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La nonviolenza e' in cammino. 611



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 611 del 14 luglio 2003

Sommario di questo numero:
1. Lorella Pica: in cammino da Assisi a Gubbio
2. Hannah Arendt: avere sempre a cuore
3. Simone Weil: il secondo caso
4. Guglielmo Ragozzino intervista Eveline Herfkens
5. Gino Strada: praticare la dichiarazione universale dei diritti umani
6. Augusto Cavadi: del disagio e dell'assuefazione
7. Giobbe Santabarbara: la meglio gioventu'
8. Franca D'Agostini: della metafisica
9. Il 6-9 agosto per un futuro senza armi
10. Letture: Elio Veltri, La legge dell'impunita'
11. Riletture: Nadia Bennuzzi (a cura di), Le donne nei processi di sviluppo
dell'Africa subsahariana
12. Riletture: Maria Cristina Pudioli (a cura di), Iran 1941-1991. Dalla
monarchia alla repubblica islamica
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. LORELLA PICA: IN CAMMINO DA ASSISI A GUBBIO
[Ringraziamo Lorella Pica (per contatti: sullastrada@iol.it) per questo
intervento a sostegno della partecipazione alla camminata da Assisi a Gubbio
che si terra' dal 4 al 7 settembre 2003 promossa dal Movimento Nonviolento
(per maggiori informazioni: www.nonviolenti.org), intervento che estraiamo
da una come sempre tenerissima lettera personale. Lorella Pica, che e' ad
Attigliano (Terni) - dove e' stata anche apprezzata assessora comunale - una
delle persone piu' belle impegnate nella solidarieta', per la pace e la
nonviolenza, fa parte dell'associazione "Sulla strada". In questo momento e'
in Guatemala impegnata in una esperienza di solidarieta' con i bambini
guatemaltechi che l'associazione ha promosso e porta avanti da anni. Ci sia
consentito di cogliere l'occasione per mandare a lei, a Michela, a Carlo e a
tutte le altre e gli altri un abbraccio]
Circa la camminata Assisi-Gubbio noi parteciperemo sicuramente come
associazione.
I notivi che, personalmente, mi spingono a farlo penso che siano quelli che
ci accomunano un po' tutti.
Quello che mi piace di piu' di questa iniziativa e' appunto il "camminare":
il camminare indica un divenire continuo e in quello mi riconosco e ci
riconosco come movimento e come amici della nonviolenza.
L'importante e' camminare ed essere coscienti di farlo nella direzione che
ci sembra giusta. Importante e' anche essere disposti, nell'umilta' , a
cambiare la nostra strada se ci rendiamo conto di essere su un sentiero
sbagliato.
Essenziale e' l'incontro, e durante il nostro camminare dobbiamo essere
sempre disponibili all'incontro con l'altro e questo deve essere piu'
importante del nostro camminare...

2. MAESTRE. HANNAH ARENDT: AVERE SEMPRE A CUORE
[Da Hannah Arendt, "L'interesse per la politica nel recente pensiero
filosofico europeo", testo restato inedito di una conferenza tenuta
originariamente nel 1954, in Archivio Arendt. 2. 1950-1954, Feltrinelli,
Milano 2003, p. 213. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica
nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo
la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in
America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente,
scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un
punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori'
a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali
(quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di
seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo
l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima
edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra
passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a
Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963),
Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente
(1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento
politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i
carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica,
Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza
di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una
recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948,
Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano
2003. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth
Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi
critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto
Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli,
Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona
Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996;
Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati,
Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma
1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi
legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con
ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt,
Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv,
Muenchen 2000]
La cosiddetta filosofia morale kantiana e' essenzialmente politica, in
quanto Kant attribuisce a tutti gli uomini quelle capacita' di legislazione
e giudizio che secondo la tradizione erano prerogativa esclusiva degli
uomini di stato. L'attivita' morale, secondo Kant, e' legislazione - agire
in modo tale che il principio della mia azione possa diventare una legge
universale - ed essere un "uomo di buona volonta'" (la sua definizione di
uomo buono) significa avere sempre a cuore non l'obbedienza alle leggi
esistenti, ma il legiferare stesso. Il principio politico guida di questa
attivita' morale di legiferazione e' l'idea di umanita'

3. MAESTRE. SIMONE WEIL: IL SECONDO CASO
[Da Simone Weil, Quaderni. Volume secondo, Adelphi, Milano 1985, 1991, p.
100. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu
professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e
libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i
fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra
impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita',
abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione
meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita
interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o
meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze
mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita
vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i
propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la
serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di
Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte
di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e
su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in
Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu'
importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita',
poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima
radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le
intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, EDB, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Si puo' essere ingiusti per volonta' di offendere la giustizia oppure per
cattiva lettura della giustizia. Ma e' quasi sempre (o sempre?) il secondo
caso.

4. RIFLESSIONE. GUGLIELMO RAGOZZINO INTERVISTA EVELINE HERFKENS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 luglio 2003. Guglielmo Ragozzino e'
giornalista del "Manifesto" e collaboratore di "Le monde diplomatique".
Eveline Herfkens coordina per l'Onu la campagna sugli "obiettivi di sviluppo
del millennio"]
Eveline Herfkens e' venuta a Roma a presentare il XIV Rapporto dell'Undp. Di
norma ha come compito principale quello di coordinare per l'Onu la Campagna
sugli obiettivi di sviluppo del millennio. Nella discussione seguita alla
sua illustrazione del Rapporto, e' venuto fuori che in passato ha diretto il
sensazionale e invidiatissimo movimento olandese del Fair Trade (commercio
equosolidale) nato nei Paesi Bassi. E' quindi una persona che conosce il
movimento e conosce le istituzioni. Con grande gentilezza ha risposto alle
nostre domande.
- Guglielmo Ragozzino: E' possibile affiancare al Consiglio di sicurezza
attuale con i compiti politici, un altro consiglio di sicurezza umano che si
occupi dell'economia e della societa'?
- Eveline Herfkens: Se ne e' parlato molte volte, ma sempre in astratto. E'
una questione difficile da far accettare ai ministri delle finanze o da
quelli del commercio dei vari paesi, di quelli maggiori in modo particolare,
ma si puo' tentare. Alcuni pensano che Banca mondiale e Fondo monetario
svolgano gia' abbastanza questo ruolo, senza cercare sostituti.
- G. R.: Risulta che l'Italia offre lo 0,13% alla cooperazione
internazionale, con l'ultimo posto nella classifica dei paesi maggiori. Non
e' una vergogna questa avarizia nazionale?
- E. H.: Il governo italiano a Evian e a Monterrey si e' pero' impegnato ad
aumentare il contributo entro il 2006...
- G. R.: Non e' credibile. I governi italiani - destra o sinistra - sono
tutti uguali...
- E. H.: Il compito di intervenire per modificare lo stato delle cose e'
vostro, del movimento, delle ong. Finche' non c'e' un'opinione pubblica che
pretenda un certo comportamento dal proprio governo, questo ha sempre altro
da fare, altri interessi da curare, altre direttive Ecofin cui rispondere.
Se invece la societa' civile, come dite voi, lo incalza, allora vedrete che
trovera' i mezzi per fare altrimenti. Solo il popolo, attraverso i
parlamentari che ha eletto, puo' imporre a un governo di dirottare una parte
del denaro comune verso un obiettivo di carattere umano e di lotta alla
poverta' planetaria.
- G. R.: Il vostro "programma del millennio" in otto punti e' complicato e
sembra fatto apposta per apparire irrealizzabile. Non sarebbe stato meglio
puntare tutto su un punto soltanto? E se fosse stato cosi', lei quale
avrebbe suggerito?
- E. H.: Io non trovo che gli otto punti siano troppi; anzi mi sembra che
leghino bene l'uno con l'altro. Che diano dei compiti, delle cose da fare,
delle decisioni, anche gravi da prendere, ai governi e alla societa' nel suo
complesso. Se poi dovessi indicare un punto indispensabile, allora direi il
terzo che riguarda l'equita' nell'educazione entro il 2005, o l'ottavo che
indica la partnership globale a favore dello sviluppo: cooperazione,
riduzione del debito, regole commerciali piu' eque.
- G. R.: Non sottovalutate il problema ambientale? Alcuni lo considerano il
problema decisivo.
- E. H.: Lei avra' visto che e' presente al settimo punto. E' un problema di
grande portata ma io condivido il pensiero di chi pensa che l'inquinamento
maggiore sia la poverta'.
- G. R.: C'e' anche chi pensa che sia il capitalismo.
- E. H.: Anche questo e' vero, talvolta.

5. RIFLESSIONE. GINO STRADA: PRATICARE LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI
DIRITTI UMANI
[Dal sito di Nonluoghi (www.nonluoghi.it) riprendiamo il testo di Gino
Strada che fa da prefazione al libro di AA. VV., Contro la guerra. testimoni
di un pianeta senza pace, Nonluoghi libere edizioni, 2003 (pp. 130, euro 11,
per ogni copia venduta un euro va a Emergency; per richieste: tel.
3293123483, fax 1786022881, e-mail: edizioni@nonluoghi.org, sito:
www.nonluoghi.it). Gino Strada, medico chirurgo impegnato in aree di guerra,
fondatore dell'associazione umanitaria "Emergency", e' una delle voci piu'
nitide e influenti del movimento pacifista italiano; tra le sue
pubblicazioni: Pappagalli verdi, Feltrinelli, Milano; Buskashi',
Feltrinelli, Milano]
Le persone, i cittadini hanno ripreso a parlarsi, a interrogarsi sulla
guerra e sulla pace, a comunicare gli uni agli altri il disagio,
l'angoscia - o piu' semplicemente la perplessita' - per un mondo che
anziche' progredire si ritrova, un'altra volta, sull'orlo di un conflitto
che sara' devastante per tutti.
Un mondo sul quale si proietta come un'ombra lo spettro di un conflitto -
l'attacco all'Iraq - che potrebbe allargarsi, e nel quale potrebbero essere
usati anche ordigni nucleari.
Cosi', nonostante la censura, o forse proprio a causa della censura, e'
scattato il passaparola in centinaia di citta' dove si sono svolte
iniziative contro la guerra. Centinaia di migliaia di cittadini sono stati
coinvolti in queste gigantesche dimostrazioni nonviolente per esprimere la
loro voglia di pace. Regioni, Province, Comuni, centinaia di scuole,
centinaia di associazioni di volontariato cattoliche e laiche, di
rappresentanze sindacali, centinaia di migliaia di famiglie hanno detto il
loro no alla guerra. In molti hanno capito che e' in pericolo il mondo.
"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignita' e diritti"
afferma l'articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani del
1948. E' davvero cosi', per gli esseri umani che nascono nel 2003 sul
pianeta Terra?
C'e' giustizia nel mondo in cui viviamo, c'e' solidarieta' tra gli esseri
umani? Agiscono, come dovrebbero, in base all'articolo 1 della Dichiarazione
universale, "gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza"?
Il 10 dicembre del 1948, poco dopo la fine di una guerra devastante, e'
stata scritta la Dichiarazione universale dei diritti umani. Nel preambolo,
l'Assemblea generale dell'Onu considera il riconoscimento dei diritti umani,
uguali e inalienabili per tutti gli uomini, come "il fondamento della
liberta', della giustizia e della pace nel mondo".
La Dichiarazione universale e' stato il tentativo di definire le regole del
nostro stare insieme, i diritti di ciascuno di noi, i valori da promuovere
perche' l'orrendo massacro non avesse a ripetersi, mai piu'. Per cancellare
l'incubo dell'Olocausto e di Hiroshima. A 54 anni da quella Dichiarazione,
non uno dei Paesi firmatari puo' affermare di averla rispettata.
Siamo convinti che le vittime civili siano la prima e forse l'unica verita'
della guerra, e che l'alternarsi di governi e dittatori ne siano soltanto,
questi si', effetti collaterali. A cinquantaquattro anni da quella solenne
Dichiarazione firmata e poi calpestata, siamo arrivati a un punto critico.
Dobbiamo ricostruire i rapporti tra gli uomini sulla giustizia e sulla
solidarieta'. Altrimenti saremo condannati all'autodistruzione, non ci
saranno vincitori ne' vinti, l'"esperimento umano sara' fallito.
Praticare la Dichiarazione universale dei diritti umani e' l'unico antidoto
per vincere il cancro della guerra che sta divorando il pianeta. E' il primo
dei compiti da scrivere nella nostra agenda, riuscirci e' davvero nelle
nostre mani.  Basta guerre, basta morti, basta vittime.

6. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: DEL DISAGIO E DELL'ASSUEFAZIONE
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi@lycos.com) per averci
messo a disposizione questo suo articolo apparso sull'edizione palermitana
di "Repubblica" l'11 luglio 2003. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale
ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle
esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste
che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno
contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla
ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi.
Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare
teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini,
Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua.
Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il
cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere
dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi
dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito,
Dehoniane, Bologna 1993, seconda ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su
chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia.
Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere
profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane,
Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e
post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi
fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd-
rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina,
Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della
politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie
del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono
apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili:
segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con
bibliografia completa)]
Come abbiamo letto piu' volte in queste settimane, la Sicilia non ha smesso
di importare droghe (soprattutto derivati della coca). La novita' e' che,
ormai, fette sempre piu' consistenti della merce  sono destinate al consumo
locale piuttosto che a mercati lontani. Si registra una "democratizzazione"
dei circuiti: i pusher dei ceti popolari non vogliono rinunziare ad
assaggiare l'oggetto proibito del desiderio e, dall'altra parte, individui
appartenenti a ceti agiati (o, addirittura, rappresentanti delle
istituzioni) non disdegnano di riciclarsi come spacciatori. Le notizie -
necessariamente generiche -  suscitano in molti ricordi precisi: il volto di
una collega, un tempo luminoso e attraente, devastato dall'abuso, o la
confidenza straziante dell'amico al funerale di un giovane deceduto per
cause naturali ("Vorrei essere al posto di suo padre, pur di mettere fine
alla tragedia che sto vivendo con mio figlio"). Proprio a causa di simili
coinvolgimenti emotivi, s'impone l'esercizio del discernimento.
Provo, telegraficamente, a richiamare tre o quattro considerazioni basilari.
La prima e' che il fenomeno delle tossicodipendenze non costituisce un
blocco monolitico. Mettere sullo stesso piano droghe leggere e droghe
pesanti, solo perche' il passaggio dalle une alle altre non e' infrequente,
significa cedere - in buona o in cattiva fede - all'allarmismo. Gli esperti
sanno distinguere con sufficiente precisione i diversi effetti delle
sostanze sull'organismo e, soprattutto, differenziare i gradi di dipendenza
psicologica possibile (cfr. ad esempio il volume di Umberto Santino e
Giovanni La Fiura, Dietro la droga, che il Gruppo Abele di Torino ha
pubblicato alcuni anni fa in quattro lingue). Chi esperto non e', farebbe
bene ad informarsi prima di sprecare filippiche altisonanti quanto
approssimative.
La seconda considerazione e' strettamente collegata. Per quanto un certo
moralismo inconscio tenda a dimenticarlo, nel nostro Paese si muore piu' per
incidenti stradali, per tabagismo, per alcolismo che per consumo di cannabis
o di allucinogeni. Eppure in alcuni settori si lavora (e pigramente) per una
regolamentazione che riduca i danni, mentre in altri s'invoca la "tolleranza
zero" (senza neppure preoccuparsi della sua concreta fattibilita' e senza
tener conto della lezione della storia sul fallimento di tutte le politiche
proibizionistiche). Anche un bambino intuisce quanto pesino in proposito gli
interessi economici dei privati (vedi industrie automobilistiche) e persino
dello Stato (vedi imposte sulle sigarette).
Questa differenza di criteri nel modo di contrastare, ad esempio,
l'indisciplina automobilistica e il commercio del crack dipende certamente
da condizionamenti culturali, ma anche - e siamo ad una terza
considerazione - da alcuni pregiudizi inverificati: quale la convinzione che
le tossicodipendenze riguardino quasi esclusivamente le fasce giovanili.
Questo poteva essere vero nelle fasi aurorali - o pionieristiche - del
consumo di sostanze psicoattive considerate illegali in Occidente: ma ormai,
a decenni dal Sessantotto, le generazioni anagrafiche coinvolte sono
numerose. Con un pizzico di paradossalita' si potrebbe arrivare ad affermare
che - anche in questo campo - non ci sarebbe una questione giovanile se non
ci fosse una crisi nel mondo degli adulti.
Non mi pare superfluo richiamare queste osservazioni, peraltro abbastanza
scontate negli ambienti professionalmente attrezzati, pur sapendo di
rischiare il fraintendimento. Non si tratta di minimizzare certi rischi
sociali ne', ancor meno, di offrire legittimazione a chi prova gusto - o
piu' spesso ricava profitti -  nell'incrementarli: se mai, si tratta di
restituire alle emergenze le loro esatte dimensioni. Anche per poterle
affrontare in maniera piu' incisiva. Con tutto il rispetto doveroso per
l'azione degli inquirenti e delle forze di polizia, nessuna persona di buon
senso puo' seriamente sperare di ridurre questo genere di fenomeni a
problemi di ordine pubblico. Il fatto che casalinghe cinquantenni o bancari
quarantenni o studenti ancora adolescenti ricorrono a narcotici o a
stimolanti e' solo il sintomo di un disagio piu' radicato e piu' diffuso. E'
lo stesso disagio che spinge altri alla dipendenza dagli psicofarmaci o alla
cronicizzazione di comportamenti compulsivi (bulimia, anoressia, gioco
d'azzardo, shopping, navigazione via internet, sperimentazione di emozioni
sessuali sempre piu' forti...), per non fare facile ironia su chi si aliena
quotidianamente tramite il televisore di casa, immedesimandosi in
improbabili assetti domestici o illudendosi di partecipare a parodie di
dibattiti politici.
Insomma: non si decrementera' il commercio, legale o illegale, delle droghe
(al plurale) sino a quando resteranno immutati gli attuali livelli di
infelicita' pubblica. I motivi per smettere sono tanti, ma la gente ne vuole
qualcuno per non ricominciare. E non e' facile trovarne in un contesto
sociale nel quale si ridicolizzano la vita intellettuale, il rispetto delle
bellezze naturali, la cura per il patrimonio artistico, l'impegno per la
pace, la sincerita' nelle relazioni umane, il dolore per gli affamati e gli
assetati del pianeta. La' dove sembra vincere il modello antropologico del
piu' furbo, del piu' disonesto e del piu' violento (e qui, ormai, si e'
raggiunta la tragica parita' fra il nord e il sud del Paese), non e' facile
indicare direzioni costruttive a chi e' tentato di trovare in qualche grammo
di polvere bianca una possibile via di fuga dal conformismo e
dall'assuefazione.

7. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: LA MEGLIO GIOVENTU'
Degli amici che avevo al paese quando ero ragazzo non pochi sono morti
massacrati dalla roba. Di overdose, di epatite, di aids, con una corda al
collo. Si salvarono solo quelli che a cavallo tra gli anni sessanta e
settanta incontrammo la lotta politica, che fu una ragione per vivere e per
non farsi, per non farsi annientare. Ricordo ancora la notte che ficcai due
dita in gola ad U. per farlo vomitare; o la notte che con L. e F. passammo
in una cabina telefonica cercando inutilmente di dormire mentre tutt'intorno
diluviava; o quando M. volle anche lui, per fiducia verso di me, candidarsi
nella nostra lista alle elezioni comunali; o l'ultima birra con M. che poi
si appese a un albero; o G. che piangeva sulla mia spalla e qualche giorno
dopo non resse piu'. Sono troppi, non posso dir qui di tutti, ma nel mio
cuore non ne ho dimenticato nessuno. E' anche per fedelta' a loro che ho
tenuto duro.
*
Se c'e' una cosa che non cesso di ripetere agli amici che mi richiedono di
un parere sul che fare nelle piu' svariate situazioni difficili e' la
seguente: che non si deve mai abbandonare nessuno. Tu volti la schiena, e
l'orco lo inghiotte.
Ma dir questo ancora e' niente. Occorre anche saperle aiutare le persone.
Che richiede conoscenza e non solo (ma anche) saggezza e misericordia. E'
per questo che ho anche lungamente studiato oltre che meditato
sull'argomento (e come non ricordare qui con gratitudine l'opera grande
svolta dall'indimenticabile Giancarlo Arnao?); che ho cercato di combinare
qualcosa di utile anche in questa materia nelle istituzioni in cui ho
rappresentanto i cittadini; che mi e' capitato di dare consigli e di dare
una mano (sempre inadeguata) sia ad amici - e sconosciuti - nelle peste, sia
ad amici che operano nei servizi pubblici, in comunita', associazioni e
centro sociali. E soprattutto ho tenuto aperta la porta di casa, ed ho
cercato di accorrere ogni volta che mi hanno chiamato. Non sempre
riuscendovi, non sempre arrivando in tempo. Ma anche quando nulla ho saputo
o potuto fare, come ha detto una volta il mio amico G. almeno ho ascoltato.
*
E so, ovvero credo, alcune cose che vorrei frettolosamente aggiungere a
quelle dette da Augusto qui sopra (tra molte altre che tralascio perche'
penso che ogni lettore le abbia gia' ruminate da se' un'infinita' di volte:
che occorre distinguere tra sostanza e sostanza, tra usi diversi, tra uso e
abuso, eccetera; che occorre - come in tutti i campi - innanzitutto
procedere nell'ottica della riduzione del danno e del salvare la pelle delle
persone; che e' necessario combattere le mafie - per le quali il traffico di
droghe come quello di armi e' uno dei business principali, e che nel
contesto della crescente finanziarizzazione dell'economia e del consumismo
piu' distruttivo costituiscono la punta di lancia della globalizzazione
neoliberista - e i loro complici, e tra i loro complici ci sono non solo i
piu' variegati potentati economici e vaste rappresentanze istituzionali e
parte non piccola dei soggetti politici organizzati, ma anche, e con un
ruolo decisivo, gli apparati ideologici, la cosiddetta industria culturale -
in primis i mass-media, la pubblicita' - che veicola falsi bisogni e modelli
comportamentali dereistici fino al delirio, consumisti fino al suicidio,
immorali fino al crimine; e cosi' via). E le cose che vorrei aggiungere sono
le seguenti.
Che le politiche e la legislazione vigenti nel nostro paese in questa
materia sono criminali e criminogene: il Dpr 9 ottobre 1990, n. 309, sulle
sostanze psicotrope e le tossicodipendenze particolarmente nel titolo VIII,
agli articoli 72 e seguenti, e' semplicemente delirante e assassino. Ed ha
rovinato la vita e guastato l'anima di innumerevoli giovani, ed ogni giorno
miete nuove vittime, ragazzi innocenti. So di che parlo, con crescente
fatica e frustrazione, e infinito strazio, ho cercato di assisterne e
salvarne alcuni. E tremo a pensare alle ulteriori stragi che possono
provocare in sovrappiu' i governanti odierni nella loro stupidita' e
ferocia.
Che sarebbe necessario tirar fuori dalle galere tutti i tossicodipendenti,
poiche' e' semplicemente insensato e catastrofico che stiano li'. Ne va
sovente della loro vita o morte.
E ancora, che prima di pontificare in tanto dolorosa materia occorrerebbe
accollarsi tutti il dovere di solidarieta', ascolto e aiuto alle e con le
persone in difficolta', ed il carico di angoscia che ne consegue, e che oggi
e' perlopiu' lasciato ai familiari - che sono sovente del tutto indifesi,
ignari, abbandonati, e quindi in sommo grado inadeguati e tratti sovente
alla disperazione -, ed ai pochi operatori che si danno da fare come possono
(ed anch'essi, anche i migliori - e naturalmente qui non diciamo di
ciarlatani, affaristi e torturatori - non sempre azzeccandoci). La lotta
agli abusi autodistruttivi e ai trafficanti assassini ci riguarda tutti; il
dovere di aiutare chi e' piu' in difficolta' ci convoca tutti.
E infine, che occorre avere delle ragioni per vivere. Per voler vivere. Per
scegliere di convivere. In un mondo che sia riconoscibile, in cui si sia
riconosciuti. E questo mondo della dignita' e della solidarieta' umana che
l'antico esule di Treviri chiamo' il regno della liberta' comincia quando tu
decidi che almeno tu lo fai esistere, e lo fai esistere con la tua azione
buona, facendo la cosa giusta. E basta cosi'.

8. RIFLESSIONE. FRANCA D'AGOSTINI: DELLA METAFISICA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 luglio 2003. Franca D'Agostini e'
autrice di fondamentali ricognizioni sulla riflessione filosofica
contemporanea europea ed americana, ed ha particolarmente tematizzato la
differenza di approccio tra "continentali" (area europea) ed "analitici"
(area angloamericana)]
E' possibile pronunciarsi sul destino degli embrioni crioconservati, o
sull'aborto, o sull'eutanasia, senza avere le idee chiare sulla differenza
(o l'affinita') tra gli esseri umani e le cose e gli altri animali, su
quando un essere umano incomincia a essere un essere umano, e quando finisce
di esserlo? E' possibile ragionare sui diritti umani, e sul modo giusto di
difenderli, senza essersi messi d'accordo circa che cosa sono o si presume
dovrebbero essere gli esseri umani?
Probabilmente no, ma non si tratta di domande retoriche. Il dibattito su
questi temi, anche se vasto, e vario, e spesso disperso, percorre la
filosofia di oggi, ma anche il pensiero comune, i romanzi, i ragionamenti al
caffe', le perplessita' confessate alla posta del cuore. C'e', ed e'
abbastanza avvertibile, un po' ovunque, un certo bisogno di ridefinizioni
delle basi teoriche, di riconsiderazione dei parametri. Forse si potra'
anche parlare di una certa irruzione del tema dei fondamenti nel discorso
comune: un affiorare dei fondamenti. Ma c'e' anche una diffusa incertezza
circa le modalita' - e la stessa legittimita' - di porre e svolgere discorsi
"fondamentali" di questo tipo.
La fortunata-sfortunata disciplina filosofica che dovrebbe occuparsi di
simili argomenti e' la metafisica.
E' una disciplina fortunata, perche' per lungo tempo e' stata considerata
coincidente quasi con l'intera filosofia, o vista come la sezione piu' alta
e piu' importante della filosofia. E' sfortunata perche', come ognuno sa, ha
avuto negli ultimi due secoli una grande quantita' di avversari e nemici,
tanto che anche nel linguaggio ordinario al termine "metafisica" si associa
un'idea di ottusa fuga dalla realta', o di colpevole vaghezza, o di risibile
irrilevanza. Un po' meno noto, e mai penetrato nel pensiero comune, e' il
fatto che i tentativi di riabilitare e rilanciare la metafisica nel
Novecento sono stati almeno tanti quante le imprese denigratorie.
Nel complesso, la disparita' di opinioni sul tema (e su un tema cosi'
vitale: visto che, a quanto sembra, sono in gioco le definizioni e le idee
che abbiamo della vita, della morte, della natura umana, ecc.) e' stata
tale, che anche dal punto di vista "tecnico", ossia da parte dei filosofi
che si occupano professionalmente di metafisica, non c'e' una vera
omogeneita' di vedute sulla sua natura, il suo uso, i suoi possibili metodi,
e i suoi rapporti con altre sezioni della filosofia, e con altre discipline.
Va notato come tale acceso dibattito, che sembra riguardare solo le
istituzioni della filosofia - le querelles sulle sue cattedre, i suoi
insegnamenti e le modalita' e le sedi della sua ricerca - abbia molte
ripercussioni proprio in relazione alla questione di fondo: deve-puo' la
filosofia occuparsi di definire e ridefinire gli esseri umani, la natura
umana, l'identita' personale? Posto che possa e debba, quale potrebbe essere
la relazione tra tali definizioni teoriche e le pratiche del giurista, del
politico, del medico, dello scienziato, dell'uomo comune, che si trovano
alle prese con problemi "fondamentali"?
Molti ritengono che sia buona regola, in questi contesti, evitare
accuratamente le disquisizioni teoriche di fondo, ossia rispondere
senz'altro di no alle domande poste all'inizio dell'articolo: non e'
necessario sapere che cosa e' un essere umano per decidere che posizione
prendere riguardo all'aborto o all'eutanasia. Dunque, la metafisica - in
quanto pretende di dar lezioni su cio' - e' insensata e irrilevante.
Altri ritengono che la domanda sull'essere delle persone, sull'inizio, il
finire e il persistere delle loro identita' nel tempo, sulla natura delle
cose, degli enti sociali, dell'ambiente, non debba essere di competenza di
una (sola) disciplina, ma debba riguardare, caso per caso, le singole
scienze: cosi' ci sara' una "ontologia regionale" della fisica, fatta da
fisici (se mai con l'aiuto dei filosofi), e una "ontologia regionale"
dell'ecologia, della politica, della biologia. La metafisica, in quanto
vorrebbe pronunciarsi sull'essere in generale di tutte queste regioni
dell'essere, sarebbe percio' inutile e vaga, e sbagliata nel suo principio,
in quanto assegnerebbe alla filosofia il compito di trattare questioni
specifiche, che sono di giusta e specifica competenza dei saperi
specializzati.
Altri ancora pensano che invece la filosofia generale (o come oggi si usa
dire "teorica", ossia non applicata a quello o a quell'altro settore di
studi) debba affrontare il problema, ma che certo non dovrebbe farlo in modo
"metafisico". Per costoro la metafisica non e' un ambito di indagine
filosofica, ma e' un modo di fare filosofia: e costoro sono molto numerosi,
in diverse parti del mondo (anche se forse la tesi corrisponde a una linea
dominante in Europa). Per la maggior parte di loro la metafisica e' il
frutto di una fatale confusione di ruoli tra scienza e filosofia: si
pretende di parlare dell'essere, e della realta', in termini teorici
generali, non empirici, non scientifici; si pretende di parlare dell'essere
e della realta' come se essere e realta' fossero "oggetti" qualsiasi, da
osservare ed esaminare al modo in cui un mineralogista esamina un pezzo di
roccia.
Pero' oggi si sta assistendo a una certa rivoluzione nell'ambito delle
opinioni filosofiche medie circa la pratica della "metafisica", e nell'uso
stesso del termine. In gran parte questo si deve al diffondersi di tendenze
e correnti della filosofia analitica (dai continuatori diretti o indiretti
di Strawson a quelli di Kripke e di David Lewis) che non sono mai state
nemiche della metafisica, e che non hanno mai avuto grandi imbarazzi nel
considerarla come una disciplina filosofica legittima, di tutto rispetto, e
capace di offrire buoni risultati al dibattito teorico generale. Per avere
un'idea delle fortune della metafisica in ambito analitico (a dispetto delle
esplicite avversioni di Wittgenstein e dei neopositivisti al riguardo) si
potra' partire dalla raccolta dei Classics of Analytical Metaphysics di
Blackman (University Press of America, 1984) per giungere alla recente
Blackwell Guide to Metaphysics, curata da Richard Gale.
Nell'accezione analitica la metafisica e' un settore ben regimentato, con
sotto-sezioni specializzate su temi come l'identita' personale, la
causalita', il tempo, la modalita' (ossia: il possibile, il necessario,
l'impossibile). L'ontologia, ovvero l'indagine sull'"essere"
(fondamentalmente, al modo di Quine, la risposta alla domanda: che cosa
c'e'? o: che cosa esiste?), e' considerata una sua ripartizione interna.
Negli ultimi anni, si e' assistito a una vera "esplosione" bibliografica su
temi metafisici e ontologici nella pubblicistica anglo-americana. Si e'
addirittura parlato di un "ontological turn", che ha dato materia per
infinite presentazioni complessive, companions, introduzioni.
In Italia, in verita', non e' facile ancora trovare aggiornamenti sul tema,
anche se gia' da diversi anni molti se ne occupano, per esempio nelle
universita' di Torino, di Bergamo e di Padova. Un lavoro introduttivo
davvero consigliabile e' Parole, oggetti, eventi di Achille Varzi (Carocci),
che spiega con estrema cura e chiarezza quanto ci si puo' aspettare da una
riproposizione in stile analitico delle tematiche metafisiche in ontologia.
E' inoltre in corso di pubblicazione (Angeli) una raccolta di saggi su temi
ontologici curata da Claudia Bianchi e Andrea Bottani, Significato e
ontologia, con saggi di autori italiani (tra gli altri: Berti, Bonomi,
Giaretta, Usberti, Varzi, Vassallo) e stranieri (Engel, Hughes, Sainsbury).
Il "primo convegno italiano di ontologia analitica", che si svolge a Padova
dal 7 al 9 luglio, forse non permettera' di misurare con esattezza quanto
l'apporto analitico possa dare all'elaborazione dei grandi temi ontologici
dell'attualita', ma potra' contribuire a una prima ricognizione sulle
risorse umane e teoriche oggi disponibili anche in Italia per restituire
alla filosofia tale compito di elaborazione. La tavola rotonda prevista in
conclusione sulla "ricerca italiana in ontologia" forse potra' riprendere
anche la questione (che da molti anni viene posta e per lo piu' lasciata
irrisolta) della integrabilita' di tali ricerche analitiche con la
tradizione dell'ontologia e della metafisica europee, i cui presupposti sono
parzialmente diversi.
E' interessante notare che nell'uso analitico la metafisica corrisponde a un
significato che non e' molto lontano da quel che Heidegger intendeva con
questo termine nel 1929, nel saggio Was ist Metaphysik?, molto maltrattato
da Carnap. Ossia: una "ontologia fondamentale", una indagine che si occupa
di tutto cio' che riguarda l'essere in generale, i suoi modi di
presentazione e il suo distendersi nel tempo (o identificarsi con il tempo).
Ma e' anche utile osservare che l'uso analitico, in fondo, non e' neanche
molto lontano da quel che Aristotele stesso, autore dei libri che poi
ricevettero il nome Metafisica, intendeva per questa "scienza prima". Nel
primo di questi libri, infatti, Aristotele definisce la scienza di cui si
tratta come scienza che "ha per oggetto i principi e le cause prime". Dunque
per Aristotele la metafisica e' studio dei fondamenti, e solo derivatamente
e secondariamente, come sottolinea Enrico Berti (che e' stato uno dei
rarissimi difensori italiani della metafisica nell'epoca della sua recente
sfortuna storica), "ontologia".
Per Aristotele in effetti l'ontologia (ma Aristotele non usava questo
termine, coniato nel Seicento, proprio nell'epoca in cui le sorti della
metafisica iniziavano a vacillare), ossia l'indagine sull'essere in quanto
essere, e' solo uno dei temi dei libri "metafisici", che trattano di una
grande varieta' di cose: da analisi concettuali a ricognizioni
storiografiche, da riflessioni sulla "sostanza" a considerazioni sull'essere
di Dio.
Dunque disciplina "fondamentale", o interessata ai fondamenti, ma anche
disciplina plurimetodica, e interessata a ogni aspetto dell'essere:
all'essere in quanto essere come alla sostanza, agli universali concettuali
come all'essere di Dio, ai modi di considerare l'essere, e alle loro aporie.
Forse bisognerebbe ritornare (come consiglia Berti, e come hanno consigliato
altri difensori della metafisica contro le proscrizioni di neopositivisti e
heideggeriani, per esempio Hans Georg Gadamer) a un consapevole recupero
della nozione (pseudo)aristotelica di metafisica come filosofia prima, o
meglio filosofia dei fondamenti, delle premesse, delle condizioni, dei
concetti fondamentali dell'essere e delle definizioni di base del nostro
ragionare e argomentare sulla realta', su entita' e identita'. Cio'
permetterebbe di chiarire, forse, molti enigmi del lavoro filosofico
contemporaneo, per esempio il fatto che i nemici della metafisica in quanto
nemici dei fondamenti e dei discorsi sui fondamenti, di solito fanno gia'
della metafisica, almeno in due sensi: in quanto devono pur avere dei
fondamenti per criticarla, e in quanto anche una indagine critica dei
fondamenti e' pur sempre una indagine "fondamentale", dunque e' "metafisica"
quanto al suo tema.
Ora, anche l'uso analitico di "normalizzare" la metafisica, precisando come
essa sia una sottosezione della filosofia, offre buone ragioni contro i suoi
detrattori. Posto che si tratti di un campo di studi, e non di una
prospettiva filosofica, o una metodologia, non ha molto senso dichiararsi
"avversari" della metafisica, o progettare il suo "oltrepassamento" (come
tanto Heidegger quanto Carnap in epoche diverse proponevano): esattamente
come non avrebbe molto senso dichiararsi nemici della teologia. Si puo'
certo dire che non si crede in Dio, o che non si giudicano interessanti gli
argomenti teologici, ma perche' dichiararsi nemici di chi studia il concetto
di Dio, e le problematiche relative?
C'e' pero' una questione che forse rimane non risolta, ed e' la buona
ragione dei ragionevoli critici della metafisica.
Esistono davvero metodi "filosofici" per porre e svolgere la domanda sulla
realta' in generale, i suoi modi di essere, le cose che "ci sono" e la loro
natura? Non e' forse vero che anche per noi, come per i neopositivisti, ci
sono solo due modi in cui la filosofia si occupa della realta': il primo e'
esaminando quel che dice la scienza al riguardo, e il secondo e' esaminando
il linguaggio o le strutture concettuali che usiamo per descrivere la
realta'?
Di fatto la "metafisica" analitica si muove spesso come una disciplina
ausiliare o un commento delle scienze empiriche, oppure e' analisi
concettuale. In linea di principio non si vedono serie controindicazioni per
entrambe le operazioni: perche' la metafisica non dovrebbe poter essere un
commento alla scienza, e/o una analisi dei concetti?
Ma forse c'e' anche qualcosa di piu', nella stessa scelta di assegnare
ancora alla filosofia il compito di porre le domande classiche sui
fondamenti e i modi della realta'. Anzitutto c'e' l'idea che forse la
realta' e' piu' ampia di quel che la scienza empirica dice; per esempio si
puo' pensare che sia anche fatta di possibilita', di enti matematici, di
enti storico-linguistici, di eventi. Ci sono immagini possibili di realta',
con cui occorrera' misurarsi. E l'analisi potrebbe vertere non soltanto su
concetti gia' esistenti e formati, ma su possibili modi di pensare, e di
parlare, e se mai (conseguentemente) di vivere.
"Le teorie metafisiche - ha scritto Varzi - si reggono (...)
sull'argomentazione e sull'immaginazione, e per questo motivo gli aspetti
metodologici acquistano un'importanza maggiore in metafisica che in altri
settori". L'idea di una filosofia che articola metodicamente argomentazione
e immaginazione, e cioe' si avventura anche a immaginare nuovi modi di
essere e di pensare, ma si preoccupa al tempo stesso di difenderne
argomentativamente la plausibilita', mi sembra particolarmente incoraggiante
per le prospettive attuali del lavoro filosofico.

9. INIZIATIVE. IL 6-9 AGOSTO PER UN FUTURO SENZA ARMI
[Da Lisa Clark (per contatti: lisa.clark@libero.it) riceviamo e diffondiamo
questo comunicato dei Beati i costruttori di pace (per informazioni e
contatti: e-mail: beati@libero.it, sito: www.beati.org)]
"Io sono certo che verra' un giorno in cui gli uomini si vergogneranno di
aver fatto le armi" (Ernesto Balducci).
6 - 9 agosto 1945: Hiroshima - Nagasaki.
Per piu' di cinquant'anni abbiamo pensato che fossero date anniversario da
commemorare come monito per l'umanita'. L'atomica: la strada sbarrata e
rifiutata dall'umanita'. Invece, dopo undici anni di sospensione, per
decisione del presidente Bush potrebbero ricominciare i test nucleari nel
Nevada per una nuova generazione di atomiche tattiche da usare come armi di
primo colpo. Stanno aumentando gli Stati che vogliono dotarsi di armi
nucleari.
La guerra non e' solo decisione politica, e' anche industria. E che
industria, se confrontiamo le spese per le armi con i fondi destinati
all'alimentazione, all'istruzione e alla sanita' a livello mondiale. E
aumentano gli investimenti nella ricerca tecnologica e per la realizzazione
di nuovi sistemi d'arma.
La lobby statunitense delle armi sta premendo perche' l'Europa abbia a
dotarsi di un forte esercito. L'Europa pensa di confrontarsi o mettersi in
concorrenza con gli Stati Uniti per governare il mondo con la forza? Questa
sarebbe la morte definitiva dell'Onu: un palazzo di vetro stretto tra due
giganti di ferro.
Ma prima ancora che economico e politico, il problema e' culturale.
Tutti risentiamo del pregiudizio che la sicurezza debba essere garantita
dalla forza. Molti, sia politici che uomini di cultura, pensano che i
diritti umani rimangono petizione di principio se dietro non c'e' una forza
armata che li possa garantire. Nessuno pensa che sia possibile battere la
criminalita' organizzata senza le armi. Molti dicono: la violenza e' insita
nell'uomo, la guerra c'e' sempre stata, quindi... e' impossibile un mondo
senz'armi.
*
Per un futuro senza armi il 6 - 9 agosto 2003 "Beati i costruttori di pace"
invita a partecipare ad un seminario per mettere in piedi una campagna di
opinione pubblica mondiale contro la produzione di tutte le armi. Sappiamo
che facciamo in tempo a morire anche come associazione prima di vedere i
risultati; ma sappiamo che se vogliamo dare un'inversione di tendenza
dobbiamo pur cominciare.
Come partenza abbiamo pensato di elaborare un vademecum, da scrivere insieme
durante i giorni del seminario, per dare risposta a tutte le motivazioni, le
paure e i luoghi comuni che giustificano la necessita' e la legittimita'
dell'uso delle armi. Come soggetti attivi della societa' civile per
realizzare la campagna abbiamo pensato a scuole e universita', mezzi di
informazione, chiese, sindacati, mondo della politica, della cultura e dello
spettacolo, enti locali ed istituzioni.
Questa iniziativa si colloca come contributo, che si aggiunge e si collega a
tutto il lavoro che si sta facendo per il disarmo da associazioni,
organizzazioni e movimenti.
Programma: il 6 agosto, alle 8 di mattina, saremo davanti alla caserma
Ederle di Vicenza, dove cercheremo di coinvolgere i militari statunitensi
nella presa di posizione contro l'atomica e contro la guerra. Il seminario
si svolgera' nella sede dei Beati i costruttori di pace, via Antonio da
Tempo 2, Padova, ogni mattina e pomeriggio dei giorni 6-7-8 agosto. Sono
gia' state invitate varie persone (ricercatori, storici, facilitatori, ecc.)
che con la propria competenza ed esperienza ci aiuteranno nel lavoro di
studio, condivisione ed elaborazione. Ogni sera, dopo cena, e' prevista la
proiezione di un film, seguito da dibattito. Il 9 agosto, alle 11,
concluderemo l'iniziativa davanti alla base di Longare, sito atomico ed
attuale sede di una scuola di simulazione di guerra.
Nei limiti della disponibilita', sara' possibile alloggiare presso la sede
dell'associazione (munirsi di sacco a pelo). Ma ci sono anche altre offerte
di ospitalita' a Padova e dintorni. Per questo chiediamo a tutti di far
presente le loro esigenze in modo da trovare una sistemazione dignitosa per
ciascuno. Per i pasti condivideremo con molta semplicita'.
Per informazioni e contatti: Beati i costruttori di pace, via Antonio da
Tempo 2, 35131 Padova, tel. 0498070522, fax 0498070699, e-mail:
beati@libero.it, sito: www.beati.org

10. LETTURE. ELIO VELTRI: LA LEGGE DELL'IMPUNITA'
Elio Veltri, La legge dell'impunita', "L'Unita'", Roma 2003, pp. 160, euro 4
(come supplemento al quotidiano "L'Unita'"). Un volumetto di taglio
pubblicistico che ricostruisce la vicenda dell'istituto delle guarentigie
per i parlamentari, dell'articolo 68 della Costituzione, della sua modifica
del '93, con un'analisi cursoria della legislazione sulle immunita'
parlamentari in Europa, ed una appassionata demistificazione delle menzogne
e della malafede di coloro che con spudorate ed inammissibili acrobazie
legislative hanno come fine di garantire l'impunita' dei potenti e
soprattutto hic et nunc del presidente del Consiglio dei Ministri. Un lavoro
comunque benemerito e utile, ma frettoloso e molto migliorabile.

11. RILETTURE. NADIA BENNUZZI (A CURA DI): LE DONNE NEI PROCESSI DI SVILUPPO
DELL'AFRICA SUBSAHARIANA
Nadia Bennuzzi (a cura di), Le donne nei processi di sviluppo dell'Africa
subsahariana, Comune di Bologna - Centro Amilcar Cabral, Bologna 1989, pp.
190, s. i. p. Una rassegna bibliografica dei materiali sul tema disponibili
nelle biblioteche del Centro Amilcar Cabral e del Centro di documentazione
delle donne a Bologna.

12. RILETTURE. MARIA CRISTINA PUDIOLI: IRAN 1941-1991. DALLA MONARCHIA ALLA
REPUBBLICA ISLAMICA
Maria Cristina Pudioli (a cura di), Iran 1941-1991. Dalla monarchia alla
repubblica islamica, Comune di Bologna - Centro Amilcar Cabral, Bologna
1992, pp. 150, s. i. p. Una ancora utile bibliografia dei materiali
esistenti all'epoca sul tema nelle biblioteche di Bologna

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 611 del 14 luglio 2003