione
dominante sul campo sottostante, c'e' ancora l'edificio usato dagli
israeliani come comando avanzato.
Nel corso della mia visita ho incontrato molti di voi, i sopravvissuti e le
famiglie delle vittime. Ho partecipato alle commemorazioni sul luogo della
fossa comune. Ho portato delle rose e le abbiamo piantate insieme. Dentro di
me ho recitato il Kaddish, la preghiera ebraica per i morti. Pochi giorni
dopo, privatamente, senza cerimonie, sono andata di nuovo a visitare la
fossa comune e la' ho visto la spesso muta disperazione e straziante
tristezza per le persone amate che vi sono state sottratte. Poi mi ha
assalito la triste consapevolezza che un'altra generazione di palestinesi
sta crescendo nella disperazione dei campi.
Le donne palestinesi di Sabra e Chatila sono straordinarie. Senza alcuna
colpa avete passato la gran parte della vostra vita adulta da uno squallido
campo profughi all'altro mentre una volta vivevate in ridenti villaggi nella
Palestina settentrionale. Lavoravate nei campi, raccoglievate i foraggi,
allevavate delle greggi. Eravate autosufficienti. Eppure per tutta questa
tragedia costituita dal diventare profughi siete rimaste forti e piene di
orgoglio. Non avete mai perso la vostra dignita'. Nei vostri confronti non
si puo' che avere il massimo rispetto. Il popolo palestinese ha una
incredibile pazienza. Voi state ancora aspettando di tornare nella vostra
patria, state ancora aspettando di avere giustizia.
Ogni tanto c'e' un fugace raggio di speranza, come quando il Belgio approvo'
la legge sui crimini di guerra. Per un attimo avete pensato che Ariel
Sharon, Amos Yaron e gli altri responsabili per quel massacro sarebbero
stati processati come criminali di guerra. Alcuni di voi sono andati in
Belgio, molti di voi hanno testimoniato in modo dettagliato su quei giorni
oscuri di vent'anni fa. Avete tirato fuori le grandi fotografie ingiallite
dei vostri cari scomparsi - le vostre comuni memorie. Per un po' e' sembrato
che ci sarebbe stato un processo. Al fine i sopravvissuti avrebbero avuto la
possibilita' di raccontare le loro storie davanti ad un tribunale ufficiale.
Sembra pero' che cio' per il momento non avverra'. A causa delle enormi
pressioni sul governo belga di Israele e degli Stati uniti sembra che ancora
una volta non sara' resa giustizia nonostante sia chiaro che questo massacro
non sarebbe potuto avvenire senza la partecipazione attiva dell'esercito
israeliano sotto il comando di Ariel Sharon, Amos Yaron e altri. L'esercito
israeliano impedi' ai terrorizzati abitanti dei campi di fuggire e di
mettersi in salvo, lancio' i bengala in modo che i falangisti potessero
individuare le loro vittime, forni' i bulldozer per aiutare a coprire il
massacro mentre i suoi comandi erano in costante contatto con gli assassini
e ben sapevano quel che stava avvenendo. La Commissione d'inchiesta
israeliana decise che Sharon aveva una responsabilita' indiretta - una
conclusione contestata da molti al di fuori dell'establishment israeliano. I
falangisti portarono avanti materialmente il massacro di uomini, donne e
bambini e anche di loro si dovra' tener conto nella nostra ricerca di
giustizia.
Di sicuro i palestinesi sopravvissuti non potranno mai avere un processo
equo in Israele. Basta pensare che il governo israeliano ha respinto ogni
responsabilita' anche in un caso come quello della morte di Rachel Corrie.
Sembra che il guidatore del bulldozer non avesse visto la ragazza che stava
davanti al mezzo agitando le mani. Se Rachel Corrie, cittadina americana,
non ha potuto avere giustizia in Israele figuriamoci gli abitanti
palestinesi di Sabra e Chatila.
In ogni caso, i vostri amici d'ogni parte del mondo cercheranno ora di
aiutarvi il piu' possibile e in questo ventunesimo anniversario saranno
ancora al vostro fianco. Scriveremo lettere, faremo telefonate, scriveremo
articoli, manderemo e-mail, organizzeremo dibattiti, invieremo interventi.
Mentre voi ancora aspettate giustizia sappiate che la vostra causa non e'
stata abbandonata e non lo sara' mai. Gli anziani che incontrai nel mio
primo viaggio se ne sono andati da lungo tempo, sepolti in terra libanese. I
loro figli e i loro nipoti sono ancora nei campi. Non e' cambiato molto in
questi trent'anni: le fogne a cielo aperto sono sempre la', cosi' come le
baracche di una sola stanza. Dell'acqua corrente non c'e' ancora traccia. E
i palestinesi aspettano ancora di tornare alla loro terra. Non so quante
generazioni ancora dovrete attendere per avere giustizia ma so che non
dovete disperare. Da parte nostra continueremo a lottare con voi finche'
giustizia non sara' stata fatta.
7. INIZIATIVE. UN CONVEGNO SULLA MEMORIA
[Dall'amico carissimo Brunetto Salvarani (per contatti:
b.salvarani@carpi.nettuno.it) riceviamo e diffondiamo]
Le riviste "Sefer" di Asti, "Qol" di Reggio Emilia, "Confronti" di Roma, e
il Comune di Bagnolo in Piano organizzano sabato 25 e domenica 26 ottobre
2003 a Bagnolo in Piano (Re) presso il Teatro Gonzaga, in piazza Garibaldi,
il convegno internazionale "Ricordati di ricordare".
*
Sabato 25 ottobre
- ore 16: Apertura del Convegno; saluto del Sindaco di Bagnolo, Claudio
Filippini; relazioni di Brunetto Salvarani (direttore di "Qol"), "Ricordare
o dimenticare? Memoria, identita', speranza"; Paolo Naso (direttore di
"Confronti"), "Memoria e conflitti"; Paolo De Benedetti (redazione di
"Sefer"), "Memoria nell'Ebraismo";
- ore 18: dibattito;
- ore 19,30: cena;
- ore 20,30: tavola rotonda su: "La pluralita' delle memorie", con Davide
Bidussa (storico e saggista, Milano); Mahmoud Elsheik (islamista, Firenze);
Bruno Segre (direttore di "Keshet", Milano); coordina Raffaello Zini
(redazione di "Qol").
*
Domenica 26 ottobre
- Inizio lavori alle ore 9,30: "La memoria che disturba"; relazioni di
Sergio Caldarella (ebraista, Francoforte); Francesco Rossi De Gasperis
(teologo ed esegeta, Gerusalemme); Raffaele Mantegazza (docente di
pedagogia, Universita' La Bicocca, Milano);
- ore 11: "Quale futuro per la memoria; relazioni di Amos Luzzatto
(presidente dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, Venezia); Micaela
Procaccia (redazione di "Confronti", Roma); Giampaolo Andelini (redazione di
"Qol").
*
Hanno inoltre assicurato il loro intervento: Manuela Paggi Sadun (Amicizia
Ebraico Cristiana, Firenze); Franca Ciccolo Fabris (Amici di Neve'
Shalom/Italia); Franco Mosconi (monaco camaldolese); Pietro Mariani Cerati
(redazione di "Qol").
*
Per informazioni: tel. 0522432190, 335346215, 0522654251, 3358331756;
e-mail: torrazzo@libero.it
8. INCONTRI. IL 5 OTTOBRE A VERONA INCONTRO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo e
diffondiamo]
Cari amici,
e' convocata la nona riunione del comitato di coordinamento del Movimento
Nonviolento che si terra' domenica 5 ottobre a Verona, con inizio alle ore
10,30 e termine prevedibile alle ore 17,30. Si ricorda a tutti gli eletti e
ai rappresentanti dei gruppi locali l'importanza del coordinamento, e si
raccomanda la presenza e la puntualita'.
All'ordine del giorno: 1. Approvazione del verbale precedente; 2.
Valutazione della "Assisi-Gubbio"; 3. Verso il XXI congresso del Movimento
Nonviolento; 4. Servizio civile volontario al Movimento Nonviolento; 5.
"Azione nonviolenta"; 6. Stampa degli atti del convegno sulla laicita'; 7.
Ristampa del cd-rom su Aldo Capitini; 8. Resoconto delle attivita' estive;
9. Sedi e sezioni locali; 10. Varie ed eventuali.
Il giorno precedente la riunione, sabato 4 ottobre, vi sara' una festa, a
partire dalle ore 16, per la ricorrenza dei quindici anni della Casa per la
nonviolenza e in occasione della celebrazione di San Francesco: cibi,
bevande, torte, giochi, musica, interventi; non mancate.
Il luogo della festa e dell'incontro e' in via Spagna 8 (vicino alla
basilica di San Zeno): dalla stazione autobus n. 61, direzione centro,
scendere alla fermata di via Da Vico, all'altezza del Ponte Risorgimento;
chi viene in macchina deve uscire al casello di Verona Sud, seguire la
direzione centro fino a Porta Nuova, poi a sinistra lungo la
circonvallazione interna fino a Porta San Zeno. Chi desidera pernottare e'
pregato di farcelo sapere (meglio se portate il sacco a pelo, grazie).
9. INIZIATIVE. PAX CHRISTI: CON LA BANDIERA DELLA PACE ALLA MARCIA
PERUGIA-ASSISI
[Dagli amici di Pax Christi (per contatti: info@paxchristi.it) riceviamo e
diffondiamo. Pax Christi e' un rilevante movimento cattolico per la pace e
la nonviolenza]
Dai balconi alle strade. Portiamo la bandiera della pace alla marcia
Perugia-Assisi "per un'Europa di pace" il 12 ottobre 2003.
La voglia di pace sventola ancora dai nostri balconi contro tutte le guerre
e le ingiustizie nel mondo. Un segno importante di una coscienza che si
diffonde.
La bandiera della Pace sventolo' per la prima volta in Italia il 24
settembre 1961 alla prima marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza
tra i popoli organizzata da Aldo Capitini per promuovere i valori della
nonviolenza e della solidarieta'.
Da allora la bandiera arcobaleno e' diventata il simbolo della volonta' di
pace e la marcia Perugia-Assisi ne e' diventata l'evento piu' importante e
significativo.
Il 12 ottobre 2003 portiamo la nostra bandiera della pace alla marcia per
dire al mondo e a chi ci governa: basta con la violenza, mettiamo al bando
la guerra e la poverta', costruiamo insieme un'Europa e un mondo di pace.
Pax Christi, segreteria nazionale.
Per contatti: via Quintole per Le Rose 131, 50029 Tavarnuzze (Fi), tel.
0552020375, e-mail: info@paxchristi.it, sito: www.paxchristi.it
10. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: PER UN USO CRITICO DEI MEDIA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
questo testo. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di
questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza]
I media hanno ormai un enorme influsso sul modellarsi delle linee guida
culturali e politiche di un paese.
Sebbene tocchi a voi informare l'opinione pubblica delle vostre campagne, e
cioe' non dipendere dai media per questo, e' importante pretendere che le
notizie date da giornali e tv siano accurate e rispondano alla realta' dei
fatti. Quando avete sotto gli occhi la notizia, anche se a darla e' il
vostro quotidiano preferito, imparate a farvi le seguenti domande.
*
1) Quali sono le fonti?
Fate attenzione alla prospettiva politica delle fonti usate per narrare la
storia. I media si basano per lo piu' sulle fonti cosiddette "ufficiali"
(governo, "pensatoi" delle corporazioni economiche e dei centri di potere).
Tutte le altre possibili risorse da cui ottenere informazioni vengono
sottostimate, non rappresentate e/o minimizzate, anche se si tratta di
risorse inerenti persone portatrici di interesse primario rispetto
all'istanza. Ovvero, piu' lo spettro delle fonti e' ristretto, piu' quello
che udite e leggete non e' una notizia, ma la sua versione passata
attraverso il megafono del dominio.
Provate a contare il numero di voci presenti: quante sono governative,
quante provengono da potentati economici, quante sono quelle
dell'opposizione parlamentare, dei gruppi per il cambiamento sociale, quante
quelle maschili e quante quelle femminili, quante quelle delle minoranze,
ecc.
*
2) C'e' carenza di differenze? Questa e' ovviamente la domanda successiva
alla vostra disamina ed e' molto facile che la risposta sia affermativa.
Cio' significa che la o le comunita' coinvolte nella notizia, o a cui ci si
rivolge, non sono adeguatamente rappresentate, e che uno "schieramento" di
esperti maschi, bianchi ed europei discutera' ad esempio le istanze relative
alle donne o ai migranti.
*
3) Da che punto di vista la notizia viene riportata?
I reportage politici si concentrano su come le istanze investano questo o
quel politico, anziche' su come esse tocchino le persone direttamente
interessate (voi sentirete il Ministro Tizio e il Sottosegretario Caio
parlarvi dei problemi dell'agricoltura, e non sentirete gli agricoltori).
Allo stesso modo, verrete a sapere dai reportage economici tutto sullo stato
delle borse mondiali e nulla su come i problemi trattati investano i
lavoratori/consumatori.
*
4) Ci sono due pesi e due misure?
Sovente i crimini vengono riportati in modo diverso a seconda dell'etnia,
del genere, della classe sociale, dell'orientamento sessuale di chi li
commette o li subisce. Ad esempio, vi sono i "drammi della gelosia", i
"raptus", ecc. quando l'omicida e' un uomo che uccide una donna con cui
aveva un legame affettivo (moglie, fidanzata, amante); lo scopo del trattare
l'omicidio in tali cornici e' di fornire una giustificazione all'offensore e
di biasimare la vittima: in genere quest'ultima lo aveva lasciato o
intendeva farlo, e quindi si e' pienamente meritata il dramma della di lui
gelosia, o il di lui improvviso raptus...
*
5) Gli stereotipi infestano la notizia?
Se si parla di droghe, l'immagine che scorre sullo schermo e' quella di
uomini, preferibilmente di colore, immigrati in una citta' europea? Oppure
di giovani vestiti in modo inusuale? Se si parla di omosessualita', essa
viene immediatamente associata all'aggressione sessuale nei confronti dei
bambini (nonostante un bimbo o una bimba abbiano cento possibilita' contro
una di essere molestati da membri della propria famiglia, anziche' da un
adulto sconosciuto)?
*
6) Il linguaggio e' "caricato"?
Quando i media adottano una terminologia specifica, essa contribuisce a
formare l'opinione sulla notizia. Fate attenzione a che aggettivi vengono
usati, a che definizioni si danno di gruppi e istanze: "terroristi" o
"combattenti per l'indipendenza"?, "azioni positive per l'integrazione o la
giustizia sociale" o "sussidi a pioggia agli immigrati, ai poveri, ecc."? Le
definizioni non sono neutre, e vi danno insieme con la notizia l'idea
precisa di che giudizio dovete darne.
*
7) I titoli degli articoli e gli articoli stessi combaciano?
Usualmente i titoli non sono scelti dal/dalla giornalista che ha scritto
l'articolo e spesso dicono tutt'altro rispetto alle righe sottostanti. Fate
la prova con gli innumerevoli titoli che hanno in se' il neologismo "no
global": la maggioranza degli articoli sottostanti trattera' di scontri con
la polizia, sgomberi di luoghi occupati, combattimenti di strada, e cosi'
via. Di economia globale, e delle istanze ad essa relative, poco e niente.
Oppure confrontate i titoli dati alla medesima notizia da quotidiani o
telegiornali orientati diversamente e scoprirete, per esempio, che il tal
politico ha ricevuto un "bagno di folla plaudente" nella stessa citta', e
nelle stesse ore, in cui e' stato "contestato in modo durissimo"...
*
Cosa potete fare: dite ai media che ne avete abbastanza.
Scrivete, telefonate, mandate e-mail o fax ogniqualvolta rilevate una
qualsiasi delle contraddizioni sopra indicate, soprattutto se la
mistificazione vi riguarda direttamente come attivisti/e o come appartenenti
ad una delle categorie "criminalizzate". Protestate per le menzogne, fornite
informazioni alternative e, se ve la sentite, offritevi di andare voi stessi
a parlare in tv, o di essere intervistati dal giornale.
11. MONDO. ROBERTO ZANINI INTERVISTA LORI WALLACH
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 settembre 2003. Roberto Zanini e'
giornalista, inviato a Cancun per seguire il vertice del Wto. Lori Wallach,
ricercatrice di "Public citizen", una delle più importanti organizzazioni
americane ambientaliste e di difesa dei consumatori (promotrice tra l'altro
del controvertice di Seattle); opere di Lori Wallach: con Michelle Sforza,
Wto. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale,
Feltrinelli, Milano 2000, 2001]
Il delegato keniano Mukhisa Kituxi e' appena uscito dalla green room dove i
delegati stanno lavorando a cronometro sulla terrificante bozza proposta
dalla presidenza. Gesticolando afferma di averli mandati tutti a quel paese.
E il parterre esplode. La quinta riunione ministeriale del Wto a Cancun e'
ufficialmente fallita, il gruppo di paesi del G21 [formula giornalistica per
indicare l'alleanza di molti governi del sud del mondo - ndr] non si e'
piegato ai diktat euro-americani, il multilateralismo di facciata che regola
il commercio mondiale e' in cocci. La robusta colonia di attivisti
accreditati esulta senza ritegno, molti tesserini verdi - i giornalisti -
perdono ogni supposta maschera professionale e si gettano tra le braccia gli
uni degli altri. Benvenuti a Marina di Seattle, siamo ai Caraibi ma questa
storia e' iniziata nella citta' di Bill Gates qualche anno fa.
La "guerrigliera del commercio" (definizione del "National journal"
americano, che non intendeva essere gentile) salta e balla, piu' che
abbracciarla la strizzano, sventolano i fari delle televisioni, piovono
microfoni e pacche sulle spalle. E' un'intervista a rate, quella con Lori
Wallach, interrotta ad ogni passo da un'intrusione di telecamere, un
complimento, un fiore bianco. Wallach e' stata lobbysta a Washington,
giornalista inviata in Campidoglio, avvocata con laurea a Harvard. Ora e' il
braccio destro di Ralph Nader e direttrice dell'osservatorio per il
commercio globale di "Public citizen", l'organizzazione creata nel '71 dal
sempreverde candidato presidenziale della sinistra americana.
- Roberto Zanini: Che significa questo fallimento?
- Lori Wallach: Gli Stati Uniti e l'Unione europea con la loro intransigenza
hanno esposto il Wto a un'altra tremenda mazzata sul piano della
legittimita'. Adesso la crisi e' chiara a tutti, come e' chiara l'ottusita'
e la testardaggine con cui gli Stati Uniti e l'Unione europea hanno
rifiutato le richieste della maggioranza degli altri paesi aderenti
all'organizzazione mondiale del commercio per rendere le regole globali piu'
eque.
- R. Z.: L'intransigenza, o l'arroganza, euroamericane non sono una novita'.
Cosa e' successo questa volta?
- L. W.: Che i paesi ricchi hanno cercato di mettersi sotto i piedi i danni
economici, le distruzioni ambientali, i rivolgimenti sociali sperimentati da
molti paesi che stavano disciplinatamente applicando le regole del Wto. Solo
che non ci sono riusciti. La maggioranza delle nazioni aderenti al Wto
chiedeva un negoziato, un negoziato vero invece della dittatura di Usa, Ue e
Giappone, ma il Wto e' un'istituzione corrotta dalla nascita, la democrazia
non vi ha la minima cittadinanza. E ora, come previsto, implode.
- R. Z.: Implode per la fermezza di un gruppo di paesi o implode anche per
chi vi si e' battuto contro, in poche parole per quel movimento nato a
Seattle?
- L. W.: Attenzione, a Seattle non e' nato un movimento, semmai e' diventato
visibile: ma milioni di persone scioperavano e manifestavano in tutto il
mondo anche prima di quel giorno. No, questa e' la vita vera che ha messo
piede in un ambiente da cui era stata esclusa. I paesi poveri hanno pagato
costi altissimi alla globalizzazione, il dumping li ha sfiancati fin troppo
per avere bisogno di un movimento. Negli Stati Uniti il pubblico ha
manifestato di essere dalla loro parte e questo e' importante, ma non e'
decisivo.
- R. Z.: Sostiene che non c'e' poi gran connessione tra le piazze di mezzo
mondo e questa giornata?
- L. W.: No, non e' questo. Il presidente sudafricano Mbeki ha persino
chiesto aiuto alle organizzazioni anti-Wto, e le ha anche ringraziate, ma
sono i governi dei rispettivi paesi ad avere deciso come muoversi. Abbiamo
pagato fino ad oggi, hanno detto, e ora basta.
- R. Z.: Il Wto e' morto?
- L. W.: E' in crisi fortissima. E la crisi e' diventata visibile. Si tratta
dello scontro esplicito tra pochi paesi ricchi e le loro ex colonie.
- R. Z.: Come reagiranno gli Usa? Affondare il Wto non e' proprio cio' che
gli Stati Uniti speravano? Il delegato americano Zoellick minaccia
ritorsioni, ma la superdestra americana sembra apprezzare l'unilateralismo
anche piu' del multilateralismo di facciata esercitato fino ad oggi.
- L. W.: L'amministrazione Bush si definisce grande promotrice di
democrazia, liberta' e commercio globale, ma dovra' i fare i conti con
quello che anche per la Casa bianca e' un fallimento. E una grande
responsabilita' spettera' a noi e a tutti i movimenti nei rispettivi paesi.
Dovremmo chiedere a ogni uomo politico eletto che cosa intende fare. Se
andare avanti cosi', da un fallimento all'altro, oppure come incamminarsi
verso un un sistema dei commerci di cui possa beneficiare la maggioranza
della popolazione mondiale. Dovremo chiederlo a tutti. Compreso il prossimo
presidente degli Stati Uniti.
12. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: "MARTIRI", UN'ANALISI SOCIOLOGICA
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini@tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]
In una popolosa citta' del nord, nel quartiere piu' abitato dagli
extracomunitari, e' apparsa sui muri una scritta: "sabotare - Palestina
libera".
A cosa si riferisce? Posso pensare a due cose: si riferisce al piano di
pace, oppure no, si riferisce all'azione degli "uomini-bomba". O a entrambi.
Le azioni di "martirio", cosi' vengono definite, non sono mai completamente
cessate e hanno anzi ripreso con vigore.
Cosa ne sappiamo, in verita', dei "martiri di Allah", ovunque essi attuino i
loro propositi?
Non e' facile venire a capo delle ragioni profonde che sottostanno al
"martirio" dei suicidi che uccidono persone sconosciute nelle citta'.
Non e' facile perche' apparteniamo a una cultura che ci ha insegnato cos'e'
il martirio alla luce del cristianesimo. Il martire cristiano entra in scena
sotto l'impero romano per restare fedele alla propria scelta religiosa. E'
un martirio difensivo, anche se in taluni casi il martirio viene cercato
esponendosi alla rappresaglie romane.
Nel caso del martirio musulmano e' invece la morte che proviene dalla lotta
contro i nemici della religione di Allah e si fonda, teoreticamente, sulla
Sura del Pentimento (Corano, IX, 112), la' dove, tra l'altro, si legge: "...
uccideranno e verranno uccisi".
A differenza del martirio cristiano non esiste, dunque, il rigetto della
violenza fisica contro il nemico, anzi, al contrario, esiste la volonta' di
neutralizzare o sopprimere il nemico di Allah nel corso del combattimento,
eventualmente anche con la propria morte cercata. E cio' deve avvenire nel
contesto della "guerra santa". Quindi, "guerra santa" e "martirio" sono
strettamente connessi nella dottrina lungo lo scorrere dei secoli. Per
vincere la guerra santa il fedele di Allah puo' spingersi fino alla morte,
scegliendo anche il martirio. Il martire e' allora colui che possiede la
capacita' di rendere possibile il costituirsi dell'individuo nella morte, in
assenza, scrive il sociologo Farad Khosrokhavar, "di un'individualita'
effettiva che accompagni a un'autonomia politica, economica e culturale",
che in un saggio brillante, scorrevole e intenso, delinea approfonditamente
le motivazioni che accompagnano le varie situazioni di martirio suicida
degli islamici dalla Palestina, all'Iran, al Libano fino a quelli di Al
Qaeda ((Farad Khosrokhavar, I martiri di Allah, Bruno Mondadori, Milano).
*
La Palestina attrae sicuramente il nostro immaginario fino, talora, a
suscitare segrete, o non tanto, affrettate condivisioni delle scelte degli
uomini-bomba contro le popolazioni d'Israele.
La situazione dei palestinesi e' certamente tra le piu' terribili, perche'
la distruzione, la colonizzazione, la disoccupazione, rende la vita dei
giovani invivibile.
Ma tra la prima Intifada a e la seconda il cambiamento e' enorme. Mentre la
prima vedeva il coesistere di diversi fattori, quali la contestazione del
potere israeliano ma anche della struttura patriarcale delle grandi famiglie
palestinesi, unitamente alle rivendicazioni femministe, nella seconda si
assiste alla esclusione delle donne dalle decisioni, fino alla eccessiva
patriarcalizzazione del potere. Perche' all'autonomia femminile si oppongono
l'esigenza dell'unita' nazionale in una visione comunitaria che propone come
modello la famiglia patriarcale. E poi la seconda Intifida e' l'esito della
delusione e del fallimento degli accordi di Oslo.
Avviene che il martirio totalizza la vita perche' si crede meno nella
politica.
Il sociologo addirittura vi vede una sorta di rovesciamento della vita nella
morte: se la nazione palestinese non puo' essere realizzata in questa vita,
il giovane palestinese ha ripudiato la paura della morte e cio' gli da' un
senso eroico del vivere e un risarcimento all'impossibilita' di essere un
individuo all'interno di una collettivita' sovrana. Se c'e' la frustrazione
dell'accesso ai beni materiali la si puo' trascendere "liberandosi" con la
morte.
*
Ma i martiri di Allah che hanno fatto saltare le Torri Gemelle o hanno
provocato altri lutti nelle citta' post-moderne, a cosa si appellono, quali
sono le loro motivazioni?
Prima di tutto i guerrieri-eroi-martiri che hanno preso parte agli
attentati contro il World Trade Center sono soprattutto arabi della penisola
arabica. Essi provengono dal Medio Oriente e dall'Europa. Sono persone con
un buon grado di cultura, conoscenza delle lingue, capaci di attraversare e
usare diversi codici culturali.
Scrive l'autore sopra citato: "Il carattere pernicioso della cultura e
delle forme di dominazione dell'Occidente sul mondo esterno sembra
essenziale. La sessualita' sfrenata, la promiscuita' contro natura, i
rapporti uomo-donna totalmente sregolati, l'omosessualita' maschile e
femminile, l'instabilita' familiare e la perdita di autorita' maschile, in
breve, l'immoralita' e la depravazione sono ai loro occhi insopportabile. Si
aggiunge un ulteriore trauma: l'egemonia esercitata dall'Occidente sui
musulmani, sia indirettamente, facendo ricordo a regimi musulmani corrotti,
sia con l'impiego diretto delle armi. La dominazione israeliana sui
palestinesi con la complicita' attiva dell'Occidente rivela il carattere
perverso di quest'ultimo".
Ne nasce una vera ossessione soprattutto alimentata da un universo
femminile che sembra minare alla base la virilita' e le sue leggi. La
fedelta' della donna, scrive il sociologo, sembra essere impossibile in
questo Occidente "dove le categorie della vita sono uniformate e la
differenza tra uomo e donna non ha piu' significato. Si e' effeminati, la
virilita' maschile non e' piu' un valore, la vita va avanti in un mondo
chiuso nel quale la comunicazione e' spesso impossibile".
L'Occidente che rifiuta la poligamia crea i presupposti per impedire una
sessualita' maschile "normale". Perche' se e' vero che la poligamia e'
sempre stata privilegio di pochi nel mondo musulmano, nell'immaginario ha
una forte influenza perche' introduce l'asimmetria tra uomo e donna.
Il mondo occidentale e' considerato perverso ma anche attraente con le sue
ricchezze, il consumismo e la donne affascinanti, allora: "Bisogna
combattere il cancro occidentale, prima scacciandolo dalla propria coscienza
interiore, fatto che spiega la jihad interiore che gli adepti traggono dalla
mistica islamica", per poi arrivare al sogno di una neo-umma universale.
L'umma, la comunita' dei credenti in Allah, diventa l'obiettivo dei martiri,
uccidendo gli occidentali rei di ogni perversione.
Accanto al martirio classico sorge quest'altro che "rivendica la
realizzazione di una comunita' mondiale incarnata dall'universalismo
islamico che deve vincere la potenza del male che vi si oppone: l'Occidente
impersonato dall'America ma, anche, in misura minore, dalle altre societa'
occidentali".
13. RIVISTE. FILIPPO GENTILONI PRESENTA LA RIVISTA "DHARMA"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 settembre 2003. Filippo Gentiloni,
scrittore e giornalista, ha partecipato attivamente al movimento delle
comunita' cristiane di base; tra le sue opere segnaliamo particolarmente
Abramo contro Ulisse, Claudiana, Torino 1984]
"Dharma" e' la rivista "trimestrale di buddhismo per la pratica e per il
dialogo": una rivista di alto livello, che tutti coloro che si interessano
di etica, di cultura, di religione dovrebbero conoscere, al di la' di
eventuali mode superficiali e anche di un dialogo convenzionale fra le varie
religioni nonche' fra oriente e occidente.
Lo stesso termine "dharma" e' di difficile traduzione, eppure si tratta di
un termine centrale quanto mai non soltanto per il buddhismo ma per tutta la
tradizione e la cultura religiosa orientale. La Treccani: "Vocabolo
sanscrito che nella sua accezione indica la legge religiosa e morale e
l'osservanza dei doveri ad essa inerenti". Altri (Dizionario Einaudi delle
religioni) traducono con "religione" o addirittura con "assoluto", cercando
cosi' di spingere la tradizione orientale verso la nostra metafisica
occidentale, nell'intento di rendercela piu' comprensibile.
In realta', la rivista stessa dimostra che poi, nella pratica, il dialogo
non e' cosi' misterioso.
Leggo qualche spunto dall'ultimo numero.
Dall'editoriale di Maria Angela Fala' che la dirige: "L'idea di una Verita'
con la V maiuscola, e' un atto di grande presunzione. Cercare di dare noi,
esseri limitati e chiusi nel nostro modello cognitivo esistenza assoluta e
quindi non discutibile a un nostro concetto, che deve valere oltre noi
stessi, e' legata a un tale senso di onnipotenza... L'esperienza buddhista
e' centrata sull'idea di relazione in cui non c'e' posto per una Realta'-
Verita' a se stante, ma in cui ogni realta'-verita' e' compresa nella
dottrina del paticcasamuppada, l'origine di interdipendenza". Una lezione
per tutti, soprattutto nei nostri tempi, nei quali tutte le fedi religiose,
quale piu' quale meno, cedono alla tentazione dell'integrismo e del
fondamentalismo.
La rivista "Dharma" riporta e analizza un prezioso insegnamento del Buddha
sul tempo: la nostra vita puo' essere veramente vissuta soltanto se ci
fermiamo al "qui e ora", senza essere sopraffatti dal passato e dal futuro,
ma anche ricordandoci che neppure il presente e' di nostra proprieta',
destinato come e' al divenire.
Come esempio di dialogo, l'ultimo numero di "Dharma" propone la figura di
Bede Griffiths, nel decimo anniversario della sua morte. Di famiglia
anglicana, poi cattolico, si fece monaco camaldolese e ando' a vivere in
India, nel famoso ashram di Shantivanam, secondo la tradizione del
monachesimo indu'.
A proposito, dal 17 al 22 settembre, nella Cittadella di Assisi, si
celebrera' il venticnquesimo anniversario della fondazione del Dim
(associazione del dialogo interreligioso monastico): monaci e monache di
tutte le tradizioni religiose insieme, prima e piu' avanti delle loro
rispettive chiese e comunita'.
Per ulteriori informazioni e contatti: "Dharma", via Euripide 137, 00125
Roma; tel. 3393381874, oppure 0635498800.
14. RILETTURE. ALDO CAPITINI: NONVIOLENZA DOPO LA TEMPESTA. CARTEGGIO CON
SARA MELAURI
Aldo Capitini, Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991, pp. 110, lire 16.000. Le lettere scambiate
tra Sara Melauri e Aldo Capitini tra il 1966 e il 1968 (anno della scomparsa
di Capitini), con una presentazione di Saverio Tutino e una nota di Pietro
Pinna.
15. RILETTURE. ALDO CAPITINI: ORIGINE, CARATTERI E FUNZIONAMENTO DEI C. O.
S.
Aldo Capitini, Origine, caratteri e funzionamento dei C. O. S., senza
indicazioni tipografiche ma edito da Regione Umbria, Comune di Perugia,
Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini, verosimilmente a Perugia non
prima del 1996, pp. 88, senza indicazione di prezzo. Il libro contiene il
testo di Aldo Capitini sui Centri di orientamento sociale che gli da' il
titolo, e gli atti della tavola rotonda nel cinquantenario della istituzione
dei C. O. S. svoltasi a Perugia il 10 maggio 1995.
16. RILETTURE. JEAN E HILDEGARD GOSS-MAYR: LA NONVIOLENZA EVANGELICA
Jean e Hildegard Goss-Mayr, La nonviolenza evangelica, La Meridiana,
Molfetta (Ba) 1991, pp. 128, lire 16.000. Un utile strumento per un
accostamento alla nonviolenza scritto dagli instancabili animatori del
Mir-Ifor e di tante esperienze nonviolente (Jean e' scomparso nel 1991,
Hildegard continua infaticabile la comune missione).
17. RILETTURE. SERGIO RAMIREZ (A CURA DI): RACCONTI NICARAGUENSI
Sergio Ramirez (a cura di), Racconti nicaraguensi, Societa' Editrice Mondo
Nuovo, Milano 1991, pp. 236, lire 20.000. Una bella, rappresentativa e nota
antologia (la prima edizione, costaricense, e' del 1976) che va dalle
tradizioni popolari a Ruben Dario fino agli autori piu' recenti; Sergio
Ramirez, come e' noto, e' stato vicepresidente del Nicaragua durante la
rivoluzione sandinista, ed e' un intellettuale di grande prestigio (e uno
scrittore notevole: anche il suo racconto qui incluso e' davvero pregevole).
La traduzione italiana purtroppo e' eccessivamente frettolosa, ma chi
conosce lo spagnolo riuscira' - come dire: a fiuto - a intuire dove il
traduttore si e' distratto.
18. RILETTURE. TOLSTOI VERDE
Tolstoi verde, Manca Editore, Genova 1990, pp. XXXIV + 278, lire 18.500. A
cura di Gloria Gazzeri (benemerita animatrice dell'associazione "Amici di
Tolstoi"), una raccolta di scritti di Tolstoj "su vegetarismo, igienismo,
agricoltura, ecologia, nonviolenza e liberazione". Presso la medesima casa
editrice sono stati recentemente riediti anche altri due fondamentali volumi
della pubblicistica nonviolenta tolstoiana, Il regno di Dio e' in voi (nel
1988), e La vera vita (volume che contiene anche Il denaro, e Come leggere
il vangelo; nel 1991).
19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 678 del 19 settembre 2003