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Bcp: "Ecco come smontare i falsi miti sulla guerra"




Con preghiera di pubblicazione. Grazie!



Mariagrazia Bonollo

Uff.stampa Bcp

3482202662







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“Beati i costruttori di pace” <?xml:namespace prefix = o ns = 
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Associazione Nazionale di Volontariato - Onlus

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Comunicato stampa



“Ecco come smontare i falsi miti sulla guerra”

Beati i costruttori di pace si appresta a predisporre un vadecum

per diffondere una cultura di pace. Sarà il frutto del seminario “Per un 
futuro senz’armi”







Le armi servono per difendersi? Difficile sostenerlo, se si pensa a quanto 
accaduto l’11 settembre: lo stato più armato del pianeta non ha potuto, con 
le sue innumerevoli armi, fare niente per evitare l'attacco alle Twin Towers.

Le armi sono un deterrente verso i paesi malintenzionati? Tutto da 
dimostrare anche questo, visto che la storia ci insegna che durante la 
Guerra Fredda in numerose occasioni si è evitato per un pelo che per errore 
si scatenasse la guerra nucleare. Senza contare che fra gli anni ‘50 e ‘80 
sono morte nel mondo più di 25 milioni di persone per guerre: armi 
deterrente verso chi, visto che le quelle nucleari non sono servite per 
evitare questa ecatombe nel sud del mondo?

Quelli sopra descritti sono due dei tanti esempi di come è possibile 
demolire i luoghi comuni sulla guerra, un impegno che si è assunta 
l’associazione “Beati i costruttori di pace”, intenzionata a lanciare una 
campagna culturale contro la produzione di armi tout court.

Con l’aiuto di esperti del calibro del ricercatore Achille Lodovisi, che da 
più di vent’anni studia il mercato internazionale delle armi e l’industria 
bellica, l’associazione padovana si accinge a redigere un vademecum che 
sconfessi i falsi miti sulla guerra. Ne sono stati individuati almeno una 
ventina e per ognuno si sono cercati dati, esempi, considerazioni che li 
possano smentire. Si va dall’affermazione che solo le armi possono 
risolvere i conflitti, al fatto che la guerra c’è sempre stata e sempre ci 
sarà, dal mito che la guerra porti sviluppo e innovazioni scientifiche a 
quello che la violenza è insita nell’uomo, dalla dichiarazione che la 
guerra porta democrazia all’asserzione che uno stato non può esistere senza 
un esercito armato.

Per avviare il percorso che porterà alla campagna contro le armi presso la 
sede di Beati i Costruttori di Pace a Padova si è tenuto nei giorni scorsi 
il seminario “Per un futuro senz’armi”, da quale sono partiti spunti e 
riflessioni stimolanti non solo per il vademecum ma anche per individuare 
strumenti pratici per favorire il processo di diffusione della cultura di 
pace. Strumenti identificati nel fare pressione sui media tradizionali, nel 
costruire nuovi media dal basso, nel portare testimonianze dirette, nel 
porre risalto alla dimensione umana della comunicazione, nell'organizzare 
eventi mirati, nel lavoro di educazione alla pace nelle scuole di ogni 
ordine e grado, nel privilegiare il lavoro in ambito locale, nell'aprirsi 
verso l'esterno dialogando con chi non conosce il mondo pacifista.

Il senatore Tino Bedin ha ad esempio presentato le decisioni già assunte 
dall’Unione Europea riguardo alla formazione di un esercito comune, 
mettendo in evidenza i rischi di mancanza di controllo democratico per le 
decisioni in tema di sicurezza. Bedin ha proposto di attivare tutti i 
consigli comunali perché i cittadini conoscano i contenuti del trattato 
costituzionale e chiedano un impegno più esplicito per la pace.

"Dobbiamo ripensare il tasso di democrazia della nostra società, capire a 
quali aberrazioni si è giunti e riappropriarci delle decisioni 
fondamentali, il sindacato non può occuparsi solo del lavoro, ma deve farsi 
carico di una visione più ampia" ha sostenuto invece Gianfranco Benzi del 
Dipartimento internazionale della  Cgil, che ha fatto autocritica anche 
sull’appoggio dato anche dal suo sindacato alla guerra nei Balcani del 1999.

Lidia Menapace,  partigiana e rappresentante della Convenzione permanente 
delle donne contro la guerra, ha portato infine il suo coinvolgente 
contributo sulla costruzione di una cultura della pace che cominci 
innanzitutto col disinquinare il proprio linguaggio da tutto il simbolico 
militare e col mettere in discussione i criteri di memorabilità. “La 
violenza si è così radicata all'interno delle istituzioni statali europee – 
ha affermato - cambiando nome e spacciandosi per forza, armata o di 
polizia, ma rimanendo in realtà pur sempre violenza. Di tutte queste radici 
violente l'Europa in via di costruzione può e deve liberarsene, anche 
perché non manca d'altra parte una significativa tradizione nonviolenta”. 
Una tradizione che la Menapace ha ricordato con numerosi episodi di azione 
e resistenza nonviolenta, che hanno caratterizzato in particolare le lotte 
del movimento operaio e del movimento femminista. Episodi spesso 
dimenticati, taciuti dai libri di storia, ma che rappresentano una memoria 
storica da non perdere e da recuperare proprio in questo fondamentale 
momento di scrittura della costituzione europea.





Padova, 13 agosto 2003





Ufficio stampa: Mariagrazia Bonollo 348 2202662







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