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La democrazia deliberativa



Ass.naz.Amici di A.Capitini

Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di settembre 2003 del C.O.S. in 
rete, www.cosinrete.it, una selezione critica di alcuni riferimenti trovati 
sulla stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, 
partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, 
educazione aperta, antifascismo,
tra cui: Il muro verde; I lettori minorati; Sirene e violini; Il tempio 
conteso; Squali e pesciolini; Rock e violenza; Tanto tuonò che piovve; Il 
lupo perde il pelo..; La lezione di Marcos; Treni sporchi; I libri contro; 
La torta nucleare; Rivoluzione nonviolenta; Non uccidere; Libertà di 
estorsione; Pochi o punti; ecc., più scritti di e su Capitini utili secondo 
noi alla riflessione attuale sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al 
C.O.S. in rete è libera e aperta a tutti


da cosinrete settembre 2003


POCHI O PUNTI

"Che cosa è la "democrazia deliberativa"?

Se ne parla in Italia in occasione degli incontri che Reset promuove 
intorno ai sondaggi "deliberativi" inventati da James Fishkin e del suo 
libro La nostra voce, ma si tratta di vasto e variegato repertorio di 
argomenti di cultura politica che va al di là di quella invenzione e la cui 
attualità sta crescendo."

Così scriveva in "Repubblica" del 17 luglio 2003 Giancarlo Bosetti, 
presentando il numero della rivista Reset dedicato a questi problemi.

Ne siamo contenti

Chi ci conosce, sa che da anni battiamo su questo chiodo, che rappresenta 
il nocciolo della teoria politica di Aldo Capitini.

I suoi COS risalgono al 1944 e sono il primo esempio in Italia di 
democrazia deliberativa, in senso anglosassone, giacché non fu mai concesso 
ad essi un potere decisionale.

Capitini lo auspicava, come essenziale strumento per superare le chiusure 
burocratiche dei partiti, che allora erano in piena espansione e non lo 
ascoltarono.

I problemi del potere, dei pochi che lo detengono, sono oggi risolti a 
colpi di spot per impedire e non per accendere discussioni, ma è bene che 
qualche intellettuale fuori del coro tiri fuori il problema del potere 
degli altri, che non lo hanno, e dei modi per esercitarlo.

Continuava Bosetti:

"…Per capirsi su quel che è, bisogna anzitutto mettere in chiaro una 
questione linguistica: in inglese, to deliberate, ha un significato diverso 
che deliberare in italiano, vuol dire esaminare attraverso una discussione 
i pro e i contro di una scelta prima di decidere.

Il significato italiano mette invece l'accento sul dopo, sul decidere.

E questo fa una bella differenza.

Chiarito questo, si può usare la bella definizione che della democrazia 
deliberativa dà Anna Pintore, specialista italiana della materia, insieme a 
Paolo Ceri, Alfio Mastropaolo, allo stesso Fishkin, nell’ultimo numero di 
Reset: il contrario di quello che pensava Jean Jacques Rousseau con la sua 
volontà generale, la quale esigeva nella versione più severa che ciascun 
cittadino ragionasse con la sua testa ma anche che non entrasse in 
comunicazione con gli altri.

I teorici della deliberative democracy rovesciano questo assunto, trattando 
"lo scambio dialogico come la modalità essenziale di formazione delle 
decisioni pubbliche e il nocciolo del metodo democratico".

Il dialogo razionale tra eguali è alla base della concezione deliberativa 
della democrazia.

Questa affermazione potrebbe essere sottoscritta da una lunga lista di 
autori: John Rawls, Joshua Cohen, Iris Marion Young, Amy Gutman, Bruce 
Ackerman.

Tutti americani, ma ci si potrebbe aggiungere, e forse in testa, il tedesco 
Jurgen Habermas…"

Mai che si ricordassero della primogenitura di un grande italiano come 
Capitini.

"…Ma la genealogia teorica ci porterebbe lontano fino alle origini attiche 
della democrazia faccia a faccia.

Ci basti sapere che si tratta di un ventaglio eterogeneo di posizioni e che 
non si tratta di una novità.

Dunque, si chiederà: perché rispunta fuori ora?

Risposta: perché sono sempre più gravi, urgenti, imponenti sull'agenda 
politica, dovunque, temi che hanno una, o più di una, della tre seguenti 
caratteristiche.

La prima: sono difficili da capire e trattare sul piano tecnico, 
scientifico, filosofico al punto da lasciare interdetto il personale 
politico e da provocare imbarazzo nell'opinione pubblica. Esempi: proibire 
o regolare, e come? l'uso di sementi Ogm per il mais o il riso in Piemonte.

La seconda caratteristica: temi che provocano aspri contrasti di principio 
nella comunità, dissensi e conflitti in apparenza non componibili.

Esempio: proibire o regolare, e come? la sperimentazione sugli embrioni umani.

Terza caratteristica: temi che destano allarme sociale e sono, o vengono 
percepiti come se lo fossero, una minaccia a interessi diffusi.

Esempio: qualunque tipo di riforma delle pensioni.

Insieme a questi tre fattori evolutivi dei problemi, abbiamo attraversato 
un altro gigantesco fenomeno: la trasformazione delle opinioni pubbliche, 
il passaggio dall’era tipografica a quella della politica-videoclip: 
l'accelerazione della comunicazione, il montaggio dei telegiornali con 
battute di sette-dieci secondi dei politici, dei commentatori, degli speaker.

Nessun problema, in queste condizioni, può essere approfondito dal pubblico.

L'homo videns di Giovanni Sartori ha già rinunciato da un pezzo ad avere 
una opinione competente su qualunque argomento.

Figurarsi su temi che hanno bisogno, solo per raccapezzarsi di un seminario 
di un paio di giorni, come gli Ogm o la riforma del welfare europeo.

Gli rimane soltanto il tempo di dire: mi fido (o più spesso: non mi fido) 
di Raffarín, di Berlusconi, di Schroeder o chi per loro.

Viva o abbasso."

Don Milani e Capitini risolvevano il problema spendendosi in prima persona, 
con la scuola serale, la scuola a tempo pieno, il giornale scuola, i centri 
di orientamento sociale e religioso, a dare ai cittadini spazio, tempo e 
informazioni per discutere su quelli e su molti altri problemi, sempre 
presenti nella vita di tutti.

Cattolici e nonviolenti che seguano il loro esempio ne vediamo in giro 
pochi o punti, come si dice a Firenze.